CAMERA DEI DEPUTATI

Doc. XXII, n. 55

PROPOSTA DI INCHIESTA PARLAMENTARE

d'iniziativa dei deputati
MORANI, MICELI, BALDINO, BARBUTO, BURATTI, CAMPANA, CANCELLERI, CARDINALE, CIAMPI, DE FILIPPO, DE LUCA, DI GIORGI, FRAGOMELI, FRATE, LABRIOLA, LAPIA, LOMBARDO, GAVINO MANCA, MILANATO, MORASSUT, MORGONI, MORRONE, MURA, PEZZOPANE, POLVERINI, ROSSI, ROTTA, SANDRA SAVINO, SCUTELLÀ, SPESSOTTO, VERINI

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta
sulla scomparsa di Denise Pipitone

Presentata il 24 maggio 2021

  Onorevoli Colleghi! — La vicenda che ha visto coinvolta una bambina di soli quattro anni, Denise Pipitone, scomparsa dalla sua abitazione di Mazara del Vallo il 1° settembre 2004, appare ancora oggi avvolta da troppi misteri, segnata da gravi incongruenze, lambita da evidenze che portano a sospettare l'esistenza di più di un depistaggio, di un inquinamento di prove e di false testimonianze.
  La ricostruzione dei fatti indica che il 1° settembre 2004 la bambina, sfuggita al controllo della nonna mentre giocava con i cuginetti, alle ore 11,45 è stata vista per l'ultima volta da una zia mentre camminava sul marciapiede in strada e che da quel momento se ne è persa ogni traccia: nessuno ha visto niente.
  L'allarme della scomparsa fu dato lo stesso giorno alle Forze dell'ordine e la madre, Piera Maggio, informò immediatamente gli investigatori in merito a tutti gli elementi che potessero riguardare Denise, cominciando dal fatto che la piccola non fosse figlia del marito, Antonino Pipitone, che l'aveva riconosciuta legalmente, ma che fosse, invece, nata da una relazione extraconiugale con Piero Pulizzi e che della reale paternità fossero a conoscenza anche l'ex moglie di Pulizzi, Anna Corona e le figlie Jessica Pulizzi e Alice Pulizzi.
  Le indagini si indirizzarono, dunque, immediatamente, sulla pista familiare, anche a causa di alcuni episodi, denunciati dalla madre di Denise, di intimidazione e danneggiamento nei suoi confronti. Sia Antonino Pag. 2 Pipitone che Piero Pulizzi vennero subito esclusi dalle indagini, perché risultava che fossero entrambi al lavoro.
  A distanza di anni le indagini condussero a un processo che arrivò ai tre gradi di giudizio e che vide come unica imputata la sorellastra di Denise, Jessica Pulizzi, che nel 2004 era minorenne, accusata di avere rapito la bambina con la complicità della madre Anna Corona e dell'ex fidanzato Gaspare Ghaleb, per motivi legati a «vendetta e gelosia perché figlie dello stesso padre».
  La posizione di Anna Corona, indagata in un secondo filone d'indagine per sequestro di minorenne, fu archiviata dal giudice per l'udienza preliminare di Marsala nel dicembre 2013. Jessica Pulizzi, accusata di concorso in sequestro di minorenne, fu rinviata a giudizio dal giudice per l'udienza preliminare di Marsala il 18 gennaio 2010. Il processo di primo grado iniziò il 16 marzo 2010 e durò tre anni.
  La procura di Marsala chiese la condanna a quindici anni di reclusione per sequestro di minore, ritenendola «colpevole senza alcun dubbio» a causa di una serie di indizi chiari, univoci e convergenti. Secondo l'accusa, la mattina del 1° settembre 2004, la Pulizzi avrebbe prelevato Denise e l'avrebbe condotta a casa del padre, Piero Pulizzi, per avere la conferma che fosse sua figlia; non trovandolo avrebbe consegnato la bambina a persone mai identificate. La Cassazione nel 2019 confermò, invece, l'assoluzione nei due gradi di giudizio, pronunciata dal tribunale di Marsala e dalla corte d'appello di Palermo. L'allora fidanzato di Jessica, Gaspare Chaleb, fu accusato di false dichiarazioni al pubblico ministero, ma il reato fu dichiarato estinto a seguito della prescrizione.
  Negli anni sono state moltissime le segnalazioni della presenza in vita di Denise Pipitone, purtroppo sempre rivelatesi false. Tra le ultime, degna di attenzione ci pare quella fatta il 31 marzo 2021 da un'infermiera russa residente in Italia, al programma televisivo «Chi l'ha visto?» trasmesso da Rai 3; la donna dichiarava di aver notato una forte somiglianza tra la piccola Denise e una ragazza ventenne russa, Olesya Rostova, un nome ricevuto in orfanotrofio, che aveva partecipato alla trasmissione televisiva «Pust' govoryat» («Lasciali parlare»), in onda sul primo canale russo Pervyj kanal, in cerca della vera madre. Alla trasmissione del successivo 7 aprile 2021 partecipò l'avvocato della madre di Denise, al quale venne comunicato privatamente il gruppo sanguigno di Olesya Rostova, che risultò non essere compatibile con quello di Denise.
  Successivamente, nel corso di un programma televisivo trasmesso da Rai 2, per la prima volta, il pubblico ministero titolare delle indagini fino al 2005, la dottoressa Maria Angioni, ha rilasciato dichiarazioni importanti in merito alle modalità con cui sarebbero state condotte le indagini sul caso della scomparsa di Denise Pipitone, dichiarazioni che risulterebbero supportate anche dall'allora procuratore capo di Marsala, dottor Alberto Di Pisa. Entrambi si sarebbero detti certi del coinvolgimento e delle responsabilità della famiglia Corona nel rapimento di Denise, responsabilità, però, mai provate a causa di carenze nelle indagini e di «numerosi e costanti depistaggi», denunciando anche un clima di sospetto e accusatorio che sarebbe stato provocato da alcuni rappresentanti delle Forze dell'ordine che, secondo quanto riferito dalla famiglia della bambina, consideravano la ricerca di Denise «una perdita di tempo unicamente dettata dalla nostra voglia di comparire in televisione».
