Doc. XXII, n. 17

PROPOSTA DI INCHIESTA PARLAMENTARE

d'iniziativa dei deputati
PALAZZOTTO, FORNARO, BERSANI, BOLDRINI, CONTE, EPIFANI, FASSINA, FRATOIANNI, MURONI, OCCHIONERO, PASTORINO, ROSTAN, SPERANZA, STUMPO

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di Giulio Regeni

Presentata il 28 maggio 2018

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  Onorevoli Colleghi! — Era il 3 febbraio 2016, quando il corpo massacrato del dottorando italiano Giulio Regeni, scomparso al Cairo dieci giorni prima, venne ritrovato lungo la strada che collega la capitale egiziana ad Alessandria d'Egitto. Da allora è iniziata una lunga e complessa indagine tra Egitto e Italia, sostenuta dalle tante manifestazioni di solidarietà verso la famiglia del dottorando espresse, nelle piazze o tramite i social, al fine di chiedere verità e giustizia sulla sua morte. Negli ultimi due anni sono pervenute da parte del Governo, degli investigatori e dei media egiziani versioni controverse su cosa sia successo realmente a Giulio Regeni ma, soprattutto, tali versioni non hanno ancora fatto piena luce su nessuno dei punti fondamentali, ovvero su chi lo ha torturato, chi lo ha ucciso, chi lo ha tradito e chi protegge i suoi assassini.
  In primis si parlò di un incidente stradale, poi di una rapina finita male, con il passare delle settimane si insinuò che il giovane fosse stato ucciso perché ritenuto una spia, poi che fosse finito in un giro di spaccio di droga, di festini di gay, di malaffare che l'aveva portato a farsi dei nemici. A un mese dalla sua morte alcuni testimoniarono di aver visto Giulio Regeni litigare con un vicino che gli aveva giurato la morte, per arrivare al 24 marzo 2016, dopo mesi di ricerche sui tabulati telefonici, con il ritrovamento, da parte degli inquirenti dei collegamenti tra le due ipotesi che vedono coinvolti agenti della National Security e del Dipartimento investigazioni municipali del Cairo. Tra i casi più eclatanti, sia di presunte verità arrivate dall'Egitto e puntualmente smentite che di eventi che stanno segnando le vicende successive all'omicidio di Giulio Regeni, si ricorda che l'8 febbraio 2016 il Ministro Pag. 2dell'interno egiziano Magdi Abdel Ghaffar, a cui fa riferimento la National Security, il servizio segreto interno, ha negato qualsiasi coinvolgimento degli apparati di sicurezza nella scomparsa e nella morte di Giulio Regeni. Successivamente si è scoperto che la National Security seguiva Regeni da almeno un mese prima della sua scomparsa e probabilmente da molto prima, forse già dal suo arrivo in Egitto. Il Ministero dell'interno egiziano, dopo appena un mese dal ritrovamento del cadavere del dottorando, annunciò di aver risolto il caso Regeni, avendolo collegato alla morte, avvenuta nel corso di un conflitto a fuoco con la Polizia, di cinque componenti di una banda di rapinatori e sulla base del ritrovamento a casa di uno di essi dei documenti di Giulio. Ma, in seguito, si scoprì che si trattava di una falsa ricostruzione della polizia egiziana, essendo stati i cinque banditi uccisi e trascinati in un furgoncino ed essendo stato un poliziotto a portare i documenti a casa del bandito. Si evidenzia inoltre che gli investigatori egiziani, nell'immediatezza della morte di Giulio Regeni, sostennero che non vi erano immagini registrate dai circuiti di sorveglianza posti sia all'esterno che all'interno della stazione della metropolitana dove si erano perse le tracce del ragazzo. In realtà le immagini c'erano, ma sono state successivamente sovrascritte, poiché, fino al 3 marzo 2016, la polizia egiziana non ha mai provato a recuperarle. Finalmente, il 15 maggio 2018 al Cairo è iniziata l'operazione di recupero delle immagini delle telecamere a circuito chiuso della metropolitana da parte di una società russa. I tecnici tenteranno di recuperare le immagini delle telecamere di tutte le stazioni della linea 2 della metropolitana del Cairo a caccia delle ultime immagini che ritraggono in vita Giulio Regeni; si tratta di una novità presente nell'ordinanza emessa dalla magistratura egiziana che ha completamente recepito la rogatoria del febbraio 2016 firmata dal procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone e dal sostituto Sergio Colaiocco, che ha presenziato all'avvio dei lavori. L'attività avrà l'obiettivo di individuare la presenza nelle stazioni, oltre che dello stesso Regeni, anche dei poliziotti o agenti della National Security coinvolti nelle indagini.
