Doc. XXII-bis,, n. 4

COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTA
SULLA MORTE DI DAVID ROSSI

(Istituita con delibera della Camera dei deputati dell'11 marzo 2021)

(composta dai deputati: Zanettin, Presidente, Lacarra, Migliorino, Vicepresidenti, Bisa, Fornaro Segretari, Borghi Claudio, Cancelleri, Cenni, D'Ippolito, Donno, D'Orso, Ermellino, Ferri, Pettarin, Picchi, Rizzetto, Rossello, Rossi, Sapia e Tarantino)

RELAZIONE
SULL'ATTIVITÀ SVOLTA DALLA COMMISSIONE

(Relatore: on. Pierantonio Zanettin)

Approvata dalla Commissione nella seduta del 15 settembre 2022

Comunicata alla Presidenza il 15 settembre 2022 ai sensi dell'articolo 2, comma 5,
della delibera della Camera dei deputati dell'11 marzo 2022

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INDICE

1. La crisi del Monte dei Paschi di Siena e le indagini avviate dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Siena ... Pag. 5

2. Le inchieste giornalistiche ... » 9

3. L'istituzione della Commissione parlamentare e l'attività di inchiesta svolta ... » 24

  3.1. La delibera istitutiva della Commissione parlamentare di inchiesta ... » 24

  3.2. L'attività di inchiesta svolta ... » 25

4. Il ruolo di David Rossi nel Monte dei Paschi di Siena. Le perquisizioni disposte dall'autorità giudiziaria ... » 28

5. La ricostruzione delle vicende che hanno interessato David Rossi nei giorni che hanno preceduto la sua morte (19 febbraio-6 marzo 2013) ... » 37

  5.1. La crisi finanziaria del Monte dei Paschi di Siena ... » 37

  5.2. La perquisizione del 19 febbraio 2013 nell'ufficio e nell'abitazione del dottor David Rossi ... » 39

  5.3. La cena del 28 febbraio 2013 ... » 43

  5.4. La settimana dal 28 febbraio al 6 marzo 2013 ... » 45

  5.5. Il giorno 1° marzo 2013 ... » 47

  5.6. Il giorno 2 marzo 2013 ... » 48

  5.7. Il giorno 4 marzo 2013 ... » 48

  5.8. Il giorno 5 marzo 2013 ... » 53

6. L'ultimo giorno di vita di David Rossi: il 6 marzo 2013 dalla mattina all'ora della morte ... » 54

7. La dinamica della precipitazione nelle ricostruzioni dei periti ... » 59

  7.1. La perizia del R.I.S. dei Carabinieri di Roma ... » 59

  7.2. Premesse all'elaborato del R.I.S. ... » 60

  7.3. Le sperimentazioni in loco ... » 61

  7.4. Risposta ai quesiti sulla dinamica della precipitazione ... » 64

  7.5. Conferme e confutazioni alle precedenti relazioni tecniche. La relazione a firma dell'ingegnere Luca Scarselli, in data Monteriggioni, 18 agosto 2013 ... » 65

  7.6. La relazione a firma congiunta del tenente colonnello Davide Zavattaro e della professoressa Cristina Cattaneo, in data Roma e Milano, 6 dicembre 2016 ... » 66

Pag. 4

  7.7. Le considerazioni sulla dinamica della precipitazione contenute nell'atto di opposizione alla richiesta di archiviazione a firma dell'avvocato Paolo Pirani, in data 20 febbraio 2017 ... » 66

8. I risultati degli esami autoptici ... » 67

  8.1. La consulenza medico-legale affidata dal pubblico ministero al professor Mario Gabbrielli, ordinario di Medicina legale presso l'Università degli studi di Siena ... » 67

  8.2. Le conclusioni adottate dal professor Mario Gabbrielli ... » 69

  8.3. Consulenza medico-legale affidata dal pubblico ministero alla professoressa Cristina Cattaneo, dell'Istituto di Medicina legale dell'Università degli studi di Milano, e al tenente colonnello dell'Arma dei carabinieri, Davide Zavattaro, del R.I.S. di Roma ... » 71

  8.4. Consulenza medico-legale affidata dalla Commissione parlamentare ad un collegio di consulenti composto dal professor Vittorio Fineschi, ordinario di Medicina legale presso l'Università degli studi di Roma «La Sapienza», dal dottor Roberto Testi, direttore del Dipartimento di prevenzione ASL «Città di Torino», e dalla professoressa Antonina Argo, ordinario di Medicina legale presso l'Università degli studi di Palermo ... » 74

9. Le attività d'indagine svolte nella notte tra il 6 e il 7 marzo 2013 ... » 79

10. Le attività d'indagine svolte dal 7 marzo 2013 fino alla prima ordinanza di archiviazione ... » 83

11. La prima ordinanza di archiviazione ... » 88

12. La seconda ordinanza di archiviazione ... » 96

13. Le indagini svolte dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Genova ... » 102

  13.1. Le questioni aperte ... » 107

14. Conclusioni ... » 109

  14.1. L'oggetto delle conclusioni ... » 111

  14.2. Le conseguenze della conclusione anticipata dei lavori della Commissione: considerazioni generali ... » 111

  14.3. Le conseguenze della conclusione anticipata dei lavori parlamentari in relazione agli accertamenti che non è stato possibile effettuare ... » 112

  14.4. I risultati raggiunti in modo definitivo: la relazione medico-legale e le cause della morte ... » 117

  14.5. I risultati delle altre relazioni tecniche ... » 119

  14.6. Considerazioni critiche su alcuni aspetti delle indagini svolte in sede giudiziaria ... » 122

  14.7. La trasmissione della relazione alla procura della Repubblica di Siena ... » 131

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1. La crisi del Monte dei Paschi di Siena e le indagini avviate dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Siena.

  Quando David Rossi morì la sera del 6 marzo 2013, il Monte dei Paschi di Siena, la banca più antica d'Europa, essendo stato fondato nel 1472, stava vivendo ormai da mesi il momento probabilmente più difficile della sua storia pluricentenaria. Una gravissima crisi finanziaria aveva investito la banca e aveva portato alle dimissioni dei vertici aziendali. Per la città di Siena era un duro colpo, anche dal punto di vista economico, visto il legame fortissimo della banca con il territorio.
  La banca, che pure era riuscita a sopravvivere a pestilenze, guerre locali e a due guerre mondiali e ai difficili anni che vi avevano fatto seguito, non riuscì a trovare in sé le risorse economiche e manageriali per superare le difficoltà connesse a una serie di scelte di natura finanziaria e gestionale-imprenditoriale che, unite con la crisi globale, si erano rivelate catastrofiche per l'istituto di credito, nonostante l'enorme liquidità e l'enorme patrimonio di cui disponeva.
  Per comprendere pienamente quanto accaduto in quegli anni e le successive inchieste giudiziarie avviate nel 2012 (e in parte anche prima) e quindi il contesto in cui si colloca la morte di David Rossi, appare opportuno ricostruire, seppur sinteticamente, il legame che la Fondazione e la banca Monte dei Paschi di Siena avevano con la città di Siena e i suoi abitanti. Un rapporto che si potrebbe definire «viscerale» e «filiale», a tal punto che la banca veniva scherzosamente chiamata «Babbo Monte». La solidità e la ricchezza della banca pervadevano ogni aspetto della vita economica e sociale della città.
  L'anello di congiunzione tra la banca e la città era rappresentato indubbiamente dalla Fondazione del Monte dei Paschi di Siena, nata dopo la riforma bancaria degli anni Novanta e che aveva portato alla trasformazione della banca in una società per azioni quotata e nel cui azionariato la Fondazione aveva fino a quel momento conservato una partecipazione superiore al cinquanta per cento.
  I vertici della Fondazione, a formare quel «groviglio armonioso», cui spesso si è fatto riferimento parlando del legame tra la banca e la città di Siena con i suoi vertici istituzionali, erano, infatti, espressione dei partiti politici presenti in consiglio comunale e delle associazioni del territorio. Questo fortissimo legame con la città e i suoi vertici istituzionali faceva sì che il Monte dei Paschi continuasse a essere la banca del territorio, ancorché negli anni avesse assunto, anche attraverso numerose acquisizioni di altri istituti bancari, una dimensione nazionale – era la terza banca del Paese – e internazionale.
  La partecipazione della Fondazione al 51 per cento del capitale sociale della banca garantiva il forte radicamento territoriale di quest'ultima, dal momento che le forze politiche che governavano la città esprimevano la maggioranza del consiglio di amministrazione e, quindi, dei vertici della banca stessa.
  Per questo la città di Siena, formata da diciassette contrade, era, però, estremamente coesa nel tutelare il «Babbo Monte» dal quale dipendeva larga parte della ricchezza e della vita sociale della città.
  Le difficoltà del Monte dei Paschi di Siena iniziarono a manifestarsi nel 2008 a seguito della bancarotta negli Stati Uniti della banca Lehman Brothers – la più grande nella storia di questo Paese –, i cui effetti si propagarono sistemici sui mercati finanziari internazionali.Pag. 6
  Già nel 2009 la procura della Repubblica presso il tribunale di Siena, sollecitata da un esposto di cittadini del comune di Sovicille (zona nella quale ha sede l'aeroporto di Ampugnano), aveva avviato un'inchiesta giudiziaria (RGNR n. 1412/2009), affidata dapprima al dottor Mario Formisano (sostituto procuratore della Repubblica) e poi al dottor Antonino Nastasi, sulla privatizzazione dell'aeroporto di Siena, che vedeva coinvolto per concorso morale in ordine ai reati di falso e turbativa d'asta anche il presidente del Monte dei Paschi di Siena avvocato Giuseppe Mussari (il procedimento giudiziario si concluse alcuni anni dopo con alcune assoluzioni e diverse prescrizioni).
  Nel novembre 2011 la procura della Repubblica presso il tribunale di Siena, come precisato anche dal dottor Nastasi e dal dottor Natalini nel corso delle loro audizioni in Commissione (v. resoconti stenografici del 10 febbraio 2022 e del 17 febbraio 2022), aprì un fascicolo a modello 45 (atti di non rilevanza penale) originato da alcuni articoli di quotidiani. Le indagini vennero delegate al Nucleo speciale di Polizia Valutaria della Guardia di finanza, all'epoca comandato dal generale Leandro Cuzzocrea, ed eseguite dal gruppo Tutela del risparmio del Nucleo speciale di Polizia Valutaria, all'epoca dei fatti comandato dal colonnello Pietro Bianchi.
  In questo fascicolo furono inseriti anche atti e documenti contenuti nel fascicolo RGNR n. 1412/2009, riguardante la privatizzazione dell'aeroporto di Siena, precedentemente istruito dal dottor Mario Formisano. Verificati tali documenti e richiesti altri alla Banca d'Italia e alla Consob, il fascicolo da mod. 45 passò prima a mod. 44 (contro soggetti ignoti) e poi a mod. 21 (nei confronti di soggetti noti).
  Nel procedimento avviato nel 2011 si faceva anche riferimento all'omessa comunicazione alla Banca d'Italia, da parte dei vertici del Monte dei Paschi di Siena, di una «indemnity side letter» a Bank of New York in occasione dell'assemblea di sottoscrittori del fresh nel 2009, quando furono votate alcune modifiche allo strumento, impiegato nell'ambito dell'operazione di acquisizione di Banca Antonveneta.
  Nell'ambito di tale procedimento (divenuto nel frattempo RGNR n. 845/2012) furono svolti numerosi atti di indagine che coinvolsero numerosi soggetti, ma non il dottor David Rossi (come precisato nel corso delle loro audizioni sia dal dottor Nastasi che dal dottor Vitello e dal dottor Natalini). Tra questi atti si ricordano le quasi 50 perquisizioni effettuate il 9 maggio 2012 in tutta Italia e anche presso la sede centrale del Monte dei Paschi in piazza Salimbeni e presso la sede della Fondazione del Monte dei Paschi in via Banchi di Sotto.
  Quel giorno la città di Siena si svegliò con le auto della Guardia di finanza in piazza Salimbeni, che quasi accerchiavano la sede storica della banca di Rocca Salimbeni.
  Il clamore in città di questa attività di indagine e i suoi riflessi sui media di tutto il mondo ebbero un effetto immediato sui senesi, che si strinsero a difesa della banca e della reputazione della città. La città dimostrò tutto il suo orgoglio e questa attenzione fu ritenuta come un affronto fatto all'intera città.
  Fu proprio questo atteggiamento che condannò Siena al suo destino di «città Stato», che non aveva bisogno di sapere e che riteneva, inopinatamente, di essere immune da critiche.Pag. 7
  Il dottor David Rossi – come molti altri funzionari e dipendenti del Monte dei Paschi di Siena – ebbe a subire una perquisizione da parte della Guardia di finanza sia sul luogo di lavoro, sia nel proprio domicilio, ma l'esito di tutto ciò fu negativo: non venne rintracciato nulla di utile per le indagini.
  Dopo le perquisizioni la Banca d'Italia depositò agli atti della procura della Repubblica di Siena la parte riservata delle ispezioni che erano state disposte sul Monte dei Paschi di Siena e fu aperto, per questo, un ulteriore fascicolo, il RGNR n. 3861/2012 avente ad oggetto i derivati denominati «Santorini» e «Alexandria».
  Il clamore di queste perquisizioni concentrò l'attenzione dei media, che fino alla seconda decade di gennaio 2013 si erano disinteressati del Monte dei Paschi, sulla crisi della banca e sulle conseguenti inchieste dell'autorità giudiziaria.
  Il 22 gennaio 2013 Il Fatto Quotidiano pubblicò un articolo a firma del giornalista Marco Lillo nel quale si faceva riferimento al ritrovamento il 10 ottobre 2012 in una cassaforte di un «mandate agreement», risalente al luglio 2009, sottoscritto tra l'ex presidente del Monte dei Paschi di Siena e la banca giapponese Nomura per la ristrutturazione del debito della banca senese con l'operazione denominata «Alexandria». La notizia scatenò l'attenzione dei media nazionali e internazionali. La città di Siena e la procura della Repubblica di Siena furono prese d'assedio dai giornalisti, mentre le vicende del Monte dei Paschi si vennero a intrecciare con le elezioni politiche.
  Il 14 febbraio 2013 fu disposto dal giudice delle indagini preliminari di Milano il fermo a Milano del dottor Gianluca Baldassarri, fermo che fu poi convalidato dal tribunale del riesame di Firenze.
  Il 19 febbraio 2013 anche il dottor David Rossi venne sottoposto a un'ulteriore perquisizione, come del resto l'ex presidente della banca, l'avvocato Giuseppe Mussari e il dottor Antonio Vigni (ex direttore generale del Monte dei Paschi di Siena), anche se mai il dottor David Rossi venne iscritto nel registro degli indagati e mai il suo nome apparve in atti rilevanti per le indagini.
  La perquisizione effettuata anche al dottor David Rossi (che diede esito negativo) fu svolta essenzialmente per il ruolo apicale dallo stesso rivestito all'interno della banca e per il ruolo di «amico» (persona più vicina) di lunga data del presidente Giuseppe Mussari.
  La vicinanza di David Rossi al presidente Mussari era stata indicata, tra gli altri, dallo stesso dottor Valentino Fanti (capo della segreteria del dottor Viola), quando fu sentito dalla procura della Repubblica di Siena solo quattro giorni prima delle perquisizioni del 19 febbraio 2013.
  Non vi era nulla contro il dottor David Rossi, almeno a livello formale. Si presume, quindi, che gli inquirenti, attraverso le perquisizioni, avessero fatto pressione su di lui perché individuato come possibile anello di collegamento con i precedenti vertici del Monte dei Paschi di Siena e, in particolare, con l'ex presidente Mussari.
  Per quanto emerso dall'attività di inchiesta di questa Commissione, gli inquirenti accertarono che il dottor David Rossi non era in possesso né direttamente, né indirettamente di notizie e informazioni utili alla ricostruzione degli eventi di cui la procura già non disponeva.Pag. 8
  All'esito della perquisizione del 19 febbraio 2013 fu aperto un ulteriore fascicolo RGNR n. 962/2013, con tutto quello che ne conseguiva in tema di ricerca della prova.
  La rilevanza istruttoria e investigativa del dottor David Rossi – come precisa il dottor Aldo Natalini nella sua audizione in Commissione del 17 febbraio 2022 – era nulla, sia perché le perquisizioni si erano rivelate un «nulla di fatto», sia perché egli aveva già rilasciato dichiarazioni ai pubblici ministeri che stavano indagando.
  La Commissione ha altresì verificato il ripristino a livello di fabbrica dell'iPad il 20 febbraio, dell'iPhone il 25 febbraio, della cancellazione di messaggi, chiamate ed e-mail dal Blackberry dopo il 19 febbraio (come indicato anche dalla Polizia postale di Genova), del non utilizzo del laptop HP (oggetto di copia forense nella stanza del Rossi) dal 19 febbraio, cancellazione di tutte le e-mail in arrivo il 25 febbraio (file.pst fornito dalla procura). Questo lavoro di cancellazione è indicativo anche se non è stato trovato nulla da parte degli inquirenti.
  La situazione del Monte dei Paschi di Siena si complicava, però, sempre di più, nonostante l'avvicendamento alcuni mesi prima dei vertici aziendali. E ciò rendeva sempre più complessa anche la posizione di David Rossi, almeno nella percezione che egli ne aveva, all'interno della banca. Il 1° marzo 2013 il quotidiano IlSole24Ore pubblicò un articolo del giornalista Cesare Peruzzi nel quale si rendeva noto che la banca Monte dei Paschi di Siena intendeva promuovere un'azione legale contro Nomura e Deutsche Bank.
  La diffusione della notizia destò grande preoccupazione nei vertici del Monte dei Paschi di Siena, giacché costrinse i legali della banca a una corsa contro il tempo per il deposito della citazione davanti al tribunale delle imprese di Firenze. Depositata la citazione, la banca presentò subito dopo un esposto per insider trading ex articolo 184 del Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (T.U.I.F.), al fine di individuare chi avesse divulgato la notizia a IlSole24Ore.
  Il 5 marzo 2013 vennero effettuate ulteriori perquisizioni a carico di altri funzionari e consiglieri di banca Monte dei Paschi di Siena, tra cui il dottor Gorgone e l'avvocato Briamonte; nei confronti di quest'ultimo fu applicata la misura cautelare della sospensione dalla carica.
  Anche a seguito di questo evento nulla fu addebitato al dottor David Rossi, essendosi rivelata falsa la voce che fosse stato lui a propalare la notizia.
  A tale proposito, il dottor Antonino Nastasi, ha precisato nella sua audizione che dalle sommarie informazioni rese dal giornalista de IlSole24Ore, che aveva scritto l'articolo, si apprende che l'informazione riservata era stata fatta filtrare all'esterno dal consigliere del consiglio di amministrazione di Banca Monte Paschi di Siena, avvocato Briamonte (v. resoconto stenografico relativo all'audizione del dottor Antonino Nastasi del 10 febbraio 2022).
  Dopo il 19 febbraio 2013 la situazione in città venne sempre più peggiorando, ancorché le indagini avessero appurato l'estraneità del dottor Rossi.
  La città era blindata in una reazione tra lo sbigottimento e il rifiuto che il Monte dei Paschi di Siena si potesse essere macchiato di qualche comportamento illecito, e così i suoi dipendenti. La città aveva reagito Pag. 9con stupore a questo clamore e i dipendenti del Monte dei Paschi (per lo più senesi), se possibile, erano ancora più meravigliati della gravissima crisi che stava travolgendo l'istituto.
  La città si considerava assediata e i dipendenti della banca temevano di ritrovarsi coinvolti nelle indagini o di essere travolti dal clima di sospetto che si viveva all'interno della Banca.
  La situazione era molto complessa all'alba del 6 marzo 2013 e per certo gli eventi erano precipitati dal 1° marzo 2013. Le ultime perquisizioni e le indagini sul «corvo», che aveva rivelato notizie riservate, avevano «avvelenato» l'ambiente, ma nulla, hanno precisato i pubblici ministeri nel corso delle loro audizioni in Commissione, era in qualche modo addebitabile al dottor David Rossi, anche se quest'ultimo era stato probabilmente individuato dalla procura della Repubblica di Siena quale possibile fonte informativa privilegiata su notizie che potesse avere appreso dalla frequentazione con il presidente Giuseppe Mussari o il direttore generale dottor Fabrizio Vigni; e per questo e su di lui era stata esercitata una pressione istruttoria indubbia.
  All'alba del 6 marzo 2013, ancorché il momento fosse molto difficile sia per la banca sia per David Rossi, nulla faceva certo presagire quello che nel tardo pomeriggio sarebbe accaduto in vicolo Monte Pio.
  All'inchiesta sulla banca e sulla gestione della stessa si veniva così a sommare una nuova indagine sulla morte di un top manager della comunicazione come il dottor David Rossi, senese, contradaiolo e da tutti stimato e conosciuto nella sua città.

2. Le inchieste giornalistiche.

Le inchieste condotte da Il Fatto Quotidiano

  Nel giugno 2013 la procura della Repubblica di Siena era già pronta ad archiviare come suicidio la morte di David Rossi, avvenuta appena tre mesi prima. Il 4 luglio 2013, fuori dalla sede della procura della Repubblica di Siena, il magistrato Aldo Natalini, titolare del fascicolo insieme al collega Nicola Marini, lo riferì al giornalista Davide Vecchi, all'epoca inviato de Il Fatto Quotidiano, che aveva recuperato lo scambio di e-mail tra David Rossi e Fabrizio Viola, all'epoca amministratore delegato del Monte dei Paschi di Siena, risalente al 4 marzo, due giorni prima della morte del manager del Monte dei Paschi di Siena, e che chiedeva alcune conferme al dottor Natalini. Come riferito dallo stesso Davide Vecchi nel corso della sua audizione tenutasi presso la Commissione il 15 luglio 2021, il magistrato gli chiese anche se avesse intenzione di scrivere al riguardo, aggiungendo che a breve avrebbero chiesto l'archiviazione dell'indagine.
  Dalla morte di Rossi fino al 2017 solo Davide Vecchi e Il Fatto Quotidiano hanno sollevato dubbi sulle indagini e sostenuto la posizione dei familiari del manager scomparso, in primis della vedova, Antonella Tognazzi, che hanno sempre espresso dubbi sull'ipotesi che la morte di David Rossi fosse dovuta a suicidio.
  Il giorno successivo al predetto colloquio, Il Fatto Quotidiano pubblicò per due giorni consecutivi l'intero scambio di e-mail tra Rossi e Viola, all'epoca amministratore delegato del Monte dei Paschi di Pag. 10Siena. Uno scambio ritenuto molto rilevante, giacché David Rossi non solo comunicava la volontà di togliersi la vita, ma riferiva l'intenzione di parlare con i magistrati e chiedeva aiuto a Fabrizio Viola affinché lo mettesse in contatto con loro.
  Secondo la ricostruzione di Davide Vecchi, ciò era dovuto al fatto che Rossi aveva subito pesanti perquisizioni a casa e in ufficio, nonostante non fosse indagato. Tuttavia, secondo quanto si apprendeva da informazioni di stampa, i pubblici ministeri erano convinti che David Rossi fosse in costante contatto con Giuseppe Mussari, ex presidente del Monte dei Paschi di Siena, travolto dalle inchieste giudiziarie e costretto a lasciare anche la guida dell'ABI, perché accusato a vario titolo dalla procura della Repubblica di Siena, di aver esposto e condotto la banca a una crisi, compiendo scelte finanziarie criminose, sottoscrivendo un mandate agreement di rivalutazione dei derivati Santorini e Alexandria con la banca giapponese Nomura e la tedesca Deutsche. Non essendo riuscito ad avere informazioni sui motivi che avevano spinto i magistrati a disporre a suo carico le perquisizioni subite mercoledì 19 febbraio 2013, Rossi decise, così, di rivolgersi a Viola che con i pubblici ministeri stava collaborando per ricostruire le operazioni finanziarie compiute dalla banca sotto la guida di Mussari. Il Fatto pubblicò le e-mail di David Rossi i giorni 5 e 6 luglio 2013. In particolare, si trattava di un primo lungo messaggio delle 14.12 a Fabrizio Viola, con cui David Rossi si sfogava, dicendo di avere «bisogno di un contatto con questi signori perché temo mi abbiano male inquadrato come elemento di un sistema e di un giro sbagliati. Capisco che il mio rapporto con certe persone possa farglielo pensare, ma non è così». Proseguiva, quindi, dicendo che «Se mi avessero chiamato a testimoniare glielo avrei spiegato, invece mi hanno messo nel mirino come se fossi chissà cosa. Almeno è l'impressione che ne ho ricavato». Da ciò sembrava evincersi il timore di finire coinvolto nell'inchiesta. «Avendo lavorato con tutti, sono perfettamente in grado di ricostruire gli scenari, se è quello che cercano. Però vorrei garanzie di non essere travolto da questa cosa, per questo lo devo fare subito, prima di domani. Non ho contatti con loro ma lo farei molto volentieri se questo può servire a tutti. Mi puoi aiutare?», chiedeva a Fabrizio Viola, che alle 14.24 così rispondeva telegraficamente: «La cosa è delicata. Non so e non voglio sapere cosa succederà domani. Lasciami riflettere». David insistette, in cerca di una rassicurazione, che non arrivò. Mandò, quindi, un'altra e-mail e l'amministratore delegato rispose, dicendo di aver «riflettuto. Essendo la cosa molto delicata credo che la cosa migliore sia quella che tu alzi il telefono e chiami uno dei pm per chiedere un appuntamento urgente. Qualsiasi altra soluzione potrebbe essere mal interpretata». Al che Rossi rispose che «Ripensandoci», sembrava «un pazzo a» farsi «questi problemi. Scusa la rottura...».
  Il giorno 5 luglio il pubblico ministero Aldo Natalini, letto Il Fatto, decise di aprire un fascicolo di indagine a carico del giornalista Davide Vecchi per violazione della privacy di Fabrizio Viola e anche la vedova, Antonella Tognazzi, fu indagata, in quanto ritenuta responsabile di aver diffuso le e-mail. Il processo si concluse con l'assoluzione piena, ma la decisione del dottor Natalini spinse molti giornali a non occuparsi della vicenda, tanto che la Columbia University di New York definì il Pag. 11procedimento come un tentativo di limitare la libertà di stampa in Italia.
  Il ruolo svolto dalla stampa è stato fondamentale per la vicenda David Rossi. Nell'ottobre 2017 fu pubblicato un primo libro dedicato alla morte del capo della comunicazione del Monte dei Paschi di Siena: «David Rossi, il suicidio imperfetto», scritto da Davide Vecchi, che descrive le incongruenze, gli errori e le omissioni che, a suo avviso, sono da attribuire alla procura della Repubblica di Siena nella prima indagine. Muovendo dalle lacune delle indagini, anche altri soggetti, in quei mesi, iniziarono a occuparsi della vicenda, in particolare per cercare di ricostruire chi avesse potuto essere in possesso dello scambio di e-mail tra Rossi e Viola avvenuto il 4 marzo 2013 o avesse comunque potuto leggerlo due giorni prima della morte del manager. I pubblici ministeri avevano instaurato un processo d'ufficio, accusando la signora Tognazzi di essere stata lei a consegnare quel carteggio, senza aver svolto previamente accertamenti volti ad appurare se altre persone in banca avessero accesso alla casella postale dell'allora amministratore delegato. Inoltre, la segretaria di Fabrizio Viola, Lorenza Pieraccini, non era mai stata convocata e sentita dai pubblici ministeri, né nell'immediatezza della scomparsa di Rossi né nei quattro anni successivi.

Le inchieste condotte da Le Iene

  Antonino Monteleone, cronista cresciuto giornalisticamente nel programma di La7 Piazza Pulita e in quell'estate divenuto inviato de Le Iene su Italia 1, dopo aver letto la seconda ordinanza di archiviazione del 2017 (nella quale il giudice per le indagini preliminari Malavasi scrisse: «Dall'audizione di queste persone, e in particolare dall'audizione della signora Pieraccini Lorenza, non è emerso nulla di più di quanto già non fosse in atti»), cercò in tutti gli atti depositati il verbale di Lorenza Pieraccini, senza trovarlo. Così decise di rintracciare colei che era stata la segretaria prima di Mussari e poi di Viola.
  Antonino Monteleone ha ricostruito il lavoro di inchiesta compiuto davanti alla Commissione, insieme al suo collega de Le Iene, Marco Occhipinti. «Ricordo questa scena: facevamo una chiacchierata con l'avvocato Paolo Pirani e cercavamo di spuntare le persone che erano state sentite. “Pieraccini?” E l'avvocato Pirani disse: “Pieraccini non è mai stata sentita” riferì Monteleone in audizione a Palazzo San Macuto. “Non c'è traccia non solo del suo verbale, ma del fatto che qualcuno avesse chiesto di sentirla. [...] Ci procuriamo un indirizzo di casa di Lorenza Pieraccini, ci avviciniamo nei pressi della sua abitazione, vado a citofonare e dico: “Salve, signora Pieraccini. Mi presento. Sono un giornalista”. Lei mi ha scambiato per un venditore porta a porta perché risponde: “Non ho nulla da comprare. Non voglio comprare nulla”. Io le dico: “Sono un giornalista. Sono venuto da lei perché il giudice di Siena ha scritto di averla sentita, ma che dalla sua audizione non è emerso nulla di particolare e per me è strano visto che lei lavorava nella segreteria di David Rossi”. Lei dice: “Guardi, la fermo subito. Io non sono mai stata cercata da nessuno e nessuno mi ha mai sentita”. A quel punto le dico: “Sono venuto da lei per farle una domanda”».
  Monteleone riuscì dunque ad avvicinarla, ottenendo informazioni che sarebbero state fondamentali se fossero state acquisite subito dopo Pag. 12la morte di Rossi. Chiese a Pieraccini di quello scambio di e-mail tra Rossi e Viola e, in particolare, se l'amministratore delegato avesse letto il messaggio che aveva per oggetto «Help» e il drammatico testo «Stasera mi suicidio sul serio... aiutatemi!!!!». Pieraccini rispose: «L'ha letta e le spiego anche perché. Perché l'e-mail dell'amministratore delegato Fabrizio Viola in quei giorni veniva scaricata su un computer che era sempre acceso all'interno della sua segreteria, dentro Rocca Salimbeni. Quando io ho visto quell'e-mail, mi si è gelato il sangue, l'ho stampata e l'ho portata al capo della segreteria, Valentino Fanti». Monteleone chiese: «Che cosa le ha detto Fanti?». La segretaria rispose: «Che non si sapeva cosa fare». «Ma come? C'è un dirigente della prima linea di una società quotata in Borsa che scrive: “Stasera mi suicido. Aiutatemi!!!!” e non c'è una procedura interna di revisione? Non c'è un flusso di informazione tale da mettere qualcuno al fianco di David Rossi?» domandò a sé e ai presenti Monteleone in audizione.
  La prima di una lunga serie di puntate de Le Iene andò in onda nell'ottobre 2017. Occhipinti e Monteleone iniziarono, infatti, a occuparsi della vicenda cercando fonti a Siena per approfondire cosa fosse accaduto a Rossi la sera del 6 marzo 2013.
  «C'è un'altra storia parallela. Un avvocato mi ha detto [...] devi indagare su alcune ville tra l'aretino e il mare, i festini che facevano lì. La magistratura potrebbe anche avere “abbuiato” tutto perché scoppia una bomba morale». Questo è quanto raccontato dall'ex sindaco di Siena, Pierluigi Piccini, a Le Iene, senza sapere di essere registrato, in un bar di piazza del Campo. Con queste parole si aprì un nuovo capitolo giornalistico. La «storia parallela», infatti, racconta di alcuni festini a base di escort e droga ai quali avrebbero partecipato esponenti di rilievo di Siena, magistrati, manager, politici, avvocati, carabinieri, addirittura preti. Secondo quanto affermato da Piccini, David Rossi ne era a conoscenza e anzi aveva pure video e foto di quelle serate. Per questo le indagini sulla sua morte sarebbero state «abbuiate», per evitare che emergesse questa «bomba morale». A seguito delle dichiarazioni dell'ex sindaco, la procura della Repubblica di Genova aprì un fascicolo per verificarne la veridicità.
  Nel mirino ligure finirono i pubblici ministeri titolari del fascicolo su David Rossi, Aldo Natalini e Nicola Marini. Gli atti furono trasmessi anche al Consiglio superiore della magistratura, che convocò il procuratore capo Salvatore Vitello. Mentre i magistrati liguri cercavano di ricostruire l'esistenza dei festini, anche Monteleone e Occhipinti approfondirono il filone. Trovarono la villa nella quale i festini si sarebbero svolti, riuscendo persino a individuare un escort di quelle serate. Un testimone riconobbe in foto alcuni partecipanti e, tra questi, il colonnello dell'Arma dei carabinieri Pasquale Aglieco, un altro soggetto soprannominato «il Carabiniere», uno dei magistrati e altri soggetti. La stessa procura genovese ritenne attendibile il suo racconto, pur non riuscendo a trovare i riscontri. L'esistenza dei festini non è stata accertata.
  Come dichiarato da Monteleone: «Il 26 novembre 2017 abbiamo ricevuto una segnalazione sul tema dei festini, ne arrivavano molte ma questa ci sembrava più circoscritta, intanto perché c'era un mittente specifico, Paola Puricelli Guerra, poi perché il testo era fin troppo chiaro e si riferiva a personaggi a noi già ben noti; ci scrive Puricelli: “Indagate Pag. 13sul colonnello Aglieco, all'epoca comandante provinciale del comando di Siena. Sono la sua ex moglie e proprio in quegli anni il mio matrimonio è terminato perché ho avuto sentore che mio marito (sono stata sposata per venticinque anni) frequentava giri molto strani”». Monteleone e Occhipinti decidono di incontrarla l'indomani presso un piccolo bistrot nel quartiere Prati a Roma. «Per sicurezza decidiamo di filmare con dei complici seduti ad altri tavoli del locale. Ci fa un lungo racconto. Evocando le affermazioni di Piccini, ritiene che il suo matrimonio sia finito a causa di un presunto giro nel quale sarebbe finito suo marito. Prendiamo atto del suo punto di vista, ma fino a quel momento il rancore sembra prevalere sul contenuto informativo. Decidiamo di archiviare la conversazione e proseguire oltre». Dopo poche settimane arrivò un'altra e-mail, ancora più significativa: è il gigolò che, dice Monteleone, «finché è stato possibile ho protetto dietro l'anonimato con l'appellativo di Stefano».
  Il ragazzo scrisse: «Ciao, ho alcune informazioni su dei festini privati che si svolgevano in Toscana (Siena, Monteriggioni) e nel litorale romano. Ho visto delle cose, ho partecipato ad alcuni eventi che credo potrebbero interessarti. La mia vita ormai è distrutta ma quel poco che ho di dignità (o meglio quello che mi è rimasto) lo voglio tutelare. Ho fatto delle cose per soldi di cui mi vergogno, ma credo sia arrivato il momento di liberarmene. Ciao». Monteleone gli rispose l'8 gennaio 2018: «Mi vuoi anticipare qualcosa?» gli chiese. Lui rispose: «Ho viaggiato molto per “lavoro”, Italia ed estero. Sono stato a contatto con banchieri, politici, giornalisti e alcuni personaggi televisivi. Ho fatto l'escort, ho avuto rapporti sessuali gay con molti di loro, ovviamente dietro compenso». Il giornalista de Le Iene proseguì: «Si rifà vivo nei primi giorni di febbraio e ci accordiamo per sentirci telefonicamente. Mi spiega che ha molti impegni di lavoro e una compagna ignara di tutto. Il suo racconto è sconvolgente. Il tono della voce è molto grave e spesso gli si spezzano le parole in gola. Cerco di rassicurarlo, mentre non credo a ciò che sto ascoltando. Dice di aver visto l'appello di Carolina Orlandi rivolto a chiunque sapesse qualcosa, di farsi coraggio e parlare. Che i suoi occhi e la sua voce gli avevano smosso la coscienza. Se ci ripenso mi rendo conto del grande coraggio che ha avuto. Di quanto questa decisione gli sta costando cara. Mi sono sempre chiesto cosa avrei fatto al suo posto, se avessi avuto lo stesso fegato. Con tutto quello che ha messo in gioco, niente da guadagnare, solo da perdere. Io non credo che ci sarei riuscito».
  Monteleone poi entrò nel merito. «Gli chiedo se le feste si svolgevano in luoghi privati oppure aperti al pubblico. Quante persone vi partecipavano, se si faceva uso di stupefacenti, se si ricorda i nomi dei partecipanti o almeno dei suoi clienti. Mi risponde che i nomi non li conosceva o non li ricordava. Ma che non avrebbe mai scordato le loro facce. Così gli chiedo se avrebbe potuto provare a fare dei riconoscimenti fotografici. Raccolgo delle foto. Persone che avevamo incontrato sulla nostra strada fino a quel momento. Politici, imprenditori, giornalisti, banchieri, magistrati. Ne riconosce molti e a me sembra tutto clamoroso. A un certo punto mi viene in mente di mostrargli una foto in particolare. Ci sono diverse persone sedute attorno al tavolo di un bar di piazza del Campo. Non è una foto pubblicamente accessibile. Nessuno è noto». Ritrae alcuni del «gruppo della birreria». «Senza esitare dice di Pag. 14riconoscere perfettamente due tra le persone ritratte in foto. Una non la conosce. Ma si dice convinto anche di “quel signore con la cravatta argento”. Gli chiedo di guardare attentamente, ma non vacilla. Gli dico che ci saremmo dovuti incontrare e che, a condizione di anonimato, avremmo dovuto ripetere quell'intervista. Avrebbe avuto il tempo per riflettere. Riflettere sul riconoscimento delle persone che secondo lui avrebbero partecipato a quelle feste. Riflettere se era pronto a rischiare. Se era consapevole delle conseguenze che, anche dietro lo scudo dell'anonimato, avrebbe dovuto affrontare».
  Il ragazzo accettò. «Nemmeno Marco [Occhipinti] riesce a dissimulare lo sconcerto per quella conversazione. Quando gli mando l'audio [...], mi tremano ancora le mani. E la prima cosa che a lui viene in mente è che da quel momento quel ragazzo lì avrebbe corso seri pericoli. Ma rimane in silenzio quando gli dirò, prima ancora che abbia ascoltato, che ha riconosciuto, tra le foto che gli ho mandato, il volto dell'uomo che un tempo era sposato con la donna che tre mesi prima ci aveva scritto e avevamo incontrato: Pasquale Aglieco».
  Gli eventi si sono svolti, da lì in poi, in questa successione. Organizziamo l'intervista con Stefano nel parco pubblico di Varese a febbraio del 2018. Al ritorno ricontattiamo Paola Puricelli Guerra e le chiediamo di confermare le dichiarazioni che ci aveva fatto a novembre 2017. Questa volta però davanti a una telecamera, anche se le avremmo garantito l'anonimato. Lei tentenna, ma si convince dopo le insistenze di Marco. Decidiamo di non dirle che avevamo già le sue dichiarazioni registrate, per evitare una pressione fuori luogo che avrebbe potuto indispettirla. «Il luogo dove girare l'intervista sarà una splendida casa nel quartiere Parioli di un'amica di Marco, anche lei giornalista. Non volevamo che venisse in redazione lasciando tracce della sua presenza».
  I due racconti si riscontravano a vicenda in modo non trascurabile. Due persone di età diverse, che mai si erano conosciute prima, riferivano fatti tra di loro convergenti. Il quadro era inquietante. «C'era materiale sufficiente per andare in onda, ma dovevamo fare delle verifiche ulteriori. Cercare dei riscontri. Ma soprattutto mettere alla prova la determinazione di Stefano».
  I passaggi da fare per cercare di verificare il più possibile il racconto del ragazzo sono numerosi. «Prima gli chiediamo di aiutarci a rinvenire almeno uno dei luoghi di quegli incontri nel senese. Parte una videochiamata mentre mi trovo poco fuori Siena. Gli chiedo di guidarmi passo passo e lui, con disinvolta padronanza, mi guida strada dopo strada fino a una struttura nei pressi di Monteriggioni. Io sono sbalordito. Per muovermi in quell'area, ancora oggi, ho bisogno di fare ricorso al navigatore. Mentre lui ricorda dove erano collocati ristoranti, stazioni di servizio. Poi lo mettiamo in contatto con Carolina Orlandi. Si parlano e gli chiediamo di accettare un incontro: avverrà a Milano i primi di marzo. Anche Carolina gli mostrerà delle foto e lui confermerà molti dei riconoscimenti già effettuati con noi». «Certo è impossibile dimostrare che tizio in quel dato giorno abbia partecipato a una festa a sfondo erotico dove si faceva uso di stupefacenti. Non è una situazione della quale molti vogliono foto ricordo o conservano gli scontrini». Ovviamente.
  «Così decidiamo che avremmo mandato in onda l'intervista oscurando le foto e omettendo i nomi dei partecipanti ai festini. Che nella Pag. 15puntata successiva avremmo mandato in onda l'intervista alla moglie di “una personalità che è stata al vertice delle istituzioni a Siena” spiegando al pubblico in che modo i due racconti si riscontravano, nella speranza che successivamente la magistratura avrebbe voluto approfondire la questione». Infatti la procura della Repubblica presso il tribunale di Genova aveva già due fascicoli aperti sulla vicenda, uno per il presunto abuso d'ufficio dei magistrati di Siena e uno per le querele degli stessi pubblici ministeri a Le Iene. Monteleone venne convocato ad aprile 2018: era indagato per diffamazione. «Ho diritto al difensore e anche alla facoltà di non rispondere. Ma decido di sottopormi a un lunghissimo interrogatorio. Tre ore e mezza nel corso delle quali spiego al procuratore aggiunto Vittorio Ranieri Miniati e al sostituto Cristina Camaiori la genesi della nostra inchiesta. Cosa abbiamo scoperto, come abbiamo trattato le informazioni raccolte. Comprese quelle mai divulgate al pubblico». «L'ostilità iniziale era tanta, ma più spiegavo più cominciavo a scorgere un sincero interesse. Sono stato il più possibile collaborativo. Ma mi sono fermamente opposto tutte le volte in cui mi è stato chiesto di svelare l'identità del nostro Stefano. Non avevo comunque taciuto alcun elemento che ritenevo utile per svolgere indagini efficaci su quelle dichiarazioni». Perché poi la questione era semplice: c'era la prova dell'esistenza dei festini? «E se c'era la prova dei festini c'era la prova che vi partecipassero notabili della città di Siena? E tra questi notabili c'erano anche figure in grado di condizionare la vita pubblica (politica, economica, sociale)? E c'erano anche magistrati? E se c'erano magistrati a questi festini, c'era la prova che qualcuno avesse azionato una qualche leva ricattatoria per turbare l'andamento delle indagini sulla morte di David Rossi?». «Rivendico non solo la legittimità di queste domande. Rivendico il dovere di essermele poste e di aver condiviso il ragionamento col pubblico. Come si fa a non vedere che la sola esistenza di una situazione di tale opacità sarebbe di per sé stessa idonea a influenzare, turbare, compromettere il sereno svolgimento di qualsivoglia attività rilevante, compresa la delicata funzione giudiziaria?». La procura di Genova volle conoscere l'identità di Stefano. Monteleone si avvalse del segreto sulla fonte, ma a inizio ottobre 2018 ricevette la visita della Polizia postale ligure: una perquisizione. Gli agenti sequestrarono lo scambio di e-mail e Stefano ebbe un nome: fu riconosciuto in Matteo Bonaccorsi, del 1994, quindi giovanissimo ai tempi in cui avrebbe partecipato ai festini. «Quando terminano le operazioni sono molto preoccupato. Devo avvertirlo, prima che legga la notizia che sarebbe uscita di lì a poco. Cerco di tranquillizzarlo. Gli spiego che era venuto il momento di prendere ancora una volta il coraggio a quattro mani e andare a parlare con i magistrati di Genova. Lui è terribilmente scosso. Ma dopo qualche giorno si decide. Chiamo il procuratore Miniati e lo informo. Lui si rende disponibile a farlo ascoltare in luogo protetto dagli uomini della Guardia di finanza di Genova. L'interrogatorio avvenne il 6 ottobre 2018 davanti al pubblico ministero Camaiori e al procuratore Miniati. Iniziò alle 9.31 e si concluse alle 15. Cinque ore e mezza durante le quali Bonaccorsi ricostruì, confermò, ritrattò qualcosa, riconobbe alcune delle foto già viste; su alcuni soggetti si mostrò titubante ma assicurò che quanto raccontato fosse vero: i festini avevano luogo, lui veniva contattato per parteciparvi e veniva pagato. A quei festini, ribadì il ragazzo guardando le immagini dei soggetti, “ho visto” o “hanno Pag. 16partecipato” una o “più volte” Antonio Degortes, Pasquale Aglieco, Aldo Natalini e un altro carabiniere. Confermò anche l'uso di droga in quelle serate».
  Aglieco, Degortes e Natalini hanno sempre negato con forza l'esistenza dei presunti festini. Nonostante la diffidenza dei pubblici ministeri, il giudice per le indagini preliminari Franca Borzone, pur accogliendo la richiesta di archiviazione, riconobbe come «precisi» i riconoscimenti compiuti da Bonaccorsi, definendo le sue dichiarazioni «attendibili», ma l'inchiesta si chiuse con un provvedimento di archiviazione del giudice delle indagini preliminari di Genova nel 2019. Nel 2021 il capitolo festini ha fatto irruzione in Commissione parlamentare d'inchiesta. Matteo Bonaccorsi è stato audito dalla Commissione il 18 novembre 2021, dopo aver chiesto e ottenuto il massimo riserbo. Nessuno, neppure i consulenti della Commissione, sapevano che quel giorno sarebbe stato sentito. Gli era stata assicurata e garantita la totale riservatezza. Bonaccorsi arrivò in Commissione profondamente scosso, sostenendo che la sua vita, dopo le rivelazioni a Le Iene, fosse stata sconvolta. Nessuno sapeva ancora che lui fosse il gigolò che aveva partecipato ai festini, ma egli dichiarò di essere stato pedinato, minacciato, e che suoi amici e parenti erano stati raggiunti attraverso i social da insulti, vessazioni, intimidazioni. In particolare, sosteneva di essere tormentato dal colonnello Aglieco, da quando aveva riconosciuto l'ex comandante provinciale dei carabinieri di Siena tra i partecipanti ai festini. Questi, invece di rivolgersi a degli avvocati per querelarlo, avrebbe tentato di «vendicarsi» da solo intimidendolo e perseguitandolo, lasciandogli sue foto sul parabrezza dell'auto, contattando suoi amici e inviandogli messaggi. Le sue potevano sembrare dichiarazioni di un mitomane, considerando la carriera del colonnello Aglieco. Finita l'audizione, interamente secretata, Bonaccorsi, una volta uscito da Palazzo San Macuto, trovò ad attenderlo il colonnello Aglieco e la sua compagna, Anna Ascani, che gli scattarono delle foto e lo ripresero in video. Tali immagini sono state poi pubblicate dopo pochi minuti su un sito Internet senese.

L'inchiesta di Quarto Grado.

  Il ruolo svolto dalle inchieste giornalistiche è stato dunque fondamentale. Va, al riguardo, sottolineato l'impegno di Pierangelo Maurizio (della trasmissione Quarto Grado di Rete 4), che nel corso dell'audizione del 7 ottobre 2021 ha riferito che la trasmissione Quarto Grado si è occupata della vicenda di David Rossi ancor prima che esplodesse la cosiddetta «questione dei festini» e se ne è occupata nel maggio del 2016 dopo che sul New York Post del gruppo Murdoch era comparso uno strano articolo nel quale veniva pubblicato per la prima volta il video straziante della caduta di David Rossi. Nell'osservare la modalità della caduta «cominciamo a dubitare fortemente delle conclusioni a cui si è arrivati nella prima indagine».
  Pierangelo Maurizio ricorda poi che «per le prime puntate diamo voce soprattutto alle denunce sulle tante discrepanze e anomalie che giustamente, secondo me, sono state portate avanti dai familiari e dai consulenti storici, l'avvocato Goracci e l'ingegner Scarselli e poi sviluppiamo le nostre piste, mi creo le fonti in tutti gli ambienti e ci occupiamo Pag. 17[...] fra le tante anomalie della prima indagine [...] della ricostruzione dei fatti con gli orari completamente sbagliati di mezz'ora. Questo comporta che queste conclusioni vadano a incidere su alcuni snodi fondamentali della vicenda», che il giornalista pone innanzi la Commissione. Ricorda, quindi, «la questione della porta aperta e chiusa. La porta dell'ufficio di David Rossi viene vista aperta alle 20.05 da Lorenza Bondi, ma quando arriva Filippone con Carolina viene trovata chiusa. Questo spostamento in avanti della mezz'ora della morte che cosa comporta? Che la prima ordinanza alla domanda “Chi ha aperto e chiuso quella porta?” dà come spiegazione che sia stato David Rossi, perché a quell'ora, alle 20.05 era vivo e addirittura si nascondeva nel bagno per non farsi vedere con i cerotti alle ferite. Purtroppo David Rossi a quell'ora era semi moribondo, stava per morire ed era sicuramente nel vicolo da mezz'ora. La cosa che personalmente mi ha sempre colpito di più è la conclusione della prima autopsia che dice: “La morte sopravviene dopo pochi istanti”, ma dal video si vede – a quel video si fa spesso riferimento nell'ordinanza – che agonizza in modo drammatico e tragico. Sono immagini rispetto alle quali mi viene detto che addirittura anche la professoressa Cattaneo, che è abituata a vedere cadaveri, ha un forte impatto emotivo e si commuove. Com'è possibile che la morte venga registrata come avvenuta dopo pochi istanti? Secondo me la cosa più importante forse l'ha fatta notare proprio il dottor Vitello, che, devo dire, vi ha offerto una sintesi molto ampia e dettagliata, nonostante su alcuni aspetti si possa convenire o meno, quando vi dice – secondo me questo avrà una serie di conseguenze anche su quello che vorrei affrontare, ovvero il tema dei fazzoletti distrutti – che la prima autopsia conclude dando per certo il dato che quei taglietti sono atti autolesionisti compiuti “poco prima”».
  Per Maurizio «quel dato che viene dato per certo nelle seconde indagini è tutt'altro che certo. Perché è tutt'altro che certo? Perché anche la definizione di quei taglietti come atti autolesionistici non si basa su nessuna evidenza scientifica, perché non sono stati fatti – cito più o meno testualmente le parole del procuratore, il dottor Vitello – “i necessari accertamenti e approfondimenti”. Se quegli approfondimenti erano necessari, è difficile non chiedersi perché non vengono fatti e forse dovrebbero essere i diretti protagonisti, i diretti interessati a spiegarlo. Sulle seconde indagini, per quello che è possibile, vorrei portarvi la mia testimonianza diretta, perché sono quelle che ho vissuto, perché si sviluppano nel 2016 e nel 2017. Ci sono anche lì delle sviste, tra cui la famosa questione della porta chiusa o aperta. Devo dire che il dottor Vitello con grande onestà intellettuale dice: “Le conclusioni della seconda ordinanza, per cui quella porta è chiusa da un colpo di vento, è certamente un'opinione rispettabile, ma non si basa su evidenze scientifiche”. Sapete poi che c'è la questione di Lorenza Pieraccini, una teste che viene citata come “teste sentita” nell'ordinanza, ma che in realtà non era stata sentita».
  Quanto alle modalità di esecuzione delle indagini preliminari sottolinea che «Lorenza Pieraccini, la troviamo noi, la trovo io e non è mai stata sentita, non è mai stata individuata. Come arriviamo a Lorenza Pieraccini? In un'udienza del processo – l'unico processo che si è celebrato contro la vedova e il mio collega Davide Vecchi – viene sentito Viola che a un certo punto evidentemente si stufa di ripetere sempre la stessa questione “Io quella famosa e-mail che dice: 'Stasera mi uccido', Pag. 18non l'ho vista, non l'ho letta e non me la ricordo” e dice questa cosa: “La mia segreteria – ‘segreteria’ e non ‘segretaria’ – leggeva la mia posta quando non c'ero. La mia segreteria era composta dalla signora Bartolomei e...” e lì si interrompe perché in aula vengono poste altre domande. Siamo nello stesso periodo in cui c'è la richiesta di archiviazione della seconda indagine, ovvero febbraio 2017. Nell'opposizione a questa richiesta di archiviazione l'avvocato Pirani, che è l'avvocato di una parte della famiglia di David Rossi, chiede di sentire Lorenza Pieraccini che è un fantasma. Perché chiede di sentire Pieraccini? Perché nei tabulati risulta che Pieraccini è l'ultima collega che da dentro la banca sui telefoni fissi ha una conversazione in cui sente David Rossi intorno alle 18.08 di quel giorno e quindi giustamente chiede di sentirla».
  Prosegue inoltre riferendo che «Lorenza Pieraccini [...] nelle decine e decine di migliaia di atti che in qualche modo uno cerca di leggersi dell'inchiesta su Monte dei Paschi di Siena risulta [...] come destinataria delle notifiche della magistratura e viene qualificata come assistente personale di Viola, ma anche come segretaria di Mussari precedentemente e quindi è una componente di quella segreteria che può aver visto questa benedetta e strana e-mail che non ha nessun fatto antecedente e nessun seguito congruo. Rintraccio Lorenza Pieraccini e accetta di parlare con me purché io la tuteli, ovvero che io racconti, ma non chiamandola direttamente in causa. [...] Racconto tutto questo in una puntata [...] tutelando le fonti. Noi non mandiamo in onda cose prese, “rubate” estrapolate. [...] Dico che il dottor Viola dice che la sua posta, quindi anche quella famosa e-mail viene letta dalla segreteria e a comporre la segreteria erano la signora Bartolomei e la signora Lorenza Pieraccini. In uno stand up – quando ci vedete con il microfono in mano in cui uno ci mette la faccia per dire: “Me ne assumo la responsabilità” – raccontiamo l'essenza: raccontiamo che quell'e-mail nella tarda mattinata del 4 marzo viene letta dalla segreteria – non attribuiamo direttamente a Lorenza Pieraccini questa cosa –, sarebbe stata portata a Valentino Fanti che è il capo segreteria; Lorenza Pieraccini mi racconta che Fanti dirà: “Io che ci posso fare?” e lì cala il silenzio. Questo servizio va in onda il 30 giugno 2017 [...]. Il 4 luglio viene depositata l'ordinanza di archiviazione nella quale viene citata Lorenza Pieraccini quale testimone sentita, ma Lorenza Pieraccini non è stata sentita nelle indagini, tutt'al più è stata sentita da Quarto Grado».
  Di particolare rilevanza è anche la consulenza del colonnello Zavattaro e della dottoressa Cattaneo quando dichiarano che «tutte le ferite sulla parte anteriore del corpo non sono “per nulla motivate dall'impatto, dalla caduta di David Rossi” e in particolare si concentrano sulla ferita [...] sul labbro. Il passaggio più importante è» quello relativo alle «macchie sui famosi fazzolettini, che poi saranno distrutti e che nella prima indagine vengono fatti passare come macchie di sangue proveniente dai taglietti sui polsi, assomigliano per forma e dimensione proprio a quella ferita, altro che taglietti, anche perché per tutta la consulenza di 250 pagine affermano più volte che quei taglietti che ha ai polsi sono vecchi, è sangue vecchio e lo si vede anche a occhio nudo».
  Riferisce peraltro di un ulteriore passaggio ovvero della «famosa intervista che io faccio a Zavattaro, il quale si spinge un po' oltre, motivando e inquadrando come ipotesi altamente probabile che quella ferita sia stata inferta prima della caduta, durante una colluttazione. È Pag. 19vero che nella consulenza, Zavattaro, così come la Cattaneo, non utilizzeranno mai il termine “colluttazione”, ma soprattutto scrivono – perché la firmano tutti e due – che se questa ferita è stata inferta, è stata provocata in un lasso di tempo che può andare soltanto dalle 18, perché alle 18 David Rossi rientra in banca dopo essere andato a prendere un caffè con Muzzi e non ha nessuna ferita al volto, alle 19.20, cioè poco prima della caduta. Tutto questo, unendolo agli altri elementi sottolineati nella consulenza, porta alla colluttazione fuori dall'ufficio di David Rossi. Una delle poche cose relativamente certe è che tra i tanti motivi che sostengono l'ipotesi del suicidio è che l'ufficio di David Rossi viene trovato in perfetto ordine, ma un altro elemento sostanzialmente certo è che David Rossi esce dal suo ufficio e rimane in banca. Perché esce dal suo ufficio e rimane in banca? Perché ha le scarpe con le suole sporche di una poltiglia biancastra che fa pensare a sostanze di tinteggiatura. Si può essere sporcato le scarpe non nel suo ufficio, ma dentro la banca perché quel giorno piove e se se le fosse sporcate fuori, rientrando in banca la pioggia avrebbe lavato quella tinteggiatura. David Rossi, con relativa certezza, esce dal suo ufficio e fuori dal suo ufficio è ipotizzabile che sia avvenuta questa colluttazione. Dove? Io raccolgo varie informazioni da almeno due fonti interne a MPS che concordano nel dire che all'epoca c'erano dei lavori di ristrutturazione e di tinteggiatura in corso al quarto piano, cioè al piano sopra l'ufficio di David Rossi. Se non ricordo male, sono lavori che vengono eseguiti negli uffici che erano della direzione generale e dove devono essere trasferiti gli uffici legali. Non verranno mai fatti accertamenti di questo tipo al quarto piano. Chi esegue quei lavori? Non li esegue la ditta che sta eseguendo altri lavori nei sotterranei a piazza dell'Abbadia, dove verranno fatti dei sopralluoghi nelle seconde indagini, ma non al quarto piano. Io contatto questa ditta, ma i responsabili mi dicono che all'epoca lavoravano nei sotterranei in piazza dell'Abbadia, ma non facevano i lavori al quarto piano. Quindi chi stava facendo quei lavori?».
  Ripercorre inoltre la questione relativa ai fazzoletti, sostenendo che, secondo l'ordinanza di archiviazione, David Rossi potrebbe essersi provocato quelle ferite dovunque, mentre le indagini successive le attribuiscono all'urto con il davanzale dove comunque qualcosa di strano sarebbe avvenuto, probabilmente mentre Rossi si divincolava. Precisa, inoltre, quella che ritiene essere una contraddizione nella seconda indagine ovvero che «i fazzolettini sono importanti non solo e non tanto perché non vengono mai esaminati, non solo e non tanto perché hanno tracce presumibilmente biologiche ed ematiche di David, ma avrebbero potuto avere tracce anche di terzi, ma proprio perché sono in qualche modo il link, il collegamento tra quello che avviene prima che David Rossi salga su quel davanzale, costretto o di sua volontà, e quello che viene dopo, quando si butta».
  Per quanto riguarda la distruzione dei fazzoletti Maurizio sottolinea che non si sarebbe trattato di un dissequestro e sostiene che «il decreto che viene firmato dal dottor Natalini il 14 agosto ha sancito la restituzione di cose sequestrate e sono le tre paia di forbici che verranno restituite a MPS e poi la confisca e distruzione di un reperto che viene citato solo con un numero di protocollo. Non c'è mai la parola “fazzoletti”, ma quel numero di protocollo si riferisce a fazzoletti. Scrive la giudice Borzone di Genova che la confisca è un atto formalmente Pag. 20illegittimo. La confisca può essere decisa e determinata solo da un giudice, non può essere fatta da un pubblico ministero il che – se mi permettete, entriamo nelle tecnicalità, ma purtroppo in questa vicenda le tecnicalità sono fondamentali – rende ancora più inspiegabile la distruzione di quei fazzoletti. Visto che ci siamo, se posso parlare un po' delle indagini di Genova, queste vengono fatte in modo approfondito e accurato con grande dispendio di energie da parte del procuratore aggiunto Miniati, che avete audito, e della dottoressa Camaiori, il sostituto procuratore. Tuttavia, quelle indagini scontano tre limiti fondamentali. Innanzitutto le indagini sono per abuso d'ufficio e oltretutto contro ignoti, anche se in realtà si indaga su precise persone; non possono indagare, checché se ne dica e si faccia credere, per avallare ancora una volta la tesi del suicidio, non possono occuparsi della morte di David Rossi perché non è di loro competenza».

