ATTO CAMERA

ODG IN ASSEMBLEA SU P.D.L. 9/01972/044

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 114 del 14/01/2009
Firmatari
Primo firmatario: ARMOSINO MARIA TERESA
Gruppo: POPOLO DELLA LIBERTA'
Data firma: 14/01/2009
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
STRADELLA FRANCO POPOLO DELLA LIBERTA' 14/01/2009


Stato iter:
14/01/2009
Partecipanti allo svolgimento/discussione
PARERE GOVERNO 14/01/2009
Resoconto CASERO LUIGI SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (ECONOMIA E FINANZE)
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 14/01/2009
Resoconto STRADELLA FRANCO POPOLO DELLA LIBERTA'
Fasi iter:

ATTO MODIFICATO IN CORSO DI SEDUTA IL 14/01/2009

ACCOLTO IL 14/01/2009

PARERE GOVERNO IL 14/01/2009

DISCUSSIONE IL 14/01/2009

RINUNCIA ALLA VOTAZIONE IL 14/01/2009

CONCLUSO IL 14/01/2009

Atto Camera

Ordine del Giorno 9/1972/44
presentato da
MARIA TERESA ARMOSINO
testo di
mercoledì 14 gennaio 2009, seduta n.114

La Camera,
premesso che:
l'articolo 11, comma 5, lettera c), della legge 23 dicembre 1992, n. 498, come sostituito dall'articolo 2, comma 85, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 86, e poi, in parte modificato dall'articolo 1, comma 1030, lettera d), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, stabilisce che le sole società concessionarie autostradali sono soggette ai seguenti obblighi:
«c) agire a tutti gli effetti come amministrazione aggiudicatrice negli affidamenti di forniture e servizi di importo superiore alla soglia di rilevanza comunitaria nonché di lavori, ancorché misti con forniture o servizi e in tale veste attuare gli affidamenti nel rispetto del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, sevizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni»;
la norma in parola sembrerebbe, prima facie, obbligare tutti indistintamente i concessionari autostradali, siano essi di per sé dotati o meno della natura di organismo di diritto pubblico, ad applicare le regole proprie delle amministrazioni aggiudicatrici con riferimento alla totalità degli affidamenti di lavori a prescindere dall'importo e per la totalità degli affidamenti di forniture e servizi, ma solo se di importo superiore alla soglia comunitaria;
detta interpretazione renderebbe la norma certamente contraria non solo alla direttiva 2004/18/CE, nella parte in cui regola l'affidamento di prestazioni da parte di concessionari che non sono amministrazioni aggiudicatrici, ma anche agli articoli 43, 49 e 56 del trattato CEE. E ciò:
conformando le modalità di affidamento delle concessioni e dei lavori autostradali in Italia in modo sostanzialmente diverso da quello previsto dalla direttiva 2004/18, e compromettendo in tal modo l'uniformità di regole richiesta dall'apertura del mercato alle imprese dell'intera Unione;
imponendo ai concessionari autostradali privati, allo scopo di migliorare le condizioni di concorrenza, un vincolo alle libertà negoziali eccedente i limiti individuati dalla direttiva comunitaria 2004/18 e comunque in violazione del principio di proporzionalità;
introducendo una nozione di organismo di diritto pubblico difforme da quella tassativamente individuata dalla direttiva 2004/18;
infine - ma non per ultimo - introducendo una distorsione delle regole del mercato intesa ad impedire il libero esercizio delle attività delle imprese di gruppo, tale da comportare per le imprese così conformate una seria difficoltà ad operare nel mercato italiano;