  Il 14 agosto 2017 il Governo italiano ha deciso di inviare l'ambasciatore Giampaolo Cantini nella capitale egiziana, dopo che, l'8 aprile 2016, l'allora capo missione Maurizio Massari venne richiamato a Roma per consultazioni. Quasi in contemporanea con questa decisione le autorità egiziane hanno provveduto a oscurare il sito della Commissione egiziana per i diritti e le libertà (ECRF), l'ONG alla quale appartengono consulenti egiziani della famiglia Regeni, ad arrestare in aeroporto l'avvocato per i diritti umani Ibrahim Metwaly, che stava recandosi a Ginevra invitato dall'ONU a riferire sulle sparizioni forzate e sul caso di Giulio, e a disporre una perquisizione ed un tentativo di chiusura della ECRF. Dopo le reazioni internazionali sul caso dell'arresto dell'avvocato Metwaly, il Viceministro degli esteri egiziano ha convocato gli ambasciatori di Germania, Gran Bretagna, Canada, Paesi Bassi e Italia per protestare ufficialmente contro una nota congiunta dei cinque Paesi, preoccupati per la detenzione dell'avvocato.
  Il 21 dicembre 2017 si è tenuto un ulteriore incontro tra la procura di Roma e la procura egiziana, nel corso del quale vi è stata un'approfondita disamina dei nuovi elementi che i due uffici si sono scambiati. I magistrati italiani hanno illustrato un'articolata e attenta ricostruzione dei fatti sulla base degli atti consegnati dall'Egitto in via rogatoriale, da ultimo in data 14 agosto 2017. La procura egiziana ha ricevuto una copia dell'informativa presentata dai pubblici ministeri italiani che contiene l'elenco di 9 sospettati per il sequestro, le torture e la morte di Giulio.
  Il 9 gennaio 2018, a quasi due anni dalla scomparsa di Giulio, la professoressa egiziana Maha Abdel Rahman, tutor di Giulio Regeni all'università di Cambridge, è stata obbligata a rispondere, da testimone, alle domande della procura di Roma. Tuttavia, l'esito della sua deposizione è stato insoddisfacente; il giorno dopo, le autorità inglesi, su richiesta della procura di Roma, hanno proceduto alla perquisizione dell'abitazione e dell'ufficio della professoressa a Pag. 3Cambridge, con il sequestro di cellulari, SIM, personal computer, pendrive e memorie esterne, oltre a una serie di documenti che saranno acquisiti al fascicolo processuale. Anche l'intera posizione informatica archiviata sui server dell'università dalla docente, sono a disposizione dei nostri investigatori. Già il 19 aprile 2016, nei colloqui tra una delegazione italiana e alcuni deputati inglesi, trapelò l'ipotesi che Regeni fosse stato usato, in maniera inconsapevole, come spia dell’intelligence d'oltremanica per indagare sul Governo di Al Sisi; l'assassinio del giovane sarebbe stato un segnale all'Inghilterra, per indurla a non intromettersi negli affari egiziani. In realtà la ricerca di Giulio era una ricerca economico-sociale e non risultano elementi che possano avvalorare l'ipotesi di una indagine su Al Sisi.
  Il 22 gennaio 2018 la procura generale egiziana ha ricevuto dal suo omologo italiano una lettera anonima inviata all'ambasciata italiana in Svizzera attribuita al presidente dei servizi di informazione egiziani, secondo la quale il «cittadino italiano Giulio Regeni» era stato arrestato dai servizi di sicurezza egiziani. La procura di Roma ha poi comunicato di avere ricevuto, il 24 gennaio 2018, dalla procura generale d'Egitto una comunicazione nella quale si definisce «totalmente contraffatta» la missiva e si afferma che «dalle indagini è stata accertata con piena certezza e al di là di ogni dubbio la falsità della lettera apparsa su alcuni organi di stampa italiana». In ogni caso, che sia falsa o meno, trattandosi di una fonte anonima, la lettera non può essere presa in considerazione dalla procura.
  L'11 maggio 2018 Amal Fathy, moglie di Mohamed Lotfy, direttore esecutivo di ECRF e consulente legale della famiglia Regeni, è stata arrestata insieme al marito e al figlio di tre anni dalla sicurezza egiziana con il pretesto di un post su Facebook che è stato considerato dalle autorità egiziane come sostegno al terrorismo. Il fermo in carcere ha suscitato la forte inquietudine dei genitori di Giulio Regeni; la madre di Giulio ha annunciato di aver cominciato uno sciopero della fame per dare un segnale dall'Italia in favore della liberazione della donna, sciopero della fame che proseguirà fino a quando Amal non sarà finalmente libera. La ECRF, che dichiaratamente lavora per documentare casi di torture in prigione e sparizioni forzate e che sta assistendo la famiglia Regeni al Cairo, su Facebook ha ricordato che si tratta della «settima volta» che l'associazione «patisce intimidazioni e persecuzioni» da parte della sicurezza. L'ONG definisce «vergognoso» che questo trattamento sia stato riservato al proprio dirigente a pochi giorni dalla visita della delegazione italiana che assisterà alle operazioni di recupero delle registrazioni delle videocamere di sorveglianza della metro del Cairo.
