Doc. XXII, n. 8

PROPOSTA DI INCHIESTA PARLAMENTARE

d'iniziativa dei deputati
RAMPELLI, MELONI, ACQUAROLI, BELLUCCI, BUCALO, BUTTI, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, CROSETTO, LUCA DE CARLO, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FIDANZA, FOTI, FRASSINETTI, GEMMATO, LOLLOBRIGIDA, LUCASELLI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RIZZETTO, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI, ZUCCONI

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla gestione delle strutture destinate all'accoglienza degli immigrati e dei nomadi nel territorio nazionale

Presentata il 28 marzo 2018

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  Onorevoli Colleghi ! — Negli ultimi anni sono emerse con sempre maggiore frequenza irregolarità procedurali, veri e propri atti illegali ed episodi di corruzione nell'ambito dell'assegnazione e gestione delle strutture destinate sul territorio nazionale all'accoglienza degli immigrati e dei nomadi.
  I casi più eclatanti e più noti sono certamente quelli che hanno interessato la città di Roma, culminati nell'inchiesta di «mafia Capitale», e quelli relativi al centro di accoglienza per richiedenti asilo sito a Mineo, in Sicilia. Tuttavia, questi episodi sono solo la «vetrina» di un sistema che negli anni si è dimostrato del tutto inadeguato a garantire il corretto affidamento e la corretta esecuzione degli appalti e nel quale l'illegalità ha preso il sopravvento.
  Ogni anno lo Stato spende centinaia di milioni di euro per garantire un'assistenza efficace alle persone che si trovano nel nostro Paese in condizioni disagiate e, in particolare, agli immigrati e ai nomadi e un sistema di distrazione o malagestione dei fondi pubblici destinati a tali finalità Pag. 2non costituisce solo un illecito penale ma anche un'offesa morale nei confronti di chi svolge questo servizio con reale dedizione nonché a danno delle stesse categorie disagiate.
  L'inchiesta di Roma, in particolare, ha messo in luce una vera e propria spartizione dei fondi per le politiche sociali, basata sulla collusione tra alcune cooperative e uomini delle istituzioni, finalizzata a fare arrivare soldi pubblici ai gestori amici che si dividevano il mercato, con modalità tali da escludere ogni altro potenziale competitor.
  Il «sistema» si sarebbe alimentato grazie all’«affare» dell'emergenza immigrazione, con la quale sono aumentati i finanziamenti disponibili e, come d'incanto, anche i posti disponibili nel sistema di protezione dei richiedenti asilo, passati nella sola capitale da 450 a 2.500 in pochissimi anni. L'altro grande affare, invece, è stato rappresentato, da molto prima degli anni dell'emergenza immigrazione, dalla gestione dei campi nomadi.
  Le irregolarità sarebbero state molteplici: l'assegnazione di posti senza bando, bandi emanati e aggiudicati senza la pubblicazione delle graduatorie, posti in strutture non equiparabili per i servizi offerti a quelli della rete SPRAR che venivano fatti passare – e remunerati – come tali; la distribuzione «pilotata» degli immigrati tra i diversi centri di accoglienza sul territorio nazionale in modo da favorire quelli gestiti dalle associazioni «amiche».
  E in tutto questo sistema avrebbero giocato un ruolo fondamentale alcune cooperative, alle quali gli enti pubblici esternalizzano quote crescenti di servizi sociali e che, invece, ai sensi di legge, dovrebbero svolgere una funzione sociale «avente carattere di mutualità e senza finalità di speculazione privata».
  In conclusione, le indagini degli ultimi anni hanno dimostrato che le nostre accuse sulla scandalosa gestione delle risorse destinate a immigrati e rom erano vere e concrete. Da tempo chiediamo di sapere come sia possibile che lo Stato spenda delle cifre così alte per l'accoglienza degli immigrati e ora è tutto più chiaro: la miseria, la disperazione, l'emarginazione rendono «più dello spaccio di droga» e sono un grande business per le strutture che gestiscono i centri di accoglienza. Ora chiediamo che sia fatta piena chiarezza su come siano state spese queste risorse, perché l'impressione è che in tutta Italia ci sia chi si è arricchito con l'assistenza alle persone in difficoltà, agli immigrati e ai rom.
  Per questi motivi presentiamo la presente proposta di inchiesta parlamentare, volta a permettere alla Camera dei deputati di indagare, come previsto dall'articolo 82 della Costituzione, i rapporti con le società che gestiscono i centri di accoglienza, le modalità con le quali tali rapporti sono instaurati, le convenzioni in essere, le modalità e la filiera decisionale dei trasferimenti e delle assegnazioni degli immigrati quando giungono sul nostro territorio.
  La Commissione parlamentare di inchiesta sarà composta da venti deputati e rimarrà in carica per diciotto mesi, al termine dei quali presenterà una relazione conclusiva contenente le proposte per il miglioramento della gestione dell'accoglienza nel nostro Paese secondo criteri di trasparenza, efficienza e contenimento dei costi.

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PROPOSTA DI INCHIESTA PARLAMENTARE

Art. 1.
(Istituzione).

