ATTO CAMERA

ODG IN ASSEMBLEA SU P.D.L. 9/03638/046

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 360 del 28/07/2010
Firmatari
Primo firmatario: MESSINA IGNAZIO
Gruppo: ITALIA DEI VALORI
Data firma: 28/07/2010
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
BARBATO FRANCESCO ITALIA DEI VALORI 28/07/2010
CAMBURSANO RENATO ITALIA DEI VALORI 28/07/2010
BORGHESI ANTONIO ITALIA DEI VALORI 28/07/2010


Stato iter:
29/07/2010
Partecipanti allo svolgimento/discussione
PARERE GOVERNO 28/07/2010
CASERO LUIGI SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (ECONOMIA E FINANZE)
Fasi iter:

ACCOLTO IL 28/07/2010

PARERE GOVERNO IL 28/07/2010

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 28/07/2010

ATTO MODIFICATO IN CORSO DI SEDUTA IL 29/07/2010

RINUNCIA ALLA VOTAZIONE IL 29/07/2010

CONCLUSO IL 29/07/2010

Atto Camera

Ordine del Giorno 9/3638/46
presentato da
IGNAZIO MESSINA
testo di
giovedì 29 luglio 2010, seduta n.361

La Camera,
premesso che:
nell'ultimo trentennio, in Italia e nel resto del mondo, si è affermata una tendenza di lungo periodo che penalizza i redditi della stragrande maggioranza delle classi medie, lavoratori dipendenti e quanti ad essi assimilabili per condizione di lavoro. Le disparità di reddito sono tornate ad aumentare fino a livelli che erano normali negli anni '20, ma che si riteneva fossero stati eliminati. Questo è accaduto per l'abbandono della politica di piena occupazione e per la deregolamentazione del sistema finanziario. Il welfare State come base del contratto sociale è stato sostituito dall'accesso al credito. I cittadini anche con redditi medio-bassi hanno cercato protezione nell'indebitamento e sono stati coinvolti nella finanziarizzazione dell'economia, contribuendo ad alimentare bolle speculative, fino al crollo e a una crisi che è insieme economica, politica e umana;
l'Italia rappresenta il fanalino di coda sugli stipendi dei lavoratori dipendenti: a parità di potere d'acquisto, il nostro Paese occupa il ventitreesimo posto sui trenta paesi dell'Ocse, con un salario medio netto annuo che ammonta a 21.374 dollari, pari a poco più di 14.700 euro. Lo rileva l'Eurispes nel «Rapporto Italia 2010», dove si legge inoltre, che a pesare ulteriormente sulle buste paga degli italiani è il cuneo fiscale. L'Italia occupa la ventitreesima posizione e supera solo il Portogallo, la Repubblica Ceca, la Turchia, la Polonia, la Slovacchia, l'Ungheria ed il Messico;
volendo fare un paragone con gli altri cittadini europei, il lavoratore italiano percepisce un compenso salariale che è inferiore del 44 per cento rispetto al dipendente inglese, guadagna il 32 per cento in meno di quello irlandese, il 28 per cento in meno di un tedesco, il 19 per cento in meno di un greco, il 18 per cento in meno del cittadino francese e il 14 per cento in meno di quello spagnolo;
inoltre, dal confronto con altri paesi dell'OCSE, emerge che l'Italia è ai primi posti per cuneo fiscale, ossia la parte di costo del lavoro che finisce nelle tasche dello Stato. Lo Stato si prende circa il 47 per cento del salario lordo dei lavoratori;
nel frattempo sono cresciuti i profitti e le rendite, per le quali oltretutto sono previste imposte sostitutive dell'Irpef che in quasi tutti i casi vengono attualmente calcolate con un aliquota pari al 12,5 per cento;
da tempo si discute nel nostro Paese sulla necessità, anche per un elementare senso di equità fiscale, di aumentare tale aliquota del 12,5 per cento fino a raggiungere la media europea pari al 20-21 per cento;
è iniqua una tassazione sui redditi personali, oggi essenzialmente da lavoro, che va dal 23 per cento al 43 per cento, mentre stock option, capital gain, dividendi, ecc., sono tassati al 12,5 per cento. Lo squilibrio è evidente. In altri Paesi non è così. La cedolare secca, inventata per garantire l'anonimato, dovrebbe essere più alta e non più bassa della tassazione ordinaria;
