Atto Camera
Mozione 1-00027
presentata da
ROSY BINDI
martedì 15 luglio 2008 nella seduta n.035
La Camera,
premesso che:
l'attuale situazione economica, strettamente legata ad un quadro internazionale assai complesso e difficile, pone in condizione di sofferenza le famiglie del nostro Paese, come testimoniano, purtroppo, una molteplicità di indicatori, tra i quali quello dei consumi, che ha fatto registrare un segno negativo di oltre un punto percentuale rispetto al 2007;
ad essere in difficoltà, come evidenzia anche l'ultimo rapporto Istat, sono soprattutto le famiglie monoreddito e con figli, che vivono nelle aree metropolitane e nel Mezzogiorno e che fanno fatica ad affrontare persino le spese delle bollette e finanche una visita medica imprevista;
si sta assistendo negli ultimi mesi ad un'ulteriore progressiva erosione del potere d'acquisto dei redditi, con un'inflazione giunta oramai quasi al 4 per cento, e il Governo in carica nel documento di programmazione economico-finanziaria ha previsto un'inflazione programmata all'1,7 per cento, con una grave penalizzazione per i lavoratori e le famiglie italiane;
tale quadro generale è nel nostro Paese aggravato dall'andamento demografico, che pone l'Italia agli ultimi posti nel mondo, con un tasso di fertilità pari a 1,34 per cento bambini per donna e con una popolazione che mantiene un saldo positivo, sfiorando i 60 milioni di abitanti, grazie, quasi esclusivamente, all'incremento delle nascite in famiglie extracomunitarie;
se non si inverte questa tendenza, nel 2050 per ciascun bambino con meno di 5 anni di età ci saranno 20 ultrassessantacinquenni;
per troppo tempo, nonostante una diffusa retorica, si sono sottovalutati questi problemi, facendo accumulare al nostro Paese un ritardo consistente nei confronti degli altri Stati europei;
in Italia, solo il 3,8 per cento della spesa sociale è destinato alla famiglia, contro una media europea dell'8,2. Una percentuale ancor più modesta se paragonata alle quote, pari al 10 per cento, dei Paesi del Nord Europa;
la spesa media dell'Unione europea a sostegno delle politiche per la famiglia è pari al 2 per cento del prodotto interno lordo, mentre l'Italia solo nell'ultimo biennio è stata in grado di superare la soglia dell'1 per cento;
nei Paesi in cui si è investito in politiche a sostegno dei nuclei familiari i risultati positivi sono evidenti, con tassi di natalità più alti, una maggiore occupazione femminile e un più efficace contrasto della povertà e delle disuguaglianze generazionali;
con la manovra finanziaria varata dal Governo Prodi per il 2007 - incremento degli assegni per il nucleo familiare, sostituzione delle deduzioni con le detrazioni decrescenti all'aumentare del reddito - si è inteso avviare una concreta politica di sostegno ai nuclei familiari. Tale manovra, che ha visto un investimento di quasi 6 miliardi di euro, era tesa ad attuare una politica redistributiva finalizzata al sostegno delle famiglie, con particolare attenzione a quelle numerose e con redditi medio-bassi;
l'esperienza di questi anni dimostra l'urgenza di coordinare, nel quadro di riforma del federalismo fiscale, il sistema di tassazione con quello delle autonomie locali e delle regioni;
è da considerarsi del tutto evidente l'obiettivo improcrastinabile, pur con la gradualità dettata dalla disponibilità delle risorse, di riformare, in maniera strutturale, il nostro sistema fiscale, prendendo in considerazione la famiglia in base ai suoi componenti;
sono in campo diverse proposte che vanno analizzate con la dovuta attenzione;
tornare, come viene ipotizzato da parte del Governo, ad un sistema di deduzioni sarebbe un grave passo indietro rispetto a una corretta equità, sia verticale che orizzontale. La deduzione implica, infatti, che il risparmio d'imposta sia tanto più elevato quanto maggiore è il reddito del contribuente, cosicché, in sintesi, per un contribuente ricco avere un figlio dà benefici di riduzione dell'imposta più elevato che per un contribuente di reddito medio e di reddito basso;
