ATTO CAMERA

ODG IN ASSEMBLEA SU P.D.L. 9/04612/064

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 518 del 14/09/2011
Firmatari
Primo firmatario: MESSINA IGNAZIO
Gruppo: ITALIA DEI VALORI
Data firma: 14/09/2011
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
BORGHESI ANTONIO ITALIA DEI VALORI 14/09/2011
CAMBURSANO RENATO ITALIA DEI VALORI 14/09/2011
BARBATO FRANCESCO ITALIA DEI VALORI 14/09/2011


Stato iter:
14/09/2011
Partecipanti allo svolgimento/discussione
PARERE GOVERNO 14/09/2011
GIORGETTI ALBERTO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (ECONOMIA E FINANZE)
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 14/09/2011
QUARTIANI ERMINIO ANGELO PARTITO DEMOCRATICO
OCCHIUTO ROBERTO UNIONE DI CENTRO PER IL TERZO POLO
GIACHETTI ROBERTO PARTITO DEMOCRATICO
Fasi iter:

ACCOLTO IL 14/09/2011

PARERE GOVERNO IL 14/09/2011

DISCUSSIONE IL 14/09/2011

RINUNCIA ALLA VOTAZIONE IL 14/09/2011

CONCLUSO IL 14/09/2011

Atto Camera

Ordine del Giorno 9/4612/64
presentato da
IGNAZIO MESSINA
testo di
mercoledì 14 settembre 2011, seduta n.518

La Camera,
premesso che:
nel provvedimento al nostro esame sono contenute diverse misure di contrasto all'evasione fiscale che sembrano di dubbia efficacia mentre vengono quantificati ex-ante i saldi da raggiungere con queste stesse disposizioni;
alcune delle quali sono nel frattempo sparite o sono state sensibilmente modificate in maniera tale da rendere ulteriormente dubbio il raggiungimento del maggior gettito previsto: il ministro Tremonti - ad esempio - aveva elogiato gli effetti benefici dell'obbligo di dichiarazione da parte dei contribuenti, dei loro intermediari bancari e finanziari, che doveva produrre (ed era stato inserito nella relazione tecnica come entrata) 145 milioni di euro, e poi all'improvviso questa norma è scomparsa;
la norma cosiddetta «manette agli evasori», rispetto alla versione originaria che prevedeva che «qualora l'imposta evasa non versata sia superiore a tre milioni di euro non trova applicazione l'istituto della sospensione condizionale della pena». Successivamente, però, con la presentazione del maxiemendamento, la norma è stata così modificata: «per i delitti previsti (...) l'istituto della sospensione condizionata della pena non trova applicazione nei casi in cui ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni: a) l'ammontare dell'imposta evasa sia superiore al trenta per cento del volume d'affari; b) l'ammontare dell'imposta evasa sia superiore a tre milioni di euro». Ossia, è stato aggiunto il trenta per cento del volume di affari;
la modifica introdotta rappresenta un mero flatus vocis, in quanto incide assai debolmente sulla realtà dei grandi possessori di patrimoni e di percettori di grandi redditi, tanto da costituire un apporto di minimo peso alla manovra complessiva. Inoltre, essa favorisce facili elusioni della norma stessa, finendo di fatto per premiare i grandi evasori. Infine né questa disposizione, né la manovra nel suo complesso incidono sullo spaventoso fenomeno dell'evasione, che rappresenta la vera piaga contro la quale questa maggioranza nulla vuol fare;
altre più efficaci misure di contrasto all'evasione fiscale sono possibili e praticate da altri paesi europei;
risale a pochi giorni fa l'annuncio di un nuovo accordo bilaterale tra Germania e Svizzera in materia di lotta all'evasione fiscale. In futuro i redditi di cittadini tedeschi titolari di patrimoni illegalmente esportati in Svizzera saranno assoggettati a un'imposta anonima liberatoria del 26,375 per cento, pari all'aliquota in vigore in Germania (25 per cento), più il contributo di solidarietà tedesco;
per il passato si procederà in via forfetaria con un'aliquota tra il 19 e il 34 del valore dei patrimoni, in funzione del numero degli anni e dal variare dei depositi: la media è stata calcolata nel 25 per cento. Per quest'ultimo motivo le banche svizzere anticiperanno immediatamente alla Germania una somma di circa 2 miliardi di euro. I capitali potranno restare anonimi (ma potranno anche essere autodenunciati dagli interessati al fisco tedesco) e le richieste di informazioni in futuro dovranno essere documentate in modo specifico. A breve un accordo simile sarà siglato con il Regno Unito e poi con la Francia;
una riunione del G20 di qualche anno fa aveva individuato come obiettivo primario dei Paesi più industrializzati la lotta all'evasione fiscale nei confronti dei «paradisi fiscali». Nella cosiddetta «lista nera» vi erano allora, tra gli altri, il Principato di Monaco, il Liechtenstein, il Lussemburgo, Andorra, le Bermuda, Cipro, Malta e San Marino e molti altri. Ma non erano esenti alcuni Paesi dove con la scusa del segreto bancario si coprivano da sempre gli evasori, come la Svizzera e l'Austria. Alcuni di questi Paesi decisero, in seguito ai provvedimenti del G20, di mettersi in regola per passare alla «lista bianca», ed entrarono nella cosiddetta «lista grigia», con l'impegno a stipulare 12 accordi bilaterali e internazionali con i Paesi dell'OSCE per poter essere a posto. Gli accordi dovevano prevedere la collaborazione contro l'evasione fiscale e obblighi di informazione su tutti coloro che detengono conti bancari;
mentre altri Paesi, come Stati Uniti, Germania, Francia e Regno Unito iniziarono a stipulare accordi nulla si muoveva in Italia. E quando in occasione di un audizione del ministro Tremonti l'IdV gli fece presente questo fatto, la sua risposta fu davvero sorprendente e lapidaria: «nessun Paese serio fa trattati con i paradisi fiscali»;
la Banca d'Italia ha recentemente pubblicato una ricerca dal titolo emblematico «Alla ricerca dei capitali perduti: una stima delle attività all'estero non dichiarate dagli italiani», dal quale emerge che i capitali italiani illegalmente esportati all'estero ammontano attualmente tra 124 e 194 miliardi di euro;
a seguito del cd. «scudo fiscale» del duo Berlusconi-Tremonti due terzi dei rimpatri sono arrivati proprio dalla Svizzera. Accogliamo per un momento che tale proporzione valga anche per i capitali stimati ancora all'estero: in Svizzera ve ne sarebbero tra 82 e 130. Immaginando solo per un attimo un accordo dell'Italia con la Svizzera come quello fatto dalla Germania, se ne sarebbero ricavati (pur sulla base dell'attuale aliquota del 12,5 per cento) qualche cosa come tra 10,2 e 16,2 miliardi di euro;
ad oggi l'Italia non ha stipulato alcun accordo bilaterale con alcun paradiso fiscale, neppure con S. Marino, con il risultato che mentre sono obbligati a rispondere in modo adeguato agli altri Paesi, con noi possono essere molto evasivi,

impegna il Governo

a avviare trattative ed a sottoscrivere a accordi bilaterali sul modello del citato accordo tra Germania e Svizzera, con quest'ultimo Paese e gli altri «paradisi fiscali».
9/4612/64. Messina, Borghesi, Cambursano, Barbato.