in altri Paesi si è aperta una discussione sull'opportunità di considerare le stock option come parte rilevante della retribuzione dei manager, perché in troppi casi provocano distorsioni e convenienze che confliggono con l'interesse dell'impresa;
aumentare la tassazione sulle rendite finanziarie non significa aumentare la pressione fiscale ma piuttosto fare un'operazione di redistribuzione e di riequilibrio tra chi, senza saperlo, paga il 27 per cento e chi, sapendolo, paga di meno - basti pensare alle stock option - ed è invogliato a investire nel mercato azionario;
le imprese avrebbero meno convenienza a investire nella speculazione finanziaria rispetto agli investimenti produttivi: anche dal punto di vista imprenditoriale, dunque, ci dovrebbe essere interesse a riequilibrare il profitto e la rendita;
diventa urgente dunque, non solo ai fini dell'equità sociale del nostro sistema fiscale, omogeneizzare la tassazione delle rendite finanziarie prevedendo un'aliquota unica, riducendo di conseguenza l'aliquota attualmente al 27 per cento - prevista ad esempio per i depositi in conto corrente con un risparmio per i titolari dei conti di 6-700 milioni annui - e innalzando quella del 12,5 per cento;
la traduzione concreta di questo intendimento costituisce un importante obiettivo di giustizia fiscale e di riequilibrio della tassazione, visto il maggior peso fiscale che grava sul lavoro dipendente e autonomo, sul reddito di impresa e sulle altre fonti di reddito;
le maggiori entrate derivanti da specifiche modalità di attuazione dell'aliquota unica dovrebbero essere destinate a ridurre contestualmente la tassazione sulle persone fisiche con riferimento prioritario ai redditi da lavoro dipendente, che in questi anni hanno visto una perdita consistente di potere d'acquisto;
occorre intervenire stabilendo in misura pari al 20 per cento la prima aliquota dell'Irpef, fissando al 20 per cento l'aliquota Ires da applicare agli utili societari reinvestiti in azienda per favorirne la capitalizzazione, stabilendo pari al 20 per cento l'aliquota dell'imposta sui proventi derivanti dalla speculazione finanziaria;
sarebbe opportuno, inoltre, recuperare altre risorse necessarie a tali scopi attraverso un efficace contrasto all'evasione fiscale reintroducendo le norme introdotte del Governo Prodi e soppresse dall'attuale Esecutivo, quali la tracciabilità dei pagamenti e l'elenco clienti fornitori,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di assumere le opportune iniziative di carattere normativo, ferme restando le prerogative del Parlamento, finalizzate al riordino del trattamento tributario dei redditi di capitale e dei redditi diversi di natura finanziaria, nonché delle gestioni individuali di patrimoni e degli organismi di investimento collettivo mobiliare, e ad apportare modifiche al regime delle ritenute alla fonte sui redditi di capitale o delle imposte sostitutive afferenti i medesimi redditi, con l'esclusione dei redditi derivanti da titoli emessi dallo Stato;
ad approntare una più globale riforma fiscale orientata a tassare meno i fattori produttivi, il lavoro e il capitale, e, maggiormente, i consumi di beni di lusso e le attività speculative, salvaguardando il principio costituzionale della progressività della tassazione in relazione ai livelli effettivi di reddito, tramite l'applicazione di tre aliquote ognuna pari al 20 per cento: una come prima aliquota Irpef per alleggerire il peso fiscale dei redditi medio-bassi; una come aliquota Ires da applicare agli utili societari reinvestiti in azienda e una per la tassazione delle rendite derivanti dalle attività finanziarie speculative.
9/3638/46. (Testo modificato nel corso della seduta) Messina, Barbato, Cambursano, Borghesi.

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC :

detrazione fiscale

emissione di valori

fiscalita'

gestione delle risorse

imposta

imposta sui redditi da capitale

lavoro autonomo

politica sociale

riforma fiscale

ripartizione delle imposte