L'inchiesta di Report.

  La Commissione, nella seduta del 22 luglio 2021, ha proceduto all'audizione di Paolo Mondani, giornalista di Report, trasmissione televisiva in onda sul canale RaiTre, che ha rappresentato gli esiti delle indagini giornalistiche condotte sulle vicende che hanno coinvolto il Monte dei Paschi di Siena ripercorrendo, di riflesso, anche le connesse ripercussioni sulla morte di David Rossi, oggetto dell'inchiesta parlamentare.
  Al riguardo, ha ricordato che «in data 6 maggio del 2012 Report è andato in onda con una puntata dal titolo “Il Monte dei Fiaschi” dove scoprimmo per primi le carte dei conti della banca, il disastro dell'acquisto di Antonveneta dopo le fusioni bancarie del 2006, il buco del derivato Alexandria, il bilancio 2011 si chiudeva con una perdita di 4,7 miliardi di euro. Per sopravvivere, la Fondazione che controllava la banca, fu costretta a vendere azioni fino a perderne il controllo. Il titolo crollò del 25% in più rispetto al settore bancario europeo, quindi non si poteva dare tutta la colpa alla crisi finanziaria globale, c'era qualcosa di sbagliato nel cuore operativo e dirigenziale di Monte dei Paschi di Siena. Due giorni dopo quella puntata la Guardia di finanza sequestrò montagne di documenti a Rocca Salimbeni. Il 23 novembre 2014 andò in onda la nostra puntata dal titolo “Il Monte dei Misteri” e il 20 dicembre del 2015 tornava con un nuovo approfondimento. In queste puntate affrontavamo il tema della morte di David Rossi e di nuovo parlavamo del Monte, denunciando il fatto che Banca d'Italia e Consob si erano mosse molto male, carte alla mano, ci prendemmo la responsabilità di dire anche che la banca contabilizzava, falsamente, i derivati e che aveva fatto danni irreparabili sui crediti».
  In tale delicatissimo contesto, lo stesso giornalista riferisce che «David Rossi visse dentro questo clima, in quei mesi a Siena crollava un mondo», aggiungendo, inoltre, che «i giorni precedenti la morte, [...] si tiene a Siena il consiglio di amministrazione di Monte dei Paschi di Siena», che verterà sulla «azione di responsabilità nei confronti della vecchia governance, oltre alla questione della causa alle banche estere Nomura e Deutsche Bank per i derivati Alexandria e Santorini».
  Il giornalista ribadisce che lo stesso consiglio di amministrazione ritiene di mantenere il massimo riserbo sulla notizia, «al punto che Pag. 21viene deciso di non informare David Rossi e di fare inviare il comunicato stampa la mattina successiva direttamente da Bernardo Mingrone». Tuttavia, lo stesso Rossi verrà poi messo al corrente dal presidente Profumo di tale decisione, «nel corso di una cena alla quale partecipano Rossi, Mingrone e Profumo».
  Mondani ha quindi ricordato alla Commissione le ansie del Rossi in relazione alla fuga di notizie avvenuta su IlSole24Ore del 1° marzo 2013 e al successivo deposito presso la procura della Repubblica di Siena di un esposto per insider trading. Al riguardo, fa presente che «la mattina stessa, alle 9, Rossi era stato convocato da Profumo con Viola in merito all'articolo uscito su IlSole24Ore. Nel corso dell'incontro, Rossi riceve una telefonata da Peruzzi del IlSole24Ore, telefonata che mette in sospetto Profumo. Già provato dalla perquisizione subita il 19 febbraio dalla Guardia di finanza, la sera di venerdì, Rossi confida alla moglie il timore di venire arrestato il giorno successivo. La convinzione è talmente radicata che, la mattina del 2 marzo, Rossi attende fuori di casa il momento dell'arresto per non turbare ulteriormente la moglie. Lunedì 4 marzo è il giorno delle famose e-mail con Fabrizio Viola. Nel primo pomeriggio, Rossi confida alla moglie di avere fatto una “cazzata”, di avere inviato una e-mail a Viola per essere ascoltato in procura, teme di avere fatto una figuraccia. La moglie lo rassicura dicendogli che non è un segreto che lui voglia essere ascoltato in procura, Rossi risponde: “Questa volta sono costretti a denunciarmi”, frase criptica». L'ossessione per l'arresto non lo abbandona. La mattina di martedì 5 marzo, convocato nell'ufficio di Profumo, esprime di nuovo questo timore. Lo stesso giorno Carolina, figlia ventenne della moglie, si accorge di alcuni segni di autolesionismo sul braccio sinistro di Rossi, i due si parlano ma lui è convinto che in casa siano state messe delle microspie, comunica per iscritto su fogli di carta che poi strappa. A minare ulteriormente il precario stato psicologico di Rossi si aggiungono le voci sulla sua sostituzione. In banca tutti lo rassicuravano, ma a queste rassicurazioni David Rossi non mostrava di credere.
  Il giornalista ripercorre anche i noti fatti occorsi il lunedì 4 marzo 2013 in cui «alle 8.15 circa, David Rossi si presenta nel suo ufficio, comunica ai colleghi che avrebbe preso un giorno di ferie, esce, ma dopo due ore ritorna. Alle 9.25, riceve una e-mail di Fabrizio Viola in vacanza a Dubai, dalle 9.50 alle 9.53, i due parlano dai rispettivi cellulari. Alle 10.13, Rossi invia all'amministratore delegato una e-mail, nella quale mette in copia Bruna Sandretti, collaboratrice della responsabile delle risorse umane, e Ilaria Dalla Riva, con oggetto: “Help”, il famoso testo “Stasera mi suicido, sul serio, aiutatemi”. Alle 10.27 segue una telefonata di 37 secondi con Viola, poi più niente fino alle 13.09, quando è Rossi a scrivere a Viola. Nel testo, scrive: “Ti posso mandare una e-mail sul tema di stamani? È urgente. Domani potrebbe già essere troppo tardi”. Alle 13.45 Viola acconsente all'invio della e-mail».
  Paolo Mondani descrive inoltre quello che, a suo avviso, rappresenta il cosiddetto movente dell'ipotesi di omicidio o induzione al suicidio ovvero che «alle 14.12 [...] scrive una e-mail nella quale dice: “Ho bisogno di un contatto con questi signori, perché temo che mi abbiano inquadrato male come elemento di un sistema di un giro sbagliato, capisco che il mio rapporto con certe persone possa farglielo pensare, ma non è così. Se mi avessero chiamato a testimoniare, glielo Pag. 22avrei spiegato, invece mi hanno messo nel mirino come se fossi chissà cosa, almeno è l'impressione che ne ho ricavato. Avendo lavorato con tutti, sono perfettamente in grado di ricostruire tutti gli scenari, se è quello che cercano, però vorrei garanzie di non essere travolto da questa cosa, per questo lo devo fare subito, prima di domani. Non ho contatti con loro, ma lo farei molto volentieri se questo può servire a tutti. Mi puoi aiutare?”».
  Prosegue raccontando nei dettagli gli esiti dell'inchiesta giornalistica, ricordando che «alle 14.24 Viola risponde: “La cosa è delicata, non so, e non voglio sapere cosa succederà domani, lasciami riflettere”. Dopo 4 minuti, alle 14.28, è Rossi a scrivere di nuovo: “Non so nemmeno io, ma almeno si può provare a vedere se hanno interesse a parlare con me stasera. Vedo che stanno cercando di ricostruire gli scenari politici e i vari rapporti. Ho lavorato con Piccini, Mussari, comune, Fondazione, banca, magari gli chiarisco parecchie cose, se so cosa gli serve, l'avrei fatto anche prima, ma nessuno me lo ha chiesto”. Ascoltato in procura, venerdì 8 marzo, due giorni dopo la morte di Rossi, in relazione al passato professionale di Rossi citata in questa e-mail, Viola dichiara di essersi immaginato che lui, David Rossi, potesse essere una sorta di custode di documenti, tant'è che, in riferimento alla preoccupazione manifestata dopo la perquisizione del 19 febbraio, riferisce di avergli sentito dire: “Chissà che hanno trovato nel mio PC”. Riprendiamo. La risposta di Viola arriva alle 14.40: “Ho riflettuto, essendo la cosa molto delicata credo che la cosa migliore sia quella che tu alzi il telefono e chiami uno dei PM per chiedere un appuntamento urgente, qualsiasi altra soluzione potrebbe essere male interpretata, oltre tutto mi sembrano delle persone molto equilibrate”. L'urgenza espressa da Rossi nelle e-mail precedenti, sembra rientrata alle 14.43, perché scrive: “Ho deciso che è meglio di no, non avendo niente da temere, posso tranquillamente aspettare che mi chiamino, anche perché non ho notizie particolari da riferire ma solo di scenario, si può fare con calma. Grazie, ciao. David Rossi”. Qui, Rossi fa nettamente marcia indietro. Il tono è di chi non ha ricevuto l'aiuto che si aspettava da Viola, di averlo chiesto alla persona sbagliata e tende a tranquillizzare Viola quando dice: “Non ho notizie particolari da riferire ma solo di scenario”. Qui David non sembra affatto poco lucido o quasi impazzito, come qualcuno riteneva in quelle ore – a me sembra lucidissimo – tanto che alle 17.12 Rossi invia una nuova e-mail: “In effetti, ripensandoci, sembro pazzo a farmi tutti questi problemi. Scusa la rottura. Ciao, David”. A me sembra persino mostruoso perché, alle 10.13, dichiara di volersi uccidere, alle 17.12 capisce di sembrare pazzo a farsi tutti quei problemi. Non è lui camaleontico, ma lucido perché questo salto lo fa sulla base delle parole di Viola. Segue la risposta di Viola: “Capisco che al momento non sia facile, quindi ti capisco. Nei limiti del possibile, stai sereno”. C'è un'ulteriore e-mail delle 15.10, nella quale Rossi scrive a Viola: “Hai ragione, sono io che mi agito e mi sono spaventato per l'altro giorno”. Si tratta dello spavento per i sospetti che aveva sentito pesare su di lui riguardo la fuga di notizie sulle decisioni del CDA, sospetti dovuti al suo antico rapporto con Giuseppe Mussari. In effetti, il gruppo dirigente arrivato da un anno, Profumo - Viola, sospettava che Mussari, in quel momento sotto inchiesta, tenesse ancora il morso alla banca. L'8 marzo a Fabrizio Viola, ascoltato una prima volta in procura, vengono mostrate le e-mail. L'amministratore delegato Pag. 23dichiara che all'espressione usata da Rossi: “Domani potrebbe essere troppo tardi”, Viola racconta di avere immaginato “che nel suo PC sequestrato dalla Guardia di finanza, dovesse esserci qualcosa che lo preoccupava”».
  Dopo aver descritto quanto fatto da David Rossi nelle ore precedenti la sua morte, Mondani si sofferma sul video della precipitazione. Ricorda, in particolare, che «Il video della telecamera numero 6, che ha registrato la caduta nel vicolo, riporta un orario, come sapete, inesatto. L'ora registrata dalla telecamera è di 16 minuti avanti rispetto all'ora effettiva. Nel video David Rossi arriva a terra alle 19.59, in realtà sono le 19.43, ma per il GIP Gaggelli David Rossi si è suicidato alle 20.15. Monica Gaggelli posticipa l'orario della telecamera di 16 minuti. Un errore marchiano, come nella mia trasmissione, ci disse il tecnico Luigi Secciani, colui che aveva estratto l'immagine dalla telecamera. Sulla dinamica della caduta la procura, a quel tempo, non ha creduto necessaria una perizia. L'abrasione sulle scarpe, la polvere bianca sulla suola e sulla punta, lo scollamento tra suola e tomaia, le schegge di legno sul davanzale, i quattro cavetti antivolatile posizionati all'esterno della finestra, tre curvati e uno spezzato, dimostrano ampiamente, secondo la procura, che Rossi, prima di abbandonarsi nel vuoto di schiena, si trovava seduto sulla sbarra di sicurezza. Ma per il perito della famiglia, l'ingegnere Luca Scarselli, e il medico legale che ha svolto la controperizia, il professore Gian Aristide Norelli, quella posizione, da quella altezza, non è compatibile con il moto di caduta del corpo a terra, come ripreso dalla telecamera di sicurezza. Alle 20.32, orario della telecamera, c'è la traiettoria di un grave, che passa con moto parabolico e che finisce in una posizione compatibile con quella del quadrante dell'orologio. La procura, al tempo della seconda archiviazione, disse che non si trattava di nulla ma, come avete sentito il procuratore capo di Siena su questo punto, il perito di parte della famiglia, l'ingegnere Scarselli, ipotizzò si trattasse dell'orologio. Se fosse l'orologio, vuol dire che qualcuno l'aveva buttato di sotto dopo la caduta di David. Più interessante, però, è il fatto che sul cellulare di David Rossi, ritrovato sulla sua scrivania, in ufficio, in orario contemporaneo all'immagine dell'oggetto caduto, quindi con il corpo di Rossi già a terra, era stato digitato il numero 4099009. Al tempo, nella mia puntata, ipotizzai che si trattasse di un numero di telefono o di un conto in banca».
  Dopo aver formulato ulteriori ipotesi sulla numerazione 4099009 e sulle sponsorizzazioni si sofferma, infine, sui «presunti rapporti fra Giuseppe Mussari e lo IOR e sull'esistenza di quattro conti presso lo IOR, sui quali sarebbero confluiti soldi di una tangente scaturita dall'operazione Antonveneta. Avevamo una fonte, che consideravamo importante, che ci riportò alcuni particolari interessanti. Giuseppe Mussari ci querelò e solo dopo una richiesta di rettifica, riportata in una puntata di tre anni dopo, Mussari, che dichiarava di non avere mai avuto a che fare con lo IOR e di avere guadagnato sempre e solo dal suo lavoro, ritirò la querela. Nel 2015 siamo tornati sull'argomento risentendo il professore Norelli e il professore Giuseppe Sofia, che presentò a nome della famiglia di David una perizia grafologica su quello che aveva scritto nei tre biglietti prima della sua morte. La scrittura di David era stata forzata fisicamente e psicologicamente, concludeva Sofia. A metà novembre del 2015, si Pag. 24riaprirono le indagini che, come sapete, sfociarono in una seconda archiviazione».

3. L'istituzione della Commissione parlamentare e l'attività di inchiesta svolta.

3.1. La delibera istitutiva della Commissione parlamentare di inchiesta.

  Come anticipato nei precedenti capitoli e come sarà meglio evidenziato in quelli successivi, nonostante un'iniziale sottovalutazione di quanto accaduto, dovuta al fatto che in un primo momento gli inquirenti avevano privilegiato l'ipotesi suicidaria, la procura della Repubblica di Siena avviò successivamente due distinte inchieste sul decesso di David Rossi, che si conclusero entrambe, rispettivamente nel marzo 2014 e nel luglio 2017, con un'ordinanza di archiviazione.
  Sia tra i familiari sia in parte dell'opinione pubblica continuavano, però, a persistere, e anzi si rafforzavano, i dubbi sull'ipotesi suicidaria.
  Approfondite inchieste giornalistiche, anche attraverso la lettura degli atti giudiziari e l'acquisizione di molteplici testimonianze, ipotizzavano che il tragico evento fosse in qualche modo riconducibile a fatti che a esso venivano collegati.
  All'esito della seconda archiviazione il presidente del tribunale di Siena e il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Siena pubblicarono un comunicato stampa con il quale, «nell'intento di fornire all'opinione pubblica un quadro di informazioni corretto e completo, senza alcuna pretesa di verità», rappresentarono «in relazione ai punti critici da più parti evidenziati, gli elementi di valutazione sulle indagini, sulla base di un'analisi complessiva (e non parcellizzata) del materiale probatorio acquisito». In tale contesto, «quanto alla critica circa la mancata acquisizione dei tabulati per individuare le persone presenti nell'area in occasione dell'evento, come già evidenziato per gli indumenti e i fazzoletti sporchi di sangue» riferirono che «nel contesto iniziale tutto deponeva per l'ipotesi del suicidio» (vedasi nota congiunta del tribunale e della procura della Repubblica di Siena «Le risposte dei capi degli uffici giudiziari di Siena alle critiche di merito sull'indagine riguardante la morte di David Rossi» rinvenibile sul sito web della procura della Repubblica di Siena).
  Anzi, i dubbi sull'effettivo andamento dei fatti che avevano portato al decesso del manager del Monte dei Paschi di Siena crescevano sempre di più, al punto che anche il Parlamento di lì a breve deciderà di svolgere un'inchiesta parlamentare per far luce sulla vicenda.
  Il 18 aprile 2019 i deputati Rizzetto e altri depositarono presso la Presidenza della Camera dei deputati la proposta di istituire, per la durata della XVIII legislatura, una Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di David Rossi (Doc. XXII n. 37), al fine di consentire al Parlamento di ricostruire in maniera puntuale i fatti che avevano portato alla morte di David Rossi. Secondo i firmatari dell'iniziativa, infatti, il Parlamento non poteva «rimanere inerte dinanzi a una vicenda ingiusta e oscura, sussistendo il dovere politico e istituzionale di intervenire per restituire forza al principio di giustizia, che è alla base della nostra democrazia».Pag. 25
  A ottobre 2020 le Commissioni riunite II (Giustizia) e VI (Finanze) della Camera dei deputati iniziarono l'esame della proposta istitutiva della Commissione parlamentare di inchiesta, che si concluse l'11 marzo 2021, in Assemblea, con il voto favorevole di tutti i gruppi parlamentari.
  Nella delibera istitutiva si prevede che la Commissione ha il compito di:

   a) ricostruire in maniera puntuale i fatti, le cause e i motivi che portarono alla caduta di David Rossi dalla finestra del proprio ufficio nella sede del Monte dei Paschi di Siena di Rocca Salimbeni e le eventuali responsabilità di terzi;

   b) esaminare e valutare il materiale raccolto dalle inchieste giornalistiche sulla morte di David Rossi e indagare sulle vicende a lui collegate, come denunciate e rese pubbliche attraverso le medesime inchieste;

   c) verificare fatti, atti e condotte commissive e omissive che abbiano cagionato o cagionino ostacolo, ritardo o difficoltà per l'accertamento giurisdizionale di eventuali responsabilità relative alla morte di David Rossi.

  La Commissione, nello svolgimento dell'inchiesta, si è attenuta rigorosamente ai compiti ad essa affidati dalla delibera istitutiva. Come evidenziato nel successivo paragrafo 3.2., la Commissione, anche attraverso le numerose audizioni svolte in sede e a Siena e i due sopralluoghi effettuati a Siena, e con l'ausilio del Reparto Investigazioni Scientifiche (R.I.S.) di Roma, ha ricostruito le modalità con cui avvenne la precipitazione del dottor David Rossi. Grande attenzione è stata rivolta dalla Commissione anche all'esame e alla valutazione del materiale raccolto dalle inchieste giornalistiche, anche al fine di trovare, attraverso audizioni, richieste di acquisizioni documentali e accertamenti tecnici, riscontri alle ipotesi formulate in alcune di esse. Analoga attenzione è stata rivolta anche alla verifica e all'analisi delle inchieste condotte sulla vicenda dall'autorità giudiziaria, anche al fine di comprendere, nell'ambito del mandato contenuto nella delibera istitutiva, i criteri che ne avevano ispirato l'azione.

3.2. L'attività di inchiesta svolta.

  La Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di David Rossi si è, quindi, costituita il 27 maggio 2021 con l'elezione del presidente Pierantonio Zanettin (Forza Italia – Berlusconi Presidente) e dei componenti dell'ufficio di presidenza, i vicepresidenti Marco Lacarra (Partito Democratico) e Luca Migliorino (M5S) e i segretari Ingrid Bisa (LEGA – Salvini Premier) e Federico Fornaro (Liberi e Uguali – Articolo 1 – Sinistra Italiana). Della Commissione facevano, altresì, parte i deputati: Claudio Borghi (LEGA – Salvini Premier), Azzurra Pia Maria Cancelleri (M5S), Susanna Cenni (Partito Democratico), Giuseppe D'Ippolito (Insieme per il Futuro), Leonardo Donno (M5S), Valentina D'Orso (M5S), Alessandra Ermellino (Misto), Cosimo Maria Ferri (Italia Viva – Italia C'è), Guido Germano Pettarin (Misto), Guglielmo Picchi (LEGA – Salvini Premier), Walter Rizzetto (FDI), Pag. 26Cristina Rossello (Forza Italia – Berlusconi Presidente), Andrea Rossi (Partito Democratico), Francesco Sapia (Misto) e Leonardo Tarantino (LEGA – Salvini Premier).
  Il regolamento interno della Commissione è stato approvato nella seduta del 22 giugno 2021.
  La Commissione, in poco più di un anno di attività, ha tenuto complessivamente 51 riunioni plenarie, nel corso delle quali sono stati auditi 76 soggetti, tra magistrati, familiari e amici di David Rossi, giornalisti, appartenenti alle forze dell'ordine, nonché tecnici e dipendenti del Monte dei Paschi di Siena. Si sono, inoltre tenute 45 riunioni dell'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, per un totale, incluse anche le riunioni plenarie della Commissione, di circa 170 ore di seduta (di cui circa 35 in sede segreta nel corso delle quali sono stati auditi circa 60 soggetti).
  La Commissione ha inoltre effettuato due missioni a Siena. Nella prima è stata visitata la sede del Monte dei Paschi di Siena a Rocca Salimbeni. In particolare, la Commissione ha avuto accesso alla stanza di David Rossi e agli spazi e alle stanze ad essa limitrofi, occupati dal personale che collaborava con lui, nonché le vie adiacenti alla sede del Monte dei Paschi di Siena tra cui vicolo Monte Pio.
  Nella seconda, alla presenza di una delegazione della Commissione, sono stati, invece, svolti dal R.I.S. di Roma, con la collaborazione del D.I.M.A. (Dipartimento Ingegneria Meccanica Aerospaziale) dell'Università degli studi di Roma «La Sapienza», alcuni rilievi e accertamenti tecnici. Inoltre, nel corso di tali missioni sono anche stati auditi ulteriori sei soggetti:

   8-9 settembre 2021: Antonella Tognazzi, Ranieri Rossi, Lorenza Bondi, Giancarlo Filippone e Massimo Riccucci;

   21 dicembre 2021: il generale dell'Arma dei Carabinieri, Rosario Mortillaro.

  La Commissione ha, infine, acquisito agli atti del proprio archivio n. 219 unità documentali (98 libere, 75 riservate e 45 segrete) e n. 13 documenti anonimi, per un totale di circa 140 mila pagine (documenti liberi: 24.644 pagine; documenti riservati: 103.172 pagine; documenti segreti: 12.645 pagine).
  Di seguito si riporta l'elenco dei soggetti che sono stati auditi in sede dalla Commissione:

   familiari di David Rossi: Carolina Orlandi (22 settembre 2021);

   soggetti appartenenti alla magistratura: Salvatore Vitello, procuratore della Repubblica di Siena (1° luglio 2021); Vittorio Ranieri Miniati, procuratore della Repubblica aggiunto di Genova (8 luglio 2021); Antonino Nastasi, sostituto procuratore della Repubblica presso la procura di Firenze (10 febbraio 2022 e 7 aprile 2022); Aldo Natalini, magistrato addetto al Massimario della Corte di cassazione (17 febbraio 2022); Nicola Marini, procuratore della Repubblica facente funzioni presso il tribunale di Siena (23 febbraio 2022 e 24 marzo 2022); Nicola Gratteri, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catanzaro (26 maggio 2022);

   giornalisti e scrittori: Davide Vecchi, già direttore del Gruppo Corriere (15 luglio 2021); Paolo Mondani, giornalista inviato di «ReportPag. 27» Rai 3 (22 luglio 2021); Raffaele Ascheri, autore del libro «Cronaca di un suicidio (annunciato). Il caso David Rossi» (16 settembre 2021); Pierangelo Maurizio, giornalista inviato di «Quarto Grado» Rete 4 (7 ottobre 2021); Antonino Monteleone e Marco Occhipinti, giornalisti de «Le Iene» Italia 1 (14 ottobre 2021); Cesare Peruzzi, giornalista e Tommaso Strambi, giornalista de «La Nazione» di Siena (28 ottobre 2021); Susanna Guarino, giornalista (12 gennaio 2022); Domenico Mugnaini, giornalista (17 marzo 2022); David Taddei, giornalista (16 giugno 2022);

   dipendenti, in servizio, pro tempore e in quiescenza, del Monte dei Paschi di Siena: Bernardo Mingrone (7 ottobre 2021); Chiara Galgani (11 novembre 2021); Valentino Fanti (8 febbraio 2022); Lorenza Pieraccini (8 febbraio 2022); Giuseppe Mussari, presidente pro tempore del Monte dei Paschi di Siena (16 febbraio 2022); Fabrizio Viola, amministratore delegato pro tempore del Monte dei Paschi di Siena (10 marzo 2022); Daniele Pirondini, già direttore finanziario di Monte dei Paschi di Siena all'epoca dell'acquisizione di Banca Antonveneta (23 marzo 2022); Roberto Rossi, Alfredo Montalbano, Marco Bernardini, Stefano Pieri e Luigi Secciani (31 marzo 2022); Massimo Steiner e Fabrizio Leandri (12 maggio 2022); Ilaria Maria Dalla Riva e Paolo Zotto (19 maggio 2022);

   soggetti appartenenti alle forze dell'ordine: Federico Gigli, assistente capo coordinatore della Polizia di Stato (25 novembre 2021); Federica Romano, assistente capo coordinatore della Polizia di Stato (25 novembre 2021); Livio Marini, vice ispettore della Polizia di Stato (25 novembre 2021 e 17 marzo 2022); Pasquale Aglieco, comandante del Reparto comando scuola ufficiali carabinieri di Roma (9 dicembre 2021); Roberto Nesticò, luogotenente dei carabinieri in servizio presso il Nucleo Investigativo di Siena (22 dicembre 2021); Giuseppe Manichino, tenente colonnello dell'Arma dei carabinieri (22 dicembre 2021); Edoardo Cetola, maggiore dell'Arma dei carabinieri e Marcello Cardiello, tenente dell'Arma dei carabinieri (22 dicembre 2021); Alessia Baiocchi, vicequestore aggiunto della Polizia di Stato (12 gennaio 2022); Francesco Marinucci, luogotenente carica speciale dell'Arma dei carabinieri (9 febbraio 2022); Claudio Di Tursi, ispettore superiore tecnico, Augusto Vincenzo Ottaviano e Stefano Frisinghelli, assistenti capo coordinatori del Compartimento della Polizia postale e delle comunicazioni della Liguria (3 marzo 2022); Mirko Mottula, assistente capo coordinatore della Polizia di Stato (21 aprile 2022); Angelo Ciampi, brigadiere capo in quiescenza dell'Arma dei carabinieri, Alessandro Scarfone, brigadiere capo qualifica speciale dell'Arma dei carabinieri, Pietro Careddu appuntato scelto dell'Arma dei carabinieri e Rocco Gaudino brigadiere in quiescenza dell'Arma dei carabinieri (5 maggio 2022); Michele Mencarelli, vice ispettore della Polizia di Stato (19 maggio 2022); Sabato Fortunato, vicequestore della Polizia di Stato (31 maggio 2022 e 30 giugno 2022); Giancarlo Benedetti, questore pro tempore di Siena in quiescenza (30 giugno 2022); Sergio Schiavone, comandante del Reparto Investigazioni Scientifiche di Roma del Ra.C.I.S., Paolo Fratini, comandante della Sezione balistica del Reparto Investigazioni Scientifiche di Roma del Ra.C.I.S, Antonio Natale, addetto alla Sezione di fonica e audiovideo del Reparto Investigazioni Scientifiche di Roma del Ra.C.I.S, Massimo Giannetti, comandante del Pag. 28Reparto Tecnologie Informatiche del Ra.C.I.S., Giovanni Torcasso, comandante della Sezione informatica del Reparto Tecnologie Informatiche del Ra.C.I.S., Rudi D'Aguanno, addetto alla Sezione informatica del Reparto Tecnologie Informatiche del Ra.C.I.S, Rubino Tomassetti, comandante del Reparto Indagini Tecniche del R.O.S. dell'Arma dei carabinieri, Stefano Di Napoli, comandante della 1^ sezione del Reparto Indagini Tecniche del R.O.S. dell'Arma dei carabinieri e Marco Marzi, addetto alla 1^ sezione del Reparto Indagini Tecniche del R.O.S dell'Arma dei carabinieri (18 luglio 2022);

   altri soggetti (privati e istituzionali): Pierluigi Piccini, ex sindaco di Siena (20 ottobre 2021); Emanuele Dragoni (4 novembre 2021); Fulvio Muzzi (11 novembre 2021); persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta (audizione segreta, 18 novembre 2021); Carla Ciani, consulente aziendale (16 dicembre 2021); Paride Minervini, perito balistico (28 aprile 2022); Ettore Gotti Tedeschi (28 aprile 2022); Antonio Degortes (23 giugno 2022);

   medici legali e tecnici del settore: Laura Benignetti, coordinatrice all'interno del settore prestazioni standard domestic di TIM e Massimo Romiti, responsabile delle prestazioni standard domestic del settore servizi autorità giudiziaria di TIM (1° dicembre 2021); Vittorio Fineschi, ordinario di medicina legale presso l'Università degli studi di Roma «La Sapienza», Roberto Testi, direttore del Dipartimento di prevenzione dell'ASL «Città di Torino» e Antonina Argo, ordinario di Medicina legale presso l'Università degli studi di Palermo (18 luglio 2022).

4. Il ruolo di David Rossi nel Monte dei Paschi di Siena. Le perquisizioni disposte dall'autorità giudiziaria.

  Nella relazione conclusiva della commissione regionale di inchiesta istituita dal consiglio regionale della regione Toscana, «In merito alla Fondazione Monte dei Paschi di Siena e alla Banca Monte dei Paschi di Siena. I rapporti con la regione Toscana», nella versione approvata da Movimento 5 Stelle, Lega Nord, SI e Toscana a sinistra, così veniva descritto David Rossi a pagina 90: «nato a Siena nel giugno 1961, laureato in storia dell'arte, era il braccio destro di Giuseppe Mussari quando lui era alla presidenza della banca senese. Descritto come un ottimo professionista della comunicazione, esperto nei rapporti con i media, Rossi ha sempre avuto uno stretto legame di amicizia con Mussari. Insieme, infatti, lavorano, negli anni Novanta, per il sindaco di Siena Piccini: Mussari aveva il compito di tenere i rapporti tra l'amministrazione comunale e l'allora partito dominante, il Pds, mentre Rossi si occupava dei contatti con i giornali e le tv locali e nazionali. Quando Mussari entra in Fondazione Monte dei Paschi di Siena porta con sé anche Rossi che, nel 2006, passa al Monte dei Paschi di Siena, quando l'amico ne diviene presidente. Rossi ricopre il ruolo di capo area comunicazione, assunto in pianta stabile dalla banca, e gli viene affidato un mega ufficio a Rocca Salimbeni».
  Lo stesso David Rossi, sentito in data 19 febbraio 2013 quale persona informata dei fatti nell'ambito del proc. pen. n. 3861/2012 avviato dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Siena, affermò di essere il manager responsabile dell'Area Comunicazione Pag. 29della banca Monte dei Paschi di Siena dal 1° giugno 2006 e di avere precedentemente ricoperto il ruolo di responsabile della comunicazione della Fondazione Monte dei Paschi di Siena; il suo trasferimento dalla Fondazione alla banca era stato stabilito direttamente dall'avvocato Giuseppe Mussari, che nel frattempo era diventato il presidente della banca.
  David Rossi aggiungeva che quando egli aveva lavorato per la Fondazione i suoi rapporti con Mussari erano stati sporadici e che egli riteneva di essere stato preferito ad altri per motivazioni di natura professionale; durante il periodo lavorativo trascorso nella banca i suoi rapporti si erano intensificati e più volte Mussari aveva mostrato confidenza nei suoi confronti. David Rossi negava, tuttavia, di essere entrato nella cerchia degli amici del Mussari, pur avendo con lui avuto incontri conviviali o comunque non dettati da esigenze di lavoro.
  L'avvocato Giuseppe Mussari, presidente della Fondazione Monte dei Paschi di Siena dal 31 luglio 2001 sino all'assunzione della carica di presidente della banca Monte dei Paschi di Siena il 29 aprile 2006, e poi cessato da questo incarico il 27 aprile 2012, audito da questa Commissione di inchiesta in data 16 febbraio 2022, ha confermato il suo rapporto di fraterna amicizia con David Rossi.
  Si erano conosciuti quando David Rossi lavorava presso il comune di Siena quale responsabile della comunicazione, incarico che egli aveva ricoperto prima con il sindaco Pierluigi Piccini e poi, dal 2001, con il sindaco Cenni; successivamente David Rossi venne portato da Mussari a trasferirsi presso la Fondazione Monte dei Paschi di Siena; il nuovo sindaco del comune di Siena, Cenni, apprezzando le qualità di David Rossi, aveva opposto una certa resistenza, tanto che il socio di David Rossi, David Taddei, era rimasto a lavorare quale responsabile della comunicazione per il comune e anche David Rossi, aveva inizialmente lavorato per la Fondazione Monte dei Paschi di Siena tramite la sua società; in seguito il Mussari volle che David Rossi si trasferisse a lavorare presso la banca Monte dei Paschi di Siena per le sue capacità professionali e non perché suo amico.
  Le eccellenti capacità professionali di David Rossi sono state, peraltro, confermate da tutti coloro che sono stati sentiti da questa Commissione di inchiesta.
  L'incarico di responsabile dell'area comunicazione della banca Monte dei Paschi di Siena includeva la cura del servizio di comunicazione interna, rivolto al personale della banca, del servizio di pubblicità e immagine, del servizio rapporti con i media e relazioni esterne e del servizio di sponsorizzazioni e promozioni.
  Quanto al servizio di sponsorizzazioni l'avvocato Mussari, nel corso della sua audizione da parte di questa Commissione, ha affermato che il potere decisionale di David Rossi era limitato a impegni di spesa modesti; laddove gli importi impegnati fossero stati rilevanti, egli non avrebbe potuto decidere in piena autonomia. Particolare attenzione è stata dedicata, anche da alcuni quotidiani nazionali (vedi l'articolo pubblicato su Il Fatto Quotidiano del 6 aprile 2021 intitolato «La banca versava 800 mila euro al Viadana Rugby»), alle sponsorizzazioni in favore della predetta associazione sportiva legata al comune di Viadana, in provincia di Mantova, ove David Rossi era solito recarsi spesso anche in ragione della sua veste di vicepresidente del Centro Internazionale Pag. 30di arte e cultura Palazzo Te, con delega alla comunicazione e al marketing. Tale carica è stata da lui assunta dal maggio 2011, dopo la modifica dello statuto che aveva affidato la carica a un rappresentante dei soci privati del centro. In particolare, il sindaco Sodano aveva scelto Rossi in rappresentanza del Monte dei Paschi di Siena, socio fondatore dell'istituzione culturale mantovana subentrato alla Banca Agricola Mantovana, incorporata dal Monte dei Paschi di Siena.
  Il ruolo di responsabile dell'area comunicazione della banca Monte dei Paschi di Siena diviene particolarmente impegnativo e stressante per David Rossi quando la banca attraversa una crisi finanziaria, che si trasforma pure in crisi reputazionale, anche per effetto di alcune indagini avviate dall'autorità giudiziaria che comporteranno tra l'altro l'esecuzione di perquisizioni nei suoi confronti.
  Il magistrato Antonino Nastasi, sentito da questa Commissione, ha spiegato che nel novembre del 2011 furono avviate dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Siena indagini iscritte sul registro degli atti non costituenti notizia di reato (modello 45) in relazione alla crisi che aveva colpito la banca.
  In seguito il procedimento penale venne iscritto sul registro delle notizie di reato a carico di persone ignote (modello 44) e poi sul registro delle notizie di reato a carico di persone note (modello 21) quando venne trovato un documento chiamato «Indemnity», tenuto nascosto alla Banca d'Italia, che avrebbe dovuto autorizzare l'acquisizione di Banca Antonveneta da parte di banca Monte dei Paschi di Siena. Il procedimento penale assunse al Registro generale delle notizie di reato il n. 1845/2012.
  Successivamente, in data 9 maggio 2012, la polizia giudiziaria eseguì circa cinquanta perquisizioni in tutta Italia al fine di reperire prove in relazione all'ipotizzato delitto di ostacolo all'attività di vigilanza e tra i soggetti perquisiti vi era anche David Rossi, che subì la perquisizione del suo ufficio in qualità di responsabile dell'area comunicazione della banca Monte dei Paschi di Siena.
  In seguito, venne aperto dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Siena anche il proc. pen. n. 3861 del 2012 per le operazioni in derivati denominate Santorini e Alexandria.
  Il ruolo di David Rossi quale responsabile dell'area comunicazione della banca divenne particolarmente complicato e stressante perché, oltre ai timori che in quel momento stavano provando tutti i dipendenti dell'istituto di credito, preoccupati per una sua eventuale chiusura con conseguente perdita del posto di lavoro, egli era destinatario di una richiesta di maggior impegno lavorativo, essendo necessario ricostruire, attraverso un'opportuna strategia comunicativa, l'immagine dell'azienda di credito, fortemente compromessa.
  Sul punto particolarmente rilevanti sono le dichiarazioni rese ai sostituti procuratori della Repubblica Aldo Natalini e Nicola Marini, in data 13 marzo 2013, da Carla Lucia Ciani nell'ambito del procedimento penale avviato per indagare sulle cause della morte di David Rossi.
  Nella circostanza, la signora Ciani dichiarò di essere stata chiamata dall'amministratore Fabrizio Viola a svolgere funzioni di coacher manageriale all'interno della banca e di avere parlato per telefono alla fine di gennaio 2013 con David Rossi che, in tale occasione, le aveva manifestato le difficoltà da lui incontrate nel gestire a livello managerialePag. 31 l'enorme flusso di comunicazioni negative che aveva investito l'azienda di credito, rappresentandole la necessità di creare un coordinamento tra la comunicazione interna e quella esterna, in modo da evitare incoerenze. La comunicazione interna era stata inizialmente affidata al dottor Rossi, ma in seguito il dottor Fabrizio Viola, amministratore delegato dell'azienda di credito, aveva deciso di affidarla alla dottoressa Ilaria Maria Dalla Riva, già responsabile delle risorse umane, lasciando a Rossi la comunicazione esterna.
  La circostanza fu confermata dalla dottoressa Dalla Riva che, sentita a sommarie informazioni in data 8 luglio 2013, precisò che la comunicazione interna le era stata affidata sin dal suo ingresso in banca Monte dei Paschi di Siena, avvenuto in data 25 giugno 2012.
  David Rossi, tuttavia, ricordava la consulente aziendale Ciani, non aveva apprezzato tale distribuzione di competenze, in quanto talvolta erano emerse incoerenze tra le due forme di comunicazione; riteneva necessario che ciò che la banca comunicava internamente ai propri dipendenti corrispondesse all'immagine della banca rappresentata nella stampa.
  La consulente aziendale Ciani dichiarò ai due sostituti di aver avuto un incontro con Rossi il 30 gennaio 2013 presso la banca Monte dei Paschi di Siena e che in tale occasione aveva preso atto di quale fosse la situazione, verificando come il management potesse supportare il Rossi nel fronteggiare la crisi mediatica. Venne creata una sorta di task force definita situation room; in pratica, si trattava di un gruppo di persone, capeggiato da Rossi, che decideva in maniera evoluta e collegiale gli interventi stampa da effettuare, anche allo scopo di evitare le predette incoerenze e ripartire all'interno del gruppo le connesse responsabilità. Inoltre, ha aggiunto la consulente aziendale Ciani nel corso della sua audizione da parte di questa Commissione, la creazione di tale gruppo favoriva lo scambio di informazioni tra i suoi componenti.
  In seguito – in data 7 o 8 febbraio 2013 – Rossi aveva anche espresso alla consulente aziendale Ciani il suo apprezzamento per tale soluzione organizzativa.
  La consulente aziendale Ciani ricordò che in data 11 febbraio 2013 si era incontrata a Milano con Fabrizio Viola, che le aveva manifestato la sua volontà di includere David Rossi tra coloro che partecipavano agli incontri di coaching individuali e di gruppo riservati alla prima linea manageriale.
  La stima del dottor Viola nei confronti di Rossi trovava conferma anche nella sua decisione di coinvolgere quest'ultimo nel comitato direttivo.
  Fabrizio Viola, in occasione delle sommarie informazioni da lui rese in data 21 marzo 2013 nel proc. pen. n. 962/2013 iscritto a carico di ignoti per la morte di David Rossi, riferì che l'11 febbraio 2013 aveva comunicato a Rossi «che dal prossimo Comitato Direttivo lui sarebbe stato “invitato stabile”. Era mio intendimento, infatti, rafforzare la comunicazione esterna positiva, in quanto avevamo vissuto una crisi reputazionale molto forte: c'era il problema che il Rossi aveva faticato a recepire le cose buone che si facevano in banca. Per evitare che lui dovesse andare in giro a cercarsele, lo proposi in termini di invitato permanente. Stava a lui, poi, valutare i contenuti delle discussioni che Pag. 32avvenivano in seno al Comitato Direttivo e formulare al sottoscritto proposte di comunicazione esterna. Posso dire che il Rossi ha partecipato a più di una riunione del Comitato di Direzione, circa tre. Era soddisfatto di questa iniziativa. Preciso che il Comitato Direttivo è un consesso in cui si discutono progetti che hanno delle implicazioni tra tutte le Direzioni: ha un ruolo di coordinamento e decisionale su tutte quelle materie che non sono di competenza del Cda o dell'A.D.; spesso costituisce un momento preparatorio degli argomenti che vanno al Cda. Ne fanno parte, a parte me e Fanti (che partecipa in qualità di segretario della Presidenza), Marino (vice D.G. commerciale); Pompei (Direttore crediti), Mingrone (CFO), Montalbano (CO), Dalla Riva (Risorse Umane), Rovellini (C.R.O.), Massaccesi (Direttore Compliance Legale)».
  Ilaria Maria Dalla Riva, in occasione delle sommarie informazioni rese in data 8 luglio 2013, osservava che la circostanza che Rossi, mero capo area e non capo direzione, fosse stato inserito nel comitato direttivo della banca era chiaro indice della volontà di un suo stabile inserimento nel circuito informativo della banca, volontà che a Della Riva era stata manifestata direttamente dal dottor Viola.
  La situazione di stress e di disagio in cui versava il dottor David Rossi, sebbene inizialmente trovasse origine pressoché in via esclusiva nel maggior impegno lavorativo che gli veniva richiesto in conseguenza della crisi reputazionale che aveva colpito la banca in quel periodo, si era nettamente aggravata in conseguenza della perquisizione che egli aveva subito in data 19 febbraio 2013. Tale circostanza è stata riferita da tutti coloro che avevano avuto modo di relazionarsi con lui successivamente a tale data.
  Il pubblico ministero Antonino Nastasi, sentito da questa Commissione in data 10 febbraio 2022, ha spiegato che il 19 febbraio 2013 venne disposta una perquisizione nei confronti dell'ex presidente della banca Monte dei Paschi di Siena, avvocato Mussari, del dottor Vigni, ex direttore generale di banca Monte dei Paschi, e del dottor David Rossi. Le ragioni della perquisizione erano esplicitate nel decreto di perquisizione, che è stato acquisito da questa Commissione. La perquisizione era finalizzata alla ricerca di eventuali appunti, agende, e-mail e quant'altro potesse far riferimento ai processi che erano oggetto di indagine.
  In particolare, gli inquirenti, avendo appreso da Valentino Fanti, in occasione delle sommarie informazioni da lui rese pochi giorni prima, che vi era un rapporto di amicizia tra l'avvocato Mussari e Rossi, avevano ritenuto opportuno estendere la perquisizione anche a quest'ultimo, che, tuttavia, non assunse mai la posizione di persona sottoposta alle indagini.
  Valentino Fanti, audito da questa Commissione, ha confermato che nel corso delle sommarie informazioni da lui rese gli era stato chiesto se Mussari avesse un rapporto particolare con taluni dei dipendenti della banca ed egli aveva risposto che il Mussari era solito dare del «lei» a tutti all'interno della banca, a eccezione di alcune persone, tra le quali vi era Rossi.
  Gli inquirenti ritennero, quindi, opportuno procedere a una perquisizione presso l'abitazione e l'ufficio del dottor Rossi, al fine di verificare se vi fossero rapporti in essere tra lui, l'ex presidente Pag. 33Giuseppe Mussari e Antonio Vigni e, in particolare, se vi fossero stati scambi di e-mail o di documenti tra David Rossi e Mussari.
  Vennero perquisiti l'ufficio, l'abitazione e l'autovettura di Rossi, ma le ricerche non produssero alcun risultato utile.
  David Rossi non assunse mai la veste di persona sottoposta alle indagini, tanto che egli venne anche sentito nel corso dell'indagine quale persona informata dei fatti e, dopo l'esito negativo della perquisizione e dopo le sommarie informazioni da lui rese, egli aveva cessato di destare interesse investigativo, come riferito dal dottor Nastasi.
  Del resto, come dichiarato dall'avvocato Mussari nel corso della sua audizione, Rossi non aveva titolo per partecipare alle riunioni del consiglio di amministrazione della banca Monte dei Paschi di Siena, al massimo poteva essere stato invitato ad assistere a qualche riunione al limitato scopo di illustrare questioni attinenti all'area della comunicazione; non era, quindi, venuto a conoscenza di aspetti di rilievo in ordine alla gestione della banca.
  Nonostante ciò, la perquisizione ebbe su David Rossi un effetto altamente destabilizzante, amplificando i suoi timori e il suo stress.
  È ben vero che David Rossi aveva già subito in data 9 maggio 2012 la perquisizione del suo ufficio, ma, come osservato dall'avvocato Mussari nel corso della sua audizione da parte di questa Commissione, in data 16 febbraio 2022, «I due atti di indagine non sono fra loro rapportabili. Mentre quella di febbraio è una perquisizione fatta a David Rossi per le ragioni che i pubblici ministeri di Siena riassumono ai loro colleghi di Milano, la perquisizione del 9 maggio 2012 è diretta nei miei confronti presso il mio domicilio anche, ma non è diretta nei confronti di David Rossi. È una perquisizione a Banca Monte dei Paschi in cui si chiede di perquisire l'ufficio del dottore Viola, del presidente, del responsabile organizzazione, del responsabile retail, del vice direttore generale vicario, del responsabile della comunicazione. Quindi sono due atti che hanno, rispetto agli uffici, la medesima invasività, ma rispetto al soggetto hanno rilevanza totalmente diversa. Il primo, chiunque fosse stato responsabile della comunicazione si sarebbe visto l'ufficio perquisito. La seconda, l'ufficio è perquisito non perché è a disposizione della comunicazione del Monte dei Paschi, ma perché il responsabile della comunicazione del Monte dei Paschi è David Rossi».
  Dal complesso delle audizioni effettuate da questa Commissione emerge che David Rossi temeva che, nonostante egli avesse formalmente assunto la mera posizione di persona informata sui fatti, l'attenzione degli inquirenti si fosse rivolta anche sulla sua persona a causa dei rapporti da lui intrattenuti con coloro che avevano gestito la banca durante la presidenza di Mussari.
  A tale proposito assume rilievo la circostanza che David Rossi era uno dei manager della banca Monte dei Paschi di Siena rimasti in seno all'azienda di credito nonostante il mutamento della governance (tra questi vi era anche Valentino Fanti, segretario del consiglio di amministrazione della banca e capo segreteria del presidente e dell'amministratore delegato).
  Poteva sorgere il sospetto, non solo in capo agli inquirenti, ma pure nel nuovo management, che egli fosse solito rivelare all'esterno e, in particolare, a Mussari circostanze rilevanti in merito alla gestione della banca.Pag. 34
  Inoltre Rossi, quale dirigente della banca durante la presidenza Mussari, poteva sentire il peso della responsabilità nei confronti dei dipendenti e dell'intera città di Siena, per la crisi che aveva colpito l'istituto di credito. La dottoressa Ilaria Maria Dalla Riva, nel corso della sua audizione, ha affermato: «Sicuramente David era una persona significativa dal punto di vista di ruolo non solo per il Monte ma anche per la città, i suoi rapporti istituzionali, la gestione di tutto il mondo delle contrade, la sponsorizzazione, i rapporti che teneva con l'ABI. Aveva sicuramente un ruolo interno importante, ma, come chi ricopre questa funzione, ha anche un ruolo istituzionale esterno, quando l'esterno non è Milano ma è Siena, è un esterno che ti connota da questo punto di vista» (v. resoconto stenografico relativo all'audizione di Ilaria Maria Dalla Riva del 19 maggio 2022).
  Deve anche considerarsi che l'amministratore Viola, come ricordato dalla consulente aziendale Ciani nel corso della sua audizione, aveva voluto evidenziare, a livello comunicativo, la discontinuità tra la nuova gestione della banca e il precedente management. Egli si trovava, quindi, nella scomoda posizione di dover addebitare le responsabilità gestionali per la crisi in cui versava la banca su chi era a lui legato da fraterna amicizia.
  Le perquisizioni subite in conseguenza del suo rapporto amicale con Mussari avevano maggiormente evidenziato i suoi rapporti con i precedenti amministratori della banca che venivano additati dalle indagini giudiziarie e dalla nuova gestione quali i responsabili della crisi dell'azienda di credito.
  Egli iniziava a temere che tali vicende potessero incrinare la fiducia di Profumo e Viola nella sua lealtà e tale timore poteva essere stato accentuato anche dalla vicenda relativa alla fuga di notizie sulle iniziative giudiziarie che la banca aveva deciso di avviare nei confronti della Deutsche Bank e della Banca Nomura in relazione alle operazioni in derivati denominate Santorini e Alexandria.
  Bernardo Mingrone, all'epoca responsabile della direzione chief financial officer della banca, sentito a sommarie informazioni il 6 marzo 2013 nell'ambito delle indagini avviate a seguito della morte di David Rossi, dichiarò che il precedente giovedì si era recato in compagnia del predetto e del presidente Profumo a cenare presso il ristorante Nonno Mede. Terminata la riunione del consiglio di amministrazione, Profumo e Mingrone avevano deciso di cenare insieme. L'argomento principale della serata era lo stato di malessere di Rossi a seguito della perquisizione da lui subita alcuni giorni prima. Il cruccio di Rossi era quello di non riuscire a comprendere le ragioni che avevano indotto gli inquirenti a estendere a lui le perquisizioni; in particolare, egli si domandava se la perquisizione fosse dovuta esclusivamente al suo rapporto di amicizia con Mussari o anche ai colloqui telefonici avuti con Mussari a Natale. Mingrone e Profumo avevano invano cercato di tranquillizzarlo. Rossi in tale occasione aveva fatto riferimento a un «gruppo della birreria» che egli si rammaricava di avere frequentato insieme a Mussari sino al dicembre del 2012 e che era invece sconosciuto a Mingrone.
  Quest'ultimo aggiunse che in occasione di quella riunione del consiglio di amministrazione era stato deciso di proporre azione di responsabilità nei confronti dei precedenti amministratori della banca Pag. 35e nei confronti di Deutsche Bank e della banca Nomura in relazione alle operazioni in derivati sopra indicate. Le iniziative processuali nei confronti delle due banche straniere dovevano rimanere assolutamente riservate, in quanto queste avrebbero potuto anticipare le mosse di banca Monte dei Paschi di Siena incardinando all'estero un'eventuale azione giudiziaria con conseguente esclusione della giurisdizione italiana. Si era pertanto deciso che tali iniziative rimanessero sconosciute a Rossi sino al giorno successivo, quando il comunicato stampa sarebbe stato diffuso dallo stesso Mingrone scavalcando l'ufficio stampa del Monte dei Paschi di Siena e quindi David Rossi. Durante il tragitto verso il ristorante Rossi aveva ricevuto una telefonata da parte di un soggetto che, ebbe l'impressione Mingrone, gli aveva chiesto conferma sull'esercizio da parte della banca di un'azione di responsabilità e Rossi aveva risposto che laddove la circostanza fosse stata vera, egli ne sarebbe stato informato. Poco dopo il presidente Profumo aveva, però, informato David Rossi che l'azione di responsabilità era stata in effetti decisa e gli fece anche leggere il comunicato stampa per avere eventuali suoi suggerimenti. L'indomani Mingrone telefonò a un paio di referenti in Consob per inviare il comunicato stampa e, parlando con loro, venne a sapere che la notizia era già stata pubblicata da IlSole24Ore. Fu, quindi, sporta denuncia per tale fuga di notizie. Questa, tuttavia, non arrecò alcun reale pregiudizio alla banca poiché i legali dell'istituto bancario senese riuscirono, sia pure di poco, ad anticipare le banche straniere.
  Le successive indagini indicarono quale responsabile un membro del consiglio di amministrazione della banca, Michele Briamonte, che per tale ragione venne pure colpito da ordinanza interdittiva, che dispose la sua sospensione per due mesi dalle funzioni di componente del consiglio di amministrazione della banca. Tuttavia, l'indagine a carico di Briamonte venne successivamente archiviata dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Firenze. In ogni caso, non è mai emerso alcun elemento che potesse attribuire a Rossi la fuga di notizie.
  Anche questa, tuttavia, sebbene non fosse in alcun modo a lui addebitabile, potrebbe avere incrementato l'ansia del dottor David Rossi di perdere, sia pure senza colpa da parte sua, la fiducia della nuova governance della banca.
  Si consideri che il 5 marzo 2013 furono eseguite perquisizioni a carico dei componenti del consiglio di amministrazione della banca Briamonte e Gorgone, allo scopo di comprendere chi fosse il responsabile. Chiara Galgani, responsabile dell'Ufficio stampa della banca, sentita in data 11 marzo 2013 quale persona informata dei fatti nell'ambito delle indagini sulla morte di David Rossi, ha tuttavia dichiarato che le perquisizioni a carico di Briamonte e di Gorgone non avevano destato particolare preoccupazione in Rossi, stando a quanto da lei percepito in occasione di una loro interlocuzione nella mattina del 5 marzo 2013.
  Peraltro, come riferito da Chiara Galgani, correvano voci di un'imminente sostituzione di Rossi quale responsabile dell'area comunicazione della banca con un professionista di Milano, tanto che diversi giornalisti l'avevano chiamata per avere conferma di tale circostanza. In verità, l'amministratore delegato Viola, nel corso della sua audizione Pag. 36presso questa Commissione, ha escluso che fosse loro intendimento sostituire Rossi con un altro professionista.
  Le ansie e i timori di Rossi raggiunsero il culmine proprio nei giorni immediatamente antecedenti la sua morte.
  Particolarmente rilevanti sul punto risultano le dichiarazioni della consulente aziendale Ciani (v. doc. 55/1 libero – verbale di assunzione di informazioni del 13 marzo 2013), che ha riferito alla Commissione di avere incontrato David Rossi la mattina del 6 marzo 2013 e di avere parlato con lui dalle ore 9.30 alle 12. Ha ricordato che nel corso del colloquio Rossi le manifestò una situazione di ansia derivante dalla perquisizione da lui subita e che essa si inseriva in un contesto già problematico a causa di plurimi fattori, come la morte del padre, la crisi della banca, lo stato di salute della moglie, a letto a causa di una pericardite; in particolare, le aveva espresso il timore di essere arrestato, sia pure ingiustamente, e conseguentemente di perdere il lavoro, al quale teneva moltissimo per il ruolo di particolare prestigio che gli conferiva. La Ciani aveva tentato di rassicurarlo evidenziandogli che egli non era indagato e che Viola e Profumo avevano piena fiducia in lui, tanto che gli era stato esteso il programma di coaching riservato ai componenti del comitato direttivo. Rossi convenne con quanto la consulente Ciani gli aveva fatto notare e le confidò che in realtà egli temeva che l'incontro con lei fosse stato programmato al fine di convincerlo a rassegnare le dimissioni.
  Le dichiarazioni della consulente Ciani trovano conferma in quelle di numerose altre persone, familiari o colleghi, ai quali Rossi aveva manifestato le sue ansie, e che hanno evidenziato un netto cambiamento nel comportamento di David Rossi successivamente alla perquisizione del 19 febbraio 2013. Tuttavia, tali dichiarazioni risulterebbero non perfettamente collimanti con quelle rese dalla stessa consulente Ciani dinanzi a questa Commissione in data 16 dicembre 2021.
  Al fine di completare il quadro relativo alle mansioni svolte da David Rossi per la banca Monte dei Paschi di Siena, occorre segnalare che dopo la sua morte sono circolate voci secondo le quali egli si recava spesso a Roma per prelevare denaro proveniente da un conto intrattenuto presso lo IOR o che aveva avuto un ruolo nel pagamento di una tangente, ma si tratta di circostanze che non hanno ricevuto alcun serio riscontro, così come quella secondo la quale il Rossi disponeva di un ufficio all'interno del Viminale. Tali affermazioni non hanno, però, trovato riscontri oggettivi nell'attività svolta dalla Commissione, in quanto le preliminari indagini sui conti correnti esperite dal Nucleo Speciale di Polizia Valutaria della Guardia di finanza di Roma non hanno dato evidenze su conti correnti accesi presso lo IOR; inoltre, dagli accertamenti esperiti presso i dipartimenti del Ministero dell'interno non è emerso alcun elemento riconducibile ad un possibile utilizzo, negli anni 2007-2008, di un ufficio presso il richiamato Ministero (vedi doc. 77/1 ris. e nota del 24 settembre 2021 pervenuta dal Ministero dell'interno ed acquisita con prot. 56 del 27 gennaio 2021).
  A tale proposito, il giornalista Paolo Mondani, inviato di Report Rai3, nel corso della sua audizione in data 22 luglio 2021, ha riferito di avere appreso da fonte confidenziale quanto segue: «David Rossi ufficio al Viminale. Sì, ne abbiamo parlato noi in quella puntata. Pag. 37Scoprimmo che, nel 2008, il Ministero dell'interno aveva preso in affitto una immensa struttura sulla via Tuscolana – ma la vedete perché c'è la Polizia di Stato, c'è un'enorme struttura – che era di proprietà di Monte dei Paschi di Siena. Canone annuo dicevamo allora 11 milioni, al Viminale sarebbe più convenuto comprare, ma qui il Monte aveva un amico che c'ha tutti i rapporti fra l'avvocato Mussari e l'ex Ministro Giuliano Amato di cui parliamo in puntata. Un testimone molto legato a David Rossi, ci diceva che David Rossi veniva spesso a Roma e andava al Viminale dove aveva addirittura un ufficio. Devo dire che noi abbiamo provato in mille modi a verificare questa cosa, ovviamente, per come siamo abituati noi, inviando e-mail ovunque e non siamo mai stati smentiti, non ci hanno mai detto sì, non ci hanno mai detto no». Anche tale affermazione non ha, però, trovato conferma presso il Ministero dell'interno, interpellato specificamente sul punto dalla Commissione e sopra citato.

