Doc. XVII, n. 13

DOCUMENTO APPROVATO
DALLA VII COMMISSIONE PERMANENTE

(CULTURA, SCIENZA E ISTRUZIONE)

nella seduta del 29 giugno 2022

A CONCLUSIONE DELL'INDAGINE CONOSCITIVA

deliberata nella seduta del 27 luglio 2021

SULLE FONDAZIONI LIRICO-SINFONICHE

(Articolo 144, comma 3, del Regolamento della Camera dei deputati)

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INDICE

  Premessa ... 5

  1. Introduzione: il quadro normativo ... 6

  2. La natura giuridica ... 10

  3. I finanziamenti e i criteri di riparto della quota del FUS ... 13

  4. Il risanamento delle Fondazioni sottoposte alla procedura Bray ... 15

  5. Il biennio pandemico ... 17

  6. La Governance ... 18

  7. Le dotazioni organiche ... 19

  8. Il regime di lavoro dei dipendenti e degli autonomi ... 22

  9. I corpi di ballo ... 23

  10. La trasformazione: innovazione tecnologica e nuovo pubblico ... 26

  11. La candidatura UNESCO dell'Opera lirica ... 30

  12. Conclusioni ... 30

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Premessa

  La VII Commissione (Cultura, scienza e istruzione) ha condotto nel 2021 un'indagine conoscitiva sulle fondazioni lirico-sinfoniche (FLS). Il programma è stato deliberato dalla Commissione il 27 luglio 2021 e successivamente integrato, per l'aspetto dell'elenco delle audizioni da svolgere, il 3 novembre 2021.
  L'indagine prendeva le mosse – come chiarito nel programma – dalla constatazione che, anche dopo gli interventi normativi succedutisi dagli anni '90 e soprattutto a seguito della trasformazione degli enti lirici in fondazioni, il regime giuridico ottimale dei teatri lirici restava ancora un problema irrisolto. Lo scopo immediato dell'indagine era di operare una ricognizione dei modelli gestionali e organizzativi delle FLS, della loro situazione economica e patrimoniale, degli esiti e degli impatti dei piani di risanamento previsti dalla legge Bray (decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91), dell'efficienza del modello giuridico attuale delle fondazioni e delle prospettive future delle fondazioni medesime. L'obiettivo ultimo era mettere la Commissione in condizione di capire se fosse necessario, e in quali termini, un ripensamento delle politiche e degli interventi pubblici concernenti il sistema complessivo delle FLS, in vista del loro rilancio, soprattutto alla luce degli effetti provocati su di esse (come, in generale, sul settore dello spettacolo dal vivo) dalla pandemia da Covid-19 scoppiata nel 2020 e dal conseguente regime di chiusura dei luoghi della cultura e dello spettacolo dal vivo.
  In concreto l'indagine si è sostanziata in un ciclo di audizioni di soggetti qualificati. È iniziata con le audizioni del direttore della Direzione generale Spettacolo del Ministero della cultura, Antonio Parente (6 ottobre 2021), e del Presidente dell'Associazione nazionale fondazioni lirico-sinfoniche (ANFOLS), Francesco Giambrone (6 ottobre 2021), il quale ultimo ha parlato anche in qualità di Sovrintendente della Fondazione Teatro Massimo di Palermo, inaugurando le audizioni dei Sovrintendenti delle FLS.
  A seguire sono stati auditi, in ordine casuale, il sovrintendente dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Michele Dall'Ongaro (12 ottobre 2021); il sovrintendente della Fondazione lirico sinfonica Petruzzelli e Teatri di Bari, Massimo Biscardi (12 ottobre 2021); il sovrintendente della Fondazione Teatro Comunale di Bologna, Fulvio Macciardi (12 ottobre 2021); il sovrintendente della Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova, Claudio Orazi (21 ottobre 2021); il sovrintendente della Fondazione Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, Alexander Pereira (21 ottobre 2021), che è stato affiancato dal direttore amministrativo della medesima Fondazione, Enrico Maria Peruzzi (21 ottobre 2021); il sovrintendente del Teatro alla Scala di Milano, Dominique Meyer (26 ottobre 2021); il sovrintendente del Gran Teatro La Fenice di Venezia, Fortunato Ortombina (26 ottobre 2021); la sovrintendente dell'Arena di Verona, Cecilia Gasdia (27 ottobre 2021); il sovrintendente del Teatro di San Carlo di Napoli, Stéphane Lissner (27 ottobre 2021); e il sovrintendente del Teatro lirico di Cagliari, Nicola Colabianchi (3 novembre 2021), che è stato affiancato dal direttore amministrativo del medesimo Teatro, Stefano Altea (3 novembre 2021). Non sono state svolte, invece, per ragioni contingenti relative all'intervenuta o prossima cessazione degli interessati dagli incarichi, le audizioni dei Sovrintendenti della Fondazione Teatro lirico Giuseppe Verdi di Trieste, della Fondazione Teatro dell'Opera di Roma e della Fondazione Teatro Regio di Torino.
  Completata l'audizione dei sovrintendenti delle FLS, la Commissione ha audito le rappresentanze sindacali di Slc CGIL, di Fistel CISL, di Uilcom UIL e di Fials CISAL (3 novembre 2021).
  Indi la Commissione ha svolto l'audizione del già commissario straordinario del Governo (dal 2014 al 2020) per il risanamento delle gestioni e il rilancio delle attività delle fondazioni lirico-sinfoniche, Gianluca Sole (16 novembre 2021), nonché dell'attuale commissario straordinario del Governo per il risanamento delle gestioni e il rilancio delle attività delle Fondazioni lirico-Pag. 6sinfoniche, Marco Aldo Amoruso (16 novembre 2021).
  La Commissione ha poi svolto l'audizione dei direttori artistici del Teatro Massimo di Palermo, Marco Betta (16 novembre 2021), del Teatro Carlo Felice di Genova, Pierangelo Conte (16 novembre 2021), del Teatro Regio di Torino, Sebastian Schwarz (16 novembre 2021), e del Teatro dell'Opera di Roma, Alessio Vlad (16 novembre 2021).
  Da ultimo, per approfondire il delicato tema dei corpi di ballo dell'FLS, la Commissione ha audito la direttrice del corpo di ballo della Fondazione del Teatro dell'Opera di Roma, Eleonora Abbagnato (10 dicembre 2021), il direttore del corpo di ballo del Teatro Massimo di Palermo, Davide Bombana (10 dicembre 2021), un rappresentante di Danza Error System (movimento di danzatori professionisti che partecipa al Tavolo permanente dello spettacolo costituito presso il Ministero della cultura) (10 dicembre 2021), nonché – a conclusione dell'indagine – il primo ballerino étoile della Scala di Milano, Roberto Bolle (15 dicembre 2021).
  La Commissione ha ritenuto di dover concludere il ciclo nel rispetto della scadenza che si era data, quella del 31 dicembre 2021, coincidente con l'ultima proroga intervenuta del termine per il raggiungimento del tendenziale equilibrio patrimoniale e finanziario per le fondazioni lirico-sinfoniche che avevano presentato il piano di risanamento.
  La Commissione ha inoltre acquisito alcuni contributi scritti sul tema dell'indagine conoscitiva. Segnatamente sono stati raccolti i contributi scritti dell'ARIACS, di ASSOLIRICA, nonché, in qualità di esperti della materia, di Lorenzo Bianconi, professore emerito di Drammaturgia musicale presso l'Università di Bologna e membro dell'Accademia nazionale dei Lincei, e di Giuseppina La Face, professoressa di Pedagogia e didattica dei beni musicali presso l'Università di Bologna, nonché Chair dello Study Group «Transmission of Knowledge» della Società internazionale di musicologia.

1. Introduzione: il quadro normativo

  Il primo intervento pubblico nel settore lirico-sinfonico risale a un secolo fa. Nel 1921 fu istituto l'ente autonomo teatro alla Scala di Milano, che aveva completa autonomia e beneficiava per legge del sovvenzionamento pubblico. Nel 1929, sullo stesso modello, nacque l'Opera di Roma, seguita nel 1932 dall'Ente autonomo di Firenze. Con il regio decreto-legge n. 438 del 1936 furono costituiti enti autonomi lirici anche a Torino, Venezia, Trieste, Verona, Genova, Bologna, Napoli e Palermo.
  Un nuovo intervento legislativo di rilievo intervenne trent'anni dopo, quando la legge 14 agosto 1967, n. 800, ridisegnò in maniera organica il settore lirico-sinfonico sulla base del principio che l'attività lirica e concertistica dovesse considerarsi «di rilevante interesse generale, in quanto intesa a favorire la formazione musicale, culturale e sociale della collettività nazionale». Con la legge n. 800 del 1967 furono riconosciuti come enti autonomi undici teatri lirici e due istituzioni concertistiche assimilate, segnatamente: il Teatro Comunale di Bologna, il Teatro Comunale di Firenze (ora, Fondazione Teatro del Maggio musicale fiorentino), il Teatro Comunale dell'Opera di Genova (ora, Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova), il Teatro alla Scala di Milano, il Teatro San Carlo di Napoli, il Teatro Massimo di Palermo, il Teatro dell'Opera di Roma, il Teatro Regio di Torino, il Teatro Comunale Giuseppe Verdi di Trieste, il Teatro La Fenice di Venezia, l'Arena di Verona, l'Accademia nazionale di Santa Cecilia di Roma e l'Istituzione dei concerti e del teatro lirico Giovanni Pierluigi da Palestrina di Cagliari (ora, Fondazione teatro lirico di Cagliari). Agli enti sopra elencati si è poi aggiunta, per disposto della legge 11 novembre 2003, n. 310, la Fondazione lirico-sinfonica Petruzzelli e Teatri di Bari. Attualmente, pertanto, le fondazioni lirico-sinfoniche sono quattordici. Di queste, due sono dotate di forme organizzative speciali: si tratta della FondazionePag. 7 Teatro alla Scala e dell'Accademia di Santa Cecilia(1).
  Secondo la disciplina dalla legge n. 800 del 1967, organi degli enti lirici, erano il presidente, sindaco della città in cui aveva sede l'ente; il sovrintendente, preposto alla direzione artistica, nominato con decreto del Ministro del turismo e dello spettacolo per quattro anni; il consiglio di amministrazione; e il collegio dei revisori dei conti. Il consiglio d'amministrazione – composto dai rappresentanti degli enti pubblici territoriali, dal direttore del locale conservatorio di musica o, in mancanza, di istituto musicale pareggiato, da un rappresentante degli industriali dello spettacolo, da tre rappresentanti dei lavoratori dello spettacolo, da due rappresentanti dei musicisti, dal direttore artistico – poteva essere integrato da esponenti di enti sovventori pubblici e privati, in rapporto all'ammontare del contributo concesso. Gli enti lirici erano assoggettati al controllo della Corte dei conti.
  Al personale dipendente appartenente alle categorie artistiche e tecniche – che nel 1968 era composto di 6.280 unità in organico e con rapporto stagionale – era riconosciuto il trattamento previsto dai contratti di lavoro stipulati tra gli Enti e le categorie interessate, mentre per il personale amministrativo si applicavano le disposizioni sul pubblico impiego.
  Il finanziamento pubblico era assicurato attraverso disposizioni con valenza limitata nel tempo e di diversa congruità. Il finanziamento confluì in seguito nel meccanismo del Fondo unico per lo spettacolo (FUS), di cui si dirà oltre, la cui disciplina generale fu introdotta con la legge 30 aprile 1985 n. 163.
  In materia di finanziamento, il decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367 («Disposizioni per la trasformazione degli enti che operano nel settore musicale in fondazioni di diritto privato») ha introdotto una riforma radicale, per rispondere all'esigenza di intercettare maggiori risorse patrimoniali e finanziarie private e di tentare così di raggiungere il riequilibrio di bilancio degli enti lirici: l'esigenza nasceva dal fatto che non si riusciva a coprire i costi, specie quelli fissi, con i soli introiti di biglietteria. In sostanza, con il citato decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367, gli enti di prioritario interesse nazionale operanti nel settore musicale sono stati trasformati in fondazioni di diritto privato, al fine di eliminare rigidità organizzative connesse alla natura pubblica dei soggetti e di rendere disponibili risorse private in aggiunta al finanziamento statale. Il procedimento di trasformazione è stato realizzato successivamente con il decreto legislativo 23 aprile 1998, n. 134 («Trasformazione in fondazione degli enti lirici e delle istituzioni concertistiche assimilate») e con il decreto-legge 24 novembre 2000, n. 345, che ha operato d'imperio la trasformazione degli enti lirici autonomi in fondazioni di diritto privato con decorrenza dal 23 maggio 1998.
  Tra i più recenti interventi a sostegno del settore lirico-sinfonico vi sono il differimento al 31 dicembre 2021 del termine per il raggiungimento del tendenziale equilibrio patrimoniale e finanziario per le fondazioni che avevano già presentato il piano di risanamento; l'introduzione della possibilità per le fondazioni che non lo avevano fatto, di presentare un piano di risanamento per il triennio 2021-2023, con fissazione all'esercizio finanziario 2023 del termine per il raggiungimento del tendenziale equilibrio patrimoniale e finanziario; la proroga delle funzioni del Commissario straordinario Pag. 8nominato nell'ambito del processo di risanamento e la possibilità di conferimento di incarichi di collaborazione a supporto dell'attività del Commissario; la modifica della procedura per la definizione della dotazione organica delle fondazioni e la disciplina per il reclutamento di personale a tempo indeterminato, con l'introduzione anche di una disciplina transitoria per stabilizzare il personale che ha prestato servizio sulla base di contratti di lavoro a tempo determinato; l'introduzione di una disciplina speciale per la stipula, in presenza di determinate esigenze, di contratti di lavoro a tempo determinato, di durata non superiore ai 36 mesi.
  Per quanto riguarda le dotazioni organiche delle singole FLS, il decreto-legge n. 59 del 2019 ha ridisciplinato la procedura per la loro definizione, in particolare stabilendo che le fondazioni dovevano predisporre una proposta di dotazione organica secondo uno schema tipo, poi adottato con il decreto interministeriale 4 febbraio 2021, n. 68, del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo (oggi Ministro della cultura), di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.
  La proposta di dotazione organica doveva essere trasmessa ai due Ministeri entro sessanta giorni, previa delibera del Consiglio di indirizzo, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative e approvata, con decreto del Ministro della cultura, adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previo parere – per le fondazioni che hanno presentato il piano di risanamento – del commissario straordinario. È previsto che le fondazioni possano presentare, con cadenza triennale, una proposta di modifica della dotazione organica. Qualora venga meno il requisito della sostenibilità economico-finanziaria, la fondazione interessata deve attivare la procedura di revisione della dotazione organica precedentemente approvata, dandone tempestiva comunicazione al Ministero della cultura e al Ministero dell'economia e delle finanze.
  Inoltre, il decreto-legge n. 59 ha confermato che le fondazioni lirico-sinfoniche assumono personale a tempo indeterminato mediante apposite procedure selettive pubbliche, secondo criteri e modalità stabiliti da ciascuna fondazione, nel rispetto dei princìpi di trasparenza, pubblicità e imparzialità, nonché degli altri princìpi relativi alle procedure di reclutamento nelle pubbliche amministrazioni. Le assunzioni a tempo indeterminato devono essere contenute, oltre che nel limite della dotazione organica, nei limiti di un contingente corrispondente alla spesa complessiva del personale cessato nell'anno in corso e nei due anni precedenti, ferma restando la compatibilità di bilancio della fondazione. Il decreto ha, altresì, introdotto una disciplina transitoria per il reclutamento di personale a tempo indeterminato e ha riconosciuto alle FLS la possibilità, sotto specifiche condizioni, di stipulare contratti di lavoro a tempo determinato.
  Per quanto riguarda gli interventi per il risanamento delle fondazioni lirico-sinfoniche, i più recenti interventi legislativi sono stati attuati con la legge di bilancio per il 2021 (legge n. 178 del 2020, art. 1, co. 589-591) che ha innanzitutto differito di un anno, portandolo al 31 dicembre 2021, il termine per il raggiungimento del pareggio economico e del tendenziale equilibrio patrimoniale e finanziario per le fondazioni che alla data della sua entrata in vigore avevano già presentato il piano di risanamento. In mancanza, le fondazioni sono poste in liquidazione coatta amministrativa. Al contempo, ha disposto che le 5 fondazioni lirico-sinfoniche che, a quella data, non avevano presentato un piano di risanamento potevano presentarne uno, entro 90 giorni, riferito al triennio 2021-2023. Le fondazioni in questione devono raggiungere il pareggio economico in ciascun esercizio e il tendenziale equilibrio patrimoniale e finanziario entro l'esercizio finanziario 2023. In mancanza, le fondazioni è previsto che le fondazioni siano poste in liquidazione coatta amministrativa.
  La stessa legge di bilancio 2021 (art. 1, commi 592 e 594) ha poi prorogato fino al 31 dicembre 2022 le funzioni del Commissario straordinario, al fine di far proseguire l'attività di monitoraggio dei piani Pag. 9di risanamento delle fondazioni lirico-sinfoniche già presentati e fino al 31 dicembre 2023 per le attività concernenti l'approvazione e il monitoraggio dei nuovi piani di risanamento.
  Con riguardo alle risorse specificatamente stanziate per finalità di riduzione del debito delle FLS, la legge di bilancio 2017 (legge n. 232 del 2016, art. 1, comma 583) ha stanziato in loro favore 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018 e 15 milioni a decorrere dal 2019. Gli importi previsti sono stati incrementati di ulteriori 10 milioni per il 2017 dal decreto-legge n. 244 del 2016 (art. 11, comma 3) e di 5 milioni di euro per il 2018 dalla legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 2017: art. 1, comma 323). Indi, la legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018: art. 1, comma 607) ha stanziato altri 12,5 milioni per il 2019, per sostenere le azioni e i progetti delle FLS finalizzati alla riduzione del debito esistente.
  In risposta, poi, alle difficoltà derivanti dall'emergenza sanitaria da Covid-19, sono state anche dettate disposizioni specifiche per il 2020, il 2021 e il 2022 riguardo ai criteri per l'attribuzione delle risorse del Fondo unico per lo spettacolo (FUS).
  Il FUS, istituito dalla legge n. 163 del 1985 al fine di ridurre la frammentazione dell'intervento statale e la conseguente approvazione di distinte apposite leggi di finanziamento, è attualmente il principale – ma non l'unico – strumento di sostegno al settore dello spettacolo: il sostegno si realizza attraverso contributi finanziari a organismi e imprese operanti nei settori delle attività musicali, di danza, teatrali, circensi e dello spettacolo viaggiante, nonché nella promozione e nel sostegno di manifestazioni ed iniziative di carattere e rilevanza nazionali da svolgere in Italia o all'estero.
  Quanto alla quota destinata alle FLS, il decreto-legge n. 91 del 2013 (art. 11, comma 20) ha stabilito che è determinata annualmente con decreto del Ministro della cultura, sentita la Consulta per lo spettacolo (poi, a seguito della legge n. 175 del 2017, dal Consiglio superiore dello spettacolo), ed è attribuita ad ogni fondazione (con decreto del Direttore generale per lo spettacolo dal vivo, sentita la commissione consultiva per la musica), sulla base dei seguenti criteri: il 50 per cento in considerazione dei costi di produzione derivanti dalle attività realizzate da ogni fondazione nell'anno precedente quello cui si riferisce la ripartizione, sulla base di indicatori di rilevazione della produzione; il 25 per cento in considerazione del miglioramento dei risultati della gestione attraverso la capacità di reperire risorse; il 25 per cento in considerazione della qualità artistica dei programmi.
  Inoltre, il medesimo decreto-legge n. 91 (art. 1, comma 21), ha rimesso a un decreto dell'allora Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo (oggi Ministro della cultura) la determinazione degli indicatori di rilevazione della produzione, dei parametri per la rilevazione del miglioramento dei risultati della gestione e di quelli per la rilevazione della qualità artistica dei programmi, nonché del procedimento per l'erogazione dei contributi. Su tale base normativa, i criteri generali e le percentuali della quota del FUS destinata alle FLS sono stati definiti con il decreto ministeriale 3 febbraio 2014. Successivamente, il decreto-legge n. 83 del 2014 (art. 5) ha disposto che, a decorrere dal 2015, le FLS dotate di forme organizzative speciali che non versano in situazioni di difficoltà economico-patrimoniale percepiscono una quota del FUS determinata percentualmente con valenza triennale.
  A seguito dell'emergenza epidemiologica, il decreto-legge n. 34 del 2020 (art. 183, comma 4) ha previsto che la quota FUS destinata alle FLS per il 2020 e per il 2021 sia ripartita sulla base della media delle percentuali assegnate per il triennio 2017-2019, in deroga ai criteri generali e alle percentuali di ripartizione previsti dall'articolo 1 del citato decreto ministeriale 3 febbraio 2014. Il decreto ha anche previsto che per il 2022 gli stessi criteri generali sono adeguati in ragione dell'attività svolta a fronte dell'emergenza sanitaria da Covid-19, delle esigenze di tutela dell'occupazione e della riprogrammazione degli spettacoli annullati. Inoltre, Pag. 10ha previsto (art. 183, comma 6) che, decorso il primo periodo di trattamento ordinario di integrazione salariale pari a nove settimane, previsto dall'articolo 19 del decreto-legge n. 18 del 2020, gli organismi dello spettacolo dal vivo potevano utilizzare le risorse erogate a valere sul FUS per il 2020 anche per integrare le misure di sostegno del reddito dei propri dipendenti, in misura comunque non superiore alla parte fissa della retribuzione continuativamente erogata prevista dalla contrattazione collettiva nazionale, nel rispetto dell'equilibrio del bilancio e, in ogni caso, limitatamente al periodo di ridotta attività degli enti. Tale possibilità è poi stata confermata per il 2021 dal decreto-legge n. 183 del 2020 (art. 7, comma 4-quater).
  Da ultimo, la legge di bilancio per il 2022 (legge 30 dicembre 2021, n. 234, articolo 1, commi 359-363) ha istituito, per le FLS, un fondo con 100 milioni di euro per il 2022 e 50 milioni di euro per il 2023, destinandone una quota non inferiore a 100 milioni alle FLS con specifici problemi economico-patrimoniali e la restante quota alle FLS che non riportano una delle situazioni di difficoltà economico-patrimoniale di cui sopra, con l'obiettivo di finanziare investimenti per incrementare l'attivo patrimoniale e per il rilancio delle attività di spettacolo dal vivo. Si prevede un regime di amministrazione straordinaria per le FLS destinatarie di risorse della prima quota che producano nuovo disavanzo d'esercizio che riduca il patrimonio indisponibile, anche per un solo anno.

