Atto Camera
Mozione 1-00155
presentata da
FABRIZIO CICCHITTO
testo di
lunedì 27 aprile 2009, seduta n.166
La Camera,
premesso che:
grazie ad una nuova metodologia di indagine adottata dall'Istat su sollecitazione del Governo, è ora possibile avere una rappresentazione più precisa del fenomeno della povertà, come è emerso evidente in seguito ai dati dell'indagine resi noti nei giorni scorsi e riguardanti la situazione del 2007;
l'Istat, infatti, nel condurre l'indagine non ha adottato l'indicatore ingannevole della cosiddetta «povertà relativa» (più adatto a misurare le differenze), ma quello della «povertà assoluta». Ciò ha consentito di calcolare, per ciascuna tipologia di famiglia e a seconda dell'età, della ripartizione geografica e del comune di residenza, la spesa mensile minima necessaria per acquistare un certo paniere di beni e servizi, individuato sulla base di elementi oggettivi, come la soglia del rischio povertà;
nel 2007 erano 975 mila le famiglie italiane in condizione di povertà assoluta, pari al 4,1 per cento dei nuclei residenti, per un totale di 2 milioni 427 mila persone. L'incidenza maggiore di povertà assoluta era concentrata nel Sud e nelle Isole (5,8 per cento), poi nel Nord (3,5 per cento) e nel Centro (2,9 per cento). La gravità del fenomeno raggiungeva livelli più elevati nelle famiglie con tre o più figli, nel caso che la persona di riferimento fosse donna e dove vi erano anziani. La povertà era, inoltre, associata a bassi livelli d'istruzione e di qualificazione professionale e all'esclusione dal mercato del lavoro;
la lotta alle povertà estreme, ai bisogni degli ultimi, è uno dei principali obiettivi per la costruzione di una società fondata sulle opportunità e sulla solidarietà. Il sistema di welfare non può ignorare le esigenze dei cittadini più in difficoltà, di quanti si trovano nella indigenza, al di sotto delle condizioni economiche minime;
il contrasto alla povertà avviene, in primo luogo, con la promozione di una società attiva, sostenendo l'occupabilità delle persone e la creazione di posti di lavoro di qualità, costruendo percorsi personalizzati di formazione, orientamento e accesso al lavoro, valorizzando un sistema retributivo che incoraggi la produzione di ricchezza;
esistono, tuttavia, componenti della società a forte rischio di esclusione sociale e che non sono in grado di rispondere da sé al bisogno. Persone a cui è preclusa l'entrata nel mondo del lavoro e nella stessa società attiva. Tra questi, gli anziani oltre i 65 anni con la sola pensione minima, le famiglie con un solo genitore (spesso donna) e con figli minori a carico, quelle con figli portatori di disabilità. È questa dimensione della povertà, quella assoluta, che deve essere riscoperta e affrontata, al fine di assicurare una vita buona anche a coloro che si trovano nelle condizioni più difficili;
se i dati del 2007 indicano una relativa stabilità del fenomeno, negli ultimi tempi si è registrato un peggioramento della situazione delle famiglie povere in conseguenza della crisi finanziaria internazionale e dei suoi effetti sull'economia;
se il lavoro costituisce la prima risposta al bisogno - non solo in senso materiale, ma anche nel senso di integrazione nella società - è pur sempre necessario provvedere a integrare il reddito di coloro per i quali appare difficile l'inserimento lavorativo;
il Governo, pur nelle difficoltà in cui ha dovuto operare (alle quali si è aggiunto da ultimo il terremoto in Abruzzo), ha adottato una strategia adeguata a fronteggiare l'emergenza, prioritariamente difendendo l'occupazione e il lavoro, grazie alla predisposizione, insieme alle regioni, di una salda «rete di sicurezza» degli ammortizzatori sociali, allo scopo non solo di garantire un reddito ai lavoratori, ma di mantenerli il più a lungo possibile collegati all'impresa in costanza di rapporto di lavoro. In forza di queste scelte (per la prima volta sono state istituite forme di tutela per il lavoro indipendente e parasubordinato), il Governo ha potuto contrastare una delle più devastanti cause di povertà: l'esclusione dal mercato del lavoro;
