Doc. XXIII, N. 11

COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTA SULLE ATTIVITÀ ILLECITE CONNESSE AL CICLO DEI RIFIUTI E SU ILLECITI AMBIENTALI AD ESSE CORRELATI

(istituita con legge 7 gennaio 2014, n. 1)

(composta dai deputati: Bratti, Presidente; Bianchi Dorina, Bianchi Stella, Carrescia, Castiello, Cominelli, D'Agostino, De Mita, Palma, Polverini, Rostan, Taglialatela, Vignaroli, Vicepresidente, Zaratti, Segretario, Zolezzi; e dai senatori: Arrigoni, Augello, Vicepresidente, Caleo, Compagnone, Iurlaro, Martelli, Morgoni, Nugnes, Orellana, Orrù, Pagnoncelli, Pepe, Puppato, Scalia, Segretario, Sollo).

RELAZIONE SULLA SITUAZIONE DELLE BONIFICHE DEI POLI CHIMICI:
IL «QUADRILATERO DEL NORD»
(VENEZIA-PORTO MARGHERA, MANTOVA, FERRARA, RAVENNA)

(Relatori: Sen. Paolo ARRIGONI, On. Michela ROSTAN)

Approvata dalla Commissione nella seduta del 9 febbraio 2016

Comunicata alle Presidenze il 9 febbraio 2016 ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 7 gennaio 2014, n. 1

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INDICE

1. Perché il Quadrilatero del Nord Pag. 7
2. L'attività della Commissione » 8
3. Inquadramento normativo » 8
 3.1. Il contesto comunitario » 8
 3.2. Norme nazionali in materia di bonifiche e tendenze recenti » 12
4. Attori pubblici e privati » 21
5. Sito di interesse nazionale di Venezia – Porto Marghera » 43
6. Mantova, Sito di Interesse Nazionale «Laghi di Mantova e Polo chimico» » 51
 6.1. Perimetrazione del SIN e caratteristiche » 51
 6.2. I contaminanti principali riscontrati all'interno del Sito » 53
 6.3. Gli interventi ad oggi attivati nelle aree private » 54
  6.3.1. Area IES » 55
  6.3.2. Area Belleli Energy CPE » 62
  6.3.3. Area Industria Colori Freddi » 64
  6.3.4. Versalis – Syndial » 66
 6.4. Risarcimento del danno ambientale » 75
 6.5. Le aree pubbliche » 77
 6.6. Gli esiti degli accertamenti svolti da ARPA Mantova » 77
7. Ferrara, il Polo chimico » 81
 7.1. Inquadramento generale » 81
 7.2. Le principali fasi dei procedimenti di bonifica » 83
 7.3. Stato delle attività » 84
  7.3.1. Procedimenti di bonifica relativi alle matrici superficiali (falda freatica e terreno) » 85
  7.3.2. Procedimenti di bonifica relativi alla falda confinata » 91
  7.4. Il ruolo di IFM Ferrara S.c.p.a » 93
  7.5. L'insediamento Solvay – Società Italiana del Cloro » 94
  7.6. Le attività di controllo e il ruolo degli enti pubblici » 96
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8. Ravenna, il Polo chimico Pag. 101
 8.1. Inquadramento generale » 101
 8.2. Le principali fasi dei procedimenti di bonifica » 103
 8.3. Stato delle attività » 106
 8.4. Il protocollo operativo per il monitoraggio e la gestione della falda » 113
 8.5. Le attività di controllo ed il ruolo degli Enti pubblici » 114
9. Conclusioni » 117
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1. Perché il Quadrilatero del Nord

  La legge 7 gennaio 2014, n. 1, istitutiva della Commissione, individua tra gli oggetti d'inchiesta, all'articolo 1, lettera e) «l'eventuale sussistenza di attività illecite relative ai siti inquinati nel territorio nazionale e alle attività di bonifica».
  L'esame del complesso intreccio operativo, amministrativo, normativo in tema di bonifiche, e la descrizione delle principali attività in corso in questo campo è utile a orientare le scelte del Parlamento e a portare a conoscenza i cittadini di quanto accade in un settore di fondamentale rilevanza economica, sociale, ambientale.
  Di qui la scelta della Commissione di procedere a singoli approfondimenti in tema di bonifiche che anticipino una Relazione di carattere complessivo – come quella presentata al Parlamento nella XVI Legislatura – e che consentano di focalizzare in tempi più rapidi e forme più snelle quanto accade in questo campo, evidenziando, nelle esperienze in corso, le criticità ma anche le prassi positive.
  L'eredità ambientale negativa della fase più spinta dell'industrializzazione del nostro Paese caratterizza quello che si definisce il «Quadrilatero del nord» dell'industria chimica, formato dai poli di Venezia – Porto Marghera, Mantova, Ferrara e Ravenna.
  Oltre alla comune sorte produttiva, la natura di «Quadrilatero» è data dal collegamento fisico dei poli approvvigionati a partire dall'impianto cracking di Porto Marghera.
  In questi insediamenti, che meglio verranno descritti nei capitoli a ciascuno dedicati, nel corso di molti decenni si sono svolte attività industriali nei settori della chimica e della petrolchimica, venute progressivamente a cessare ovvero evolute in produzioni a minore impatto ambientale, lasciando siti contaminati, e come tali formalmente dichiarati, con conseguenti necessità di messa in sicurezza e bonifica che – nella visione prevalente dei soggetti pubblici e di quelli privati – avrebbero dovuto e dovrebbero preludere al progressivo reinsediamento di nuove attività nei medesimi siti, caratterizzati da posizionamento strategico ed esistenza di adeguate infrastrutture.
  I modelli con cui le necessità di messa in sicurezza e bonifica sono stati affrontati sono diversi tra loro, e l'inchiesta svolta dalla Commissione consente, come si dirà nelle conclusioni, di segnalarne aspetti positivi e negativi, criticità e opportunità, allo scopo, istituzionale, di indicare al Parlamento e al Governo le forme di intervento che realizzino un equilibrio ragionevolmente praticabile tra i beni, costituzionalmente tutelati, dell'ambiente e dell'attività economica e che prevengano possibili fenomeni illeciti in campo ambientale ma anche nell'attività delle pubbliche amministrazioni.
  Il lavoro della Commissione, che in questa occasione si compendia in una sintetica descrizione dello stato dei siti sulla base dei dati effettivamente acquisiti, si dovrà articolare in seguito in specifiche descrittive complete sotto il profilo dei dati tecnici in termini qualitativi e quantitativi, dati economici (somme già impiegate, provenienza dei finanziamenti, preventivi di futuri investimenti), valutazione di efficacia degli interventi.

