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Doc. XXII, n. 11

PROPOSTA DI INCHIESTA PARLAMENTARE

d'iniziativa dei deputati
CIRIELLI, RUFFINO, BOND, FERRO, ZUCCONI

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul funzionamento e sulla gestione del servizio sanitario in Campania

Presentata l'11 aprile 2018

  Onorevoli Colleghi! – La malasanità in Campania è un triste dato di fatto: secondo il rapporto Osservasalute 2017, realizzato dall'Osservatorio nazionale sulla salute, in collaborazione con l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, in Campania si muore per malasanità più che in ogni altra regione d'Italia.
  I campani, infatti, sono in percentuale i più esposti al rischio di «mortalità riconducibile ai servizi sanitari».
  Le statistiche e la cronaca dell'ultimo anno parlano chiaro, scandendo il ritmo con una serie di cattive notizie provenienti da tutti i luoghi delle province campane.
  Nel gennaio 2017, al pronto soccorso dell'ospedale Santa Maria della Pietà di Nola i malati erano curati sul pavimento: terminate anche le barelle, i pazienti erano adagiati su coperte e lenzuola stese sul pavimento con i medici e i paramedici chinati su di loro per visitarli.
  Nel marzo dello stesso anno le cardiochirurgie campane non avevano una sala operatoria libera tra l'8 e il 9 marzo: in gravissime condizioni, ricoverata all'ospedale San Paolo per una sospetta miocardite, una quarantaduenne di Bagnoli è morta dopo un'attesa di tre ore e il trasferimento alle ore 6 all'ospedale Monaldi.
  A giugno 2017, sempre all'ospedale San Paolo di Napoli, il caso della paziente allettata ricoperta di formiche ha fatto il giro d'Italia grazie al «tam tam» dei social: su di esso risulta aperta la rituale inchiesta della procura.
  Ad agosto 2017 è deceduto un ventitreenne, all'ospedale Loreto Mare, dove era stato portato a causa delle gravi ferite riportate in un incidente automobilistico: il giovane, in imminente pericolo di vita, è rimasto in attesa al pronto soccorso in «codice rosso» per almeno quattro ore, prima di essere trasferito all'ospedale Vecchio Pellegrini per effettuare un'angiotac, un esame diagnostico che evidenzia lesioni di vene e arterie, che forse gli avrebbe Pag. 2salvato la vita e per il quale l'ospedale Loreto Mare non era attrezzato.
  Ricordiamo poi l'incredibile vicenda di un anziano di Sassari residente in Campania, morto dopo che nell'ospedale di Boscotrecase i chirurghi gli avevano operato il femore sano al posto di quello fratturato: dopo aver scoperto l'errore l'uomo è stato riportato in sala operatoria ma il suo anziano organismo non ha retto ad una seconda anestesia.
  C'è poi la vicenda di un odontoiatra dell’hinterland campano, morto in preda a terribili dolori all'addome dopo essere stato in due ospedali, il San Giovanni Bosco, nel cuore di Napoli, e il nuovo Ospedale del Mare a Ponticelli: nel primo gli era stata diagnosticata una pancreatite con calcolosi biliare grave, consigliando l'intervento in un'altra struttura per carenza di posti, e nel secondo non erano attrezzati per l'emergenza.
  A Salerno un sessantanovenne di Sorrento è morto il giorno dopo l'intervento per una cancrena gassosa allo stomaco: anche in questo caso la magistratura ha aperto un'inchiesta.
  Riportiamo, inoltre, il caso dell'ospedale Santa Maria Incoronata dell'Olmo di Cava de’ Tirreni, polo universitario di chirurgia, in cui le sale operatorie del reparto di chirurgia generale e d'urgenza, nonostante fossero state espletate tutte le procedure di gara per la sostituzione dei ferri chirurgici vetusti, ne risultavano ancora sprovviste e per non interrompere l'attività operatoria i medici sono stati costretti ad utilizzare ferri chirurgici personali. L'ospedale ha inoltre perso molti reparti, tra cui la ginecologia, e risulta gravemente carente di personale medico, di strutture idonee e di strumentazione operatoria adeguata, con gravissime ripercussioni sulla tutela della salute dei cittadini, sulla formazione universitaria dei giovani medici della provincia di Salerno e, più in generale, sull'efficienza della sanità pubblica.