  1. Ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, è istituita una Commissione parlamentare di inchiesta con il compito di verificare la regolarità e la conformità alle normative vigenti della gestione delle strutture destinate all'accoglienza degli immigrati e dei nomadi nel territorio nazionale, di seguito denominata «Commissione».
  2. In particolare, la Commissione:
   a) accerta quale sia la filiera delle responsabilità nella gestione dell'accoglienza garantita agli immigrati che giungono in Italia e quali e quanti siano i centri destinati a tal fine nel territorio nazionale;
   b) esamina le procedure di identificazione degli immigrati e quelle relative ai riscontri con i Paesi di origine circa l'eventualità di carichi penali pendenti, nonché le procedure e le competenze decisionali in merito alle assegnazioni e ai trasferimenti dei soggetti arrivati nel territorio nazionale, anche ai fini dell'eventuale rimpatrio;
   c) accerta quali siano e verifica con quali modalità siano state stipulate le intese in essere con le associazioni e con le organizzazioni che gestiscono i centri di accoglienza, a qualunque tipologia essi appartengano;
   d) verifica le normative e le procedure che disciplinano l'attribuzione a organizzazioni del terzo settore della gestione e dell'organizzazione dei campi dei nomadi;
   e) verifica i criteri di spesa contenuti negli atti del Ministero dell'interno che concernono i finanziamenti dei bandi interministeriali Pag. 4destinati alla prima accoglienza e alla gestione dei servizi connessi ed effettua l'analisi dei costi sostenuti;
   f) verifica la gestione dei fondi del Ministero dell'interno e di tutti gli enti pubblici destinati alla gestione dell'accoglienza e dei servizi connessi.

  3. La Commissione conclude i propri lavori entro diciotto mesi dalla sua costituzione, presentando alla Camera dei deputati una relazione sull'attività svolta e sui risultati dell'inchiesta. Sono ammesse relazioni di minoranza.

Art. 2.
(Composizione della Commissione e funzionamento).

  1. La Commissione è composta da venti deputati, nominati dal Presidente della Camera dei deputati in modo da rispecchiare la consistenza proporzionale di ciascun gruppo parlamentare e comunque assicurando la presenza di almeno un rappresentante per ciascun gruppo.
  2. Con i criteri e con la procedura di cui al comma 1 si procede alla sostituzione dei componenti in caso di dimissioni dalla Commissione o di cessazione del mandato parlamentare.
  3. L'ufficio di presidenza, composto dal presidente, da due vicepresidenti e da due segretari, è eletto a scrutinio segreto dalla Commissione tra i suoi componenti. Nell'elezione del presidente, se nessuno riporta la maggioranza assoluta dei voti, si procede al ballottaggio tra i due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti. In caso di parità di voti, è proclamato eletto o entra in ballottaggio il più anziano di età.
  4. Per l'elezione, rispettivamente, dei due vicepresidenti e dei due segretari, ciascun componente della Commissione scrive sulla propria scheda un solo nome. Sono eletti coloro che hanno ottenuto il maggior numero di voti. In caso di parità di voti si procede ai sensi del comma 2.Pag. 5
  5. La Commissione approva, prima dell'inizio dell'attività di inchiesta, un regolamento interno per il proprio funzionamento.
  6. Le spese di funzionamento della Commissione, pari nel massimo a 60.000 euro, sono poste a carico del bilancio interno della Camera dei deputati.

Art. 3.
(Attività di indagine).

  1. La Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le medesime limitazioni dell'autorità giudiziaria. Per le audizioni a testimonianza davanti alla Commissione si applicano le disposizioni degli articoli 366 e 372 del codice penale.
  2. Per il segreto di Stato nonché per il segreto d'ufficio, professionale e bancario si applicano le norme vigenti. È sempre opponibile il segreto tra difensore e parte processuale nell'ambito del mandato.
  3. La Commissione può avvalersi dell'opera di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria e delle collaborazioni che ritenga necessarie e può richiedere informazioni e documenti a tutte le amministrazioni interessate.
  4. La Commissione può ottenere copie di atti o documenti relativi a procedimenti o inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organi inquirenti. L'autorità giudiziaria provvede tempestivamente e può ritardare, con decreto motivato solo per ragioni di natura istruttoria, la trasmissione di copie degli atti e documenti richiesti. Il decreto ha efficacia per trenta giorni e può essere rinnovato. Quando tali ragioni vengono meno, l'autorità giudiziaria provvede senza ritardo a trasmettere quanto richiesto.
  5. Tutte le volte che lo ritenga opportuno la Commissione può riunirsi in seduta segreta.
  6. La Commissione, a maggioranza assoluta dei propri componenti, decide quali atti e documenti possono essere divulgati. Devono comunque essere coperti da segreto Pag. 6i nomi, gli atti, i documenti attinenti a procedimenti giudiziari nella fase delle indagini preliminari.

Art. 4.
(Obbligo del segreto).

  1. I componenti della Commissione, i funzionari e il personale addetti alla Commissione stessa e tutte le altre persone che collaborano con la Commissione o compiono o concorrono a compiere atti di inchiesta, oppure vengono a conoscenza di tali atti per ragioni d'ufficio o di servizio, sono obbligati al segreto, anche dopo la cessazione dell'incarico, per tutto quanto riguarda gli atti e i documenti di cui all'articolo 3, comma 6.
  2. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la violazione dell'obbligo di cui al comma 1, con la diffusione di informazioni in qualsiasi forma, è punita ai sensi dell'articolo 326 del codice penale.
  3. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, le pene di cui al comma 2 si applicano a chiunque diffonde, in tutto o in parte, anche per riassunto o informazione, atti o documenti del procedimento di inchiesta dei quali sia stata vietata la divulgazione.