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2. L'attività della Commissione

  L'attività di indagine conoscitiva sul tema delle bonifiche ha riguardato diversi contesti territoriali: per quanto riguarda l'oggetto specifico della presente Relazione, le missioni rilevanti sono state quella del 14-15 maggio 2015 a Ferrara e Ravenna, nel corso della quale sono stati auditi il presidente della provincia e sindaco del comune di Ferrara, la direttrice generale della USL di Ferrara, il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Ravenna, il sindaco di Ravenna, il presidente della provincia di Ravenna, il direttore dell'ASL di Ravenna, l'assessore regionale alla difesa del suolo e della costa, protezione civile e politiche ambientali e della montagna, il direttore ARPA Emilia-Romagna e rappresentanti del Consorzio IFM, delle aziende Società Italiana del Cloro, Basell, Yara, Syndial, Versalis; quella del 15-18 giugno 2015 a Brescia e Mantova, nel corso della quale, per quanto riguarda l'oggetto della presente Relazione, sono stati auditi il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Mantova, il sindaco di Mantova, il presidente della provincia di Mantova, rappresentanti dell'ASL di Mantova, rappresentanti di associazioni ambientaliste di Mantova, rappresentanti del dipartimento ARPA di Mantova, e rappresentanti delle aziende Syndial e IES; sempre per quanto riguarda la situazione del SIN «Laghi di Mantova e Polo chimico», si è svolta a Roma il 7 luglio 2015 l'audizione di rappresentanti dell'azienda Colori Freddi.
  La situazione del SIN Venezia – Porto Marghera è stata oggetto di numerose audizioni, a partire dalle missioni svolte da delegazioni della Commissione in Veneto il 27-28 ottobre 2014, il 19-21 novembre 2014, il 27-28 novembre 2014, nel corso della quale sono stati auditi, per quanto riguarda l'oggetto della presente Relazione, il prefetto di Venezia, il procuratore della Repubblica di Venezia e il procuratore aggiunto, i rappresentanti del Consorzio Venezia Nuova, l'assessore all'ambiente della provincia di Venezia, il presidente della giunta regionale del Veneto, il provveditore interregionale alle opere pubbliche, il subcommissario straordinario del comune di Venezia, rappresentanti dell'ARPA Veneto e il direttore tecnico dell'autorità portuale di Venezia.
  In occasione delle citate missioni le delegazioni della Commissione hanno proceduto a sopralluoghi presso i siti oggetto della presente Relazione.
  Di rilievo anche le audizioni, sul tema generale delle bonifiche, del presidente di Federchimica e del direttore generale di Federchimica, il 2 luglio 2015, nonché la documentazione proveniente da ENI, Versalis e Syndial sulle prospettive generali della chimica e delle bonifiche, nonché, sui temi generali pertinenti la presente Relazione, dal Ministero dell'ambiente.

3. Inquadramento normativo

3.1 Il contesto comunitario

  La gestione dei siti contaminati continua a rappresentare uno dei maggiori problemi ambientali per i Paesi europei.Pag. 9
  Secondo la European Environmental Agency (EEA) nell'Europa occidentale esistono oltre trecentomila siti potenzialmente contaminati, ma si calcola che complessivamente, in tutto il continente europeo, siano molti di più.
  Benché il programma ambientale per l'Europa prevedesse l'individuazione dei siti contaminati, per molti paesi non è ancora disponibile un quadro completo, dunque l'entità complessiva del fenomeno è di difficile valutazione per la mancanza di definizioni univoche dei dati.
  In gran parte, i paesi dell'Europa occidentale hanno peraltro adottato quadri normativi volti a prevenire futuri incidenti e ad attuare misure di risanamento delle contaminazioni esistenti.
  L'enorme incremento della produzione di rifiuti e l'utilizzo diffuso di sostanze chimiche nel corso degli ultimi quarant'anni hanno prodotto fonti di contaminazione del suolo, che la European Environmental Agency individua principalmente in:
   utilizzo di discariche inadeguate o abusive;
   gestione impropria di sostanze pericolose (ad esempio perdite, stoccaggio inadeguato);
   abbandono di siti industriali, militari e minerari;
   incidenti.

  I dati sui siti contaminati in diversi Paesi europei sono eterogenei e non è possibile raggrupparli secondo uno schema affidabile e coerente: la concertazione di definizioni comuni potrà essere la premessa per l'ipotesi, valutata dall'Unione europea, di contribuire al sostegno delle operazioni di bonifica.
  La rilevanza del problema a livello europeo è stata recepita in diversi contesti, e si è tradotta, nel 2006, nella Strategia tematica sul suolo (Soil Thematic Strategy) e nella proposta di direttiva europea sul suolo (Soil Framework Directive), rimasta lungamente in discussione, nella quale uno dei temi più importanti e controversi è proprio la contaminazione del suolo.
  Nell'ambito del 6th EU Environmental Action Programme che descrive le politiche ambientali della commissione per il periodo 2006-2011 sono state stabilite sette strategie tematiche, incluse quelle inerenti la qualità dell'aria, l'ambiente marino, i pesticidi e il suolo; a sua volta 7th EU Environmental Action Programme, che si estende al 2020, individua, in sintesi, e per il tema di interesse della presente Relazione, quali obiettivi, la miglior implementazione della legislazione in materia, una più efficace politica di investimenti, la piena integrazione delle esigenze di tutela ambientale nelle politiche generali.
  La Strategia tematica sul suolo (EC, 2006a) fissa quattro obiettivi della politica europea in materia:
   incrementare la consapevolezza della necessità di proteggere il suolo;
   intensificare la ricerca sul suolo;Pag. 10
   integrare la protezione del suolo nella formulazione e l'implementazione delle politiche nazionali e comunitarie in tema di agricoltura, sviluppo regionale, trasporti e ricerca;
   mettere in atto una legislazione quadro per la protezione e l'uso sostenibile del suolo.