5. La ricostruzione delle vicende che hanno interessato David Rossi nei giorni che hanno preceduto la sua morte (19 febbraio – 6 marzo 2013).

5.1. La crisi finanziaria del Monte dei Paschi di Siena.

  I problemi finanziari della banca Monte dei Paschi di Siena risalgono al 2008, allorché lo storico istituto senese acquistò, con un aumento di capitale, la banca Antonveneta da ABN AMRO BANK nell'ambito di un accordo con il Banco Santander, operazione molto onerosa (circa 9 miliardi di euro), alla quale si andava ad aggiungere l'operazione di ristrutturazione del titolo derivati Santorini e Alexandria, oggetto del contratto finanziario con la banca Nomura del valore di 220 milioni, che prevedeva la commissione per Nomura di 88 milioni di euro.
  Operazioni che saranno all'origine di quel «buco» che la relazione della Banca Centrale Europea, nel giugno 2017, quantificava in 7 miliardi e mezzo per crediti inesigibili, privi di accantonamenti, con la messa in pregiudicato dell'esistenza de «il Monte dei Paschi di Siena», la più antica banca del mondo nata nel 1472.
  Della disfatta finanziaria si interessò, dal novembre 2012, anche la magistratura senese che indagava i vertici della banca, all'epoca Giuseppe Mussari (presidente) e Antonio Vigni (amministratore delegato), per manipolazione del mercato (proc. pen. n. 845/2012 RGNR mod. 21 e n. 874/2013 RGNR mod. 44 per insider trading iscritto successivamente al 28 febbraio 2013). Tali vicende saranno poi oggetto di indagine anche da parte della procura della Repubblica presso il tribunale di Milano.
  Il banchiere Ettore Gotti Tedeschi – nominato, dal 2009 al 2012, alla presidenza dello IOR (Istituto delle Opere Religiose) da Benedetto XVI con l'obiettivo di riportare l'istituto bancario ecclesiastico entro il 2011 nella «white list» e fare trasparenza su tutti i conti – descrive bene il contesto del mercato finanziario dell'epoca, i rapporti tra la Fondazione Monte dei Paschi di Siena e la banca Monte dei Paschi di Siena e le operazioni deliberate dal vertice Mussari/Vigni.Pag. 38
  Egli spiega che il rifiuto all'operazione di fusione con Antonveneta, come proposta da Santander, andava letto alla luce della particolare «chiusura» degli istituiti finanziari Fondazione Monte dei Paschi di Siena e banca Monte dei Paschi di Siena (il presidente della prima, unica socia, nomina quello della seconda) a che terzi potessero entrare nell'organizzazione e nelle stanze decisionali; inoltre, se da un lato, la diversa operazione deliberata dell'acquisto, fatto nel 2007, non aveva tenuto conto del crollo delle banche americane e del mercato finanziario, che si sarebbero verificati di lì a poche settimane (crollo che gli USA emarginarono collocando il debito pubblico, aumentato al 110 per cento, nel mercato asiatico, soprattutto in quello cinese con riflessi sullo spread), dall'altro lato, la Fondazione Monte dei Paschi di Siena, titolare delle azioni bancarie, senza riserva di pari valore patrimoniale azionario, nel frattempo crollato, aveva supplito con i «derivati», non contabilizzati, intendendo anticipare quei dividendi che poi non ci sarebbero stati.
  Nel 2012, con l'iniezione di denaro pubblico, subentreranno ai vertici Alessandro Profumo e Fabrizio Viola, rispettivamente nei ruoli di presidente e amministratore delegato.
  È in questo contesto finanziario brevemente ricordato che va letta la vicenda del dottor David Rossi – responsabile Area Comunicazione della banca Monte dei Paschi di Siena a far data dal maggio del 2006 e prima, con il medesimo ruolo, dipendente della Fondazione Monte dei Paschi di Siena, sotto la guida di Giuseppe Mussari e, prima ancora, portavoce del sindaco senese, Pier Luigi Piccini.
  Uno dei pochi uomini di punta della precedente dirigenza Mussari/Vigni in Monte dei Paschi di Siena a essere confermato dalla nuova dirigenza Profumo/Viola, il quale, colpito nel novembre del 2012 da un lutto familiare (decesso del padre) e coinvolto nelle note vicende giudiziarie, il 6 marzo 2013 veniva rinvenuto senza vita, per morte violenta e traumatica, nel vicolo attiguo a Palazzo Salimbeni.
  La procura della Repubblica presso il tribunale di Siena aprì un primo procedimento n. 962/2013 RGNR mod. 44 (iscritto il 7 marzo 2013, titolari i sostituti procuratori Nicola Marini e Aldo Natalini) per il titolo di reato ex art. 580 c.p. (archiviato con ordinanza del 4 marzo 2014 su richiesta di archiviazione dei pubblici ministeri del 2 agosto 2013) e un secondo procedimento, n. 8636/2015 RGNR mod. 44 sempre per il titolo di reato ex art. 580 c.p., iscritto a seguito della richiesta di riapertura delle indagini proposta dalla moglie Antonella Tognazzi il 6 novembre 2015 (archiviato con ordinanza del 4 luglio 2017 su richiesta di archiviazione dei pubblici ministeri dell'8 febbraio 2017 a firma del procuratore della Repubblica Salvatore Vitello e del sostituto procuratore Fabio Maria Gliozzi).
  Erano i tre fogli manoscritti rinvenuti nell'ufficio del dottor David Rossi – «Ciao Toni, mi dispiace ma l'ultima cazzata che ho fatto è troppo grossa – Nelle ultime settimane ho perso»; «Ciao Toni. Amore l'ultima cosa che ho fatto è troppo grossa per poterla sopportare. Hai ragione, sono fuori di testa da settimane»; «Amore mio, ti chiedo scusa ma non posso più sopportare questa angoscia, in questi giorni ho fatto una cazzata immotivata, davvero troppo grossa. E non ce la faccio più credimi, è meglio così» e il messaggio allarmante del 4 marzo 2013, ore 10.13.46, con oggetto «help» e contenuto «Stasera mi suicido, sul serio_ Pag. 39Aiutatemi!!», che portavano prima gli inquirenti e, successivamente, la Commissione parlamentare d'inchiesta, a ricostruire i fatti accaduti nella vita del dottor Rossi, soprattutto nei giorni precedenti alla sua morte, e le cause e i motivi che fossero all'origine della sua morte.
  Entrambi i giudici di Siena nel 2013 e nel 2017, sulla scorta delle dichiarazioni rese dalle persone che da ultimo avevano avuto contatti con il dottor Rossi – le quali riferivano del suo umore ondivago e dello «stress lavorativo», oltre che dei suoi timori sullo scenario che lo avrebbe potuto vedere indagato sia per i fatti riferibili alla dirigenza della banca Monte dei Paschi di Siena, sia per la fuga di notizie apparse sulla stampa nazionale il giorno successivo alla decisione del nuovo consiglio di amministrazione della banca Monte dei Paschi di Siena di esercitare l'azione di responsabilità nei confronti dei vecchi vertici, con inevitabili ripercussioni sulle quotazioni in borsa del titolo Monte dei Paschi di Siena – concludevano, confortati anche dalle valutazioni tecniche medico-legali e dinamiche, che la morte del dottor Rossi fosse imputabile a un atto di auto-soppressione e non a un fatto di terzo, neppure istigativo, rappresentato e maturato nella sua psiche, nelle ultime settimane di vita, nel contesto della tempesta, mediatica e giudiziaria, che stava travolgendo l'istituto senese e, con questo, la precedente dirigenza, primo fra tutti il presidente Giuseppe Mussari al quale egli, come sopra detto, era legato da profonda amicizia sin dai tempi nei quali lavoravano entrambi alla Fondazione, ove si erano conosciuti.
  La Commissione parlamentare d'inchiesta ha ampiamente analizzato la posta elettronica del dottor Rossi nei vari strumenti elettronici a sua disposizione, per acquisire informazioni concernenti anche aspetti privati, oltre che professionali, della sua vita. Sono stati pertanto auditi numerosi soggetti tra amici e collaboratori, che hanno fornito importanti informazioni in merito. La Commissione ha, altresì, focalizzato l'attenzione sugli eventi più rilevanti, quali la perquisizione del 19 febbraio 2013 e gli eventi ad essa successivi fino al 6 marzo 2013, giorno del decesso di David Rossi.

5.2. La perquisizione del 19 febbraio 2013 nell'ufficio e nell'abitazione del dottor David Rossi.

  Il 19 febbraio 2013 la Guardia di finanza eseguiva la perquisizione locale, nell'ufficio e nell'abitazione del dottor Rossi.
  L'atto – che veniva disposto dai magistrati senesi nell'ambito dei proc. pen. nn. 845/2012 RGNR mod. 21 e 3861/2012 RGNR mod. 21, pendenti nei confronti dei precedenti vertici della direzione della banca (Giuseppe Mussari e Antonio Vigni) per le operazioni finanziarie di cui si è detto in premessa e il crack finanziario conseguente – si giustificava per il rapporto di vicinanza professionale e personale del dottor Rossi e, nell'ipotesi, per la conoscenza di fatti e informazioni di rilievo investigativo.
  In tale contesto, appunto, il dottor Rossi veniva sentito come persona informata sui fatti proprio in ragione del suo rapporto privilegiato, anche successivo all'uscita dal Monte dei Paschi di Siena, con Mussari. Dirà Valentino Fanti, dipendente del Monte dei Paschi di Siena, «...il presidente Mussari... aveva un rapporto formale con quasi Pag. 40tutti. Se pensa che al direttore generale, nonché al sottoscritto dava del “lei”. Un sostituto procuratore mi chiese “Ma c'era qualcuno che all'avvocato Mussari dava del tu?”. E io elencai, dissi se non sbaglio un paio di nomi, due o tre nomi, David Rossi, Castagnini, se non ricordo male. Personaggi ai quali l'avvocato Mussari dava del “tu”» (v. resoconto stenografico relativo all'audizione dell'8 febbraio 2022).
  Il dottor Fabrizio Viola descrive quel giorno ricordando che il dottor Rossi si trovava proprio a colloquio con lui quando giunsero gli ufficiali della Guardia di finanza, che lo avvertirono delle ragioni della loro presenza, poi non lo vide più per tutto il giorno. Prosegue il dottor Viola «...quando l'ho visto la prima volta (non ricorda quando) dopo la perquisizione ho trovato sicuramente una persona molto, molto colpita, toccata da un punto di vista psicologico...» (v. resoconto stenografico relativo all'audizione del 10 marzo 2022).
  È fondato ipotizzare che gli inquirenti ricercassero elementi utili alle indagini in corso sull'acquisto di Banca Antonveneta e sul cosiddetto scandalo derivati Alexandria e Santorini ed è possibile ipotizzarlo perché, come è risultato anche ai lavori della Commissione, il dottor Rossi aveva un ruolo dirigenziale di alto profilo all'interno del Monte dei Paschi di Siena. Lorenza Bondi, dipendente del Monti di Paschi di Siena, descrive il dottor Rossi «...un uomo di potere...» nel contesto provinciale senese, qualificato anche dal rapporto di amicizia privilegiata che aveva con il presidente Mussari, tanto da poter godere del confidenziale «tu», già dai tempi nei quali lavoravano entrambi alla Fondazione ove si erano conosciuti.
  Alla domanda se tale perquisizione – con destinatari e finalità diverse da quella svolta il 9 maggio 2012 nei confronti del Monte dei Paschi di Siena, quando «...circa 160 finanzieri entrarono in banca...», così la ricorda il dottor Viola – avesse potuto avere una ricaduta negativa sulla persona del dottor Rossi agli occhi della nuova dirigenza, pregiudicando la sua conferma, la Commissione non ha ricevuto risposte in tal senso, ovverosia non vi è prova che aleggiasse alcun ripensamento sulla sua conferma. Il dottor Viola, come sopra detto, riferisce che quando ha rivisto il dottor Rossi, senza ulteriormente contestualizzare, «h(a) trovato sicuramente una persona molto, molto colpita, toccata da un punto di vista psicologico...» (v. audizione del 10 marzo 2022) e spiega che «...dopo la perquisizione le due preoccupazioni principali di David Rossi erano la perdita del posto di lavoro e l'arresto...» motivazioni entrambe che egli giudicava esagerate, soprattutto la prima perché «a parole più volte gli (aveva) riconosciuto la stima e l'apprezzamento (anche) di Profumo...» e nei fatti, proprio a febbraio (in tempo concomitante con la perquisizione «...forse l'unico caso di perquisizione di una persona ancora in servizio...»), la dirigenza aveva deciso di nominare il dottor Rossi «invitato stabile nel comitato di direzione, una decisione che implica una fiducia fortissima...» trattandosi «...di un luogo molto delicato, in cui circolavano informazioni super riservate...».
  Per vero, queste considerazioni sono di fatto ridimensionate: da un lato, la dottoressa Ilaria Maria Dalla Riva spiega diversamente la decisione di invitare il dottor Rossi al comitato «...proprio per questa sua conoscenza di tutto ciò che c'era intorno al mondo delle banche, alla città e anche per questo suo ruolo di rapporto con gli stakeholder, il fatto Pag. 41che lui fosse dentro gli facilitava questo ruolo...»; dall'altro lato, è distonica la decisione dello stesso dottor Viola, non condivisa con il dottor Rossi e da quest'ultimo apertamente criticata, di assegnare la responsabilità per la comunicazione interna proprio alla dottoressa Ilaria Maria Dalla Riva, giunta al Monte dei Paschi di Siena nel giugno 2012, in concomitanza con la nuova dirigenza (vi rimarrà sino al 2019), già responsabile delle risorse umane, così limitando di fatto la sfera di azione del primo alla sola comunicazione esterna (v. resoconto stenografico relativo all'audizione della consulente aziendale Ciani del 16 dicembre 2021).
  Né lasciano spazio a dubbi le dichiarazioni del dottor Valentino Fanti, responsabile della segreteria della presidenza e dell'amministratore delegato, quando, richiesto dei suoi rapporti con il dottor Rossi, dichiara «...come Rossi veniva(no) da là (con riferimento alla vecchia dirigenza), quindi qualche difficoltà, soprattutto con i nuovi dirigenti, c'è stata...» (v. resoconto stenografico relativo all'audizione dell'8 febbraio 2022).
  Alla domanda se tale perquisizione possa essere stata causa e/o concausa della morte del dottor David Rossi, la Commissione non può che evidenziare le diverse versioni sulle conseguenze che tale atto ebbe sul medesimo, senza che nessuna di queste possa essere determinante in un senso o nell'altro:

   Gian Carlo Filippone, funzionario dello staff dell'Area della comunicazione, legato al dottor Rossi da un lungo rapporto di amicizia, riferisce che, ancorché non ne avessero mai parlato apertamente, l'amico «aveva sofferto emotivamente» la perquisizione del 19 febbraio 2013 e che, da quel momento, aveva avuto «...un certo tipo di cambiamento, anche a livello emotivo..., soprattutto nei nostri confronti (riferita ai colleghi)» (v. resoconto stenografico relativo all'audizione del 9 settembre 2021 della missione a Siena);

   Giuseppe Mussari, dopo aver descritto il legame con il dottor Rossi come «fraterno», ricorda l'ultima volta che si sarebbero incontrati, il 24 dicembre 2012, per gli auguri natalizi, e spiega le ragioni sottostanti all'interruzione del loro rapporto in termini di «autodifesa» – «...quella situazione (riferita alle vicende giudiziarie del Monte dei Paschi di Siena) interruppe i rapporti fra (loro), non era lecito, non perché fosse illecito, non era lecito rispetto a quel contesto sentirci...Perché sono ancora presidente dell'ABI e la baraonda non è ancora iniziata. Da gennaio 2013 cambia definitivamente il contesto. Non è lecito, non è utile, non è prudente, scattano meccanismi di difesa, di autodifesa, di etero difesa. Io ero il nemico numero uno, lui doveva gestire la comunicazione della banca che era inevitabilmente anche contro il nemico numero uno.» – Tale circostanza risulta dalle dichiarazioni rese dallo stesso Rossi nel verbale di sommarie informazioni testimoniali del 19 febbraio 2013. Risale al 23 gennaio 2013 l'ultimo contatto via SMS, con il quale Mussari comunica a Rossi la sua nuova utenza telefonica (v. resoconto stenografico relativo all'audizione del 16 febbraio 2022 e materiale ris., 0063-005 nonché, doc. 55/1 libero, pagina 487);

   la dottoressa Chiara Galgani, dipendente dell'Area Comunicazione della banca Monte dei Paschi di Siena, riferisce che «...dal 19 febbraio in poi h(a) visto (nel dott. Rossi) un cambiamento...», percezionePag. 42 che non aveva mai condiviso con lo stesso dottor Rossi (v. resoconto stenografico relativo all'audizione dell'11 novembre 2021);

   Lorenza Bondi, dipendente dei Monti di Paschi di Siena all'Ufficio Stampa, parla di «cambiamento» del dottor Rossi, dopo la perquisizione del febbraio 2013 e ne specifica il senso ricordando che «...era diventato più schivo...» e «...più chiuso...», parafrasando la «caduta degli dei, di personaggi che erano considerati potenti e che, a seguito di tutta una situazione forse, sono caduti.» (v. resoconto stenografico relativo all'audizione del 9 settembre 2021 della missione a Siena);

   la dottoressa Ilaria Maria Dalla Riva, collega, responsabile del Dipartimento Risorse Umane e della comunicazione interna, ha una percezione più deflagrante «Comunque lui (il dottor Rossi) dopo questa ispezione entra in un buco nero, in un loop, dove dice: “Mi hanno portato via il computer, mi hanno portato via tutto. Adesso verranno ad arrestarmi, perderò il lavoro”...» e, con senso critico, riferisce della «personalizzazione» che il dottor Rossi facesse delle vicende – «se dovessi dire, lui aveva questa fragilità» trovandone ragione nel fatto che avesse lavorato sempre a Siena, in un ambiente piccolo e provinciale, diversamente da lei stessa che avendo «...lavorato tanti anni nelle aziende, ho cambiato tante aziende e ho lavorato anche in multinazionali...» fuggiva da «...un atteggiamento di personalizzazione» (v. resoconto stenografico relativo all'audizione del 19 maggio 2022);

   il dottor Profumo, dal canto suo, riferisce che il dottor Rossi mostrava preoccupazione anche a distanza di tempo, ricordando che il 5 marzo 2013, il giorno prima della sua morte e cinque giorni dopo che vi era stata la fuga di notizie (di cui si dirà a seguire), nel corso di un colloquio in ufficio, rinnovava il timore di poter subire conseguenze penali dalle indagini in corso, addirittura di essere arrestato, facendo riferimento alle sue frequentazioni del cosiddetto gruppo della birreria.

  Il racconto di Valentino Fanti, responsabile della segreteria della presidenza e dell'amministratore delegato, già dipendente di Monte dei Paschi di Siena con la precedente dirigenza, non estraneo alle relative indagini, e quello del fratello, Ranieri, danno una differente descrizione del comportamento del dottor Rossi: l'uno dichiara che «Quando gli chies(e) se avesse qualcosa da temere, lui rispose: “Assolutamente no”. E non si entrò nel merito...» (v. resoconto stenografico relativo all'audizione dell'8 febbraio 2022) e l'altro che «...era molto tranquillo...» infastidito solo del fatto che dovesse fare comunicati e annunci di critica verso la vecchia gestione (Mussari e Vigni) «...persone che (lo avevano) portato in banca...» aggiungendo «...parlai con lui la sera stessa e anche qualche giorno dopo e mi disse: “Che vuoi che sia, è normale, l'hanno fatta a tutti qui (riferendosi alla perquisizione). Se non la fanno, non sei nemmeno importante”» (v. resoconto stenografico relativo all'audizione dell'8 settembre 2021 della missione a Siena).
  Il giorno della perquisizione il dottor David Rossi spense il suo telefono cellulare, con utenza n. 335/803**** (il dottor Rossi ha in uso anche l'utenza fissa n. 0577/29****e la seconda utenza mobile 335/185****), subito dopo le 10 per riaccenderlo nel tardo pomeriggio.
  Infatti, i tabulati telefonici registrano n. 4 chiamate, tra le 10.07 e le 10.09 del mattino, con l'utenza telefonica in uso a Chimenti Alberto, Pag. 43giornalista (materiale riservato 0063/005) e solo alle 17.42.42 registrano una conversazione con Stefano Bisi, Gran Maestro del GOI-Grande Oriente d'Italia.
  Sul device Blackberry gli giungono plurimi messaggi di conforto per la perquisizione subita (ormai la notizia è di dominio pubblico) ovvero di invito per consumare un pasto oltre ad alcuni messaggi di interesse tra i quali:

   quello delle ore 12.42 dall'utenza in uso al giornalista David Taddei, amico fraterno di David Rossi, del tenore «...dove te le devo portare le arance...» – stessa frase che ricorre nell'audizione del dottor Viola riferita a una conversazione in tono scherzoso con il dottor Rossi in un ipotetico scenario del suo arresto quando questi gli dice: «...mi porterai le arance» e il dottor Viola: «...non credo che ti porterò le arance...»;

   quello delle ore 1.03.50, sempre inviato da Taddei David: «...stai sereno...»;

   quello del 20 febbraio 2013 (giorno successivo) inviato dall'utenza mobile 347/7929**** intestata ad Andrea Greco del tenore: «...una cosa sui monti bond...», facilmente riconducibile alle vicende della banca.

  È un dato di fatto, tuttavia, che, anche nei giorni successivi alla perquisizione, le plurime conversazioni del dottor Rossi attengono in massima parte ad argomenti di tipo professionale e organizzativo di eventi oltre che a impegni anche personali e non fanno presagire alcun serio pericolo né evento drammatico. A dimostrazione di ciò, in data 19 febbraio 2013, proprio il giorno della perquisizione, Rossi rispondeva via SMS, con tono all'apparenza ironico, a una sua collega con il messaggio: «Non sono mica morto» (v. materiale riservato 0063-005).

5.3. La cena del 28 febbraio 2013.

  La giornata è segnata da un episodio che pare far precipitare gli eventi.
  Il 28 febbraio 2013 il dottor Rossi arrivò in ufficio alle ore 8.25.26 e, per quanto risulta dai tabulati telefonici, è possibile affermare che nel tardo pomeriggio si trovava in ufficio, ove ricevette alle ore 18.10.29, sulla sua utenza fissa, la chiamata di Filippone, come riportato nello schema.

N.

DATA

ORA

DURATA

IN
USCITA

IN
ENTRATA

NOME
RUBRICA

POS. 82

1

28/02/13

08:25:26

09:29

298002i

6

2

28/02/13

13:42:58

-

02809095

5

3

28/02/13

17:10:41

00:13

*#29467201i

Bellaveglia

24

4

28/02/13

17:11:49

00:07

296634i

4

5

28/02/13

18:10:29

00:09

*#29455301i

Filippone

23

  Nelle ore successive il dottor Rossi non passò da casa.Pag. 44
  Egli fu invitato al ristorante «Nonno Mede», per una cena estemporanea organizzata dal presidente Profumo alla conclusione dell'assemblea del consiglio di amministrazione di quel giorno.
  Alla cena il dottor Rossi venne invitato sul momento e vi partecipò anche il dottor Bernardo Mingrone, capo ufficio della Direzione finanziaria, assunto dal Monte dei Paschi di Siena nel maggio 2012, preposto alla redazione dei documenti contabili della banca (doc. 1/1 libero pag. 1-35).
  Il consiglio di amministrazione aveva appena deliberato un'importantissima decisione, ovverosia di promuovere l'azione di risarcimento danni non soltanto nei confronti dei precedenti vertici manageriali della banca (Mussari e Vigni), ma anche di due banche estere (Nomura e Deutsche Bank), anch'esse coinvolte in due importanti operazioni finanziarie.
  La decisione era di così tale riservatezza – ove fosse diventata di dominio pubblico c'era il rischio che le stesse banche estere avessero reagito analogamente nei confronti della banca Monte dei Paschi di Siena – che neppure lo stesso dottor Rossi, responsabile della comunicazione, era stato previamente messo al corrente e addirittura, in suo luogo, era il dottor Mingrone a essere stato incaricato del relativo comunicato stampa ufficiale; anche quest'ultima, una scelta non proprio in sintonia con «...la stima e l'apprezzamento...» espressi dal dottor Viola nei confronti del dottor Rossi, con l'invito stabile di quest'ultimo «nel comitato di direzione, ove circolavano informazioni super riservate» e con l'affermato, unanime riconoscimento della sua alta professionalità, capacità ed estrema riservatezza.
  A ogni modo, in sede di audizione il dottor Mingrone descrive che alla cena del 28 febbraio 2013 (la settimana prima del decesso) il dottor Rossi era ancora molto preoccupato per la perquisizione subita – riportava la frase proferita dal medesimo in quella cena «forse ho sbagliato qualcosa» – ed escludeva che «la cazzata», di cui agli scritti postumi rinvenuti, potesse essere la «fuga di notizia» con la pubblicazione su IlSole24Ore, in quanto identificato il responsabile.
  Una motivazione, per un verso, poco convincente in quanto, alla data del 6 marzo 2013, il procedimento sulla fuga di notizie era ancora iscritto a carico di ignoti e solo nel maggio successivo verrà identificato il responsabile in Michele Briamonte, consigliere del consiglio di amministrazione, e, per altro verso, poco attendibile ove si volesse sposare la tesi, non provata, che il dottor Mingrone – di profilo e figura collocabile, secondo alcuni, nella «zona grigia» – potesse aver interesse a che al dottor Rossi (e forse anche agli altri) fosse fatto credere di essere il sospettato della colpevole diffusione della notizia (v. materiale riservato 0019-001).
  Il dottor Mingrone ricorda, poi, che a quella cena il dottor Rossi accennava a tale «birreria» – citazione alla quale il primo non riusciva a dare alcun significato –, ma che, viceversa, poteva essere riferita al proc. pen. n. 2940/2012 RGNR mod. 21 pendente presso la procura della Repubblica di Siena, denominato «gruppo della birreria», riferito a un presunto gruppo di potere che avrebbe discusso anche di nomine nelle partecipate del gruppo Monte dei Paschi di Siena e di affidamenti.
  La Commissione non ha trovato che pochi spunti, insufficienti ad avallare l'assioma «cena del 28 febbraio 2013, fuga di notizie sulla Pag. 45stampa e morte del dottor David Rossi» quale ragione e possibile movente della sua morte provocata da un atto di auto-soppressione.
  Questi sono gli unici spunti che, tuttavia, a conclusione dei lavori, non possono non essere riportati:

   a) il fatto che il dottor Viola, amministratore unico, non sapesse che il dottor Rossi fosse venuto a conoscenza del proposito dell'azione civile di responsabilità nei confronti degli ex amministratori, appare poco attendibile per il suo ruolo, per gli eventi interni del giorno dopo e per l'importanza della decisione (v. sommarie informazioni di Viola nelle prime indagini);

   b) il fatto che quella sera il dottor Rossi risulta aver ricevuto cinque telefonate, dalle ore 20.38.39 alle ore 21.20 circa, tempo di cena, in ordine cronologico:

    dall'utenza n. 338/803**** (non identificata);

    dall'utenza in uso a Greco Andrea dalla quale, già alle ore 19.38, giungeva al dottor David Rossi il messaggio «novità?» (quesito forse riferito ai lavori del consiglio di amministrazione di quel giorno);

    dall'utenza in uso a Fornovo Luca;

    dall'utenza in uso a Bizzarri Fabio;

    dall'utenza in uso a Mugnaini Domenico;

    dall'utenza in uso a Greco Andrea (v. materiale riservato 0063-003 e 0063-005);

   c) il fatto che il dottor Rossi, il giorno successivo, venisse convocato dal dottor Profumo proprio in ragione della scoperta della fuga di notizie «...la mattina di venerdì 1 marzo intorno alle ore 9:00, comunque prima che uscisse il comunicato ufficiale di banca Monte dei Paschi di Siena, avevo convocato Rossi alla presenza di Viola per discutere dell'articolo de IlSole24Ore che avevo letto intorno alle 7 di quella stessa mattina. Quando ho convocato Rossi non gli dissi che avrei voluto discutere con lui dell'articolo de IlSole24Ore. Mi colpì il fatto che nel momento stesso in cui Rossi entrò nella stanza gli squillò il telefono e lui rispose a Cesare Peruzzi ovvero a colui che aveva scritto quell'articolo. Capii che Peruzzi gli chiedeva maggiori informazioni e Rossi gli rispose che sarebbe uscito un comunicato ufficiale della banca...» (v. sommarie informazioni del 7 marzo 2013 nel doc. 1/1 libero pagine 36-66).

  È un fatto che la fuga di notizie era stata denunciata dal dottor Profumo alla procura di Siena e dava luogo al proc. pen. n. 874/2013 RGNR mod. 44, passato al registro noti con il n. 1169/2013 RGNR, mod. 21 con l'identificazione, nel maggio 2013, del responsabile, Michele Briamonte, consigliere del consiglio di amministrazione.

5.4. La settimana dal 28 febbraio al 6 marzo 2013.

  Va detto sin da subito che non sono stati acquisiti i tabulati telefonici relativi al traffico sull'utenza milanese fissa in uso al dottor Rossi nella sede del Monte dei Paschi di Siena di Milano. A ogni modo, Pag. 46per quanto in atti, non risultano contatti con tale utenza nel periodo 19 febbraio 2013 – 6 marzo 2013.
  Ciò posto, era iniziata una settimana segnata da un clima di tensione – era stato arrestato Baldassarri, ex capo dell'area finanza del Monte dei Paschi di Siena – e anche la presenza del dottor Rossi in ufficio – a differenza dell'inizio di febbraio, nel pieno della crisi, ove lui era sempre molto presente – era un po' altalenante (v. resoconto stenografico relativo all'audizione della dottoressa Galgani dell'11 novembre 2021).
  La settimana fu caratterizzata da moltissimi contatti: numerosi messaggi con la stampa, tutti di contenuto informativo su notizie, fissazione di incontri e testi stampa; pochi, invece, i messaggi di contenuto personale e/o che potessero riguardare incontri personali.
  In ogni caso, non vi si trova alcun riferimento, neppure estemporaneo, alla perquisizione del 19 febbraio 2013, né risulta apparente traccia di rammarico e/o autoincolpazione per la diffusione della notizia riservata ovvero per altri eventi sconosciuti, con la conseguenza che non vi è traccia evidente e certa del fatto che, in questi cinque/sei giorni, sia maturato nel dottor Rossi un proposito suicidario.
  Ciò detto, prima di ogni analisi degli eventi occorsi nella prima settimana di marzo, occorre premettere che le informazioni tratte dai contatti telefonici e informatici sono il risultato della lettura congiunta dei dati estratti dalla copia forense dei device in uso al dottor Rossi e dell'agenda personale di Outlook del dottor Rossi (v.doc. 1/1 lib. pagine 190-242, con ultimo accesso nell'agenda rilevato il 13 marzo 2013) metodicamente annotata di «cognome», «nome» e «utenza» (rare le annotazioni dei soli cognomi).
  Da qui si traggono anche spunti di lettura di «altre informazioni» che dall'istruttoria sono giunte a conoscenza della Commissione:

   l'utenza telefonica n. 348/570**** rubricata come «Sclavi» (senza nome) e l'utenza telefonica n. 348/092**** rubricata come «Sclavi Antonio», soggetto del quale si legge in relazione ai «festini» a Villa Flora con cenno ai rapporti tra il dottor Rossi e Antonio Sclavi (materiale secretato 25/1-2);

   non appare risultare alcuna utenza riferibile ai magistrati Marini, Nastasi, Grosso e Natalini, né a Nino Calabrese o a Tito Salerno (si rinvengono i nominativi Giuseppe Calabrese con utenza fissa n. 055/933**** e Omar Calabrese con utenza mobile n. 348241****), il che può spiegare la richiesta che il dottor Rossi farà al dottor Viola, il 4 marzo 2013, di intercedere con costoro per un colloquio;

   vi è annotata l'utenza telefonica riferibile a Pasquale Aglieco, comandante provinciale dei Carabinieri di Siena nel periodo 2010 – 2013 (utenza che non risulta chiamata il 6 marzo 2013, giorno della morte);

   l'utenza annotata con il nominativo Bonaccorsi è riferibile al giornalista Luca Bonaccorsi, e non già a tale Matteo Bonaccorsi, soggetto ricollegabile a fatti di contorno dell'inchiesta (v. materiale secretato 22/1-2 e 27/1);

   nessun numero dell'agenda è rubricato a nome di Lucelly Molina Camargo né di William Renan Villanova Correa, condannato per Pag. 47l'omicidio della prima, avvenuto il 3 marzo 2013 (n. 881/2013 RGNR mod. 21), dato confermato anche dalla perizia a cura dei Carabinieri – Reparto Operativo Speciale – che, rispondendo al quesito n. 9, provano che i riepiloghi telefonici comparati null'altro significano se non l'aggancio alle stesse celle telefoniche.

5.5. Il giorno 1° marzo 2013.

  Il 1° marzo 2013 è la giornata, successiva alla cena, ove si scopre che, nella notte, vi è stata una fuga di notizie con oggetto l'azione civile deliberata dal consiglio di amministrazione, argomento della cena suddetta.
  Alle ore 8.16 giunge al dottor Rossi il messaggio con la dicitura «approvato il fondo C.d.A. e adesso fatto accordo» dall'utenza 335/718**** in uso a Dalla Riva Ilaria, responsabile delle Risorse Umane e, per decisione del dottor Viola, responsabile della comunicazione interna (restando il dottor Rossi responsabile della comunicazione esterna).
  Nell'ufficio il dottor Rossi risulta avere il primo contatto sulla sua utenza fissa, alle ore 9.15.04, con la dottoressa Chiara Galgani, dipendente dell'Area Comunicazione della banca Monte dei Paschi di Siena, verosimilmente coincidente con la convocazione del dottor Profumo, per parlare proprio della scoperta della fuga di notizie – «...la mattina di venerdì 1 marzo intorno alle ore 9,00, comunque prima che uscisse il comunicato ufficiale di BMPS, avevo convocato Rossi alla presenza di Viola per discutere dell'articolo de IlSole24Ore che avevo letto intorno alle 7 di quella stessa mattina. Quando ho convocato Rossi non gli dissi che avrei voluto discutere con lui dell'articolo de IlSole24Ore. Mi colpi il fatto che nel momento stesso in cui Rossi entrò nella stanza gli squillò il telefono e lui rispose a Cesare Peruzzi ovvero a colui che aveva scritto quell'articolo. Capii che Peruzzi gli chiedeva maggiori informazioni e Rossi gli rispose che sarebbe uscito un comunicato ufficiale della banca...» (v. sommarie informazioni del dottor Profumo del 7 marzo 2013, doc. 1/1 libero, pagine 36-66) –, che non pare sia stata breve.
  Tanto lo si deduce dal fatto che alle ore 11.35.12 il dottor Filippone non riceve alcuna risposta dall'utenza fissa dell'ufficio del dottor Rossi.

N.

DATA

ORA

NOME RUBRICA

1

01/03/13

09:15:04

Galgani

2

01/03/13

11:35:12

Filippone

3

01/03/13

14:48:04

Galgani

4

01/03/13

15:00:25

5

01/03/13

15:40:17

Bellaveglia

  Solo alle 14.48.04 dall'ufficio il dottor Rossi parla ancora con la dottoressa Galgani e alle 15.40 parla con Bellaveglia che, letta l'agenda Outlook, dovrebbe identificarsi con Marta Bellaveglia, presidente della Fondazione Stefano Bellaveglia ONLUS (Stefano Bellaveglia, banchiere, presidente di Hopa sino al 2006).
  Nella giornata dell'1 marzo 2013 giungono al dottor Rossi altri 37 messaggi, taluni inoltrati dal dottor Mingrone, in massima parte riferibili alla «fuga di notizie» e all'ammontare dei danni che erano stati richiesti con l'azione di risarcimento.

Pag. 48

5.6. Il giorno 2 marzo 2013.

  Questa giornata è segnata da uno scambio di e-mail tra il dottor Mingrone – capo dell'area finanza della Banca Monte dei Paschi di Siena – assunto nel maggio 2012 con la nuova dirigenza, e il dottor David Rossi avente ad oggetto l'operazione dei derivati.
  In quella giornata c'è uno scambio di messaggi tra loro: il dottor Rossi scopre che «il buco sotto alcuni derivati può essere molto più grosso, si parla di un miliardo di euro di perdita» (v. verbale audizione di Pierangelo Maurizio del 7 ottobre 2021) e il dottor Mingrone – il quale riconosce che la sua due diligence non aveva centrato l'obiettivo e che «La realtà dei fatti è che al tempo io credo che nessuno sospettasse che la situazione fosse grave come poi è emerso negli anni successivi, e tuttora lo si può vedere in maniera molto semplice guardando la performance della banca...» – spiega che l'oggetto delle e-mail poteva essere il restatement delle operazioni dei derivati, conosciuti come Alexandria e Santorini e una call con gli investitori, alla quale avrebbe partecipato Giuseppe Bivona, ex collega del dottor Mingrone, all'epoca nel solo ruolo di investitore azionista (a detta del giornalista inviato di Quarto Grado di Rete 4, Maurizio Pierangelo, Giuseppe Bivona, azionista di Monte dei Paschi di Siena, sollevava la questione della congruità dei bilanci, di diretta competenza del dottor Mingrone).
  In sintonia con il mood della giornata sono i tabulati dell'utenza del dottor Rossi, che si registrano diversi contatti con il dottor Mingrone, l'ultimo dei quali, una chiamata della durata di 417 secondi in entrata verso l'utenza di quest'ultimo proprio il giorno 2 marzo 2013 alle ore 11.15.27.

5.7. Il giorno 4 marzo 2013.

  Il dottor Rossi arrivò in ufficio alle ore 8.15 e si allontanò, ritornando dopo circa due ore. Sono congruenti le informazioni che si traggono dai tabulati telefonici che registrano plurimi contatti dell'utenza fissa in uso al dottor Rossi con quella in uso alla signora Pieraccini, collaboratrice alla segreteria della presidenza e dell'amministratore unico, da ultimo, alle ore 12.23.30.

N.

DATA

ORA

DURATA

IN
USCITA

IN
ENTRATA

NOME
RUBRICA

POS.

1

04/03/13

09:40:56

00:46

298927i

Pieraccini Lorenza

3

2

04/03/13

10:00:51

00:29

294209i

Pieraccini Lorenza

20

3

04/03/13

10:01:31

00:34

298927i

Pieraccini Lorenza

2

4

04/03/13

11:55:43

00:48

298927i

Pieraccini Lorenza

1

5

04/03/13

12:23:30

01:06

294209i

Pieraccini Lorenza

19

  Alle ore 18.23.15 si deve presumere che il dottor Rossi fosse già uscito, in quanto l'utenza fissa del suo ufficio fu contattata ma fu data Pag. 49risposta, presunzione che si fonda anche sul fatto che alle ore 17.30 il dottor Rossi si recò al supermercato con il dottor Strambi, giornalista de La Nazione, lo stesso che aveva incontrato la sera del 28 febbraio 2013 all'uscita dal ristorante ove si era tenuta la cena con il dottor Profumo e il dottor Mingrone.
  Alle ore 18.23.54, poi, il dottor Rossi ricevette una telefonata sull'utenza mobile 335/803**** dall'utenza 001891****, numerazione internazionale della quale non sono stati identificati né la provenienza né l'operatore telefonico. Tale conversazione aveva avuto una durata di 6 minuti e 15 secondi.
  La giornata del 4 marzo 2013, appena due giorni prima del tragico evento, era segnata da plurimi messaggi di posta elettronica tra il dottor Rossi e il dottor Viola, quest'ultimo in vacanza a Dubai (con rientro programmato al 6 marzo 2013), riconducibili a rapporti intercorsi tra gli indirizzi «fabrizio.viola@banca.mps.it» (intestatario Fabrizio Viola, mentre si trovava in vacanza a Dubai) e «david.rossi2@banca.mps.it» (intestatario David Rossi) transitati, alla data del 4 marzo 2013, esclusivamente tramite il server appartenente alla rete privata dell'infrastruttura aziendale banca Monte dei Paschi di Siena. Queste conversazioni sono certo rivelatrici di un disagio, personale e professionale, del dottor Rossi, del quale non è dato conoscere con certezza la causa, l'origine e il tempo di maturazione.
  Con l'e-mail delle ore 9.24 del 4 marzo 2013 il dottor Viola, in vacanza a Dubai, chiese di poter parlare di lavoro, in particolare della «vicenda mutui prato» (il riferimento, secondo le notizie di stampa di quei giorni, era alle indagini sui mutui «facili» per circa 80 milioni erogati, tra il 2005 e il 2009, dalle filiali del Monte dei Paschi di Siena di Prato a clienti cinesi) e il dottor Rossi alle ore 9.36 gli rispose: «parliamo della vicenda mutui prato?... ma non era a Dubai?» e di risposta del dottor Viola, alle ore 9.48, «sì ma c'è il telefono» e, a seguire, la vicenda dei cosiddetti mutui facili vede uno scambio di e-mail alle ore 10.33 e alle ore 10.49 tra il giornalista del Tg5 Andrea Pamparana e l'istituto Monte dei Paschi di Siena per il tramite dell'indirizzo e-mail dell'ufficio «david.rossi2@banca.mps.it», dal quale, in ultima istanza, sarà poi trasmessa una nota ufficiale di risposta a nome del dottor Fabrizio Viola (quella delle ore 10.49).
  Proprio in relazione a tale comunicazione, si segnala un'anomalia che la Commissione avrebbe riscontrato nell'analisi del traffico di posta elettronica del dottor David Rossi. Nella cartella «posta in arrivo» del personal computer di David Rossi è stata, infatti, rinvenuta una e-mail che l'amministratore delegato Fabrizio Viola indirizzò, alle ore 6.16, al presidente Alessandro Profumo in merito alla vicenda dei mutui di Prato. Poiché l'indirizzo del Rossi non compare né come mittente né come destinatario, la Commissione ha inteso approfondire tale anomalia. In risposta a tale quesito, la Sezione informatica del Reparto Tecnologie Informatiche del Ra.C.I.S. dell'Arma dei carabinieri ha precisato che «la presenza di un messaggio non indirizzato a David Rossi tra i dati di un computer a lui in uso può essere verosimilmente ricondotta alla possibilità offerta dal software di gestione della posta elettronica installato, di importare tra le proprie e-mail un messaggio non ricevuto mediante la modalità ordinaria, cioè quando si è il destinatario diretto o per conoscenza». Tuttavia, conclude la relazione Pag. 50del Ra.C.I.S., «il messaggio con il quale sarebbe stato inviato il messaggio tra Fabrizio Viola e Alessandro Profumo non è stato rinvenuto».
  Alle ore 10.13.46 il dottor Rossi scrisse al dottor Viola un messaggio con oggetto help del seguente tenore: «Stasera mi suicido sul serio, Aiutatemi!!!!», messaggio anche questo transitato, alla data del 4 marzo 2013, esclusivamente tramite il server appartenente alla rete privata dell'infrastruttura aziendale banca Monte dei Paschi di Siena e riconducibile agli indirizzi e-mail «fabrizio.viola@banca.mps.it» (intestatario Fabrizio Viola, il quale si trovava in vacanza a Dubai) e «david.rossi2@banca.mps.it» (intestatario David Rossi).
  Trattasi di un messaggio che, all'analisi dei periti della Commissione, porta alle seguenti informazioni:

   ne esistono due versioni, rispettivamente nell'archivio presente nel computer portatile restituito alla famiglia del dottor Rossi e nell'archivio di posta consegnato dalla struttura aziendale banca Monte dei Paschi di Siena;

   per entrambe le versioni, i metadati temporali della creazione sono incoerenti con quelli di trasmissione e consegna, risultando il primo (creazione) datato tre giorni dopo gli ultimi due (trasmissione e consegna), anomalia che la relazione tecnica dei periti della Commissione spiega con le modalità di esportazione in copia della casella postale in uso al dottor Rossi;

   ve ne sarebbe anche una terza versione «parziale» di contenuto «Stasera mi suicido», delle ore 10.12.47, messaggio memorizzato nella sottocartella «Deletions» (ove vi giungono i messaggi softely deleted, accessibili e recuperabili, entro un predeterminato lasso di tempo esclusivamente dall'amministratore di sistema);

   il messaggio sarebbe collocabile tra due conversazioni telefoniche, in uscita, dall'utenza fissa del dottor Rossi, entrambe dirette a Lorenza Pieraccini, membro dello staff della segreteria presidenza e amministratore delegato del Monte dei Paschi di Siena, collaboratrice del dottor Valentino Fanti, responsabile della medesima.