sul versante del contrasto delle povertà assolute e delle esigenze inclusive di situazioni di particolare disagio è doveroso ricordare che alcuni milioni di famiglie hanno beneficiato delle misure del cosiddetto «pacchetto anticrisi»: il bonus straordinario (per cui sono stati stanziati 2,4 miliardi); le agevolazioni per i nuovi nati (25 milioni ad uno specifico fondo credito); «bonus pannolini»; revisione dei tassi sui mutui; tariffe agevolate per luce e gas ed altro. Alcune centinaia di migliaia di cittadini in possesso dei requisiti richiesti si avvalgono della social card, una volta superate le iniziali difficoltà operative;
questi programmi, soprattutto per chi è solo temporaneamente in condizioni di non autosufficienza, non devono costituire una trappola, da cui scaturiscono emarginazione e lavoro nero, né devono essere pensati come strumenti che facilitino la permanenza in questa condizione. Questi interventi, al contrario, devono tenere conto delle differenti realtà locali, essere accuratamente configurati per fasce precise di beneficiari e combinabili con strumenti di welfare to work per il successivo inserimento lavorativo;
non così è stato per il reddito minimo di inserimento. Al pari delle prime generazioni di lavori di pubblica utilità, non legati ad azioni di reinserimento nel mercato del lavoro, anche il reddito minimo di inserimento ha prodotto logiche puramente assistenziali, favorendo il lavoro irregolare e minando all'origine l'accettabilità universale di questa misura. Gestioni poco attente hanno reso il reddito minimo di inserimento disincentivante rispetto alle occasioni di lavoro regolare, accentuando le peggiori pratiche;
il reddito di ultima istanza pare, per contro, una risposta più efficace per affrontare le situazioni di disagio sociale estremo. Per definizione, esso interviene solo quando non esistono altre possibili soluzioni, quindi prevedendo una soglia che sia più stringente e accompagnando le persone coinvolte verso un percorso di uscita dall'area di disagio;
poiché l'esclusione sociale è un fenomeno che presenta caratteristiche diversificate, a seconda delle aree geografiche, le risposte devono pertanto essere articolate. Il reddito di ultima istanza è una soluzione da preferire, anche perché, con l'obiettivo di valorizzare pienamente i governi locali, si fonda sul ruolo responsabile delle regioni e delle autonomie locali, soggetti meglio attrezzati per selezionare accuratamente i destinatari di questi interventi straordinari, affidando al Governo centrale il ruolo di premiare, con finanziamenti aggiuntivi, le migliori pratiche;
non è condivisibile l'ipotesi di una tassazione una tantum sui redditi superiori a 120 mila euro, perché colpirebbe una fascia modesta di contribuenti (per due terzi lavoratori dipendenti e pensionati), su cui grava una quota importante dell'intero prelievo sul reddito,
impegna il Governo:
a proseguire nelle azioni intraprese nel cosiddetto «pacchetto anticrisi», a monitorarne gli effetti e a rendere sempre più congrui i requisiti richiesti, allo scopo di utilizzare al meglio ed interamente le risorse stanziate, in quanto sono proprio i dati emergenti dall'indagine dell'Istat, citata in premessa, ad evidenziare la necessità di far fronte ad esigenze differenziate con politiche anch'esse differenziate;
a valutare la possibilità di adottare iniziative per estendere la platea dei destinatari del bonus famiglia e della social card, proprio per meglio rispondere ad un più ampio quadro di situazioni di disagio e di bisogno;
ad adottare ogni ulteriore utile misura di lotta all'emarginazione e, prioritariamente, di inclusione delle situazioni di povertà assoluta, sulla base del disegno organico che sarà contenuto nel libro bianco del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali e che dovrà prefigurare un passaggio organico da un'impostazione risarcitoria ad una cultura inclusiva (in primis attraverso il lavoro e la formazione) del sistema di sicurezza sociale;
ad accompagnare gli interventi di carattere assistenziale e di contrasto all'emarginazione con percorsi di carattere formativo, commisurati alle attitudini della persona.
(1-00155)
«Cicchitto, Cota, Lo Monte, Bocchino, Cazzola, Caparini, Della Vedova, Baldelli, Antonino Foti, Saglia, Briguglio, Ceccacci Rubino, Di Biagio, Vincenzo Antonio Fontana, Formichella, Mannucci, Minardo, Mottola, Pelino, Luciano Rossi, Saltamartini, Commercio, Scandroglio, Taglialatela, Gioacchino Alfano, Aracu, Armosino, Catone, Ceroni, Corsaro, De Angelis, Franzoso, Girlanda, Giudice, Laboccetta, Marinello, Marsilio, Moroni, Ravetto, Toccafondi, Traversa, Leo, Zorzato, Golfo».