  Da ultimo, si ricorda la morte di Barbara Di Matteo, condotta all'ospedale San Luca di Vallo della Lucania per un malore. La strumentazione per effettuare la TAC era guasta da tempo e non era stata ancora riparata, pertanto la paziente veniva trasportata prima a Battipaglia e dopo presso il nosocomio salernitano, ma il medico reperibile pare non fosse stato avvertito in tempo. È stato quindi fatto un ultimo tentativo di trasportare la donna a Napoli, ma essa è spirata durante il tragitto a causa di un'emorragia cerebrale. Si sottolinea che l'ospedale di Vallo della Lucania, per una chiara volontà politica, è in fase di smantellamento e che, inoltre, il vicino ospedale di Agropoli, nonostante i proclami dell'ex sindaco Franco Alfieri e del governatore della Campania Vincenzo De Luca, commissario alla sanità nella regione, è sostanzialmente privo del pronto soccorso.
  Da quanto esposto è evidente che, nonostante la sanità sia commissariata ormai dal 2009, i campani continuino a dover usufruire di servizi di livello «terzomondista», con ospedali mal funzionanti, con pochi posti letto, con un numero insufficiente di sale operatorie e completamente sforniti della necessaria strumentazione chirurgica e diagnostica di base, spesso guidati da medici scelti non in base a titoli di professionalità ed esperienza, ma in relazione a «conoscenze» e «amicizie» influenti nella politica.
  Ad oggi resta critica soprattutto la situazione degli ospedali Ruggi d'Aragona di Nocera e di Vallo nel salernitano e degli ospedali Loreto Mare, Pellegrini, San Giovanni Bosco e San Paolo nel napoletano, mentre i pronto soccorso dell'Ospedale del Mare a Ponticelli e del CTO ai Colli Aminei devono ancora essere aperti. Più in generale, si rileva che tutti gli ospedali della Campania sono in grave crisi.
  L'insufficienza dei servizi prestati dagli altri ospedali di Napoli continua a pesare sull'ospedale Cardarelli, i cui medici sono costretti a lavorare in condizioni a dir poco indecenti.
  E proprio le condizioni di lavoro, spesso al limite, stanno portando alcuni «camici bianchi» a chiedere trasferimenti da ospedali di frontiera o in dismissione, aggravando, in una sorta di circolo vizioso, la grave carenza di personale.
  In questo contesto il sindacato dei medici dirigenti, l'Anaao Assomed, ha chiesto Pag. 3al governatore della Campania la convocazione di un tavolo ad horas per cercare di trovare una soluzione. Ma sarà davvero ascoltato questa volta?
  Quanto si dovrà attendere ancora prima che la salute possa essere tutelata e garantita per tutti quale diritto fondamentale sancito dalla Costituzione?
  Inoltre, vi sono molte perplessità sulla reale efficacia ed efficienza dell'attuale commissariamento della sanità campana da parte di Vincenzo De Luca. De Luca, infatti, in spregio ad ogni esigenza di trasparenza e imparzialità, è di fatto il controllore di se stesso perché assomma su di sé sia la carica di presidente della regione Campania che quella di commissario alla sanità. Questo cumulo di cariche è stato reso possibile a causa di un emendamento al disegno di legge di bilancio per il 2017 – modifica peraltro avvenuta in un clima politico particolarmente delicato, alla vigilia del referendum del 4 dicembre 2016 – che ha previsto la possibilità per i presidenti di regione di ricoprire l'incarico di commissari alla sanità in caso di percorso di rientro dal deficit, abolendo il principio della necessaria separazione istituzionale che rendeva incompatibile la nomina di un commissario ad acta con l'affidamento o la prosecuzione di qualsiasi incarico istituzionale presso la regione soggetta a commissariamento (comma 395 dell'articolo 1 della legge n. 232 del 2016).
  A ciò si aggiunge un'eccessiva e indebita ingerenza che il commissario sembrerebbe avere nella selezione del personale medico ad ogni livello, sempre più di frequente denunciata dalla stampa locale.
  Appena ottenuta la carica di commissario della sanità in Campania, il governatore Vincenzo De Luca ha firmato, nell'agosto 2017, una delibera di giunta che ha incrementato le remunerazioni dei manager delle ASL e delle aziende ospedaliere campane. Si è arrivati fino ai 155.000 euro lordi per i direttori generali delle ASL di Salerno e di Napoli 1 nonché degli ospedali Ruggi di Salerno, Cardarelli di Napoli e dei Colli di Napoli, ai 150.000 euro riservati ai manager di tre ASL e di quattro ospedali e ai 145.000 euro per i direttori di due ASL e di due ospedali. Questo atto, apparentemente adottato allo scopo di adeguare il trattamento economico dei direttori generali e della classe dirigenziale agli obiettivi e alle responsabilità connesse all'espletamento delle funzioni, ha inevitabilmente scatenato critiche e sospetti per i tempi, i modi e le motivazioni che lo hanno determinato: infatti i manager beneficiari degli aumenti non hanno vinto un concorso ma sarebbero stati nominati direttamente da De Luca senza attingere a graduatorie o terne (abolite durante la legislatura regionale), sulla base di un rapporto personale e fiduciario. Inoltre gli aumenti di stipendio saranno coperti «da forme di partecipazione alternativa alla spesa sanitaria, attualmente applicate in regione Campania»: in pratica, dai prelievi sui cittadini campani.