2. La natura giuridica

  Sotto il profilo dell'inquadramento giuridico i teatri lirici sono stati assoggettati nel tempo a discipline normative d'ispirazione più o meno pubblicistica oppure privatistica, senza che fosse tuttavia agevole ricondurli interamente sotto l'una o l'altra fattispecie. Ciò è stato evidenziato innanzitutto dal dott. Parente, che nella sua audizione e nella memoria depositata ha, tra l'altro, tracciato le linee evolutive della disciplina giuridica concernente i teatri lirici, rimarcando come, dopo una prima fase segnata da una disciplina tendenzialmente pubblicistica(2), sia intervenuta una seconda fase, con la riforma del 1996, che ha ripensato la natura giuridica degli enti lirici, trasformandoli da enti pubblici in fondazioni di diritto privato, con l'obiettivo di coinvolgere i privati e di attirarne i finanziamenti. Peraltro, ha sottolineato Parente, nei provvedimenti legislativi che dal 1996 hanno disciplinato la trasformazione degli enti lirici in fondazioni sono rimasti presenti istituti con valenza e connotazione pubblicistica. Anche nella Relazione della Corte dei conti sulla gestione delle fondazioni lirico-sinfoniche (determinazione n. 136 del 15 dicembre 2021 – esercizio 2019) trasmessa alle Camere il 3 febbraio 2022 viene ribadito quanto la privatizzazione operata dal d.lgs. n. 367 del 1996 presentasse aspetti contraddittori, permanendo all'interno del sistema rilevanti elementi di stampo pubblicistico (pag. 4). Inoltre, la medesima Relazione sottolinea che «il processo di privatizzazione in esame è risultato più lungo e complesso del previsto: infatti, la prima norma di attuazione (d. lgs. 23 aprile 1998, n. 134) è stata dichiarata illegittima per eccesso di delega dalla Corte costituzionale, con la sentenza 13 novembre 2000, n. 503» (pag. 5).
  A partire dal 2010 (con il decreto-legge n. 64 del 2010) si è avviata una nuova fase, caratterizzata da una ripubblicizzazione del comparto. Sull'inquadramento da dare alle FLS sotto il profilo giuridico – ha ricordato Parente – si è espressa anche la Corte Pag. 11costituzionale, la quale, con la sentenza n. 153 del 2011, ha evidenziato che, nonostante l'acquisizione della veste giuridica formale di fondazioni di diritto privato, le FLS conservano ancora una marcata impronta pubblicistica a carattere nazionale, in ragione del fatto che perseguono anche un interesse pubblico generale nell'ambito della conservazione e della diffusione della cultura. In questo senso la ricostruzione normativa esposta da Parente ha inteso porre in evidenza gli aspetti pubblicistici della disciplina sugli enti lirici.
  Su questo argomento si è espressa anche la Corte dei conti nella succitata Relazione: «Una parola definitiva circa la natura giuridica degli enti in esame è stata pronunciata dalla Corte costituzionale, con la sentenza 18 aprile 2011, n. 153, relativa all'impugnativa da parte della regione Toscana degli artt. 1 e 4 del decreto-legge 30 aprile 2010, n. 64, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 giugno 2010, n. 100. La sentenza citata per un verso affermava affermava che le fondazioni lirico-sinfoniche, nonostante la forma giuridica privatistica assunta, avevano conservato sul piano sostanziale una natura pubblicistica, per l'altro chiariva come la disciplina della loro organizzazione e del connesso regime giuridico fosse di competenza della Stato, a norma della lettera g) del secondo comma dell'art. 117 Cost.». (pagg. 6-7)
  La Corte dei conti ha altresì ricordato che a) in materia di organici, il d.l. 28 giugno 2019, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla l. 8 agosto 2019, n. 81, «ha confermato le disposizioni previgenti, in base alle quali le fondazioni lirico-sinfoniche possono assumere personale a tempo indeterminato solo attraverso procedure selettive pubbliche» (pag. 16); b) «la materia dei contratti di lavoro posti in essere dalle fondazioni lirico-sinfoniche sottoposte a Piano di risanamento è disciplinata dall'art. 11, comma 19, del d.l. n. 91 del 2013»; c) «i rapporti di lavoro subordinati a tempo indeterminato sono instaurati esclusivamente a mezzo di apposite procedure selettive pubbliche»; d) «per la certificazione, le conseguenti verifiche e le relative riduzioni del trattamento economico delle assenze per malattia o per infortunio non sul lavoro, si applicano le disposizioni vigenti per il pubblico impiego»; e) «ogni Fondazione sottoscrive il proprio contratto aziendale con le organizzazioni sindacali interne, indicando in modo chiaro la quantificazione dei costi contrattuali». (pag. 14)
  L'ambivalente natura giuridica dei teatri lirici è stata oggetto di riflessione in più audizioni. Pressoché unanime è apparsa la convinzione che si debba decidere in modo chiaro se far prevalere la connotazione pubblicistica, con quel che ne consegue, oppure quella privatistica. Per il presidente dell'ANFOLS e sovrintendente del Teatro Massimo di Palermo, Giambrone, la prima cosa da fare è stabilire una definizione esplicita della natura giuridica delle fondazioni, che vivono oggi, ha detto, in una situazione ambigua in cui non è chiaro quando siano pubbliche e quando siano private, o se appartengano all'area pubblica o a quella privata. Per certi versi – ha commentato Giambrone – «prendiamo il peggio del pubblico e il peggio del privato».
  Nel complesso, quindi, l'opinione prevalente emersa dal ciclo di audizioni su questo tema è che de iure condendo ci si debba muovere verso un pieno ed esplicito chiarimento circa la natura pubblica oppure privata degli enti lirici. A tal riguardo merita menzionare l'intervento del commissario Sole, che ha giudicato auspicabile e fondamentale un intervento ordinamentale sul controverso tema della natura giuridica delle FLS, per arrivare finalmente a una netta definizione di questa natura, rimuovendo le cause di incertezza interpretativa. Tra le organizzazioni sindacali, la CGIL ha parlato di vera e propria necessità di superare la forma giuridica attuale, che è ambigua e che ha creato difficoltà anche nelle relazioni sindacali; per la UIL l'aspetto pubblicistico è nei fatti predominante (assunzioni per concorso e vigilanza pubblica), ma arrivare alla certezza normativa su questo punto è importante per l'aspetto lavoristico, atteso, per esempio, che in regime pubblico non sono ammissibili i licenziamenti collettivi.
  In favore dell'opzione pubblicistica sono stati portati gli argomenti della responsabilitàPag. 12 nei confronti della collettività e del ruolo di servizio pubblico delle FLS, che tutelano il valore costituzionale della cultura(3). È stato osservato che i teatri lirici hanno responsabilità pubbliche (ANFOLS); che il melodramma, in quanto «patrimonio operistico», è un insieme di ricchezze e di valori materiali e immateriali che, per eredità e per tradizione, contribuiscono a definire non solo la comunità nazionale italiana, ma anche la comunità culturale europea, occidentale e universale (Bianconi – La Face); che la letteratura operistica italiana è la vera letteratura nazionale italiana, dato che l'opera lirica come genere e come forma d'arte è nata in Italia (Ortombina); che l'opera lirica è un potente veicolo di promozione della cultura italiana all'estero anche perché l'italiano è tuttora la lingua ufficiale del mondo della lirica e gli artisti stranieri vengono in Italia anche per studiare la lingua (Gasdia). Anche Assolirica si è augurata che le FLS possano essere ricondotte a una definizione pubblicistica. A giudizio di Orazi, è al tramonto l'esperimento di far valere la natura privatistica dei teatri lirici, che sono soggetti che perseguono un interesse pubblico. Lissner ha sottolineato che le FLS producono arte, e non possono quindi essere considerate semplicemente aziende. Il forte sostegno finanziario della parte pubblica è giustificato d'altronde – è stato osservato da più parti – dalla funzione sociale dei teatri d'opera, che non semplicemente realizzano spettacoli, ma fanno arte e custodiscono cultura.
  Il commissario Amoruso, invece, ha posto l'accento sul fatto che all'interno delle FLS persista anche una dimensione aziendalistica di cui non si può non tener conto. Secondo Amoruso, infatti, le FLS dovrebbero mutuare dal regime pubblicistico due cose: il regime di trasparenza dei finanziamenti e delle spese (in quanto il canale di finanziamento prevalente deve rimanere pubblico, con un apporto dei privati aggiuntivo e non sostitutivo) e il trattamento del personale (reclutamento e contratto di lavoro). Tutto il resto, però, dovrebbe restare affidato a regole privatistiche. Delle FLS come di aziende (culturali) a tutti gli effetti ha parlato anche l'ex commissario Sole.
  Anche la CISL ha tenuto una posizione più cauta: la forma giuridica abbisogna di essere chiarita, ma dal punto di vista del lavoro e dell'occupazione ci sono, secondo la CISL, pro e contro in entrambe le forme giuridiche, per cui si dovrebbe cercare una soluzione ibrida, che bene delimiti i vari aspetti.
  L'appello a una riforma che chiarisca la natura giuridica (pubblica o privata) dei teatri lirici si è accompagnato, nelle audizioni, a quello per un ripensamento e una sistematizzazione delle normative succedutesi negli anni. A giudizio per esempio del presidente di ANFOLS, Giambrone, occorre presto adoperarsi per la costruzione di un testo unico di tutte le norme stratificatesi negli anni, che sono spesso fra loro contraddittorie. È chiaro, peraltro, che la redazione di un testo unico presuppone la definizione di un sistema coerente di princìpi che presiedano alla riforma, presuppone cioè la presa di posizione rispetto agli elementi di incertezza che si sono stratificati. Anche i rappresentanti di CISL e UIL hanno ravvisato la necessità di un testo Pag. 13unico e di un riordino delle norme, rilevando che l'occasione è oggi data dal disegno di legge delega in materia di spettacolo attualmente all'esame del Senato (atto Senato n. 2318), che, all'articolo 1, delega il Governo ad adottare un «codice dello spettacolo» per il coordinamento e il riordino delle disposizioni vigenti riguardanti l'attività, l'organizzazione e la gestione delle FLS e per la riforma, la revisione e il riassetto della disciplina nei settori, tra gli altri, del teatro, della musica e della danza.
  Infine, la già menzionata Relazione della Corte dei conti sull'esercizio 2019 riferisce che «dall'accertamento della natura giuridica delle fondazioni discende l'ulteriore problematica correlata alla compatibilità dell'assetto privatistico dell'FLS rispetto all'ordinamento dell'Unione europea; quest'ultima – al fine di avere bilanci pubblici degli Stati membri che siano veridici, trasparenti, comparabili – ha superato, con un approccio sostanzialista, le differenze solo formali, pretendendo di accertare, invece, sotto il rivestimento puramente esteriore della forma giuridica privata (il c.d. “gold plating”), la sostanza pubblicistica degli enti “privatizzati”». (pag. 7)