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  Alle ore 13.09 – dato per certo che alle ore 12.23.30 il dottor Rossi fosse in ufficio in quanto chiamato dalla signora Pieraccini, con una conversazione che durava un minuto e sei secondi – circa tre ore dopo dal primo messaggio, il dottor Rossi scrive al dottor Viola: «Ti posso mandare una e mail sul tema di stamani. È urgente domani potrebbe essere troppo tardi» e il dottor Viola alle ore 13.45 risponde: «Mandami la mail» alla quale segue la risposta del dottor Rossi: «Ho bisogno di un contatto con questi signori perché temo che mi abbiano male inquadrato come elemento di un sistema e di un giro sbagliati. Capisco che il mio rapporto con certe persone possa averglielo fatto pensare ma non è così. Se mi avessero chiamato a testimoniare glielo avrei spiegato, invece mi hanno messo nel mirino come se fossi chissà cosa. Almeno è Pag. 51l'impressione che ne ho ricavato. Avendo lavorato con tutti, sono perfettamente in grado di ricostruire gli scenari, se è quello che cercano. Però vorrei delle garanzie di non essere travolto da questa cosa, per questo lo devo fare subito, prima di domani. Non ho contatti con loro ma lo farei molto volentieri se questo può servire a tutti. Mi puoi aiutare?»
  Il dottor Viola alle ore 14.24 risponde: «La cosa è delicata. Non so e non voglio sapere cosa succederà domani. Lasciami riflettere» e in risposta il dottor Rossi scrive: «Non so nemmeno io. Ma almeno si può provare a vedere se hanno interesse a parlare con me stasera, vedo che stanno cercando di ricostruire gli scenari politici ed i vari rapporti. Ho lavorato con Piccini, Mussari, comune, fondazione, banca. Magari gli chiarisco parecchie cose, se so cosa gli serve. L'avrei fatto anche prima ma nessuno me lo ha chiesto.» e alle successive ore 14.40 il dottor Viola scrive «Ho riflettuto. Essendo la cosa molto delicata, credo la cosa migliore sia quella che tu alzi il telefono e chiami uno dei PM per chiedere appuntamento urgente. Qualsiasi altra soluzione potrebbe essere male interpretata. Oltretutto mi sembrano delle persone molto equilibrate».
  Alle ore 15.10 il dottor Rossi risponde: «Hai ragione, sono io che mi agito e mi sono spaventato dopo l'altro giorno» e alle successive ore 17.12 «In effetti ripensandoci sembro pazzo a farmi tutti questi problemi. Scusa la rottura».
  È di interesse notare che queste conversazioni, a differenza di quelle di prima mattina, assumono via via un tono confidenziale, rivolgendosi entrambi gli interlocutori con il reciproco «tu» e la ragione per la quale il dottor Rossi si rivolge al dottor Viola per essere introdotto ai pubblici ministeri si spiega con le dichiarazioni di quest'ultimo «avevo dei rapporti molto intensi con i magistrati e oggettivamente anche con gli organi inquirenti, quindi la Guardia di finanza. Alla Guardia di finanza avevamo dato un ufficio, perché dopo l'inizio della perquisizione, i famosi 160 finanzieri per diversi mesi, nonostante avessero ridotto un po' l'impegno, sono rimasti lì. Era una continua interlocuzione, lo stesso dicasi con i pubblici ministeri.» (v. resoconto stenografico relativo all'audizione del 10 marzo 2022) e il «tema di stamani. È urgente domani potrebbe essere troppo tardi», con il senno di poi, è fondatamente riferibile alla e-mail «Help».
  Se il dottor Viola, destinatario, il 4 marzo 2013 alle ore 10.26.41, della richiesta di aiuto, non leggeva il relativo messaggio – egli lo dichiara nel verbale di audizione del 10 marzo 2022 – altre persone, invece, leggevano questo messaggio di aiuto «help» e «Stasera mi suicido, sul seri. Aiutatemi!!», che il dottor Rossi inviava alle ore 10.13.46.
  Una di quelle persone è il dottor Valentino Fanti – responsabile dell'area segreteria presidenza e amministratore delegato del Monte dei Paschi di Siena, già nell'organico della banca Monte dei Paschi di Siena con la vecchia dirigenza (ne uscirà nel 2016), e coinvolto nelle indagini sui derivati – il quale, titolato dell'accesso alle e-mail del dottor Fabrizio Viola, lo leggeva, secondo la sua versione, in quanto la Pieraccini, collaboratrice – che lo vedeva «a fine mattinata» – glielo sottoponeva in formato stampato A4 ed egli la «liquida velocemente perché (lo) aveva coinvolto in un fatto estremamente delicato, fuori dal contesto lavorativo e, quindi, a (suo) avviso non dovev(a) una risposta a Pag. 52lei, bensì alla (sua) coscienza», dimostrando disinteresse nei confronti delle vicende personali del dottor Rossi.
  Egli dichiara che, in seguito, solo verso la fine della mattina e nel pomeriggio leggerà i successivi messaggi tra il dottor Rossi e il dottor Viola, non nascondendo un certo fastidio per il fatto che, a suo dire, il primo sarebbe stato trattato meglio dagli inquirenti, a differenza di quanto era accaduto a lui stesso «...una situazione più devastante della sua (Rossi), mi hanno perquisito il computer, il cellulare l'ufficio...qualcuno della Guardia di finanza a lui (Rossi) gli fece qualche domanda, ma lui non subì, come me interrogatori di sette, otto ore, con tre sostituti procuratori, il generale della Guardia di finanza e il colonnello della Guardia di finanza...Io ho passato dei momenti estremamente difficili...» (v. resoconto stenografico relativo all'audizione dell'8 febbraio 2022). Nessuna risposta plausibile sulle ragioni del diverso trattamento è emersa dall'istruttoria.
  Un'altra persona che ha letto la corrispondenza del dottor Rossi è la signora Pieraccini, collaboratrice della segreteria della presidenza e dell'amministratore unico, la quale quel giorno aveva plurimi contatti con il dottor Rossi e due – alle ore 11.55.43 (48 secondi) e alle ore 12.23.30 (1 minuto e 6 secondi) – proprio in prossimità temporale al messaggio «Help» e in costanza della lettura del messaggio da parte sua (v. resoconto stenografico relativo all'audizione dell'8 febbraio 2022).
  La signora Pieraccini conferma la versione del dottor Fanti, al quale si rivolge nella sua qualità di responsabile della segreteria e in assenza del dottor Viola che si trovava all'estero, e dichiara «...Era il 4. Io ero incredula, ho letto e riletto e alla fine ho stampato questa e-mail e sono andata dal dottor Fanti, responsabile della segreteria, con questa e-mail perché mi agitava un po', era una cosa un po' inusuale vedere una e-mail del genere...» e aggiunge «...non ho ritenuto di chiamare il dottor Viola perché avevo visto una spunta nella e-mail che qualcuno l'aveva letta...».
  Ciò che appare strano è che di fronte a un proposito suicidario del dottor Rossi e a una richiesta così disperata di aiuto – che definire «inusuale» appare inappropriato – nessuno chiama nessuno, nessuno allarma nessuno.
  Eppure la signora Pieraccini, nella mattinata, si era sentita con il dottor Rossi proprio in costanza di quella richiesta di aiuto.

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  L'istruttoria non è riuscita a dimostrare – volendo dare credito alle parole della signora Pieraccini – chi avesse già potuto leggere il messaggio «Help» recante la spunta di lettura, quando costei lo legge per la prima volta. La risposta più plausibile è che sarebbe stato il dottor Viola, ma egli nega di averlo letto, e allora se lo stesso dottor Viola, alla domanda specifica, «tende a escludere che altri (oltre a Fanti e Pieraccini) ...potessero accedervi», chi altri poteva averlo letto?
  A tale proposito, è da sottolineare che il dottor Viola, il dottor Fanti e la signora Pieraccini, nel corso delle rispettive audizioni in Commissione, hanno fornito versioni tra loro discordanti: mentre il dottor Viola ha affermato di aver parlato dell'e-mail in questione con entrambi i collaboratori, questi, invece, hanno dichiarato di non averne parlato.
  E ancora, quale è stato l'argomento che il dottor Rossi ha trattato quel giorno con la signora Pieraccini nel corso delle conversazioni? Perché la signora Pieraccini, in sede di audizione, non ha ricordato le conversazioni telefoniche con il dottor Rossi? Perché il dottor Fanti resta così indifferente a un messaggio tanto allarmante? Domande alle quali la prosecuzione dei lavori della Commissione, ove non vi fosse stata la conclusione anticipata della legislatura, avrebbero potuto dare una risposta.

5.8. Il giorno 5 marzo 2013.

  La giornata del dottor Rossi iniziò in ufficio con un colloquio di lavoro con il dottor Filippone.

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  Alle ore 10 il dottor Rossi incontrò in ufficio la dottoressa Galgani (v. sommarie informazioni della dottoressa Galgani dell'11 marzo 2013 e v. resoconto stenografico relativo all'audizione dell'11 novembre 2021), addetta dal 2006 all'Area Comunicazione della banca, e alle ore 14 incontra ancora il giornalista Strambi, in via Montanini e si reca con lui al bar (v. sommarie informazioni del 5 luglio 2013).
  Per il resto, risultano contatti telefonici e comunicazioni telematiche, sempre contestualizzate con il suo lavoro (v. materiale riservato 0063-003 e 005).
  Alle ore 18.35 il dottor Rossi era a casa.
  Eppure, nonostante questa apparente normalità, sono di questi giorni i comportamenti più allarmanti del dottor Rossi:
  la signora Tognazzi descrive il marito «come “preoccupato” di dover comunicare delle cose che andavano un po' contro la vecchia amministrazione, cosa che lui invece per lavoro e anche per un rapporto personale di amicizia che aveva con il vecchio presidente, Giuseppe Mussari, era ovviamente costretto a fare...» per descrivere poi «...negli ultimi giorni questa preoccupazione diventò un vero e proprio terrore. Io ricordo che negli ultimi giorni David era veramente spaventato, terrorizzato...»;Pag. 54
  sono scoperti i tagli sul braccio del dottor Rossi il quale riusciva a dare una spiegazione poco rassicurante «quando ti prende l'angoscia, la paura, eccetera, fai un qualcosa per farti tornare un po' alla realtà delle cose» – tagli e ferite, che i consulenti dei pubblici ministeri collegano al rinvenimento di sette fazzolettini sporchi di sangue e alla carta protettiva per cerotto da automedicazione e ad atti di autolesionismo, sui quali tuttavia i periti della Commissione evidenziano che «...vi sarebbero aree di mera disepitelizzazione di cui non si è indagata l'origine nella data di formazione...»;
  l'esternazione della paura di cimici e di intercettazioni all'interno della casa, tanto che il dottor Rossi, di ciò convinto, comunicava con la scrittura e i disegni, in particolare «...il disegno del cane...» evidenziandone «...la coda...» e invitando la figlia a gettare il manoscritto in un cassonetto lontano.
  Al riguardo nessuno ha inteso darne un'interpretazione. Forse il terrore era da ricollegarsi all'azione civile nei confronti della vecchia dirigenza e la richiesta di un risarcimento, pari a 700 miliardi, con la verosimile prospettiva di poter essere coinvolto? Forse, con e per la vecchia dirigenza, il dottor Rossi, sulla carta responsabile della comunicazione, di fatto aveva un ruolo decisionale di maggior portata e incidenza nella gestione della Fondazione e della banca Monte dei Paschi di Siena e delle operazioni finanziarie dell'epoca? O, ancora, il rapporto fraterno con il presidente Mussari e la frequentazione del «gruppo della birreria» lo avevano esposto più di quanto è risultato in sede penale?

6. L'ultimo giorno di vita di David Rossi: il 6 marzo 2013 dalla mattina all'ora della morte.

  Lo scenario della mattina del 6 marzo 2013 non presenta novità di rilievo rispetto alle giornate precedenti, sviluppandosi secondo ritmi abituali: nulla lasciava presagire che quello sarebbe stato l'ultimo giorno di vita del responsabile dell'Area comunicazione di Banca Monte dei Paschi.
  La giornata era iniziata, come d'abitudine, molto presto. In quei giorni, David Rossi non andava a correre insieme all'amico e capo della sua segreteria Gian Carlo Filippone e, tuttavia, non diversamente dal solito, anche quella mattina, l'usuale e intenso traffico di telefonate e messaggi risulta iniziato molto presto: a partire dalle ore 6.35.44, si conteranno un totale di 109 contatti (molti dei quali, peraltro, avuti con la collega Ilaria Dalla Riva).
  Il primo contatto, tuttavia, è di natura familiare e risulta essere una telefonata «persa» delle 6.35.44, ricevuta dall'utenza intestata a «Toni», in uso alla moglie Antonella Tognazzi.
  È peraltro opportuno evidenziare che l'individuazione della signora Tognazzi come riferimento del contatto memorizzato a nome «Toni» emerge, quasi esclusivamente, dalla verifica della memoria del telefono cellulare (oltre che dai riscontri delle chiamate in entrata ed in uscita dell'utenza del manager), posto che il Rossi non era solito chiamare in tal modo la moglie, tant'è che questa sarà una delle perplessità che i familiari mostreranno dopo aver appreso che i biglietti di commiato trovati nel cestino del suo ufficio risultano indirizzati proprio a «Toni». Pag. 55D'altra parte, l'avvenuta memorizzazione sul telefonino del Rossi del nome «Toni» non implica che questo fosse l'appellativo con cui egli, effettivamente, usasse chiamare la moglie. Avendo la signora Tognazzi associato il nome «Toni» al proprio contatto, era infatti ben possibile che con la medesima dicitura, per comodità, il suo numero venisse salvato come «Toni» anche sui telefonini di coloro che ricevevano le chiamate da lei effettuate, compreso lo stesso David Rossi.
  Sta di fatto che, quella mattina, sembra che il dottor Rossi non abbia svolto nulla di strano o di diverso dal solito, risultando presente in ufficio fin dalle ore 9.29, quando ricevette sul telefono fisso la telefonata della segretaria Simona Bianciardi.
  È altresì emerso che, dopo tale chiamata e fino al primo pomeriggio, David Rossi non utilizzò più questa utenza (la cui linea era peraltro condivisa con altre quattro postazioni dell'Area comunicazione), avendo risposto alla successiva chiamata pervenuta al telefono fisso dell'ufficio solo alle ore 15 circa, quando a cercarlo, come meglio si ricava dal report seguente, è ancora una volta la segretaria.

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  In realtà, risulta pure che nelle due ore successive il dottor Rossi è certamente rimasto in ufficio, essendo stato impegnato nel colloquio con la consulente aziendale Carla Ciani, incaricata di svolgere un programma di coaching ai dirigenti della banca.
  L'audizione di Carla Ciani, che con lui rimase fino alle ore 12 circa, ha permesso di chiarire non tanto gli aspetti del progetto di coaching curati con i responsabili dei vari settori in generale (cioè il miglioramento della comunicazione interna e l'incremento della sinergia informativa), quanto piuttosto la concomitanza tra l'attivazione di tale percorso e l'operatività delle variazioni nella titolarità degli incarichi dell'Area comunicazione, con il trasferimento da David Rossi a Ilaria Dalla Riva della comunicazione interna e da lui a Bernardo Mingrone della comunicazione delle notizie relative alle indagini della magistratura.
  Per ciò che più rileva, i riferimenti ai contenuti dei colloqui che avevano interessato David Rossi fanno trasparire quale fosse la sua condizione psico-fisica in quei giorni.
  Già la circostanza che l'incontro è durato circa due ore assume un certo significato, ma è bene ricordare quanto detto dalla coach nel corso della sua audizione, ad esempio, che «...era una situazione dove tutti erano molto stressati, agitati. A volte era difficile anche stare un po' concentrati...» e dove il dottor Rossi «elabora un suo piano di comunicazione», potremmo dire per recuperare la sua «leadership» dopo le non poche novità di assetto e di incarichi, vale a dire la situazione che relegava a quest'ultimo solo la direzione della comunicazione esterna, Pag. 56a dispetto del prestigioso e non limitato ruolo da lui avuto nella comunicazione prima della perquisizione subita il 19 febbraio 2013.
  La consulente aziendale Ciani ha anche riferito che il dottor Rossi «...aveva l'occhio al telefono in continuazione...» (tanto da infastidirla) e che, su sua sollecitazione, dopo aver accennato a varie situazioni che gli creavano disagio (lo stato di salute della moglie, affetta da pericardite, la perdita del padre, avvenuta nel novembre 2012 e la perquisizione compiuta pochi giorni prima), ricollegò la sua ansia e la reale sua preoccupazione a quanto egli aveva scritto nelle e-mail, il giorno prima, al dottor Viola, supponendo che questi si fosse «...pure arrabbiato...omissis... spazientito» e mostrandosi, dapprima, fortemente preoccupato della «pessima impressione» data e «...dell'impressione di fragilità data all'azienda...», e poi cercando di rassicurarsi, prospettando che la cosa «fosse un po' rientrata».
  Sta di fatto che, pur non essendo una psicologa, la consulente aziendale Ciani ha confermato che, fino a quell'ora, nulla lasciava presagire quello che stava per accadere, facendo peraltro indirettamente emergere che le modifiche negli incarichi e la generale situazione che investiva la banca in quei giorni mettevano in luce una sostanziale reciproca diffidenza tra il Rossi e i nuovi vertici, l'amministratore delegato Viola e il presidente Profumo.
  Si può ritenere che la mattina del 6 marzo le ragioni di questa reciproca diffidenza fossero persistenti e, al di là dei fattori contingenti, portassero i vertici a non escludere un ruolo attivo del Rossi nella recente fuga di notizie sull'azione di responsabilità (che peraltro, nel merito, coinvolgeva la precedente gestione del suo amico Mussari) e i potenziali rischi che potevano derivare alla banca (e, quindi, anche a loro) dal percorso dichiarativo con i magistrati paventato dal dirigente. Inoltre è plausibile che Rossi avvertisse il peso del suo progressivo depotenziamento, con i rischi di un suo licenziamento e, per di più, temesse di poter subire conseguenze giudiziarie per responsabilità che riteneva essere non sue.
  In sostanza, si può presumere che quella mattina l'umore del dottor Rossi non fosse dei migliori, anche se nulla faceva presupporre l'eventuale esistenza di una sua intenzione suicidaria.
  La moglie Antonella era a casa malata e le sue condizioni di salute imponevano che David continuasse a farle le prescritte iniezioni, seguendo le scadenze indicate, che prevedevano un'iniezione la sera alle 19.30 e che, come nei giorni precedenti, David avrebbe dovuto effettuare personalmente.
  La pressione mediatica sulla banca era notevole, le preoccupazioni per un possibile licenziamento – nonostante le quotidiane rassicurazioni ricevute dal nuovo amministratore delegato Viola – senz'altro c'erano, sebbene non così forti come da taluni prospettato.
  In proposito, è bene infatti evidenziare che il dottor Rossi ben sapeva che, di solito, dopo il cambio dei vertici aziendali, cambiava anche il responsabile dell'Area Comunicazione e che la sua vasta rete di amicizie gli avrebbe presumibilmente consentito di trovare velocemente un nuovo incarico, per il quale forse si stava già organizzando, rinvenendosi traccia di ciò sia in una sua e-mail del 3 febbraio 2013, in cui mostra l'intenzione di voler cambiare lavoro, sia nell'accesso che Pag. 57egli fa il 19 febbraio 2013 alla pagina web con il suo curriculum, al presumibile fine di verificare se fosse aggiornato.
  Indubbiamente, non mancava una significativa apprensione, aggravatasi dopo la perquisizione subita pochi giorni prima (esternata, addirittura, con il timore di poter essere arrestato o, comunque, di poter essere trascinato in vicende giudiziarie, alla ribalta delle cronache, alle quali egli ripeteva a tutti di essere estraneo).
  È infatti emerso che, in quei giorni, David aveva confidato il timore per un suo possibile arresto sia ai familiari (ai quali, a casa, convinto che vi fossero microspie, aveva iniziato a rivolgersi scrivendo anziché pronunciando frasi che era certo venissero intercettate), sia ai nuovi vertici del gruppo bancario e ad altri dirigenti (ad esempio Valentino Fanti) che, come lui, erano a Rocca Salimbeni fin dalla precedente gestione, di cui era massima espressione l'avvocato Mussari.
  Alle ore 14.59.06 il dottor Rossi fu chiamato sull'utenza fissa dalla segreteria.
  L'orario coincide con i ricordi del fratello Ranieri il quale – allertato, verso le 6 del mattino, dalla cognata, che «David sta dicendo cose strane» e informato del fatto che «...la sera prima Carolina aveva scoperto che aveva dei taglietti sulla parte laterale del polso...» – lo aveva invitato a pranzo.
  Confermano i riferimenti temporali telefonici che, dopo l'ultima conversazione con la segretaria Bianciardi, il dottor Rossi contattava il fratello per incontrarlo – «...Lui (il dott. Rossi) mi ritelefona verso le 14.30 circa e mi chiede: “Hai pranzato?”. Gli rispondo: “No, sto tornando a Siena e ancora non ho pranzato. Pranziamo insieme.” (v. resoconto stenografico relativo all'audizione dell'8 settembre 2021 della missione a Siena) e questi descrive la situazione “strana” e David molto nervoso, guardingo “come se avesse la sensazione di essere seguito” preoccupato a che si “parlasse piano”.
  Egli attribuiva il tutto al fatto che “c'erano delle voci in giro di diversi blogger che continuavano a dire che lo dovevano licenziare” ma, alla richiesta di spiegazioni, David gli rispondeva: “Ho fatto una cavolata e un amico mi ha tradito”, senza altra specifica, manifestando preoccupazione per tutti i familiari; una spiegazione che assume pregnante valenza, ove se ne consideri l'affinità con quella che verrà rinvenuta manoscritta nell'ufficio del dottor Rossi: “Ciao Toni, mi dispiace ma l'ultima cazzata che ho fatto è troppo grossa – Nelle ultime settimane ho perso”; Ciao Toni. Amore l'ultima cosa che ho fatto è troppo grossa per poterla sopportare. Hai ragione, sono fuori di testa da settimane»; «Amore mio, ti chiedo scusa ma non posso più sopportare questa angoscia, in questi giorni ho fatto una cazzata immotivata, davvero troppo grossa. E non ce la faccio più credimi, è meglio così». Quale fosse «l'errore» così grave e pregiudicante non è dato sapere, se non con le ipotesi sopra formulate.
  Il pranzo terminò alle ore 16.30 e il dottor Rossi, prima di rientrare in ufficio, fece un passaggio a casa ove rimase pochi minuti.
  Alle ore 17.27 il dottor Rossi ricevette una telefonata dal dottor Filippone, amico personale e capo della sua segreteria.
  Appare doveroso rappresentare, per completezza di esposizione, la narrazione della giornalista Susanna Guarino riguardo a un presunto stato di stress emotivo dalla stessa rilevato in occasione di un incontro Pag. 58casuale da lei avuto con David Rossi, suo ex collega, in via di Vallerozzi proprio il pomeriggio del 6 marzo 2013. Dopo aver saputo del suicidio, due giorni dopo, la signora Guarino si recò presso la stazione di polizia di Siena per riferire di tale incontro e del comportamento di Rossi da lei ritenuto anomalo, ma di questo accadimento, come dichiarato dalla signora Guarino, la polizia non ritenne di redigere alcun verbale.
  In sede di conclusioni si tornerà sulla figura, sul comportamento e sulle (differenti) dichiarazioni rese dal dottor Filippone nelle varie occasioni in cui egli è stato sentito.
  Qui è sufficiente ricordare che, se una riunione con il Filippone veramente quel pomeriggio ci fu, essa deve necessariamente essere finita prima delle ore 17.27, poiché, appena dopo aver risposto dall'ufficio a tale telefonata, David Rossi uscì dalla banca e si incontrò subito dopo al bar di via Montanini con Fulvio Muzzi. I due presero un caffè e, mentre alle ore 17.40 circa uscivano dal locale, incontrarono il luogotenente dei Carabinieri Cardiello, comandante della Stazione di Siena Centro, che con loro si fermò a scambiare due chiacchiere e a parlare scherzosamente. Nel breve incontro, David Rossi si limitò a consegnare a Muzzi una piantina della casa acquistata all'Amiata, rimandando al sabato successivo gli accordi per l'impianto di home theatre e le altre questioni relative alla ristrutturazione da risolvere.
  Va peraltro notato che, per l'acquisto dell'immobile, il dottor Rossi aveva contratto con banca Monte dei Paschi un mutuo, esponendosi a un impegno economico di non poco conto, cui aveva fatto cenno anche al fratello Ranieri, il quale, per aiutarlo, gli aveva proposto la vendita della casa di campagna.
  Immediatamente dopo l'incontro con Muzzi e Cardiello – incontro che, a dire del Muzzi, sarebbe stato concordato attraverso una telefonata fattagli dal Rossi, di cui tuttavia non è stata rinvenuta traccia né tra quelle effettuate dal suo cellulare, né da quelle effettuate dal telefono dell'ufficio, mentre nulla risulta per le telefonate effettuate dal telefono fisso di casa (i cui tabulati non furono acquisiti), dove effettivamente il manager si era poco prima recato – il dottor Rossi rientrava in banca.
  In realtà, circa l'orario del suo rientro in banca dopo l'incontro con Muzzi permangono alcune perplessità, che pure vanno segnalate.
  Non è infatti possibile dedurre che David Rossi fosse già rientrato nel suo ufficio quando, alle 17.37, ricevette la telefonata della collega Chiara Galgani, che gli preannunciava l'esigenza di avere con lui una breve riunione. Tale telefonata è infatti stata ricevuta dal Rossi sul suo cellulare e non sul telefono fisso e la dottoressa Galgani, invitata a fornire elementi per poter dedurre se il dirigente si trovasse già in ufficio quando le rispose brevemente di raggiungerlo lì, ha dichiarato di non avere elementi utili a comprendere dove questi era posizionato nel momento in cui rispose alla sua chiamata.
  Al contempo, va anche segnalato che, come confermato dagli accertamenti tecnici informatici disposti dalla Commissione, risulta pure che sul computer dell'ufficio di Rossi, già alle ore 17.33, fu effettuato un accesso (ovviamente, da qualcuno che conosceva la password per entrare).
  Sta di fatto che, ricevuta sul cellulare, alle 17.37, la telefonata della collega, Rossi veniva da lei raggiunto nel proprio ufficio e con lei aveva Pag. 59una riunione, iniziata poco prima delle 18, durata una decina di minuti e conclusa certamente prima delle 18.39, poiché risulta che a quell'ora la dottoressa Galgani abbia inviato un'e-mail a tale Giovanni Sanfelice (e per conoscenza a David Rossi, che mai la leggerà), in cui riferisce di quanto da lei concordato (presumibilmente appena prima) con il Capo Area comunicazione.
  La dottoressa Galgani – che ha escluso che Rossi avesse un taglio sul viso – nel corso della riunione notava che il responsabile della comunicazione sembrava distratto e sbrigativo nelle risposte e che guardava costantemente lo schermo di un monitor posizionato sulla scrivania, fermo sulla pagina del sito Dagospia.
  Successivamente, sull'utenza fissa dell'ufficio risulteranno numerose altre telefonate, rimaste tutte senza risposta, nonché una sola chiamata in uscita, della durata di 8 secondi, ricevuta dalla moglie alle ore 19.02.51, con la quale, subito dopo, il dottor Rossi parlò anche dal cellulare per circa 9 secondi.
  Non risultano risposte alle numerose altre chiamate o messaggi letti.
  Alle ore 19.43.20 – come risulta dalle riprese della telecamera di sicurezza n. 6 (tenendo conto dei 16 minuti in avanti rispetto all'orario reale riportato dal sistema di registrazione delle telecamere) – David Rossi precipitò al suolo dalla finestra del suo ufficio e morì dopo un'agonia, che successivamente sarà stimata in 22 minuti.

7. La dinamica della precipitazione nelle ricostruzioni dei periti.

7.1. La perizia del R.I.S. dei Carabinieri di Roma.

  Il 18 novembre 2021, la Commissione parlamentare di inchiesta ha deliberato di affidare al Reparto Investigazioni Scientifiche (R.I.S.) di Roma dell'Arma dei carabinieri l'incarico di accertare, dal punto di vista tecnico, l'esatta dinamica della precipitazione del dottor David Rossi la sera del 6 marzo 2013.
  Interessano la presente sezione della Relazione conclusiva i primi sette quesiti, che sono riportati, per esteso, alle pagine 3 e 4 della perizia del R.I.S.
  Il primo dei quesiti ipotizza che il corpo del dottor Rossi, reso incosciente e inanimato, sia stato sollevato da due soggetti, rispettivamente l'uno dalla parte sinistra e l'altro dalla parte destra, ciascuno, specularmente, afferrandolo con una mano sulla coscia e con l'altra sotto l'ascella, e così lasciato scivolare fuori dalla finestra dalla parte dei piedi, scorrendo a pancia sotto sulla sbarra di metallo posta sopra il davanzale [quesito 1].
  Verificata poi la compatibilità di tale dinamica con il rilevato danneggiamento dei fili antivolatile [quesito 2], l'incarico è consistito, altresì, nell'ipotizzare che Rossi sia stato tenuto a penzoloni fuori dalla finestra, trattenuto dalle ascelle o dai polsi, e poi lasciato cadere [quesito 3] e successivamente, secondo una variante della stessa ipotesi, che sia stata lasciata per prima la presa del polso destro e solo in un secondo momento quella del polso sinistro [quesito 4].
  Inoltre, simulata la salita di un manichino antropomorfo sull'impianto di climatizzazione posto a terra davanti alla finestra e stabilitanePag. 60 la possibile coerenza con quanto accertato in sede di rilievi la sera del tragico evento [quesito 5], l'incarico è consistito nel verificare la compatibilità della precipitazione con un gesto anticonservativo attuato da parte del Rossi lasciandosi andare nel vuoto dopo essersi aggrappato in posizione verticale, e con la faccia rivolta al muro, fuori dal proprio ufficio sito al terzo piano di Palazzo Salimbeni (sede di Monte dei Paschi di Siena) [quesito 6].
  Infine, l'incarico è consistito nell'appurare se il moto di caduta del punto luminoso osservabile in una video-ripresa di poco successiva al momento della precipitazione sia compatibile con il lancio, fuori dalla finestra, dell'orologio appartenuto al Rossi [quesito 7].
  Il R.I.S., per rispondere ai quesiti così posti, si è valso della collaborazione esterna del D.I.M.A. (Dipartimento Ingegneria Meccanica Aerospaziale) dell'Università degli studi di Roma La Sapienza.
  Il 21 dicembre 2021 ha inoltre proceduto a una serie di sperimentazioni sul luogo dell'accaduto.

7.2. Premesse all'elaborato del R.I.S.

  Per la ricostruzione di un evento ignoto, in questo caso l'esatta dinamica della precipitazione del Rossi, è necessario partire da dati noti, che ovviamente costituiscono altrettanti vincoli alla formulazione delle diverse possibili ipotesi.
  Tali vincoli, o complessi indiziari di dati di partenza, sono enucleabili in tre diverse specie:

   caratteristiche dei luoghi, o vincoli ambientali;

   caratteristiche del corpo umano precipitato, in particolare – come si dirà – il suo centro di massa, o vincoli fisici;

   caratteristiche del complesso lesivo osservato sul cadavere, o vincoli medico-legali (questi ultimi non saranno presi in esame nella presente sezione della Relazione, se non per la loro valenza preclusiva rispetto a determinate ipotesi sulla cinematica della caduta).

  Procedendo nell'ordine:

   la ricostruzione dell'ambiente e dei luoghi di interesse si è giovata, oltreché dell'analisi delle tracce e dei reperti, anche di una riproduzione virtuale realizzata mediante Laser Scanner 3D Leica P40, in dotazione al R.I.S;

   il concetto di centro di massa di un corpo solido coincide con il punto in cui può immaginarsi concentrata l'intera sua massa. La posizione del centro di massa varia al variare della postura del corpo e, nel caso di specie, è stata individuata in corrispondenza del bacino del Rossi, ossia facendo riferimento al video originale della caduta catturato dalle telecamere di videosorveglianza dell'istituto bancario, in corrispondenza della linea di separazione cromatica fra camicia (pixel bianchi) e pantaloni (pixel scuri);

   a parte l'imbrattamento e la lacerazione degli indumenti (camicia variamente lacerata e imbrattata di materiale marrone/verdastro e di sostanza ematica sul colletto, pantaloni imbrattati di materiale rossastroPag. 61 e terroso, scarpe con evidente abrasione della punta destra e imbrattamento della suola in gomma sottostante con materiale biancastro), il complesso lesivo è stato ricondotto, dai medici legali variamente incaricati nel corso degli anni: in parte alle conseguenze dirette della precipitazione, ciò segnatamente con riferimento alle macro-lesioni (fratture costali, scoppio di L4, frattura occipitale, stravasi emorragici polmonari); in parte allo scorrimento tangenziale sulla sbarra o sul davanzale (lesività alle braccia e all'addome); in parte forse anche a momenti pregressi (lesioni al volto, al palmo della mano destra e ai polsi, eccetto, qui, al polso sinistro, la evidente lesione provocata dal quadrante dell'orologio).

  È importante sottolineare un dato certo: la persona deceduta non era in stato di intossicazione da alcool o droghe.

7.3. Le sperimentazioni in loco.

  Gli esperimenti condotti dal R.I.S. sui luoghi teatro del tragico evento hanno consentito di fornire alcune prime risposte ai quesiti posti dalla Commissione parlamentare.
  In un primo momento, è stata presa in esame la finestra dell'ufficio del dottor Rossi. Essa affaccia su vicolo Monte Pio, è alta 170 cm. e larga 104 cm., presenta un davanzale profondo 35 cm., posto a 73 cm. di altezza dal pavimento della stanza, proprio di sopra al fan coil.
  Il davanzale si eleva dal piano stradale sottostante di 14 m. e 35 cm.
  Con l'ausilio di un semplice filo a piombo, è stato possibile appurare che la parete dell'edificio ove è sita la predetta finestra è inclinata verso l'esterno, eseguendo la misurazione rispetto al bordo del davanzale, di circa 18 cm.
  Poiché in un primo momento del procedimento giudiziario si era persino ipotizzato che la precipitazione potesse essere avvenuta dalla finestra soprastante del quarto piano, esattamente allineata a quella dell'ufficio del Rossi, i Carabinieri hanno proceduto ad esaminare anche questa apertura. Essa, a differenza della finestra del terzo piano, è priva di sbarra e di fili antivolatile; è larga 105 cm. e alta 150 cm.; il davanzale, in questo caso discostato rispetto alla verticale di 26 cm. stante la riferita inclinazione del muro verso l'esterno, si trova ad un'altezza rispetto al suolo di 17 m. e 56 cm.
  Quanto, invece, alla sbarra metallica posta alla finestra del terzo piano, essa, collocata a 35 cm. di altezza rispetto al davanzale, ha un diametro di 3 cm. ed è bullonata ai muri all'esterno degli infissi in legno della finestra.
  Le prove di trazione, effettuate applicando alla predetta sbarra dei pesi di ghisa mediante l'impiego di corde e moschettoni, hanno consentito di saggiarne la perfetta capacità di sopportare un peso di 80 kg., cioè di circa 10 kg. superiore a quello del defunto dottor Rossi, nell'ipotesi in cui lo stesso avesse volontariamente deciso di aggrapparvisi, tenendosi sospeso a penzoloni fuori dalla finestra.
  Venendo alle prove eseguite sui fili antivolatile, assenti nella finestra del quarto piano, ma presenti, e trovati danneggiati la sera del fatto, nella finestra dell'ufficio di David Rossi, ciascuno risulta agganciato ad una molla a sua volta ancorata al muro con un gancio con Pag. 62occhiello. Nell'immediatezza dell'evento, i sistemi antivolatile, sulla base dell'apparato fotografico realizzato nel corso del sopralluogo della Polizia scientifica, erano descrivibili nei seguenti termini (v. fotografie alle pagine 39 e seguenti della Perizia del R.I.S.).
  Erano presenti quattro fili cosiddetti antipiccione: uno posto parallelamente pochi centimetri al di sopra della sbarra metallica dinanzi descritta; tre posti, sempre parallelamente ad essa, ma al di sotto, scostati pochi centimetri rispetto al piano del davanzale. La molla del sistema antivolatile posto al di sopra della sbarra risultava sganciata dal filo e agganciata al muro ma senza deformazioni da stiramento. Il filo relativo a tale sistema aveva un capo ancora agganciato all'occhiello fissato al muro di destra, mentre l'altro cappio, di sinistra, perfettamente integro, era appoggiato sul piano del davanzale. Le tre molle dei tre sistemi posti in basso, sopraelevati di pochi centimetri rispetto alla linea del davanzale, risultavano ancora agganciate ciascuna al proprio occhiello fissato al muro di sinistra, ma quella più interna risultava leggermente stirata e quella centrale stirata molto più marcatamente. Test di trazione sui sistemi antivolatile sono stati condotti, utilizzando un dinamometro, sui fili ancora presenti, il 21 dicembre 2021, nella finestra della stanza adiacente a quella del Rossi. È stato rilevato che, applicando una forza di 11,34 kg. di peso in vari punti (prima al centro del filo, poi in prossimità del punto di aggancio della molla al filo, infine in corrispondenza del punto di aggancio della molla al muro), in ogni caso si determinava o la deformazione totale della molla, che ne risultava completamente stirata e snaturata, o la rottura di uno dei cappi o la rottura del filo stesso. In nessun caso il filo si è invece svincolato dalla molla prima della deformazione integrale o della rottura di uno dei predetti elementi. Pertanto, si è desunto che il filo antipiccione posto sopra la sbarra della finestra del Rossi, trovato la sera del 6 marzo 2013 con il cappio appoggiato sul davanzale, non fu forzato, non presentando alcuno dei fenomeni di rottura o deformazione radicale osservati a seguito dei test, ma fu semplicemente sganciato. Le prove sperimentali hanno consentito di fugare anche un altro dubbio, relativo al presunto lancio dell'orologio da polso in un momento cronologicamente successivo alla stessa precipitazione del dottor David Rossi. Infatti, il frame 6596 del filmato originale agli atti della Commissione lascia intravedere un oggetto luminoso in caduta, che è stato assimilato al quadrante dell'orologio Sector indossato dalla persona deceduta.
  Ricordato che il 6 marzo 2013 pioveva e provveduto ad allineare l'inquadratura della telecamera di sorveglianza a quella di quella sera, il R.I.S. ha riprodotto le condizioni di pioggia bagnando il manto stradale, i muri e spruzzando dell'acqua con un tubo di gomma da un terrazzo posto al di sopra della telecamera, ed ha altresì proceduto a vari lanci di orologi Sector assimilabili a quello in questione (modello Expander 308, posseduto da David Rossi).
  Il tutto è stato ripreso attraverso la telecamera del sistema di videosorveglianza. Ebbene: ne è risultato in primo luogo che soltanto le registrazioni a 25 frame per secondo hanno consentito di individuare il quadrante degli orologi in volo, mentre quelle a 7 frame per secondo permettono di riconoscerlo soltanto quando esso è già a terra; mentre si rammenti che i frame del filmato originale in cui è osservabile la Pag. 63caduta del punto luminoso sospetto presentano un intervallo temporale fra un 1/6 e 1/7 di secondo.
  Da ultimo, anche a livello comparativo, lo studio delle immagini ha permesso di evidenziare la somiglianza molto più evidente del punto luminoso in questione con una goccia di pioggia, piuttosto che con il quadrante di un orologio.
  Si deve concludere che il punto luminoso osservabile nel frame 6596 del filmato originale e sospettato di corrispondere al quadrante dell'orologio del Rossi, era in realtà una goccia di acqua piovana (v. anche il resoconto stenografico relativo all'audizione del R.I.S. del 18 luglio 2022).
  Un altro aspetto delle prove sperimentali merita di essere particolarmente sottolineato, perché ha consentito di declassare come inverosimile l'ipotesi che il Rossi sia stato tenuto sospeso, per i polsi o per le ascelle, fuori dalla finestra [quesito numero 3]: il personale del R.I.S. ha infatti potuto constatare la pratica impossibilità della situazione così congetturata, perché vanificata dall'ingombro del fan coil e dal basso davanzale, con la conseguenza dell'estrema difficoltà meccanica di sostenere lo sforzo, senza essere a propria volta proiettati fuori dalla finestra.
  Infine, le prove di simulazione dell'atto preparatorio di un gesto anticonservativo, consistenti nel salire con entrambi i piedi sul condizionatore posto a terra dinanzi al davanzale della finestra, hanno consentito di appurare che è possibile compiere tale manovra senza deformare la griglia del fan coil e senza spostare la risma di carta rinvenuta la sera dei fatti, in sede di sopralluogo, appoggiata sul lato sinistro dell'apparecchio di climatizzazione. In questo modo si è voluto simulare un atto preparatorio alla precipitazione volontaria dalla finestra, considerato che, una volta saliti con entrambi i piedi sul condizionatore, sarebbe stato relativamente possibile fuoriuscire in qualche modo dalla finestra per gettarsi di sotto (dinamica comunque alquanto improbabile perché il soggetto sarebbe precipitato rivolgendo la parte posteriore del corpo alla parete del palazzo e, anche qualora si fosse girato di spalle prima di gettarsi di sotto, avrebbe incontrato l'ingombro della sbarra posta sopra il davanzale).

7.4. Risposta ai quesiti sulla dinamica della precipitazione.

  La nuvola di punti ottenuta attraverso le scansioni effettuate con l'utilizzo del Laser Scanner 3D permette di generare una riproduzione tridimensionale del luogo della precipitazione al cui interno inserire le immagini catturate dalla telecamera di videosorveglianza dell'istituto di credito la sera del tragico evento.
  In particolare, è stato possibile proiettare, all'interno del telaio realizzato con il descritto sistema di scansione 3D, i due frame, fusi fra loro, raffiguranti il dottor Rossi in caduta verso terra, quello immediatamente precedente l'impatto e quello immediatamente successivo. Le coordinate del punto di massa al momento dell'impatto al suolo sono state calcolate facendo la media fra quelle di ciascuno dei quattro punti di discromia fra camicia (bianca) e pantaloni (scuri) all'intorno della regione del bacino.
  Analogamente, servendosi della riproduzione virtuale, sono state calcolate le coordinate del punto di massa nel primo dei due fotogrammi,Pag. 64 quello ritraente il corpo del Rossi ancora in fase di caduta aerea.
  Accantonato, come detto, il quesito numero 3, la trattazione analitica del problema si è concentrata su due principali ipotesi: il moto di precipitazione con scorrimento sulla sbarra (ipotesi omicidiaria) e il moto di precipitazione a candela (ipotesi suicidaria). La prima ipotesi, conforme al primo gruppo di quesiti e raffigurata a pagina 53 della relazione del R.I.S., comporta di ritenere che il corpo avrebbe iniziato la propria fase di caduta libera dopo una rotazione sulla sbarra di almeno 45 gradi, con la conseguenza che tale moto rotatorio sarebbe poi continuato, in senso antiorario, durante la fase di precipitazione durata approssimativamente 1,67 secondi, sino a raggiungere i 96 gradi: sicché il corpo sarebbe giunto al suolo con la testa rivolta verso il basso, in antitesi con quanto evidenziato dal filmato originale ripreso dalla telecamera di videosorveglianza.
  Viceversa, la seconda ipotesi è compatibile con lo studio analitico del problema, condotto assumendo che il centro di massa, al momento del distacco delle mani dalla sbarra, fosse collocato ad un'altezza di 13 m. e 70 cm., nonché coerente con le immagini disponibili (va recisamente esclusa la possibilità di aggrapparsi dalla finestra del quarto piano, priva di sbarra metallica di protezione, e quindi di un punto di sospensione che consentisse di frizionare con le gambe e con i piedi contro il muro, così come invece rilevato in sede di ricostruzione delle tracce lasciate sugli indumenti).
  Le varie ipotesi di cui ai quesiti sono infine state sottoposte ad un ulteriore vaglio, mediante l'impiego di manichini antropomorfi virtuali. Tale metodo (cosiddetto multi-body), che pur deve scontare l'incertezza nel caso di specie delle condizioni iniziali, è basato su una simulazione virtuale in cui il corpo umano è costituito da una molteplicità di pezzi solidi a forma ellissoide, uniti l'uno con l'altro da alcuni giunti sferici (ragdoll) fungenti da articolazioni.
  È possibile impostare vari livelli di rigidezza di tali giunti articolari, a seconda delle diverse ipotesi. Nell'ipotesi di cui al quesito numero 1 (ipotesi omicidiaria: secondo la quale il Rossi, prono e incosciente, è fatto scivolare fuori dalla finestra dal lato delle gambe, scorrendo con il busto sulla sbarra, tenuto da due soggetti ciascuno con una mano sotto la zona ascellare e l'altra sulla coscia) sono stati impostati livelli di rigidezza molto bassi, onde simulare la condizione di un corpo inanimato.
  Ebbene: in tutte le simulazioni dell'ipotesi in esame [quesito numero 1], lo scorrimento del busto sulla sbarra imprime al corpo una rotazione che comporta un impatto al suolo con la testa, in antitesi con quanto evidenziato dal filmato della telecamera di videosorveglianza.
  Invece, nella diversa ipotesi di cui al quesito numero 6 (ipotesi suicidaria: secondo la quale il Rossi, cosciente, si è volontariamente aggrappato alla sbarra metallica all'esterno della finestra del proprio ufficio, puntando con i piedi e le ginocchia contro il muro), le simulazioni con manichino virtuale antropomorfo hanno permesso di rilevare una elevata compatibilità con quanto osservabile in tale filmato, salvi ovviamente i movimenti muscolari volontari non preventivabili, come ad esempio l'abbassamento del braccio destro durante la fase aerea. Nonostante l'elevata compatibilità vi è, però, una difformità Pag. 65osservata nelle simulazioni virtuali rispetto al filmato della telecamera di sorveglianza, dal momento che le gambe impattano quasi dritte al suolo, anziché leggermente sollevate. Assunto, questo, che vale anche nell'ipotesi di una caduta dalla finestra del quarto piano.
  Quanto allo stato dei pantaloni indossati dal dottor Rossi, il personale del 118 rilasciò le seguenti dichiarazioni all'autorità giudiziaria, nel corso della seconda indagine (proc. pen. 8632/15): «ricordo un paio di pantaloni praticamente impeccabili» (v. SIT del 21 aprile 2016 a carico di Paolo Maurizio Colombo; «rammento che erano pantaloni neri perfettamente stirati» (v. SIT del 21 aprile 2016 a carico di Gianluca Monaldi); «sì, feci caso anche ai pantaloni. Erano perfettamente puliti. Forse solo un po' umidi perché quella sera stava piovigginando e quindi si erano un po' bagnati. Per il resto ricordo che i pantaloni, da quello che potevo notare, erano puliti» (v. SIT del 21 aprile 2016 a carico di Maria Coletta).
  Soltanto per completezza sono state effettuate simulazioni multi-body anche con riferimento alle ipotesi di cui ai quesiti numeri 3 e 4 (in cui il Rossi, in stato di incoscienza, venga tenuto sospeso trattenuto per i polsi da due soggetti, rispettivamente lasciando simultaneamente, o prima il destro e poi il sinistro, la presa dei polsi).
  Benché, infatti, come detto, entrambe si siano rivelate inverosimili già al momento delle prove sperimentali effettuate dal R.I.S., in loco, il 21 dicembre 2021, stante la pratica impossibilità di sostenere un corpo del peso di 70 kg. fuori da quella finestra senza essere a propria volta proiettati verso l'esterno, anche le simulazioni virtuali hanno esibito un risultato antitetico rispetto a quanto osservato nel predetto filmato: ossia, anziché il rimbalzo all'indietro dopo l'impatto, l'accasciamento del corpo su se stesso, dovuto ai modesti valori di rigidezza dei giunti articolari, così impostati al fine di simulare la condizione di una persona già precedentemente posta in stato di incoscienza.
  Infine, lo scorso 18 luglio 2022, nel corso dell'audizione dei rappresentanti del Reparto Investigazioni Scientifiche del Ra.CI.S., è stato confermato, in risposta a specifica domanda, che se il Rossi fosse stato cosciente, ma tenuto a penzoloni da parte di terzi e non fosse stato lui a tenersi autonomamente alla sbarra, la caduta avrebbe avuto una dinamica compatibile con quella del video della caduta.

7.5. Conferme e confutazioni alle precedenti relazioni tecniche. La relazione a firma dell'ingegnere Luca Scarselli, in data Monteriggioni, 18 agosto 2013.

  L'ipotesi contenuta nel quesito numero 6, posto dalla Commissione parlamentare al R.I.S. dei Carabinieri di Roma – ossia quella per cui il dottor David Rossi si sarebbe sospeso verticalmente fuori dalla finestra del suo ufficio, aggrappandosi alla sbarra di protezione, per poi lasciarsi andare in caduta libera precipitando al suolo nel vicolo sottostante – non è stata presa in considerazione nella consulenza dell'ingegnere Scarselli.
  Già la stessa formulazione di tale ipotesi consente, invero, di spiegare i dubbi sollevati dal consulente:

   la rilevata assenza di ogni moto di rotazione impresso al corpo (che viceversa si sarebbe avuto sia se Rossi si fosse lasciato andare dopo Pag. 66essersi posizionato seduto, sia se lo stesso si fosse gettato nel vuoto partendo da una posizione eretta con i piedi appoggiati sul davanzale);

   l'assai esigua distanza del punto di impatto dal muro antistante, invece spiegabile con l'altrettanto irrisoria forza orizzontale necessaria per staccare le mani dalla sbarra metallica;

   l'imbrattamento dei pantaloni e l'abrasione in punta delle scarpe (in direzione verticale), fenomeni altrettanto comprensibili se si immagina una persona vigile, sospesa nel vuoto e aggrappata alla sbarra nel modo indicato, inevitabilmente frizionando con le ginocchia e i piedi contro il muro.

7.6. La relazione a firma congiunta del tenente colonnello Davide Zavattaro e della professoressa Cristina Cattaneo, in data Roma e Milano, 6 dicembre 2016.

  La perizia del R.I.S. ha sostanzialmente confermato, e dunque corroborato, l'ipotesi sulla dinamica della precipitazione sviluppata nella consulenza Zavattaro-Cattaneo.
  Quest'ultima, calcolando la velocità di caduta grazie ai due frame a disposizione, tenuto conto del peso del corpo (70 kg.) e di un coefficiente medio di attrito, era infatti giunta alla conclusione che il bacino del Rossi, al momento dell'inizio del moto verso terra, si trovasse collocato ad una quota ricompresa fra 13,56 m. e 14,83 m. (v. pagina 25 della consulenza), dunque con un punto di partenza completamente esterno alla finestra e fortemente compatibile con la supposizione di una sospensione con le mani aggrappate alla sbarra metallica di protezione.
  Le conclusioni del R.I.S. hanno poi completato l'ipotesi del calpestio dei fili antivolatile, già formulata da Zavattaro e Cattaneo, spiegando perché il filo posto parallelamente al di sopra del tubo metallico di protezione fosse stato trovato penzolante e attribuendo tale circostanza, come detto, ad un'azione manuale e volontaria di sganciamento del filo dalla relativa molla.

7.7. Le considerazioni sulla dinamica della precipitazione contenute nell'atto di opposizione alla richiesta di archiviazione a firma dell'avvocato Paolo Pirani, in data 20 febbraio 2017.

  Alle pagine da 95 a 105 del sopra menzionato atto di opposizione alla (seconda) richiesta di archiviazione del procedimento, si rinvengono alcune specifiche considerazioni sulla cinematica della precipitazione.
  Si assume, in particolare, che se il dottor David Rossi si fosse lasciato cadere come ipotizzato nella consulenza Zavattaro, partendo da una posizione rannicchiata e con le mani aggrappate alla sbarra metallica di protezione, delle due l'una: o sarebbe entrato in collisione con il muro antistante con il viso o altre parti del corpo; oppure, qualora si fosse invece spinto indietro, ciò avrebbe determinato una rotazione del corpo o comunque un andamento leggermente diagonale, non verticale, della caduta.Pag. 67
  Ciò è stato smentito dagli accertamenti del R.I.S., che hanno portato a concludere, come visto, nel senso della piena compatibilità dell'ipotesi di un distaccamento volontario delle mani dalla sbarra orizzontale di protezione con il moto di precipitazione a candela osservabile nel filmato originale della telecamera di videosorveglianza, e ciò sia in forza dell'inclinazione verso l'esterno della parete del palazzo rispetto alla perpendicolare al suolo, sia in ragione dell'irrisoria forza orizzontale necessaria per compiere la mera azione di distacco delle mani dalla sbarra per proiettarsi nel vuoto.

8. I risultati degli esami autoptici.

  La Commissione parlamentare di inchiesta, nel corso dei lavori, ha preso in esame anche le consulenze autoptiche disposte, rispettivamente, la prima nell'ambito del proc. pen. n. 962/2013 mod. 44, la seconda nell'ambito del proc. pen. n. 8636/2015 mod. 44; tuttavia, ha ritenuto opportuno disporne una terza per un maggiore approfondimento di alcuni punti oggetto di specifici rilievi o di più accurata riflessione.

8.1. La consulenza medico-legale affidata dal pubblico ministero al professor Mario Gabbrielli, ordinario di Medicina-legale presso l'Università degli studi di Siena.

