Doc. LVII, n. 2-A-ter

RELAZIONE DELLA V COMMISSIONE PERMANENTE
(BILANCIO, TESORO E PROGRAMMAZIONE)

Presentata alla Presidenza il 16 aprile 2014

(Relatore: PALESE, di minoranza)

sul

DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA 2014

(Articoli 7, comma 2, lettera a), e 10 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni)

presentato dal presidente del consiglio dei ministri
(RENZI)

Trasmesso alla Presidenza il 9 aprile 2014  


I N D I C E

RELAZIONE   Pag. 5

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  Onorevoli Colleghi ! – Le recenti comunicazioni del Ministro dell'economia e delle finanze, rese nella sede delle Commissioni Bilancio riunite, hanno rafforzato le perplessità avanzate fin dall'inizio dal gruppo parlamentare Forza Italia – PDL – Berlusconi Presidente, in merito alla strategia seguita dal Governo nell'impostare il DEF quale base dei successivi sviluppi di politica economica e finanziaria. Il Ministro Padoan ha informato il Parlamento circa la sua tardiva decisione di inviare alla Commissione europea «notifica formale» per ottenere il rinvio di un anno del pareggio di bilancio. Spostando il termine relativo dal 2014 al 2015.
  Non essendo disponibile il testo della lettera, non è possibile giudicare nel merito quanto comunicato. Vi sono tuttavia evidenti perplessità circa la procedura seguita. Il comma 3 dell'articolo 6 della legge n. 243 del 2012 prevede infatti che la Commissione europea debba essere sentita prima e non dopo la presentazione di «una relazione con cui» si aggiornano «gli obiettivi programmatici di finanza pubblica». La ratio è evidente. Prima di poter decidere, con la maggioranza assoluta richiesta dalla stessa norma, il Parlamento doveva essere messo in grado di valutare le conseguenze di quella decisione. È infatti evidente che qualora la Commissione non fosse d'accordo con la proposta di rinvio, la conseguenza sarebbe l'apertura di una procedura d'infrazione, con tutte le conseguenze del caso.
  Il Governo ha invece inserito direttamente la «relazione» nel DEF, realizzando una commistione impropria. Nel quadro programmatico – si veda la pag. 1 – il deficit strutturale previsto si riduce dallo 0,6 del 2014 (quindi in deroga dai parametri europei) allo 0,1 nel 2015, dando conto, in tal modo, della manovra di rientro che si intende perseguire. Probabilmente, il Governo riproporrà le stesse cifre in un documento più specifico – l'eventuale Piano di rientro, appunto – ma si tratterà solo di una semplice formalità, dal momento che le sottostanti scelte sono già contenute nel DEF.
  Che si sia trattato di un errore non solo procedurale è, quindi, evidente. L'aver inviato la suddetta «notifica formale» in un momento diverso, rispetto a quando previsto dalla relativa normativa, introduce elementi d'ambiguità. Nella comunicazione, in fatti, si accenna solo ad un'eventualità, oppure di comunica una decisione già presa ? Nel primo caso si tratterebbe di un elemento propedeutico ad una decisione che spetta, in via esclusiva, al Parlamento. Nel secondo, invece, ad una vera e propria esautorazione dell'unico Organo legittimato ad operare: vale a dire lo stesso Parlamento. La norma, in proposito, è estremamente chiara, quando postula che «la deliberazione con la quale ciascuna Camera autorizza lo scostamento ed approva il piano di rientro è adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti».
  In coerenza con questi presupposti, il gruppo Forza Italia – PDL – Berlusconi presidente, nella sua risoluzione ha quindi proposto di posticipare la discussione sul DEF all'acquisizione dei necessari elementi di conoscenza. Vale a dire il testo della «notifica formale» ed il successivo parere della Commissione europea. È infatti evidente che la mancata conoscenza di questi atti si traduce in un vincolo di improcedibilità. Se il parere della Commissione fosse negativo, il Parlamento sarebbe posto nella difficile condizione di assumersi la responsabilità di una politica finanziaria in grado di tradursi in una procedura d'infrazione. Quest'ultima verrebbe proposta dalla Commissione al Consiglio europeo, secondo le procedure previste dal Regolamento UE n. 1175/2011, proposta che non potrebbe che ricalcare Pag. 6