3. I finanziamenti e i criteri di riparto della quota del FUS

  Atteso il rilevante interesse generale dell'attività lirica, oltre che concertistica, il primo problema delle fondazioni lirico-sinfoniche, dal punto di vista dello Stato, è quello del loro finanziamento: come garantire ai teatri lirici risorse finanziarie sufficienti. A partire dagli anni '90 è stato compiuto un significativo sforzo per attirare risorse private aggiuntive al finanziamento pubblico, e anche a questo mirava la trasformazione degli enti lirici in fondazioni privatistiche. Questo sforzo, però, è stato solo in parte coronato da successo. Oggi i privati, ha ricordato l'ex commissario Sole, tranne che in alcune realtà, hanno un peso in termini di contribuzione finanziaria estremamente marginale e talora solo simbolico: il finanziamento delle FLS resta prevalentemente pubblico. Per CISAL, alla prova dei fatti i tentativi messi in atto per attirare finanziamenti da parte dei privati sono risultati inefficaci. Assolirica ha ricordato che il finanziamento statale ha sempre inciso in maniera per lo più totale e percentualmente quasi assoluta sulle entrate dei teatri. FIALS ha parlato di conclamato fallimento del tentativo di attrarre risorse private configurando i teatri lirici come soggetti di diritto privato (come fondazioni).
  Anche Parente ha ricordato che, se lo scopo della riforma in senso privatistico era quello di promuovere l'afflusso di risorse patrimoniali e finanziarie private e di agevolare il perseguimento dell'equilibrio di bilancio degli enti lirici, questo scopo non è stato raggiunto: da subito è emersa la difficoltà dei teatri (soprattutto di quelli ubicati nelle aree economicamente più svantaggiate) nel reperire finanziamenti da privati o risorse pubbliche locali aggiuntive. Di fatto, nonostante la forma privatistica imposta ope legis, in quasi tutte le realtà la contribuzione pubblica dello Stato ha continuato a costituire di gran lunga la maggiore posta attiva dei bilanci.
  La Relazione della Corte dei conti sull'esercizio 2019 delle FLS ha confermato che, seppur in crescita dell'1,7 per cento, la partecipazione privata (15 per cento sul totale contribuzioni) permane ancora modesta ad eccezione del Teatro alla Scala, del Teatro Regio di Torino, dell'Arena di Verona e dall'Accademia nazionale di Santa Cecilia. La Corte ha altresì menzionato l'esiguità degli apporti da parte di Regioni ed enti locali: l'apporto 2019 delle amministrazioni territoriali risulta in calo dell'1,9 per cento rispetto al 2018, con una sproporzione – dice la Corte – tra l'ammontare di tali contribuzioni rispetto al fabbisogno e, soprattutto al «ritorno» in termini di prestigio conferito alle predette amministrazioni dai teatri d'opera.
  Quanto al meccanismo del finanziamento pubblico, dal 1985 le FLS sono finanziate a valere su una quota del FUS (Fondo unico per lo spettacolo istituito dalla legge n. 163 del 1985). L'entità delle risorse pubbliche è stata nel complesso giudicata insufficiente. È stato evidenziato che l'ammontare del FUS, in generale, è Pag. 14decresciuto ininterrottamente per tantissimi anni (CISAL, UIL); che l'Italia investe poco, a confronto con altri Paesi, nella cultura e in special modo nella lirica, come se la lirica non fosse un volano di crescita culturale ed economica ma solo un comparto da sussidiare (CISAL); che in alcuni Stati le cifre di FUS erogate a un unico teatro sono superiori al totale del FUS che viene erogato in Italia per le dodici Fondazioni lirico-sinfoniche (Gasdia). A parte l'aspetto dell'ammontare complessivo delle risorse destinate al settore, l'indagine conoscitiva ha fatto emergere anche il grave problema dell'incertezza dei flussi di finanziamento, incertezza che rende molto difficile la programmazione delle attività. Più di uno dei soggetti auditi ha sottolineato l'esigenza che i fondi siano stabiliti con cadenza almeno triennale, per consentire alle FLS di avere un orizzonte più ampio di programmazione. Infatti il meccanismo attuale, che prevede l'assegnazione delle risorse pubbliche ad esercizio avanzato, comporta il rischio – come rimarcato dall'ANFOLS – che a fine anno le FLS si vedano attribuita una somma anche significativamente inferiore a quella da esse preventivata e messa in bilancio. A giudizio dell'ANFOLS, ma anche di ASSOLIRICA e di altri auditi, sarebbe quindi indispensabile non solo stabilire la triennalità dei finanziamenti, ma garantire alle FLS regolarità dei versamenti, se non addirittura l'erogazione anticipata. L'ANFOLS riterrebbe anche utile, nella stessa ottica, introdurre nell'ordinamento una sorta di clausola di salvaguardia in forza della quale le variazioni annuali, in incremento o decremento, dei finanziamenti erogati alle singole FLS siano assoggettate ad un limite determinato, così da evitare oscillazioni imprevedibili nei flussi di finanziamento. Sull'esigenza di garantire la stabilità e la prevedibilità dei flussi di finanziamento si sono espresse più voci.
  Altra questione emersa nell'indagine è stata quella dei criteri di riparto delle risorse pubbliche del FUS. Secondo l'ANFOLS, si tratta di criteri che devono essere rivisti in profondità.
  A detta del presidente dell'ANFOLS, Giambrone, occorre uscire dalla logica di una rendicontazione esclusivamente numerica delle attività delle FLS e introdurre criteri di valutazione che tengano conto anche di altre positività: come l'innovazione o le ricadute sociali. Anche a giudizio di Parente, ai fini dell'accesso alla contribuzione statale potrebbero essere valorizzati – accanto agli indici di efficienza aziendale e a quelli che tengono conto del fabbisogno strutturale degli enti – anche aspetti come l'innovatività e la sostenibilità sotto il profilo economico, sociale, tecnologico o ambientale. Andrebbero cioè premiate, in sede di riparto delle risorse pubbliche, le FLS che avviano iniziative di inclusione sociale e di sensibilizzazione del pubblico, in specie di quello giovanile, o che mostrano particolare attenzione ai consumi, all'efficientamento energetico e all'ammodernamento tecnologico. Su questo punto, oltre al sovrintendente del Teatro Massimo di Palermo Giambrone, è intervenuto anche il direttore artistico del medesimo teatro, Betta, il quale ha osservato e ribadito non solo l'importanza di mettere in scena opere, ma anche di portarle nei quartieri degradati ed emarginati delle città: questa è un'attività rilevante per l'interesse pubblico ma non considerata ai fini del riparto del FUS, anche perché non genera ricavi.
  Si aggiunga che le FLS stabiliscono inevitabilmente la propria programmazione alla luce dei criteri di riparto del FUS, con la conseguenza che, secondo Assolirica, alcune FLS stanno trascurando una parte di repertorio attraente e originale, per il solo timore di perdere punteggi necessari. Questa riflessione si inserisce all'interno del complesso e risalente dibattito sulla continua riproposizione di titoli già noti all'interno delle stagioni teatrali italiane. Assolirica ha evidenziato il caso dell'operetta che, nei parametri di riparto, è derubricata quale spettacolo di prosa (in musica), con conseguente abbassamento di punteggio sostanziale e marginalizzazione all'interno dei cartelloni.
  Infine, come rimarcato in particolare dal sovrintendente Lissner, occorre considerare che i criteri di riparto del FUS Pag. 15trattano tutte le FLS allo stesso modo, laddove ogni FLS ha invece una sua propria specificità: i teatri hanno caratteristiche molto differenti fra loro; gli allestimenti nei teatri più grandi costano di più; i teatri più grandi possono alternare più opere o balletti e quindi avere numeri di recite maggiori; i ricavi dipendono anche dal numero dei posti di cui si dispone: un'opera realizzata con lo stesso cast costa allo stesso modo in due teatri diversi perché i cachet degli artisti sono identici, ma una medesima produzione non genera gli stessi ricavi se realizzata in teatri diversi, dal momento che i pubblici e le capienze sono differenti; i territori di riferimento sono diversi: ci sono regioni che contribuiscono con più risorse e città più ricche di altre. Insomma occorrerebbe maggiormente considerare le specificità e le unicità delle differenti realtà.
  Anche secondo Parente, occorre immaginare una diversa perimetrazione dei criteri di riparto della quota FUS destinata al settore lirico-sinfonico, valorizzando anche il ricorso alle nuove tecnologie (ad esempio, lo streaming) e all'attenzione ai fini sociali e ambientali.
  Secondo la CGIL, l'attuale sistema di riparto del FUS dovrebbe essere ripensato, perché si basa prevalentemente su dati numerici relativi alla produzione. Infatti, il finanziamento è attribuito sulla base di quanto è stato fatto, retrospettivamente, senza tenere conto della progettazione e della proiezione verso il futuro.
  Anche la Relazione della Corte dei conti (esercizio 2019) dedica un passaggio al tema dei criteri di riparto delle risorse evidenziando che si tratta di «criteri tarati non solo sulla quantità dell'offerta, ma anche sugli aspetti gestionali e, sia pure in misura minore, sulla qualità artistica, fattore che, invece, sarebbe opportuno tenere in maggiore considerazione, al fine di premiare quelle produzioni innovative che possono non avere un riscontro immediato nella risposta del pubblico». (pag. 33)
  La sovrintendente dell'Arena di Verona, Cecilia Gasdia, ha richiamato poi l'attenzione su una speciale previsione del meccanismo di riparto del FUS che riguarda solo quel teatro e che, a suo avviso, è ingiusta e contraria all'interesse pubblico: quella per cui i punteggi attribuiti a tutte le manifestazioni dell'Arena di Verona sono ridotti del 40 per cento (in base all'articolo 2, comma 2, del decreto ministeriale del 3 febbraio 2014, n. 73).