  La prima relazione di consulenza tecnica medico-legale è stata redatta, nell'ambito del proc. pen. n. 962/15 mod. 44, dal professor Mario Gabbrielli, il quale era stato incaricato dal pubblico ministero di riferire sulla causa della morte di David Rossi. Il professor Gabbrielli, dopo aver descritto nella sua relazione le operazioni di sopralluogo, si è soffermato sulle operazioni di consulenza che ebbero inizio alle ore 17 del 7 marzo 2013 presso la stanza settoria dell'obitorio del policlinico «Le Scotte» di Siena, alla presenza del consulente di parte della famiglia, dottor Maurizio Costantini. Prima di riferire sulle conclusioni adottate dal professor Gabbrielli, si ritiene però utile soffermarsi preliminarmente su alcuni elementi emersi nel corso dell'ispezione cadaverica prodromica all'esame autoptico. Il consulente, invero, all'esame esterno del cadavere, ha rilevato, particolarmente ai punti appresso specificati, quanto segue:

   al punto n. 14: all'avambraccio sinistro al terzo superiore, cerotto e garza, rimossi i quali si apprezzava un segno di agopuntura;

   al punto n. 15: all'avambraccio sinistro, in corrispondenza del terzo distale sulla faccia volare, n. 3 aree disepitelizzate, lineari, trasversali, parallele fra loro, a distanza di cm. 2,5 l'una dall'altra, superficiali, di cui la prossimale misurava cm. 2, la mediale, ricoperta da cerotto che veniva rimosso, cm. 3, e la distale cm.3;

   al punto n. 16: all'avambraccio sinistro, in corrispondenza del terzo inferiore sulla faccia volare, area disepitelizzata, di colorito rossastro, di forma irregolare, dalle dimensioni di cm. 4,5x0,5;

   al punto n. 17: al polso sinistro, sulla faccia dorsale, area violacea di forma irregolare, delle dimensioni di cm. 10x7, nel cui Pag. 68contesto si apprezzavano n. 3 aree di colorito rosso brunastre, lineare, trasversali, ciascuna della lunghezza di cm. 1;

   al punto n. 18: al polso sinistro sulla faccia radiale, n. 2 aree di colorito rossastro, lineari, parallele fra loro, della lunghezza di cm. 1 ognuna, distanza di circa cm. 2,5 l'una dall'altra;

   al punto n. 22: all'avambraccio destro, in corrispondenza del terzo medio alla faccia volare, complesso di fini aree disepitelizzate, di colorito roseo, di cui due prossimali, ad andamento trasversale rispetto al maggior asse del corpo, e una distale, a maggior asse obliquo, dall'alto verso il basso e da sinistra a destra, occupante una superficie complessiva di cm. 4x2,5.

  Orbene, con specifico riferimento alle lesioni agli avambracci, occorre fin d'ora richiamare alcuni documenti e alcune dichiarazioni di assoluto rilievo ai fini dell'approfondimento degli esiti suddetti. Si tratta di documenti afferenti all'esame del corpo della vittima, subito dopo la caduta nel vicolo Monte Pio, documenti riguardanti alcune delle suddette lesioni riscontrate agli avambracci, riferite anche dai consulenti delle parti offese nelle note prodotte al fine di supportare la richiesta di riapertura delle indagini:

   1) nella relazione del medico del 118, dottoressa Elisabetta Pagni, del 6 marzo 2013: si legge: «si segnala ferite lineari a livello superficie volare dell'avambraccio sinistro con presenza di due cerotti. Ferite lineari polso destro»;

   2) nel referto inviato all'autorità giudiziaria di Siena, sempre la dottoressa Elisabetta Pagni, appartenente alla centrale operativa «Siena 118» – Emergenza sanitaria territoriale della USL n. 7, – ha affermato che il 6 marzo 2013, alle ore 21.30, aveva riscontrato sul corpo di David Rossi quanto segue: «...presenza di ferite lineari a livello del polso sx con 2 cerotti a copertura delle stesse. Analoghe lesioni da taglio lineari anche al polso di destra (sup. volare) ...»;

   3) nel corso delle operazioni di sopralluogo, effettuate alle ore 22.30 del 6 marzo 2013, nel vicolo retrostante la sede storica del Monte dei Paschi di Siena, il consulente tecnico, professor Mario Gabbrielli, ha riscontrato: «...accanto al cadavere era un cerotto, uno era sul polso sinistro, sulla faccia volare...».

  Invero, sul punto rilevano anche le dichiarazioni rese dalla moglie di David Rossi, Antonella Tognazzi, e dalla figlia di lei, Carolina Orlandi.
  La moglie di David Rossi, Antonella Tognazzi, sentita dal pubblico ministero il 17 aprile 2013, ha dichiarato, in ordine alle ferite agli avambracci, quanto segue: «A DR. Mia figlia Carolina, la sera di martedì 5 (sul giorno sono sicura perché me lo ha ricordato mia figlia), mi disse che David aveva una serie di graffi all'altezza dell'avambraccio sinistro (preciso che David era destrimane). Chiamai David e chiesi di farmi vedere di cosa si trattava: lui mi mostrò i segni aggiungendo che si era graffiato in maniera accidentale. Ma io gli ribadii che quei segni non erano graffi accidentali. Egli allora mi disse semplicemente che: “...hai visto, nei momenti di nervosismo, quando vuoi sentire dolore fisico per Pag. 69essere più cosciente...”, frasi che io interpretai come una sua esigenza di sentirsi più presente a se stesso. Non mi preoccupai, anche perché era un fatto mai accaduto prima, peraltro David era anche pauroso del dolore fisico (non metteva ad esempio neanche il collirio), al punto che quando aveva qualche dolore, lo esagerava per esorcizzarlo. Io dissi a David che questi gesti avrebbero potuto spaventare Carolina e che decisamente che era il momento in cui doveva assumersi le responsabilità...» (doc. 1/1 libero pagine 392-395).
  La figlia della signora Tognazzi, Carolina Orlandi, sentita dal pubblico ministero il 18 aprile 2013, ha dichiarato:

  «Un'altra grande stranezza la notai la sera del martedì 5 marzo 2013 allorquando notai sul braccio di David alcuni segni. Io non riuscivo a capire di cosa si trattasse né come se li potesse essere procurati. Decisi allora di dirlo a mia madre affinché ne chiedesse contezza a David. Mia madre immediatamente lo chiamò chiedendogli spiegazioni. Ricordo perfettamente che egli, nel momento in cui parlava cercando di trovare una spiegazione plausibile, era fortemente imbarazzato e tentava di coprirsi il braccio tirando la manica della felpa. All'inizio disse di essersi tagliato con la carta per sbaglio ma, a seguito delle insistenze di mia madre, egli disse queste testuali parole: “Sai com'è, quando uno ha quei momenti in cui perde la testa per ritornare alla realtà ha bisogno di sentire dolore”. Il giorno successivo, parliamo del 6 marzo 2013, quando mi sono svegliata, sentivo che mia madre stava parlando con David con tono preoccupato, invitandolo a reagire e ad uscire dallo stato in cui versava. David uscì di casa e mia mamma chiamò telefonicamente il di lui fratello Ranieri, dicendogli, mentre piangeva, che era molto preoccupata per David, il quale era giunto a compiere atti di autolesionismo, invitandolo poi a parlare con lui...». (doc. 1/1 libero pag. 396).

8.2. Le conclusioni adottate dal professor Mario Gabbrielli.

  Ciò premesso, si riportano di seguito gli esiti della relazione del professor Gabbrielli, il quale, rispondendo ai quesiti del pubblico ministero, così conclude:

   1) la morte di David Rossi, tenuto conto dei dati tanatocronologici rilevati, è da farsi risalire a circa 20 ore prima dell'inizio delle operazioni di consulenza, avvenuto alle ore 17 del 7 febbraio 2013 (più correttamente, 7 marzo 2013);

   2) la morte fu determinata da shock traumatico per lesioni osteo-viscerali multiple toraciche (fratture costali multiple, stravasi emorragici polmonari endoalveolari, infiltrazione emorragica della radice aortica), encefaliche (frattura occipitale con edema cerebrale) e del rachide (frattura da scoppio di 1.4) e sopravvenne dopo pochi minuti dalla produzione delle lesioni;

   3) le lesioni mortali furono prodotte per violento urto della testa e del tronco contro una superficie rigida anelastica per precipitazione da grande altezza;

   4) al momento della morte l'uomo non era in stato di intossicazione alcoolica o da sostanze stupefacenti;

Pag. 70

   5) le lesioni da taglio agli avambracci e ai polsi, di modesta entità, furono prodotte poco prima della precipitazione per un meccanismo autolesivo;

   6) non sono stati rilevati segni attribuibili ad azione violenta di terzi;

   7) tenuto conto di quanto sopra espresso, vi è piena compatibilità con un evento suicidario.

  Dalla relazione risulta che il consulente di parte, dottor Maurizio Costantini, ha preso atto delle risultanze delle indagini istologiche e tossicologiche e non ha mosso rilievi od osservazioni, né ha rilevato alcunché in ordine alle conclusioni formulate dal professor Gabbrielli. Solo successivamente, i consulenti di parte hanno avanzato rilievi critici. Invero, l'ingegner Scarselli, consulente di parte, ha formulato rilievi soltanto sulla ricostruzione dell'accadimento, ma nulla ha osservato circa le conclusioni adottate nella consulenza medico-legale dal professor Gabbrielli. Invece, l'altro consulente di parte, professor Gian Aristide Norelli, ordinario di Medicina-legale presso l'Università di Firenze, ha formulato osservazioni e rilievi che, per la loro rilevanza e specificità, si ritiene di riportare integralmente: «La relazione del professor Gabbrielli inerente la morte di David Rossi, evoca non poche perplessità, sia con riferimento al merito, sia ed anzitutto al metodo con cui la relazione stessa è stata redatta. Il primo riferimento è, d'obbligo, alla mancata rispondenza fra il quesito posto (“...le cause che hanno determinato la morte...”) e le risposte date, inerenti aspetti ben ulteriori rispetto alle sole cause della morte (mezzi che hanno prodotto le lesioni, accertamenti tossicologici, riferimento a precedente condotta autolesiva, esclusione di azione violenta da parte di terzi, compatibilità con evento suicidario)... Dalla relazione del consulente tecnico, invece, emergono aspetti che risultano del tutto inesplorati e che rendono assai difficile la ricostruzione della vicenda. Vien da chiedersi, anzitutto, quale possa essere l'origine della lesività descritta dal consulente tecnico del PM al volto del soggetto, la cui genesi non si attaglia alla lesività che possa essersi prodotta nella caduta e neppure si attiene alla possibilità di un urto tangenziale o da scorrimento sul muro nella fase di precipitazione, sia per le caratteristiche intrinseche alla lesione, sia per il fatto che, ove il corpo avesse in qualche in modo impattato sulla parete, si sarebbe aggiunta una componente di spinta orizzontale che, pur se minima, avrebbe determinato uno scostamento del punto di impatto alla base della parete medesima diverso da quello osservabile nella specie. Analogamente può dirsi per quanto attiene la lesività alle braccia ed all'addome, eventualmente giustificabile con una dinamica di posizionamento sul davanzale assai complessa per un evento suicidario e soprattutto difficilmente compatibile rispetto ad un'indagine di sopralluogo che non sembra aver fornito elementi utili alla ricostruzione del fatto (anche se nella relazione del consulente tecnico del PM neppure si menziona un eventuale accesso sul luogo). Ed ancora, nulla si dice della lesività agli arti inferiori, del pari non giustificabile con la caduta né dell'origine della lesività toracica, di cui ci si limita ad enfatizzare la gravità (basti pensare che si parla di una depressibilità preternaturale diffusa del torace, bilateralmente, con effetto “sacco di noci”, quando in realtà le fratture costali risultano perlopiù composte e si ha a sinistra una sola frattura Pag. 71costale. Ancora, la ferita lacero-contusa occipitale si presentava di dimensioni assai ridotte e triangolare, come ridotta era la lesività cranica, poco compatibile con una precipitazione da altezza di circa 15 m e le “ferite” ai polsi si sono rivelate, in realtà, aree di mera disepitelizzazione, di cui neppure si è ritenuto necessario indagare se non l'origine, quantomeno la data di formazione (“...le lesioni da taglio agli avambracci e ai polsi, di modesta entità, furono prodotte poco prima della precipitazione per un meccanismo autolesivo”, recita il testo della consulenza tecnica, essendo evidente che, al contrario, non si tratta di ferite da taglio, posto che sono descritte come aree di semplice disepitelizzazione, senza discontinuità, dunque dei tessuti molli, ma soprattutto non si comprende quale ne sia stata la collocazione temporale rispetto alla precipitazione; ove si intendesse il termine “poco prima”, infatti, come alcuni minuti, sarebbe stato d'obbligo effettuare un'indagine sul mezzo con cui la lesione avrebbe potuto prodursi, che avrebbe dovuto permanere all'interno del locale. Diversamente, invece, se si fosse trattato di pochi giorni o di molte ore, allorché, cioè, il soggetto non avesse continuativamente albergato nella stanza ove si sarebbe determinato l'evento. Quanto, poi, all'assenza di segni attribuibili all'azione violenta di terzi, sembra doveroso domandarsi in base a quali elementi di certa dimostratività il consulente tecnico abbia inteso pronunciarsi, posto che, di tale aspetto, nella relazione non sono forniti alcuna elaborazione né alcun approfondimento».

8.3. Consulenza medico-legale affidata dal pubblico ministero alla professoressa Cristina Cattaneo, dell'Istituto di Medicina-legale dell'Università degli studi di Milano, e al tenente colonnello dell'Arma dei carabinieri dottor Davide Zavattaro, del R.I.S. di Roma.

  Anche sulla base delle osservazioni riferite dai consulenti di parte, il pubblico ministero, in data 16 dicembre 2015, nell'ambito del proc. pen. n. 8636/2015 mod. 44, ha conferito incarico alla professoressa Cristina Cattaneo e al tenente colonnello dell'Arma dei carabinieri dottor Davide Zavattaro, ex art. 359 c.p.p., di rispondere al seguente quesito: «Presa visione degli atti di causa (in particolare consulenze di parte a firma dell'ingegner Luca Scarselli e del professor Gian Aristide Norelli) e compiuto ogni necessario accertamento, dicano i consulenti se la morte di Rossi David sia riconducibile ad intervento di terze persone oppure sia riconducibile a gesto suicida. Riferiscano altresì quanto altro utile ai fini di giustizia. Qualora sia necessario, al fine di rispondere al quesito, di procedere alla riesumazione della salma del Rossi, i consulenti daranno avviso a questa procura».
  In data 6 aprile 2016, i predetti soggetti, dopo i primi accertamenti non comportanti atti irripetibili, rappresentavano la necessità di eseguire:

   l'esumazione del cadavere per poter proseguire ad indagini medico-legali dettagliate, comprensive anche di prelievi per indagini di laboratorio;

   un sopralluogo sul luogo dei fatti, finalizzato al riscontro di elementi emersi nel corso dell'accertamento effettuato nonché di misurazioni, riprese foto e video ed eventuali campionature dei luoghi. Pag. 72Quanto esposto dai consulenti comportava di proseguire gli accertamenti nei modi e nelle forme di cui all'articolo 360 del codice di procedura penale, dandosi avviso alle persone offese ed agli eventuali difensori.

  I suddetti consulenti, all'esito delle operazioni di consulenza, rispondevano al quesito formulato dal pubblico ministero con relazione del 6 dicembre 2016, che così concludeva: «Sulla base dei sopralluoghi effettuati, dell'insieme degli accertamenti svolti, di natura fisica, biologica, chimica e medico-legale, è stato possibile ottenere elementi importanti per una verosimile ricostruzione degli eventi che, pur non potendo avere la pretesa di essere assolutamente precisa in tutti i passaggi (stante la limitazione di aver dovuto lavorare a tre anni dal decesso e senza poter disporre di tutti i reperti), rappresenta comunque un quadro che presenta le caratteristiche di maggior probabilità e, soprattutto, coerente con tutti gli elementi acquisiti ed emersi».
  Sintetizzando le conclusioni, anche considerato che nei capitoli precedenti si è dato conto dei dettagli e dei singoli approfondimenti, appare opportuno suddividere la possibile ricostruzione in almeno tre fasi: a. Il periodo antecedente; b. L'uscita dalla finestra; c. La precipitazione.
  a. Il periodo antecedente. Consideriamo con questo termine il periodo di vita del Rossi dopo l'ultima testimonianza visiva della collega, quindi l'intervallo di circa un'ora e mezza prima del decesso. Molto verosimilmente, questo lasso di tempo è stato utilizzato per:

   uscire dal proprio ufficio e sporcarsi le suole con una sostanza biancastra;

   scrivere i biglietti di addio;

   tamponarsi una ferita.

  Non è possibile stabilire una cronologia esatta di questi tre eventi, tuttavia appare più ragionevole ritenere che il primo sia l'uscita dall'ufficio. Se in questo evento Rossi si fosse procurato anche la ferita al labbro (in linea con naso e pinna nasale, quindi compatibile con un colpo contro uno spigolo), avremmo una possibile giustificazione delle successive tamponature sui fazzoletti, anche se, come si è già detto, tali tamponature possono essere relative ad altre sedi anatomiche. Tra l'altro, non è stato possibile appurare che si tratti di sangue o di sangue del Rossi, dal momento che tali reperti non sono più disponibili. Inoltre, le condizioni di ordine e pulizia all'interno dell'ufficio, contestualmente ai verbali dei rilievi della polizia giudiziaria operante, nonché alla negatività degli esami tossicologici, non mostrano alcuna traccia riferibile ad attività concitate o violente, tantomeno di terze persone. Infine, si ritiene che i biglietti di addio siano autentici e spontanei. L'insieme di tutti questi elementi porta a ritenere che negli ultimi istanti di vita Rossi fosse da solo nel proprio ufficio; le indagini tossicologiche confermano, tra l'altro, che non era sotto l'effetto di sostanze psicotrope.
  b. L'uscita dalla finestra. L'ipotesi di un'uscita spontanea dalla finestra trova supporto, oltre che dalle condizioni di cui al precedente punto 'a', anche dagli elementi emersi a carico della finestra, in Pag. 73connessione con alcune ferite e abrasioni sul corpo e sugli indumenti del Rossi, in particolare:

   le deformazioni delle molle e dei fili antivolatile inferiori, che mostrano evidenti segni di schiacciamento, altamente compatibili con un calpestamento;

   segni di calpestamento anche sullo zoccolo in legno posto sul davanzale, che si presenta scheggiato sia internamente (nella parte centrale) che esternamente (più a sinistra);

   la piccola ferita sul lato destro della testa di Rossi mostra tracce di rame, compatibile con il materiale del nottolino superiore centrale di chiusura della finestra, a un'altezza di poco inferiore a 1,7 m, che ben si accorda con l'ipotesi che Rossi inizialmente sia salito in posizione eretta, appoggiando il piede sullo zoccolo in legno; la testa si sarebbe trovata, a questo punto, proprio in corrispondenza di questa asperità;

   le escoriazioni sulle due braccia, per la loro specifica forma, sono compatibili con strisciamenti delle medesime lungo lo spigolo del davanzale, sottoposte al peso del corpo;

   l'addome presenta striature ed ecchimosi compatibili ad analoga situazione di schiacciamento e strisciamento; la cintura può aver lasciato i segni della fibbia e la camicia può essere stata danneggiata per stiramento ed essere fuoriuscita dai pantaloni;

   la punta delle scarpe è abrasa; una sostanza compatibile con la tomaia è stata ritrovata sotto il davanzale, a distanze di circa 45 e 60 cm. La simulazione effettuata dal vigile del fuoco ha mostrato che queste sono zone «tipiche» di contatto della punta dei piedi durante l'uscita da quella finestra;

   la ferita sopra l'occhio sinistro mostra residui di materiale riconducibile al laterizio, coerente con un urto contro una parete in mattoncini (un lato della finestra o la parete verticale).

  Ciò posto, restano i vincoli sull'altezza di precipitazione (il bacino può avere una posizione di partenza da 40 cm. sopra il davanzale a 80 cm. sotto) e sulla posizione assunta dal Rossi nell'immediatezza della caduta. Potendo sussistere tante possibilità, tutte egualmente probabili, su come e in quanto tempo possa aver raggiunto la posizione finale (fermi restando i punti in elenco), ci si limita ad osservare che l'operazione non sembra essere stata «semplice». Un'ipotesi potrebbe vedere il Rossi superare la barra centrale (probabilmente provocando in questa fase la rottura del filo superiore) e pestare i fili antivolatile, dove si sarebbe girato dando le spalle al vuoto e, verosimilmente iniziando a portare il corpo al di fuori, urtando con le ginocchia contro la parete, poco prima di assumere la postura finale che, con molta ragionevolezza, pare essere quella con le braccia e i gomiti appoggiati al davanzale, con il busto eretto al di fuori dell'edificio. Le gambe potrebbero essere state, pertanto, a penzoloni, oppure puntate contro il muro. Questo comporterebbe un'altezza da terra del bacino di circa 13,90 metri, valore che si colloca, peraltro, nella fascia centrale delle possibilità consentite. Non sussistono altri elementi che consentano Pag. 74ulteriori precisazioni. Un'eventuale ipotesi omicidiaria che preveda, quindi, l'intervento di terzi e magari un'azione preventiva di tramortimento (che giustificherebbe l'assenza di grida), non spiegherebbe, viceversa, l'intero quadro degli elementi raccolti e, anzi, appare in contrasto con alcuni tasselli del mosaico.
  c. La precipitazione. Dal momento del distacco, avvenuto con alta probabilità prima con il braccio destro e poi con il sinistro (asimmetria dalle cause non determinabili), il corpo precipita per un periodo di circa 1,7 secondi, raggiungendo una velocità al suolo di circa 60 km/h. Non si esclude che nel corso della precipitazione l'effetto dell'attrito con l'aria possa aver fatto sollevare leggermente le gambe, formando con il pavimento un angolo di circa 50 gradi. Queste, al momento dell'impatto, rimbalzano in corrispondenza dei calcagni (o meglio della caviglia sul versante posteriore). La circostanza porta alla considerazione che le gambe non abbiano contribuito alla frenata; l'energia cinetica accumulata si è pertanto scaricata per gran parte sulle rimanenti parti del corpo che hanno impattato. La parte di energia residuale ha provocato il rimbalzo dell'intero corpo, che ha terminato il movimento con un secondo impatto, il quale ha coinvolto in maniera importante anche la nuca. Questi eventi hanno provocato numerose fratture scheletriche e lesioni viscerali che, a loro volta, hanno portato, dopo un'agonia durata più di 20 minuti, alla morte del Rossi. La Commissione, pur disponendo degli esiti della consulenza Cattaneo-Zavattaro, ha ritenuto di procedere comunque a un ulteriore approfondimento, disponendo una nuova consulenza tecnica medico-legale.

8.4. Consulenza medico-legale affidata dalla Commissione parlamentare a un collegio di consulenti composto dal professor Vittorio Fineschi, ordinario di Medicina-legale presso l'Università degli studi di Roma «La Sapienza», dal dottor Roberto Testi, direttore del Dipartimento di prevenzione ASL «Città di Torino» e dalla professoressa Antonina Argo, ordinario di Medicina-legale presso l'Università degli studi di Palermo.

  Per completezza di trattazione, si ritiene utile riportare integralmente, qui di seguito, i quesiti posti dalla Commissione e le risposte date dai consulenti suddetti:

  1. Verificare la natura e l'origine delle lesioni (ecchimosi) rinvenute sotto le ascelle e sulla coscia destra, e se le stesse possano anche essere compatibili con la rottura del filo antipiccioni superiore, posto al di sopra della sbarra di metallo presente a 35 cm di altezza dal davanzale della finestra della stanza del dottor David Rossi, nonché con l'eventuale presa da parte di soggetti terzi.
  In merito alle lesioni evidenziate, queste rispettivamente consistono in un complesso ecchimotico-escoriativo a livello della faccia volare del braccio destro la cui componente escoriativa, sebbene compatibile con un meccanismo di sfregamento del corpo del Rossi contro la superficie del davanzale della finestra del suo ufficio, mal lascia interpretare di tal guisa la componente ecchimotica sottostante. Inoltre, il complesso ecchimotico situato sulla faccia volare dell'avambraccio di destra, assume Pag. 75un aspetto figurato e dunque non immediatamente compatibile con una genesi da precipitazione.

  2. Verificare la natura e l'origine delle lesioni (ecchimosi) rinvenute sui polsi, in particolare sul polso sinistro, ove viene rinvenuta impressa la sagoma del quadrante dell'orologio, ed eventuale compatibilità con la presa da parte di terze persone.
  Per quanto concerne tale lesione, trattasi di complesso ecchimotico-escoriativo in sede di versante dorsale di polso sinistro, a disposizione circolare, in sede suggestiva di calzamento di orologio. In tal merito suole rammentare che, unitamente alla salma, veniva rinvenuto sul suolo della pubblica via ove il corpo stesso giaceva, un orologio Sector, modello «Expander 308», composto dal solo quadrante. Benché il distacco dell'orologio dal soggetto possa essere avvenuto nel corso della caduta, la presenza delle suddette lesioni può essere ricondotta sia al violento urto a terra dell'orologio nella fase in cui gli arti superiori del Rossi sono stati proiettati in alto e indietro, subito prima che il corpo assumesse la sua posizione finale, ma d'altra parte, non è possibile escludere con assoluta certezza, la riconducibilità ad un meccanismo compressivo indipendente dalla dinamica dei movimenti assunti dal soggetto nel corso della azione precipitativa. Tuttavia, una completa e adeguata comprensione dei meccanismi causativi di tale lesione in base ai dati circostanziali e obiettivi a nostra disposizione è da ritenersi impossibile.

  3. Verificare la possibile origine delle lesioni al volto, o di alcune di esse (in particolare, quelle al labbro inferiore e alla pinna nasale sinistra), se compatibili con un'azione violenta diretta a spingere sul naso e la bocca del Rossi un pezzo di stoffa o un altro materiale impregnato di qualche sostanza a effetto narcotico.
  Per ciò che concerne le lesioni elementari osservate al volto e, in particolare, quelle al labbro inferiore, si tratta di escoriazioni lineari, superficiali e sottili, che suggeriscono un contatto avvenuto con modalità di strisciamento contro una superficie acuminata e lineare. Non riteniamo sia possibile riferirle con certezza ad alcuna fase della precipitazione e dell'impatto al suolo ma, stante la genericità ed esigua rilevanza delle stesse, non riteniamo sia possibile attribuirle in modo credibile ad uno specifico meccanismo causativo. La tipologia lesiva ipotizzata dal predetto quesito risponde, all'interno della dottrina medico-legale, al nome di «occlusione oro-nasale» o «ostruzione degli orifizi respiratori». Tale fattispecie, distinta a sua volta in manuale o a mezzo di oggetti (quali fazzoletti o mezzi morbidi di materiale tessile) può essere considerata una forma di asfissia meccanica violenta, qualora esiti nel decesso della vittima, o rappresentare più semplicemente una forma di somministrazione di sostanze insidiose quali narcotici o altri stupefacenti. Le lesioni fratturative agli arti inferiori, ben ricostruibili dall'esame TC, indicano come il Rossi sia atterrato in piedi, con le gambe rigide e tese. La descritta posizione, con caviglia e ginocchia rigide, sostenute da una condizione muscolare massimale, riteniamo indichi univocamente come l'uomo fosse cosciente e con una reattività neuro-muscolare mantenuta nel momento in cui è giunto al suolo. L'ipotesi, perciò, che il Rossi fosse privo di conoscenza per l'utilizzo di sostanze volatili con effetto narcotizzante, non ci pare ragionevolmente sostenibile per cui, a conferma degli Pag. 76esami tossicologici già eseguiti, è possibile affermare che l'uomo era vigile durante la precipitazione e, soprattutto, al momento dell'impatto al suolo.

  4. Verificare se le lesioni al volto siano compatibili con l'esigua quantità di sostanza ematica rinvenuta sui fazzolettini ovvero se esse avrebbero dovuto produrre una fuoriuscita di quantità di sangue di gran lunga maggiore.
  È doveroso rimarcare come, in sede di sopralluogo, sia stato rinvenuto all'interno della stanza di ufficio del Rossi del materiale cartaceo bibulo imbrattato di liquido ematico che, seppur non sia mai stato tipizzato, qualora si presupponga essere appartenuto alla persona del Rossi, indurrebbe a presumere la sussistenza di lesioni antecedenti alla precipitazione dello stesso. Risulta tuttavia notevolmente arduo, se non addirittura impossibile, stabilire entro un grado di elevata probabilità scientifica la fonte di gemizio ematico che produsse tali tracce.

  5. Verificare la compatibilità delle lesioni rinvenute nella parte anteriore del corpo, nonché nella parte sotto-ascellare, con l'impatto al suolo del corpo con un'eventuale azione di soggetti terzi o comunque con eventi alternativi precedenti alla precipitazione e modalità differenti rispetto a quelli indagati dai consulenti Zavattaro e Cattaneo e posti a fondamento della ricostruzione dei fatti offerta dagli stessi consulenti nella relazione del 6 dicembre 2016. In particolare, verificare la possibile natura delle lesioni presenti sulla nuca.
  Abbiamo sottolineato come sia lecito porsi la domanda circa l'idoneità lesiva da parte della precipitazione nella genesi di alcune selezionate lesioni, di seguito riportate:

   il complesso lesivo a carico del volto (lesioni 1,2,3,4,5,6 con particolare riferimento alle lesioni 3-6);

   il quadro escoriativo a carico della superficie dorsale di polso sinistro (lesione 10);

   l'ecchimosi in corrispondenza della superficie volare di braccio destro (lesione 17);

   il complesso ecchimotico presente in corrispondenza del versante volare di avambraccio destro (lesione 18).

  Per tali lesività non possiamo escludere meccanismi traumatici differenti.

  6. Verificare se sia ancora oggi possibile effettuare più approfondite indagini tossicologiche dirette ad accertare l'eventuale presenza nell'organismo del Rossi di sostanze a effetto narcotico, attraverso l'utilizzo – ove ancora possibile – dei tamponi nasali a suo tempo prelevati in sede di consulenza da parte della dott.ssa Cattaneo.
  Dobbiamo evidenziare come le indagini tossicologiche effettuate non abbiano fatto reperire nessuna sostanza ad effetto narcotico ma tale affermazione deve essere letta nell'alveo di indagini effettuate su tampone nasale effettuato ad oltre 3 anni dalla morte e come siano trascorsi ulteriori 6 anni dal prelievo stesso, rendendo tale indagine molto limitata nell'attendibilità del dato laboratoristico. Inoltre, le indagini tossicologiche sui volatili risentono di una notevole limitazione insita nella stessa caratteristica peculiare di tali sostanze, ossia che si disperdono nell'aria Pag. 77in tempi piuttosto rapidi e da qualsiasi substrato. Per tale motivo un esame volto a ricercare sostanze volatili nei tamponi raccolti all'epoca della riesumazione del Rossi non permetterebbe un giudizio affidabile, utile a valutare se l'uomo, al momento della precipitazione, fosse incosciente ovvero vigile e reattivo. Tuttavia, come più sopra argomentato, la meccanica della tipologia delle lesioni fratturative osservate agli arti inferiori nonché la condizione muscolare massimale che rendeva gli arti rigidi durante la caduta, dimostra come l'uomo assumesse una postura del tutto impossibile per un soggetto privo di coscienza.
  Nel corso dell'audizione del 18 luglio 2022 dei consulenti medici-legali della Commissione, la professoressa Argo, in relazione alla lesività riscontrata all'avambraccio destro, ha precisato che: «[ ...] queste sono vibici, cioè impronte delle dita di una mano che colpiscono [ ...] noi possiamo dare una descrizione di massima dell'arco temporale di lesività recenti per approssimazione, cioè in epoca prossima rispetto al momento del decesso, parlando di arco di ore, che possono essere anche 24, o non recenti, che potrebbero essere di una settimana. Qui siamo in epoca prossima e recente, però ovviamente non c'è l'ora che scocca del destino e nemmeno esiste una formula magica che ci consenta di darne una rappresentazione esatta, tenendo anche conto del fatto che un piccolo bias osservazionale è dato dal fatto che i fenomeni biologici continuano post mortem».
  Sempre in merito alle lesività riscontrate sul corpo di David Rossi il dottor Testi ha fatto presente che «Quell'elenco di nove lesioni sulle quali non è possibile dare una certezza significa che non si possano attribuire con certezza ad un meccanismo causativo. Quando si parla di lesioni eteroinferte, possono essere determinate dall'azione violenta di terzi, ma possono essere anche accidentali. Noi non lo sappiamo, possiamo ipotizzare delle possibilità diverse, ma il dato tecnico scientifico non ci permette di essere perentori... Tuttavia, per onestà intellettuale e per dovere del nostro mestiere, non possiamo escludere che il meccanismo che ha determinato con le medesime modalità la lesione e la rottura del cinturino sia avvenuto per una forte compressione da parte di un terzo. Questo è sostanzialmente quello che noi abbiamo ricostruito [ ...] Quella lesione dal punto di vista morfologico ricorda una rotazione, fa pensare a una rotazione, quindi ben si può armonizzare con l'ipotesi di un afferramento e del polso che ruota all'interno della mano che lo afferra [ ...] Se i perni si sono rotti nell'impatto, è sicuramente compatibile con questa lesione. Se la lesione fosse stata preesistente, cioè legata a un afferramento, noi dobbiamo immaginare che l'orologio, ancora a malapena trattenuto da perni rotti, sia caduto insieme alla vittima e sia poi andato dove è finito».
  Altrettanto chiaramente, il professor Fineschi ha precisato: «Quando mi riferisco alla superficie volare del braccio destro, mi riferisco alla parte interna del braccio, al terzo medio di braccio, dove vi è una evidente ecchimosi, cioè un livido, per capirsi in termini più banali, che non si spiega, perché il dottor Rossi non ha un impatto con questa zona del corpo, con il braccio destro. Soprattutto, l'immediatezza della lesività non si spiega con questa ecchimosi che sembra essere, invece, di qualche ora precedente. Inoltre, vi è un complesso ecchimotico presente in corrispondenza dell'avambraccio destro. La superficie volare è questa, e quindi questa zona dell'avambraccio destro, la zona superiore ponendo Pag. 78il palmo della mano verso l'alto. Abbiamo riassunto queste lesività, perché, sforzandoci a lungo durante questi mesi di lavoro, non abbiamo saputo trovare una spiegazione logica, traumatica a queste lesività: alcune sono in zone tipiche o per lesività eteroinferta, come lo zigomo sinistro, oppure per afferramento, come il braccio e l'avambraccio. Vedete a livello zigomatico sinistro, in sopralluogo (e poi, come vi dicevo prima, è molto più evidente al tavolo settorio), quella zona che vedete che va dall'angolo laterale dell'occhio fino allo zigomo sinistro del dottor Rossi stesso. Questa è una lesività che può essere di tipo contusivo-escoriativo, quindi può essere un fatto eteroinferto. Il dottor Rossi non urta il volto durante la caduta – credo che questo sia oggettivo –, ma noi ci ritroviamo questa lesività, e neanche struscia il volto lateralmente, durante il periodo agonico che si protrae per una ventina di minuti. Le poniamo in discussione, presidente, perché sono lesività che francamente noi non ci siamo spiegati con la caduta. Qui c'è il particolare ancora più evidente, che noi abbiamo numerato con il numero 3, che è la parte zigomatica, e non a caso lo zigomo è la parte sporgente e quella più lesa in corso di colluttazioni o lesività eteroinferte. Poi c'è questa lesività, che noi abbiamo voluto rappresentare con questa linea rossa, che corre lungo il volto del dottor Rossi. Vedete in alto, con il numero 1, c'è quella piccola lesività alla bozza frontale di destra. Poi vi sono ulteriori aree escoriative, numerate 4,5 e 6 sul dorso del naso. Sono compatibili con la caduta? Il dottor Rossi non urta mai il volto durante l'impatto al suolo. Che cosa le può avere prodotte? Noi abbiamo pensato a un'ipotesi, poi magari la professoressa Argo e il dottor Testi entreranno più nel merito. Abbiamo pensato che, visto anche che da queste non gemeva sangue – perché al momento del sopralluogo nessuno descrive sangue provenire da queste lesività – se le possa essere prodotte qualche ora prima. Considerate anche che c'è un'epistassi, cioè esce un po' di sangue da una coana nasale – si vede bene in alcune foto fatte a Siena –, ma come temporalità queste non si spiegano con la caduta. Questo è il riassunto dei quesiti che ci erano stati posti. Queste lesività hanno queste caratteristiche, che abbiamo fatto vedere, nel senso che non sono lesività immediatamente e direttamente attribuibili alla caduta – poi farò vedere che nelle ultime diapositive c'è un'ulteriore particolarità –, e sono difficilmente databili. Lo potevamo fare, ma tali lesioni non sono state prelevate in sede di autopsia, presidente, quindi non è possibile oggi interpretarle. Questo è un ulteriore dato, però possiamo attribuire questo sanguinamento nell'immediatezza della precipitazione? Considerate che questa è la camicia del dottor Rossi, che è completamente indenne da sanguinamento. Le facciamo ancora retrodatare di qualche ora? Possibile, perché se una persona sanguina e se soprattutto ha una epistassi, è chiaro che la camicia generalmente si sporca e lui non aveva macchie».
  D'altra parte, lo stesso professor Fineschi ha chiarito: «Allora, consideriamo la natura del mezzo che assorbe, i fazzolettini. Consideri che una macchia di sangue quando viene tamponata da un fazzolettino, si allarga molto. Quel poco sangue che abbiamo visto secondo noi non si riferisce all'epistassi, perché l'epistassi è sempre più copiosa e spesso ci vuole più di un fazzolettino. Per quanto attiene a che cosa può aver tamponato il fazzolettino, quindi assorbirsi di sangue, devo dire che non me la sento di fare le ipotesi che fa Zavattaro per il motivo che qualsiasi piccola lesività poteva produrre quel poco sangue, che per noi è un limite Pag. 79fondamentale, perché non sappiamo neanche se è di Rossi. Lo ripeto tutte le volte perché per noi è fondamentale».
  Il dottor Testi, infine, nell'esprimere una sua valutazione complessiva sugli esiti dell'attività peritale svolta, ha concluso che «è sicuramente un suicidio molto strano, nel senso che noi ci siamo molto interrogati. Abbiamo una certa esperienza, il professor Fineschi e la professoressa Argo sicuramente più della mia, ma tra tutti quanti un po' di casi ne abbiamo visti e di suicidi avvenuti con questa modalità io non ne ho mai incontrati».

9. Le attività di indagine svolte nella notte tra il 6 e il 7 marzo 2013.

  La sera del 6 marzo 2013 le indagini della autorità giudiziaria sulla morte di David Rossi hanno avuto inizio pochi attimi dopo la telefonata con la quale Bernardo Mingrone, dopo aver richiesto l'intervento di una ambulanza chiamando il 118, ha comunicato il tragico evento ai Carabinieri.
  In vicolo Monte Pio, dove gli operatori del Pronto Soccorso erano già intervenuti pochi attimi prima, sopraggiungevano a bordo di una volante della Polizia di Stato il sovrintendente Livio Marini e l'assistente Federico Gigli, seguiti dal comandante provinciale dei Carabinieri, il colonnello Pasquale Aglieco. Quest'ultimo riferiva di essersi recato nei pressi del Monte dei Paschi di Siena per acquistare le sigarette da un distributore automatico, di aver notato la volante e di aver seguito l'equipaggio perché incuriosito.
  Il colonnello Aglieco, dopo essersi qualificato e aver svelato l'identità della persona che giaceva sulla strada, impartiva disposizioni ai poliziotti affinché si recassero presso l'ufficio del Rossi e provvedessero a impedire l'accesso ad altre persone in attesa di ulteriori determinazioni assunte dalla autorità giudiziaria. Tale operazione veniva eseguita dal sovrintendente Marini, che si preoccupava di chiudere la stanza, di conservare con sé la chiave e anche di documentare le condizioni nelle quali si trovava l'ufficio, realizzando, attraverso la videocamera del proprio telefono, un video che è stato poi acquisito agli atti (formalmente, la Squadra mobile della questura di Siena ha depositato un CD-ROM contenente il video con una nota a firma del dirigente Sabato Fortunato il 12 marzo 2013).
  Nel frattempo, a seguito della diffusione della notizia del decesso, sopraggiungevano, nel volgere di poco tempo, i vertici locali dei Carabinieri (il colonnello Mortillaro, il capitano Manichino, il tenente Cetola) e altri sottufficiali e carabinieri (in particolare, l'allora maresciallo Cardiello e i componenti dell'equipaggio radiomobile, ossia il brigadiere Gaudino e il carabiniere scelto Careddu), la dirigente della squadra volanti della questura (il vicequestore Alessia Baiocchi) e l'assistente Federica Romano del gabinetto provinciale della Polizia scientifica, insieme al sovrintendente capo Ugo Micheli e l'assistente capo Domenico Antonio Cozza.
  Giungevano in loco anche i pubblici ministeri Nicola Marini, Antonino Nastasi e Aldo Natalini. È sicuramente singolare l'intervento di tre magistrati, soprattutto se la tesi del suicidio iniziava già a farsi strada come la spiegazione più probabile dell'evento. È anche vero, però, che la giustificazione di tale iniziativa è senz'altro plausibile: in Pag. 80quel periodo, infatti, fervevano le indagini sulle vicende che vedevano coinvolto il Monte dei Paschi di Siena e i suoi vertici e, pertanto, Nicola Marini, che era il pubblico ministero di turno, aveva chiesto ai due colleghi, titolari dei fascicoli sulla banca, di recarsi sul posto, in modo tale da poter cogliere eventuali collegamenti con il tragico episodio (del resto, poco dopo, con provvedimento del 5 aprile 2013, il pubblico ministero, dottor Natalini, ha disposto l'acquisizione agli atti del procedimento n. 874/2013 delle dichiarazioni rese da Mingrone, Viola, Galgani e Ciani).
  Le audizioni svolte dalla Commissione di inchiesta hanno consentito di accertare che in quegli attimi l'attività degli inquirenti era febbrile e aveva dato luogo anche a incomprensioni e dissidi, come, ad esempio, quello riguardante la competenza a svolgere la funzione di polizia giudiziaria, contesa tra i Carabinieri, nella persona del colonnello Aglieco, e la Polizia di Stato, nella persona del vicequestore Baiocchi, e risolta in favore della seconda da parte del dottor Nicola Marini.
  Le audizioni svolte dalla Commissione e la documentazione acquisita nel corso dell'inchiesta parlamentare (e, in particolare, le registrazioni audio acquisite dalle centrali operative di polizia e carabinieri, alcune delle quali, peraltro, non erano state fornite alla autorità giudiziaria) hanno altresì consentito di ricostruire minuziosamente, sotto il profilo cronologico, gli eventi che si sono susseguiti in questi concitati frangenti, nonché di rilevare anche profili di incongruenza che è opportuno segnalare nel dettaglio.
  Alle ore 19.43.20 – come risulta dalle riprese della telecamera di sicurezza n. 6 (tenendo conto dei 16 minuti in avanti rispetto all'orario reale riportato dal sistema di registrazione delle telecamere) – David Rossi precipita al suolo dalla finestra del suo ufficio e muore dopo un'agonia che verrà stimata in 22 minuti.
  Alle ore 20.43, il dottor Mingrone contatta il 118 per chiedere l'intervento di un'ambulanza a Rocca Salimbeni.
  Alle ore 20.44, il dottor Mingrone chiama la centrale operativa dei Carabinieri (operatore Angelo Ciampi) per richiedere l'intervento di un equipaggio a piazza Salimbeni.
  Alle ore 20.46 l'operatore della centrale del 118 chiama la centrale operativa dei Carabinieri per chiedere conferma circa la notizia di una persona che si «sarebbe gettata da una finestra».
  Alle ore 20.47, il dottor Mingrone chiama nuovamente la centrale operativa dei Carabinieri, sollecitando l'intervento. L'operatore (brigadiere Angelo Ciampi) riferisce che «sta arrivando una macchina della Polizia».
  Alle ore 20.48, il dottor Mingrone contatta nuovamente il 118 per sollecitare l'intervento. Durante la telefonata si sentono in sottofondo le sirene del mezzo di soccorso in arrivo.
  Alle ore 20.49 l'ambulanza del 118 arriva a piazza Salimbeni. L'acquisizione delle schede del 118 consente di affermare che l'ambulanza arriverà all'Arco dei Rossi intorno alle 20.53 per identificare il chiamante e dirigersi poi verso il vicolo Monte Pio.
  Alle ore 20.49 la sala operativa della questura (operatore agente Mirko Mottula) contatta il 118 per sapere se sono giunte segnalazioni per un intervento in via Dei Rossi.Pag. 81
  Alle ore 20.52 il colonnello Aglieco chiama la centrale operativa del 112, riferendo che la persona coinvolta probabilmente è David Rossi e dispone l'invio sul posto di una pattuglia.
  Alle ore 20.54: la volante del 113 (presumibilmente l'agente Gigli) segnala alla sala operativa che ha già raggiunto l'obiettivo.
  Alle 20.56 il questore Benedetti chiama la centrale operativa della questura, riferendo di essere stato avvertito della morte di David Rossi e fornendo all'interlocutore dettagli su David Rossi e le sue attività professionali e sulle vicende relative al Monte dei Paschi di Siena.
  Alle ore 21.04 personale della questura di Siena riferisce la situazione in corso all'ufficio del Ministero dell'interno.
  Alle ore 21.05 il carabiniere Careddu contatta la centrale operativa (operatore brigadiere Alessandro Scarfone) e, per conto del «colonnello», chiede l'invio di un'altra pattuglia.
  Alle ore 21.08 il brigadiere Rocco Gaudino ricontatta la centrale operativa (operatore brigadiere Alessandro Scarfone) e, per conto del comandante, chiede chi sia il pubblico ministero di turno. La centrale operativa risponde di non essere in grado di dare questa informazione perché possiede soltanto il numero di telefono che l'ufficio fornisce per contattare il magistrato di turno. A questo punto il brigadiere Gaudino dice di aspettare perché intende comunicare la circostanza al colonnello. L'inchiesta della Commissione ha consentito di accertare che – anche contrariamente a quanto si legge nella richiesta di archiviazione a firma dei dottori Marini e Natalini – non sono state le forze dell'ordine ad avvisare il magistrato di turno. In realtà il dottor Nicola Marini è stato reso edotto dal dottor Nastasi, che aveva ricevuto la notizia da Paride Minervini che, a sua volta, era stato avvisato da Roberto Rossi. Questa catena di comunicazioni ha inizio con la telefonata che Gian Carlo Filippone, prima ancora di avvisare i soccorsi, fa appunto a Roberto Rossi.
  Alle ore 21.10 la sala operativa della questura (operatore Mirko Mottula) contatta il 118 per conoscere l'identità della persona precipitata; nella parte finale della telefonata l'operatore afferma che potrebbe trattarsi di David Rossi.
  Alle ore 21.20 il carabiniere Pietro Careddu contatta la centrale operativa (operatore Angelo Ciampi) e comunica che sta andando a prelevare il pubblico ministero Marini. Riferisce inoltre che sul posto rimangono Gaudino, Maria (carabiniere in servizio alla stazione di Siena Centro), Cardiello e il colonnello Aglieco. L'operatore riferisce che Ciampi, inoltre, gli comunica che sul posto (Rocca Salimbeni) sta sopraggiungendo la pattuglia della stazione Asciano.
  Alle ore 21.38 il maresciallo Cardiello contatta la centrale del 118 chiedendo l'attivazione del carro funebre per la rimozione della salma.
  Alle ore 00.29 l'assistente capo Cozza, mentre si trova presso l'abitazione di David Rossi per eseguire le perquisizioni e i sequestri con i pubblici ministeri Nastasi e Natalini, chiama la centrale operativa della questura per avere il numero telefonico dell'assistente Federica Romano del gabinetto provinciale di Polizia scientifica. Dalla conversazione si evince che in quel frangente l'assistente Romano giunge presso l'abitazione di David Rossi. La Commissione rileva pertanto un'incongruenza con quanto riportato nelle verbalizzazioni circa la presenza dell'assistente Romano in quel medesimo momento nell'ufficioPag. 82 di David Rossi in piazza Salimbeni per eseguire il sopralluogo di Polizia scientifica.
  Le attività compiute a cavallo tra il 6 e il 7 marzo sono state comunque documentate nel fascicolo affidato ai pubblici ministeri Marini, Nastasi, Natalini e Grosso, iscritto il successivo 7 marzo 2013 al n. 962/13 del RGNR nei confronti di ignoti per l'ipotesi di reato contemplata dall'articolo 580 c.p. (istigazione o aiuto al suicidio).
  Una prima informativa della questura di Siena, Ufficio prevenzione e soccorso pubblico, Squadra volanti, a firma del vicequestore aggiunto Sabato Fortunato, trasmessa alla procura della Repubblica di Siena, raccoglie gli atti compiuti nel corso della sera precedente. Si tratta di attività investigative piuttosto varie.
  L'elenco degli allegati si apre con l'annotazione a firma del sovrintendente Livio Marini che descrive le operazioni compiute subito dopo l'arrivo in loco e nel periodo immediatamente successivo.
  L'annotazione, molto dettagliata e chiara nel descrivere le sequenze investigative e le persone presenti, riferisce anche delle disposizioni impartite dal dottor Nicola Marini volte a rintracciare coloro che avrebbero potuto riferire circostanze utili per il prosieguo delle indagini e ad assicurare luoghi e cose attraverso l'esecuzione di sequestri. Si apprende così che l'ufficio di David Rossi veniva sottoposto a sequestro: il vincolo veniva estrinsecato con l'apposizione di sigilli e rafforzato attraverso il piantonamento ad opera di personale della Squadra mobile (assistente Gianluigi Forconi e, successivamente, assistente Mais).
  Emerge pure che si provvedeva ad acquisire, con l'aiuto del tecnico Luigi Secciani, le immagini della telecamera a circuito chiuso che aveva ripreso la caduta di David Rossi (anche tale video è stato trasmesso il successivo 12 marzo 2013 con la citata nota a firma del vicequestore aggiunto Fortunato).
  Le audizioni compiute successivamente dalla Commissione hanno tuttavia fatto emergere, insieme all'esistenza di un altro filmato, anche particolari incertezze in ordine alle modalità attraverso le quali fu compiuta l'estrazione del filmato, su coloro che presero parte all'operazione, sui criteri seguiti per selezionare le porzioni ritenute rilevanti e, infine, sul supporto utilizzato per conservarlo.
  Tra gli allegati all'informativa de qua figurano anche la relazione medica con la constatazione di decesso, redatta dagli operatori di Pronto soccorso, e il verbale di rimozione di cadavere e altri verbali di sequestro (dell'ufficio di David Rossi) e di rinvenimento di oggetti (si tratta, più precisamente, del portafoglio di David Rossi, del quale è compiutamente descritto il contenuto).
  È pure allegato al medesimo atto il verbale di sommarie informazioni rese da Massimo Riccucci (portiere dell'immobile) e, infine, l'invito rivolto a Ranieri Rossi e Simonetta Giampaoletti (rispettivamente fratello e cognata di David Rossi, che si impegnano a riferire quanto comunicato loro anche alla moglie del defunto) a presentarsi il successivo 7 marzo 2013 presso gli uffici della procura della Repubblica per presenziare al conferimento dell'incarico a un consulente per lo svolgimento degli accertamenti autoptici.
  Tra gli atti di indagine compiuti durante la sera del 6 marzo compaiono i verbali di sommarie informazioni rese da Bernardo Pag. 83Mingrone, Gian Carlo Filippone e Lorenza Bondi. Si tratta delle persone che erano presenti sul luogo nell'immediatezza dei fatti e che furono escusse presso la stazione dei carabinieri di Siena centro. Bernardo Mingrone è colui che si preoccupò di contattare i soccorsi e i carabinieri: egli descrive i suoi rapporti con David Rossi e il suo stato d'animo nei giorni precedenti il decesso per poi riferire quanto accaduto quella sera. Gian Carlo Filippone è colui che, recandosi presso l'ufficio di David Rossi insieme a Carolina Orlandi su sollecitazione di Antonella Tognazzi, constatò il tragico evento. Anch'egli descrive i suoi rapporti con il defunto e quanto accaduto il pomeriggio e la sera del 6 marzo. Lorenza Bondi, vice capo dell'ufficio stampa del Monte dei Paschi di Siena, è colei che si trovava nei pressi dell'ufficio di David Rossi negli attimi più prossimi alla caduta. Dopo aver descritto il carattere di David Rossi e il suo comportamento nei giorni precedenti, racconta di essere uscita alle 20.05 e di essere passata davanti all'ufficio di David Rossi, precisando che la porta era aperta e la luce era accesa, ma che dentro non vi era nessuno.
  Nel medesimo lasso temporale, mentre il dottor Marini rimaneva sul posto a coordinare le attività investigative, i dottori Nastasi e Natalini, unitamente al vicequestore aggiunto Sabato Fortunato (dirigente della Squadra mobile) e al sostituto commissario Ugo Micheli, si recavano presso l'abitazione di David Rossi per svolgere una perquisizione. Un'attività che, come emerso dalle audizioni svolte dalla Commissione, non fu priva di momenti carichi di tensione tra gli inquirenti e i familiari del defunto.