  Singolare è anche la vicenda dell'Ospedale del Mare. A pieno regime la struttura necessiterebbe di un organico di 1.527 unità, tra medici, infermieri, amministrativi e tecnici. La regione aveva autorizzato 1.000 assunzioni tra il 2016 e il 2017, ma le procedure concorsuali e di mobilità regionale ed extraregionale si sono rilevate particolarmente complesse. Così, per coprire il fabbisogno di personale, si continuano a utilizzare strumenti di assunzione «di emergenza». E nonostante nel napoletano ci siano delle graduatorie aperte – sia nella ASL Napoli 1 con circa 500 operatori socio-sanitari in scadenza di contratto provenienti dal bacino dalla coop Gesco, sia nella ASL Napoli 2 Nord con una graduatoria attiva per infermieri a tempo indeterminato – lo scorso autunno, si è attinto dalle graduatorie dell'azienda ospedaliera universitaria San Giovanni di Dio e Ruggi d'Aragona di Salerno, feudo politico di De Luca, con conseguente denuncia da parte dei sindacati di scarsa trasparenza e forti sospetti sulle reali motivazioni di tali operazioni, dato anche il periodo immediatamente precedente alla campagna elettorale per le elezioni politiche.
  Si pensi poi alla recente vicenda che vede protagonisti Vincenzo De Luca, Nicola Cantone, rimosso dalla sua carica di direttore generale dell'azienda ospedaliera universitaria San Giovanni di Dio e Ruggi Pag. 4d'Aragona di Salerno ed Enrico Coscioni medico cardiochirurgo, imputato in un altro procedimento per concussione nella sua qualità di consigliere per la sanità del presidente, recentemente incaricato primario dell'unità di cardiochirurgia nella stessa azienda ospedaliera. Ufficialmente la rimozione di Cantone sarebbe legata alla falsa autocertificazione dei titoli necessari per ricoprire la carica di direttore. I quotidiani locali insinuano invece che la sua rimozione potrebbe essere collegata alla mancata nomina a primario di Enrico Coscioni, avvenuta poi dopo la rimozione di Cantone.
  Lo stesso Coscioni è imputato con l'accusa di aver esercitato pressioni indebite per costringere un manager sanitario a liberare una «poltrona» da assegnare a una persona gradita alla nuova maggioranza del governo regionale campano in una sorta di spoil system illecito. Nella stessa vicenda risulta coinvolto anche l'ex consigliere regionale del Pd Francesco Casillo, che è indagato nell'ambito dell'inchiesta su presunte pressioni che l'esponente politico avrebbe esercitato per sostituire i manager della ASL Napoli 3: le ipotesi di reato formulate dagli inquirenti, come riportato da numerose testate giornalistiche, sono di tentata concussione, voto di scambio e traffico di influenze in relazione alle nomine dei vertici della sanità.
  Se le notizie di stampa e le accuse dei pubblici ministeri fossero confermate, non solo sarebbero di una gravità politica inaudita (oltre che reati), ma dimostrerebbero che la sanità campana è ormai ostaggio di logiche e vendette personali e al servizio della politica e non dei cittadini.
  Queste ingerenze sono state di fatto autorizzate dalla legge regionale 8 giugno 2016, n. 15, di «semplificazione delle procedure di nomina dei direttori generali» delle aziende sanitarie che, dietro il proposito di rendere più agevoli le nomine dei manager, ha sostanzialmente ratificato una sostanziale discrezionalità del governatore della regione nella nomina di tali figure, eliminando di fatto le selezioni. Una legge che potrebbe mettere nelle mani di De Luca e di ogni successivo governatore la possibilità di gestire discrezionalmente la sanità campana e di scegliere a proprio piacimento i dirigenti amministrativi e i primari ospedalieri, legittimando pericolosamente il fenomeno di commistione tra politica e gestione della sanità pubblica e creando potenzialmente un sistema di lottizzazioni politiche e pressioni che potrebbe premiare gli amici fedeli politicamente, penalizzando competenze e professionalità, a discapito dei cittadini.
