ATTO CAMERA

ODG IN ASSEMBLEA SU P.D.L. 9/04307/187

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 477 del 24/05/2011
Firmatari
Primo firmatario: CAMBURSANO RENATO
Gruppo: ITALIA DEI VALORI
Data firma: 25/05/2011
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
CIMADORO GABRIELE ITALIA DEI VALORI 25/05/2011
BORGHESI ANTONIO ITALIA DEI VALORI 25/05/2011
MESSINA IGNAZIO ITALIA DEI VALORI 25/05/2011
BARBATO FRANCESCO ITALIA DEI VALORI 25/05/2011


Stato iter:
25/05/2011
Partecipanti allo svolgimento/discussione
INTERVENTO PARLAMENTARE 25/05/2011
Resoconto GIACHETTI ROBERTO PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto COMPAGNON ANGELO UNIONE DI CENTRO PER IL TERZO POLO
 
PARERE GOVERNO 25/05/2011
Resoconto GIORGETTI ALBERTO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (ECONOMIA E FINANZE)
Fasi iter:

ACCOLTO COME RACCOMANDAZIONE IL 25/05/2011

PARERE GOVERNO IL 25/05/2011

DISCUSSIONE IL 25/05/2011

RINUNCIA ALLA VOTAZIONE IL 25/05/2011

CONCLUSO IL 25/05/2011

Atto Camera

Ordine del Giorno 9/4307/187
presentato da
RENATO CAMBURSANO
testo di
mercoledì 25 maggio 2011, seduta n.478