  Anche il Parlamento, in base all'articolo 82 della Costituzione, può dare il suo contributo per approdare definitivamente alla verità, perché, se è vero che ci sarà da accertare una verità giudiziale su questo omicidio, è anche vero che c'è da ricostruire quella storica.
  Accanto al lavoro attento e scrupoloso della magistratura italiana, che sta cercando di ricostruire ciò che accadde in quei giorni e alla quale va tutto il sostegno di chi vuole che i responsabili di questa morte siano assicurati alla giustizia, c'è una verità storica, che emerge da questa vicenda e che non è pensabile cercare di cancellare. La morte di Giulio Regeni ha aperto uno squarcio su una realtà che per troppo tempo abbiamo voluto ignorare. Giulio era in Egitto proprio per questo, per documentarla, per studiarla. Abbiamo il dovere politico e istituzionale, non solo per la memoria di Giulio e per la sua famiglia, ma anche e soprattutto per restituire forza ai princìpi di libertà e di giustizia su cui si fonda la nostra democrazia, di pronunciare quelle parole, di affermare che Giulio è stato vittima del mondo che anche noi abbiamo contribuito a costruire o almeno di quello che non abbiamo voluto cambiare. Il fatto che il Parlamento italiano non resti in silenzio davanti all'insopportabile oggettiva omertà del Governo egiziano sarebbe già un gesto rivoluzionario, ed è per questo che proponiamo l'istituzione di una Commissione Pag. 4 parlamentare di inchiesta sulla morte di Giulio Regeni.
  Nello specifico, l'articolo 1 prevede l'istituzione della Commissione ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione e che la stessa abbia la durata di un anno e il compito di accertare le responsabilità relative alla morte di Giulio Regeni e le motivazioni che hanno portato a tale omicidio, nonché di ricostruire in maniera puntuale le circostanze che hanno portato al suo assassinio. Si dispone inoltre che la Commissione, al termine dei propri lavori, presenti una relazione alla Camera dei deputati sul risultato dell'inchiesta.
  L'articolo 2 stabilisce che la Commissione è composta da 20 deputati, nominati dal Presidente della Camera in proporzione al numero dei componenti dei gruppi parlamentari e assicurando comunque la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo parlamentare.
  Inoltre si prevedono i criteri per l'elezione dei membri dell'ufficio di presidenza della Commissione, composto dal presidente, due vicepresidenti e due segretari e i criteri di elezione del presidente.
  L'articolo 3 definisce i poteri e i limiti della Commissione. Essa procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria, ha facoltà di acquisire copie di atti e documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organismi inquirenti o relativi a indagini e inchieste parlamentari, anche se coperti da segreto. Per il segreto di Stato e per i segreti di ufficio, professionale e bancario si applicano le norme vigenti. La Commissione garantisce il mantenimento del regime di segretezza e stabilisce quali atti o documenti non devono essere divulgati.
  L'articolo 4 obbliga i componenti la Commissione, il personale addetto alla stessa e ogni altra persona che collabora con la Commissione e chi compie o concorre a compiere atti di inchiesta, oppure ne viene a conoscenza per ragioni d'ufficio o di servizio, al segreto per tutto quanto riguarda gli atti e i documenti di cui all'articolo 3, commi 3 e 6. La violazione dell'obbligo, nonché la diffusione, in tutto o in parte, anche per riassunto o informazione, di atti o documenti del procedimento di inchiesta dei quali è stata vietata la divulgazione sono punite ai sensi della legislazione vigente.
  Infine, l'articolo 5, comma 1, prevede che l'attività e il funzionamento della Commissione sono disciplinati da un regolamento interno approvato dalla medesima Commissione. Le sedute sono pubbliche, tuttavia la Commissione può deliberare di riunirsi in seduta segreta. Il comma 2 prevede che la Commissione può avvalersi di tutte le collaborazioni che ritenga necessarie, di soggetti interni o esterni all'amministrazione dello Stato autorizzati, ove occorra e con il loro consenso, dagli organi a ciò deputati e dai Ministeri competenti. Il numero massimo di collaborazioni di cui può avvalersi la Commissione è stabilito dal regolamento interno della Commissione. Per lo svolgimento delle sue funzioni, la Commissione fruisce di personale, locali e strumenti operativi messi a disposizione dal Presidente della Camera dei deputati. Il comma 4 prevede, per il funzionamento della Commissione, una spesa massima di 100.000 euro, posta a carico del bilancio interno della Camera dei deputati.