l'eventuale parere negativo, reso in precedenza.
  Del resto la stessa Commissione aveva, in precedenza, manifestato una forte preoccupazione per la situazione italiana. Nella sua comunicazione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo ed all'Eurogruppo, del 5 marzo 2014, – COM(2014) 150 final – aveva già classificato il nostro Paese tra coloro che scontavano «uno squilibrio grave», tale da incidere, ai sensi dell'articolo 2 del Regolamento UE n. 1176/2011, sul «corretto funzionamento dell'Unione economica e monetaria». Avvertimento che avrebbe richiesto una maggiore prudenza ed il rispetto puntuale delle procedure. Tanto più se si considera che intenzione del Governo non è solo quella di rinviare la necessaria manovra d'aggiustamento dei conti pubblici, ma di utilizzare possibili nuove risorse per abbattere, a fini elettoralistici, il carico fiscale a favore di un limitato gruppo di contribuenti. Per cui questo secondo step della politica finanziaria non potrebbe che essere qualificato come una «manovra in deficit» che avrebbe come contropartita il rinvio di un anno del conseguimento del pareggio di bilancio. Con quali conseguenze per quanto riguarda il giudizio della Commissione, è fin troppo facile prevedere.
  Nel valutare il potenziale contrasto esistente tra le valutazioni del Governo italiano e quelle della Commissione è bene ricordare che tutti i parametri sensibili previsti sono in rotta di collisione. Il primo dato da porre in evidenza è quello della possibile crescita. Nel DEF, in aperto contrasto con quanto previsto da tutti gli Organismi internazionali, il tasso di sviluppo è indicato nello 0,8 per cento per il 2014 e nell'1,3 per cento per il 2015, mentre per la Commissione, la previsione è dello 0,6 per cento nel 2013 e dell'1,2 per l'anno successivo. Ma è soprattutto sulle altre grandezze sensibili, oggetto del Six e del Two pack, che le divergenze diventano incolmabili.
  Le diversità di valutazione riguardano, nell'ordine, l'andamento del deficit strutturale, la dinamica del PIL ed infine la regola della spesa per il 2014.
  Le diverse proiezioni di questi aggregati per il 2014 ed il 2015 lasciano intravedere una sottostante valutazione, sulla situazione finanziaria del Paese, addirittura opposta. Favorevole quella del Governo, che considera l'eccesso di deficit strutturale (0,6 per cento del Pil) puramente accidentale e pertanto riconducibile ad un evento eccezionale, in grado di innescare la procedura «salvifica» di cui al Regolamento UE n. 1177/2011, che si è poi tradotto nell'articolo 6 della legge 24 dicembre 2012, n. 243 (Disposizioni per l'attuazione del principio del pareggio di bilancio, ai sensi dell'articolo 81, sesto comma, della Costituzione). Critica quella della Commissione, che considera invece questo squilibrio permanente e di conseguenza in aperta violazione delle regole di cui al Regolamento UE n. 1175/2011, a loro volta confluite nell'articolo 8 della legge precedentemente richiamata.

Andamento del deficit strutturale.

  La valutazione di questo dato, nei documenti italiani, è stata piuttosto incerta. Di conseguenza, in corso d'anno, il dato è più volte variato, convergendo alla fine con le valutazioni della Commissione europea:

deficit strutturale
2012 2013 2014 2015
def 2013 (Monti) -0,9 0 -0,2 -0,4
nota aggiornamento 2013 -1,3 0,4 0,3
DPB 2014 -0,5 -0,3
DEF 2014 -1,4 -0,8 -0,6 -0,1
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  Per contro i valori della Commissione sono i seguenti:

2012 2013 2014 2015
-1,4 -0,8 -0,6 -0,8

  Dal confronto risulta evidente la diversa impostazione: per il Governo italiano il mancato rispetto della regola (riduzione del deficit strutturale di 0,5 punti) è avvenuto nel 2014, ma non avverrà nel 2015, visto che per quell'anno si prevede una riduzione, appunto, dello 0,5 per cento: da 0,6 a 0,1. Per la Commissione, invece lo squilibrio resta di natura strutturale, in violazione quindi dei Regolamenti, poiché per il 2015 il deficit strutturale non solo non è previsto in riduzione, ma fa registrare un leggero aumento di 0,2 punti di PIL, rispetto all'anno precedente.
  La Conseguenza di questa diversa impostazione si traduce in una linea di politica economica diametralmente opposta. Mentre il Governo è deciso a far valere la clausola degli «eventi eccezionali», che tra l'altro non richiederebbe nemmeno il «piano di rientro» visto che il rientro, nell'anno successivo, sarebbe automatico, per la Commissione europea, invece, si è di fronte ad un vero e proprio squilibrio che richiede una vera e propria manovra correttiva, che può essere stimata in una forchetta compresa tra 0,3 e 0,7 punti (al fine di ricondurre il deficit strutturale previsto dallo 0,8 allo 0,5 o allo 0,1, per ottenere un abbattimento di 0,3 o 0,5 punti rispetto alle previsioni 2014). Il risultato finale dipenderà da una trattativa in sede UE. In ogni caso la manovra correttiva dovrebbe oscillare tra i 5 e gli 11 miliardi circa.

Andamento del debito.