La Camera,
premesso che:
l'articolo 7 del decreto-legge in esame è volto ad ampliare l'oggetto sociale della Cassa depositi e prestiti SpA oltre l'attività di finanziamento tipica della società per comprendere l'assunzione di partecipazioni in società la cui attività è considerata strategica per gli interessi nazionali, o per il settore in cui operano, o per la dimensione della società o, infine, per la rilevanza della filiera;
l'acquisizione delle partecipazioni può avvenire in via diretta, o attraverso società veicolo o fondi di investimento, dei quali CDP SpA abbia sottoscritto quote;
il funding può avvenire anche tramite le risorse del risparmio postale;
CDP SpA - in quanto votata ad operare nel mercato e secondo le dinamiche dello stesso - potrà usufruire delle facoltà che le sono concesse in relazione al nuovo perimetro della sua missione nei limiti delle sue proprie scelte e delle sue disponibilità che riterrà di potere, al riguardo, utilmente impiegare. Si tratta di un'estensione delle facoltà già accordate alla Cassa depositi e prestiti che rappresenta una sterzata grave della politica economica verso un intervento sistemico dello Stato nell'economia e nel mercato senza che siano definite le linee di politica economica lungo le quali il Governo intende muoversi;
tale disposizione presenta diversi profili problematici. In particolare:
dopo una stagione lunga venti anni di privatizzazioni e liberalizzazioni, con la definizione di un assetto di regole che miravano a mettere l'economia in un ambito di governo tecnico e di autonomia, si assiste ad una svolta per mezzo della quale lo Stato torna a svolgere un ruolo attivo come proprietario, senza accorgimenti adeguati e senza porsi finalità ben definite; l'intervento sembra essere una risposta del tutto insoddisfacente alle difficoltà del sistema finanziario ed economico (privato) italiano nel rispondere alle sfide che mercati liberalizzati e altri sistemi più competitivi portano alla nostra economia, per proporre, piuttosto, un nuovo assetto di governo dai risvolti per niente rassicuranti;
la norma, stante la genericità degli ambiti individuati, così come la totale assenza di indicazioni di carattere quantitativo, lascia ampi spazi di discrezionalità al Ministro dell'economia e delle finanze, cui è affidata la facoltà di qualificare come strategici, e quindi rendere fattibili, i nuovi interventi della CDP, con conseguenti ricadute sul normale funzionamento dei mercati, sulla concorrenza, sull'occupazione e sullo sviluppo economico dei territori, il tutto mediante utilizzo del risparmio postale, che, come accennato in precedenza, non viene utilizzato per il finanziamento di interventi ed opere pubbliche;
si sollevano dubbi sull'efficacia della disposizione in merito agli obiettivi prefissati dalla stessa; la Cassa depositi e prestiti non è una società quotata e la sua gestione è fortemente condizionata dall'azionista di maggioranza (il MEF) senza un confronto con il mercato; la CDP SpA possiede una forte competenza nel campo delle infrastrutture, ma non ha alcuna competenza nella gestione di imprese industriali, che ad oggi è fuori dalla sua mission;
forti preoccupazioni si sollevano in caso di utilizzo delle risorse della raccolta postale per il sostegno delle imprese del settore bancario; e questo per due ragioni di fondo: la prima risiede nel fatto che l'utilizzo del risparmio postale, garantito dallo Stato, per rafforzare il sistema finanziario, in caso di una nuova crisi finanziaria potrebbe generare una perdita secca per il contribuente, la seconda, più in generale, è che il MEF, per mezzo di CDP SpA e della garanzia dello Stato sui fondi utilizzati, nell'erogare o meno fondi a privati potrebbe risultare condizionante nella gestione delle banche;
i fondi della Cassa derivano principalmente dalla raccolta postale, che viene remunerata a condizioni non di mercato per via dell'assicurazione che lo Stato garantisce; nella norma in esame il potenziale utilizzo da parte di CDP SpA delle risorse provenienti dalla raccolta postale si pone in aperto contrasto con gli indirizzi più volte espressi in materia dalla Commissione europea; gli interventi di CDP SpA, controllata dallo Stato italiano, pertanto, rischiano di essere configurati in sede comunitaria come aiuti di Stato, con conseguente apertura di procedure di infrazione e ricadute negative sul bilancio dello Stato;
l'utilizzo delle risorse provenienti dalla raccolta postale, in assenza di regole e procedure atte a garantire la piena tutela e l'integrità di tale forma di risparmio, pone dubbi di costituzionalità della norma in quanto in aperto contrasto con quanto previsto dall'articolo 47, primo comma, della Costituzione;
il Senato ha apportato due modifiche all'articolo 7:
si prevede che le società di rilevante interesse nazionale partecipate dalla CDP devono risultare «in una stabile situazione di equilibrio finanziario, patrimoniale ed economico» ed essere «caratterizzate da adeguate prospettive di redditività»;
i requisiti delle società di interesse nazionale devono essere definiti con un decreto del Ministro dell'economia, decreto che deve essere trasmesso alle Camere. Ma il decreto rimane di natura non regolamentare e la trasmissione alle Camere non prevede neanche il parere di quest'ultime;