10. Le attività di indagine svolte dal 7 marzo fino alla prima ordinanza di archiviazione.

  Le investigazioni sono proseguite anche nei giorni successivi, con il compimento di altre attività ritenute utili per delineare il contesto nel quale si collocava l'evento. Già il 7 marzo 2013, i pubblici ministeri Nastasi, Natalini e Grosso disponevano l'acquisizione dei tabulati delle utenze in uso a David Rossi al fine di «ricostruire i contatti tenuti negli ultimi mesi». Tale prospettiva di indagine veniva poi ampliata, il successivo 11 marzo 2013, con un provvedimento attraverso il quale il dottor Nicola Marini incaricava la Polizia postale di provvedere all'acquisizione delle chiamate inoltrate e ricevute dal telefono fisso dell'ufficio. L'operazione veniva effettuata già il giorno successivo e consentiva di accertare che l'ultima conversazione effettuata risaliva alle 18.08 del 6 marzo 2013 ed era avvenuta con un'utenza riconducibile a Lorenza Pieraccini. I tabulati delle utenze mobili intestate al Monte dei Paschi ma in uso a David Rossi venivano invece analizzati dal Nucleo speciale di Polizia Valutaria della Guardia di finanza, che riferiva con un'annotazione depositata in procura il 7 giugno 2013.
  Nella stessa data, una seconda informativa, redatta questa volta dalla Squadra mobile della questura di Siena, a firma del dottor Sabato Fortunato, trasmetteva alla procura della Repubblica gli esiti di altre attività compiute il giorno precedente. Si tratta, più precisamente, del verbale di sequestro eseguito all'esito della perquisizione compiuta nella abitazione di David Rossi, del verbale dei rilievi effettuati dalla Polizia scientifica e dell'annotazione contenente le generalità dei prossimiPag. 84 congiunti del defunto e la documentazione dell'avviso loro rivolto per renderli edotti del successivo compimento dell'esame autoptico. Dall'analisi di tali atti emerge che presso l'abitazione di David Rossi fu prelevata una cospicua quantità di materiale: oltre a due rubriche cartacee, infatti, gli inquirenti sottoposero a sequestro numerose pen drive, un telefono cellulare, degli hard disk, un computer portatile, un iPad. L'autorità giudiziaria sequestrava pure la chiave della autovettura del defunto (una BMW X3), che nella mattinata successiva è stata sottoposta alla attività di ricerca della prova, con esito positivo, ma sostanzialmente irrilevante per le indagini, poiché è stato rinvenuto soltanto un iPod contenente brani musicali. Il verbale redatto dall'assistente Federica Romano si limitava, invece, alla sommaria enunciazione delle attività compiute, consistite nell'effettuazione di rilievi descrittivi e fotografici, con la precisazione che il supporto sarebbe stato trasmesso successivamente.
  Sempre il 7 marzo 2013, i pubblici ministeri Nastasi, Natalini e Grosso, insieme al personale del Nucleo speciale di Polizia Valutaria della Guardia di finanza di Roma e della Polizia postale di Siena accedevano nuovamente nell'ufficio di David Rossi per procedere a ulteriore attività di ricerca della prova consistita in perquisizioni e ispezioni informatiche, alle quali, peraltro, assisteva il tecnico Stefano Pieri, quale amministratore di sistema per l'area della Direzione generale di Rocca Salimbeni. Pure in questo caso, l'attività di investigazione conduceva al sequestro di una cospicua quantità di oggetti (un registratore digitale, una Sim card, 4 fotocopie con appunti e articoli di giornale, sette agende di colore nero e due quaderni di appunti, due computer portatili, un hard disk del computer fisso, un iPhone e un altro telefono Blackberry). Nel contempo, si ordinava il backup della casella di posta elettronica del defunto e si otteneva la consegna, in formato digitale, dei file di log nell'intervallo di tempo dalle ore 20 del 6 marzo alle ore 12 del 7 marzo 2013. È significativo ricordare che nel compimento di tali indagini emergeva che l'utenza intestata a David Rossi e le relative credenziali per accedere al computer fisso erano state disattivate e in quel frangente, per rimuovere l'ostacolo, si rendeva necessaria la creazione di una nuova parola-chiave per permettere al personale della Polizia postale di svolgere le proprie indagini. Tale circostanza è stata oggetto di approfondimento nel corso dell'inchiesta condotta dalla Commissione.
  Sempre nel corso del medesimo sopralluogo, si formalizzava il sequestro dei biglietti rinvenuti la sera precedente nel cestino dei rifiuti con i quali il defunto avrebbe manifestato le proprie intenzioni suicidarie.
  A tale riguardo, si segnala che la Commissione ha incaricato il Reparto Tecnologie Informatiche del Ra.C.I.S. di accertare se vi sia stata una divulgazione anticipata del contenuto dei bigliettini ritrovati. Ciò in quanto nella cartella «posta in arrivo» del programma Outlook è stato rinvenuto un messaggio delle ore 22.06 del 6 marzo 2013 da parte di Google alert, contenente tre richiami, tra cui uno relativo a un articolo de Il Fatto Quotidiano dal titolo «Monte dei Paschi, muore suicida l'ex portavoce di Mussari», nel quale si menzionava il contenuto dei bigliettini. Dalle indagini esperite dal Reparto è emerso che «l'articolo in parola è stato pubblicato in data 6 marzo alle ore 21.55» [...] Pag. 85e «non ci sono altre versioni del pezzo in parola». Non risultano evidenze riguardo a possibili fughe di notizie relative all'accaduto in considerazione dell'orario segnalato.
  L'attività di investigazione consentiva, infine, di rinvenire le chiavi di un ufficio sito nella sede milanese del Monte dei Paschi, in via Borgonuovo, e nella disponibilità di David Rossi. La perquisizione dava anche qui esito positivo e l'intero ufficio veniva sottoposto a sequestro (fino al 22 luglio 2013, data del provvedimento di restituzione), previa selezione di alcuni oggetti ritenuti di maggiore interesse. L'iniziativa della polizia giudiziaria veniva poi convalidata dal pubblico ministero della procura della Repubblica presso il tribunale di Milano e agli atti del fascicolo senese è stato così riunito il fascicolo n. 1909/13 RGNR mod. 45 K dell'autorità giudiziaria milanese. In particolare, era oggetto di una distinta operazione l'acquisizione del computer che veniva custodito nell'ufficio, opportunamente sigillato fino al successivo 28 marzo 2013, data in cui si svolgevano le attività di copia forense dell'hard-disk (l'operazione veniva materialmente condotta dall'ausiliario di polizia giudiziaria Marco Bordigon).
  Dal canto suo, sempre il 7 marzo 2013, l'altro pubblico ministero, il dottor Nicola Marini, conferiva al professor Mario Gabbrielli l'incarico di acclarare, nel termine di sessanta giorni, le cause della morte di David Rossi. All'atto presenziavano anche i prossimi congiunti personalmente (Ranieri Rossi, Simonetta Giampaoletti e Filippo Rossi) e il loro difensore, che nominavano un consulente tecnico di parte. La relazione, che concludeva per la piena compatibilità con un evento suicidario, è stata depositata il 4 maggio 2013, insieme alla documentazione fotografica e agli esiti degli esami tossicologici. Oltre a ispezioni, perquisizioni e sequestri, proseguiva l'assunzione di informazioni dalle persone che a vario titolo potevano riferire sulla vicenda e, più ampiamente, sul contesto nel quale si collocava la morte di David Rossi. L'8 marzo 2013 il dottor Fabrizio Viola veniva escusso dai pubblici ministeri Marini, Nastasi e Natalini. In pari data, pervenivano presso la procura della Repubblica, inoltrate dal professor Mucciarelli (difensore del Monte dei Paschi di Siena), le copie delle e-mail che David Rossi aveva scambiato con Fabrizio Viola il 4 marzo 2013. Come noto, in tali messaggi, che sono poi allegati al verbale di sommarie informazioni, David Rossi esternava tutte le proprie preoccupazioni e manifestava l'intenzione di avere un contatto con gli inquirenti. È interessante notare che nel documento lo scambio non appare completo, ovvero mancano alcuni messaggi (non soltanto l'e-mail che faceva esplicito riferimento al suicidio, ma anche l'ultima, con la quale David Rossi pare rassicurato). Anche per tale ragione, il dottor Viola è stato nuovamente escusso il 21 marzo sul contenuto delle altre e-mail.
  Le audizioni di persone informate sui fatti si sono protratte nel tempo fino a porsi a ridosso della conclusione delle indagini: l'11 marzo 2013 i pubblici ministeri ascoltavano la consulente Chiara Galgani, collaboratrice di David Rossi, e il 13 marzo la consulente Carla Ciani, incaricata di seguire i dirigenti di Monte dei Paschi dal punto di vista psicologico, che ha raccontato di aver incontrato per circa due ore David Rossi proprio la mattina del 6 marzo e di averlo trovato particolarmente agitato e ansioso.Pag. 86
  Il 17 aprile 2013 veniva escussa Antonella Tognazzi e, il giorno successivo, Carolina Orlandi. Il 26 giugno 2013 veniva ascoltato ancora Ranieri Rossi. Il 5 luglio 2013, la procura ascoltava i giornalisti Davide Vecchi, Domenico Mugnaini e Tommaso Strambi. L'8 luglio 2013, invece, veniva escussa Ilaria Maria Dalla Riva, all'epoca dei fatti direttore delle risorse umane e comunicazione interna del Monte dei Paschi di Siena. Il 9 marzo 2013, la Polizia postale provvedeva ad effettuare le operazioni di analisi ed estrazione di dati dei dispositivi informatici acquisiti.
  Il 10 aprile 2013 i pubblici ministeri Natalini e Marini emettevano un altro provvedimento, che è stato oggetto di particolare attenzione e approfondimento investigativo da parte della Commissione. Si tratta dell'atto con il quale si dispone la restituzione dell'ufficio di David Rossi e, contemporaneamente, il sequestro dei fazzolettini sporchi di sangue e delle pellicole protettive di cerotti che erano stati rinvenuti in loco. Tali operazioni venivano poi materialmente eseguite il 12 aprile 2013 e, nell'occasione, si procedeva al sequestro di tre paia di forbici rinvenute sul posto e ritenute utili ai fini dell'accertamento. Il 14 maggio 2013, il Gabinetto provinciale di Polizia scientifica provvedeva al deposito dei rilievi tecnici compiuti in tale occasione. Il 7 giugno 2013 alcuni oggetti sequestrati (computer, pen drive, telefoni cellulari e hard-disk) venivano restituiti ad Antonella Tognazzi. Il 10 giugno 2013 si presentava presso gli uffici della procura della Repubblica proprio Antonella Tognazzi, che veniva ascoltata, su disposizione del dottor Natalini, dal maresciallo Tistarelli della sezione di polizia giudiziaria, aliquota della Guardia di finanza. La signora Tognazzi, le cui dichiarazioni venivano prima assunte oralmente e poi versate in un verbale il successivo 19 giugno 2013, riferiva di aver rinvenuto sul telefono cellulare del marito il noto scambio di e-mail con il dottor Viola e sosteneva di esser convinta che il destinatario avesse letto l'e-mail «Help» del 4 marzo e che il quadro che emergeva dalle altre comunicazioni precedenti delineava una chiara condizione di prostrazione e affaticamento psichico che, tuttavia, era stata sottovalutata e tenuta nascosta ai familiari. Da un'altra serie di circostanze, la signora Tognazzi deduceva poi che nei momenti immediatamente antecedenti alla morte David Rossi avesse parlato, personalmente o per telefono, con qualcuno che lo aveva indotto al suicidio. Il 7 giugno 2013 si provvedeva alla nomina di un consulente per la trascrizione delle conversazioni contenute su un registratore portatile appartenuto a David Rossi. L'incarico veniva espletato con la consegna di una relazione il 29 giugno 2013, dalla quale, tuttavia, non emergevano elementi rilevanti. Pochi giorni dopo, il 12 giugno 2013, ancora il pubblico ministero Natalini adottava un nuovo provvedimento di acquisizione di dati del traffico telefonico relativi a una scheda intestata a Monte dei Paschi e in uso a David Rossi. Intanto, il 16 marzo 2013 la questura di Siena trasmetteva alla procura della Repubblica il verbale di identificazione del cadavere (compiuta nel pomeriggio del 7 marzo da Ranieri Rossi e Simonetta Giampaoletti), insieme alla relazione del professor Gabbrielli (redatta in data 7 marzo 2013) e al nulla osta al seppellimento. I rilievi compiuti dal Gabinetto di Polizia scientifica pervenivano, invece, il 2 aprile 2013.Pag. 87
  Uno degli aspetti di maggiore interesse, anche in ragione delle approfondite attività di inchiesta compiute dalla Commissione, concerne le modalità di svolgimento del sopralluogo e le condizioni nelle quali si trovava l'ufficio nel momento in cui vi accedeva l'assistente Federica Romano. Emerge, infatti, che, concluso il sopralluogo nel vicolo Monte Pio alle 23.30 circa del 6 marzo, l'assistente Romano si recava presso l'ufficio alle successive ore 00.45 del 7 marzo, dopo che tuttavia vi era stato un accesso da parte dei pubblici ministeri, accompagnati da personale della Polizia di Stato e dei Carabinieri. Sul punto, le audizioni condotte dalla Commissione hanno fatto emergere una pluralità di discordanze circa le persone effettivamente presenti e i comportamenti e le condotte che esse avrebbero posto in essere. La prematura conclusione della legislatura e l'interruzione delle attività di inchiesta della Commissione non hanno consentito di svolgere l'esperimento teso a riprodurre la collocazione sul posto di coloro che presero parte alle investigazioni, del quale si tratterà, più diffusamente, nelle conclusioni. Un dato, tuttavia, non può essere posto in dubbio ed è rappresentato dalla radicale diversità dei luoghi raffigurati nel video confezionato dal sovrintendente Livio Marini rispetto a quanto emerge dai rilievi fotografici della Polizia scientifica. Tale difformità è inequivocabilmente indice del fatto che, nelle more, l'ufficio era stato sottoposto ad almeno un altro sopralluogo che ne aveva stravolto le condizioni, pregiudicando la possibilità di assicurare al procedimento una raffigurazione intatta del teatro dove si consumò il fatto.
  Nel fascicolo del pubblico ministero confluivano anche altri atti ritenuti rilevanti per l'indagine. Si tratta, ad esempio, dell'ordinanza cautelare emessa dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Siena (poi confermata ai sensi dell'articolo 27 del codice di procedura penale dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Firenze) nei confronti di Michele Briamonte, componente del consiglio di amministrazione del Monte dei Paschi di Siena, responsabile dell'illecita divulgazione della notizia circa l'azione intrapresa dalla banca nei confronti di Nomura per l'operazione Alexandria. Nel fascicolo compare, inoltre, la richiesta di informazioni da parte dell'INAIL, in data 12 marzo 2013, relativa all'apertura di un sinistro, alla quale rispondeva il dottor Marini, che consentiva di comunicare soltanto numero di procedimento e il titolo del reato. È un elemento di interesse, poiché si collega con una successiva istanza, in data 8 maggio 2013, con la quale il difensore di Antonella Tognazzi chiedeva di accedere al fascicolo del pubblico ministero ed ottenere copia degli atti di indagine per valutare l'opportunità di ricorrere avverso il provvedimento con il quale l'INAIL aveva respinto la domanda tesa a qualificare l'evento mortale come infortunio sul lavoro. Del resto, l'ipotesi che il suicidio di David Rossi fosse stato determinato da un'eccessiva pressione psicologica sul luogo di lavoro, sottovalutata da Monte dei Paschi di Siena, è stata ancora propugnata dalle persone offese nel corso del procedimento di opposizione alla archiviazione e, precisamente, nella consulenza a firma della professoressa Liliana Lorettu ed è stata ancora riproposta nell'opposizione all'archiviazione richiesta nuovamente dalla procura della Repubblica all'esito della riapertura delle indagini. Ritenendo concluse le investigazioni, i pubbliciPag. 88 ministeri Marini e Natalini formulavano richiesta di archiviazione il 2 agosto 2013.

11. La prima ordinanza di archiviazione.

  In data 2 agosto 2013, la procura della Repubblica presso il tribunale di Siena formulava richiesta di archiviazione rispetto al procedimento penale (RGNR n. 962/2013) nei confronti di ignoti, per il reato ipotizzato di cui all'articolo 580 del codice penale, inerente alla morte di David Rossi, procedendo alla relativa notificazione agli eredi Antonella Tognazzi (moglie), Ranieri Rossi (fratello) e Filippo Rossi (fratello). Il convincimento dell'organo inquirente si è fondato sulla valorizzazione di taluni esiti dell'attività investigativa svolta, con particolare riferimento sia ai riscontri compiuti nell'ufficio del Rossi subito dopo il rinvenimento del cadavere nel vicolo Monte Pio, tra cui particolare rilievo hanno assunto i tre manoscritti di commiato, sia in relazione a quanto accertato in sede di consulenza tecnica medico-legale, sia rispetto alle dichiarazioni rese a sommarie informazioni da parte dei congiunti, nonché di coloro che con Rossi intrattenevano rapporti amicali e/o di collaborazione professionale.
  Per quanto concerne gli accertamenti operati all'interno dell'ufficio di David Rossi, giova evidenziare come, rispetto al rinvenimento di fazzolettini sporchi di sangue, la magistratura inquirente li abbia ricollegati a precedenti azioni autolesionistiche, tenuto conto sia della tipologia delle ferite riscontrate sul corpo sia delle accertate acute criticità di tipo psichico connesse allo stato di tensione determinato nel de cuius dalla «tempesta, anche mediatica oltre che giudiziaria, che ha subito l'istituto senese a seguito delle investigazioni rivolte nei confronti del vecchio management di BMPS», sì da far ritenere agli stessi inquirenti plausibile la tesi dell'evento autosoppressivo. A sostegno della tesi di cui sopra, hanno evidentemente assunto significativo rilievo le dichiarazioni rese a sommarie informazioni testimoniali da parte di Antonella Tognazzi e Carolina Orlandi, le quali, tra l'altro, riferiscono di gesti di autolesionismo di Rossi nel periodo precedente all'ipotizzato suicidio, conseguenti allo stato di grave tensione emotiva vissuto per l'indagine giudiziaria in atto e per le conseguenze potenzialmente pregiudizievoli che la stessa indagine avrebbe potuto determinare per la sua immagine, nonché per la sua carriera nell'istituto bancario. Inoltre, il teorema dell'evento suicidario, secondo l'ufficio inquirente, trova positivo riscontro nelle dichiarazioni rese dalla consulente Carla Lucia Ciani, la quale, come è noto, era stata incaricata dal vertice dell'istituto di effettuare un programma di «coaching con tutti i direttori cosiddetti di prima linea» onde fornire loro una preparazione specifica anche a livello comportamentale. La consulente aziendale Ciani, infatti, riferisce dello stato di tensione emotiva vissuto da Rossi, che aveva potuto riscontrare nell'incontro avvenuto con quest'ultimo in data 6 marzo 2013 connesso alla perquisizione subita nel corso degli accertamenti investigativi della procura della Repubblica che, unitamente ad altri fattori quali «la morte del padre; la crisi del Monte; lo stato di salute della moglie; le perquisizioni da lui subite in ufficio e nell'abitazione», realizzavano un contesto «di situazioni negative che non riusciva a gestire».Pag. 89
  Nella richiesta di archiviazione, particolare valenza viene assegnata allo «scambio di mail intrapreso la mattina del 4 marzo 2013 con l'amministratore delegato Viola» rispetto a cui, secondo la procura senese, evidenti erano gli sbalzi d'umore rispetto alla prima allarmante richiesta di aiuto di Rossi che, nel contempo, manifestava intenti suicidari. Conclusivamente, la procura della Repubblica di Siena attribuiva la morte di David Rossi a un gesto autosoppressivo «assolutamente volontario e comprovato dagli atti per cui è procedimento». Successivamente, in data 24 settembre 2013, la moglie di Rossi, per il tramite del proprio difensore, avvocato Luca Goracci, presentava, ai sensi dell'articolo 410 del codice di procedura penale, opposizione alla richiesta di archiviazione sulla base delle seguenti argomentazioni. In primo luogo, l'opponente assumeva una «responsabilità per colpa a carico del datore di lavoro anche in sede penalistica» per non aver assunto iniziative di sorta in ordine alla rappresentazione dell'intento suicidario soprattutto con riferimento all'e-mail inviata la mattina del 4 marzo 2013 da Rossi all'amministratore delegato Viola.
  Rispetto all'evento suicidario, la parte opponente ha espresso talune perplessità in ordine alla posizione della giacca sulla sedia del Rossi. E infatti, tale posizione risulta diversa nelle immagini rinvenienti dal filmato del sopralluogo delle 21.30 svolto dal sovrintendente Livio Marini rispetto a quanto emerge dalle immagini del sopralluogo successivo delle ore 01.30 effettuato dalla Polizia scientifica. Ulteriori perplessità attengono, poi, all'orario del decesso, che risulterebbe incerto: ciò tenuto conto della discrasia temporale dell'orario indicato dal filmato rinveniente dalla telecamera di videosorveglianza rispetto ai riscontri operati dalla signora Bondi e dal signor Filippone riguardo alla posizione della porta dell'ufficio del Rossi, prima, alle ore 20.05, rinvenuta aperta e, successivamente, rinvenuta chiusa. Le contestazioni della parte offesa attengono poi alle lettere destinate alla moglie, che sono state rinvenute «accartocciate e cestinate». Ancora, sulle asserite discordanti dichiarazioni rese da Mingrone, con particolare riguardo all'ubicazione dell'ufficio del Rossi, pur avendo dimostrato il medesimo Mingrone di ben conoscere «cosa vi sia nelle stanze attigue».
  Sulla modalità di acquisizione delle e-mail, come risultanti dai verbali del decreto di perquisizione, ispezione informatica e del sequestro probatorio del 7 marzo 2013, la parte opponente ha evidenziato come potrebbero essersi verificati accessi diretti a manomettere i dati contenuti nel computer in dotazione al Rossi, e ciò in relazione ai riscontrati tentativi di accesso a detto dispositivo da parte del signor Pieri, amministratore di sistema per l'area della direzione generale di Rocca Salimbeni, utilizzando le credenziali del medesimo Rossi. La parte opponente ha sottolineato che il livello di dettaglio dei file dei log del personal computer di Rossi, allegati al verbale, risulterebbe parziale e nulla escluderebbe la possibilità che la workstation sia stata «loccata» e «unloccata» mediante accessi al personal computer da parte di conoscitori della relativa password. Inoltre, l'opponente ha criticato l'operato dell'ufficio inquirente per l'omesso accertamento in ordine all'asserita mancata individuazione dell'autore della chiamata al 118, nonché sull'orario di effettuazione della chiamata medesima.
  Analitica critica è stata, altresì, esposta in relazione alle indagini medico-legali effettuate da parte del consulente tecnico del pubblico Pag. 90ministero professor Gabbrielli, il quale, infatti, non avrebbe fornito adeguata risposta in ordine alle cause e alle dinamiche delle lesioni riscontrate sul corpo del Rossi, non riconducibili, secondo la tesi di parte opponente, alla letale caduta al suolo. Parimenti, l'opponente ha criticato la motivazione con cui il consulente tecnico ha assunto l'assenza di segni attribuibili ad azioni violente di terzi, in quanto sarebbe assente l'occorrente elaborazione ed il necessario approfondimento per sopraggiungere a tale convincimento, e ciò per gli elementi emergenti dalle fotografie scattate durante l'esame autoptico e dalla visione del filmato che, sempre ad avviso dell'opponente, parrebbero non «conciliarsi con un evento suicidario».
  Riguardo alla dinamica della caduta del Rossi, l'opponente ha richiamato i contenuti della relazione dell'ingegner Luca Scarselli, il quale formulerebbe apprezzamenti basati «non su mere supposizioni ma su valutazioni scientifiche». E invero, il predetto consulente di parte sia, sulla base delle elaborazioni di vari elementi ritenuti di valenza sintomatica, con riferimento alla posizione originaria da cui sarebbe iniziata la precipitazione, sia con riguardo alla mancanza di segni sulla finestra dalla quale Rossi è caduto, che per taluni segni presenti sulle scarpe di quest'ultimo, ritiene che la tesi del suicidio non sarebbe spiegabile, sì da far ritenere rimaste oscure le cause della caduta al suolo. In virtù di quanto premesso, l'opponente conclude affinché il giudice per le indagini preliminari restituisca gli atti al pubblico ministero perché proceda ad ulteriori investigazioni; in particolare, svolga ulteriori indagini sulle modalità di acquisizione delle e-mail in atti e di accesso al computer del Rossi ed acquisisca il documento di valutazione dei rischi dell'istituto, accertando le eventuali iniziative assunte dal datore di lavoro in prevenzione, anche tenuto conto dell'e-mail inviata dal Rossi.
  Ancora, lo stesso opponente ha sollecitato accertamenti sia per individuare l'orario dell'evento, sia per l'identificazione dei presenti al momento del verificarsi dell'evento medesimo, sia sulla dinamica della caduta, sia in ordine alla individuazione dell'autore della chiamata al 118, sia sulle modalità con cui i primi soccorritori hanno operato, nonché, conclusivamente, sulle cause della morte del Rossi.
  Va poi ulteriormente riscontrato come la parte opponente, in data 8 maggio 2013, conferiva un incarico consulenziale alla professoressa Liliana Lorettu, direttore della clinica psichiatrica Università di Sassari, onde poter accertare se l'evento fosse riconducibile a cause attinenti a situazioni di stress lavorativo, i cui esiti erano nel senso che ricorrevano i presupposti per «riconoscere un comportamento caratterizzato da negligenza» (del datore di lavoro) «che non ha valutato con adeguata attenzione le richieste di aiuto ed i propositi suicidari».
  In data 13 dicembre 2013, a seguito dell'atto di opposizione di cui sopra, si celebrava innanzi al giudice per le indagini preliminari, dottoressa Monica Gaggelli, l'udienza camerale nella quale la parte opponente si riportava al proprio atto defensionale e i pubblici ministeri concludevano per l'archiviazione del procedimento. Va specificato, peraltro, che il pubblico ministero dottor Natalini rappresentava la possibilità di riscontrare un omicidio colposo in «una eventuale ottica riqualificatoria subordinata ex art. 589 c.p.». Il giudice si riservava e, Pag. 91successivamente, in data 4 marzo 2014, emetteva ordinanza con cui, definitivamente pronunciandosi, archiviava il procedimento de quo.
  Premesso che nell'ordinanza di archiviazione il giudicante non tiene conto della richiesta «riqualificatoria» per il reato ex articolo 589 c.p., formulata in via subordinata in sede di udienza camerale da parte del pubblico ministero Natalini, deve osservarsi come la motivazione dell'ordinanza in rassegna palesi un convincimento giudiziale assolutamente scevro da possibili dubbi riguardo alla volontarietà del Rossi di procedere al gesto autosoppressivo, e ciò in relazione al quadro probatorio acquisito nel corso delle indagini preliminari, anche tenuto conto degli esiti della consulenza medico-legale esperita dal professor Gabbrielli. Del resto, il giudicante ritiene che sussistano emergenze tecnico-scientifiche che, unitamente a quanto emerso dalle immagini riprese dalla videocamera di sorveglianza, renderebbero compatibili con l'evento suicidario quelle lesioni rilevate in alcune parti del corpo che, per converso, parte opponente ritiene attribuibili a diverse cause, estranee alla caduta da un'altezza di quindici metri. E invero, con riferimento alle lesioni riscontrate sul corpo di David Rossi, il giudice ritiene che esse trovino la loro causa nella tragica caduta della notte del 6 marzo, nonché negli asseriti atti di autolesionismo da quest'ultimo praticati.
  Il giudicante, inoltre, a sostegno del provvedimento di archiviazione, valorizza le immagini acquisite con il proprio telefonino da parte del sovrintendente Livio Marini, nonché i successivi rilievi effettuati dalla Polizia scientifica, che dimostrerebbero l'assenza di qualsivoglia azione violenta perpetrata nei confronti del Rossi da parte di terzi, posto che sarebbe stato riscontrato uno stato di perfetto ordine nell'ufficio del defunto, sì da rendere non verosimile la prospettata ipotesi di possibili colluttazioni tra Rossi e terzi.
  Anche rispetto alle lettere di commiato rinvenute nel cestino dell'ufficio, il giudice, non condividendo la prospettazione operata dalla difesa della persona offesa, ritiene che le medesime lettere costituiscano fattori significativi per ritenere essersi verificato l'evento suicidario. E invero, non è stato condiviso da parte del giudice quanto asserito dall'opponente, secondo cui la circostanza per cui le predette lettere siano state ritrovate nel cestino dimostrerebbe una diversa volontà del Rossi rispetto all'ipotizzato suicidio. Ciò in quanto detto rinvenimento troverebbe spiegazione, secondo il giudice, «nella incapacità di trovare le parole giuste (...) da scrivere per spiegare ed al tempo stesso per chiedere scusa alla persona amata per un atto estremo».
  Con riferimento ai riscontri del tabulato telefonico dell'utenza di titolarità del Rossi, il giudice ha rilevato come «poco dopo lo scoccare delle ore 18.00 del giorno in cui» il medesimo si sarebbe ucciso, «dopo un breve colloquio con la collega Chiara Galgani», quest'ultimo si sarebbe chiuso «nel più assoluto isolamento», tanto è vero che dopo una telefonata «fatta alla moglie alle ore 18.02, per confermarle il ritorno a casa alle ore 19.30», Rossi non avrebbe fatto più alcuna telefonata né letto gli SMS che gli erano pervenuti, «con ciò il suicida denotando la volontà oramai definitivamente e tragicamente maturata nel proprio intimo, senza sollecitazioni o rafforzamenti da parte di terzi, di prendere commiato dal mondo».Pag. 92
  Rispetto, invece, alla circostanza del posizionamento della porta dell'ufficio del Rossi, rinvenuta aperta alle ore 20.05 dalla dipendente Lorenza Bondi e poi rinvenuta chiusa alle ore 20.35 dal signor Filippone – circostanza, questa, valorizzata dalla parte offesa nel proprio atto di opposizione, laddove ha dedotto la riscontrata imprecisione dell'orologio dell'impianto di video-sorveglianza «sfalsato di circa 10-15 minuti», evidenziando che a quell'ora la caduta si sarebbe già verificata – il giudice ha statuito l'errore della parte offesa per non aver tenuto conto che tale sfalsamento era in difetto, per cui l'ora della caduta del Rossi avrebbe dovuto essere «spostata in avanti alle ore 20.10 – 20.15», con ogni conseguenziale inconsistenza delle considerazioni difensive volte a dimostrare la possibile presenza di un terzo soggetto che, in un momento successivo alla precipitazione del Rossi, avrebbe modificato la posizione della porta.
  Riguardo, invece, ai posizionamenti sia della giacca del Rossi sia degli occhiali del medesimo, valorizzati dalla difesa per i diversi accertamenti tra quanto emergente dal filmato effettuato dal sovrintendente Marini nel corso del primo accesso nella stanza rispetto al successivo sopralluogo effettuato dalla Polizia scientifica, nell'ordinanza di archiviazione il giudice per le indagini preliminari ne ha constatato l'irrilevanza, tenuto conto delle «precauzioni, assolutamente congrue, adottate» dagli inquirenti «per assicurare l'integrità del campo delle indagini da eseguire in loco», per cui lo stesso giudicante ha ritenuto «prive di fondamento (...) le perplessità e gli interrogativi con cui la difesa della p.o. opponente lascia trasparire dubbi di inquinamento probatorio».
  Nessuna rilevanza, poi, il giudice ha assegnato «ai quattro ingressi, o presunti tali, al PC fisso dell'ufficio del Rossi dopo il suo decesso», posto che «le verifiche tecniche condotte dalla polizia postale» avrebbero «consentito di acclarare che si è trattato di incidentali riattivazioni del sistema operativo del PC in funzione stand-by», per cui lo stesso giudice ha ritenuto che non vi fosse alcuna necessità di procedere nei sensi richiesti in sede di opposizione da parte della persona offesa per conseguire supplementi istruttori volti ad acclarare responsabilità di possibili istigatori dell'atto suicidario.
  L'ordinanza di archiviazione fa riferimento, inoltre, al rinvenimento dei fazzolettini sporchi di sangue, nonché ai cerotti di automedicazione, rispetto a cui il giudice ha ritenuto che si trattasse di ulteriori elementi corroboranti la tesi dell'atto suicidario. Ed infatti, essi vengono ricollegati, anche sulla base degli esiti della consulenza tecnica medico-legale del professor Gabbrielli, a «meccanismi di autolesionismo» compiuti prima della precipitazione al suolo.
  Deve poi notarsi come l'ordinanza di archiviazione riporti testualmente le molteplici sommarie informazioni testimoniali rese dalle persone informate sui fatti acquisite nel corso delle indagini dai magistrati inquirenti e rispetto a cui il giudice per le indagini preliminari ritiene che da una valutazione complessiva delle stesse si possa opinare la fondatezza dell'ipotesi suicidaria prospettata dalla pubblica accusa. In particolare, nell'ordinanza è descritto a chiare note, conseguentemente agli esiti delle citate sommarie informazioni testimoniali, il crescente stato di malessere interiore che aveva interessato David Rossi, sì da determinarlo al compimento di condotte anomale percepite Pag. 93sia nell'ambiente familiare sia in quello lavorativo nel periodo appena precedente l'evento mortale.
  A fronte delle conclusioni in linea tecnica dei consulenti di parte (Norelli, Scarselli), il giudice delle indagini preliminari, anche tenuto conto delle valutazioni espresse dal consulente tecnico del pubblico ministero professor Gabbrielli, ha disatteso le prospettazioni di parte opponente, evidenziando che rispetto alle lesioni cutanee rilevate sul volto, nonché sulla parte dorsale delle braccia del Rossi, la relativa genesi sarebbe compatibile con la dinamica della caduta, sì da escludere un'aggressione di terzi causante la defenestrazione. E ancora, il giudice qualifica le ricostruzioni operate dall'ingegner Scarselli come meramente ipotetiche con riguardo alla posizione assunta dal Rossi sulla finestra nella fase preparatoria dell'asserito gesto autosoppressivo.
  In particolare, nell'ordinanza è esplicitata la stridente contraddizione tra alcune valutazioni espresse dal medesimo consulente Scarselli, posto che il posizionamento rinvenuto dei cavi antivolatile, unitamente alle scalfitture della intelaiatura della finestra, farebbero ritenere plausibile l'evento suicidario, oltretutto in considerazione del fatto che all'interno dell'ufficio del defunto non sarebbe stata riscontrata alcuna traccia di aggressione.
  Ciò sinteticamente considerato, la Commissione rassegna le seguenti brevi valutazioni in relazione ai contenuti degli atti del procedimento oggetto di esame. In primo luogo, da quanto emerso dalla documentazione esaminata, si rilevano talune criticità che hanno caratterizzato l'attività investigativa nel suo complesso, nonché le conseguenziali determinazioni assunte dal giudice per le indagini preliminari con l'ordinanza di archiviazione. Specificatamente, riguardo al rinvenimento nell'ufficio del Rossi dei fazzolettini sporchi di sangue, non appare del tutto convincente l'attività di indagine svolta, in quanto non sono stati eseguiti accertamenti tecnico-scientifici per ricondurre con certezza a Rossi il materiale ematico in questione, disponendone, per converso, la distruzione, nelle more della conclusione dell'attività investigativa. Sul punto deve poi riscontrarsi come la parte offesa, in sede di opposizione, non abbia comunque richiesto supplementi investigativi, nonostante nell'atto di opposizione medesimo abbia paventato, tra l'altro, la possibilità che lo stesso Rossi non si fosse determinato autonomamente al gesto suicidario, evidentemente sul presupposto che detto materiale ematico potesse appartenere ad un soggetto terzo.
  Il medesimo GIP, nell'ordinanza di archiviazione, ha preso in esame la circostanza del rinvenimento dei citati fazzolettini ma esclusivamente per ricollegarli a presunti atti di autolesionismo praticati dal Rossi, corroboranti la prospettata tesi del suicidio. In ordine a tale profilo, in linea di diritto, appare utile procedere ad alcune riflessioni alla stregua delle quali l'operato della procura non sembra essersi conformato in modo rigoroso al pertinente contesto normativo.
  La ricostruzione dell'iter procedimentale e la ricognizione della disciplina codicistica stimolano alcune riflessioni sul provvedimento adottato e su alcuni punti critici. Invero, la scelta è stata assunta a ridosso della richiesta di archiviazione (dodici giorni dopo), ma soprattutto in un momento immediatamente successivo alla notifica della richiesta di archiviazione al difensore della persona offesa (due giorni Pag. 94dopo), senza che fosse stato disposto, ai sensi dell'articolo 83 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, il campionamento del materiale ematico, dandone avviso al difensore. Tale iniziativa del pubblico ministero, evidentemente, ha precluso in radice alla persona offesa la possibilità di chiedere, quale ulteriore accertamento da compiere, proprio l'analisi dei reperti sequestrati. Come dire che, compulsando gli atti a seguito della notifica, il difensore avrebbe potuto rilevare che sui fazzolettini non erano stati compiuti accertamenti e indicare tale attività quale tema per l'indagine suppletiva. In altre parole, la decisione sull'inutilità ai fini dell'accertamento ben poteva essere procrastinata, permettendo alla persona offesa di interloquire su tale elemento investigativo. Per completezza, tuttavia, si deve ancora una volta segnalare che nell'opposizione alla richiesta di archiviazione depositata il successivo 24 settembre 2013, il tema non è stato preso in considerazione.
  Altre riflessioni riguardano invece il profilo sostanziale e attengono, per un verso, all'effettiva insussistenza di esigenze probatorie e, per altro verso, alla sussistenza delle condizioni legittimanti la distruzione. Per quanto concerne il primo profilo, si è detto che l'adozione del provvedimento immediatamente dopo la richiesta di archiviazione ha definitivamente compromesso non solo la possibilità di svolgere accertamenti tecnici sul materiale sequestrato, ma, prima ancora, la valutazione di tale profilo in contraddittorio. Tutto questo nonostante l'esperienza dimostri che, anche a distanza di tempo e nonostante la conclusione del procedimento, possa emergere la necessità di svolgere nuovi esami, come del resto è avvenuto nello stesso proc. n. 962/13 RGNR. Infatti, a valle della prima ordinanza di archiviazione, la persona offesa è stata autorizzata ad esaminare i biglietti di commiato lasciati da David Rossi per lo svolgimento di una consulenza grafologica. Qui, peraltro, si potrebbe ravvisare una contraddittorietà nelle attività di gestione delle cose sequestrate: a ben vedere, un identico provvedimento poteva essere assunto anche per i biglietti di addio, per i quali pure potevano ritenersi esaurite le esigenze probatorie (considerando pure il fatto che agli atti sono state acquisite riproduzioni fotografiche).
  Per quanto concerne il secondo profilo, nel provvedimento non sono specificate le ragioni per le quali si è provveduto alla distruzione, che il codice di rito consente soltanto laddove sussista un rischio di alterazione. In quest'ottica, peraltro, la natura dei reperti avrebbe dovuto indurre ad effettuare, immediatamente e prima della richiesta di archiviazione, i necessari accertamenti tecnici, per evitare che il protrarsi della custodia potesse comprometterne la qualità.
  Successivamente, la procura e il tribunale di Siena hanno specificato – in un atto a firma congiunta del procuratore e del presidente, con il quale offrivano le loro spiegazioni sul caso di David Rossi (contenuto nel fascicolo genovese) – che tale provvedimento si inseriva comunque in un contesto investigativo che lasciava trasparire l'inutilità dell'accertamento, alla luce delle acquisizioni compiute nel corso delle indagini.
  Parimenti, riguardo alla corretta individuazione dell'orario della caduta del Rossi sul selciato del vicolo Monte Pio, si deve rilevare come il GIP, nell'ordinanza di archiviazione, sia incorso in errore, per non Pag. 95aver considerato che l'orologio dell'impianto di video-sorveglianza era sfalsato non in difetto, bensì in eccesso, come correttamente sostenuto dalla parte opponente, e ciò nonostante fosse agevolmente desumibile dal tenore del «rapporto di intervento tecnico» rilasciato dal tecnico Luigi Secciani, soggetto incaricato di acquisire le immagini riprese dalla telecamera, il quale, appunto, già aveva accertato come l'orario fosse erroneamente indicato, in quanto era riportato uno sfasamento temporale in eccesso; errore giudiziale, questo, successivamente corretto dalla seconda ordinanza di archiviazione emessa dal giudice, dottoressa Malavasi.
  Tale errore in cui è incorso il primo giudice ha, peraltro, determinato il mancato accertamento del reale orario in cui si è verificata la caduta del Rossi rispetto alla circostanza, ritenuta oltremodo rilevante da parte dell'opponente, in ordine al posizionamento della porta dell'ufficio del Rossi medesimo, prima rinvenuta aperta dalla signora Bondi, quando l'evento suicidario doveva già essersi verificato, poi rinvenuta chiusa dal dottor Filippone, senza però che fosse stata individuata la causa di tale differente posizionamento.
  Non del tutto convincente è poi la motivazione addotta dal giudice per le indagini preliminari relativamente alla diversità di posizionamento sia della giacca sia degli occhiali presenti nell'ufficio del Rossi, rilevabile dal filmato girato dal sovrintendente Livio Marini in sede di primo sopralluogo rispetto alle successive immagini acquisite dalla Polizia scientifica. E invero, non può non constatarsi come il giudicante, a ben vedere, abbia espresso una valutazione piuttosto apodittica perché appare prescindere dai concreti riscontri documentali, appunto appiattendosi alla supposta adeguatezza delle precauzioni adottate dagli organi inquirenti per assicurare il non inquinamento degli elementi probatori individuati nella stanza in uso al Rossi.
  Deve poi riscontrarsi che la complessiva attività investigativa svolta dalla magistratura inquirente non pare essere stata finalizzata a identificare il soggetto ripreso dalla telecamera di video-sorveglianza, il quale potrebbe aver visto il corpo del Rossi riverso sul selciato, all'atto di ciò che parrebbe essere l'effettuazione di una telefonata. Ora, in disparte eventuali considerazioni circa un eventuale – ma in atti assolutamente non provato – coinvolgimento dell'individuo in questione nella morte del Rossi, deve comunque notarsi come quella condotta avrebbe in linea teorica potuto sussumersi nella fattispecie di reato di cui all'articolo 593, comma 2, del codice penale, che punisce proprio chi, trovando un corpo umano che sia o sembri inanimato, ovvero una persona ferita o altrimenti in pericolo, omette di prestare l'assistenza occorrente o di darne immediato avviso all'autorità. Di tale possibile ipotesi criminosa non vi è traccia negli atti esaminati, nonostante la presenza del citato individuo risultasse oggettivamente accertata. Del resto, vi era la possibilità di individuare il soggetto – quantomeno in linea teorica – mediante l'acquisizione dei dati delle celle telefoniche presenti. Sul punto, tuttavia, neanche la persona offesa, nel proprio atto di opposizione, ha fatto richieste di ulteriori investigazioni preordinate in tal senso, né è detto alcunché nell'ordinanza di archiviazione.
  Va ulteriormente evidenziato come, nonostante la persona offesa abbia in sede di opposizione ampiamente motivato in ordine a supposte Pag. 96responsabilità datoriali relative allo stato di grave malessere che affliggeva Rossi, a fronte del quale non sono state adottate idonee iniziative, sì da prevenire il possibile gesto suicidario, il giudice si sia limitato a escludere qualsivoglia responsabilità a carico del datore di lavoro, anche tenuto conto della circostanza per cui dalle risultanze delle indagini sarebbero emersi un ambiente e un contesto lavorativo del tutto diversi rispetto a quelli descritti dall'opponente, connotati, infatti, «da vicinanza, comprensione, riconferma di fiducia, sostegno anche psicologico» in favore del Rossi. Conclusivamente, il convincimento giudiziale si è espresso nel senso che nulla dovesse essere praticato dalla parte datoriale a fronte dell'univoco intendimento autosoppressivo.

12. La seconda ordinanza di archiviazione.

  Le indagini sulla morte di David Rossi venivano riaperte con provvedimento del pubblico ministero designato, il dottor Andrea Boni, il 17 novembre 2015. La riapertura avveniva a seguito della presentazione di un'istanza della signora Antonella Tognazzi, corredata di numerose consulenze tecniche di natura medico-legale, grafologica e ingegneristica.
  Nel designare il pubblico ministero assegnatario del procedimento, il procuratore della Repubblica di Siena, dottor Salvatore Vitello, si premurava di evitare che le indagini fossero assegnate a un magistrato che si era occupato della vicenda in precedenza, «così da evitare qualsiasi sospetto di pregiudizio in ordine alla valutazione della nuova istanza» di riapertura delle indagini. Il fascicolo veniva iscritto al n. 8636/15 RGNR nei confronti di ignoti e non veniva disposta l'acquisizione del precedente fascicolo e degli atti investigativi compiuti. Questi ultimi, infatti, sono stati acquisiti soltanto nella misura in cui si rivelavano necessari e non potevano più essere utilmente ripetuti. Gli inquirenti, dunque, hanno seguito percorsi investigativi del tutto nuovi, svolgendo indagini assolutamente autonome rispetto alle precedenti. Esemplificativa, in questo senso, è la decisione del pubblico ministero di rinnovare la consulenza tecnica tesa ad accertare le cause della morte. La conduzione delle indagini da parte del pubblico ministero è apparsa sin dal principio ben determinata, come testimoniano le serrate cadenze procedimentali che hanno caratterizzato non solo l'avvio dell'investigazione, ma anche il successivo sviluppo. Nella conduzione delle indagini, peraltro, si percepisce anche una particolare sensibilità verso le istanze delle persone offese. Già in data 16 dicembre 2015, il pubblico ministero conferiva alla professoressa Cristina Cattaneo e al tenente colonnello dell'Arma dei carabinieri Davide Zavattaro l'incarico di consulenti tecnici per indagini di carattere medico-legale e di studio sulla caduta dei corpi. Il quesito, in particolare, chiedeva di chiarire se la morte di David Rossi fosse riconducibile all'intervento di terze persone oppure fosse riconducibile a un gesto suicida.
  Lo stesso giorno del conferimento dell'incarico il pubblico ministero si recava con i consulenti presso la sede del Monte dei Paschi per effettuare un sopralluogo e, nell'occasione, venivano effettuati i primi rilievi fotografici e metrici. Ancora il 16 dicembre 2015, il pubblico Pag. 97ministero trasmetteva il fascicolo alla sezione di polizia giudiziaria, aliquota Carabinieri, affinché si accertasse in modo dettagliato coloro i quali, nell'arco temporale in cui si era verificata la morte di David Rossi, si trovavano nella sede del Monte dei Paschi, appurando gli spostamenti degli stessi e, in particolare, l'eventuale accesso presso l'ufficio del Rossi. La polizia giudiziaria evadeva tale ultima richiesta con un'informativa depositata in procura il 25 febbraio 2016, nella quale si riferiva che, dopo aver acquisito le planimetrie della sede del Monte dei Paschi e aver accertato la collocazione dei controlli agli accessi, erano stati escussi Massimo Riccucci e altri dipendenti che erano soliti intrattenersi nei propri uffici fino a tarda ora o che comunque intrattenevano rapporti con David Rossi (Daniele Bigi, Paolo Liberati, Maria Guariso, Armando D'Antonio, Nicola Massimo Clarelli, Carlo Lisi, Renzo Filippo, Riccardo Quagliana, Lorenza Bondi, Gian Carlo Filippone). Altre persone venivano escusse nel corso del procedimento. Il 18 marzo 2016 il professor Gabbrielli, che aveva redatto la consulenza medico-legale nel primo segmento investigativo, veniva chiamato a rendere chiarimenti sulle operazioni compiute. Venivano anche ascoltati i componenti dell'equipaggio del 118 (Elisabetta Pagni, Paolo Maurizio Colombo, Gianluca Coletta e Giulia Perugini), affinché riferissero sulle modalità dell'intervento e sulle condizioni di David Rossi in quel momento. Veniva pure escussa Monica Di Renzo, responsabile del Dipartimento manutenzioni immobiliari della banca Monte dei Paschi di Siena, che chiariva che gli infissi e i luoghi di vicolo Monte Pio non avevano subito modificazioni di sorta nel lasso di tempo intercorso, ad eccezione dei cavi antivolatile, che erano stati sostituiti perché danneggiati. Venivano nuovamente ascoltati il dottor Filippone (il 17 giugno 2016) e il dottor Mingrone (il 2 luglio 2016) poiché, a seguito della pubblicazione sul sito del New York Post del video raffigurante la caduta di David Rossi, i pubblici ministeri Vitello e Gliozzi (subentrati al dottor Boni che, nelle more, aveva assunto l'incarico di procuratore della Repubblica di Urbino) intendevano assumere ulteriori informazioni circa la loro presenza sul luogo del fatto.
  Sempre sul contenuto del video, le indagini poi consentivano di accertare che il furgoncino parcheggiato in vicolo Monte Pio era di proprietà di una ditta di tinteggiatura, verniciatura e cartongesso che in quei giorni aveva svolto alcuni lavori in uno degli immobili della banca.
  Parallelamente, dovendosi provvedere, come richiesto dai consulenti nominati, all'esumazione del cadavere di David Rossi, il pubblico ministero avviava la procedura di accertamenti tecnici irripetibili, fissando l'inizio delle operazioni il giorno 6 aprile 2016 e dando avviso alle persone offese affinché potessero intervenire. In tale data, subito dopo il conferimento dell'incarico, avevano inizio le operazioni di riesumazione. Nel contempo, non essendo ancora concluse le indagini ed approssimandosi la scadenza dei termini, il pubblico ministero provvedeva anche a richiedere al giudice per le indagini preliminari una proroga di sei mesi. La richiesta veniva accolta dal giudice con provvedimento in data 14 aprile 2016.
  L'11 aprile 2016, il pubblico ministero disponeva anche il sequestro, eseguito il successivo 19 aprile 2016, dei frammenti di organi ed altri Pag. 98campioni prelevati nel corso del primo esame autoptico e conservati presso il Dipartimento di Medicina legale dell'Università degli studi di Siena. Il 25 giugno 2016, invece, i consulenti tecnici, dopo essere stati autorizzati a nominare degli ausiliari, svolgevano un sopralluogo presso la sede del Monte dei Paschi, finalizzato ad acquisire riscontri degli elementi emersi fino ad allora oltre che misurazioni, riprese foto e video ed eventuali campionature dei luoghi.
  In data 12 luglio 2016 veniva nominato consulente anche il maresciallo Santacroce del R.I.S. (per l'analisi del materiale subungueale prelevato a seguito dell'estumulazione e del telefono cellulare di David Rossi) e della dottoressa Marina Caligara dell'Istituto di Medicina legale dell'Università degli studi di Milano (per il compimento di accertamenti tossicologici sui reperti prelevati sul cadavere di David Rossi sia nel corso dell'esame autoptico condotto dal professor Gabbrielli nel 2013, sia a seguito della più recente esumazione). Le operazioni compiute dai consulenti sono dettagliatamente descritte nei verbali contenuti nel fascicolo delle indagini preliminari, nei quali si dà conto delle operazioni compiute, delle persone presenti e di ogni altro dettaglio utile per la ricostruzione delle attività svolte. Un episodio, tuttavia, merita di essere ricordato, poiché si collega a un tema sul quale la Commissione ha rivolto le proprie attenzioni: si tratta della richiesta con la quale il tenente-colonnello Zavattaro richiedeva di essere autorizzato a prelevare i noti fazzolettini intrisi di sangue per poter compiere accertamenti tesi ad accertare la morfologia delle macchie (per saggiare la compatibilità con le ferite al labbro) e a verificare la presenza di saliva (per ottenere conferma che fossero il risultato di un tamponamento al labbro) e di DNA di altre persone. A tale richiesta, tuttavia, si rispondeva che i reperti in questione erano stati distrutti con il provvedimento emesso dal pubblico ministero in data 14 agosto 2013 a ridosso della conclusione delle indagini nel proc. pen. n. 962/13 RGNR. Il 28 giugno la procura acquisiva nuovamente dalla Squadra mobile, per poi metterlo a disposizione del R.I.S. di Roma, il filmato estratto la notte del 6 marzo 2013 dalle registrazioni delle telecamere a circuito chiuso. Il 4 ottobre 2016 la dottoressa Caligara consegnava la propria relazione alla procura e concludeva, con riferimento ai campioni prelevati nel corso del primo esame autoptico, nel senso che doveva essere esclusa sia la presenza di sostanze stupefacenti e/o psicotrope e di altri farmaci o sostanze dotate di attività farmacologica, sia la presenza di sostanze alcoliche. Tale dato era corroborato dall'esame crinologico, che consentiva di escludere l'assunzione di stupefacenti fino a quattro mesi precedenti la morte. Diversamente, sui prelievi compiuti a seguito dell'estumulazione, la consulente concludeva per la sostanziale irrilevanza del dato tossicologico a causa dei fenomeni putrefattivi.
  A seguito di una richiesta di proroga, l'11 novembre 2016 il maresciallo Santacroce depositava la propria consulenza e concludeva rilevando l'assenza di materiale ematico sull'iPhone 5 di David Rossi, sul quale tuttavia erano presenti tracce di DNA femminile riconducibili a due soggetti legati tra loro da un rapporto di filiazione (madre-figlia). L'analisi degli altri reperti, invece, consentiva di accertare la presenza di DNA del solo David Rossi.Pag. 99
  Approssimandosi il termine di scadenza delle indagini, nonostante la proroga concessa, il pubblico ministero sollecitava i consulenti Zavattaro e Cattaneo a consegnare i loro elaborati entro il successivo 6 dicembre 2016. Il 7 dicembre 2016 perveniva quindi la relazione dei consulenti. Questi, dopo aver premesso che il tempo trascorso dall'evento non consentiva di escludere margini di errore o di incertezza nella ricostruzione dei fatti, affermavano che gli elementi raccolti e una ricostruzione degli stessi attraverso una sequenza logica e ordinata inducevano a concludere che si fosse trattato di suicidio e, quindi, a escludere qualsiasi ipotesi omicidiaria.
  Il 12 dicembre 2016, il pubblico ministero avanzava comunque una nuova richiesta di proroga del termine delle indagini preliminari, poiché erano ancora pendenti attività investigative, alcune delle quali sollecitate dalle persone offese. La richiesta veniva accolta dal giudice per le indagini preliminari con provvedimento del 20 dicembre 2016. Nella medesima data perveniva una richiesta, da parte del Consiglio superiore della magistratura – a seguito della presentazione di un esposto nei confronti dei magistrati titolari dell'indagine sulla morte di David Rossi – di ricevere informazioni aggiornate sullo stato dei procedimenti. A tale richiesta i pubblici ministeri rispondevano con una nota del giorno successivo, con la quale indicavano le attività compiute e lo stato della procedura. Il 23 dicembre 2016, infine, perveniva l'informativa con la quale la sezione di polizia giudiziaria, aliquota carabinieri, comunicava l'esito delle investigazioni compiute a seguito di sollecitazione dei difensori delle persone offese e l'acquisizione di ulteriori documenti (tabulati già esaminati nel corso del procedimento n. 962/13; registrazioni delle conversazioni pervenute al 112 e al 118 la sera del 6 marzo 2013). Ultimate le investigazioni, la procura formulava ancora, in data 8 febbraio 2017, una richiesta di archiviazione.
  Dopo aver richiamato la precedente richiesta e il pedissequo provvedimento di archiviazione, i pubblici ministeri Vitello e Gliozzi, sulla scorta degli accertamenti compiuti e delle conclusioni raggiunte dai consulenti, hanno sostenuto che la tesi del suicidio fosse l'unica che godesse dei necessari riscontri di carattere fattuale e logico. Per converso, le ipotesi formulate dalle persone offese si sarebbero caratterizzate per la carenza di solidi appigli probatori e, in alcuni passaggi, addirittura per inverosimiglianza. Contestualmente, i pubblici ministeri disponevano uno stralcio del procedimento per il reato di omissione di soccorso, aperto al fine di identificare la persona che appariva fugacemente nel vicolo Monte Pio e non si curava di David Rossi agonizzante. La richiesta di archiviazione veniva ritualmente comunicata alle persone offese, che presentavano due distinti atti di opposizione, anche se, come si premuravano di precisare i difensori nell'introduzione, le tematiche affrontate in ciascuno di essi erano state oggetto di una preventiva ripartizione, in modo tale da ottimizzare i tempi di lavoro ed evitare ripetizioni. Le signore Antonella Tognazzi e Carolina Orlandi proponevano opposizione, con atto depositato il 20 febbraio 2017, lamentando la loro insoddisfazione per le conclusioni alle quali era pervenuto l'ufficio di procura, ritenute non aderenti alla realtà dei fatti. Le persone offese insistevano molto nel censurare l'incompletezza degli accertamenti compiuti nel primo segmento investigativo, contestando Pag. 100così l'affermazione dei pubblici ministeri che, invece, li avevano condivisi e posti a base di questa nuova richiesta di archiviazione. Ciò posto, aggiungevano che comunque gli argomenti spesi dai pubblici ministeri non avevano alcuna efficacia dimostrativa e si mostravano di scarsa consistenza.
  E così, ripercorsi i passaggi della prima opposizione, ivi compreso il richiamo al profilo delle responsabilità di natura giuslavoristica, la difesa prospettava ancora lacune investigative ed evidenziava come non fosse stata data una risposta esaustiva alle sollecitazioni provenienti dalle consulenze tecniche allegate alla richiesta di riapertura delle indagini. Invero, i consulenti nominati dai pubblici ministeri avrebbero evitato di confrontarsi con talune circostanze ben delineate dalle persone offese, come, ad esempio, l'asserita incompatibilità con la caduta al suolo di talune lesioni riscontrate sul cadavere di David Rossi.
  L'opponente giungeva anche a evocare l'omicidio Pinelli quale paradigmatico caso al quale paragonare la morte di David Rossi, per poi sottolineare come una pluralità di elementi confermassero la tesi di un intervento omicidiario di terze persone. Sempre nella stessa ottica, dopo aver tratteggiato le più significative dichiarazioni rilasciate da coloro che si trovavano in loco nell'immediatezza dei fatti (Bondi, Filippone, Riccucci) ed evidenziato l'errore compiuto nell'individuazione dell'ora della caduta (che doveva collocarsi 16 minuti prima di quello stimato a causa dell'imprecisione dell'orologio del circuito di sorveglianza), l'opponente delineava una lunga serie di contraddizioni e incongruenze nella ricostruzione dei fatti. Secondo l'opponente, tali difetti potevano essere emendati attraverso il compimento di ulteriori investigazioni che descrivevano una pluralità di direzioni nelle quali indirizzare i supplementi di indagine. Innanzitutto, si chiedeva, per illuminare la dinamica del carteggio tra David Rossi e Fabrizio Viola, di accertare le modalità di acquisizione delle e-mail in atti e le modalità di accesso al computer di David Rossi, nonché il contenuto di tutte le e-mail presenti nel server del Monte dei Paschi relative alla vittima, e dello stesso Viola. Poi, si chiedeva di verificare le azioni intraprese dal datore di lavoro in ottica di prevenzione, soprattutto a seguito dell'invio da parte di David Rossi della missiva che preannunciava intenzioni suicidarie. Ancora, si chiedeva di ascoltare i signori Fabrizio Viola, Lorenza Pieraccini, Valentino Fanti, Fulvio Muzzi e Simona Bianciardi, affinché riferissero sugli appuntamenti di David Rossi la sera del tragico evento e nei giorni precedenti. Inoltre, si chiedeva di disporre una consulenza tecnica sul video in atti.
  Altro atto di opposizione veniva presentato, sempre il 20 febbraio 2017, dalle persone offese Ranieri Rossi, Filippo Rossi, Vittoria Ricci e Simonetta Giampaoletti. In tale atto sono state contestate le analisi e le risultanze emerse dai tabulati ed è stata stigmatizzata, in particolare, la carenza di atti investigativi tesi ad accertare chi avesse utilizzato il cellulare di David Rossi – rispondendo alla chiamata di Carolina Orlandi e chiamando poi il numero 4099009 – quando questi giaceva cadavere sul selciato di vicolo Monte Pio. Ciò posto, l'atto proseguiva evidenziando una cospicua serie di circostanze, sempre emergenti dai tabulati, ritenute di rilievo ai fini della descrizione delle carenze investigative e delle gravi lacune che avrebbero connotato il lavoro degli inquirenti. Da qui si giungeva dunque a contestare anche la ricostruzionePag. 101 dei fatti prospettata dalla procura della Repubblica di Siena, mettendo in evidenza l'inconciliabilità delle versioni rese da alcune persone ascoltate durante le indagini e la scarsa attendibilità di alcune di loro (Filippone e Riccucci, in particolare). Gli opponenti contestavano, poi, il contenuto dell'elaborato a firma Zavattaro-Cattaneo, segnalando non soltanto gli errori o comunque le inesattezze di carattere tecnico scientifico, ma pure gli errori di «grammatica processuale» compiuti dai consulenti.
  Gli opponenti concludevano formulando le imprescindibili istanze sui supplementi investigativi da compiere. In primo luogo, si chiedeva l'analisi del telefono Blackberry in uso a David Rossi, al fine di verificare la presenza di altri messaggi o contenuti utili per le indagini. In secondo luogo, si chiedeva di escutere a sommarie informazioni testimoniali Lorenza Pieraccini, Simonetta Bianciardi, Fabrizio Viola, Giancarlo Filippone, Massimo Riccucci, Valentino Fanti. Poi, si chiedeva di acquisire informazioni sull'utenza telefonica 4099009. Ancora, si chiedeva di individuare la ditta incaricata di eseguire il servizio di pulizia presso la sede del Monte dei Paschi di Siena. Inoltre, si chiedeva l'acquisizione della copertura radioelettrica di tutte le celle di interesse investigativo e, infine, l'analisi dei telefoni cellulari in uso a David Rossi. Anche tale atto di opposizione era corredato di relazioni tecniche (sui tabulati, sulle implicazioni di carattere psicologico-forense e criminologico, sulle tracce biologiche e sugli altri campioni prelevati nel corso delle indagini) e documentazione. Il fascicolo veniva quindi trasmesso al giudice per le indagini preliminari il 17 marzo 2017. A tale trasmissione seguiva pochi giorni dopo, il 29 marzo 2017, l'inoltro di atti di indagine compiuti dalla procura a seguito delle sollecitazioni contenute negli atti di opposizione. Gli inquirenti, infatti, avevano escusso Massimo Riccucci e Valentino Fanti e avevano accertato che il numero 4099009 afferiva al servizio TIM denominato SOS-ricarica. Dal canto suo, il giudice per le indagini preliminari fissava per il 15 giugno 2017 l'udienza in camera di consiglio, poi differita al 26 giugno 2017, per la proclamazione dell'astensione degli avvocati dalle udienze. A ridosso dell'udienza le persone offese Tognazzi e Orlandi depositavano una corposa memoria difensiva, corredata da un approfondimento del consulente tecnico Scarselli e da ulteriore documentazione. Altrettanto facevano le persone offese Ranieri e Filippo Rossi, Vittoria Ricci e Simonetta Giampaoletti, che prendevano posizione anche sulle nuove investigazioni compiute dalla procura della Repubblica e allegavano supplementi alle precedenti consulenze tecniche. All'udienza, il pubblico ministero insisteva per l'archiviazione e i difensori reiteravano le conclusioni già rassegnate, tra le quali figurava la richiesta di imputazione coatta nei confronti di Fabrizio Viola per omicidio colposo mediante omissione. Il giudice riservava la decisione e il successivo 4 luglio 2017 depositava in cancelleria l'ordinanza con la quale disponeva l'archiviazione del procedimento. Nell'esporre le motivazioni del proprio convincimento, il giudice muoveva dal precedente provvedimento di archiviazione, interamente trasfuso nel testo dell'ordinanza. Successivamente, ricostruiva l'iter procedimentale che aveva avuto inizio dall'istanza di riapertura delle indagini, delineando gli elementi che avevano giustificato la ripresa delle investigazioni. In questa prospettiva metteva in risalto l'impegno della procura della Repubblica che, al fine Pag. 102di dissipare ogni dubbio, aveva dato ampio spazio a tutte le istanze investigative. E così descriveva pure le attività di indagine compiute, i risultati conseguiti e la loro utilità. Ciò posto, si soffermava sulle questioni sollevate dalle persone offese e prendeva in considerazione, innanzitutto, la ricostruzione della cronologia degli eventi, descrivendo nei dettagli l'ultima giornata di vita di David Rossi e sciogliendo gli interrogativi e i dubbi che il materiale investigativo poneva.
  Affrontato questo tema, il giudice si dedicava all'esposizione degli argomenti che denotavano l'inconsistenza delle allegazioni difensive sulla presenza di terze persone nella stanza di David Rossi dopo la sua morte e, conseguentemente, consentivano di escludere la commissione di un omicidio in suo danno. Da questo punto di vista, il giudice si intratteneva a lungo sui profili salienti della questione oggetto del giudizio (dalle telefonate sospette, avvenute dopo la morte di David Rossi, all'ipotetico lancio dell'orologio dalla finestra quando la vittima era già a terra), misurandosi con il dato tecnico-scientifico. Il giudice si dedicava ad analizzare la dinamica della precipitazione, anche qui tenendo in considerazione le tesi degli opponenti e i risultati delle investigazioni e degli accertamenti tecnici. A tali elementi si affiancava un capitolo dedicato alla descrizione delle condizioni psicologiche del Rossi e ai propositi suicidari manifestati, oltreché ai gesti autolesionistici. Prima di concludere, l'attenzione del giudicante si concentrava sulla descrizione di tutti gli aspetti che conducevano a delineare l'incompatibilità con l'ipotesi omicidiaria. Dunque, esclusa la necessità di disporre gli approfondimenti investigativi richiesti dalle persone offese, che non avrebbero apportato alcun dato utile a mutare lo scenario investigativo e le conclusioni che da esso discendevano, il giudice disponeva l'archiviazione del procedimento, escludendo la possibilità di inquadrare la vicenda sia nell'omicidio volontario sia in quello colposo commesso con violazione.