  Anche in questo caso le valutazioni, seppure in parte, divergono. Anche se il confronto gioca a favore dell'Italia, nel senso che le previsioni UE sono meno pessimistiche.

andamento del debito/PIL
2012 2013 2014 2015
DEF 2014 127,0 132,6 134,9 133,3
Previsioni UE 127,0 132,7 133,7 132,4

  Al di là delle differenze, tuttavia, in entrambe le previsioni risulta evidente che il debito nel 2014 continua a crescere (2,3 punti nel caso delle previsioni del Governo, di 1 nel caso dell'EU) il che rende più stringente la regola del contenimento del deficit strutturale di 0,5 punti all'anno, finché non si entra nella zona di sicurezza, vale a dire un valore compreso tra 0 e -0,5.
  Nell'ottobre del 2013, il Governo aveva trasmesso alla Commissione europea il Documento programmatico di bilancio 2014. In esso il deficit strutturale, per il 2013 e il 2014, era valutato con maggiore ottimismo: 0,5 (invece di 0,8) nel 2013 e 0,3 (invece di 0,6) nel 2014. Anche per il debito, le valutazioni erano più basse: 132,9 nel 2013 (contro 132,7 del DEF) e 132,7 nel 2014 (contro il 134,9 del DEF). La direzione era addirittura nel senso di un seppur leggero contenimento. Tendenza che nel DEF si è tradotta nel suo opposto.
  La Commissione europea ha risposto a queste previsioni con il documento, di cui si è detto in precedenza, COM(2014) 150 final: «Results of in-depth under Regulation (UE) no. 1176/2011 on the prevention and correction of macroeconomic imbalances.» Il regolamento richiamato (articolo 2) Pag. 8

distingue tra «squilibri» e «squilibri gravi». Questi ultimi sono quelli che mettono a repentaglio non solo la vita di un singolo Stato, ma «il corretto funzionamento dell'Unione economica e monetaria». La Commissione «raccomanderà al Consiglio» che l'Italia, la Croazia e la Slovenia «intraprendano le necessarie azioni correttive secondo le procedure previste dal MIP (Macroeconomic Imbalance Procedure)». Per l'Italia, infatti, è scritto in un'altra parte del documento «there is a risk that the adjustment of the structural balance in 2014 is insufficient given the need to reduce the very large public debt ratio at an adequate pace».

Regola della spesa.

  Per effetto dei trattati, così come stati trasfusi nella legge n. 243 del 2012, esiste ormai un vincolo alla crescita della spesa. Se essa deborda rispetto ai parametri fissati deve essere immediatamente coperta da maggiori imposte. Questa volta è lo stesso DEF a riconoscere che i relativi parametri non sono stati rispettati, con la giustificazione della caduta del PIL nel 2013. A pag. 58 del documento si legge, infatti, «per il 2014, il disavanzo strutturale si attesterebbe allo 0,6 per cento del PIL, riducendosi di 0,2 punti percentuali di PIL rispetto al 2013, in luogo di 0,5 punti percentuali richiesti dal Patto di stabilità, mentre l'aggregato di spesa farebbe registrare una contrazione dello 0,6 per cento in termini reali, non in linea con i parametri della Commissione che richiederebbero una riduzione di almeno 1,07 per cento». Il rispetto di questa regola richiederebbe pertanto una manovra correttiva – spending review o aumento delle imposte – di circa 7,5 miliardi di euro.

Conclusioni.

  Esiste una profonda divergenze di vedute tra La Commissione europea ed il Governo italiano, circa lo stato della finanza pubblica e l'evoluzione del ciclo. Queste divergenze devono essere appianate in un confronto serrato prima di assumere decisioni che rischiano di aggravare la situazione finanziaria italiana, esponendo il Paese ad un rischio di infrazione.
  Pur limitandoci a considerare le diverse previsioni sul disavanzo strutturale e sulla regola della spesa (quest'ultima non contestata nei numeri dal Governo), la manovra correttiva dovrebbe essere nell'ordine di circa 7 miliardi, in grado, cioè, di assorbire completamente gli ipotetici vantaggi della spending review per il 2013.
  I dati riportati mostrano quanto siano lontane le previsioni del Governo italiano rispetto a quelli forniti dalla Commissione europea, le quali rappresenteranno il parametro di riferimento per valutare le proposte che il Parlamento italiano, votando a maggioranza dei suoi componenti, avanzerà. Prima di procedere in questa direzione, foriera di gravi conseguenze per le sorti più generali dell'economia italiana, è pertanto indispensabile evitare situazioni di moral hazard ed attendere di conoscere il contenuto esatto della corrispondenza intercorsa tra il Governo italiano e la Commissione europea, al fine di giungere alla decisione di più idonea. Nel frattempo il Governo dovrà evitare qualsiasi atto, che possa pregiudicare ulteriormente la situazione, rinviando la presentazione del preannunciato decreto-legge sulla riduzione del cuneo fiscale al momento in cui saranno concluse le procedure relative all'approvazione del DEF.

Rocco PALESE,
Relatore di minoranza