  Allo scopo di rispondere ai suddetti obiettivi, la Commissione europea ha proposto nel mese di settembre 2006 una direttiva quadro sul suolo (SFD).
  La proposta di SFD non detta norme comuni ma stabilisce un quadro per la protezione del suolo con lo scopo di mantenere la capacità di assolvere alle sue funzioni ecologiche, economiche, sociali e culturali. In particolare, richiede che gli Stati membri adottino misure per la riduzione delle sette minacce principali: contaminazione, erosione, perdita di sostanza organica, compattazione, salinizzazione, impermeabilizzazione del suolo e frane. Si richiede inoltre di includere la protezione del suolo nelle politiche di settore, riempiendo i vuoti esistenti nella normativa comunitaria.
  Dopo il voto negativo del Parlamento nel dicembre 2007, la definizione della direttiva europea sul suolo ha seguito un percorso molto controverso che ha visto gli Stati membri schierati su due diverse posizioni: da una parte, Francia, Regno Unito, Austria, Olanda, Germania e Lussemburgo che propendevano per un testo poco definito negli obblighi e negli obiettivi perseguiti, che lasciasse dunque ampi margini di discrezionalità nella definizione delle strategie di gestione dei siti contaminati, invocando una stretta applicazione del principio di sussidiarietà; dall'altra, gli altri Stati membri, tra cui l'Italia, che auspicavano un'approvazione in tempi brevi di una direttiva che desse consistenza alle politiche nazionali.
  Allo stato, peraltro, non si è pervenuti a una direttiva europea sul suolo.
  Va rilevato che il tema delle bonifiche – e delle risorse ad esse destinate – è stato oggetto di esame da parte della Corte dei conti europea nel 2013.
  Secondo l'organo di controllo, i risultati dei progetti di riqualificazione dei cosiddetti siti dismessi – ex siti militari ed industriali abbandonati e inquinati avrebbero potuto essere ottenuti ad un costo minore per i bilanci degli Stati membri e dell'Unione. È stato anche rilevato che il principio «chi inquina paga» non è stato pienamente applicato, per cui i bilanci comunitari e nazionali hanno sopportato parte del costo delle bonifiche ambientali.
  Il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) e il Fondo di coesione hanno cofinanziato progetti di riqualificazione per promuovere il riutilizzo di tali siti ed anche per proteggere la salute umana e l'ambiente ed attenuare gli effetti dell'espansione urbana.
  Secondo la Corte, la maggior parte dei progetti è riuscita a riconvertire i siti, ma in molti casi i terreni nuovamente sviluppati e gli edifici (ri)costruiti non sono stati destinati all'uso previsto ed i posti di lavoro creati sono stati meno di quelli attesi.
  Ciò è in parte avvenuto perché non si è prestata sufficiente attenzione alla necessità di una solida analisi di mercato, ma anche a causa della crisi economica.Pag. 11
  Secondo la Corte il retaggio dell'inquinamento dei siti dismessi continua a rappresentare un significativo problema. I progetti di riqualificazione cofinanziati dall'UE hanno realizzato le trasformazioni promesse, ma i progressi sono stati spesso lenti ed i posti di lavoro creati sono stati inferiori a quanto previsto. Il principio «chi inquina paga» si è rivelato pressoché impossibile da applicare nella pratica e non vi sono meccanismi sufficienti che permettano alle autorità pubbliche di recuperare quanto investito. La conclusione provvisoria è che in questo contesto, i fondi necessari per porre rimedio a questo inquinamento storico dovranno probabilmente ancora provenire dai bilanci pubblici (1).
  Una linea politica indirizzata al riutilizzo di siti dismessi piuttosto che allo sviluppo di nuovi siti industriali in aree verdi e suolo agricolo è in linea con le politiche comunitarie e con gli obiettivi richiamati nel 2011 con la «Tabella di marcia verso un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse» che propone il traguardo di un incremento dell'occupazione netta di terreno pari a zero da raggiungere in Europa entro il 2050. Tale obiettivo è stato rafforzato dal Parlamento Europeo con l'approvazione del «Settimo Programma di Azione Ambientale». Nelle linee guida pubblicate nel 2012, la Commissione UE riporta una serie di esempi, applicati in vari stati membri (Inghilterra, Francia, Portogallo Germania), di finanziamenti iniziali o di sostegno per incoraggiare la costruzione di nuove infrastrutture in siti dismessi.
  In tutti gli Stati membri la politica in materia di siti dismessi è stata attuata tramite strumenti di pianificazione del territorio, molti dei quali promuovono aspetti di buone pratiche. Sempre ad avviso della Corte dei conti europea, i regolamenti dei fondi strutturali dovrebbero prescrivere che i progetti di sviluppo dei siti dismessi siano basati su piani di sviluppo integrati e si dovrebbe fare di più per incoraggiare il riutilizzo dei siti dismessi anziché lo sviluppo di nuovi siti in aree a verde.
  I risultati delle opere di bonifica ambientale svolte non sempre sono stati certificati in modo appropriato e vi sono grandi differenze Pag. 12tra i valori di screening della contaminazione dei suoli stabiliti a livello nazionale. Sotto questo profilo le forme di semplificazione e di autocertificazione più volte introdotte dal legislatore anche nella corrente legislatura (vedi il paragrafo successivo) non lasciano prevedere migliori risultati per il futuro ma devono indurre correlativamente a implementare il sistema dei controlli e la loro efficacia.