stante la genericità degli ambiti individuati, così come la totale assenza di indicazioni di carattere quantitativo nella norma in esame, vengono lasciati al futuro decreto ministeriale ampi margini di discrezionalità nel circoscrivere le tipologie di società oggetto di possibili acquisizioni da parte della Cassa depositi e prestiti Spa;
l'articolo 7 del decreto in esame non sostiene che si interviene per difendere l'italianità delle aziende, ma autorizza l'intervento della Cassa in caso di necessità per finanziare aziende ritenute strategiche per fatturato o per importanza del settore in cui operano o per eventuali ricadute sul sistema economico nazionale. In pratica, si resuscita il vecchio IRI rendendo possibile che lo Stato prenda il controllo delle imprese che abbiano requisiti ritenuti strategici dal Governo nella sua amplissima discrezionalità;
si potrebbe sospettare che il vero obiettivo del Governo sia quello di entrare nel sistema bancario, ed in particolare nelle banche territoriali: le banche popolari, le banche cooperative, le casse di risparmio, quelle più a corto di capitale. Di fatto la politicizzazione del credito;
dovrà nascere il fondo italiano strategico d'investimento, ispirato al «FSI» francese (Fond strategique d'investissement): un veicolo che consentirà alla CDP di evitare l'intervento diretto in azioni con il risparmio postale. Il fondo anti-scalata, previsto dalla norma inserita all'articolo 7 del decreto in esame dovrà avere dimensioni importanti;
e per questo sarà necessaria la partecipazione di tutti per fare sistema, dagli imprenditori e dalle società private agli enti pubblici e alle società possedute dallo Stato;
la relazione relativa all'articolo 7 precisa che «Cdp Spa - in quanto votata ad operare nel mercato e secondo le dinamiche dello stesso - potrà usufruire delle facoltà che le sono concesse in relazione al nuovo perimetro della sua missione nei limiti delle sue proprie scelte e delle sue disponibilità che riterrà di potere, al riguardo, utilmente impiegare». Dunque autonomia di valutazione garantita per i vertici della Cassa;
per questo motivo la Presidenza della Cassa ha modificato lo statuto per recepire le novità introdotte dal decreto-legge ed estendere così le sue attività di interesse nazionale anche all'acquisizione di partecipazioni in società ritenute strategiche sotto il profilo occupazionale e di settore;
in relazione alla norma in esame, e quindi all'ipotesi di dare alla Cassa depositi e prestiti un ruolo di fondo strategico per la difesa delle aziende italiane dalle scalate di gruppi esteri, giova rilevare che la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, in una intervista al Sole 24 Ore, si è dichiarata molto perplessa. «Abbiamo realizzato - ha affermato la leader degli industriali - il fondo per la capitalizzazione delle imprese e questa è stata un'esperienza positiva, ma resta un fondo privato, come deve essere. Se la Cdp entra in un'azienda industriale o in una banca si rischia di avere magari un piano di protezione ma non un piano industriale. Ciò che serve è la reciprocità tra paesi e la dimensione d'impresa, il resto lo fa il mercato»;
l'articolo 7 in esame sembra quindi evocare una riedizione dell'IRI. È lo Stato che torna a farsi padrone. Perché la nuova norma trasforma, estendendola, la stessa missione della Cassa depositi e prestiti, società per azioni controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze (70 per cento) e dalle Fondazioni bancarie (30 per cento);
non più solo investimenti nel settore delle infrastrutture (Terna con il 29,9 per cento) e nelle utilities (ENI con il 26,37 per cento), ma partecipazione diretta in società anche industriali purché «di rilevante interesse nazionale». Formula larga limitata da un altrettanto vago confine: la «strategicità del settore di operatività, di livelli occupazionali, di entità di fatturato ovvero di ricadute per il sistema economico-produttivo del paese». Si capisce che Cassa depositi potrà acquisire partecipazioni solo in aziende di grandi dimensioni, ma per il resto sembrano non esserci altri vincoli;
ad avviso dei presentatori del presente atto di indirizzo il Governo sembra avere nostalgia dell'IRI: ma almeno Beneduce aveva una visione dell'economia italiana e del rapporto tra banche e imprese. Quello del Ministro Tremonti, invece, appare come un intervento pubblico senza politica industriale;
in questo disegno c'è, tra le altre, un'incognita che riguarda il ruolo delle fondazioni bancarie (quasi 50 miliardi di patrimonio contabile). Le fondazioni possiedono il 30 per cento della Cassa. Investono lì perché la CDP ha - proprio come le fondazioni - una serie di vincoli che le vietano operazioni rischiose,

impegna il Governo

a prendere le opportune iniziative volte a limitare l'assunzione di quote azionarie da parte di CDP SpA in società quotate di rilevante interesse nazionale a sole partecipazioni di minoranza, vietandole comunque di partecipare a salvataggi d'impresa, nonché di partecipare a società che richiedano oneri di ricapitalizzazione.
9/4307/187. Cambursano, Cimadoro, Borghesi, Messina, Barbato.