  Alcuni aspetti di questa vicenda rimangono dunque, a nostro avviso, meritevoli di un supplemento di attenzione e di ricerca; ci riferiamo, ad esempio, alla mancata perquisizione della casa di Anna Corona nell'immediatezza della scomparsa della bambina, al fatto che il maresciallo dei carabinieri incaricato di effettuare il sopralluogo sarebbe stato depistato dalla stessa Corona la quale, invece di accoglierlo nella sua abitazione, lo introdusse in quella della sua vicina di casa in modo da indurre in errore il carabiniere. Nel corso del processo emerse, inoltre, che la migliore amica di Anna Corona fosse legata sentimentalmente al dirigente del commissariato di Pag. 3Mazara del Vallo allora incaricato delle indagini, un rapporto che potrebbe avere favorito la Corona, la quale smise, ad esempio, di usare il suo telefono cellulare, passando da migliaia di messaggi e telefonate effettuati nel suo ambito familiare ad un pressoché totale silenzio. Si ricordano, inoltre, la cosiddetta «pista rom», che ha riguardato il telefono cellulare della figlia di un capo rom dal quale risultò essere stata fatta una telefonata «muta» diretta al padre di Denise; il fatto che alcuni testimoni riferirono di aver sentito, il giorno del rapimento di Denise, un'automobile che, viaggiando ad alta velocità, finì contro un paracarro di pietra nei pressi della casa di Denise per poi sparire nel nulla; la firma apposta sul registro dell'albergo dove lavorava Anna Corona, che è risultata falsificata da una sua collega, mai indagata per falsa testimonianza; la mancata apposizione (fu effettuata solo dopo oltre una settimana dalla richiesta) di una telecamera nascosta nei pressi dell'abitazione della Corona, una telecamera che avrebbe poi consentito l'identificazione di alcuni personaggi successivamente intercettati mentre parlavano tra loro proprio dello spostamento di Denise.
  Sempre secondo i magistrati citati, gli strumenti per le intercettazioni ambientali sarebbero stati installati in modo tale da favorire il loro immediato ritrovamento: sarebbe stato questo, ad esempio, il caso del teste Della Chiave, che scoprì il dispositivo nella sua camera a poche ore dall'installazione, e, ancora, il caso del commissariato di Mazara del Vallo, dove lo strumento sarebbe stato installato all'interno di un vecchio condizionatore che, acceso, lo rendeva di fatto inutilizzabile.
  Il dottor Di Pisa, sempre nel corso del programma televisivo «Ore 14» trasmesso da Rai 2, ha denunciato, inoltre, le modalità «confuse e imprecise» con le quali sarebbero state condotte le indagini nei primi anni, quando «sei corpi tra polizia, carabinieri, finanza, eccetera» non apparivano affatto coordinati tra loro. Inoltre, sempre secondo la dottoressa Angioni, nei primi mesi del 2005 anche i servizi segreti si interessarono del caso e cominciarono a investigare.
  Piera Maggio, inoltre, solo dopo dieci anni dalla scomparsa di sua figlia scoprì di essere stata intercettata: rinvenne, infatti, alcuni dispositivi ancora attivi, collegati stabilmente e alimentati dalla corrente elettrica sia all'interno della sua abitazione sia in quella del fratello. Sembra essere stato a lungo intercettato anche il suo avvocato, Giacomo Frazzitta. Di queste operazioni, però, non risulta alcuna traccia di autorizzazione da parte della magistratura. Andrebbero, a nostro avviso, tenute in considerazione o comunque meglio indagate le dichiarazioni del comandante della polizia giudiziaria rese durante il citato programma «Ore 14», che ha denunciato un clima di minacce nonché un'estrema difficoltà nel condurre le indagini, anche a causa dell'abituale frequentazione di ambienti criminali da parte della famiglia Corona.
  Il caso della scomparsa della piccola Denise Pipitone deve necessariamente trovare una soluzione e una verità, tanto più perché si inserisce in un contesto che vede circa 61.826 persone scomparse ancora da ritrovare in Italia. La maggior parte di loro, circa 45.028, sono minori; siamo di fronte a numeri impressionanti, che la XXIII relazione del Commissario straordinario del Governo per le persone scomparse, relativa al periodo 1° gennaio-30 giugno 2020, descrive come la manifestazione di un fenomeno di dimensioni rilevanti e, che, come spiega nella premessa il Commissario straordinario, evidenziando il «trend crescente negli ultimi anni che può considerarsi fisiologico e non più emergenziale», impone la necessità di un'azione di ricerca integrata, strutturata e pianificata nei vari contesti, in considerazione delle eterogeneità territoriali.
  La storia di Denise Pitone, scomparsa quando aveva solo quattro anni, è ormai quasi simbolica, e non può più essere lasciata in balia di sensazionalismi, false piste, connivenze e opacità.