3.2 Norme nazionali in materia di bonifiche e tendenze recenti

  Quanto al contesto nazionale, l'accento può utilmente essere posto sugli aspetti di quadro normativo, riprendendo, quanto all'evoluzione dello stesso, il contenuto della relazione che questa Commissione, nella XVI Legislatura, ha dedicato al tema delle bonifiche (2).
  La prima disposizione normativa che ha previsto appositi strumenti amministrativi e di finanziamento per il risanamento ambientale e, quindi, per la bonifica, è la legge 8 luglio 1986 n. 349 (articolo 7, «Disciplina delle aree ad elevato rischio di crisi ambientale»). Il tema è stato poi affrontato con due successivi decreti legge, convertiti dalle leggi 29 ottobre 1987 n. 441 e 8 novembre 1988 n. 475, adottati per fronteggiare le situazioni di emergenza che si erano determinate nello smaltimento di rifiuti industriali e urbani.
  In particolare, l'articolo 5 della legge n. 441 del 1987 e l'articolo 9-ter della legge n. 475 del 1988 prevedevano l'individuazione ed il finanziamento degli interventi di bonifica dei siti contaminati, affidando alle regioni la redazione ed approvazione di appositi piani, di cui tuttavia non erano disciplinati criteri omogenei di redazione.
  Il decreto ministeriale n. 121 del 16 maggio 1989 ha fissato per la prima volta criteri e linee guida per l'elaborazione e la predisposizione dei piani di bonifica, nonché le modalità di finanziamento degli interventi.
  In seguito sono state emanate leggi regionali per la disciplina degli interventi di bonifica.
  La prima normativa organica nazionale in tema di siti contaminati è il decreto ministeriale n. 471 del 1999, entrato in vigore il 16 dicembre 1999, regolamento tecnico di attuazione dell'articolo 17 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 («Bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati»).
  Il regolamento fissava criteri e procedure amministrative da seguire nella bonifica dei siti contaminati; definiva i «valori limite di concentrazione per il suolo/sottosuolo e per le acque» superati i quali il sito in oggetto doveva essere considerato inquinato; individuava le procedure per il prelievo e l'analisi dei campioni; fissava i criteri per la redazione del progetto di bonifica, nonché i criteri per gli interventi di messa in sicurezza d'emergenza, bonifica e ripristino ambientale, per le misure di sicurezza e messa in sicurezza permanente.Pag. 13
  Peraltro il decreto legislativo n. 22 del 1997 già stabiliva una prima definizione di sito contaminato come sito in cui «le concentrazioni dei contaminanti superano i valori limite».
  La prima normativa italiana sui siti contaminati era quindi fondata sull'applicazione di criteri di tipo tabellare, in cui la verifica dello stato di contaminazione discendeva dal confronto con valori limite per il suolo (per le destinazioni d'uso industriale/commerciale e verde/residenziale) e per le acque sotterranee.
  Con la successiva entrata in vigore del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, la definizione di sito contaminato e, quindi, la necessità di eventuali interventi, vengono finalizzate a rendere l'attività di bonifica quanto più possibile specifica rispetto alle caratteristiche del sito da bonificare mediante il riferimento a concentrazioni soglia contaminazione (CSC) e concentrazioni soglia di rischio (CSR) nonché definizioni puntuali contenute nell'articolo 240.
  L'evoluzione normativa in materia di bonifiche nel decreto legislativo n. 152 del 2006 e nelle modifiche di cui decreto legislativo 16 gennaio 2008, n. 4, corrisponde all'obiettivo del legislatore di stabilire procedure che tenessero conto delle peculiarità dei siti, in un'ottica di adattamento delle attività di bonifica [in principalità] alle esigenze di utilizzo delle aree, garantendo [comunque] la tutela della salute umana.
  Per quanto riguarda due dei siti qui esaminati – Ferrara e Ravenna – va ricordato che il decreto legislativo n. 152 del 2006 introduceva modifiche anche in tema di titolarità del procedimento di bonifica, attribuita alla regione anziché al comune.
  La regione Emilia-Romagna, con propria legge n. 5 del 2006, all'articolo 5, aveva peraltro trasferito alle province, in modo indifferenziato, le funzioni regionali in materia di bonifica e con successiva legge regionale n. 13 del 2006, all'articolo 25, aveva stabilito il permanere in capo ai comuni della titolarità dei procedimenti di bonifica già avviati alla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 152 del 2006 per le cui conclusioni prescriveva l'applicazione della normativa previgente (decreto ministeriale n. 471 del 1999).
  Tuttavia la normativa previgente era stata abrogata e, conseguentemente, per l'istruttoria dei procedimenti di bonifica occorreva fare riferimento alla sola normativa vigente in materia, costituita dal decreto legislativo n. 152 del 2006 – così come stabilito dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 214/2008 che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del citato articolo 5 della legge regionale n. 5 del 1 giugno 2006 nel testo modificato dall'articolo 25 della legge regionale n. 13 del 28 luglio 2006.
  È in seguito intervenuta una circolare della direzione generale ambiente e difesa del suolo e della costa della regione Emilia-Romagna del 18 agosto 2008 (P.G. 195630), che ha recepito il dictum della sentenza individuando il comune quale autorità competente per i procedimenti di bonifica in corso alla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 152 del 2006.
  Si tratta di una vicenda che ha prodotto un'incertezza applicativa che peraltro – come si vedrà – non ha in concreto prodotto ritardi nell'attuazione delle bonifiche.
  Nel corso della XVI Legislatura sono state promulgate diverse leggi contenenti provvedimenti per la gestione e la bonifica dei siti contaminati [...]Pag. 14
  L'articolo 40, comma 5, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201 («Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici», convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214), ha reintrodotto la possibilità, già presente nel decreto ministeriale n. 471 del 1999 di articolare per fasi temporali e/o spaziali la progettazione degli interventi di bonifica. Nell'ambito della stessa norma sono state introdotte semplificazioni per l'esecuzione di interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria e di messa in sicurezza di impianti industriali in siti oggetto di bonifica (3).
  L'articolo 3 della legge 24 marzo 2012, n. 28, ha introdotto chiarimenti in merito alle modalità di gestione dei materiali di riporto ai fini della bonifica e all'attribuzione ai rifiuti della classe di pericolosità H14 (ecotossicità). Lo stesso provvedimento ha stabilito che le integrazioni e le modifiche degli allegati alle norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti siano adottate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro della salute e con il Ministro dello sviluppo economico, previo parere dell'ISPRA, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 (4).Pag. 15
  La legge 4 aprile 2012, n. 35 («Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo»), ha introdotto all'articolo 24 la possibilità di adottare, nell'ambito dell'articolazione per fasi dei progetti di bonifica, già definita nell'ambito della legge n. 214 del 2011, tecnologie innovative di bonifica di dimostrata efficienza ed efficacia, a costi sopportabili, resesi disponibili a seguito dello sviluppo tecnico-scientifico del settore. L'articolo 57 della stessa legge ha rafforzato gli strumenti di semplificazione amministrativa già esistenti per la gestione degli interventi di bonifica in siti in esercizio.
  Nello specifico, il settimo comma del citato articolo 57 promuove lo strumento dell'accordo di programma per la semplificazione delle procedure amministrative relative alla realizzazione degli interventi di bonifica nei siti in esercizio con particolare riferimento agli stabilimenti di lavorazione e di stoccaggio di oli minerali strategici per l'approvvigionamento energetico del Paese e degli impianti industriali adibiti alla lavorazione e allo stoccaggio di oli vegetali destinati ad uso energetico; l'ottavo comma dell'articolo 57 chiarisce che in caso di attività di reindustrializzazione dei siti di interesse nazionale (SIN), il riutilizzo delle aree può essere concesso purché siano stati attivati i necessari interventi di messa in sicurezza operativa e a condizione che le attività previste non pregiudichino i futuri interventi di bonifica, necessari a dismissione del sito (5).
  L'articolo 48 della legge n. 27 del 24 marzo 2012 si occupa dei dragaggi sia nei siti oggetto di bonifica di interesse nazionale che negli altri siti, introducendo semplificazioni amministrative al fine di Pag. 16facilitare gli interventi di dragaggio e diminuire tempi e costi di attuazione. Vengono inoltre fornite indicazioni in merito alle modalità di gestione dei materiali che possono essere conferiti in casse di colmata oppure riutilizzati, anche per singole frazioni granulometriche, qualora le caratteristiche chimico-fisiche e microbiologiche siano idonee alle modalità di riutilizzo e tale riutilizzo non ponga rischi per l'uomo e per l'ambiente.
  L'articolo 49 rimandava ad un emanando decreto da parte del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, la regolamentazione dell'utilizzo delle terre e rocce da scavo e la eventuale classificazione delle stesse come sottoprodotti.
  Il decreto del Ministro dell'ambiente del 10 agosto 2012, n. 161, «Regolamento recante la disciplina dell'utilizzazione delle terre e rocce da scavo», in vigore dal 6 ottobre 2012, consta di 16 articoli e 9 allegati ed ha come finalità (articolo 2) quella di stabilire i criteri qualitativi da soddisfare affinché i materiali di scavo siano considerati sottoprodotti e non rifiuti, ai sensi dell'articolo 183, comma 1, lettera qq) del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modifiche e integrazioni.
  Sono esclusi dal campo di applicazione del decreto i soli rifiuti provenienti direttamente dall'esecuzione di interventi di demolizione di edifici o di altri manufatti preesistenti.
  Il decreto prevede (articolo 4, comma 1, b) che il materiale di scavo possa essere impiegato anche per «ripascimenti ed interventi a mare».
  I requisiti che il materiale di scavo deve possedere per poter essere qualificato come sottoprodotto sono riportati all'articolo 4, comma 1, e devono essere comprovati dal proponente nel piano di utilizzo.
  Tale piano deve essere presentato dal proponente almeno 90 giorni prima dell'inizio dei lavori di realizzazione dell'opera all'autorità competente che può chiedere integrazioni entro i successivi 30 giorni. La stessa autorità competente entro 90 giorni dalla presentazione del piano lo approva o lo rigetta.
  L'autorità competente può chiedere all'Agenzia regionale per l'ambiente (ARPA) di verificare la sussistenza dei requisiti per la qualificazione di sottoprodotto entro 30 giorni dalla presentazione della documentazione. Decorso il termine di 90 giorni dalla presentazione del piano di utilizzo, il proponente ha facoltà di applicarlo.
  Nel caso in cui l'opera da realizzare interessi un sito nel quale sono stati riscontrati superamenti delle CSC (concentrazioni soglia di contaminazione), il proponente può richiedere la compatibilità con i valori di fondo, accertati in contraddittorio con l'ARPA. Il materiale conforme ai valori di fondo potrà essere riutilizzato in situ o in altro sito con caratteristiche analoghe. Nel caso di siti oggetto di procedimenti di bonifica o di danno ambientale, i requisiti di qualità per la classificazione del materiale come sottoprodotto sono accertati dall'ARPA che entro 60 giorni dalla data della richiesta comunica i risultati dell'accertamento.
  Per il riutilizzo dei materiali dovrà essere garantita la compatibilità in termini di CSC per la specifica destinazione d'uso. Il piano Pag. 17di utilizzo definisce la durata di validità del piano stesso. L'inizio dei lavori deve avvenire entro due anni dalla presentazione del piano di utilizzo all'autorità competente.
  Il decreto ministeriale n. 161 del 2012 riporta in allegato:
   le procedure di caratterizzazione chimico-fisiche e accertamento delle qualità ambientali (allegato 4);
   la definizione di materiali di riporto di origine antropica (allegato 9).