  A tal proposito si segnala anche che alcuni direttori generali campani non figurerebbero nell'elenco nazionale degli idonei alla nomina di direttore generale delle ASL, delle aziende ospedaliere e degli altri enti del Servizio sanitario nazionale (SSN), recentemente pubblicato sul sito internet del Ministero della salute. Le assenze sono quelle di Attilio Bianchi, Antonietta Costantini e Franklin Picker, che sono rispettivamente alla guida – come direttori generali – dell'istituto Pascale, della ASL Napoli 3 sud e della ASL di Benevento. Se l'assenza di Picker può essere legata ad una ragione d'età, il manager ha infatti superato la soglia dei 65 anni, lo stesso non si può ipotizzare per Antonietta Costantini e per Attilio Bianchi, la cui assenza è al momento un vero e proprio mistero.
  Inoltre, come risulta da tutti i giornali campani, i vertici del settore sanitario sono troppo spesso implicati in indagini e vicende giudiziarie, soprattutto nel settore degli appalti: Elia Abbondante, il direttore generale della ASL Napoli 1, è stato coinvolto nell'ambito di un'inchiesta della procura di Napoli sulle forniture di prodotti medicali per l'istituto tumori G. Pascale di Napoli. Tra le persone indagate risultano anche il primario direttore di chirurgia oncologica addominale dello stesso istituto Pascale Francesco Izzo, sua moglie Giulia Di Capua, imprenditori del settore delle forniture di prodotti medicali e un informatore scientifico. I presunti illeciti riguardano il reparto di oncologia ed hanno per oggetto macchinari per le cure antitumorali definiti «unici e infungibili», per cui se ne disponeva l'acquisto con trattativa privata. Abbondante è coinvolto nell'inchiesta per il suo ruolo di ex responsabile unico del procedimento (Rup) di alcune gare dell'istituto. Pag. 5 Stando alla ricostruzione dei magistrati, Abbondante era in affari con Izzo e Di Capua e non è intervenuto per bloccare le procedure amministrative illecite a favore della società Geco srl, riconducibile alla moglie di Izzo. Il valore complessivo delle commesse aggiudicate in modo illecito ammonterebbe a 1.922.000 euro.
  Ciro Verdoliva, manager dell'ospedale Cardarelli e commissario straordinario dell'Ospedale del Mare, è accusato di abuso e corruzione nell'ambito di un'inchiesta legata alla gestione di un appalto per aver chiesto a un imprenditore di una ditta appaltatrice dell'ospedale Cardarelli di realizzare lavori nello stabile dove abita. Nell'ambito della stessa inchiesta, la procura di Napoli ha chiesto e ottenuto gli arresti domiciliari per l'imprenditore Alfredo Romeo, accusato di corruzione nell'ambito del filone napoletano dell'inchiesta che avrebbe poi condotto alle indagini sulla Consip Spa. Negli scorsi mesi è finito agli arresti domiciliari il funzionario della ASL Napoli 3, circondario Torre Annunziata, Sebastiano Donnarumma, accusato dei reati di corruzione, frode nelle pubbliche forniture e falso materiale commesso da pubblico ufficiale. Secondo le indagini coordinate dalla direzione distrettuale antimafia della procura della Repubblica di Firenze, il funzionario avrebbe favorito ditte collegate alla fazione Zagaria del clan dei Casalesi, facendo in modo che si aggiudicassero decine di appalti dalla ASL per effettuare lavori, tra l'altro mai eseguiti: in questo modo, sempre secondo l'accusa, le ditte dei Casalesi avrebbero intascato 6 milioni di euro per lavori fantasma. Il provvedimento cautelare è stato eseguito nell'ambito dell'operazione «Ghost tender» della Guardia di finanza di Lucca che ha sgominato un'organizzazione criminale contigua al clan camorristico dei Casalesi con base a Lucca, che utilizzava società toscane e campane, molte delle quali «apri e chiudi» e intestate a prestanome per creare turbative negli appalti di lavori pubblici. Stando a quanto ricostruito dagli investigatori, l'invito a partecipare da parte della ASL veniva «sistematicamente effettuato ad imprese riconducibili al sodalizio, le quali a turno risultavano aggiudicatarie dei lavori». Per raggiungere questo obiettivo, la compagine criminale avrebbe consolidato rapporti corruttivi con Donnarumma, che non solo aggiudicava l'appalto in violazione delle norme di trasparenza, correttezza e imparzialità, ma consentiva al sodalizio di conseguirne il pagamento pur in assenza di qualsiasi esecuzione dei lavori. In cambio il funzionario della ASL avrebbe ricevuto denaro e favori per un valore compreso tra i 100.000 e i 200.000 euro l'anno, per un totale di oltre mezzo milione di euro nell'ultimo quinquennio. Tra i favori ricevuti, vi sarebbe anche l'acquisto per 120.000 euro di un appartamento nel centro di Caserta del valore di mercato di circa 240.000 euro.