4. Il risanamento delle Fondazioni sottoposte alla procedura Bray

  L'indebitamento straordinario di tante FLS obbliga le medesime non solo a preoccuparsi del pareggio di bilancio, ma ad avere attivi per il ripianamento dei debiti pregressi. Il contenimento dei costi – ha detto Parente – è una preoccupazione sempre presente nel legislatore, sia nella fase in cui l'ente lirico ha avuto una connotazione pubblicistica chiara ed evidente, sia nella fase iniziata nel 1996 con la trasformazione dell'ente lirico in soggetto di diritto privato ed infine nel 2013 con la cosiddetta «legge Bray».
  Secondo quanto riferito dalla summenzionata Relazione della Corte dei conti «la procedura relativa ai piani di risanamento, come inizialmente prevista, è stata significativamente modificata dalla l. 7 agosto 2016, n. 160, di conversione, con modificazioni, del d.l. 24 giugno 2016, n. 113» che ha introdotto «elementi di maggiore flessibilità nel percorso di risanamento: in particolare, il comma 1 dell'art. 24 ha sostituito il riferimento al raggiungimento dell'equilibrio strutturale del bilancio, sia sotto il profilo patrimoniale che economico-finanziario, con quello al conseguimento del pareggio economico in ciascun esercizio e al tendenziale equilibrio patrimoniale e finanziario entro il 31 dicembre 2018» (pagg. 25 e 26). Inoltre, nel medesimo documento la Corte ricorda che «le disposizioni contenute nelle leggi di stabilità per il 2016, il 2017 e il 2018 hanno reso più incisive le azioni di risanamento, con la previsione da un canto della differenziazione degli interventi da parte del Governo, graduati a seconda delle situazioni delle singole fondazioni e, dall'altro con l'implementazione delle risorse dedicate al loro risanamento» (pag. 26).Pag. 16
  Secondo l'ANFOLS, il comparto è stato protagonista negli ultimi anni di un complessivo e virtuoso percorso di risanamento e sviluppo che ha comportato profondi cambiamenti e significativi sforzi per aumentare la qualità e la quantità delle produzioni e per riequilibrare l'andamento dei bilanci. C'è stata una inversione di tendenza rispetto al passato, che ha riguardato diversi aspetti: un costante ampliamento del pubblico con una serie di offerte innovative volte ad includere il più ampio numero e la più eterogenea tipologia di spettatori (giovani, studenti, famiglie, cittadini meno abbienti); la diversificazione degli spettacoli; l'ampliamento dei titoli in cartellone; l'apertura a nuovi generi di spettacolo; l'investimento su danza e balletto e su giovani interpreti italiani. I risultati, afferma ANFOLS, sono certificati non solo dal raggiungimento, da parte di tutte le FLS, dell'equilibrio di bilancio, ma anche dal netto incremento degli indici di produttività, da una nuova attenzione nei confronti dei ricavi, da una maggiore presenza all'estero, dal contenimento e dalla razionalizzazione dei costi di gestione, da una più spiccata propensione alla collaborazione nelle forme della coproduzione degli spettacoli e da un crescente tasso di occupazione delle sale, indice questo non solo dell'ampliamento del pubblico e dell'attenzione delle FLS alla loro missione pubblica, ma anche del tentativo di superamento della dimensione elitaria che per tanti anni ha caratterizzato il consumo dell'opera lirica in Italia.
  Secondo quanto riportato dall'ex commissario Sole e dal commissario Amoruso, le FLS che hanno aderito alla legge Bray hanno sostanzialmente compiuto il percorso previsto dai rispettivi piani di risanamento. I risultati conseguiti a chiusura dell'esercizio 2019 mostravano, ha riferito Sole, una dinamica sostenuta, nella maggior parte dei casi, nella direzione del risanamento. All'inizio del 2020 il quadro è cambiato con l'impatto della pandemia. Se la gestione della fase emergenziale ha sostanzialmente tenuto, ciò è stato possibile – ha ricordato Sole – soprattutto per effetto da una parte della contrazione di alcune voci di spesa ordinariamente rilevanti (personale e produzioni artistiche) e dall'altra parte, soprattutto, della contribuzione pubblica. Amoruso a sua volta ha riferito che con la chiusura dell'esercizio 2020 quel che poteva raggiungersi in tema di obiettivi di risanamento di conto economico è stato sostanzialmente raggiunto (per il 2021, si possono leggere ora anche i dati della seconda Relazione del Commissario di Governo). Va però anche considerato, come ha riferito Amoruso, che le misure speciali di sostegno adottate dal Governo per contenere gli effetti economici della crisi pandemica hanno svuotato di significato il risultato di esercizio conseguito, che non è ascrivibile a misure pianificate e di risanamento ma al sostegno statale ricevuto, con la conseguenza che non si possono considerare strutturali gli avanzi di esercizio registrati nel 2020.
  Il positivo cammino di risanamento, a giudizio di Amoruso, è comunque irreversibilmente intrapreso, sebbene non tutto possa considerarsi risolto e nessun risultato possa dirsi garantito nel futuro per il solo fatto di essere stato raggiunto in passato. La situazione attuale, insomma, non consente di ritenere superato lo stato di fragilità che ha caratterizzato gli enti lirici sin dalla trasformazione in fondazioni di diritto privato e che ha portato il Governo e il Parlamento a intervenire con la «legge Bray» nel 2013. Tuttavia, osserva Amoruso, la valutazione dei dati gestionali delle fondazioni autorizza, oggi, a ritenere possibile un'evoluzione normativa finalizzata a superare la fase di risanamento e ad avanzare verso un'azione di rilancio. Da questo punto di vista, l'intervento disposto con la legge di bilancio per il 2022 (articolo 1, commi 359-363, della legge 30 dicembre 2021 n. 234) può essere un segnale dell'inizio di questa stagione di rilancio per il settore: i commi citati, infatti, conferiscono alle FLS i necessari mezzi finanziari che non furono conferiti loro in sede di trasformazione da ente autonomo a fondazione di diritto privato: un vizio d'origine che, unitamente a dotazioni organiche sovradimensionate, ha determinato – secondo Amoruso – fragilità finanziaria e ha Pag. 17prodotto disavanzi di esercizio strutturali che hanno imposto poi l'intervento della «legge Bray».
  Secondo Sole, il deficit patrimoniale costituisce il problema fondamentale della struttura economico-patrimoniale degli enti lirici. Anche Parente ha evidenziato che la carente patrimonializzazione dei teatri rappresenta effettivamente una criticità: nel bilancio d'esercizio 2020 presentavano un patrimonio netto disponibile positivo (tenuto cioè conto della circostanza che il valore d'uso illimitato del teatro rappresenta il patrimonio indisponibile) solo sette fondazioni (Bologna, Milano, Palermo, Venezia, Roma Santa Cecilia, Cagliari e Bari), mentre presentavano un patrimonio netto disponibile in negativo, per circa 122 milioni di euro, le restanti sette fondazioni (Firenze, Genova, Napoli, Roma Teatro dell'Opera, Torino, Trieste e Verona).

5. Il biennio pandemico

  Come accennato, per le FLS sono stati decisivi gli interventi statali messi in atto nel corso del primo biennio pandemico, quando le chiusure dei luoghi dello spettacolo hanno provocato il crollo dei ricavi da botteghino e hanno imposto costi nuovi per i protocolli sanitari (ad esempio, hanno ricordato Giambrone e altri, i tamponi per i dipendenti, le sanificazioni delle sale, i separatori in plexiglas, e così via).
  Lo Stato, ha riassunto Parente, è intervenuto con misure speciali per sostenere il settore e per garantire l'occupazione: in primo luogo c'è stato il superamento del criterio «competitivo» nel riparto del FUS, per cui il contributo FUS 2020 e 2021 è stato assegnato sulla base della media delle percentuali FUS conseguite da ciascuna fondazione nel triennio antecedente lo scoppio della pandemia; in secondo luogo è stata data alle FLS (ma in generale a tutti gli organismi dello spettacolo dal vivo finanziati dal FUS) la possibilità di accedere al Fondo di integrazione salariale (FIS) e di integrare le misure di sostegno al reddito con risorse provenienti dal FUS (sia nel 2020 sia nel 2021).
  Un ulteriore intervento è stato disposto dal Ministro della cultura con il decreto ministeriale 12 gennaio 2021, che ha destinato alle FLS 20 milioni di euro a parziale ristoro delle perdite degli introiti da biglietteria registrate nel 2020: rispetto al 2019, il 2020 ha visto un calo dei ricavi delle biglietterie di oltre 100 milioni di euro. Anche nel 2020 e nel 2021, poi, ha detto Parente, è continuata l'assegnazione dei fondi specifici del «Fondo salva debiti».
  I ristori e i sostegni pubblici del biennio 2020-21 sono stati un segnale importante di attenzione del Governo alle FLS, anche se, a giudizio dell'ANFOLS, sono stati parziali rispetto alla perdita, che, per le 12 FLS aderenti ad ANFOLS, è stata calcolata in più di 60 milioni di euro nel 2020 (e per tutte le 14 FLS, in circa 100 milioni di euro), dove i ristori per le 14 FLS sono stati, invece, di 20 milioni. Peraltro – ha detto l'ANFOLS – la pandemia ha rivelato la potente capacità di risposta alla crisi (anche) dei teatri lirici italiani, che hanno reagito insieme, in una logica di sistema, innanzitutto attivando canali digitali di trasmissione degli spettacoli, per non perdere il rapporto con il pubblico; poi, mantenendo in attività le masse artistiche, i cori, le orchestre, i corpi di ballo, per conservare gli standard di qualità di questi complessi; infine, riprendendo appena possibile le attività in presenza quando i teatri sono stati riaperti al pubblico. E tutto questo – ha sottolineato Giambrone – nonostante il crollo dei ricavi provocato dalla pandemia.
  È stato evidenziato, infine, il problema della (mancata o parziale) riprogrammazione delle attività cancellate per via della pandemia, con grave danno in particolare per i lavoratori autonomi. Un primo tentativo di risolvere questa criticità è stato compiuto con lo schema di decreto FUS per il triennio 2022-2024, che impegna gli organismi finanziati dal Fondo unico per lo spettacolo a porre in essere nel nuovo triennio, ove possibile, la riprogrammazione delle attività degli anni precedenti sospese o cancellate a causa dell'emergenza sanitaria, con riguardo ai contratti annullati o cancellati e alla ricollocazione dei lavoratori coinvolti. È altresì prevista un'azione di monitoraggio e verifica in capo alla Direzione generale dello Spettacolo del MinisteroPag. 18 della cultura rispetto alla regolarità contributiva e all'adozione di misure adeguate e proporzionate di integrazione salariale, indennizzo e ristoro dei lavoratori dipendenti e non, ivi inclusi i lavoratori autonomi e i titolari di contratto a tempo determinato e gli scritturati.

6. La Governance

  Dalle audizioni sono emersi diversi spunti di riflessione sul tema della governance delle FLS.
  A giudizio del commissario Sole, l'attuale assetto di governance non consente appieno la gestione delle FLS secondo criteri di efficienza, economicità e imprenditorialità. La governance dovrebbe essere ripensata per assicurare snellezza gestionale e orientamenti imprenditoriali, considerato che le FLS sono aziende culturali a tutti gli effetti e devono quindi curare contemporaneamente sia il valore socioculturale sia quello economico. Il che – a giudizio di Sole – è possibile solo con una governance adeguata, con soci meno soggetti a condizionamenti politici e più consapevoli dell'importanza di investimenti lungimiranti.
  Sulla governance si è soffermato anche il commissario Amoruso, ricordando come altrove in Europa esista un allineamento tra il mandato del sovrintendente e la sua capacità di programmare correttamente. Il che in Italia non accade perché l'allineamento si verifica tra il consiglio d'amministrazione e il sovrintendente, ma la programmazione che il sovrintendente si trova a gestire è quella preparata, per l'appunto, dal suo predecessore. Su questo punto sono stati chiari Meyer e Lissner (significativamente sovrintendenti con rilevanti e prestigiose esperienze all'estero): si dovrebbero nominare i sovrintendenti due o tre anni prima dell'inizio del loro incarico, considerato che per un sovrintendente la pianificazione è parte di assoluta rilevanza del lavoro da svolgere; e si dovrebbe fare in modo che la piena operatività del sovrintendente sia garantita dall'inizio di una stagione e di un esercizio, in modo che sia la stessa persona a essere incaricata, per lo stesso anno, sia dei conti che del programma.
  A giudizio di Amoruso, peraltro, non esiste una regola organizzativa o di governance migliore delle altre in assoluto ed è quindi importante lasciare alle fondazioni più possibilità organizzative.
  Amoruso ha inoltre ricordato quanto anche il dibattito sul binomio direttore artistico e sovrintendente (se cioè debbano esserci due figure o una sola) sia ancora aperto. Infatti, in circa la metà delle FLS il ruolo di direttore artistico è ricoperto dal sovrintendente stesso, con il rischio, ad avviso di alcuni, di uno scarso peso della componente artistica rispetto alla gestione economico-finanziaria, nel caso in cui il sovrintendente non abbia un'esplicita formazione artistica. Anche in questo caso, secondo Amoruso, non esiste un modello necessariamente migliore dell'altro ed universalmente valido, e pertanto sarebbe importante lasciare aperte entrambe le opzioni. Secondo Lissner, invece, bisogna guardare al modello tedesco, che prevede che sovrintendente e direttore artistico siano posti allo stesso livello, collocando l'aspetto artistico sullo stesso piano di quello afferente alla gestione economico-finanziaria. Secondo Assolirica, è imprescindibile che i ruoli di sovrintendente e direttore artistico siano distinti. Sul tema del binomio, si è soffermato – tra i direttori artistici – anche Vlad, secondo cui ai vertici di un teatro lirico ci devono essere due figure distinte per ruolo e competenze, essendo queste ultime troppo specifiche e diverse per poter essere assommate in una sola figura. Secondo Vlad, pur essendo il sovrintendente il primo e ultimo responsabile, questi deve comunque nominare un suo direttore artistico di fiducia: il direttore artistico, dunque, è una figura indispensabile, non facoltativa. Anche secondo Slc CGIL, il direttore artistico, che ha una funzione e un ruolo strategico fondamentale, deve essere necessariamente una figura a sé. Secondo Meyer, comunque, bisogna preparare i sovrintendenti sotto il profilo sia economico e gestionale che artistico.
  Secondo Parente, è necessario rafforzare la governance delle FLS individuando Pag. 19in maniera chiara la responsabilità degli amministratori e dei sovrintendenti, i quali devono essere sottoposti a una puntuale valutazione del loro operato. Ed è pertanto necessario sviluppare forme di audit esterno e meccanismi di controllo della gestione delle FLS (che invece rimane, ad oggi, ancora una gestione autonoma). L'autonomia quindi, secondo Parente, è un valore protetto e va certamente valorizzata, però, a suo parere, andrebbe altresì accompagnata con un rafforzamento della vigilanza sulle FLS.
  Secondo Giambrone, d'altra parte, è essenziale anche ricostruire un patto di fiducia tra la politica, il Parlamento, il Governo e il mondo della lirica, che auspica finalmente di sentirsi non solo controllata e vigilata (soprattutto oggi che la stagione degli sprechi e dei privilegi è alle spalle e che il comparto mostra bilanci in tendenziale equilibrio) ma anche valorizzata per il contributo che può dare al Paese, non solo in termini di offerta culturale, ma anche di occupazione, di sviluppo, di inclusione sociale, di azione sui territori.
  Meyer ha parlato anche della figura del direttore generale, che alla Scala è stata soppressa: i poteri del sovrintendente delegati al direttore generale sono stati ripartiti tra i vari direttori, secondo uno schema meno centralizzato, ed è stato creato un meccanismo di vigilanza, basato però su controlli successivi.
  Dall'Ongaro ha espresso apprezzamento per il modello di governance atipico dell'Accademia nazionale di Santa Cecilia: non un presidente (il sindaco o un delegato) e un sovrintendente nominato dal Ministro, su indicazione del sindaco e del Consiglio di indirizzo, ma un presidente che è contestualmente anche sovrintendente e direttore artistico, e che è eletto tra gli accademici, italiani e stranieri, in rappresentanza delle eccellenze della scena musicale internazionale. Parimenti anomalo è il consiglio d'indirizzo, che a Santa Cecilia infatti si chiama diversamente (consiglio di amministrazione), e che è composto dai tre soci pubblici (Stato, regione e comune), da rappresentanti dei soci privati e da accademici eletti anche loro dall'assemblea degli accademici. La maggioranza dei componenti – ha sottolineato Dall'Ongaro – è formata da accademici, il che determina a Santa Cecilia un equilibrio diverso rispetto a quello di altre FLS.
  Molto esplicito il giudizio di Lissner, secondo cui la politica è troppo presente nelle FLS: quando si nominano sovrintendente o direttore artistico, si usano a volte criteri di bilanciamento secondo appartenenze politiche; fare politica attraverso le nomine, però, finisce per danneggiare il teatro. Anche Fistel CISL ha rimarcato come, con consigli di indirizzo presieduti prevalentemente dai sindaci, le elezioni politiche possono influire molto su management e governance, ma anche sulle impostazioni generali.
  A parere di Fials CISAL, poi, l'ordinamento attuale non prevede misure adeguate per scoraggiare la mala gestione dei teatri: i debiti delle FLS sono stati accumulati da chi le ha governate e da chi ne avrebbe dovuto garantire l'efficienza, compresi i revisori dei conti. Per la CGIL è indispensabile trasparenza nella scelta degli amministratori, che dovrebbero anche avere un carattere internazionale. Secondo CISL, per il reclutamento dei sovrintendenti bisognerebbe utilizzare bandi, come per gli artisti.