  Il combinato disposto della legge n. 28 del 2012 e del decreto ministeriale n. 161 del 2012, fa sì che la definizione di materiali di riporto si applichi anche agli interventi di bonifica.
  Pertanto i materiali rispondenti alla definizione di cui all'allegato 9 (miscela di terreno eterogenea contenente una quantità massima del 20 percento di materiali di origine antropica quali materiali litoidi, pietrisco tolto d'opera, calcestruzzi, laterizi, prodotti ceramici, intonaci) possono essere sottoposti ad interventi di bonifica.
  Ne discende che i materiali di riporto così come definiti dal decreto ministeriale n. 161 del 2012, escono di fatto dalla disciplina dei rifiuti, per essere considerati di volta in volta o sottoprodotti o addirittura suoli.
  La legge di conversione del decreto legge n. 133 del 2014 (legge n. 164 del 2014), all'articolo 8 introduce una disciplina semplificata del deposito temporaneo e della cessazione della qualifica di rifiuto delle terre e rocce da scavo: con la finalità di rendere più agevole la realizzazione degli interventi che comportano la gestione delle terre e rocce da scavo, affida ai Ministeri dell'ambiente e dei trasporti il compito di adottare disposizioni di riordino e semplificazione. Tali disposizioni sono in corso di emanazione attraverso un decreto del Presidente della Repubblica con il titolo «Disciplina semplificata della gestione delle terre e rocce da scavo, ai sensi dell'articolo 8 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164» che abroga il decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela e del territorio e del mare del 10 agosto 2012, n. 161.
  La legge 7 agosto 2012, n. 134, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 22 giugno 2012, n. 83 («Misure urgenti per la crescita del Paese»), ha introdotto importanti innovazioni in tema di disciplina degli interventi di bonifica dei siti contaminati con particolare riferimento a:
   siti produttivi e/o oggetto di riqualificazione industriale (articolo 27);
   siti militari (articolo 35);
   siti e infrastrutture energetiche (articolo 36);
   siti di interesse nazionale (SIN) (articolo 36-bis).

  L'articolo 27 riprende le disposizioni già introdotte (e mai attuate) dall'articolo 252-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006 in merito alla riconversione e riqualificazione industriale delle aree soggette a Pag. 18crisi industriale complessa, individuate su istanza delle regioni. I progetti di riqualificazione industriale di tali aree dovranno promuovere investimenti produttivi anche a carattere innovativo, la riqualificazione delle aree interessate, la formazione del capitale umano, la riconversione di aree industriali dismesse, il recupero ambientale e l'efficientamento energetico dei siti e la realizzazione di infrastrutture strettamente funzionali agli interventi. Le conferenze di servizi strumentali all'approvazione dei progetti sono indette ai sensi degli articoli 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, dal Ministero dello sviluppo economico.
  L'articolo 35 prevede l'emanazione di un decreto interministeriale per la determinazione dei criteri di individuazione delle concentrazioni soglia di contaminazione applicabili ai siti militari. Tale definizione si rende necessaria in considerazione delle specifiche tipologie di contaminanti riscontrabili in tali siti, non ricomprese nell'allegato 5 al decreto legislativo n. 152 del 2006.
  La specificità del tema delle bonifiche dei siti militari è stata affrontata nell'audizione, svoltasi il 15 dicembre 2015, del Ministro della difesa, che ha riferito come l'insieme delle risorse messe a disposizione delle bonifiche ammonti a 131 milioni nell'ultimo triennio; in particolare sono stati utilizzati 87 milioni per la bonifica dell'amianto e 28 milioni per la bonifica dei poligoni militari.
  La Commissione dedicherà al tema un ulteriore approfondimento.
  L'articolo 36 introduce ulteriori semplificazioni per gli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale da effettuarsi in siti di deposito e/o lavorazione di carburanti, nonché nei punti vendita carburanti.
  L'articolo 36-bis introduce importanti modifiche nei criteri di individuazione dei siti di interesse nazionale (SIN), individuando quali caratteristiche prioritarie l'insistenza, attualmente o in passato, di attività di raffinerie, di impianti chimici integrati o di acciaierie e la presenza di attività produttive ed estrattive di amianto. Rimanda poi ad una successiva valutazione la sussistenza di tali requisiti per i 57 siti di interesse nazionale all'epoca già individuati. Lo stesso articolo dà la possibilità alle regioni di ridefinire il perimetro dei SIN e di richiedere la restituzione delle competenze amministrative.
  Successivamente, nel decreto-legge 11 novembre 2014, n. 165 («Disposizioni urgenti di correzione a recenti norme in materia di bonifica e messa in sicurezza di siti contaminati e misure finanziarie relative ad enti territoriali»), l'articolo 1 («Procedure in materia di bonifica e messa in sicurezza di siti contaminati»), ha sostituito l'articolo 34, settimo comma del decreto-legge n. 133 del 2014 convertito in legge n. 164 del 2014, con il seguente:
  «7. Nei siti inquinati, nei quali sono in corso o non sono ancora avviate attività di messa in sicurezza e di bonifica, possono essere realizzati interventi e opere richiesti dalla normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, di manutenzione ordinaria e straordinaria di impianti e infrastrutture, compresi adeguamenti alle prescrizioni autorizzative, nonché opere lineari necessarie per l'esercizio di impianti e forniture di servizi e, più in generale, altre opere lineari di pubblico interesse a condizione che detti interventi e opere siano realizzati secondo modalità e tecniche che non pregiudicano né Pag. 19interferiscono con il completamento e l'esecuzione della bonifica, né determinano rischi per la salute dei lavoratori e degli altri fruitori dell'area».