  È degli ultimi mesi, infine, la notizia dell'inchiesta della procura di Salerno sullo sforamento dei cosiddetti tetti di spesa assegnati dalla ASL di Salerno ai centri privati convenzionati col SSN operanti sul territorio, in relazione alla quale vi sono trentanove indagati per falso materiale e ideologico e peculato tra medici, dirigenti della ASL e amministratori dei centri convenzionati e una ventina di centri accreditati dal servizio sanitario locale finiti sotto la «lente di ingrandimento» della procura. Risulta coinvolto dall'indagine l'intero vertice attuale della ASL, dal direttore generale Antonio Giordano, al direttore amministrativo Antonella Tropiano a quello sanitario Maria Vittoria Montemurro, ma anche quello precedente: figura infatti tra gli indagati pure Antonio Squillante, già manager della ASL. Centrale è anche la posizione della dirigente tuttora in carica Antonia Scaramuzza, responsabile del settore del sistema informativo della ASL, che avrebbe avuto un ruolo particolare nella gestione complessiva dei soldi e dei tetti di spesa. È anche coinvolto l'attuale manager dell'azienda ospedaliera universitaria San Giovanni di Dio e Ruggi d'Aragona, Giuseppe Longo, nella sua veste di ex commissario della ASL: pure lui è stato raggiunto da un'informazione di garanzia per le ipotesi di concorso in abuso d'ufficio e falso materiale ed ideologico commesso da pubblico ufficiale. Secondo l'ipotesi accusatoria Pag. 6 del pubblico ministero, il budget assegnato dalla regione Campania alla ASL di Salerno per l'acquisto dei servizi di riabilitazione, diagnostica ed altro veniva gestito dai responsabili di settore e dalla dirigenza sanitaria salernitana in modo illegale, favorendo alcune strutture in danno di altre, sforando il tetto massimo previsto dalle leggi e dai regolamenti nazionali e regionali per importi che andavano dall'1 al 40 per cento oltre il dovuto e ricavandone in alcuni casi vantaggi personali e patrimoniali. Secondo una prima stima il denaro versato illecitamente ai centri convenzionati sfiora alcuni milioni di euro: denaro che sarebbe stato versato anche per prestazioni – in particolare sui disabili – mai avvenute. Nelle delibere adottate, ed ora incriminate, secondo la procura veniva indicata «contrariamente al vero» anche la sussistenza di presupposti legali, contabili e regolamentari che avrebbero dovuto rendere credibile l'autorizzazione alla liquidazione delle somme. Circostanze che sarebbero invece state false perché venivano contabilizzate prestazioni in numero superiore a quelle previste per ciascun centro e per ciascuna tipologia di servizio o con prezzi gonfiati. In questo modo, non potendo sempre liquidare gli importi richiesti dai centri con il denaro in cassa, alcuni dei dirigenti della ASL ora sotto inchiesta mettevano i privati nelle condizioni di richiedere decreti ingiuntivi ai quali non veniva fatta opposizione, così che le somme intascate potevano essere condivise con chi «autorizzava» pagamenti non leciti.
  Data la tragica situazione, si presenta questa proposta di inchiesta parlamentare con lo scopo di istituire, a norma dell'articolo 82 della Costituzione, una Commissione parlamentare di inchiesta sul funzionamento e sulla gestione del servizio sanitario in Campania, con il compito di indagare sulle cause e sulle responsabilità degli errori avvenuti in campo sanitario, sulla presenza di fenomeni illeciti e corruttivi, sull'allocazione e sulla gestione delle risorse da parte della regione Campania, delle aziende ospedaliere e delle ASL e sulle modalità di affidamento degli appalti pubblici e di selezione del personale medico, nonché di accertare l'eventuale violazione da parte del presidente della regione dei propri doveri nella sua qualità di commissario alla sanità, acquisendo tutti gli elementi conoscitivi su quanto accaduto in questi ultimi anni per fare chiarezza sui rapporti tra politica e sanità pubblica.