7. Le dotazioni organiche

  Come da più parti evidenziato, le FLS sono rimaste ferme per anni per ciò che concerne le dotazioni organiche, ma adesso sono allo studio dei Ministeri e degli organi vigilanti le loro richieste di revisione.
  Oggi, all'esito del percorso di risanamento di cui si è detto, si può parlare per molte fondazioni – ha detto Parente – di una relativa sana gestione, sebbene altre abbiano mostrato anche negli ultimi anni il persistere di alcune criticità. Una di queste attiene proprio al capitolo della dotazione organica e dei relativi costi.
  Il costo del personale – ha ricordato Parente – ha una sua intrinseca criticità, data dal fatto che il prodotto «spettacolo dal vivo» è irriproducibile, deve essere prodotto ogni volta di nuovo e gli elementi Pag. 20della produzione, a differenza di quanto accade per qualsiasi altro settore di industria, non possono affrettare i tempi di esecuzione del prodotto. Ne deriva un costo fisso, cui si deve far fronte in modo continuativo. Per tentare di stabilizzare e rendere sostenibile il costo del personale, il legislatore è intervenuto già nel 2013, con l'articolo 11, comma 19, della «legge Bray» (decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91). Di recente, l'articolo 1 del decreto-legge 28 giugno 2019, n. 59, ha di nuovo affrontato il tema delle assunzioni di personale e delle dotazioni organiche. L'obiettivo del legislatore è di contemperare due esigenze: assicurare un livello adeguato di produzione (anche sotto il profilo della qualità artistica) con costi auspicabilmente contenuti e insieme tener conto delle esigenze occupazionali nonché dei numerosi contenziosi in essere tra FLS e lavoratori volti alla stabilizzazione di personale assunto con contratti a termine, in linea con i principi normativi di derivazione europea. Tra l'altro il decreto n. 59 citato ha previsto che il Ministro per i beni e le attività culturali (oggi Ministro della cultura), di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, adottasse uno schema tipo per la formulazione delle proposte di dotazione organica delle FLS, da trasmettere ai due Ministeri: schema che è stato definito con il decreto interministeriale 4 febbraio 2021, cui sono allegate tabelle per la rilevazione standardizzata delle professionalità richieste e del relativo costo aziendale.
  Il Ministero della cultura – ha riferito Parente – ha ricevuto alla data dell'audizione (6 ottobre 2021) proposte di dotazione organica da dodici FLS (su quattordici) e ha avviato un'interlocuzione con il Ministero dell'economia e delle finanze e con il Commissario straordinario di Governo chiedendo ai teatri di prospettare la situazione del contenzioso in essere: informazione necessaria, ha detto Parente, in quanto sono numerose le sopracitate vertenze tese alla stabilizzazione di rapporti di lavoro precario, instaurati con contratti a termine, non sempre assistiti da una perfetta stipulazione.
  Giambrone, per l'ANFOLS, ha rimarcato lo sforzo fatto dalle FLS in questi anni, in accordo con le rappresentanze sindacali, per ridurre la dotazione organica del personale tecnico e amministrativo e per razionalizzare il personale artistico, con l'obiettivo del contenimento dei costi. Ma la riduzione del personale stabile – il ridimensionamento di orchestre e cori e la scomparsa dei corpi di ballo – ha finito per danneggiare l'attività artistica, perché – ha commentato la CGIL – la stabilità del personale, innanzitutto degli artisti, garantisce una qualità superiore delle produzioni. Anche per la UIL la stabilità occupazionale nelle FLS è fondamentale per mantenere il modello e garantire standard di eccellenza; il fatto che non si bandiscano concorsi determina un rischio esiziale di perdita di competenze.
  Gli organici occorrenti dipendono anche dalle opere programmate: non per ogni produzione serve la stessa dotazione organica. Assolirica, che ha trasmesso alla Commissione un contributo scritto, ha rimarcato come la riduzione delle posizioni di lavoro stabili nei corpi artistici ma anche tecnici delle FLS incida fortemente sulla loro libertà di variare il repertorio e quindi sull'attrattività dell'offerta. Infatti, ha rimarcato Assolirica, con organici ridotti – la media di molte FLS è un'orchestra di 60 elementi, un coro di 45, nessun corpo di ballo e un numero di macchinisti e tecnici molto ridotto – gran parte del repertorio astrattamente possibile diventa irrealizzabile: si deve escludere il Grand'Opera, che necessita di orchestra e coro corposi, un corpo di ballo e vari cambi scena; si deve escludere la grande produzione di opere russe tardo-ottocentesche e slave, le opere wagneriane e di scuola tardo-wagneriana tedesca e francese; si deve escludere la produzione post-veristica italiana e le grandi opere moderne della prima metà del Novecento (Schönberg, Berg, Debussy, Britten, Hindemit, Janacek, Henze, etc.). Il che però significa, a conti fatti, ridurre il repertorio al Mozart della trilogia italiana, ad alcune delle opere buffe di Rossini e Donizetti e ad una parte – solo una parte – della produzione verdiana o pucciniana (perché opere Pag. 21come Aida o Falstaff, Don Carlo o I Vespri Siciliani, La fanciulla del West o Turandot, non possono essere eseguite con i soli organici di cui mediamente dispongono le FLS, senza apporti di elementi esterni). Su questo argomento, il sovrintendente del Teatro Petruzzelli Biscardi ha segnalato la difficoltà, soprattutto per le FLS con una pianta organica più snella, di rispettare il limite di contratti a tempo determinato attualmente stabilito dalla legge nella percentuale del 20 per cento della dotazione organica per ciascuna produzione, senza che ciò determini forti ripercussioni e limitazioni anche sul tipo di repertorio da mettere in scena. Nel caso del Petruzzelli, la cui dotazione organica attuale è di appena 190 elementi, questo limite impedisce programmazioni che richiedano un numero di aggiunti maggiore di 38 (che è il 20 per cento di 190): per esempio, non consente la messa in scena di Aida o di Turandot o della Seconda Sinfonia di Mahler (per Aida, 38 elementi aggiunti servono, ha spiegato Biscardi, quasi solo per il coro). In altre parole, il limite del 20 per cento, che è adeguato per teatri con piante organiche di 400 o più unità, è molto basso per teatri con piante organiche ridotte. Il problema – ha osservato Biscardi – si risolverebbe se il limite del 20 per cento fosse riferito alla media annuale, e non a ogni singola produzione.
  La riduzione degli organici, in generale, ha imposto, per conseguenza, il ricorso a lavoratori esterni con forme di contratto a tempo determinato, il che però ha dato luogo, come accennato, a un aumento di contenziosi tendenti alla trasformazione dei rapporti di lavoro in lavoro stabile. Ogni teatro, ha detto Lissner, ha lavoratori che intentano cause (ballerini, cantanti, musicisti) e che, dopo averle vinte, rientrano nei ranghi del personale stabile del teatro. Secondo la UIL, negli organici dei teatri esiste una quota non irrilevante di lavoratori che hanno avuto per anni contratti a tempo determinato sempre prolungati (anche da 15 o 20 anni).
  Le FLS hanno vissuto il passaggio delle riduzioni di organico in modo più o meno traumatico a seconda dei casi. Nell'Accademia nazionale di Santa Cecilia, ha raccontato il sovrintendente Dall'Ongaro, è bastato attendere i pensionamenti e bandire concorsi per i soli ruoli in organico, che è un organico giudicato confacente alle esigenze della FLS, salvo nei casi eccezionali ricorrere a co-produzioni o ad assunzioni di aggiunti a tempo determinato: ciò ha comportato per l'Accademia un notevole risparmio sulle spese del personale e una razionalizzazione artistica, in accordo con i sindacati. Al Teatro Carlo Felice di Genova – ha raccontato invece il sovrintendente Orazi – c'era un numero molto consistente di contenziosi, sono stati stabilizzati oltre trenta dipendenti (orchestra, coro, tecnici) e l'obiettivo è arrivare all'esaurimento dei contenziosi stessi. Al Teatro lirico di Cagliari, ha riferito il sovrintendente Colabianchi, c'erano molti contenziosi per la conversione dei contratti a tempo determinato: sono stati assunti a tempo indeterminato 61 dipendenti, dei quali 54 a seguito di sentenze del tribunale, e gli altri di conciliazione con la fondazione. A Bologna, ha raccontato il sovrintendente Macciardi, si è fatto ricorso a una procedura di mobilità: una delle possibilità previste dai piani di risanamento. Con l'aiuto e l'appoggio del Ministero, la FLS ha aperto una commessa di Ales, ricollocando in questa società gli esuberi, una trentina di persone su una pianta organica di 260 (più del 10 per cento). Coloro che hanno accettato di cessare il loro rapporto con il teatro sono stati ricollocati. Il numero del personale a tempo indeterminato è stato diminuito e i lavoratori sono stati ricollocati altrove, con contratti di lavoro a tempo indeterminato, attraverso una procedura di esodo a base volontaria.
  Sul costo del lavoro, il sovrintendente Lissner ha osservato che se è vero che le regole sulle spese di personale devono essere chiare – perché c'è il rischio di costi insostenibili, e spese molto alte in termini di personale hanno penalizzato l'equilibrio di gestione di molti teatri, – servirebbe altresì prevedere regole meno rigide: in luogo di regole sul numero dei lavoratori, servirebbe un vincolo sul costo generale per il personale, per fare in modo che il Pag. 22teatro abbia un obbligo di risultato legato al costo complessivo, non ai numeri di dipendenti. L'attuale sistema, a suo dire, non consente al teatro una gestione efficace.

8. Il regime di lavoro dei dipendenti e degli autonomi

  Altro tema emerso, in collegamento con le dotazioni organiche, è quello del regime di lavoro dei dipendenti delle FLS che sono inquadrati secondo un contratto collettivo nazionale di lavoro scaduto da venti anni, cui talora si affiancano contratti integrativi. Il comparto non riceve adeguamenti contrattuali da circa venti anni, ha ricordato Giambrone. A suo avviso, questo è uno degli argomenti da affrontare in via prioritaria. Prima di rinnovare i contratti integrativi, secondo l'ANFOLS, occorre rinnovare il contratto collettivo nazionale, prevedendo i necessari adeguamenti a livello nazionale. Peraltro, per le FLS che hanno attivato il percorso della legge Bray – ha osservato Giambrone – il rinnovo dei contratti integrativi è impedito dai vincoli di legge.
  I sindacati hanno tutti sottolineato con forza la necessità di adeguare il CCNL del settore, bloccato da due decenni. Secondo la CGIL, in particolare, i contenuti dei contratti integrativi dovrebbero essere assorbiti nel CCNL e si dovrebbe lasciare alla contrattazione integrativa solo l'incremento della produttività.
  Tra i sindacati, la Fials CISAL ha lamentato che il contenimento dei costi imposto dal Governo nei termini stabiliti dalla legge Bray e la logica dei piani di risanamento, hanno finito per gravare soprattutto sui lavoratori, comprimendo i salari (nel settore, hanno detto, c'è il più basso costo del lavoro in Europa), e senza per di più portare ai risultati voluti. Infatti i bilanci sono stati portati in pareggio, ma l'enorme debito accumulato è stato intaccato solo in modo marginale. Inoltre, ha denunciato il sindacato, la riduzione del costo del lavoro, attuata con abbassamenti di stipendi dei dipendenti, licenziamenti di personale, azzeramento quasi completo dei corpi di ballo ed esternalizzazione di interi servizi, è stata in molti casi annullata dall'enorme ricorso a costose consulenze esterne ai teatri e dal lievitare dei costi delle governance, dove i vertici hanno spesso optato per l'inquadramento nei ruoli, più convenienti, dei dirigenti d'azienda. In sostanza, gli organici – che per la legge devono essere compatibili con il bilancio – sono costituiti per la grande maggioranza da persone che non hanno avuto rinnovi contrattuali per venti anni, e anzi hanno visto il loro stipendio ridotto, contrariamente a quanto avvenuto per i dirigenti.
  Sul tema del rapporto di lavoro, il sovrintendente Dall'Ongaro ha riferito di un'innovazione realizzata all'Accademia nazionale di Santa Cecilia (che ad ogni modo, ha detto, è un caso a sé nel panorama delle FLS): il contratto «Santa Cecilia» si basa non su un orario di lavoro, per quanto riguarda l'orchestra, ma su un numero di servizi (prove e concerti) da svolgere obbligatoriamente durante l'anno. Con un tradizionale orario di lavoro rigido – ha spiegato Dall'Ongaro – la Fondazione sarebbe costretta a pagare sempre un certo numero di ore di lavoro, anche nelle settimane in cui ne basterebbero meno, ma poi dovrebbe pagare gli straordinari nelle settimane in cui servono più ore di lavoro. Con la logica del numero di servizi invece – che è condivisa dalla maggior parte dei grandi complessi europei – c'è maggiore elasticità; si possono avere più o meno servizi a seconda dei bisogni di produzione. Ne deriva una grande flessibilità di cui godono l'istituzione e il lavoratore. Inoltre, siccome l'orario di servizio è calcolato su base annuale, tutti hanno la possibilità di pianificare il futuro in maniera chiara e produttiva.
  Secondo la CGIL, il contratto collettivo non è stato applicato anche perché l'incerta e ibrida forma giuridica delle FLS rende farraginoso ottenerne il riconoscimento. D'altra parte è necessario che il contratto collettivo nazionale torni ad avere la funzione indispensabile di agente salariale: arrivare, come già detto, a un contratto collettivo nazionale che qualifichi il settore è di grandissima utilità, salvo poi lasciare Pag. 23alla contrattazione integrativa il suo ruolo. Per la UIL rinnovare il contratto nazionale è essenziale anche per recuperare gli spazi economici.
  Sul tema del lavoro autonomo si è particolarmente soffermato il documento di Assolirica evidenziando quanto le figure professionali impiegate nel mondo della lirica siano variegate e dipingano un settore molto eterogeneo dal punto di vista delle categorie professionali che vi lavorano. Queste figure non sono dipendenti dei teatri o di altri enti produttivi di spettacoli di opera lirica ma lavorano su scrittura e vengono pagati previa presentazione di fattura. Assolirica, nel denunciare l'assenza di un contratto nazionale di lavoro redatto per queste categorie specifiche della lirica e il fatto che le attuali scritture private, in alcuni casi, contemplano norme risalenti agli anni 30 del secolo scorso, ha auspicato un inquadramento giuridico definitivo per i professionisti del settore che superi l'attuale formula ibrida a metà strada fra lavoro autonomo a partita Iva e lavoro di tipo subordinato soggetto ai ritmi e ai tempi propri delle produzioni teatrali.
  Nell'ambito delle considerazioni sul lavoro autonomo, sempre Assolirica ha evidenziato la necessità di riconoscere le Agenzie di rappresentanza e regolamentarne requisiti e responsabilità, anche alla luce di recenti vicende giudiziarie. La categoria dei rappresentanti di artisti di concerti e di spettacoli vive in una condizione di sostanziale illegittimità, pur continuando ad operare in forza di una circolare ministeriale che consente ad agenti e rappresentanti di lavorare in via provvisoria.