definire, inoltre, l'ammontare delle deduzioni in base a scale di equivalenza peggiorerebbe il trattamento delle famiglie numerose rispetto alla situazione attuale: oggi le detrazioni sono di ammontare crescente all'aumentare del numero dei figli (in quanto si estendono a redditi via via più alti con l'aumentare del numero dei figli; inoltre, l'ammontare base delle detrazioni è maggiore dal quarto figlio in su); l'applicazione di una scala di equivalenza, riducendo il peso del figlio aggiuntivo all'aumentare della numerosità del nucleo in base alle economie di scala familiari, implicherebbe una riduzione della deduzione per ogni figlio aggiuntivo;
l'introduzione nel nostro sistema fiscale del «quoziente familiare» finirebbe per ridurre la progressività dell'imposta a vantaggio delle famiglie con redditi medio-alti e altissimi, a discapito delle famiglie con redditi medi e bassi;
il «quoziente familiare» consiste nel sommare i redditi dei coniugi e dividere il risultato per un numero rappresentativo dei membri del nucleo familiare pesati in modo diverso (per esempio, nel sistema francese i pesi sono: 1 per il marito, 1 per la moglie, 0,5 per ogni figlio o altro familiare a carico, 0,5 ulteriore per ogni figlio dopo il secondo e 0,5 ulteriore per ogni membro portatore di handicap); al reddito pro capite, così ottenuto, si applica l'imposta e, per ottenere l'importo complessivo, si rimoltiplica per il denominatore del quoziente;
sulla base di questo sistema, però, i contribuenti più ricchi andrebbero a beneficiare del passaggio a scaglioni di reddito inferiori, dovuto alla divisione del reddito per i membri del nucleo familiare, con un consistente sconto di aliquota, mentre i contribuenti che già oggi si collocano nei primi scaglioni non usufruirebbero affatto di sconti di aliquota significativi, anzi subirebbero un aggravio di imposta;
si tratta di una questione non solo di equità verticale, ma anche e soprattutto di equità orizzontale: se la ragione dell'intervento è il sostegno delle famiglie nel fronteggiare il costo dei figli, in modo da garantire una maggiore eguaglianza delle opportunità a tutti i minori, il risparmio d'imposta, e ancor meglio il sostegno di reddito, deve essere uguale per tutti i figli e non crescente all'aumentare del reddito, ossia un sostegno paradossalmente maggiore per le famiglie più ricche e minore per quelle più povere;
la Conferenza nazionale della famiglia, che si è svolta a Firenze nel maggio 2007 e che ha affrontato nel suo complesso, con tutti i soggetti sociali ed istituzionali del Paese, le problematiche che riguardano le politiche a sostegno della famiglia, tra le sue conclusioni ha individuato la necessità di una riforma del sistema fiscale in grado di dimostrarsi realmente «amico» della famiglia, attribuendole centralità ed evitando disparità e sperequazioni;
sarebbe, quindi, utile riprendere quel percorso, introducendo, da subito, nel nostro sistema la cosiddetta «dote fiscale» per i figli;
detta misura è in grado di assicurare un sostegno universalistico alle famiglie con figli, da 0 a 18 anni, del tutto indipendente dalla condizione lavorativa dei genitori, tanto più consistente quanto più numerosa è la famiglia, risolvendo alla fonte il problema dell'incapienza, in quanto erogata come assegno;
la dote è finalizzata ad unificare gli attuali assegni per il nucleo familiare e le detrazioni irpef per figli a carico, dotando ogni figlio, in quanto tale, e quindi indipendentemente dallo status lavorativo dei genitori, di un ammontare di reddito annuo che fornisca un significativo sostegno alla famiglia per le spese di mantenimento ed educazione in un'ottica di eguaglianza delle opportunità;
questa misura è in grado di rispondere alle attese dell'associazionismo familiare, di quei cittadini che hanno sottoscritto la petizione indirizzata al Parlamento «per un fisco a misura di famiglia»;
l'introduzione della «dote fiscale» per i figli sarebbe anche una prima risposta alla lettera con cui il Capo dello Stato ha trasmesso la citata petizione, nella quale sottolineava «la necessità che il Parlamento affronti i temi delle politiche della famiglia, confidando che, in sede di programmazione dei lavori parlamentari, possa essere assicurato un esame tempestivo delle iniziative legislative che saranno presentate in materia»,
impegna il Governo:
a prevedere, già dal disegno di legge finanziaria per l'anno 2009, la «dote fiscale» per i figli quale proposta a sostegno delle famiglie.
(1-00027) «Bindi, Soro, Sereni, Bressa, Fluvi, Livia Turco, Baretta, Madia».