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PROPOSTA DI INCHIESTA PARLAMENTARE

Art. 1.
(Istituzione, funzioni e durata della Commissione parlamentare di inchiesta).

  1. È istituita, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, per la durata della XVIII legislatura, una Commissione parlamentare di inchiesta sul funzionamento e sulla gestione del servizio sanitario in Campania, di seguito denominata «Commissione».
  2. La Commissione ha il compito di indagare sulle cause e sulle responsabilità degli errori avvenuti in campo sanitario, sulla presenza di fenomeni illeciti e corruttivi, sull'allocazione e sulla gestione delle risorse da parte della regione Campania, delle aziende ospedaliere e delle aziende sanitarie locali e sulle modalità di affidamento degli appalti pubblici e di selezione del personale medico, nonché di accertare l'eventuale violazione da parte del presidente della regione Campania dei propri doveri nella sua qualità di commissario alla sanità, acquisendo tutti gli elementi conoscitivi su quanto accaduto negli ultimi anni per fare chiarezza sui rapporti tra politica e sanità pubblica.
  3. Al termine dei propri lavori, la Commissione presenta alla Camera dei deputati una relazione nella quale espone le risultanze dell'inchiesta, i problemi eventualmente rilevati e le misure, di ordine legislativo e amministrativo, che ritenga utili per la loro soluzione. È ammessa la presentazione di relazioni di minoranza.