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PROPOSTA DI INCHIESTA PARLAMENTARE

Art. 1.
(Istituzione, durata e compiti della Commissione).

  1. È istituita, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, per la durata di un anno, una Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di Giulio Regeni, di seguito denominata «Commissione».
  2. La Commissione ha il compito di accertare le responsabilità relative alla morte di Giulio Regeni e le motivazioni che hanno portato al suo omicidio nonché di ricostruire in maniera puntuale le circostanze che hanno portato al suo assassinio.
  3. La Commissione, al termine dei propri lavori, presenta una relazione alla Camera dei deputati sul risultato dell'inchiesta.

Art. 2.
(Composizione della Commissione).

  1. La Commissione è composta da venti deputati, nominati dal Presidente della Camera dei deputati in proporzione al numero dei componenti dei gruppi parlamentari, comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo parlamentare.
  2. Con gli stessi criteri e con la stessa procedura di cui al comma 1 si provvede all'eventuale sostituzione dei componenti della Commissione in caso di dimissione o di cessazione dalla carica ovvero qualora sopraggiungano altre cause di impedimento.
  3. Il Presidente della Camera dei deputati, entro dieci giorni dalla nomina dei componenti, convoca la Commissione per la costituzione dell'ufficio di presidenza.
  4. L'ufficio di presidenza, composto dal presidente, da due vicepresidenti e da due segretari, è eletto a scrutinio segreto dalla Commissione tra i suoi componenti. Per l'elezione del presidente è necessaria la Pag. 6maggioranza assoluta dei componenti della Commissione. Se nessuno riporta tale maggioranza si procede al ballottaggio tra i due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti. In caso di parità di voti è proclamato eletto o entra in ballottaggio il più anziano di età.

Art. 3.
(Poteri e limiti della Commissione).

  1. La Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria.
  2. La Commissione ha facoltà di acquisire copie di atti e documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organismi inquirenti, nonché copie di atti e documenti relativi a indagini e inchieste parlamentari, anche se coperti da segreto.
  3. La Commissione garantisce il mantenimento del regime di segretezza fino a quando gli atti e i documenti trasmessi in copia ai sensi del comma 2 sono coperti dal segreto.
  4. Per il segreto di Stato nonché per i segreti d'ufficio, professionale e bancario si applicano le norme vigenti. È sempre opponibile il segreto tra difensore e parte processuale nell'ambito del mandato.
  5. Per le audizioni a testimonianza davanti alla Commissione si applicano le disposizioni degli articoli da 366 a 384-bis del codice penale.
  6. La Commissione stabilisce quali atti e documenti non devono essere divulgati, anche in relazione ad esigenze attinenti ad altre istruttorie o inchieste in corso. Devono in ogni caso essere coperti dal segreto gli atti e i documenti attinenti a procedimenti giudiziari nella fase delle indagini preliminari fino al termine delle stesse.

Art. 4.
(Obbligo del segreto).

  1. I componenti della Commissione, il personale addetto alla stessa e ogni altra persona che collabora con la Commissione Pag. 7o compie o concorre a compiere atti di inchiesta, oppure ne viene a conoscenza per ragioni d'ufficio o di servizio, sono obbligati al segreto per tutto quanto riguarda gli atti e i documenti di cui all'articolo 3, commi 3 e 6.
  2. La violazione dell'obbligo di cui al comma 1 nonché la diffusione in tutto o in parte, anche per riassunto o informazione, di atti o documenti del procedimento di inchiesta dei quali è stata vietata la divulgazione sono punite ai sensi della legislazione vigente.

Art. 5.
(Organizzazione della Commissione).

  1. L'attività e il funzionamento della Commissione sono disciplinati da un regolamento interno approvato dalla Commissione stessa prima dell'inizio dell'attività di inchiesta. Le sedute sono pubbliche, tuttavia la Commissione può deliberare di riunirsi in seduta segreta.
  2. La Commissione può avvalersi di tutte le collaborazioni che ritenga necessarie, di soggetti interni o esterni all'amministrazione dello Stato autorizzati, ove occorra e con il loro consenso, dagli organi a ciò deputati e dai Ministeri competenti. Il regolamento interno di cui al comma 1 stabilisce il numero massimo di collaborazioni di cui può avvalersi la Commissione.
  3. Per lo svolgimento delle sue funzioni la Commissione fruisce di personale, locali e strumenti operativi messi a disposizione dal Presidente della Camera dei deputati.
  4. Le spese per il funzionamento della Commissione, stabilite nel limite massimo di 100.000 euro, sono poste a carico del bilancio interno della Camera dei deputati.