  Il decreto-legge è decaduto per mancata conversione; la norma sopra riportata è stata recepita dall'articolo 1, commi 550 e 551, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Legge di stabilità 2015).
  Quanto ai più recenti interventi normativi rilevanti per le bonifiche di cui alla presente Relazione, nella legge di stabilità 2016 sono state previste talune risorse finanziarie (6).
  Non si è invece concretata l'ipotesi di esclusione dei finanziamenti per le bonifiche dal patto di stabilità, sulla quale la Commissione aveva avuto modo di interloquire con il Ministro dell'ambiente.
  A tale proposito si riporta quanto riferito dal Ministro con nota depositata nel seguito di audizione del 20 maggio 2015:
  «Riguardo poi alle richieste dei comuni di escludere dal patto di stabilità le risorse destinate alla realizzazione di interventi di bonifica, si rappresenta che il Ministero dell'economia e delle finanze – Dipartimento della ragioneria generale dello Stato, in qualità di amministrazione direttamente competente, ha già provveduto a fornire elementi di risposta per casi analoghi, indirizzati tra l'altro anche alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
  In particolare, il Ministero sopra citato ha rappresentato che le richieste di specie non possono essere assentite in via amministrativa ma necessitano di un apposito intervento legislativo che si faccia carico anche di reperire le occorrenti risorse finanziarie di compensazione per i conseguenti effetti peggiorativi sui saldi di finanza pubblica.
  Al riguardo il Ministero dell'ambiente si è impegnato nell'adozione di specifiche iniziative, relativamente a provvedimenti legislativi di recente emanazione, volte a garantire l'esclusione dal patto di stabilità delle risorse destinate ad interventi di bonifica in aree ritenute particolarmente critiche da un punto di vista ambientale e socio-sanitario.
  Si segnala, in particolare, l'inserimento di una specifica norma nel decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164 riguardante gli interventi di bonifica da amianto da realizzare nel sito di bonifica di interesse nazionale di Casale Monferrato. Tale disposto recita testualmente quanto segue: “Nell'anno 2015 le spese per interventi di bonifica dall'amianto effettuati dal comune di Casale Monferrato nel perimetro del sito di bonifica di interesse nazionale di ’Casale Monferrato’, a valere e nei limiti dei trasferimenti erogati nel medesimo anno dalla regione Piemonte, nonché i trasferimenti stessi, sono esclusi dal patto di stabilità interno del medesimo comune”».
  Una norma rilevante per l'intera questione delle bonifiche è stata introdotta nel decreto legislativo n. 152 del 2006 dall'articolo 31 nel Pag. 20cosiddetto «Collegato ambientale» (legge 28 dicembre 2015, n. 221 «Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali»).
  Si tratta del nuovo articolo 306-bis, che disciplina la materia delle transazioni per le procedure di bonifica e di riparazione del danno ambientale di siti inquinati di interesse nazionale (7).Pag. 21
  La nuova disciplina è suscettibile – se accompagnata da un ruolo propositivo e adeguato sotto il profilo tecnico e giuridico del Ministero dell'ambiente – di attrarre in area negoziale, con effetti di maggiore rapidità ed efficienza, i procedimenti di bonifica.
  Sul tema delle bonifiche è altresì destinata ad incidere l'introduzione del delitto di cui all'articolo 452-terdecies codice penale, avvenuta con la legge 22 maggio 2015, n. 68 (8).
  La natura di delitto e la necessità di corretta individuazione in termini di responsabilità soggettiva impongono naturalmente una dovuta adeguatezza degli organismi di controllo e delle polizie giudiziarie, così come l'orientamento all'esito processuale finale sin dai primi atti di indagine; senza dimenticare che la norma in questione si colloca in un impianto normativo complessivo mediante il quale, in particolare con i reati di evento di cui agli artt. 452-bis, 452-ter e 452-quater del codice penale sono punite anche le conseguenze dannose sull'ambiente.
  La maggiore gravità del delitto ora introdotto e la discontinuità di tipo di illecito rispetto all'articolo 257 decreto legislativo n. 152 del 2006 costituiscono un deterrente a condotte ostative, ferma restando la necessità, da parte degli enti pubblici coinvolti, di valutare correttamente – anche nella prospettiva della segnalazione di eventuali notizie di reato – lo sviluppo dei procedimenti amministrativi per le bonifiche.

4. Attori pubblici e privati

  Il tema delle bonifiche coinvolge una serie di soggetti, pubblici e privati, portatori di interessi talora divergenti ma i quali costituiscono anche potenziali «fornitori di idee» migliorative di uno stato esistente caratterizzato da una significativa divergenza tra il peso ambientale ed economico dei problemi e gli strumenti a disposizione per affrontarli.
  La Commissione ha proceduto ad alcune audizioni ed ha acquisito documentazione utile a portare alla luce queste specificità.
  Il 20 maggio 2015 si è svolto un seguito di precedente audizione del Ministro dell'ambiente, che ha depositato una relazione scritta di risposta su temi in precedenza evidenziati dalla Commissione.Pag. 22
  In materia di bonifiche il Ministro dell'ambiente ha riferito quanto segue:
  «La normativa vigente prevede che le regioni predispongano e adottino piani regionali di gestione dei rifiuti. Costituiscono parte integrante dei piani di gestione rifiuti, i piani per la bonifica delle aree inquinate che devono prevedere:
   a) l'ordine di priorità degli interventi;
   b) l'individuazione dei siti da bonificare e delle caratteristiche generali degli inquinamenti presenti;
   c) le modalità degli interventi di bonifica e risanamento ambientale, che privilegino prioritariamente l'impiego di materiali provenienti da attività di recupero di rifiuti urbani;
   d) la stima degli oneri finanziari;
   e) le modalità di smaltimento dei materiali da asportare.

  La normativa prevede inoltre, che le regioni, sulla base dei criteri definiti dall'ISPRA, predispongano l'anagrafe dei siti oggetto di procedimento di bonifica, la quale deve contenere:
   a) l'elenco dei siti sottoposti ad intervento di bonifica e ripristino ambientale nonché degli interventi realizzati nei siti medesimi;
   b) l'individuazione dei soggetti cui compete la bonifica;
   c) gli enti pubblici di cui la regione intende avvalersi, in caso di inadempienza dei soggetti obbligati, ai fini dell'esecuzione d'ufficio, fermo restando l'affidamento delle opere necessarie mediante gara pubblica ovvero il ricorso alle procedure dell'articolo 242.

  Con riferimento alle disposizioni normative richiamate, la corretta attuazione delle quali è requisito necessario per accedere ai finanziamenti nazionali, il mio Ministero ha richiesto alle regioni e alle ARPA/APPA di trasmettere entro il 15 maggio [2015], le seguenti informazioni:
   stato di implementazione dell'anagrafe dei siti contaminati;
   numero ed elenco dei siti contaminati presenti sul territorio regionale;
   numero ed elenco dei siti sottoposti ad interventi di messa in sicurezza (d'emergenza, operativa e permanente)/bonifica e informazioni sui relativi interventi;
   soggetti competenti per gli interventi di bonifica, inclusi i soggetti individuati per l'esecuzione degli interventi in sostituzione e in danno di soggetti inadempienti;
   informazioni relative alla copertura finanziaria degli interventi.

  Ad oggi (9) solo ARPA Emilia-Romagna ha trasmesso l'aggiornamento richiesto.Pag. 23
  La realizzazione delle anagrafi dei siti oggetto di bonifica è pertanto demandata, per legge, alle regioni.
  I dati più recenti relativi allo stato di implementazione delle anagrafi sono riportati nell'Annuario ISPRA dei dati ambientali del 2013 [...].
  Tali dati mettono in evidenza il fatto che ancora oggi sono molte le regioni che non hanno adempiuto a tale compito; evidenziano anche che la maggior parte degli interventi conclusi (3.146 siti bonificati a livello nazionale) sono relativi a regioni del centro-nord (la sola Lombardia ha dichiarato 1.473 siti bonificati), mentre le regioni del sud ancora stentano a garantire l'attuazione dei necessari interventi di messa in sicurezza e bonifica delle aree.
  Nonostante i limiti del confronto dovuti alla disomogeneità dei criteri utilizzati per la implementazione delle anagrafi, si registra un trend positivo del numero di interventi avviati e dei siti bonificati rispetto al 2012.
  [...] Passando ai siti di interesse nazionale (SIN), per i quali ad oggi sono stati predisposti 78 decreti per la loro messa in sicurezza e bonifica, questi, nella maggior parte dei casi sono costituiti da aree pubbliche e private. Pertanto, non è possibile indicare gli importi presuntivi per la realizzazione di tali interventi.
  Tuttavia, per le sole aree di competenza pubblica, il mio ministero ha stanziato complessivamente oltre 1 miliardo e 800 milioni di euro, di cui oltre 520 milioni a valere sul programma nazionale di bonifica [...]. Per gli ex SIN, ora di competenza regionale, invece, sono stati stanziati complessivamente oltre 181 milioni di euro di cui oltre 77 milioni a valere sul programma nazionale di bonifica [...]. Nel corso della ripartizione programmatica del Fondo di sviluppo e coesione (FSC) 2014-2020, è stato possibile quantificare in oltre 2 miliardi di euro (di cui 1.4 per il Mezzogiorno e 700 circa per il centro nord), il fabbisogno necessario per la completa realizzazione degli interventi di bonifica nei SIN [...]».
  Il Ministro dell'ambiente ha altresì affermato che «i decreti di approvazione dei progetti non contengono alcuna liberalizzazione né autocertificazione del monitoraggio degli interventi, ma seguono tutti il dettato normativo».
  Al fine di una completa conoscenza dello stato di attuazione degli adempimenti previsti dall'articolo n. 251 del decreto legislativo n. 152 del 2006 relativi all'implementazione, su base regionale, dell'anagrafe dei siti contaminati, il Ministero dell'ambiente, a fine aprile 2015, aveva richiesto alle regioni ed alle ARPA di fornire informazioni riguardanti:
   lo stato di implementazione dell'anagrafe dei siti contaminati;
   il numero e l'elenco dei siti contaminati presenti sul territorio regionale;
   il numero ed elenco dei siti sottoposti ad interventi di messa insicurezza (d'emergenza, operativa e permanente)/bonifica e informazioni sui relativi interventi;
   i soggetti competenti per gli interventi di bonifica, inclusi i soggetti individuati per l'esecuzione degli interventi in sostituzione e in danno di soggetti inadempienti;Pag. 24
   informazioni relative alla copertura finanziaria degli interventi.