13. Le indagini svolte dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Genova.

  Il 10 ottobre 2017, la procura della Repubblica presso il tribunale di Siena inoltrava alla procura della Repubblica presso il tribunale di Genova, ai sensi dell'articolo 11 c.p.p. (norma che disciplina la competenza per i procedimenti nei quali sono indagati i magistrati), una segnalazione nella quale si rappresentava che in un servizio della trasmissione televisiva «Le Iene», andato in onda sull'emittente televisiva Italia 1 il precedente 8 ottobre, erano state divulgate notizie che prospettavano la possibilità che le indagini sulla morte di David Rossi fossero state inquinate o, comunque, influenzate da condotte delittuose nelle quali avrebbero concorso anche i magistrati inquirenti.
  Tale servizio poggiava sulle dichiarazioni rese ai giornalisti dall'ex sindaco di Siena Pierluigi Piccini, che introduceva il tema dei festini a base di cocaina che si sarebbero tenuti in località tra Siena e Arezzo e ai quali avrebbero partecipato magistrati e uomini delle forze dell'ordine, professionisti e uomini d'affari.
  Sulla falsariga di quanto dichiarato dall'ex sindaco Piccini, si sviluppava un'inchiesta giornalistica, condotta sempre dalla medesima trasmissione televisiva, che prospettava in maniera sempre più stringentePag. 103 un collegamento tra le lacune investigative – vere o presunte – e i festini.
  La procura della Repubblica di Genova – nelle persone del procuratore aggiunto Vittorio Ranieri Miniati e del sostituto procuratore Cristina Camaiori – avviava immediatamente le indagini e, nella sostanza, ripercorreva le tappe compiute dai giornalisti, escutendo i medesimi soggetti e svolgendo ulteriori approfondimenti.
  È da precisare che l'indagine non aveva ad oggetto la ricostruzione dei fatti relativi alla morte di David Rossi, già al centro delle due inchieste della procura della Repubblica di Siena, ma l'accertamento di eventuali condotte che potessero aver interferito illecitamente sul corretto svolgimento di queste. Ragione per la quale il fascicolo del pubblico ministero, che assumeva il n. 34417/2017 RGNR, veniva iscritto, nei confronti di ignoti, per il reato di abuso di ufficio (articolo 323 c.p.). A esso veniva successivamente riunito altro fascicolo (n. 10202/19 RGNR), nel quale erano ipotizzate violazioni dell'articolo 7 della legge 20 febbraio 1958, n. 75 («Abolizione della regolamentazione della prostituzione e lotta contro lo sfruttamento della prostituzione altrui») compiute nel medesimo contesto rappresentato nell'inchiesta giornalistica. L'iscrizione di tale fascicolo, infatti, scaturiva da un'ulteriore trasmissione di atti da parte della procura di Siena, aperto a seguito delle dichiarazioni rese da William Renan Vilanova Correa, già condannato per l'omicidio di Lucelly Molina Camargo (negli atti dell'inchiesta genovese sono pertanto confluiti, insieme agli accertamenti compiuti sul punto, anche i principali atti del procedimento per omicidio). Il Vilanova Correa, infatti, aveva riferito in più occasioni di aver notizie sulla morte di David Rossi, da porsi in relazione ancora con i festini.
  Il 24 ottobre 2017 la procura di Siena escuteva proprio Piccini, il quale sminuiva la portata delle dichiarazioni asserendo di averle rese, peraltro, nella convinzione che non venissero registrate.
  Il giorno successivo veniva disposta l'acquisizione di tutti gli altri servizi della trasmissione Le Iene sul tema della morte di David Rossi, mentre con un successivo decreto di sequestro probatorio, emesso in data 30 ottobre 2017, veniva disposta l'acquisizione di tutto il materiale video e di tutti i filmati in forma integrale. A tale richiesta, tuttavia, Antonino Monteleone opponeva il segreto professionale, prospettando la necessità di tutelare le proprie fonti. Lo stesso Monteleone è stato poi bersaglio di un'approfondita attività investigativa, compiuta con il ricorso a perquisizioni e acquisizioni di tabulati telefonici, tesa a svelare l'identità di colui che aveva narrato le scabrose vicende senesi e al quale era stato attribuito nelle trasmissioni il nome di fantasia «Stefano».
  A seguito della trasmissione di una nuova puntata de Le Iene, il 25 marzo 2018, veniva emesso un ulteriore provvedimento di sequestro per completare le acquisizioni.
  Il 14 dicembre 2017, il pubblico ministero chiedeva alla procura di Siena l'inoltro di copia integrale degli atti di indagine, che pervenivano il successivo 22 dicembre 2017.
  Il 19 dicembre 2017 la procura di Genova disponeva anche accertamenti di carattere patrimoniale nei confronti dei magistrati Marini, Natalini e Gaggelli, affidando il compito alla Guardia di finanza, Nucleo Pag. 104di polizia economico – finanziaria di Siena, che evadeva la richiesta con un'annotazione pervenuta presso la procura il 23 marzo 2018, con cui riferiva che non erano emersi movimenti patrimoniali sospetti.
  In precedenza, con una nota del 19 gennaio 2018, la medesima procura aveva aggiunto altre informazioni – alcune ricevute in via confidenziale – sui festini.
  Le indagini della procura di Genova si interessavano anche dell'individuazione degli autori di alcuni scritti anonimi pervenuti nel corso dell'indagine e contenenti considerazioni e notizie varie sulla vicenda di David Rossi e dei festini.
  Successivamente venivano escussi anche i giornalisti Monteleone e Occhipinti (autori del servizio de Le Iene) e Pierangelo Maurizio (che si era occupato della vicenda per la trasmissione televisiva Quarto Grado) e venivano sentite altre persone (in particolare Lorenza Pieraccini e Valentino Fanti), al fine di raccogliere informazioni e altri elementi utili per far luce ulteriormente sulla tragica vicenda della morte di David Rossi e sul contesto nel quale aveva vissuto i suoi ultimi giorni.
  Altro segmento dell'investigazione aveva a oggetto l'assunzione di dichiarazioni di soggetti in grado di riferire sulla organizzazione e lo svolgimento dei festini (Fabrizio Sclavi, Domenico Di Maria, Marina Romiti e Matteo Bonaccorsi). Ancora, erano escusse altre persone in vario modo coinvolte nelle vicende oggetto di indagine (tra i quali figurano Antonio Degortes e Pasquale Aglieco).
  La procura di Genova provvedeva, inoltre, a sopralluoghi e altre verifiche nei siti ove si ipotizzava che si fossero tenuti i festini, oltre che a svolgere accertamenti tecnici sui supporti informatici acquisiti al fine di rinvenire l'esistenza di video raffiguranti i convegni a base di sesso e droga. A seguito dell'individuazione di una struttura alberghiera dove si sarebbero svolti i festini, la procura provvedeva anche a escutere il personale che vi prestava servizio, sottoponendo album fotografici finalizzati a consentire l'individuazione dei presenti.
  Il 4 aprile 2018 veniva acquisita agli atti la denuncia querela sporta dai magistrati senesi (Vitello, Gliozzi, Boni, Marini, Nastasi e Natalini), che ritenevano diffamatorie alcune notizie diffuse dalle trasmissioni Le Iene e Quarto Grado. Successivamente, venivano acquisite anche le querele presentate dal colonnello Aglieco, che pure riteneva diffamatorie le informazioni divulgate da Le Iene.
  Il 14 aprile venivano escusse Carolina Orlandi e Antonella Tognazzi.
  Nel frattempo, approssimandosi il decorso dei termini per le indagini preliminari, la procura chiedeva e otteneva una proroga il 18 aprile 2018.
  Venivano scrupolosamente vagliate anche le dichiarazioni rese da Vilanova Correa, che si rivelavano assolutamente prive di riscontro, nel senso che pure le indicazioni che il testimone aveva offerto per corroborare il suo racconto si risolvevano in un completo fallimento.
  Conviene segnalare, in ultimo, che la complessa ed estesa attività di indagine, insieme agli atti di maggior significato finora sintetizzati, portava all'acquisizione di una cospicua quantità di altri atti e documenti, tra i quali figurano la sentenza di assoluzione resa dal tribunale di Siena nel procedimento a carico di Antonella Tognazzi e Davide Pag. 105Vecchi per la violazione dell'articolo 167 del decreto legislativo n. 196 del 2003, brogliacci di intercettazioni telefoniche, trasmissioni di atti tra uffici giudiziari, fotografie (anche estratte da profili di social network), numerose istantanee di schermi raffiguranti lo scambio di messaggi, comunicazioni tramite posta elettronica e articoli di giornale.
  A ciò si aggiunge un faldone di allegati contenente la documentazione relativa a interrogazioni parlamentari ed esposti al Consiglio superiore della magistratura, nei quali, peraltro, sono confluiti nuovamente gli atti di indagine della procura di Siena e altri provvedimenti relativi al caso Monte dei Paschi di Siena.
  Dunque, dopo aver compiuto tali investigazioni e aver valutato l'operato degli inquirenti senesi, il pubblico ministero si determinava a chiedere l'archiviazione del procedimento con atto del 21 maggio 2020. La procura di Genova sosteneva, infatti, che non avrebbero trovato riscontro le censure mosse all'attività investigativa e che i pubblici ministeri, soprattutto nel corso della seconda inchiesta, avrebbero dato seguito a tutte le sollecitazioni provenienti dalle difese delle persone offese. Sul punto, la richiesta di archiviazione sintetizzava tutte le indagini compiute per osservare come l'azione dei pubblici ministeri fosse stata scrupolosa e approfondita, anche per colmare gli aspetti trascurati nel corso della prima indagine.
  D'altro canto, la procura di Genova rilevava pure come nessun elemento fosse emerso per avvalorare la tesi secondo la quale i difetti della prima indagine – ivi compresa la prematura distruzione dei fazzolettini – fossero stati determinati da inopportune ed inconfessabili frequentazioni e legami. Piuttosto, tale modo di condurre le investigazioni doveva essere collegato alla circostanza che sin dal principio l'ipotesi del suicidio – stando anche alle dichiarazioni rese dai familiari di David Rossi – appariva come la più probabile.
  Del resto, quand'anche si fosse voluto ritenere, come affiorava da voci ricorrenti e come avevano affermato alcune persone ascoltate nel corso delle indagini, che nel senese e in altre località della Toscana si tenessero incontri a sfondo sessuale e che ad essi avessero partecipato persone di rilievo delle istituzioni e del Monte dei Paschi di Siena, le risultanze acquisite al fascicolo non avrebbero consentito di porli in relazione alle investigazioni sulla morte di David Rossi.
  Una situazione che – concludeva la procura genovese – consentiva di escludere qualsiasi fondatezza dei sospetti sollevati dall'inchiesta televisiva. Una convinzione rafforzata dal giudizio negativo circa l'attendibilità dei principali testimoni, che non erano stati in grado di fornire elementi concreti di riscontro alle loro dichiarazioni, mostrando pure significative contraddizioni.
  Avverso tale richiesta, la persona offesa Antonella Tognazzi presentava opposizione con atto del 31 luglio 2020. Nell'opposizione si sosteneva che, contrariamente a quanto ritenuto dalla procura della Repubblica, gli atti di indagine avessero lasciato emergere elementi sufficienti per ravvisare condotte riconducibili all'incriminazione contemplata dall'articolo 323 c.p., anche se soltanto per quanto concerneva i magistrati che si occuparono della prima indagine (Marini, Nastasi e Natalini). I pubblici ministeri, infatti, avrebbero dolosamente omesso atti di indagine doverosi e avrebbero compiuto un atto palesemente illegittimo con la distruzione dei fazzolettini intrisi di sangue.Pag. 106
  E così, dopo aver esposto i plurimi profili di illegittimità del provvedimento in data 14 agosto 2013, la difesa censurava pure la scelta di non compiere accertamenti sugli abiti indossati il 6 marzo 2013 da David Rossi e la mancata acquisizione dei dati del traffico telefonico. Sempre nella medesima ottica, aggiungeva che sarebbe stata carente anche l'indagine sui filmati acquisiti e la scelta di non iscrivere alcun procedimento per il reato di omissione di soccorso, sottolineando come, su quest'ultimo versante, il decorso del tempo fosse stato esiziale e avesse soppresso ogni residua possibilità di indagine supplementare.
  L'opposizione si concentrava poi sulle indagini di natura informatica e sugli accertamenti medico-legali, per lamentare anche qui una pluralità di omissioni, anomalie e lacune. Tutti questi elementi, concludeva sul punto l'opponente, avrebbero dimostrato la sussistenza dell'elemento materiale del reato.
  Ciò posto, l'atto si dirigeva verso il tema dei festini per confutare l'affermazione secondo la quale non sarebbe stato comunque rinvenibile un nesso con la conduzione delle indagini. Qui l'opponente deduceva che l'indagine della procura genovese non avrebbe approfondito le traiettorie investigative che pure erano emerse durante l'inchiesta, che, se coltivate, avrebbero potuto dimostrare la sussistenza anche di una connessione tra festini e indagini della procura senese.
  Sulla prova dell'esistenza dei festini venivano richiamate le dichiarazioni più significative raccolte nel corso delle investigazioni e si rimarcava come fosse da ritenere provata la partecipazione di almeno uno dei pubblici ministeri.
  Esaurito l'esame di questo profilo, l'opposizione si soffermava sull'esistenza dell'ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero dell'altrui danno, per evidenziare come la scelta di non indagare avesse consentito ai pubblici ministeri di sottrarsi alle conseguenze penali e disciplinari derivanti dalla partecipazione ai festini.
  A margine di tali considerazioni, l'opponente si premurava di inserire corpose deduzioni sugli elementi di riscontro della propria tesi e sull'attendibilità dei vari dichiaranti.
  Concludendo, l'opponente chiedeva che, quale supplemento investigativo, fossero compiute una serie di attività tese ad acquisire ulteriori riscontri della tesi accusatoria. Il giudice per le indagini preliminari, tuttavia, condividendo le argomentazioni del pubblico ministero, disponeva l'archiviazione del procedimento.
  L'ordinanza resa all'esito dell'udienza camerale del 17 dicembre 2020 e depositata il successivo 18 gennaio 2021, dopo aver delineato la genesi del procedimento, il suo sviluppo e il suo tema, precisava che esulasse dall'oggetto dell'accertamento una nuova istruttoria sulla morte di David Rossi. Come dire che il tragico evento rilevasse solo in quanto occasione per valutare la correttezza dell'operato dei pubblici ministeri che si occuparono delle indagini e non costituisse – così si esprimeva il giudice – ulteriore sede di impugnazione, o riesame, di decisioni giudiziarie non condivise, i cui rimedi erano unicamente quelli previsti dalla legge.
  Ciò posto, prendeva posizione sulle deduzioni contenute nell'opposizione all'archiviazione per affermare che nella condotta dei pubblici ministeri che si occuparono della prima indagine (i soli, come detto, attinti dalle accuse delle persone offese) non si ravvisassero gli Pag. 107elementi costitutivi del reato ipotizzato. Del resto, la loro inchiesta e le conclusioni alle quali erano pervenuti fu pure oggetto di un vaglio approfondito da parte del giudice delle indagini preliminari del tribunale di Siena, che condivise la richiesta di archiviazione tenendo in debito conto anche le ragioni delle persone offese.
  Da questo punto di vista, il giudice genovese prendeva posizione sulla peculiare questione della distruzione dei fazzolettini per sostenere che la decisione del pubblico ministero, pure errata nella forma, non lasciava emergere i tratti di un atteggiamento doloso, ma piuttosto appariva connotata da una forma di imperizia.
  Il giudice si spingeva poi oltre, ritenendo che persino la partecipazione ai festini da parte dei pubblici ministeri non avrebbe di per sé integrato un conflitto di interesse rilevante.
  Sotto altro aspetto, il giudice rilevava pure come il decorso del tempo avesse contribuito a far maturare il termine di prescrizione del reato di abuso d'ufficio – maturato nell'agosto 2019 – con la conseguenza che gli effetti estintivi che a tale evento si collegavano determinassero un ulteriore ostacolo per lo svolgimento di eventuali approfondimenti investigativi tesi a verificare la reale partecipazione ai festini da parte dei pubblici ministeri.
  Spese queste considerazioni sulla prima indagine, il giudice rilevava che, con riferimento alla seconda inchiesta, l'accuratezza con la quale era stata condotta consentiva di escludere profili di illiceità. Dunque, la notizia di reato si rivelava infondata riguardo sia all'ipotesi di abuso d'ufficio, sia al reato di sfruttamento della prostituzione. Su quest'ultima ipotesi, infatti, la cognizione della autorità giudiziaria genovese era limitata alla posizione dei pubblici ministeri che, tuttavia, erano ritenuti immuni da qualsiasi responsabilità, non essendo provata la loro partecipazione ai festini.
  Esclusa, pertanto, la competenza dell'autorità giudiziaria genovese, il giudice concludeva che eventuali approfondimenti sulle dichiarazioni rese a proposito dei festini e della morte di David Rossi dovessero essere svolti dalla procura della Repubblica di Siena, alla quale disponeva di trasmettere gli atti.
  Gli stessi atti sono stati poi trasmessi anche al procuratore generale ligure affinché li inoltrasse a sua volta al Procuratore Generale presso la Suprema Corte di cassazione per la valutazione di eventuali profili di illiceità dal punto di vista disciplinare a carico dei magistrati coinvolti nell'indagine.

13.1. Le questioni aperte.

  La Commissione, attraverso audizioni e acquisizioni documentali, ha ripercorso il cammino compiuto dagli inquirenti nelle procedure che, in vario modo, si sono occupate della morte di David Rossi.
  Questo versante dell'inchiesta parlamentare ha lasciato emergere che l'attività degli inquirenti è stata improntata, nel complesso, a professionalità e rigore, fatti salvi alcuni specifici episodi sui quali la presente relazione si è già soffermata per esprimere le proprie valutazioni negative.
  Si ritiene tuttavia che, a margine di tale panoramica, siano opportune alcune ulteriori osservazioni. Invero, sono emerse alcune circostanzePag. 108 che meritano di essere tratteggiate. Ancorché non riguardino aspetti che incidono direttamente sull'accertamento della morte di David Rossi e non compromettano la validità delle conclusioni alle quali è pervenuta la Commissione, la valutazione di tali circostanze può rivelarsi utile per far luce su alcuni eventi che si pongono a margine della tragica vicenda di David Rossi e sui quali si ritiene necessario investigare ancora per raggiungere punti fermi e definitivi.
  Conviene muovere dal tema dei cosiddetti festini, poiché è da qui che sono scaturiti i maggiori sospetti e i maggiori punti d'ombra sull'operato dei magistrati che si sono occupati della prima indagine sulla morte di David Rossi. C'è da rilevare, innanzitutto, che la strategia investigativa non ha consentito di escutere in sede penale i pubblici ministeri interessati dalle accuse e, quindi, non ha consentito loro neppure di difendersi da accuse infamanti. E questo si rileva, pure nella consapevolezza che lo svolgimento di una simile attività di indagine avrebbe potuto rivelarsi infruttuosa perché un'eventuale audizione si sarebbe dovuta svolgere nel rispetto dei diritti della persona indagata e, quindi, i magistrati avrebbero potuto avvalersi della facoltà di non rispondere. Tali coinvolgimenti, peraltro, non hanno trovato conferma nell'ambito dell'attività istruttoria svolta dalla Commissione.
  Le investigazioni dell'autorità giudiziaria genovese hanno comunque consentito di mettere in luce alcuni elementi che dipingono un quadro rassicurante, ma non esaustivo. Per un verso, infatti, sono senz'altro esaurienti e persuasive le motivazioni con le quali è stata illustrata la convinzione che esclude ogni interferenza tra tali attività illecite e la conduzione e l'esito delle indagini. Inoltre, le indagini compiute hanno consentito di sondare l'attendibilità di alcuni dichiaranti – in particolare, di Villanova Correa – per escludere che il loro contributo potesse rivelarsi utile per eventuali approfondimenti. Per altro verso, però, la statuizione conclusiva e le informazioni in possesso della Commissione impongono di battere ancora il sentiero dell'investigazione. E, infatti, il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Genova, dopo aver rilevato l'estraneità dei magistrati sospettati ai festini, ha disposto la trasmissione degli atti alla procura di Siena affinché svolgesse opportuni approfondimenti sulla questione.
  Una pluralità di elementi suggerisce dunque di sviluppare una ricerca in tal senso: innanzitutto, il fatto che le dichiarazioni rese da Matteo Bonaccorsi non siano state del tutto smentite (il giudice genovese, anzi, enuncia un giudizio positivo sul dichiarante); poi, il contenuto dell'audizione del medesimo dinanzi alla Commissione (e il fatto che al termine della stessa il colonnello Aglieco e la compagna Anna Ascani lo abbiano atteso); ancora, altre dichiarazioni rese nel corso delle indagini da persone che riferivano sull'esistenza di tali festini. In questa ottica non si può neppure sottacere la gravità delle ipotesi di reato che riguardano non soltanto il commercio illecito di stupefacenti, ma soprattutto lo sfruttamento della prostituzione minorile, che disvela uno scenario ancor più preoccupante, essendo prospettate violazioni della legge penale rispetto alle quali non possono residuare dubbi, a prescindere dalla relazione con la morte di David Rossi.
  Ciò posto, la Commissione non può fare a meno di rilevare come altre contraddizioni siano emerse nel corso dell'inchiesta parlamentare.Pag. 109 È il caso della circostanza, riferita dal pubblico ministero Nicola Marini nel corso della sua audizione, secondo la quale la tesi del suicidio di David Rossi sarebbe stata accreditata anche dalle risultanze delle ricerche che questi avrebbe condotto nella rete, dalle quali sarebbe emersa più volte la parola «suicidio». Le audizioni successive, infatti, hanno consentito di acclarare come tali ricerche o, comunque, l'apparizione della parola «suicidio» nei dati relativi alle navigazioni in Internet di David Rossi non avessero alcun legame con condotte autosoppressive. Dunque, se è vero che l'intenzione di darsi la morte era già stata resa palese con altre esternazioni e condotte, al punto tale che non residuavano più dubbi sul punto, non può neppure farsi a meno di stigmatizzare il cosiddetto bias di conferma che ha indotto i pubblici ministeri a non battere altre piste e a percorrere solo ed esclusivamente la tesi del suicidio. Un atteggiamento che ha determinato l'omissione di attività di indagine che pure avrebbero permesso di far luce sin dal principio su ogni aspetto della vicenda e di evitare così il radicarsi di dubbi, perplessità e sospetti che sono stati coltivati nelle inchieste giornalistiche.
  Identiche considerazioni riguardano le molteplici incongruenze delle investigazioni compiute nella dimensione digitale. Anche qui la Commissione ha dovuto rilevare molteplici errori, che sono stati corretti soltanto a seguito dell'audizione del personale della Polizia postale di Genova. Più in particolare, nella prima relazione si riferiva che l'analisi dell'iPhone 5 di David Rossi lasciava emergere, relativamente a una telefonata delle ore 21.54, un'intenzionale operazione di cancellazione. Soltanto a seguito dell'audizione condotta in Commissione (v. resoconto stenografico relativo all'audizione del 3 marzo 2022) la stessa Polizia postale redigeva una nuova relazione, nella quale precisava che, in realtà, la chiamata era stata «deviata in chiusura in ingresso», come accade quando si rifiuta la telefonata in arrivo.
  Imprecisioni che non si sono rivelate esiziali, ma che hanno richiesto l'attenzione dell'inchiesta parlamentare.

14. Conclusioni.

  Nelle pagine precedenti si è fatto cenno ai passaggi maggiormente significativi delle vicende concernenti la morte di David Rossi, su cui la Commissione, nel corso delle considerazioni conclusive, intende brevemente ritornare.
  Il riferimento è, innanzitutto, agli esiti delle indagini svolte dalla procura della Repubblica di Siena nell'ambito dei due procedimenti per istigazione al suicidio (reato previsto dall'articolo 580 del codice penale) aperti nei confronti di ignoti: il primo, recante n. 962/2013 RGNR mod.44, iscritto all'epoca dei fatti e coassegnato al procuratore facente funzioni Nicola Marini e ai sostituti procuratori Antonino Nastasi, Aldo Natalini e Giuseppe Grosso; il secondo, recante n. 8636/2015 RGNR mod.44, preso in carico dal nuovo procuratore capo Salvatore Vitello e dai sostituti procuratori Andrea Boni e Fabio Gliozzi. Sono stati inoltre richiamati i contenuti delle due ordinanze con cui, nel primo caso, il giudice delle indagini preliminari Monica Gaggelli e, nel secondo, il giudice delle indagini preliminari Roberta Malavasi, rigettate le opposizioni presentate dai familiari della persona offesa, hanno disposto l'archiviazione di entrambi i procedimenti.Pag. 110
  In punto di fatto, ampio spazio è stato poi dedicato a cercare di ricostruire le vicende che caratterizzarono gli ultimi giorni di vita di David Rossi, ripercorrendo nel dettaglio quanto accaduto quel tragico 6 marzo del 2013: nelle ore precedenti la morte, in occasione della precipitazione del corpo che determinò l'evento lesivo – la cui dinamica, già oggetto di valutazioni compiute dai consulenti delle parti nell'ambito delle due indagini, è stata nuovamente analizzata grazie al dettagliato studio, corroborato da esperimenti e simulazioni virtuali, affidato dalla Commissione al R.I.S (Reparto Investigazioni Scientifiche) di Roma – nonché nella fase immediatamente successiva in cui, la sera stessa del decesso ed il giorno seguente, vennero svolti i primi atti di polizia giudiziaria.
  Ci si è inoltre soffermati sugli esiti degli esami autoptici – eseguiti la prima volta nel 2013 e poi, a seguito di accoglimento dell'istanza di riapertura delle indagini depositata dai familiari di David Rossi e della riesumazione della salma, nell'ambito del procedimento iscritto nel 2015 – anch'essi oggetto di nuova, scrupolosa valutazione, demandata a un collegio peritale altamente qualificato (da ultimo, incaricato di esprimersi anche sulla consulenza recentemente prodotta dai familiari).
  Particolare attenzione è stata poi riposta nel delineare i rapporti, personali e di lavoro, che il responsabile della comunicazione del secondo gruppo bancario italiano dell'epoca intratteneva con i giornalisti che seguivano le vicende della banca, con i suoi diretti collaboratori, gli altri colleghi, i dirigenti e i vertici aziendali. In tal modo, la Commissione ritiene di aver opportunamente tratteggiato la posizione di effettivo rilievo assunta in concreto da David Rossi, non solo all'interno del Monte dei Paschi all'epoca della morte, ma anche, soprattutto, negli anni della gestione del gruppo bancario da parte del presidente Mussari, suo amico personale. È bene, infatti, ribadire che l'incarico ricoperto, le sue indiscusse capacità professionali, la notevole esperienza maturata, la vasta rete di contatti e di amicizie di cui egli disponeva e, soprattutto, la posizione di prestigio rivestita nell'ambito della realtà socio-culturale di Siena, rendevano David Rossi una persona molto influente, non solo all'interno della banca e delle dinamiche connesse alle ricche sponsorizzazioni elargite dal Monte dei Paschi (peraltro drasticamente ridotte con l'emergere della crisi finanziaria). Tali caratteristiche avevano, quindi, giustificato la conferma del dottor Rossi da parte dei nuovi vertici aziendali, l'amministratore delegato Viola e il presidente Profumo. Tuttavia, nei primi mesi del 2013 il responsabile della comunicazione della banca dovette far fronte ad una costante ed elevatissima pressione mediatica, determinata dall'emergere sui mercati della reale entità della crisi finanziaria del Monte dei Paschi, aggravata dai conclamati tagli al personale previsti dal piano di ristrutturazione aziendale e già in corso di attuazione e, soprattutto, incrementata in misura esponenziale dalla diffusione delle notizie delle iniziative giudiziarie disposte in quel periodo dalla procura della Repubblica di Siena, oggetto di quotidiana attenzione da parte degli organi di informazione.
  Nondimeno, nei capitoli che precedono si è fatto cenno alle numerose inchieste giornalistiche che, nel corso degli anni (e tuttora), Pag. 111hanno approfondito e continuano ad approfondire gli aspetti meno chiari dell'intera vicenda e dei fatti indirettamente ad essa collegati.

14.1. L'oggetto delle conclusioni.

  Nel richiamare gli argomenti che la Commissione ha ritenuto meritevoli di specifica attenzione, occorre quindi dar conto dei risultati che sono stati raggiunti e di quelli che, invece, non è stato possibile conseguire. Occorre, però, preliminarmente porre nel dovuto risalto che nessuna delle numerose iniziative alle quali è stato dato seguito nel corso dell'inchiesta parlamentare ha determinato l'insorgere di conflitti con l'autorità giudiziaria. Le molteplici acquisizioni documentali e le innumerevoli informazioni richieste sono state disposte e assunte nel costante e totale rispetto delle attribuzioni e delle prerogative funzionali degli uffici giudiziari con cui si è interloquito; inoltre, tutti gli enti, pubblici e privati, ai quali è stato chiesto di fornire elementi di valutazione, incluso lo stesso Monte dei Paschi di Siena, hanno fornito piena e fattiva collaborazione.
  D'altra parte, deve pure segnalarsi che – nonostante l'impegno profuso dai commissari, innanzitutto, nel cercare di ricostruire in maniera puntuale i fatti – la prematura conclusione della legislatura non ha consentito di porre in essere alcune attività che avrebbero consentito di arricchire in maniera significativa il corredo probatorio.

14.2. Le conseguenze della conclusione anticipata dei lavori della Commissione: considerazioni generali.

  La legislatura si è prematuramente conclusa nel momento di più elevata intensità dei lavori della Commissione: l'ufficio di presidenza della Commissione, infatti, aveva appena deliberato lo svolgimento delle ultime e rilevanti attività da compiere, nonché il deposito delle relazioni tecniche da parte dei periti delegati dalla Commissione. Si ricordi, peraltro, che nella seduta del 18 luglio 2022 è stata svolta l'audizione, in seduta segreta, dei medici legali e dei Reparti speciali dell'Arma dei carabinieri ai quali la Commissione aveva delegato lo svolgimento delle relazioni tecniche.
  In proposito, deve innanzitutto essere evidenziato che, ai fini dell'effettiva comprensione dell'intera vicenda, gli elementi di maggiore significato da analizzare sono costituiti proprio dalle dichiarazioni – in gran parte rimaste secretate e, dunque, anche in questa sede non esplicitamente richiamabili – rilasciate alla Commissione dai numerosi soggetti auditi, a conoscenza dei fatti per averli vissuti direttamente o indirettamente. Per ovvi motivi, non pare del resto opportuno indugiare sugli spunti investigativi che possono derivare sia da tali elementi, sia dalle tante risultanze che si ricavano dall'attento esame delle comunicazioni intercorse la sera del 6 marzo 2013 tra le centrali operative del 112, del 113 e del 118 e i rispettivi equipaggi impiegati sul territorio. In realtà, ai fini della ricerca della verità, deve principalmente farsi riferimento proprio a tali elementi, peraltro confortati, nel loro concreto significato, dagli accertamenti di natura tecnica compiuti sulle copie forensi dei dispositivi in uso a David Rossi, oltre che dagli approfondimenti svolti sulle e-mail inviate e ricevute dal dottor Rossi Pag. 112negli ultimi giorni di vita e, in generale, dai contatti intercorsi con altri soggetti, risultanti dai dati estratti da tali apparati elettronici.
  Ciò posto, va anche ricordato che, al fine di fare luce su alcuni degli aspetti più controversi delle vicende legate alla morte di David Rossi, la Commissione ha formulato numerosi, articolati e complessi quesiti che – nelle date del 18 novembre 2021, 13 gennaio, 17 gennaio e 20 gennaio 2022, 1° marzo e 16 marzo 2022, 15 aprile, 20 aprile e 26 aprile 2022, 12 maggio e 24 maggio 2022 e 17 giugno 2022 – sono stati inviati ai Reparti speciali dell'Arma dei carabinieri e ad un collegio peritale composto da professionisti altamente qualificati.
  Nonostante lo scarso tempo a disposizione, dovuto all'intensa attività parlamentare concomitante, la Commissione ha profuso notevole impegno nella lettura e nello studio delle relazioni tecniche elaborate dai periti (per un totale di circa mille pagine), che sono state oggetto di scrupoloso esame e approfondito dibattito. Allo stato, dunque la cosiddetta maxi-perizia costituisce un punto fermo, di fondamentale valore sia per l'inchiesta parlamentare ormai conclusa sia per i seguiti che potranno eventualmente aversi nelle competenti sedi.

14.3. Le conseguenze della conclusione anticipata dei lavori parlamentari in relazione agli accertamenti che non è stato possibile effettuare.

L'esperimento giudiziale programmato a Siena

  Tra gli accertamenti che, in conseguenza della conclusione anticipata dei lavori, non è stato possibile svolgere, vanno in primo luogo menzionati quelli – da eseguirsi nelle forme dell'esperimento giudiziale di cui all'articolo 219 del codice di procedura penale – di cui la Commissione aveva deliberato lo svolgimento nel mese di settembre a Siena. Tale accertamento, finalizzato ad acquisire elementi di riscontro circa quanto riferito da alcuni dei principali protagonisti della fase di rinvenimento del corpo e di quella ad essa immediatamente successiva, avrebbe avuto ad oggetto la verifica del tempo necessario a percorrere, all'interno della città di Siena, taluni ben determinati tragitti.
  Il primo esperimento programmato avrebbe avuto ad oggetto l'accertamento del tempo minimo necessario a percorrere lo stesso tragitto che il dottor Gian Carlo Filippone ha dichiarato di aver compiuto, la sera del 6 marzo 2013, per recarsi dalla propria abitazione fino all'ufficio di David Rossi. Si ricorda, infatti, che, sporgendosi dalla finestra, il dottor Filippone è stato il primo a constatare che il suo amico, collega e diretto superiore giaceva riverso sul selciato del sottostante vicolo Monte Pio. In altri termini, l'esperimento sarebbe stato svolto al fine di verificare la credibilità di quanto dichiarato dal dottor Filippone, tenuto conto del tempo minimo necessario ad effettuare il tragitto da lui indicato, delle risultanze acquisite agli atti e riproducendo, per quanto possibile, le condizioni di fatto esistenti la sera del 6 marzo 2013.
  Ancor più precisamente, l'esperimento giudiziale avrebbe dovuto acclarare se l'intero tragitto potesse essere compiuto in un tempo di circa 5 minuti, così lasciando emergere, in caso di fallimento della prova, un elemento comprovante l'evidente contrarietà al vero del Pag. 113racconto rilasciato da colui che, per primo, rinvenì il corpo di David Rossi.
  Anche gli ulteriori esperimenti, già programmati, avevano analoghe finalità ed erano volti ad accertare la tempistica minima di percorrenza di specifici tragitti. Il secondo esperimento aveva ad oggetto la verifica del tempo occorrente per percorrere a piedi il tragitto che va dal punto preciso di via dei Rossi in cui all'epoca si fermò la volante del 113 ed il punto preciso del vicolo Monte Pio in cui l'allora sovrintendente della Polizia di Stato Livio Marini venne raggiunto alle spalle dal colonnello dei Carabinieri Pasquale Aglieco. Conseguentemente – tenuto conto degli elementi certi, costituiti dall'orario preciso di arrivo della volante, dalle risultanze delle registrazioni delle telefonate ricevute in quei frangenti dalla Sala operativa della questura e dalla centrale del 118, oltre che dall'indicazione del punto esatto in cui si arrestò l'autovettura di istituto e di quello in cui avvenne l'incontro con l'ufficiale (posizioni precise che i due componenti dell'equipaggio della volante, Marini e Gigli, avrebbero potuto indicare in loco) – era intenzione della Commissione acquisire elementi di presumibile certezza circa la compatibilità tra l'orario in cui sopraggiunse sul posto l'allora comandante provinciale dei Carabinieri e le ore 20.52 (attestato nel verbale delle segnalazioni pervenute alla centrale operativa, anch'esso acquisito agli atti su iniziativa della Commissione) in cui egli risulta aver comunicato alla centrale del 112 l'evento che aveva personalmente constatato, nonché la presumibile identità del soggetto coinvolto (che, fino a quel momento, non era ancora nota alle altre persone presenti sul posto e, ovviamente, neanche agli operatori del 112). Inoltre, l'esperimento avrebbe anche offerto utili spunti di valutazione circa la compatibilità dell'orario di arrivo sul posto dell'alto ufficiale ed il tempo necessario a percorrere il tragitto che il militare riferisce aver effettuato, a piedi, per seguire la volante della Polizia dal punto in cui egli, poco prima, l'aveva avvistata.
  Il terzo esperimento avrebbe dovuto interessare il personale del 118 che, giunto alle ore 20.53 in prossimità del vicolo, a bordo dell'ambulanza e a sirene spiegate (circostanza che risulta dalle registrazioni audio delle chiamate pervenute alla sala operativa), considerato che il veicolo di emergenza, a causa delle dimensioni, non poteva entrare nel vicolo Monte Pio, raggiunse a piedi il punto del vicolo in cui si trovava il corpo di David Rossi. Calcolando il tempo occorrente per compiere tale tragitto, si sarebbero acquisiti elementi di riscontro circa l'orario in cui (necessariamente qualche minuto dopo) sopraggiunsero nel vicolo i componenti dell'equipaggio del 113 e, con loro, il colonnello Aglieco. Ancora più utile sarebbe risultato l'esperimento coinvolgente il 118 per la parte che avrebbe dovuto riguardare il calcolo del tempo necessario ad effettuare il tragitto di ritorno al parcheggio del 118 di via Mazzini dell'ambulanza, che quella notte, al termine dell'intervento sul luogo dell'evento, risulta essere rientrata in sede alle ore 22.04.
  L'accertamento dell'orario in cui, quella notte, l'ambulanza e l'equipaggio del 118 si allontanarono definitivamente dal luogo dell'intervento – facilmente ricavabile in base alla tempistica risultante dall'accertamento oggetto dell'esperimento programmato – avrebbe così fornito elementi per riscontrare le dichiarazioni di tutti coloro che (come il tecnico Secciani) affermano di non ricordare l'orario in cui Pag. 114quella notte arrivarono sul posto, ma hanno fatto riferimento certo alla presenza o meno dell'ambulanza del 118 al momento del loro arrivo.
  Infine, il quarto ed ultimo esperimento avrebbe avuto ad oggetto l'accertamento del tempo necessario a percorrere il tragitto dall'ufficio del dottor Rossi fino all'uscita della banca sita in piazza dell'Abbadia, utilizzando il tunnel di collegamento tra i due edifici. La finalità di tale esperimento è intrinsecamente connessa al contenuto delle immagini del secondo video recentemente emerso, originariamente riversate e poi cancellate, da cui risulta l'uscita, attraverso la porta di piazza dell'Abbadia, di due persone, che si allontanano dall'edificio appena 2 minuti e 17 secondi dopo la precipitazione del dottor Rossi.
  Peraltro, tale percorso risulta essere stato indicato – oltre che, in epoca assai recente, dal portiere Riccucci in sede di sua nuova audizione a sommarie informazioni testimoniali – dal tenente colonnello dell'Arma dei carabinieri Zavattaro, consulente dei pubblici ministeri, il quale già nel 2016 aveva segnalato che proprio David Rossi potesse aver percorso tale tragitto, poco prima della sua precipitazione, per recarsi ai locali siti nel piano interrato e che, a causa dei lavori lì in corso, Rossi potesse essersi sporcato la suola delle scarpe con la vernice ivi rinvenuta in occasione degli esami effettuati dopo il suo decesso.

Le audizioni programmate e non svolte e il rinvenimento di un secondo video.

  Tra gli accertamenti che non è stato possibile eseguire, occorre menzionare le ultime, rilevanti, audizioni – alcune delle quali da svolgersi nelle forme dell'esame testimoniale e del confronto tra i soggetti dichiaranti – che la Commissione avrebbe valutato di effettuare se la legislatura non si fosse anticipatamente conclusa.
  La Commissione avrebbe, infatti, valutato l'opportunità di audire nuovamente – eventualmente nella forma dell'esame testimoniale – il luogotenente dei Carabinieri Marcello Cardiello, affinché chiarisse fatti da lui mai riferiti, emersi grazie alle dichiarazioni di terzi soggetti (ad esempio, che nel pomeriggio del 6 marzo 2013, egli aveva incontrato David Rossi e l'allestitore di impianti audio-video Fulvio Muzzi, con i quali aveva parlato scherzosamente con loro mentre questi uscivano dal bar di via Montanini, dove si erano visti tra le 17.30 e le 17.40), ovvero circostanze inerenti ad attività da lui compiute quella stessa sera (a cominciare da quando, alle 21 circa, passò a prendere Muzzi per recarsi insieme a lui sul luogo dell'evento occorso a colui con il quale, poche ore prima, avevano chiacchierato scherzosamente).
  Inoltre, la Commissione avrebbe valutato l'opportunità di procedere all'audizione del professor Gabbrielli, affinché riferisse sulle operazioni svolte in vicolo Monte Pio e, in particolare, sugli spostamenti impressi al corpo della persona deceduta prima dell'arrivo sul posto della Polizia scientifica; nonché a quelle degli altri consulenti di parte, l'ingegner Scarselli e il tenente colonnello dei Carabinieri Zavattaro, affinché riferissero su specifici punti delle attività tecniche rispettivamente compiute e sul raffronto delle stesse con le risultanze attestate nelle relazioni tecniche da ultimo eseguite. Inoltre, avrebbe valutato l'opportunità di procedere nuovamente all'audizione del tecnico SeccianiPag. 115 e del vicequestore Baiocchi, che quella notte effettuarono, o comunque seguirono, le operazioni di acquisizione delle immagini delle telecamere esterne di sicurezza e che, al termine delle stesse, diedero o presero in custodia il supporto informatico utilizzato per riversare il ovvero i video. Sono, infatti, emerse incongruenze circa gli orari e le modalità tecniche con cui vennero effettuate le operazioni di prelievo delle immagini in questione, nonché circa la selezione di quelle ritenute rilevanti e, prima ancora, circa l'individuazione delle telecamere di possibile interesse. All'esito di tali audizioni, la Commissione avrebbe potuto, altresì, valutare la possibilità di svolgere un confronto tra i predetti soggetti.
  Attraverso le audizioni ora indicate si sarebbe potuto, altresì, adeguatamente esplorare la vicenda (sulla quale poi si tornerà) concernente il recente rinvenimento – all'interno della pen-drive su cui vennero originariamente riversate le immagini – di un video estratto da una seconda telecamera esterna di sicurezza, poi cancellato dalla medesima pen-drive. Circa il contenuto delle riprese cancellate, le immagini in questione immortalano due persone – risultate essere, nel corso delle indagini recentemente svolte in sede giudiziaria, due dipendenti della banca – le quali, meno di tre minuti dopo la precipitazione di David Rossi dalla finestra del suo ufficio, escono dall'edificio, utilizzando la porta secondaria sita in piazza dell'Abbadia. Se la Commissione avesse valutato di procedere all'audizione di tali soggetti, avrebbe potuto verificare con particolare attenzione quali fossero le ragioni e i tempi della loro presenza in loco, nonché attività, incontri e spostamenti dagli stessi avuti all'interno della sede (elementi non risultanti dagli atti di cui si è, di recente, entrati in possesso).
  La mancata conservazione del video rinvenuto – soprattutto laddove ne fosse confermata l'utilità ai fini dell'accertamento dei fatti – potrà essere valutata dalla competente autorità giudiziaria (cui la Commissione ha provveduto a dare immediata notizia). La Commissione avrebbe potuto, altresì, svolgere ogni accertamento informatico utile a risalire all'epoca della cancellazione delle immagini e, conseguentemente, ai relativi autori. Tenuto conto del breve tempo avuto a disposizione del tecnico Secciani, la notte del 6 marzo 2013, per riversare (sotto il controllo del vicequestore Baiocchi) le immagini delle telecamere prima su un suo PC e poi, da questo, sul supporto consegnato al personale della Polizia presente alle operazioni, l'accertamento sull'epoca della «manomissione» avrebbe consentito di restringere notevolmente il numero dei possibili responsabili di tale condotta. La Commissione avrebbe, inoltre, valutato l'opportunità di ricercare e, in caso positivo, acquisire e far periziare il computer portatile utilizzato dal tecnico Secciani, nonché l'hard disk del sistema di registrazione delle immagini di sicurezza (a condizione, ovviamente, che entrambi fossero ancora rinvenibili). Ciò dando attuazione al compito previsto dalla delibera istitutiva di accertare anche le vicende connesse a quelle della morte, tenendo conto delle ambiguità nei ricordi di Secciani sull'orario del suo arrivo e della sua permanenza all'interno della banca, sulla durata e sulle modalità tecniche con cui egli eseguì le operazioni di estrazione delle immagini, oltre che sull'orario in cui, terminate le attività, fece ritorno a casa.Pag. 116
  Approfondendo, eventualmente in sede di esame testimoniale e, se del caso, di confronto tra i dichiaranti, le ragioni per le quali nessuno dei presenti alla fase di estrazione delle immagini della/e telecamera/e ha fatto cenno all'esistenza di immagini prelevate da una seconda telecamera di sicurezza (che, tuttavia, qualcuno deve pur sempre aver acquisito e visionato, prima che venissero cancellate), la Commissione avrebbe meticolosamente cercato di individuare tutti coloro che risultano essere entrati in possesso della chiavetta USB: dal tecnico Secciani, al personale della Polizia di Stato (la vicequestore Baiocchi e il sovrintendente Marini), ai colleghi di questi ultimi che, nel duplicare il supporto in formato «leggibile», ne hanno conseguito l'autonoma disponibilità (cessata solo nel 2016, quando la pen-drive originale è stata consegnata alla magistratura, in accoglimento dell'istanza presentata in proposito dalla difesa dei familiari parte offesa).