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PROPOSTA DI INCHIESTA PARLAMENTARE

Art. 1.
(Istituzione, durata e compiti
della Commissione)

  1. È istituita, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, per la durata della XVIII legislatura, una Commissione parlamentare di inchiesta, di seguito denominata «Commissione», al fine di indagare sulla scomparsa di Denise Pipitone.
  2. La Commissione ha i seguenti compiti:

   a) ricostruire in maniera puntuale le cause e i motivi alla base della scomparsa di Denise Pipitone, avvenuta a Mazara del Vallo il 1° settembre 2004 quando la bambina aveva quattro anni;

   b) verificare ed esaminare il materiale relativo alla scomparsa di Denise Pipitone, raccolto a seguito delle inchieste effettuate dalle Forze dell'ordine e dalla magistratura e delle ricerche realizzate dai mezzi di comunicazione;

   c) verificare fatti, atti e condotte commissive e omissive che abbiano costituito o costituiscano ostacolo, ritardo o difficoltà per l'accertamento giurisdizionale di eventuali responsabilità relative alla scomparsa di Denise Pipitone.

  3. La Commissione riferisce alla Camera ogniqualvolta lo ritenga necessario. Alla fine dei propri lavori presenta una relazione sull'attività svolta e sui risultati dell'inchiesta. Possono essere presentate relazioni di minoranza.