  Dopo che solo alcune amministrazioni regionali avevano fornito, con vario grado di dettaglio, le informazioni richieste, con nota del 15 luglio 2015 il Ministero ha sollecitato i soggetti inadempienti, rappresentando che, ai sensi dell'articolo 199, settimo comma, del decreto legislativo n. 152 del 2006, l'approvazione e l'aggiornamento del piano regionale di gestione dei rifiuti, del quale i piani per la bonifica delle aree inquinate sono elemento essenziale, sono requisiti necessario per l'accesso ai finanziamenti nazionali.
  Il quadro informativo è stato completato nel mese di settembre 2015; i suoi esiti sono riportati nella tabella riepilogativa di sintesi sullo stato di avanzamento su base regionale, fornita alla Commissione dal Ministero dell'ambiente (10), di seguito riportata.

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  Si tratta, come è evidente, di una sintesi rispetto alla quale il lavoro della Commissione dovrà procedere oltre, nell'ambito della prevista valutazione complessiva di dati tecnici ed economici relativi al complesso delle bonifiche.
  Il 2 luglio 2015 si è svolta l'audizione di Cesare Puccioni, presidente di Federchimica, e di Claudio Benedetti, direttore generale di Federchimica.
  Nella relazione da essi consegnata alla Commissione sono svolte considerazioni sui siti del Quadrilatero del nord, accompagnate da valutazioni e proposte di ordine più generale.
  Aderiscono a Federchimica (Federazione Nazionale dell'Industria Chimica) circa 1400 imprese chimiche, per un totale di quasi 90.000 addetti.
  Solo un numero limitato di imprese è coinvolto nel tema della bonifica dei siti contaminati, che tuttavia rappresenta un tema di estrema importanza per il settore, considerata la rilevanza delle realtà coinvolte.
  Nella visione di Federchimica, il tema dei siti contaminati da bonificare va raccordato alla constatazione che l'Italia è un paese con scarsa disponibilità di suolo utilizzabile e infrastrutturato per nuove attività industriali; pur mantenendo la propria forte vocazione manifatturiera.
  Dunque «la combinazione di queste due condizioni dovrebbe essere il presupposto ideale, da un lato, per raccordare in maniera armonica la necessità di tutelare e risanare l'ambiente con il prosieguo e lo sviluppo dell'attività industriale, dall'altro, per favorire il riutilizzo dei suoli non più sede di vecchie produzioni dopo gli interventi di bonifica opportunamente finalizzati».Pag. 30
  A partire da questa visione, in genere non seguita, secondo Federchimica, nelle vicende nazionali, «una coerente e realistica pianificazione e attuazione delle bonifiche dei siti contaminati, soprattutto quelli all'interno di siti industriali fortemente infrastrutturati, determinerebbe la risoluzione di criticità ambientali presenti sul territorio e costituirebbe un volano per l'economia e lo sviluppo/recupero di aree con una vocazione industriale già definita ed inserite in contesti che consentono di sfruttare significative efficienze tecnico logistiche»
  Una delle variabili individuate da Federchimica come necessarie a questa visione è un contesto normativo e procedimentale «che consenta una visione strategica della bonifica, non solo come procedimento a se stante finalizzato al raggiungimento di obiettivi di qualità delle matrici ambientali interessate, ma piuttosto come un processo che traguardi un progetto di mantenimento e se possibile sviluppo delle attività industriali esistenti o di riutilizzo delle aree in cui un determinato capitolo industriale si è chiuso. Ecco quindi la necessità di integrare il progetto di bonifica con un preciso piano di ri-utilizzo del sito, nel quale gli obiettivi di risanamento sono determinati sulla base di una pianificazione territoriale e urbanistica chiara, in modo da consentire anche a tutti gli stakeholder di convergere verso un medesimo obiettivo».
  In più passaggi i rappresentanti dell'associazione hanno segnalato, quale considerazione complementare a quella sopra riportata, la necessità di concretezza nei procedimento e di adeguata qualità dell'interlocuzione.
  Il quadro complessivo è costituito da «casi di successo», in cui attività di messa in sicurezza o di bonifica «ancorché onerose e complesse, sono state autorizzate in tempi ragionevoli e sono in corso di realizzazione, con l'applicazione delle migliori tecnologie a costi sostenibili» e «casi di insuccesso», nei quali si sono rilevate criticità «per i lunghi tempi di autorizzazione, i costi sostenuti ed i tempi di realizzazione degli interventi ‘insostenibili’ a causa di prescrizioni tecniche imposte dalle autorità competenti centrali e locali ulteriori rispetto alle norme, già di per sé penalizzanti rispetto alle norme europee».
  In termini più generali, secondo Federchimica, «Dal confronto con altre realtà europee, emerge un sistema Italia che è spesso fortemente concentrato sugli aspetti istruttori e procedurali, tramite, ad esempio, la definizione di soglie e obiettivi estremamente conservativi, talvolta tecnicamente non giustificati, perdendo di vista l'effettiva tutela ambientale. Ad esempio la mancata approvazione delle analisi di rischio, in molti iter relativi ai SIN, ha di fatto, impedito sinora di realizzare molti e concreti interventi di risanamento ambientale non riuscendo, di conseguenza, a mettere in moto un meccanismo virtuoso di investimenti e di sviluppo».
  Tra i casi di successo viene citato quello del sito multisocietario di Ferrara, dove si è riusciti a coniugare risanamento ambientale e nuovo sviluppo di attività industriali: Ferrara – secondo l'associazione – rappresenta dunque un «caso di successo» nella gestione dei procedimenti di bonifica e nel coordinamento tra le attività di risanamento delle matrici ambientali e attività industriali in esercizio.Pag. 31
  Nella nota di Federchimica si segnala, quale aspetto di innovazione tecnologica presente nel sito di Ferrara, la presentazione da parte di Syndial per la Zona PECPZ023 di un programma per l'applicazione di tecnologia di bonifica in situ di bioremediation, con l'avvio dal mese di aprile 2015 di una sperimentazione in campo consistente nell'iniezione di composti per facilitare la degradazione biologica dei contaminanti.
  Il direttore di Versalis Ferrara, nel corso dell'audizione del 13 maggio 2015 si è a sua volta così espresso: «uno degli aspetti che è importante sottolineare rispetto a Ferrara [...] è che noi, come Versalis Ferrara, abbiamo rappresentato un benchmark per le bonifiche, soprattutto grazie alla trasparenza, alla correttezza e all'atteggiamento molto costruttivo degli enti locali e della nostra società, che si è proposta in maniera molto attiva in tutti i procedimenti di bonifica e di analisi del rischio.