9. I corpi di ballo

  Delle 14 FLS esistenti, solo quattro oggi prevedono ancora un corpo di ballo nella dotazione organica: la Scala di Milano, l'Opera di Roma, il San Carlo di Napoli e il Massimo di Palermo.
  Secondo il commissario Amoruso – che più chiaramente si è pronunciato sul tema – i corpi di ballo sono stati espunti dalle piante organiche delle FLS perché il loro costo non era sostenibile: un corpo di ballo di 60 ballerini – ha detto Amoruso – costa 3 milioni di euro l'anno, oltre alle sale a disposizione e il personale ausiliario per mantenere le strutture. Il sistema, però, non può reggere più corpi di ballo di quanti ne esistano ora. A parere del commissario Amoruso, una possibile soluzione è che i quattro corpi di ballo esistenti siano condivisi e impiegati da tutte le quattordici FLS, anche perché l'attività del corpo di ballo di una FLS si esaurisce in determinati periodi dell'anno. Anche secondo Parente, si potrebbe immaginare l'utilizzo di corpi di ballo di alcune FLS anche da parte di altre fondazioni.
  La spiegazione secondo cui lo smantellamento dei corpi di ballo è stato causato dai costi eccessivi e da problemi di sostenibilità ha trovato di avviso contrario tutte le voci del mondo della danza audite dalla Commissione.
  Per Eleonora Abbagnato, non si tratta di un problema di costo. Dieci corpi di ballo completi di 60 elementi (ballerini, direttori, maestro, assistenti, collaboratori) costerebbero – secondo le sue stime – 20 milioni di euro l'anno, la metà circa dei quali tornerebbe allo Stato in contributi e tasse. Basterebbero, quindi, 10 milioni di euro per far rinascere i corpi di ballo e tutto il vasto indotto che comprende 15 mila scuole di danza, laboratori di scenografia, sartorie, industrie di abbigliamento tecnico specializzato, maestri, coreografi, pianisti. Lo scioglimento dei corpi di ballo delle FLS sarebbe invece – secondo Abbagnato – una conseguenza della trasformazione degli enti lirici in fondazioni, che ha comportato da un lato l'ingresso degli investitori privati negli organi decisionali, e dall'altro una riduzione del contributo finanziario pubblico. Lo scioglimento dei corpi di ballo ha provocato, però, un danno al Paese: un danno innanzitutto sociale, per i tanti giovani che sognano di diventare ballerini e che senza i corpi di ballo perdono spinte motivazionali o sono costretti a espatriare; e poi un danno per le FLS, e indirettamente, quindi, per il Paese, perché le FLS che non hanno corpi di ballo propri sono costrette ad acquistare gli spettacoli coreutici da compagnie di balletto estero, e quindi Pag. 24di fatto utilizzano soldi dei contribuenti italiani per retribuire corpi di ballo stranieri (russi, francesi, tedeschi, americani, inglesi). A parte questo, c'è da considerare – ha osservato Abbagnato – quanto sia impensabile che musica e opera lirica siano ritenute arti meritevoli di essere sovvenzionate e il balletto, invece, un'arte secondaria e sacrificabile.
  Danza Error System (DES) ha fatto presente che nelle quattordici FLS esistono quattordici orchestre e quattordici cori ma soltanto quattro corpi di ballo ufficiali. Ciò a dispetto del fatto che tutte le fondazioni – con l'eccezione dell'Accademia nazionale Santa Cecilia – producono sia balletto sia opera con balletto. Tolta l'Arena di Verona, per la quale – secondo Danza Error System – deve essere fatto un discorso a parte, nelle FLS senza corpo di ballo (Bari, Bologna, Cagliari, Firenze, Genova, Torino, Trieste e Venezia), l'attività per i titoli di balletto è esternalizzata ad agenzie o compagnie private, mentre per le opere con balletto ci si affida a danzatrici e danzatori assunti con modalità e tipologie difformi da quelle previste dal Contratto collettivo nazionale di lavoro, se non addirittura inquadrati come mimi anziché come ballerini. Dal 2016 a oggi – ha calcolato Danza Error System – sono almeno 289 le produzioni esternalizzate nelle FLS anzidette: tra 1.000 e 1.500 spettacoli esternalizzati per l'aspetto danza. Una prima conseguenza è che la maggior parte dei danzatori italiani, dopo essersi formati in anni di studi e sacrifici, è costretta a lasciare il proprio Paese. Secondo dati di giugno-luglio 2021, si trovano danzatori italiani in ben 26 Paesi europei e in almeno 111 compagnie di balletto europee.
  Un discorso a parte – secondo Danza Error System, come accennato – va svolto per l'Arena di Verona, che ha sciolto il corpo di ballo stabile nel 2017, ma dopo di allora – per la maggior parte delle almeno 44 produzioni con coreografie realizzate – ha impiegato alcuni dei danzatori licenziati, assumendoli con contratti a tempo determinato, oltre a danzatori già precari. In sostanza, l'Arena di Verona ha di fatto un proprio corpo di ballo, ma precario: per questo i corpi di ballo sarebbero, secondo DES, «quattro più uno». In termini analoghi si è espresso, sull'Arena di Verona, anche Bolle.
  Da questi dati, conclude DES, emerge che, nonostante le FLS abbiano bisogno dei corpi di ballo, i danzatori sono stati sospinti nel precariato, talché «essere una danzatrice o un danzatore in Italia significa essere un fantasma». Anche per DES non è d'altra parte accettabile che si dica che i corpi di ballo non sono sostenibili: sarebbe come dire che lo Stato può finanziare la musica e la lirica, ma non la danza. Va anche considerato che le FLS – che negli anni hanno continuato a ricevere milioni di euro di finanziamenti pubblici – hanno risparmiato sui corpi di ballo, ma hanno poi accantonato milioni di euro sui fondi-rischi e pagato a studi legali privati migliaia di euro per gestire i contenziosi, laddove avrebbero potuto, secondo DES, avvalersi dell'Avvocatura dello Stato. È necessario, invece, riconoscere alla danza la stessa dignità di arte e di patrimonio culturale che si riconosce all'opera lirica: ai fini del riparto FUS il punteggio del balletto deve essere equiparato a quello dell'opera lirica; occorre poi cambiare il nome delle FLS in «fondazioni lirico-sinfoniche e coreutiche», affinché la danza sia riconosciuta come parte integrante della loro identità; ed è necessario, ovviamente stanziare risorse per la ricostituzione dei corpi di ballo.
  Rispetto alla proposta del commissario Amoruso che i corpi di ballo siano condivisi tra più FLS, DES si è espresso negativamente, reputandola non realizzabile: lasciando da parte il fatto che anche questa soluzione sarebbe discriminatoria nei confronti dei danzatori (ogni FLS ha il suo sovrintendente e il suo settore artistico, amministrativo o tecnico; non si vede perché solo il corpo di ballo potrebbe essere condiviso), c'è anche la difficoltà, se non l'impossibilità, per i quattro corpi di ballo di preparare e gestire la programmazione di quattordici stagioni in teatri diversi.
  Sulla linea di Abbagnato e di DES, si posiziona anche Bolle, il quale ha rimarcato che la situazione della danza in Italia Pag. 25è sempre più difficile: i corpi di ballo sono stati sciolti e non è prevista quasi alcuna protezione per la categoria dei ballerini, che devono quindi lasciare l'Italia per poter svolgere serenamente e dignitosamente la propria professione. In Italia, ha detto Bolle, a dispetto del fatto che il balletto come genere artistico diffuso nel mondo intero è nato grazie a italiani, la danza è trattata come «la Cenerentola delle arti», mentre a opera lirica e musica sinfonica è riservata la quasi esclusiva totalità delle premure e delle cure delle FLS. La causa di questa situazione non è, anche per Bolle, l'insostenibilità finanziaria del balletto: l'organico di un corpo di ballo non è aprioristicamente meno sostenibile di quello dell'opera. La causa, per Bolle, sta piuttosto nel fatto che chi è responsabile delle decisioni, ad ogni livello, spesso non conosce adeguatamente la danza e il suo valore artistico: molti amano l'opera e la musica, ma pochi conoscono e apprezzano la danza. Il balletto, quindi, sarebbe semplicemente vittima della mancanza di conoscenza approfondita dell'arte coreutica. Il taglio del costo dei corpi di ballo – ha detto Bolle – è sempre stata la soluzione più facile per contenere i costi delle FLS, ma si è trattato di un errore, considerata la rilevanza non solo artistica, ma anche sociale ed economica della danza: rilevanza sociale, perché in Italia sono circa 17 mila le scuole di danza e circa 1.400.000 gli allievi (ragazzi e ragazze che spesso sognano di essere ballerini di professione e che per trovare sbocco devono poi recarsi all'estero); e rilevanza economica perché la danza ha un indotto importante: maestranze, pianisti, costumisti, sarti, scenografi, scuole di ballo, eccetera. L'arte e la cultura – ha ricordato Bolle – non sono importanti solo perché costitutive dell'identità culturale del Paese, ma anche perché, se ben gestite, possono essere una grande risorsa economica per tutti i territori coinvolti.
  Per quanto riguarda i quattro corpi di ballo esistenti, Bolle ha rimarcato che nel 2019, ultimo anno prima dello scoppio della pandemia, al Teatro dell'Opera di Roma i titoli di balletto hanno coperto il 38 per cento della programmazione; al San Carlo di Napoli, il 29 per cento; al Teatro Massimo di Palermo, il 18 per cento. A fronte di questo, i danzatori assunti con contratti precari sono stati il 67 per cento a Roma, il 63 per cento a Napoli e l'85 per cento a Palermo. Al Teatro dell'Opera di Roma, anche per effetto delle vertenze intentate dai lavoratori assunti con contratti a termine prorogati, l'organico stabile conta oggi una sessantina di elementi; a Napoli, quindici elementi; a Palermo, poco più di dieci elementi, di cui cinque a tempo pieno e cinque a tempo parziale. In altre parole, ha commentato Bolle, quelli di Napoli e Palermo sono «corpi di ballo in fin di vita».
  Quanto alle possibili soluzioni normative per valorizzare il balletto, per Bolle si dovrebbe innanzitutto far leva sui punteggi attribuiti ai fini del riparto della quota del FUS per le FLS: il punteggio del balletto, che al momento è inferiore, dovrebbe essere equiparato a quello dell'opera lirica, dato che la disparità di punteggio disincentiva le FLS dal mettere in scena i balletti (su questo si è soffermato anche Vlad). Inoltre, bisognerebbe distinguere, in termini di punteggio, tra le attività realizzate con un corpo di ballo esterno (che dovrebbero avere un punteggio minore) e quelle realizzate con un corpo di ballo interno alla FLS (che dovrebbero avere un punteggio maggiore); questo, a suo dire, incentiverebbe l'investimento delle FLS nei corpi di ballo. Ancora, sarebbe importante che le FLS fossero rinominate in «Fondazioni lirico-sinfoniche-coreutiche», a significare la centralità e la pari rilevanza da assegnare a tutti e tre gli ambiti artistici. Si dovrebbe inoltre stanziare un fondo per la ricostruzione di corpi di ballo stabili. Quanto all'obiettivo cui tendere, il modello ideale – secondo Bolle – sarebbe avere in Italia alcuni corpi di ballo con un organico importante, che possano mettere in scena grandi produzioni, accanto a corpi di ballo più ristretti (non è infatti immaginabile che tutte le FLS abbiano corpi di ballo numerosi). Inoltre, avere corpi di ballo in tutte le FLS sarebbe di certo una situazione ideale, ma, a suo giudizio, si tratta di un obiettivo difficilmente realizzabile. Nell'immediato si potrebbe, secondo Bolle, puntare ad avere Pag. 26più FLS con corpi di ballo propri (ricostituendoli innanzitutto a Verona e Firenze) e incentivare la circolazione di questi corpi di ballo nel territorio, negli altri enti lirici.