Gli accertamenti non svolti sul computer portatile in uso a David Rossi

  Meritano, inoltre, di essere citati gli accertamenti che la Commissione avrebbe voluto far eseguire sul personal computer portatile che è risultato essere stato assegnato a David Rossi; va ricordato che all'interno del personal computer, esaminato nel suo contenuto, sono stati rinvenuti non dati riconducibili al manager deceduto ma, piuttosto, immagini di un viaggio all'estero effettuato da un'altra persona, presumibilmente, da un suo collega. In particolare, risalendo al (precedente e sicuro) possessore del personal computer in questione, si sarebbe potuta accertare la data in cui dal primo assegnatario venne effettivamente restituito l'apparato, cercando così di ricostruire ragioni e modalità che avrebbero indotto il gruppo bancario a dare in carico uno strumento informatico usato, peraltro ripulito alla meglio, al capo della comunicazione. In realtà, permane il dubbio che David Rossi non sia mai entrato in possesso di tale computer portatile e che, invece, ne utilizzasse uno differente da quelli rinvenuti, mai entrato nella disponibilità degli inquirenti.

Gli accertamenti economico-finanziari non svolti

  Meritano, inoltre, di essere richiamate le verifiche di natura economico-finanziaria delegate dalla Commissione al Nucleo di Polizia Valutaria della Guardia di finanza e, in particolare, gli accertamenti che non è stato possibile svolgere, sebbene in parte già disposti, per l'anticipata conclusione della legislatura. La Commissione ha infatti inteso delegare l'esecuzione di puntuali verifiche sul patrimonio e sulla complessiva situazione economico-finanziaria di David Rossi e dei suoi familiari per verificare un elemento che, nonostante la concomitante pendenza di indagini finanziarie sul gruppo bancario ed i suoi prodotti finanziari, non risulta adeguatamente esplorato in sede giudiziaria.
  Verificati gli esiti delle altre iniziative sopra ricordate, la Commissione avrebbe poi valutato l'opportunità di disporre accertamenti di analoga natura su taluni dei protagonisti della vicenda, in relazione ai quali una attenta verifica delle rispettive situazioni patrimoniali avrebbe Pag. 117potuto far emergere profili di interesse, specie in caso di incrementi sostanziali registrati a decorrere dall'anno 2013.

14.4. I risultati raggiunti in modo definitivo: la relazione medico-legale e le cause della morte.

  Delineati, così, gli accertamenti che non è stato possibile svolgere, conseguono evidenti gli effetti che da ciò sono derivati sul conseguimento dei risultati prefissi.
  Quanto, invece, agli accertamenti compiutamente effettuati, occorre innanzitutto segnalare quelli che hanno portato a risultati acclarati ed unanimemente condivisi, facendoli poi seguire da quelli dotati di minore valenza ma pur sempre desumibili da risultanze presenti agli atti dell'inchiesta parlamentare e di cui occorre parimenti dar conto.
  Tra gli accertamenti che devono ricordarsi poiché adeguatamente riscontrati e definitivamente acclarati, senz'altro vanno annoverate le risposte ai quesiti di natura medico-legale fornite dal collegio peritale composto dal professor Fineschi, dal dottor Testi e dalla professoressa Argo.
  Come già descritto in precedenza, va segnalato che il collegio estremamente qualificato ha confermato che la causa di natura medico-legale della morte di David Rossi deve essere individuata nei politraumatismi e nelle lesioni scheletrico-fratturative e viscerali (dettagliatamente illustrati nell'elaborato depositato agli atti), diretta conseguenza della precipitazione e dell'impatto al suolo del corpo.
  Come pure già detto, è parimenti certo – in ragione della tipologia delle lesioni subite agli arti inferiori e della generale reattività neuro-muscolare mantenuta dal corpo fino al violento impatto con il selciato di vicolo Monte Pio, peraltro sintomatica della mancanza di alterazioni psico-fisiche derivanti da sostanze stupefacenti o ad effetto narcotizzante, riscontrata in occasione del primo esame autoptico – che, durante la precipitazione e fino al momento dell'impatto al suolo, l'allora responsabile della comunicazione del Monte dei Paschi di Siena fosse cosciente.
  Lo stato di coscienza in cui la persona deceduta si trovava nelle fasi immediatamente precedenti il decesso, lascia altresì presumere che a David Rossi non siano state somministrate sostanze stupefacenti o narcotizzanti, al fine di inibirne la capacità di intendere e di volere autonomamente il significato delle proprie azioni.
  Pur non essendo stato possibile ottenere chiarimenti dai periti circa l'eventualità che nei confronti della persona deceduta possa essere stata utilizzata una pistola teser (eventualità da taluni avanzata), la Commissione ritiene che, tenuto conto della tipologia delle lesioni riscontrate sul corpo e, soprattutto, dell'epoca dei fatti, quest'ultima ipotesi sia assolutamente remota.
  Tornando ai dati oggettivamente emersi dall'attento e puntuale studio disposto dalla Commissione, occorre ricordare che – come era peraltro facilmente desumibile dalla mera visione del filmato della telecamera esterna di sicurezza n. 6 e, segnatamente, dalle immagini che riprendono i lenti movimenti compiuti dal Rossi negli ultimi minuti di vita – i periti hanno anche posto in evidenza che una tempestiva azione di soccorso avrebbe potuto evitare la morte del precipitato.Pag. 118
  In altri termini, può presumersi che David Rossi – qualora fosse stato tempestivamente soccorso durante i primi momenti di una agonia durata ben 20 minuti – sarebbe potuto rimanere in vita.
  Le conclusioni medico-legali offerte dal collegio peritale consentono inoltre di escludere che (come pure da taluni sostenuto) la morte possa essere stata determinata, in tutto o in parte, da cause precedenti alla precipitazione e/o da azioni violente avvenute in altri luoghi.
  Per ciò che più rileva, va parimenti riportato che i periti professor Fineschi, dottor Testi e professoressa Argo hanno ribadito che non tutte le lesioni riscontrate sul corpo di David Rossi sono riconducibili alla precipitazione e all'impatto al suolo, come peraltro già ampiamente riportato e descritto al paragrafo 8.4. In particolare, con riferimento a talune lesioni riscontrate, il collegio medico ha precisato che «non risulta possibile affermarne secondo un criterio di elevato grado di probabilità logica e credibilità razionale l'immediata compatibilità con meccanismo precipitativo».
  In particolare, ciò vale per l'ecchimosi sottostante la superficie volare del braccio destro e per il complesso ecchimotico situato sulla faccia volare dell'avambraccio di destra, «che assume un aspetto figurato e dunque non immediatamente compatibile con una genesi da precipitazione», nonché per il complesso lesivo rilevato sul volto e, segnatamente, sul labbro inferiore, trattandosi di «escoriazioni lineari, superficiali e sottili, che suggeriscono un contatto avvenuto con modalità di strisciamento contro una superficie acuminata e lineare».
  Sulla scorta delle affermazioni peritali, la Commissione ritiene dunque che non possa condividersi il giudizio espresso dal medico-legale professor Gabbrielli in occasione della prima indagine del 2013, in cui il cattedratico sostiene che la compatibilità delle lesioni refertate con un gesto suicidario possa definirsi come «piena».
  Al contempo, la Commissione intende rimarcare che non sono emersi elementi di natura medico-legale per poter ricondurre in modo certo l'origine delle lesioni al volto alla fase preparatoria della precipitazione, come invece prospettato dal tenente colonnello Zavattaro, consulente del pubblico ministero di Siena nella seconda indagine del 2016, secondo il quale tali lesioni possono essere state originate dallo sfregamento del viso di David Rossi contro il nottolino superiore della finestra da dove egli è precipitato.
  A dire il vero, posto che non vi sono neanche elementi per escludere che ciò sia realmente avvenuto, deve rappresentarsi la difficoltà di immaginare che (in mancanza dell'azione violenta di terzi, che spingano da tergo il capo di un'altra persona contro il serramento dell'infisso) un soggetto si possa involontariamente procurare una simile lesione mentre scavalca la sbarra di protezione ed appena prima di calarsi verso di essa, con cautela, nell'intento di utilizzarla come sostegno cui aggrapparsi con le braccia, dall'esterno.
  Tipologia ed entità di quanto refertato sul volto del dottor Rossi inducono peraltro a dubitare che un soggetto intenzionato a lanciarsi nel vuoto, immediatamente dopo essersi procurato ferite ed ecchimosi al volto tanto significative mentre ancora non si è sporto fuori dalla finestra, nonostante il dolore sofferto, ne resti totalmente insensibile, proseguendo incurante nel suo proposito di realizzare un'azione auto-soppressiva.Pag. 119
  Va, dunque, rilevato che gli accertamenti disposti dalla Commissione hanno dato definitiva conferma che le lesività cui si è fatto cenno sopra (diffusamente, nel capitolo dedicato alla dinamica della precipitazione), se da un lato non possono essere utilizzate per imputare la precipitazione all'azione violenta di terze persone, dall'altro costituiscono elemento non compatibile con la precipitazione. Tale elemento deve da un lato ritenersi preesistente alla caduta, dall'altro successivo all'incontro avuto dal Rossi con la collega Galgani, il pomeriggio del 6 marzo 2022, alle ore 17.40 circa, la quale dopo averlo incontrato (presumibilmente appena dopo essere rientrato in ufficio dall'incontro avuto con Fulvio Muzzi) avrebbe senz'altro ricordato l'eventuale presenza di segni e ferite sul suo volto.

14.5. I risultati delle altre relazioni tecniche.

  Nelle pagine precedenti si è fatto cenno ai quesiti posti dalla Commissione ai Reparti speciali dell'Arma dei carabinieri, a cominciare da quello, già ampiamente illustrato, relativo alla ricostruzione della dinamica della caduta. Alcune considerazioni vanno aggiunte circa gli esiti degli ulteriori accertamenti compiuti dal Reparto Investigazioni Scientifiche di Roma del Ra.C.I.S. e dal Reparto Indagini Tecniche del R.O.S. dell'Arma dei carabinieri che, grazie alla professionalità del personale delegato a compiere le singole attività tecniche, hanno offerto risposte esaustive a gran parte dei quesiti agli stessi demandati e, così, hanno apportato un significativo contributo alla ricerca della verità.
  Quanto alle analisi di natura informatica, la relativa relazione tecnica redatta dal Reparto Tecnologie Informatiche del Ra.C.I.S. ha evidenziato che gli accessi effettuati sul computer dell'ufficio di David Rossi dopo la sua morte non sono riconducibili all'azione di persone fisiche, ma alla routine di funzionamento del sistema informatico del Monte dei Paschi.
  Questa affermazione va condivisa ma, tuttavia, nel suo significato letterale, vale a dire restringendola all'esclusione che, successivamente alle ore 19.43, possano essere avvenuti accessi effettuati fisicamente sul computer dell'ufficio di David Rossi e non anche da remoto, da dove almeno un accesso senz'altro vi fu e cioè quando, nottetempo, venne bloccato l'account del Rossi.
  Meno convincenti sono apparse le spiegazioni offerte circa l'impossibilità di risalire alla data in cui è stata effettuata la soppressione delle immagini estratte da una seconda telecamera di sicurezza, attività tecnica che la Commissione – riportandosi al contenuto delle osservazioni formulate nel corso dell'audizione del personale tecnico, quando si è fatto presente che l'ultima modifica apportata al supporto da 8 Gbyte risulterebbe effettuata, esattamente, alle ore 2.37.13 del mattino – ritiene senz'altro non agevole ma pur sempre esperibile e che, come già detto, non avrebbe esitato a disporre qualora vi fosse stato il tempo, ovvero le ragioni delle discrasie riscontrate circa numero e caratteristiche di memoria dei supporti su cui vennero riversate le immagini della/e telecamera/e di sicurezza.
  Analogamente, l'anomalia relativa alla e-mail in cui David Rossi manifesta la sua volontà suicidaria, rinvenuta con data di invio apparentemente successiva a quella della morte negli archivi di posta del Pag. 120sistema del Monte dei Paschi e nel suo PC portatile, non presenta caratteristiche di effettivo interesse, essendo sostanzialmente imputabile alle modalità operative proprie di tale sistema e all'avvenuto utilizzo, nell'analisi dei dati del PC, di programmi non originali.
  La circostanza che le riprese poi cancellate sarebbero state le prime ad essere state prelevate non pare, peraltro, avere avuto efficacia causale sulla ragione della cancellazione delle stesse dal supporto ove esse vennero originariamente trasferite.
  Del pari, va esclusa l'eventualità che le immagini estratte dalle telecamere potessero essere riversate direttamente su pen-drive, collegando le chiavette all'apparato di registrazione senza prima dover transitare per il computer portatile che (tenuto anche conto della tecnologia esistente all'epoca) il tecnico Secciani deve aver necessariamente utilizzato, collegandolo all'apparato di registrazione e, in tal modo, al suo hard-disk. Non sembra opportuno, inoltre, ricondurre la cancellazione delle prime immagini alla condotta da lui tenuta al momento di effettuare le copie dei supporti, anche perché egli ha eseguito le proprie attività sotto il costante controllo di personale della Polizia di Stato (prima del sovrintendente Marini e poi del vicequestore Baiocchi).
  In sostanza – pur dovendo rimarcarsi l'inopinata decisione di non far prelevare, la notte dell'evento, l'hard-disk, come di consueto, nella sua interezza – si auspica che, nonostante il tempo trascorso, possano essere ricercati, rinvenuti e analizzati, ora per allora, sia l'hard-disk sia il computer portatile utilizzati nell'occasione, ancora oggi possibili custodi di preziose informazioni.
  Analogamente, andrebbe acquisito il telefonino – o, quanto meno, il back-up della memoria del telefonino – che, all'epoca dei fatti, utilizzava Fulvio Muzzi, su cui questi ha riferito di aver ricevuto la telefonata del Rossi per concordare l'appuntamento delle 17.30 (telefonata però che, senz'altro, non è partita, né dal telefono dell'ufficio del Rossi, né dal suo cellulare) ma poi, quando è stato invitato dalla Commissione a consegnare l'apparato, ha risposto di non esserne più in possesso.
  Quanto ai quesiti incentrati sull'analisi dei tabulati telefonici, sui contatti avvenuti, sugli intestatari delle utenze e sulle possibili localizzazioni dei terminali, i tecnici del R.I.S. hanno confermato che, trattandosi di un evento risalente al 2013 ed essendo stati superati i termini previsti dalla legge per l'acquisizione di nuovi dati tecnici, è stato possibile lavorare solo sul materiale acquisito a suo tempo, nell'ambito dei procedimenti penali instaurati presso la procura della Repubblica di Siena, peraltro analizzati ex novo, oltre che integrati dall'acquisizione di informazioni assunte presso i gestori dei servizi di telefonia nazionali e presso i referenti della banca.
  Le attività svolte dal Reparto Indagini Tecniche del Ra.C.I.S. hanno consentito di fornire risposte coerenti a pressoché tutti i quesiti sollevati dalla Commissione, facendo luce su questioni di natura tecnica che erano rimaste inesplorate o di difficile comprensione. Per esemplificare, sono state ricostruite la corretta sequenza di eventi telefonici d'interesse, la reale copertura delle celle BTS e, quindi, la verosimile collocazione sul terreno delle utenze in uso al dottor David Rossi, ai suoi familiari e a tutte le persone rimaste coinvolte nella vicenda.Pag. 121
  È stata data congrua chiave di lettura, inoltre, in relazione alla natura di alcuni eventi telefonici apparentemente riconducibili alla vittima, ancorché avvenuti in momenti successivi alla sua morte; analogamente, sono state chiarite alcune perplessità relative a scambi di telefonate e messaggi di testo, apparentemente intercorsi tra il dottor Rossi e altre persone a lui vicine, in realtà mai avvenuti e riconducibili, esclusivamente, ad automatismi degli apparati di rete telefonica o a servizi aggiuntivi offerti dai gestori di telefonia.
  Si fa presente, inoltre, che i terminali telefonici di Gian Carlo Filippone e della moglie Michela Torricelli, in occasione sia dell'invio dell'SMS alle ore 19.41, sia della telefonata effettuata verso l'utenza di David Rossi alle ore 20.25, erano connessi ad una cella compatibile con la loro abitazione e le aree circostanti, ma non compatibile con la sede di banca Monte dei Paschi di piazza Salimbeni, mentre non è indicata – e non è stato possibile risalirvi – la cella di connessione utilizzata dal telefono del segretario di Rossi per la chiamata senza risposta delle successive 20.30; pertanto, nulla può dirsi circa la posizione del suo telefono in quella circostanza.
  Riguardo al tentativo di Carolina Orlandi di telefonare a David Rossi, da lei effettuato alle ore 20.16, è stato confermato che esso, in realtà, non si è concretizzato, avendo l'evento attivato il menu fonico del servizio SOS-ricarica di TIM, con numerazione 4099009.
  Sono stati, altresì, identificati gli intestatari delle utenze che hanno contattato il numero dell'ufficio di David Rossi il giorno successivo alla sua morte: si è accertato che era possibile ricevere o effettuare chiamate con la medesima numerazione anche da altre quattro postazioni telefoniche in uso ad altrettanti collaboratori del dirigente e che solo le chiamate effettivamente effettuate o quelle alle quali veniva data risposta con il terminale presente in quell'ufficio venivano memorizzate nel registro del telefono, e ciò confuterebbe l'ipotesi che qualcuno potesse trovarsi in quella stanza sebbene il locale fosse sottoposto a sequestro.
  Nel periodo monitorato nei tabulati (1° dicembre 2012–7 marzo 2013), è stato accertato che i contatti telefonici tra David Rossi e il dottor Stefano Bisi (giornalista senese, divenuto nel 2014 Gran maestro del Grande Oriente d'Italia) risultano essere molteplici, mentre non figurano contatti tra David Rossi e l'avvocato Giancarlo Pittelli, tra David Rossi e William Renan Villanova Correa, tra David Rossi e Lucelly Molina Camargo, tra David Rossi e Matteo Bonaccorsi.
  In relazione al contatto telefonico del 6 marzo 2013 alle ore 21.59 tra il numero di David Rossi e il cellulare dell'onorevole Daniela Garnero Santanchè, è stato accertato che l'evento costituisce un tentativo di chiamata da parte di quest'ultima che, però, non ha ricevuto alcuna risposta e che la durata indicata nel tabulato di Fastweb costituisce il tempo tra il setup e il release della connessione, che comprende l'intera durata degli squilli.
  Infine, è stato accertato che non sono stati acquisiti i tabulati di traffico di un'utenza (che, comunque, non emerge tra i contatti telefonici di David Rossi nel periodo esaminato), mentre sono stati svolti preliminari accertamenti su tre account e-mail prima non emersi, annotati, con relativa password, all'interno di un'agenda prelevata Pag. 122dall'ufficio di David Rossi dopo la sua morte, due dei quali ancora potenzialmente accessibili.

14.6. Considerazioni critiche su alcuni aspetti delle indagini svolte in sede giudiziaria.

  Così illustrati i contenuti di maggiore interesse delle relazioni tecniche, si intendono ora richiamare alcuni specifici passaggi delle indagini – le cui criticità sono anch'esse già state adeguatamente illustrate – per segnalare le perplessità ingenerate dai comportamenti mantenuti da taluni dei principali protagonisti delle stesse.
  In relazione ai momenti appena precedenti il rinvenimento del corpo del dottor Rossi da parte del dottor Filippone, si è già fatto cenno alle ragioni che avevano indotto la Commissione a disporre uno specifico esperimento volto a verificare la compatibilità tra gli spostamenti di quest'ultimo e l'orario in cui egli, sporgendosi dalla finestra, constatò che il collega giaceva sul selciato del vicolo sottostante.
  Vanno qui segnalate ulteriori discrasie che emergono nelle dichiarazioni rilasciate dal predetto e che, indubbiamente, destano non poche perplessità, tenendo anche conto che tra Filippone e Rossi sussisteva, come sembra, un rapporto di amicizia risalente nel tempo e che, già solo per questa ragione, è difficile comprendere come possano modificarsi ed elidersi i ricordi di un evento di così assoluto rilievo, vissuto in prima persona, di norma scolpito in modo fin troppo indelebile nella memoria di chi direttamente lo vive.
  Ad esempio, circa i contatti avuti con David Rossi da Filippone, non è facilmente comprensibile come, la notte stessa del 6 marzo 2013, quest'ultimo possa dimenticare di riferire al magistrato di averlo personalmente incontrato, nel suo ufficio, poco prima della morte.
  È bene inoltre rappresentare che, nell'occasione, il capo della sua segreteria si limitò a riferire, senza esitazioni, di essere uscito alle 18 dalla sede della banca, sottacendo particolari che invece, tre anni dopo, ricorda e che lo portano a rettificare il precedente racconto, riferendo tra l'altro: «Ricordo perfettamente che lasciai l'ufficio e quindi la sede storica di p.za Salimbeni tra le 17.30 e le 17.45. Verso le 19.00 mandavo un SMS a David chiedendogli se avesse avuto voglia di venire a correre. Non ricevevo risposta. Verso le 19.30 invitavo mia moglie Michela a chiamare David per vedere se avesse risposto almeno a lei ma anche questo tentativo risultava vano...» «Giungevo in p.za Salimbeni e trovavo Carolina ad aspettarmi. Insieme prendevamo l'ascensore e raggiungevamo il terzo piano. L'ufficio di David era chiuso, per cui invitavo Carolina a sedersi nel mio ufficio e ad aspettarmi...» «Mi affacciavo e notavo sul vicolo sottostante il corpo di un uomo che riconoscevo subito per David. A quel punto, uscivo dall'ufficio e dicevo a Carolina di andare subito a casa dalla madre perché era successa una disgrazia. Quasi contemporaneamente ricevevo una telefonata da Antonella alla quale facevo capire che era successo una disgrazia. Ricordo solo che Antonella cominciava ad urlare...» «Uscivo quindi dalla sede e mi dirigevo verso il vicolo sottostante la finestra dell'ufficio di David. Strada facendo telefonavo a Roberto Rossi, che quel giorno era andato a casa perché stava male, avvertendolo dell'accaduto. Quando giungevo in prossimità del corpo di David, mi avvicinavo quel tanto per verificare che non stava più respirando.»Pag. 123
  Nel corso del secondo verbale di sommarie informazioni testimoniali, dunque, il Filippone aggiunge parecchi particolari, cominciando col dire di aver incontrato il dottor Rossi nel corso di una breve riunione avuta con lui circa mezz'ora prima di uscire dalla banca e, tra l'altro, comincia ad anticipare sia l'orario di uscita dall'ufficio (dalle 18 alle 17.30–17.45), che quello di invio del messaggio (dalle 19.41 alle 19 circa), soggiungendo anche di aver invitato sua moglie a telefonare al Rossi alle ore 19.30 (mentre i tabulati attestano che l'unica telefonata della signora Torricelli al Rossi è stata da lei effettuata alle ore 20.25), nonché spostando ad un orario successivo (alle 20.20) la telefonata ricevuta dalla signora Tognazzi.
  Inoltre, non sfugge alla Commissione che il Filippone, nelle sommarie informazioni testimoniali del 18 gennaio 2016, non dice di aver chiamato il portiere Riccucci quando, pur avendo constatato l'accaduto, ancora si trovava al terzo piano (in sede di audizione, ha invece dichiarato di aver telefonato al portiere mentre stava scendendo) e, soprattutto, va stigmatizzato che egli non ha mai chiarito la ragione per cui (piuttosto che chiamare subito il 118 o il 112) preferì telefonare al portiere, né tantomeno la ragione per cui lo fece salire (così determinando il suo allontanamento dalla postazione di lavoro, posizionata in prossimità dell'uscita e a ridosso degli schermi e delle suonerie degli allarmi collegati ai varchi più sensibili).
  Perché il capo della segreteria di Rossi non si precipitò subito a verificare se l'amico era ancora in vita? Perché lui non scese e fece salire il portiere? Cosa fece nei momenti in cui egli è rimasto, da solo, al terzo piano?
  E poi, posto che il portiere assume di aver chiuso la porta di uscita prima di salire e di raggiungere Filippone, come può aver fatto Carolina Orlandi ad uscire dalla banca (tra l'altro, ha ricordato di aver perso tempo per uscire, essendosi inizialmente confusa sul percorso da effettuare)?
  E ancora, alle 20.40 Filippone e il portiere incontrano il dottor Mingrone mentre questi, proveniente dalla scala sita sul lato opposto, parlava al telefonino e stava per uscire dalla banca e, subito dopo, insieme al dirigente, risalgono una seconda volta nell'ufficio di Rossi. Per quale ragione Filippone – mentre, è bene rimarcarlo, nessuno ha ancora chiamato soccorsi e forze di polizia – sale nuovamente al terzo piano?
  È infine da segnalare che egli, dopo essersi recato nel vicolo a constatare l'accaduto, quasi fa perdere le proprie tracce, per riapparire quando, dopo aver incontrato il collega Roberto Rossi sopraggiunto sul posto, viene visto risalire (ancora una volta) al terzo piano della banca accompagnando una o due persone (come riferiscono Massimo Riccucci, Ranieri Rossi e Roberto Rossi). Chi erano costoro? Perché vennero accompagnati proprio da lui? Cosa fecero? Come mai egli non si è mai espresso in merito?
  Nelle tre occasioni in cui Gian Carlo Filippone è stato assunto a sommarie informazioni dalla procura della Repubblica di Siena (la prima volta, la stessa notte tra il 6 e il 7 marzo 2013, dal pubblico ministero Marini coadiuvato dal luogotenente Cardiello, la seconda il 18 gennaio 2016 e la terza il 17 giugno 2016, nell'ambito dell'indagine riaperta nel 2015), nonché nel corso dell'audizione del 9 settembre Pag. 1242021, egli infatti mai ha inteso chiarire tali aspetti, sicché alla Commissione non restava altra scelta che richiamare l'attenzione sulle forti perplessità ingenerate dal suo comportamento e, in generale, dalle differenti versioni di quanto da lui dichiarato.
  Analoghe perplessità sorgono in relazione alle dichiarazioni del portiere Massimo Riccucci, in relazione al modo con cui, nei momenti in cui ancora si stava accertando quanto appena accaduto, egli ebbe sostanzialmente ad escludere ogni possibilità di entrare ed uscire dalla banca attraverso porte secondarie, a suo dire tutte chiuse o allarmate.
  Tale affermazione – contraddetta dal contenuto delle immagini recuperate dal secondo video, recentemente rinvenuto – sembra ulteriormente aggravare la sua disattenzione, che gli ha impedito di accorgersi, nonostante avesse a disposizione le telecamere a circuito chiuso (i cui monitor erano proprio per tale ragione posizionati presso la sua postazione lavorativa), che David Rossi giaceva agonizzante e poi cadavere sul vicolo Monte Pio. Nell'audizione del 9 settembre 2021 a Siena lo stesso riferisce che «ci sono diverse porte che collegano con la filiale, ma sono tutte allarmate. In un sottopasso che porta in piazza dell'Abbadia, c'è una porta allarmata che chi ha il badge per quel posto, lo passa e gli si apre la porta». Riferisce che l'ingresso era anche prima allarmato riferendo che «Io me ne potevo accorgere in due modi: se uno apriva con il badge, a me faceva “Bip, bip, bip” e vedevo sullo schermo che si apriva la porta e poi si richiudeva – c'era una videocamera anche lì –; se invece uno apriva la porta senza, suonava l'allarme. In entrambi i casi, io l'avrei sentito perché è proprio lì
  Infatti, essendo emerso che, appena 2 minuti e 17 secondi dopo la precipitazione al suolo del dottor Rossi, due dipendenti della banca sono usciti dall'edificio utilizzando il varco secondario sito in piazza dell'Abbadia, emergerebbe che Riccucci non abbia né preso visione delle immagini riprese dalla seconda telecamera, né segnalato la concomitante uscita dalla banca delle due persone.
  Nel corso dell'audizione del 4 novembre 2021 del signor Emanuele Dragoni, addetto alla manutenzione e conduzione di impianti idraulici, elettrici e di condizionamento del Monte dei Paschi di Siena, e identificato quale proprietario di un motociclo che si trovava parcheggiato nel vicolo Monte Pio, la Commissione ha, inoltre, accertato, come dichiarato dallo stesso Dragoni, che egli aveva la disponibilità delle chiavi del portone di accesso alla portineria di vicolo Monte Pio, attesa la chiusura prevista alle ore 18.40, orario indicato da Riccucci nella sua audizione 9 settembre 2021.
  Proseguendo nelle considerazioni concernenti i soggetti intervenuti nella fase immediatamente successiva a quella appena descritta, deve farsi cenno al comportamento mantenuto dall'ufficiale superiore dei Carabinieri, colonnello Pasquale Aglieco, all'epoca comandante provinciale dei Carabinieri in Siena.
  In punto di fatto, sarà eventualmente valutata nelle opportune sedi l'anomalia di taluni comportamenti. Si fa riferimento, in particolare, al fatto che il colonnello abbia seguito, a piedi, al termine di una giornata di lavoro, un'autovettura di istituto appartenente ad altra forza di polizia che si stava dirigendo verso una ignota destinazione, per compiere un intervento di qualsiasi potenziale tipologia. Ancor più anomalo è, poi, raggiungere unità impegnate in servizio di pronto Pag. 125intervento (tenute ad assolverlo nel totale rispetto delle consegne ricevute) e, per di più, sopraggiungendo da tergo, in tarda serata, in abiti civili (sul punto Aglieco riferisce di togliersi la giacca della divisa e indossare un giaccone in quanto pioveva), senza aver fatto prima notare la propria presenza e qualificandosi per le vie brevi solo quando si è ormai giunti a ridosso degli operanti ed in prossimità dell'obiettivo.
  Sarà eventualmente oggetto di valutazione, poi, il fatto che il vertice provinciale di una forza di polizia abbia assunto personalmente, d'autorità, il comando delle operazioni di polizia giudiziaria in corso di esecuzione da parte di organi di altra forza di polizia, giunti per primi in loco ed inviati sul posto in ragione della conosciuta suddivisione territoriale delle zone di intervento, senza sincerarsi del loro consenso e senza avvertire di ciò, né immediatamente prima, né subito dopo l'assunzione del comando, il pubblico ministero di turno, oltre che i superiori del personale pretermesso. Analogamente, sarà oggetto, se del caso, di opportuna valutazione il fatto che egli abbia omesso di redigere una relazione di servizio, sebbene questa non risulti essergli stata richiesta, circa le ragioni del proprio intervento, l'attività personalmente svolta, gli ordini e le disposizioni impartite.
  Quanto al merito delle attività svolte nella fattispecie concreta dal colonnello Aglieco, inoltre, non può non segnalarsi che il sovrintendente Marini, avendo ricordato l'improvviso sopraggiungere alle sue spalle dell'ufficiale ed essendo stato reso edotto della posizione dalla quale egli assume essersi mosso, ha escluso che questi possa realmente aver seguito la volante, compiendo il medesimo tragitto effettuato dall'autovettura con i colori di istituto.
  Perplessità potrebbe altresì suscitare la circostanza che, già alle ore 20.52, l'allora comandante provinciale abbia potuto constatare, sul posto ove era appena giunto, quale fosse l'identità della persona coinvolta nell'evento, alla quale egli non si è potuto avvicinare in quanto ancora sottoposta ai tentativi di rianimazione da parte del personale medico. In realtà, lo stesso orario delle 20.52 in cui il colonnello risulta aver segnalato alla centrale operativa la presumibile identità del cittadino soccorso pare difficilmente compatibile con lo svolgimento cronologico delle attività avvenute in precedenza. Occorre invero considerare che, prima di effettuare la telefonata al 112, il colonnello Aglieco dovrebbe aver avuto il tempo di riconoscere, da una certa distanza, in una zona non certo ben illuminata, la persona precipitata e, prima ancora, di qualificarsi al personale del 113 che lo precedeva e di raggiungerlo all'ingresso di vicolo Monte Pio.
  Deve in più tenersi conto che il personale del 118 risulta arrivato a piazza Salimbeni, a bordo dell'ambulanza, alle ore 20.49 e, da questo preciso minuto, deve calcolarsi il tempo (che, purtroppo, non si è potuto accertare con precisione mediante l'esperimento a tal fine programmato) impiegato dallo staff medico-sanitario per raggiungere a piedi il corpo di David Rossi, constatare le condizioni dei parametri vitali, aprire la camicia e procedere ai tentativi di rianimazione, ancora in corso al momento dell'arrivo dei tre appartenenti alle forze dell'ordine.
  Il report delle notizie pervenute al 113 attesta, invero, che Mingrone aveva segnalato ai carabinieri, non già che la persona priva di sensi era David Rossi, bensì, unicamente, che «in via dei Rossi vi era una persona Pag. 126sul suolo stradale che presumibilmente si era fatta cadere da una finestra». La circostanza che, inizialmente, tanto gli operatori del 118, quanto quelli del 113 e del 112, non abbiano avuto certezza che si trattasse di David Rossi e, tantomeno, che quest'ultimo fosse deceduto, è confermata dalla registrazione non solo della prima telefonata fatta da Mingrone, ma anche da quella successiva, effettuata dal predetto al 112 per sollecitare l'invio di una macchina (seconda telefonata, in cui questi nuovamente non fa alcun nome, conclusa alle ore 20.48). Peraltro, ciò corrisponde a quanto annotato dal 112 nel rapportino, ove la notizia che «trattavasi probabilmente di David Rossi ex dipendente di Monte dei Paschi di Siena» viene ricondotta alla telefonata ricevuta dal colonnello Aglieco, alle ore 20.52 e non prima.
  D'altra parte, alla Commissione pare opportuno rappresentare la differente ricostruzione delle tempistiche, desumibile dalle dichiarazioni del dottor Filippone, il quale ha ammesso di aver subito notiziato dell'accaduto l'amico e collega Roberto Rossi, e da quelle di quest'ultimo, il quale non ha nascosto di essere stato proprio lui ad avvisare della notizia relativa a David Rossi il comandante provinciale dei Carabinieri (di cui egli evidentemente aveva anche il numero di telefono del cellulare personale, oltre ad avere, con lui una buona conoscenza e una certa confidenza).
  E, del resto, è con questa tempistica che pare potersi giustificare, tanto l'immediato sopraggiungere sul posto del comandante provinciale in persona, quanto la sua consapevolezza dell'identità della persona precipitata (ancor prima che potesse essere nota all'equipaggio del 113 e alle altre persone presenti in vicolo Monte Pio). In tal senso Aglieco risponde positivamente alla domanda del sovrintendente Marini riguardo all'identità della persona precipitata e lo stesso Aglieco riferisce di conoscere il Rossi dopo essersi avvicinato al corpo.
  Il riferimento al comportamento dell'alto ufficiale non può dunque concludersi senza fare rimando alle numerose difformità del racconto da lui reso alla Commissione, in particolare relativamente alla situazione che egli avrebbe constatato all'interno dell'ufficio del dottor Rossi e ai comportamenti ivi tenuti dai magistrati e dalle altre numerose persone che vi fecero accesso (di cui anche gli organi di informazione hanno dato ampio risalto).
  In relazione ai comportamenti mantenuti nell'occasione dall'allora luogotenente dei Carabinieri Marcello Cardiello, che quella sera collaborò in prima persona con il pubblico ministero di turno, dottor Nicola Marini, si ricorda che egli sarebbe potuto rientrare tra i soggetti che, in ragione della conclusione anticipata dei lavori parlamentari, la Commissione avrebbe potuto nuovamente audire. In proposito, si è già osservato che (come confermato dallo stesso dottor Marini nella seduta della Commissione del 23 febbraio 2022) il sottufficiale non disse né di aver incontrato David Rossi mentre, insieme a Fulvio Muzzi, uscivano da un bar del centro ove si erano recati tra le 17.30 e le 17.40, né che quella stessa sera, alle 21 circa, pur dovendosi recare presso la sede della banca per ragioni di servizio, passò prima a prendere Muzzi dal ristorante ove si trovava, accompagnandolo in auto fino a piazza Salimbeni, così come documentato dal giornalista Pierangelo Maurizio nel corso della trasmissione Quarto Grado. Inoltre, come documentato da immagini fotografiche e riprese video divulgate da organi di stampa Pag. 127ed emittenti televisive, è emersa la presenza nel vicolo Monte Pio di numerosi soggetti, tra cui inquirenti e forze dell'ordine, presumibilmente dovuta al fatto che il vicolo non era stato adeguatamente presidiato. Ciò potrebbe aver comportato l'accesso al vicolo anche di persone non autorizzate.
  Tali fatti, anche in considerazione dei rapporti di stima professionale intercorrenti tra il dottor Marini e il luogotenente pro tempore Cardiello. In particolare, si poteva approfondire quanto dichiarato dal sottufficiale che, da un lato, ha confermato di aver personalmente prelevato dal cestino dell'ufficio di David Rossi i biglietti di commiato – peraltro descrivendo sia il cestino che il contenuto dello stesso in modo difforme da quanto poi riscontrato e, dall'altro, non ha fugato i dubbi circa il veloce sopralluogo che avrebbe compiuto nell'ufficio del Rossi prima dell'arrivo dei magistrati, quando pare aver invitato il collega Careddu a cercare, in modo specifico, eventuali biglietti di addio (sopralluogo che, in realtà, il sovrintendente Livio Marini esclude poter essere avvenuto in sua presenza).
  Egli avrebbe potuto chiarire come avesse potuto vedere, appena arrivato in prossimità del corpo di Rossi, l'orologio Sector di quest'ultimo, con ancora il quadrante al suo posto, ma con il cinturino unito ad esso da una delle due parti.
  Va di seguito fatto cenno alle modalità, che sembrerebbero non tipiche o usuali, con cui la notizia dell'evento (che portò all'iscrizione di un procedimento penale per il reato di istigazione o aiuto al suicidio, di cui all'articolo 580 del codice penale) giunse a conoscenza dell'autorità giudiziaria. Attraverso le audizioni dei magistrati, del personale delle forze di polizia e delle altre persone intervenute, è infatti stato accertato che il pubblico ministero di turno, dottor Nicola Marini, non venne avvisato dell'evento dagli organi di polizia (come solitamente avviene) ma dal collega Nastasi, il quale ne ebbe conoscenza attraverso la telefonata ricevuta dal perito balistico Minervini, suo amico, e questi, a sua volta, grazie a quanto riferitogli dal dipendente della banca Monte dei Paschi Roberto Rossi, che in precedenza era stato informato di quanto accaduto direttamente dal collega Gian Carlo Filippone.
  Di seguito si riportano le dichiarazioni rese in proposito dal dottor Antonino Nastasi (v. resoconto stenografico del 10 febbraio 2022): «Vengo a conoscenza della morte del dottor Rossi non perché fui informato dalla polizia giudiziaria. Mi chiama un mio amico perito balistico della procura di Siena (...) Paride Minervini, il quale mi dice di aver ricevuto da persone del Monte dei Paschi, ma non mi disse da chi, la notizia che David Rossi si era suicidato. Erano da poco passate le 21. Devo dire che io sulle prime dissi: “ma che stai dicendo?”. E rimasi basito rispetto alla notizia», nonché quello che è stato il ricordo dell'allora procuratore facente funzioni Nicola Marini: «Non è vero che il colonnello Aglieco mi ha avvisato telefonicamente; io sono stato chiamato dal mio collega Nastasi; se il collega non mi avesse avvisato, probabilmente non sarei andato sul posto». Potrebbe dirsi, dunque, che si tratta di un momento della vicenda rimasto poco nitido, non solo perché la notizia della morte di David Rossi viene resa nota all'autorità giudiziaria per vie non usuali, per il tramite di privati cittadini ma anche perché appare difficile immaginare che – quanto meno informalmente o nei giorni non immediatamente successivi – il dottor Nastasi, ma anche il Pag. 128pubblico ministero che era di turno, il procuratore capo, gli altri magistrati o i loro collaboratori della polizia giudiziaria non abbiano avvertito il dovere, l'opportunità o anche solo la curiosità di acclarare da chi, come e quando il perito balistico Paride Minervini avesse ricevuto la notizia, poi trasmessa telefonicamente al magistrato suo amico.
  Tale accertamento sarebbe stata una vera e propria esigenza, al fine di comprendere come mai gli organi di polizia (e, addirittura, il comandante provinciale dei Carabinieri), pur essendo già a conoscenza di un evento così eclatante in ambito locale, non abbiano inteso avvisare tempestivamente dell'accaduto la competente autorità giudiziaria, potendosi, al riguardo, configurare tale comunicazione come un vero e proprio dovere d'ufficio, eventualmente valutabile sul piano disciplinare.
  Sempre in proposito alle anomale modalità di comunicazione della notizia all'autorità giudiziaria, giova altresì ricordare il contenuto della telefonata fatta dal brigadiere Rocco Gaudino (giunto sul posto poco dopo l'equipaggio del 113) alla centrale operativa alle 21.08.46, quando egli chiama dicendo che il comandante voleva sapere il nome del pubblico ministero di turno ma, dopo che l'operatore gli spiega che poteva dargli esclusivamente il numero di telefono del pubblico ministero di turno, in quanto ignoravano quale dei magistrati fosse quella sera in turno di reperibilità, il sottufficiale conferma che l'informazione che serviva non riguardava il numero di telefono. Anche questo episodio è dunque sintomatico di comportamenti non limpidi e cristallini dei soggetti intervenuti sul posto, che sarebbero stati meritevoli di essere ben compresi.
  Nondimeno, anche l'attività svolta in quei momenti presso la sala operativa della questura di Siena – verificata ex post dalla Commissione mediante acquisizione di tutti i documenti di natura cartolare emessi e di tutte le registrazioni delle telefonate archiviate – ha fatto sorgere riserve di cui è opportuno far cenno. Il riferimento principale concerne il documento di servizio (cosiddetto rapportino) delle attività svolte quella sera dalla sala operativa, atto che, stranamente, reca l'annotazione a penna: «20.40 inviata Volante». L'anomalia è rappresentata, innanzitutto, dalla presenza sul documento di un'annotazione a penna, essendo noto che si tratta di un documento che, per sua natura e caratteristiche informatiche, non è modificabile dopo la chiusura dell'intervento da parte dell'operatore. A ciò deve aggiungersi che perdura l'incertezza circa l'autore di tale annotazione. L'operatore di turno, l'agente Mirko Mottula, ha categoricamente escluso (v. resoconto stenografico relativo all'audizione del 21 aprile 2022) di aver apportato la modifica all'atto e resta il dubbio che la Commissione non è riuscita a dirimere se l'annotazione possa essere stata apposta dalla dirigente del servizio volanti, dottoressa Baiocchi, trattandosi di un'aggiunta manuale su un documento già formalmente completo e redatto da altri, vale a dire di un'attività di cui solo il responsabile del servizio potrebbe assumersi la paternità. Tale profilo potrebbe essere eventualmente oggetto di approfondimento, al fine di stabilire chi abbia apposto l'aggiunta a penna. Al di là della considerazione che il documento non è per sua natura modificabile, quello che maggiormente rileva è che non è oggettivamente possibile che l'invio della volante sia potuto Pag. 129avvenire alle ore 20.40. Che l'orario di invio della volante possa essere stato quello delle 20.40 è infatti escluso poiché è certo (in quanto risultante dalle registrazioni audio delle telefonate) che la prima telefonata di Mingrone al 118 è avvenuta successivamente, alle ore 20.43, e che quella da lui effettuata al 112 è, addirittura, di due minuti successiva, delle ore 20.45. Nondimeno, anche il verbalino delle attività compiute quella sera dalla centrale operativa del 112 reca come orario della notizia le ore 20.45 (con ciò attestando la corrispondenza degli orari annotati con quelli effettivi). Dunque, tenuto anche conto che si tratta di «nota passata dai CC» al 113, è evidente che, alla sala operativa della questura, la notizia può essere pervenuta solo successivamente alle 20.45 e, che dovendo l'operatore prima annotare la sopravvenienza e poi girare la disposizione precettiva al personale operante, l'invio della volante sul posto non può che risalire ad un orario successivo.
  Analogamente, potrebbe essere meritevole di approfondimento il comportamento del vicequestore Alessia Baiocchi (moglie dell'ex socio del tecnico Secciani), che prima interviene sul posto (come se fosse il responsabile della squadra mobile, peraltro sopraggiunto in loco), poi segue attivamente le già descritte fasi di acquisizione del (o, meglio, dei) filmato/i. Sarebbe stato utile appurare con la dottoressa Baiocchi se avesse personalmente apposto a penna l'annotazione sopradescritta ovvero se avesse dato ad altri indicazioni di farlo.
  Anche l'operato della Polizia scientifica è già stato descritto nell'ambito degli accertamenti svolti la notte del tragico evento, relativamente ai quali, ad esempio, andrebbero approfonditi gli orari in cui l'agente Romano sia stata a casa della moglie di David Rossi e alla sede della banca Monte dei Paschi, dove si era recata per il sopralluogo e dove, contestualmente, risulta anche aver fotografato la rimozione dei sigilli da parte dei colleghi.
  Ulteriore aspetto che merita segnalazione è quello connesso alla ragione stessa dell'intervento compiuto dai magistrati Nastasi e Natalini «a supporto» del pubblico ministero di turno. Il magistrato Nastasi ricorda alla Commissione (resoconto del 10 febbraio 2022) che di tale intervento fu primo e principale protagonista: «Io vado lì perché non so che cosa è successo e cerco di capire che cosa è successo, d'accordo? Inoltre, vado lì perché evidentemente temo, nel senso non che ho paura, che sia accaduto qualcosa collegato alle indagini che noi stiamo facendo». A ben vedere, nonostante la motivazione dell'intervento in loco compiuto dai colleghi titolari dei fascicoli sulle indagini finanziarie conseguenti al crack del Monte dei Paschi di Siena sia stata l'esigenza di acclarare possibili connessioni tra tali fatti, non vi è dubbio che tale aspetto non è poi stato esplorato in sede giudiziaria. Non risulta, invero, che siano stati compiuti concreti accertamenti su entrate, spese, entità dei risparmi, ammontare degli investimenti, esistenza di debiti, incombenza di creditori e tutto quanto potesse ricondurre all'esistenza di motivazioni di tale natura, ovvero escluderla. In altri termini – quand'anche fossero da escludersi fin da subito ipotesi omicidiarie e fosse emersa con assoluta certezza la natura suicidaria dell'evento – si ritiene che si sarebbero potute svolgere indagini di carattere patrimoniale su David Rossi e su suoi familiari, anche al mero fine di acclarare il possibile motivo «economico» di un gesto auto-soppressivo (statisticamentePag. 130 connesso a ragioni economiche in gran parte dei casi di suicidio).
  Ed è proprio per colmare questa lacuna – rimasta tale anche nella seconda indagine – che la Commissione aveva delegato alla Guardia di finanza lo svolgimento di puntuali verifiche su tali aspetti, i cui tempi di esecuzione, tuttavia, non hanno consentito di poterne disporre prima della conclusione dei lavori.
  Nei capitoli dedicati alle indagini svolte all'epoca dei fatti si è fatto cenno alle altre lacune emerse nella conduzione e nell'esecuzione delle indagini.
  Oltre alle contraddizioni di natura logico-ricostruttiva, cui sopra si è fatto cenno, – relative al mancato accertamento del percorso attraverso il quale la notizia della morte pervenne all'autorità giudiziaria e delle ragioni di natura economica che, pur essendo alla base dell'intervento ad adiuvandum compiuto dai magistrati, non hanno comportato la successiva verifica dello spunto investigativo che li aveva mossi – meritano menzione altri episodi di ostentata certezza dell'assoluta correttezza e della piena opportunità di attività di indagine svolte, che non hanno trovato successivo conforto probatorio.
  Ne costituiscono esempi la ferma dichiarazione di essersi sincerati dell'avvenuta realizzazione di un filmato prima di fare accesso all'ufficio del Rossi, smentita con certezza dall'appartenente alla Polizia di Stato che realizzò il video con il suo telefonino (il quale ha ricordato che la richiesta circa l'esistenza del filmato gli fu fatta solo molto tempo dopo, a tarda notte) o come la ripetuta convinzione che, una volta entrati nell'ufficio, non fu determinata alterazione dello stato dei luoghi prima dell'arrivo della Polizia scientifica (ipotesi contraddetta dalle immagini video e dalle foto acquisite agli atti). Analoghe considerazioni valgono circa l'affermazione secondo la quale non si sarebbe recato nei pressi del vicolo ove giaceva il corpo (comportamento peraltro non frequente nei casi in cui un magistrato si reca sul posto proprio a causa del rinvenimento di un cadavere, che per prima cosa è opportuno andare subito a visionare), prima sostenuto con fermezza ma poi escluso (solo perché si è dovuto prendere atto del contenuto di una foto realizzata per un quotidiano, nella specie La Nazione di Siena). Lo stesso dicasi in merito all'attribuzione al medico-legale della mancata analisi delle tracce di sangue presenti sui fazzolettini quando, invece, il consulente non aveva contezza dell'esistenza di tali preziosi reperti prima di eseguire l'esame autoptico e quando essi vennero distrutti su decisione del pubblico ministero (presa senza coinvolgere il giudice delle indagini preliminari), nonostante la pendenza della richiesta di archiviazione e l'opposizione sollecitasse accertamenti tecnici sui profili ematici impressi su tali fazzolettini, ovvero l'erronea esclusione dell'esistenza di telecamere interne (una delle quali era posizionata a ridosso della porta del tunnel di collegamento tra i due edifici della banca).
  Tuttavia, in questa sede, la Commissione ritiene opportuno segnalare che la procura della Repubblica di Siena avrebbe potuto valutare la possibilità di avviare un procedimento penale per individuare gli eventuali responsabili del reato di omissione di soccorso.Pag. 131
  In proposito, si è ricordato che un tempestivo intervento di soccorso avrebbe potuto salvare la vita di David Rossi e si è già evidenziata la posizione del segretario Filippone e del portiere Riccucci al riguardo.
  Nell'ambito di tale indagine, la procura avrebbe potuto cercare di risalire all'identità di coloro che vengono immortalati nel video da sempre presente agli atti d'indagine.
  Si sarebbe potuto procedere, in tal modo, all'individuazione della persona che si vede affacciarsi nel vicolo Monte Pio e che, dopo aver rivolto lo sguardo verso il corpo di David Rossi, con il telefonino (o soltanto la mano) all'orecchio, si allontana senza nulla fare e, in particolare, omettendo di allertare i soccorsi. Si sarebbero potute acquisire tutte le comunicazioni telefoniche effettuate all'interno della cella di riferimento, tra le quali certamente figuravano anche quelle compiute dal soggetto ripreso dai filmati.

14.7. La trasmissione della relazione alla procura della Repubblica di Siena e di Genova.

  In conclusione, deve ribadirsi che i risultati ottenuti sarebbero stati senz'altro più esaustivi se la legislatura non si fosse conclusa anticipatamente e la Commissione avesse potuto proseguire le proprie attività. Purtuttavia, i risultati conseguiti, tenendo conto degli spunti di riflessione succintamente esposti nelle pagine che precedono, saranno eventualmente esaminati e vagliati per le determinazioni di competenza, dalla competente autorità giudiziaria.
  La copiosa documentazione acquisita o formata dalla Commissione nel corso della sua attività sarà, poi, disponibile presso l'Archivio storico della Camera dei deputati.
  Ritiene, infatti, questa Commissione parlamentare di inchiesta che, acclarate le cause della morte di David Rossi, sono emersi i presupposti affinché si prosegua nella doverosa ricerca della verità, tanto in relazione al tragico evento costituito dalla morte del dottor David Rossi, quanto in relazione alle vicende a essa connesse e collegate, che pure sono emerse.
  L'ufficio di presidenza della Commissione, infine, nella riunione del 15 settembre 2022 ha deliberato di trasmettere la presente relazione alla procura della Repubblica presso il tribunale di Siena, nonché alla procura della Repubblica presso il tribunale di Genova.

Ringraziamenti

  Desidero esprimere, anche a nome della Commissione che ho avuto l'onore di presiedere, un profondo senso di gratitudine nei confronti del personale di segreteria assegnato dall'Amministrazione della Camera dei deputati e dei militari della Guardia di finanza addetti all'Archivio, per la disponibilità che hanno saputo dimostrare nel corso delle nostre attività.
  Desidero, inoltre, porgere il mio più sincero ringraziamento ai consulenti, che hanno prestato la propria collaborazione, per l'assiduo supporto durante lo svolgimento dell'attività della Commissione.
  Rivolgo, infine, un doveroso ringraziamento, per il prezioso contributo fornito, ai medici legali, ai Reparti speciali dell'Arma dei Pag. 132carabinieri – in particolare, il Reparto Investigazioni Scientifiche di Roma e il Reparto Tecnologie Informatiche del Ra.C.I.S., nonché il Reparto Indagini Tecniche del R.O.S. –, al Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di finanza di Roma e al Nucleo speciale di Polizia Valutaria della Guardia di finanza di Roma.

Pres. On. Pierantonio Zanettin