la Corte di Giustizia CE ha da tempo affermato che: In forza del principio di preminenza del diritto comunitario, le disposizioni del Trattato e gli atti delle istituzioni, qualora siano direttamente applicabili, hanno l'effetto, nel loro rapporto con il diritto interno degli Stati membri, non solo di rendere ipso iure inapplicabile, per il fatto stesso della loro entrata in vigore, qualsiasi disposizione contrastante della legislazione nazionale preesistente, ma anche - in quanto dette disposizioni e detti atti fanno parte integrante, con rango superiore rispetto alle norme interne, dell'ordinamento giuridico vigente nel territorio dei singoli Stati membri - di impedire la valida formazione di nuovi atti legislativi nazionali, nella misura in cui questi fossero incompatibili con norme comunitarie (Corte di Giustizia CE, 9 marzo 1978, C-106-77);
recependo integralmente tale impostazione, la Corte Costituzionale ha riconosciuto esservi «un punto fermo nella costruzione giurisprudenziale dei rapporti tra diritto comunitario e diritto interno: i due sistemi sono configurati come autonomi e distinti, ancorché coordinati, secondo la ripartizione di competenze stabilita e garantita dal Trattato. Esigenze fondamentali di eguaglianza e certezza giuridica postulano che le norme comunitarie - non qualificabili come fonte di diritto internazionale, né di diritto straniero, né di diritto interno - debbano avere piena efficacia obbligatoria e diretta applicazione in tutti gli Stati membri, come atti aventi forza e valore di legge in ogni Paese dello Comunità, sì da entrare ovunque contemporaneamente in vigore e conseguire applicazione eguale ed uniforme nei confronti di tutti i destinatari» (Corte Cost. 8 giugno 1984, n. 170 e n. 183 del 1973);
da tale principio la Consulta ha fatto derivare due conseguenze:
la prima è che le disposizioni della CEE, le quali soddisfano i requisiti dell'immediata applicabilità, devono, al medesimo titolo, entrare e permanere in vigore nel territorio italiano, senza che la loro sfera di efficacia possa essere intaccata dalla legge ordinaria dello Stato. Non importa, al riguardo, se questa legge sia anteriore o successiva (...). L'effetto connesso alla sua vigenza [della norma comunitaria] è perciò quello, non già di caducare, nell'eccezione propria del termine, la norma interna incompatibile, bensì di impedire che tale norma venga in rilievo per la definizione della controversia dinanzi al giudice nazionale« (Corte Cost. n. 170/1984, cit.; Corte Cost. 30 marzo 1995, n. 94);
la seconda conseguenza è »che tutti i soggetti competenti nel nostro ordinamento a dare esecuzione alla legge (e agli atti aventi forza o valore di legge) - tanto se dotati di poteri di dichiarazione del diritto, come gli organi giurisdizionali, quanto se privi di tali poteri, come gli organi amministrativi - sono tenuti giuridicamente a disapplicare le norme interne incompatibili con le norme stabilite«.dal Trattato CE, »nell'interpretazione datane dalla Corte di giustizia europea« (Corte Cost. 11 luglio 1989 n. 389);
ai fini dell'individuazione delle norme comunitarie aventi «effetti diretti» - e come tali idonee a far sorgere nei diretti interessati situazioni giuridiche tutelabili - la Corte costituzionale, recependo coerentemente le decisioni in tal senso dalla Corte di Giustizia, ha riconosciuto che alle «norme contenute negli articoli 52 e 59 del Trattato [ora artt. 43 e 49 del Trattato CE] (...) essendo decorso il periodo transitorio, deve riconoscersi una diretta efficacia (in tal senso, Corte di Giustizia CE sent. 21 giugno 1974 C.2/74; seni. 14 gennaio 1988 C.63/86), e dalle quali, pertanto derivano attualmente diritti, come la libertà di stabilimento e quella di prestazione dei servizi, che sono immediatamente tutelabili in giudizio da parte dei cittadini degli Stati membri» (ancora Corte Cost. n. 389/1989, cit.; Corte di Giustizia CE, 27 marzo 1980, C-61/79);
le norme dell'articolo 11, comma 5, lettera c), della legge n. 498 del 1992 limitano inequivocabilmente i diritti afferenti alla libertà di stabilimento e di prestazione dei servizi, senza alcun rispetto del principio di proporzionalità il quale esige che non vengano adottati atti limitativi dei diritti e delle libertà fondamentali degli amministrati in misura superiore,e quindi sproporzionata, rispetto al pubblico interesse da perseguire. (Corte di Giustizia CE, 17 dicembre 1970, C-25/70; e 2 febbraio 1989, C- 274/87);