10. La trasformazione: innovazione tecnologica e nuovo pubblico

  Più voci hanno sottolineato come le FLS si stiano trasformando per innovarsi e portare l'opera lirica nel mondo contemporaneo e come stiano affrontando la sfida di dover trovare un bilanciamento tra tradizione e innovazione. Le chiusure dei teatri (e in generale dei luoghi della cultura e dello spettacolo dal vivo) imposte dalla pandemia scoppiata nel 2020 hanno accelerato questo processo di trasformazione, che era però già iniziato da tempo.
  ANFOLS ha evidenziato come le FLS, negli ultimi anni, abbiano posto in essere significativi sforzi per innovarsi e per potenziare la diffusione della cultura operistica nei diversi contesti sociali. In primo luogo, proprio a partire dall'impiego delle nuove tecnologie e dall'elaborazione di offerte culturali innovative, c'è stato un diffuso e costante lavoro finalizzato a determinare un sensibile ampliamento del numero di spettatori e ad intercettare nuove fasce di pubblico (giovani, studenti, famiglie, cittadini meno abbienti). Nel contempo, c'è stato uno sforzo per diversificare gli spettacoli e ampliare i titoli. In generale, le FLS hanno mostrato maggiore consapevolezza della loro missione pubblica, adoperandosi nel far uscire l'opera lirica dalla dimensione elitaria che per tanti anni l'aveva caratterizzata nel nostro Paese. La crisi pandemica ha spinto le FLS ad implementare il ricorso al canale della trasmissione digitale via web per la diffusione degli spettacoli e quindi ad imprimere una forte accelerazione sull'ammodernamento tecnologico.
  A giudizio di ANFOLS, si deve insistere su questa strada: sono quindi indispensabili investimenti per l'infrastrutturazione digitale dei teatri. La tecnologia può fornire un concreto supporto in diversi ambiti, così come già sperimentato in alcuni Teatri: si possono dotare tutti i posti di monitor o tablet su cui far scorrere informazioni e i testi delle opere con i libretti tradotti nelle varie lingue del pubblico; si possono utilizzare spartiti e partiture digitalizzate; si può intervenire sulla messinscena con elementi innovativi; si può impiegare l'elettronica sul palcoscenico e ovviamente si possono trasmettere gli spettacoli via web. ANFOLS ha evidenziato che la trasmissione in streaming di spettacoli di arti performative è cresciuta in termini di volume e varietà negli ultimi due anni, in concomitanza con gli eventi pandemici, e che è necessario oggi guardare alle tecnologie digitali quale nuovo strumento di sostegno allo spettacolo dal vivo utile sia all'incremento del pubblico che ad una maggiore circuitazione(4) delle produzioni; in questo senso, è utile ribadire che il grande sforzo di conversione al digitale, allo streaming, alle piattaforme, non ha mai inteso volersi sostituire allo spettacolo dal vivo, quanto piuttosto si è configurato come un suo alleato prezioso. Inoltre, studi recenti sull'argomento hanno mostrato che la diffusione dello spettacolo in streaming non rappresenta un disincentivo alla frequentazione dei teatri e degli spazi fisici dello spettacolo ma potrebbe addirittura preludere a nuove forme di fidelizzazione del pubblico: chi fruisce di contenuti in streaming, infatti, inizia o riprende ad assistere agli spettacoli dal vivo non di rado con una frequenza maggiore rispetto ad uno spettatore ordinario; senza contare che lo streaming, come abbiamo accennato, raggiunge più facilmente nuovi segmenti di pubblico: un pubblico più giovane e variegato rispetto a quello dei fruitori abituali; o un pubblico meno abbiente, che nello spettacolo in streaming trova possibilità di maggior risparmio economico in ragione non solo dei costi dei biglietti più contenuti ma anche del risparmio sui costi di spostamentoPag. 27 (va tenuto presente, inoltre, che spesso il pubblico che fruisce di spettacoli trasmessi in streaming si trova in luoghi periferici che non garantiscono ampie offerte di spettacolo dal vivo).
  Sulla trasmissione delle opere liriche, dei concerti e dei balletti via streaming sono emerse posizioni articolate e diversificate: se alcuni ne hanno parlato più favorevolmente (per Betta, questa modalità, che ha rappresentato per le attività teatrali un'àncora di salvezza e non solo un ripiego, non si traduce in una cancellazione delle prerogative, del valore e del senso dell'opera d'arte performativa; per Schwarz bisognerebbe continuare a realizzare almeno un'opera all'anno in video per continuare a sperimentare ed esplorare), altri ne hanno messo in evidenza anche talune criticità. Vlad ha sottolineato quanto il teatro d'opera sia un prodotto che deve per forza di cose essere sempre ricreato sul palcoscenico, sebbene sia compito di chi la ricrea renderla viva e fruibile, senza rinunciare ad un rinnovamento costante e necessario per la sua stessa sopravvivenza; tuttavia, non è sufficiente limitarsi a riprendere in video un'opera e trasmetterla sic et simpliciter, ma è necessario anche elaborare ed utilizzare un linguaggio nuovo, una tipologia di regia adatto a queste nuove modalità di trasmissione e fruizione. Anche per Schwarz non bisogna dimenticare che l'opera è vera, reale e viva soprattutto a teatro, senza però che ciò impedisca la realizzazione di produzioni da trasmettere anche in streaming o in televisione. Le riprese per le video-trasmissioni, però, richiedono una regia specifica e professionalità specializzate (che implicano ulteriori costi aggiuntivi per i teatri), ragion per cui queste attività dovrebbero poter essere valutate ai fini della rendicontazione FUS.
  Sulla necessità di intercettare nuovi segmenti di pubblico, per implementare quello tradizionale, hanno insistito molte delle voci audite, a cominciare da quelle dei sovrintendenti, per i quali, inoltre, all'aumento di pubblico corrisponde anche un non trascurabile aumento delle entrate proprie del teatro. Attrarre nuovo pubblico, è stato detto, è importante anche in considerazione dell'età media degli spettatori attuali, che in Italia rimane molto elevata rispetto ad altri Paesi (Colabianchi). Per questo è indispensabile realizzare attività e produzioni che sollecitino temi e riflessioni capaci di parlare anche ai giovani e alla società contemporanea, scongiurando in questo modo quella «musealizzazione» dell'opera che non favorisce la sua percezione come qualcosa di vivo e attuale (Lissner). La scuola e la televisione potrebbero fare di più in questo senso: in numerosi altri Paesi europei (i Paesi di lingua tedesca e francese e quelli dell'Europa dell'est), a titolo di esempio, il pubblico è più giovane anche perché è raggiunto, incuriosito e sollecitato attraverso la televisione generalista (la Germania si distingue in questo per la trasmissione di concerti sinfonici nella TV dei ragazzi). Del resto, lo spettacolo operistico – che ha oltre 400 anni di storia alle spalle ed è stato a lungo capace di coinvolgere e di parlare a donne e uomini, ragazze e ragazzi di epoche assai diverse fra loro – è necessario sia percepito come arte viva e vivace, che tutti possono apprezzare e fruire e di cui tutti possono beneficiare (Colabianchi).
  La questione di come (e se) attualizzare l'opera lirica, anche per avvicinarla a quanti non conoscono o conoscono superficialmente questa forma d'arte, è molto dibattuta(5). L'opera lirica – ha osservato Vlad – è un prodotto della creatività umana concepito nel passato, che va ogni volta ricreato in epoche e contesti differenti. Sul modo migliore di farlo, non possono esserci certezze teoriche; è un compito arduo, pieno di incognite, anche se c'è almeno una certezza: che in Italia c'è una tradizione, perché gli italiani non solo hanno inventato l'opera, ma hanno anche costruito il modo per realizzarla, attraverso la definizione di professioni e mestieri specifici (Vlad). Anche convincere i giovani fra i 20 e 30 anni ad avvicinarsi al teatro d'opera è assai Pag. 28complicato, per diverse ragioni, alcune delle quali legate alla pressoché totale assenza nei percorsi di studio scolastici di qualsiasi riferimento alla cultura musicale e teatrale: alcuni libretti, certamente, consentono ai registi di attualizzare e di trattare temi più aderenti alla società di oggi scongiurando – ha osservato Lissner – che il teatro d'opera sia percepito come un fatto museale. L'opera, ad ogni modo, non può essere intesa o veicolata come mero divertimento o intrattenimento ma deve costantemente sollecitare il pensiero e la riflessione.
  Oltre alle nuove tecnologie, al digitale e alle politiche d'immagine, lo sforzo delle FLS per attirare nuovo pubblico fa leva sulla diversificazione dell'offerta e delle sedi e sulle politiche dei prezzi. Se la diversificazione dell'offerta incide, per esempio, sulla tipologia e sui contenuti della programmazione, la diversificazione delle sedi consiste, invece, nella realizzazione di spettacoli al di fuori degli abituali spazi teatrali (nelle piazze, nelle chiese, nei municipi, nelle sale messe a disposizione da associazioni) (Conte), il che è utile sia per raggiungere nuovo pubblico, sia per promuovere la crescita e la rigenerazione sociale delle aree culturalmente più svantaggiate e marginali del Paese e delle città.
  Quanto alla politica dei prezzi calmierati, sono state menzionate, tra le altre, iniziative come quella dei biglietti a due euro riservati a cento giovani studenti (Colabianchi) o quella dei prezzi molto bassi per gli studenti universitari (Peruzzi). Ci sono poi politiche «aggressive» con abbonamenti a prezzi speciali per gli spettatori sotto i 30 anni e per gli studenti universitari (Macciardi). Un'altra politica possibile è quella di consentire ai minorenni l'ingresso gratuito con uno sconto per l'accompagnatore (Dall'Ongaro) oppure, con l'iniziativa «Un palco in famiglia» permettere a una famiglia di comprare due biglietti a prezzo normale nel palco e far partecipare allo spettacolo anche due bambini per un prezzo ridotto (Meyer).
  La politica dei prezzi, d'altra parte, richiede prudenza, oculatezza e grande attenzione, e va coniugata con altre iniziative. È stato infatti osservato che una politica generalizzata di prezzi contenuti, se non abbinata ad altre misure, potrebbe sì attirare nuovo pubblico ma portando con sé un rischio da non sottovalutare: quello di una potenziale riduzione degli introiti derivanti da quella fascia di pubblico economicamente più agiata che sarebbe in grado di sostenere una spesa più elevata per l'acquisto dei biglietti e che invece viene indotta ad optare per la soluzione meno dispendiosa; infatti, se la sala è troppo capiente rispetto alla domanda può accadere che tutti acquistino biglietti al prezzo minore, anche coloro che accetterebbero di pagarne uno molto più alto, fidando per giunta nella verosimile eventualità che si possa occupare poltrone di maggior pregio rispetto al costo (ridimensionato) sostenuto per l'acquisto del biglietto: «si compra il biglietto meno costoso e, con un prezzo da posto in galleria, si va in platea» (Pereira). È legittimo per un teatro esercitare la leva attrattiva dei prezzi calmierati verso segmenti di pubblico che sarebbero altrimenti esclusi, però, se da un lato è assolutamente auspicabile che l'accesso alla cultura e al patrimonio operistico sia garantito al più ampio pubblico possibile, è altresì controproducente e dannoso per la gestione di un teatro lasciare che spettatori facoltosi e fortemente interessati, tra cui molti turisti stranieri, acquistino biglietti a prezzi enormemente ridimensionati rispetto a quello che sarebbero disposti a pagare (Pereira). Oppure, all'inverso, c'è il rischio di chiedere un prezzo troppo alto a fronte della domanda e delle possibilità economiche di alcune fasce sociali: la Scala – ha lamentato Meyer – aveva il 50 per cento dei biglietti in prima categoria, il che comportava dover trovare ogni sera circa 500 coppie disposte a pagare prezzi molto alti.
  La politica del calmieramento dei prezzi, comunque, non è sufficiente da sola a perseguire gli obiettivi di espansione del pubblico e di diffusione della conoscenza del patrimonio operistico. Per il ricambio generazionale del pubblico e per la conquista di nuovi spazi di cittadini interessati a seguire costantemente le produzioni teatrali, è indispensabile educare i più giovani all'opera, alla musica, al balletto. Le FLS Pag. 29sono molto impegnate in questo ambito: ad esempio Pereira ha riferito di progetti di adattamento di opere (con ridimensionamento della loro durata) per un pubblico di bambini della fascia 5-10 anni; Betta ha accennato al programma «Mozart Quest», specificamente concepito e studiato per i bambini; Dall'Ongaro ha raccontato di 1.800 bambini e ragazzi coinvolti in 5 orchestre e 12 cori giovanili; Lissner ha raccontato che i più piccoli assistono agli spettacoli dopo aver imparato a cantare durante l'anno alcuni frammenti dell'opera, in modo da partecipare attivamente alla rappresentazione come se fossero un coro.
  In questo modo negli ultimi anni le FLS hanno svolto funzioni didattiche ed educative che avrebbero dovuto invece essere in capo alle scuole (Pereira); i teatri, in questo modo, hanno tentato di sopperire alle ampie lacune del nostro sistema scolastico e di rimediare alla diffusa ignoranza del patrimonio musicale e operistico da parte delle giovani generazioni. È indispensabile, dunque, che l'educazione e la cultura musicale entrino strutturalmente in tutte le scuole di ogni ordine e grado, pubbliche e private. Infatti per suscitare interesse e attenzione verso la musica, l'opera e il balletto, e quindi favorire la consuetudine alla frequentazione dei teatri, occorre lavorare sul percorso educativo e formativo dei giovani: chi canta o suona, poi va ai concerti – ha sottolineato Dall'Ongaro. È inoltre acclarato che, sia la scarsa diffusione della pratica strumentale che l'assenza pressoché totale della dimensione storico-musicologica all'interno dei percorsi scolastici, rappresentano una fortissima limitazione per l'acquisizione di strumenti utili ed indispensabili alla comprensione e alla penetrazione del fenomeno artistico-musicale, nonché un freno per lo sviluppo di nuove potenziali fasce di pubblico.
  D'altra parte, bisogna che le iniziative delle FLS per attirare il pubblico dei più piccoli siano studiate con premura e competenza, e non lasciate all'improvvisazione. Assolirica ha rimarcato che, a fronte di una disastrosa situazione dell'educazione musicale di base nella scuola dell'obbligo, l'Italia ha sviluppato negli anni professionalità assai originali nella creazione di laboratori teatrali integrativi e inviti agli ascolti didattici: sono iniziative promosse da alcuni grandi teatri italiani anche attraverso strutture create ad hoc, composte da personale dipendente esperto in didattica musicale teatrale. Si tratta di strutture che, secondo Assolirica, andrebbero prese a modello da tutte le FLS, e di cui tutti i teatri farebbero bene a dotarsi, commissionando opere specificamente rivolte ai bambini e percorsi didattici mirati e qualificati.
  Sull'importanza dell'educare i più giovani alla musica e al teatro musicale si sono diffusi con puntuale attenzione Bianconi e La Face, i quali giudicano vitale diffondere tra i giovani la conoscenza, la comprensione, l'interesse – in breve, l'amore – per il patrimonio operistico e musicale facendo comprendere ai giovani quanto sia loro interesse accostarsi al teatro d'opera e quali benefici ne possano ottenere. In Italia, l'interesse dei giovani esiste – hanno rilevato Bianconi e La Face – ma è ostacolato dalla totale assenza di insegnamento di storia della musica nei licei (fatta eccezione per i licei musicali), laddove è proprio durante l'adolescenza, fase cruciale nel processo di costituzione della personalità, che si dovrebbe intervenire. Senza la scuola, come abbiamo precedentemente accennato, la responsabilità di agire per rimediare alla diffusa ignoranza del patrimonio operistico da parte delle giovani generazioni ricade tutta sulle FLS. Il teatro d'opera, del resto, può insegnare molto ai giovani: educa al valore del lavoro collettivo svolto secondo un progetto complesso condiviso (perché l'opera è una forma di spettacolo fondata sul concorso dal vivo di tante diverse arti, specialità e competenze); introduce alla letteratura universale (perché spesso l'opera attinge a soggetti e storie della letteratura occidentale, dall'antichità ad oggi, dalla tragedia greca alla drammaturgia shakespeariana, dalla commedia del Settecento al dramma romantico o al romanzo borghese e realistico); e contribuisce a sviluppare un'educazione sentimentale (perché l'opera è una sorta di «museo storico» dei sentimenti, che mette lo spettatore davanti alle varie Pag. 30forme storiche di espressione di passioni che d'altra parte sono eterne e quindi consente allo spettatore da un lato di identificarsi nel sentimento del personaggio, dall'altro di osservarlo in maniera distaccata) (Bianconi – La Face).

11. La candidatura UNESCO dell'Opera lirica

  Merita un'attenzione a sé il tema «collaterale» – più volte sollevato anche nelle aule parlamentari nel corso di questa legislatura – della candidatura dell'opera lirica a bene immateriale nella lista UNESCO e del riconoscimento del melodramma italiano come espressione artistica di rilevanza nazionale, in relazione alla diffusione della lingua italiana. Il melodramma italiano, che nell'Ottocento raggiunge la massima diffusione internazionale, è ancora oggi capace di richiamare in tantissimi Paesi del mondo le attenzioni e l'interesse di un vastissimo pubblico; larga parte dei melodrammi italiani continua a essere regolarmente eseguita nei maggiori teatri del mondo rappresentando la parte più diffusa e nota del repertorio operistico.
  Come noto, il 17 ottobre 2003 la Conferenza generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'educazione, la scienza e la cultura (UNESCO) ha adottato la Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale.
  Il percorso a sostegno della candidatura dell'opera lirica italiana a patrimonio immateriale ai sensi della Convenzione dell'UNESCO, pur avendo avuto inizio nel lontano 2011 e avendo raccolto amplissimo consenso da parte di istituzioni culturali internazionali, celebri personalità del mondo della cultura, istituzioni di alta formazione artistica, stenta ancora ad essere finalizzato.
  Senza dubbio il coronamento della candidatura presso l'UNESCO, come sottolineato dalla quasi totalità degli auditi, aiuterebbe a rilanciare positivamente in Italia e all'estero l'immagine delle FLS, tanto più considerato che il mondo artistico internazionale ancora subisce il fascino suggestivo della lirica e del melodramma italiani e apprezza il valore della produzione artistica italiana. Già oggi, è emerso anche nell'indagine, il mondo della lirica in tutto il mondo parla italiano (Gasdia) e sono sempre di più gli studenti stranieri che vengono in Italia a studiare canto, perché l'Italia resta la patria, insieme ai Paesi di lingua tedesca, della grande cultura musicale vocata al teatro: il coronamento della candidatura UNESCO consentirebbe infine agli artisti italiani di essere anche gli «ambasciatori» privilegiati di un bene riconosciuto a livello internazionale (Macciardi).