Art. 2.
(Composizione e costituzione
della Commissione).

  1. La Commissione è composta da venticinque deputati scelti dal Presidente della Camera dei deputati in proporzione al numero dei componenti i gruppi parlamentari, Pag. 8 assicurando comunque la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo.
  2. Il Presidente della Camera dei deputati, entro dieci giorni dalla nomina dei componenti, convoca la Commissione per la sua costituzione, la quale ha luogo mediante l'elezione dell'ufficio di presidenza.
  3. La Commissione, nella prima seduta, elegge il presidente, due vicepresidenti e due segretari. Si applicano le disposizioni dell'articolo 20, commi 2, 3 e 4, del Regolamento della Camera dei deputati.

Art. 3.
(Poteri e limiti della Commissione).

  1. La Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria.
  2. La Commissione non può adottare provvedimenti attinenti alla libertà e alla segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione nonché alla libertà personale, fatto salvo l'accompagnamento coattivo di cui all'articolo 133 del codice di procedura penale.
  3. La Commissione ha facoltà di acquisire copie di atti e documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organismi inquirenti, nonché copie di atti e documenti relativi a indagini e inchieste parlamentari, anche se coperti da segreto.
  4. La Commissione garantisce il mantenimento del regime di segretezza fino a quando gli atti e i documenti trasmessi in copia ai sensi del comma 3 siano coperti dal segreto.
  5. La Commissione ha facoltà di acquisire dagli organi e dagli uffici della pubblica amministrazione copie di atti e di documenti da essi custoditi, prodotti o comunque acquisiti in materia attinente alle funzioni della stessa Commissione.
  6. Per il segreto di Stato nonché per i segreti d'ufficio, professionale e bancario si applicano le norme vigenti. È sempre opponibile il segreto tra difensore e parte processuale nell'ambito del mandato.
  7. La Commissione stabilisce quali atti e documenti non devono essere divulgati, anche Pag. 9 in relazione a esigenze attinenti ad altre istruttorie o inchieste in corso. Devono in ogni caso essere coperti dal segreto gli atti e i documenti attinenti a procedimenti giudiziari nella fase delle indagini preliminari.

Art. 4.
(Obbligo del segreto).

  1. I componenti la Commissione, il personale addetto alla stessa e ogni altra persona che collabora con la Commissione o compie o concorre a compiere atti di inchiesta oppure ne viene a conoscenza per ragioni di ufficio o di servizio sono obbligati al segreto per tutto quanto riguarda gli atti e i documenti di cui all'articolo 3, commi 4 e 7.

Art. 5.
(Organizzazione dei lavori
della Commissione).

  1. L'attività e il funzionamento della Commissione sono disciplinati da un regolamento interno approvato dalla Commissione stessa prima dell'inizio dei suoi lavori. Ciascun componente può proporre la modifica delle norme regolamentari.
  2. Le sedute della Commissione sono pubbliche. La Commissione può deliberare di riunirsi in seduta segreta.
  3. La Commissione può avvalersi dell'opera di agenti e di ufficiali di polizia giudiziaria e di tutte le collaborazioni che ritenga necessarie. Con il regolamento interno di cui al comma 1 è stabilito il numero massimo di collaborazioni di cui può avvalersi la Commissione.
  4. Per l'adempimento delle sue funzioni, la Commissione fruisce di personale, locali e strumenti operativi messi a disposizione dal Presidente della Camera dei deputati.
  5. Le spese per il funzionamento della Commissione, stabilite nel limite massimo di euro 100.000, sono poste a carico del bilancio interno della Camera dei deputati.
  6. La Commissione cura l'informatizzazione dei documenti acquisiti e prodotti nel corso della propria attività.