sotto un ulteriore profilo va considerato che la Corte di Giustizia CE ha ritenuto che norme che vietano, ostacolano o comunque rendono meno attraente l'esercizio dell'attività di impresa in uno Stato membro dell'Unione Europea si pongono in contrasto:
con l'articolo 43 del Trattato CE, che vieta restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini e delle imprese di uno stato membro nel territorio di un altro stato membro, precisando che tale contrasto è concretato da qualunque norma porti al medesimo risultato (Corte di Giustizia CE 15 gennaio 2002, C-439/99; Corte di Giustizia CE 12 aprile 1994, C-1/93);
con l'articolo 49 del Trattato CE, per il quale nessuno Stato membro può introdurre restrizioni all'espletamento di attività industriali, commerciali e simili nei confronti delle imprese operanti nel territorio dell'Unione Europea (Corte di Giustizia CE 20 gennaio 2001, C-205/99; Corte di Giustizìa CE 23 novembre 1999, cause riunite C-369/96 e C-376/96; Corte di Giustizia CE 18 giugno 1998, C266/96; Corte di Giustizia CE 28 marzo 1996, C-272/94);
con l'articolo 56 del Trattato CE, che vieta restrizioni alla libera circolazione di capitali all'interno della Comunità, con disposizione che «va oltre l'eliminazione di una disparità di trattamento tra gli operatori sui mercati finanziari in base alla cittadinanza» per colpire invece «in maniera generale le restrizioni ai movimenti di capitali tra gli stati membri» e all'interno di ciascuno stato membro, intendendosi per «restrizioni ai movimenti di capitali» anche qualunque misura che direttamente o indirettamente renda meno attraente l'investimento finanziario (Corte di Giustizia CE 4 giugno 2002, C-484/99; Corte di Giustizia CE, 13 maggio 2003, C-463/00);
non c'è dubbio che la norma in esame, sempre ove intesa nel senso sopra prospettato, avrebbe proprio l'effetto di ostacolare gravemente, o comunque di rendere meno attraente, l'esercizio dell'attività dì impresa, ed il correlativo investimento finanziario, nel settore delle concessioni autostradali.
in conclusione, il complesso delle considerazioni svolte induce a ritenere che, in forza dei richiamati principi concordemente affermati dalla Corte di Giustizia CE e dalla Corte costituzionale in tema di rapporti tra ordinamento comunitario ed ordinamento nazionale, la norma qui in esame, ove interpretata nel senso esplicitato, dovrebbe essere disapplicata da ogni operatore del diritto, in quanto per più versi in insanabile contrasto con la normativa comunitaria,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di proporre una modifica normativa in modo da rendere la disposizione dell'articolo 11, comma 5, lettera c), della legge n. 498 del 1992, come novellata dal decreto-legge n. 262 del 2006, e successive modificazioni, conforme al diritto comunitario;
ad interpretare e far interpretare la predetta norma in modo che essa risulti conforme alla normativa comunitaria, ovverossia nel senso di richiedere ai concessionari privati di autostrade di agire a tutti gli effetti come amministrazioni, aggiudicatrici negli affidamenti a terzi, degli appalti di lavori, nonché di forniture e servizi di ammontare superiore alla soglia comunitaria, ma consenta sia l'esecuzione diretta, sia l'affidamento ai soggetti che si sono associati o consorziati per ottenere la concessione, sia alle imprese collegate.
9/1972/44. (Testo modificato nel corso della seduta) Armosino, Stradella.

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC :

Comunita' europea

diritto commerciale

diritto comunitario

diritto di stabilimento

impresa transnazionale

libera circolazione dei capitali

mercato interno

norma europea

prestazione di servizi

societa' di servizi

violazione del diritto comunitario