12. Conclusioni

  Dalle audizioni svolte è emersa, in primo luogo, la necessità di operare celermente un chiarimento normativo in merito alla natura giuridica delle Fondazioni lirico-sinfoniche, anche attraverso l'emanazione di un nuovo Testo unico (l'occasione è offerta dal disegno di legge delega sullo spettacolo all'esame del Senato). Permane, infatti, a detta della totalità degli auditi, la convinzione che non sia più procrastinabile una scelta ordinamentale ben definita. Le indicazioni emerse in sede di audizione, oltre a ribadire una marcata connotazione pubblicistica di queste istituzioni, la responsabilità nei confronti della collettività, il ruolo di servizio pubblico svolto, la rilevanza nazionale delle loro funzioni e l'interesse generale perseguito, non escludono altresì la possibilità di un inquadramento normativo nel senso di una «ibridazione» che permetta di assumere elementi normativi afferenti sia al settore privato che a quello pubblico nell'ottica di una maggiore e più efficace aderenza alle necessità del sistema.
  Oltre all'esigenza generale di metter in atto tutti gli sforzi possibili per incrementare le quote di finanziamento pubblico a valere sul Fondo unico per lo spettacolo, la Commissione ritiene si debba affrontare il grave problema dell'incertezza e delle oscillazioni dei flussi di finanziamento, che rende molto difficile la programmazione delle attività delle Fondazioni lirico-sinfoniche; risulterebbe di grande efficacia la garanzia della triennalità dei finanziamenti e la capacitàPag. 31 di assicurare la regolarità dei versamenti. Per quanto concerne, invece, i criteri di riparto delle risorse pubbliche del FUS, la Commissione ritiene opportuno un ripensamento per fare in modo che, oltre agli indici di efficienza aziendale e a quelli che tengono conto del fabbisogno strutturale degli enti, nella valutazione delle FLS si tenga conto anche di aspetti finora non considerati ma senz'altro rilevanti per l'interesse pubblico, in termini di esternalità positive, quali l'innovatività (anche tecnologica), la sostenibilità ambientale delle produzioni e delle modalità di organizzazione del lavoro, l'implementazione di iniziative di inclusione sociale e di sensibilizzazione del pubblico. Si tratta di orientamenti che molte FLS hanno assunto nel corso della pandemia e che devono essere incoraggiati, anche perché in linea con i principali assi e obiettivi di intervento previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR). A tal proposito, si ritiene che l'istituzione di un tavolo tecnico di lavoro possa essere utile a valutare precipuamente l'efficacia e la congruità di questo eventuale ripensamento dei criteri di determinazione delle quote a valere sul FUS.
  Alla luce dei dati raccolti nel corso delle audizioni e di quanto emerge dall'ultima Relazione del Commissario straordinario del Governo sullo stato di attuazione dei piani di risanamento di cui all'articolo 11, comma 3, lett. b) della «legge Bray» (relazione riferita al primo semestre del 2021), la Commissione conviene con il Commissario Amoruso sul fatto che esistono oggi le condizioni per un'evoluzione normativa finalizzata a superare la fase di risanamento delle Fondazioni e ad avanzare verso un'azione di rilancio delle stesse, sottolineando, da questo punto di vista, come l'intervento disposto con la legge di bilancio per il 2022 (articolo 1, commi 359-363, della legge 30 dicembre 2021 n. 234) possa concretamente rappresentare un segnale dell'inizio di una stagione di rilancio del settore.
  In merito alle nuove dotazioni organiche su cui si sta lavorando e all'auspicio che siano compatibili con le finalità e le funzioni assegnate alle Fondazioni lirico-sinfoniche, la Commissione ravvisa la necessità di non slegare il tema della congruità e della sostenibilità degli organici dalla capacità di assicurare la programmazione di un repertorio vario e qualitativamente adeguato ai livelli di eccellenza che le Fondazioni devono garantire. A tal proposito va rilevato che la possibilità, oggi prevista dalla legge, di ricorrere a contratti a tempo determinato (per la realizzazione di produzioni in cui è necessario avere un certo numero di aggiunti) solo nella misura massima del 20 per cento della dotazione organica, si mostra particolarmente sperequativa a danno delle Fondazioni che hanno una pianta organica di dimensioni contenute (si pensi a quelle che sono al di sotto delle 200 unità a tempo indeterminato e che, stante l'attuale limite, non sono di fatto nelle condizioni di realizzare un certo tipo di repertorio, con gravi ricadute sul piano della programmazione). Ad avviso della Commissione è auspicabile prevedere per queste Fondazioni che il limite del 20 per cento non si riferisca ad ogni singola produzione ma valga come media annua.
  Sul grande tema dei corpi di ballo, ampiamente discusso e argomentato nel corso delle audizioni, con il coinvolgimento di artisti e rappresentanti apicali del mondo della danza, fra cui Roberto Bolle ed Eleonora Abbagnato, la Commissione ritiene ragionevole intervenire alacremente, con ogni strumento, per favorire la messa in sicurezza delle compagini attualmente attive, stabilizzare i corpi di ballo di Napoli e Palermo con organici consoni, supportare la riattivazione dei corpi di ballo di Firenze e dell'Arena di Verona (e di quelle realtà che siano nelle condizioni di farlo) e, in generale, configurare un modello che permetta, anche attraverso una programmazione condivisa e il coinvolgimento dei teatri viciniori e dei Teatri di Tradizione, una maggiore circuitazione degli spettacoli e una più completa e soddisfacente copertura territoriale della produzione coreutica. In questa prospettiva appare ragionevole valutare quali siano attualmente le aree geografiche maggiormente penalizzate sotto il profilo delle opportunità offerte alla fruizione da parte del pubblico (al Sud, a titolo di esempio, al momento sono operativePag. 32 solo due compagini). Inoltre, sarebbe auspicabile prevedere una revisione dei punteggi assegnati alle produzioni coreutiche ai fini del riparto delle risorse del FUS, per riequilibrarli rispetto a quelli previsti per gli altri ambiti. All'interno di questo percorso di valorizzazione dei corpi di ballo, la Commissione accoglie molto positivamente la recente istituzione presso il Ministero della cultura, di un Tavolo permanente sulla Danza, che potrà vagliare molto attentamente le istanze e i suggerimenti avanzati nel corso di questa indagine conoscitiva.
  Sul piano della governance, la Commissione ritiene opportuno ripensare le modalità di nomina e i requisiti richiesti per il reclutamento dei sovrintendenti; valutare un intervento sulle tempistiche delle designazioni prevedendo un più ampio margine di anticipo rispetto all'inizio effettivo dell'incarico; assicurare che all'interno di ciascuna fondazioni siano esplicitamente assicurate sia le competenze facenti capo alla gestione manageriale, economica e finanziaria che quelle afferenti alla dimensione artistica.
  Si ritiene opportuno altresì porre grande attenzione al tema della formazione del pubblico e delle nuove generazioni. Come emerso nel corso delle audizioni, quasi ogni teatro ha elaborato, negli ultimi anni, numerose attività legate esplicitamente alla formazione del pubblico del domani, nel tentativo di sopperire alle evidenti storiche lacune del nostro sistema scolastico nell'ambito della cultura musicale. Più nello specifico, i teatri hanno dovuto sostituirsi alle scuole nella diffusione e nella conoscenza della cultura musicale legata al teatro d'opera, tentando, in particolare, di rimediare alla dilagante e diffusa ignoranza di questo patrimonio da parte delle giovani generazioni.
  La marginalità degli spazi dedicati alla cultura musicale nel sistema scolastico – sia la scarsa diffusione della pratica strumentale che l'assenza pressoché totale della dimensione storico-musicologica – determina un pesante freno per lo sviluppo di nuovi segmenti di pubblico e mette in luce la cogente necessità, più volte invocata, di revisionare adeguatamente tutta la filiera dell'educazione musicale. Grave e dolorosa rimane, ad avviso della Commissione, l'assenza della Storia della musica dai percorsi scolastici laddove lo studio di questa disciplina sarebbe, per i giovani, strumento di consapevolizzazione, comprensione e penetrazione del patrimonio musicale, nonché fattore cruciale nel processo di costituzione della personalità dei cittadini.
  In questo senso occorre ricordare la biunivocità e la reciprocità dei benefici derivanti dalla diffusione della conoscenza del teatro d'opera. Se, infatti, è interesse dei teatri che si accresca il pubblico e la conoscenza dell'Opera fra i giovani, è altresì interesse dei giovani accostarsi al teatro d'opera per una più completa crescita culturale e cognitiva. Di estremo interesse appare, al riguardo, la riflessione del professor Lorenzo Bianconi e della professoressa Giuseppina La Face in merito al beneficio che la conoscenza del teatro d'opera può dare, in particolar modo alle giovani generazioni, secondo le tre seguenti dimensioni, riportate in ordine crescente d'importanza:

   (1) Per sua natura l'opera in musica è una forma di spettacolo fondata sul concorso dal vivo di tante arti, specialità e competenze eterogenee: canto, suono, gesto, arti visive, moda, danza eccetera. In altre parole, essa offre un esempio affascinante di cooperazione militante, per così dire in flagranza, nel perseguimento di un fine artistico comune. In tal senso, essa esalta in forme tangibili e seducenti il valore del lavoro collettivo secondo un progetto complesso condiviso;

   (2) In molti casi l'opera in musica mette a frutto un patrimonio di soggetti e storie attinte dalla letteratura occidentale, dall'antichità ai giorni nostri: in tal modo, essa arricchisce di riflesso il bagaglio culturale e la formazione intellettuale degli spettatori. Per molti giovani il primo accostamento alla tragedia greca, alla drammaturgia shakespeariana, alla commedia del Settecento, al dramma romantico o al romanzo borghese e realistico avviene attraverso l'incontro con capolavori del teatro d'opera; e ciò vale tanto più per le letteraturePag. 33 europee non contemplate nei programmi delle nostre scuole secondarie di secondo grado (basti citare Le nozze di Figaro o Il barbiere di Siviglia, Don Giovanni, Otello, Elektra o Oedipus rex, Boris Godunov o Wozzeck, Tristano e Isotta o Carmen e via dicendo);

   (3) L'opera in musica si può considerare un museo storico delle passioni, degli affetti, dei sentimenti, delle emozioni, rappresentati in atto, come se si scatenassero davanti ai nostri occhi, ai nostri orecchi, catturandoci. Grazie al teatro d'opera lo spettatore può sentire (e godere) sentimenti che, se appartengono al Sei, al Sette, all'Otto, al Novecento, nondimeno ci riguardano. A prima vista l'amore tragico di Lucia ed Edgardo nella Lucia di Lammermoor, o di Mimì e Rodolfo nella Bohème, è incommensurabile con la fattispecie dell'amore tra due ragazzi nati dopo il 2000; e nondimeno l'esperienza della passione amorosa, e degli intralci che essa può incontrare, scatena oggi come allora dinamiche psichiche non categoricamente diverse. La conoscenza del melodramma può giovare intimamente all'educazione dei giovani, appunto grazie alla conoscenza e all'esperienza formalizzata delle dinamiche affettive ed emotive, collocate in un quadro storico e culturale determinato, ma rappresentate nell'immediatezza dell'evento scenico, in una prodigiosa combinazione tra il tempo immemorabile dell'evoluzione biologica, il tempo determinato della storia, il tempo vissuto dell'esperienza estetica. Il confronto consapevole e riflessivo di questo mondo di certezze sentimentali, attuato grazie all'ascolto e alla visione guidati, può consentire agli studenti (di qualsiasi età ed ordine di scuola) di identificarsi da un lato nel sentimento di volta in volta rappresentato, dall'altro di prenderne coscienza, e distanziarsene, osservandolo in maniera distaccata; infine, di collocarlo entro una prospettiva storica e un contesto sociale determinati, al tempo stesso facendolo proprio.[...] Il beneficio arrecato alla crescita dell'individuo si riverbererà sul consorzio civile.

  Un cenno a parte meritano, infine, altri due temi, strettamente correlati fra loro, emersi in modo evidente nel corso delle audizioni, ossia la candidatura UNESCO dell'Opera lirica e il riconoscimento del melodramma italiano come espressione artistica di rilevanza nazionale anche in relazione alla diffusione della lingua italiana. L'italiano, infatti, è una lingua che esercita grande forza attrattiva come strumento di comprensione e penetrazione dei fenomeni artistici, e l'opera rappresenta pertanto un asset strategico per la diffusione della lingua e della cultura italiana nel mondo, e quindi per lo sviluppo del Paese.
  La Commissione ritiene che questi percorsi debbano essere sostenuti in ragione del fatto che potrebbero concretamente aiutare a rilanciare un'immagine positiva delle nostre FLS all'interno del panorama artistico internazionale e a riaffermare il ruolo determinante dell'Italia nella diffusione dell'arte e della cultura musicale; e auspica, dunque, che la candidatura dell'Opera lirica a bene immateriale dell'umanità riconosciuto dall'UNESCO possa completarsi al più presto, divenendo così il simbolo della rinascita del settore e dell'intero Paese.

  (1) Le istanze di riconoscimento della «forma organizzativa speciale» da parte del Teatro alla Scala dell'Accademia di S. Cecilia sono state accolte e formalizzate con decreti del Ministro dei beni e delle attività culturali, in data 5 gennaio 2015. Come riportato nella Relazione della Corte dei conti sulle fondazioni lirico-sinfoniche (esercizio 2019) il Teatro alla Scala e l'Accademia di S. Cecilia «godono allo stato attuale di un ampio margine di autonomia, sostanziato in una serie di prerogative, ovvero: –) percepiscono, a decorrere dall'esercizio 2015, una quota del Fondo unico per lo spettacolo (Fus) determinata percentualmente con valenza triennale, purché non versino in situazioni di difficoltà economico-patrimoniale; –) hanno la facoltà di stipulare autonomi contratti di lavoro; –) hanno facoltà di modificare gli statuti in deroga alla normativa generale, per quanto concerne la partecipazione dei soci privati, il Consiglio d'indirizzo, il Sovrintendente».

  (2) Come dichiarato nella Relazione sulle fondazioni lirico-sinfoniche (n. 14 – esercizio 2019) della Corte dei conti (pagina 3) agli undici teatri lirici – ovvero il Teatro Comunale di Bologna, il Teatro Comunale di Firenze, il Teatro Comunale dell'Opera di Genova, il Teatro alla Scala di Milano, il Teatro San Carlo di Napoli, il Teatro Massimo di Palermo, il Teatro dell'Opera di Roma, il Teatro Regio di Torino, il Teatro Comunale Giuseppe Verdi di Trieste, il Teatro La Fenice di Venezia, l'Arena di Verona – e a due istituzioni concertistiche assimilate, ovvero l'Accademia nazionale di S. Cecilia e l'Istituzione dei concerti del teatro lirico Giovanni Pierluigi da Palestrina di Cagliari, in relazione a quanto stabilito dalla l. 14 agosto 1967, n. 800, veniva attribuita la personalità giuridica di diritto pubblico e riconosciute peculiari caratteristiche di interesse nazionale. Inoltre, ai sensi dell'art. 5 della predetta legge, gli enti lirici vennero annoverati tra gli enti pubblici non economici.

  (3) La Relazione (esercizio 2019) della Corte dei conti riferisce: «[...] le finalità delle anzidette fondazioni travalicano largamente i confini regionali e si proiettano in una dimensione estesa a tutto il territorio nazionale. [...] Le FLS rientrano appieno nelle finalità degli artt. 9 e 33 della Costituzione: la legittimazione dello Stato a doppio titolo (art. 117, secondo comma, lettere g) e l), Cost.) nel disciplinare il riordino del settore lirico-sinfonico ed il riassetto degli enti pubblici ivi impegnati, è coerente, oltre che con l'esigenza già ricordata di tutelare direttamente ed efficacemente i valori unitari e fondanti della diffusione dell'arte musicale, della formazione degli artisti e dell'educazione musicale della collettività (art. 3 del d. lgs. n. 367 del 1996), e segnatamente dei giovani, anche con lo scopo dichiarato dalla legge di trasmettere i valori civili fondamentali, tradizionalmente coltivati dalle più nobili istituzioni teatrali e culturali del Paese. Secondo la Corte costituzionale, la dimensione unitaria dell'interesse pubblico perseguito, nonché il riconoscimento della “missione” di tutela dei valori costituzionalmente protetti dello sviluppo della cultura e della salvaguardia del patrimonio storico e artistico italiano, confermano, sul versante operativo, che le attività svolte dalle fondazioni lirico-sinfoniche sono riferibili allo Stato ed impongono, dunque, che sia il legislatore statale, legittimato dalla lettera g) del secondo comma dell'art. 117 Cost., a disegnarne il quadro ordinamentale e l'impianto organizzativo». (pagg. 6 e 7)

  (4) Sul tema della circuitazione delle produzioni è intervenuto anche il Direttore generale Parente nella memoria scritta consegnata alla Commissione, auspicando una «circuitazione in tutte le stagioni dell'anno e in più estesi bacini di utenza, degli spettacoli di maggiore richiamo e di migliore fattura. Tale collaborazione deve avvenire non solo tra grandi Teatri d'opera ma anche con consimili enti di produzione musicale, quali i Teatri di tradizione che, molto spesso, operano con costi minori ma con risultati importanti» (cfr. Memoria scritta, pag. 16)

  (5) Nel corso dell'indagine non sono sufficientemente emersi elementi utili ad approfondire il controverso e talvolta abusato tema delle regie «attualizzanti», delle trasposizioni modernizzanti e dell'aderenza alle indicazioni contenute nei libretti d'opera da parte dei registi.