Art. 2.
(Composizione della Commissione)

  1. La Commissione è composta da venti deputati, nominati dal Presidente della Camera dei deputati, in proporzione al numero dei componenti dei gruppi parlamentari, Pag. 5 assicurando comunque la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo parlamentare.
  2. Il Presidente della Camera dei deputati, entro dieci giorni dalla nomina dei componenti, convoca la Commissione per la sua costituzione.
  3. La Commissione, nella prima seduta, elegge il presidente, due vicepresidenti e due segretari. Si applicano le disposizioni dell'articolo 20, commi 2, 3 e 4, del Regolamento della Camera dei deputati.

Art. 3.
(Poteri e limiti della Commissione)

  1. La Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria. La Commissione non può adottare provvedimenti attinenti alla libertà e alla segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione né alla libertà personale, fatto salvo l'accompagnamento coattivo di cui all'articolo 133 del codice di procedura penale.
  2. La Commissione può chiedere agli organi e agli uffici della pubblica amministrazione copie di atti e di documenti da essi custoditi, prodotti o comunque acquisiti in materie attinenti ai compiti della Commissione.
  3. La Commissione può chiedere copie di atti e di documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso o conclusi presso l'autorità giudiziaria o altri organismi inquirenti, anche se coperti da segreto, nonché copie di atti e di documenti relativi a indagini e inchieste parlamentari.
  4. Sulle richieste ad essa rivolte dalla Commissione l'autorità giudiziaria provvede ai sensi dell'articolo 117 del codice di procedura penale. L'autorità giudiziaria può trasmettere copie di atti e di documenti anche di propria iniziativa.
  5. La Commissione mantiene il segreto funzionale fino a quando gli atti e i documenti trasmessi in copia ai sensi dei commi 3 e 4 sono coperti da segreto, nei termini stabiliti dagli organi e dagli uffici che li hanno trasmessi.

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  6. La Commissione stabilisce quali atti e documenti non devono essere divulgati, anche in relazione a esigenze attinenti ad altre istruttorie o inchieste in corso. Devono in ogni caso essere coperti dal segreto gli atti, le assunzioni testimoniali e i documenti attinenti a procedimenti giudiziari nella fase delle indagini preliminari fino al termine delle stesse.
  7. Per il segreto d'ufficio, professionale e bancario si applicano le norme vigenti in materia. È sempre opponibile il segreto tra difensore e parte processuale nell'ambito del mandato.
  8. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria non sono tenuti a comunicare alla Commissione le fonti delle loro informazioni.
  9. Per le audizioni a testimonianza davanti alla Commissione si applicano le disposizioni degli articoli da 366 a 384-bis del codice penale.

Art. 4.
(Obbligo del segreto)

  1. I componenti della Commissione, il personale addetto alla stessa e ogni altra persona che collabora con la Commissione o compie o concorre a compiere atti di inchiesta oppure ne viene a conoscenza per ragioni di ufficio o di servizio sono obbligati al segreto per tutto quanto riguarda gli atti e i documenti di cui all'articolo 3, commi 5, 6 e 7.
  2. La diffusione, in tutto o in parte, anche per riassunto o informazione, di atti o documenti del procedimento di inchiesta coperti dal segreto o dei quali è stata vietata la divulgazione è punita ai sensi delle leggi vigenti.

Art. 5.
(Organizzazione dei lavori)

  1. L'attività e il funzionamento della Commissione sono disciplinati da un regolamento interno approvato dalla Commissione stessa, prima dell'inizio dei suoi lavori. Pag. 7 Ciascun componente può proporre la modifica delle norme regolamentari.
  2. Le sedute della Commissione sono pubbliche. La Commissione può deliberare di riunirsi in seduta segreta.
  3. La Commissione può avvalersi dell'opera di agenti e di ufficiali di polizia giudiziaria e di tutte le collaborazioni che ritenga necessarie.
  4. Per l'adempimento delle sue funzioni, la Commissione fruisce di personale, locali e strumenti operativi messi a disposizione dal Presidente della Camera dei deputati.
  5. Le spese per il funzionamento della Commissione sono stabilite nel limite massimo di 40.000 euro annui e sono poste a carico del bilancio interno della Camera dei deputati. Il Presidente della Camera dei deputati può autorizzare un incremento delle spese di cui al periodo precedente, in misura non superiore al 30 per cento, a seguito di motivata richiesta formulata dal presidente della Commissione per esigenze connesse allo svolgimento dell'inchiesta.