  Sottolineo che un aspetto fondamentale è che i tempi che sono intercorsi dal momento in cui noi abbiamo presentato le analisi di rischio all'autorizzazione con prescrizioni di piani di monitoraggio sono stati molto rapidi. Peraltro, siamo stati supportati dall'università di Bologna. Abbiamo avuto una modalità di confronto costruttiva, che ci ha permesso sulle matrici superficiali di avere questo risultato a metà dell'anno 2013».
  Analoga valutazione viene data quanto al sito di Ravenna, che, come Ferrara, non rientra tra i SIN e che, ad avviso di Federchimica, «rappresenta a tutti gli effetti un esempio di efficienza nell'iter autorizzativo attuato e di applicazione tecnologica in ambito ambientale».
  Il direttore di Versalis Ravenna – la principale azienda insediata nel sito – ha affermato, nel corso dell'audizione del 13 maggio 2015: «sottolineerei l'assoluta collaborazione e creazione di rapporti costruttivi con gli enti locali di Ravenna (provincia, comune e ARPA). Ogni volta che un problema si manifesta, essendo la nostra volontà mostrarlo in modo trasparente agli enti e poi risolverlo, si riesce sempre a trovare le modalità corrette per risolverlo e a ottenere le autorizzazioni in tempi rapidi».
  La natura positiva di case-history di Ferrara e Ravenna è stata in tal senso ribadita dal responsabile area Italia nord-est Syndial nel corso dell'audizione del 13 maggio 2015: «voglio evidenziare che il sito di Ferrara e quello di Ravenna sono dei siti in cui riusciamo a eseguire in maniera efficace sperimentazioni e applicazioni di tecnologie abbastanza innovative, che ci permettono di fare il trattamento dei suoli e delle acque direttamente in situ, senza ricorrere in maniera estensiva a scavi e smaltimenti fuori dai siti.
  Questo avviene probabilmente perché si è creata negli anni una buona alchimia tra noi operatori ambientali e le istituzioni, con le quali c’è un dialogo tecnico molto costruttivo, nel rispetto dei ruoli reciproci, per cui riusciamo a proporre soluzioni, ad ascoltare le loro raccomandazioni e, in tempi abbastanza celeri, a implementare le soluzioni tecniche».
  Una valutazione diversa viene espressa da Federchimica su Mantova: «Mantova, rispetto agli altri siti presi in considerazione, si presenta per certi aspetti come un caso difficile, in cui non è stato Pag. 32finora sempre possibile instaurare un rapporto di costruttivo confronto tecnico tra le imprese e la locale ARPA, che talvolta ha bloccato le decisioni assunte dal Ministero dell'ambiente o dagli altri enti oppure ha determinato tempi lunghi per il rilascio dei necessari permessi/autorizzazioni alle imprese».
  Una conciliazione degli interessi pubblici prevalenti e di quelli privati coinvolti nelle bonifiche è stata offerta dall'assessore alla difesa del suolo e della costa, protezione civile e politiche ambientali e della montagna della regione Emilia-Romagna nel corso dell'audizione tenutasi a Ferrara il 12 maggio 2015.
  La scelta della regione è stata quella di decentrare ai territori, prima ai comuni e poi alle province; secondo l'assessore «questo decentramento ha dato esiti positivi. Gli esempi sono gli accordi territoriali sui due petrolchimici della regione, Ferrara e Ravenna».
  Nella regione Emilia-Romagna i siti interessati da procedimenti di bonifica erano, al 2013, 524, di cui 188 con procedimento attivato ai sensi del decreto ministeriale n. 471 del 1999 e 366 con procedimento avviato ai sensi del decreto legislativo n. 152 del 2006. Il programma di interventi urgenti per la messa in sicurezza e bonifica dei siti contaminati di interesse regionale è stato finanziato con oltre cinque milioni di euro, definendo un elenco di interventi di messa in sicurezza e di bonifica di cui soggetto attuatore è il comune. L'elemento principale di criticità segnalato in questa audizione è ricorrente in più situazioni sul territorio nazionale: «è evidente quale sia l'elemento che sta aumentando nella sua intensità: mi riferisco alle situazioni di abbandono del rifiuto, che spesso degradano a situazioni di vera e propria contaminazione con obbligo di bonifica, soprattutto con riferimento a situazioni produttive dismesse o oggetto di fallimento, che non consentono più, in presenza di soggetti noti, di intervenire per risolvere l'inquinamento in atto. Il pubblico viene chiamato in via surrogatoria a provvedere, ma senza essere dotato delle necessarie disponibilità finanziarie».
  In conclusione, l'assessore segnalava l'urgenza di approvazione della legge sui delitti ambientali (poi, come è noto, sopravvenuta, con la conseguente entrata in vigore della legge 22 maggio 2015, n. 68), nonché la necessità di «potenziare gli strumenti incentivanti e approfondire tutte le possibili soluzioni in grado di semplificare e accelerare le procedure di bonifica dei suoli, per consentire il concreto ed effettivo recupero dei suoli già urbanizzati ai fini dell'attrattività di nuovi investimenti, principalmente produttivi»; e richiamava in tal senso la legislazione regionale: «La regione Emilia-Romagna ha un'apposita legge sull'attrattività di nuovi investimenti, la legge n. 14 del 2014, che ha previsto, nei casi di possibile bonifica dell'area interessata dall'investimento, un richiamo all'articolo 252-bis del testo unico ambientale. Tre sono gli aspetti sostanziali: un accordo di programma tra tutti i soggetti interessati, nel quale si definisce chi è tenuto a fare che cosa e qual è la copertura finanziaria degli interventi previsti; la dichiarazione di pubblica utilità dell'intervento, che a sua volta genera determinate conseguenze in termini di rilevanza pubblica delle attività previste; l'approvazione in deroga rispetto alle procedure standard di bonifica.Pag. 33
  A generare grande rilievo dal richiamo legislativo regionale è il fatto che, sostanzialmente, la regione mutua un istituto pensato per i soli interventi nei siti di interesse nazionale e lo cala nell'ambito degli interventi connessi a investimenti di rilievo regionale, interessati appunto dagli interventi di bonifica. Perché anche la nostra legge abbia una piena applicazione, rileviamo come assolutamente necessaria la condivisione di questi strumenti di accordo con tutti i ministeri competenti al fine di consentire la massima coerenza con gli strumenti di programmazione finanziaria anche nazionale ed europea».
  Sempre il 12 maggio 2015 è stato audito l'amministratore delegato di Yara Italia SpA, società presente sia nel sito di Ferrara che in quello di Ravenna.
  Il rappresentante della società multinazionale ha espresso apprezzamento per l'interlocuzione con gli enti pubblici e la qualità della legislazione italiana, nel confronto con quella di altri Paesi: «la nostra è una multinazionale norvegese, che ha quasi 50 siti produttivi nel mondo, diversi siti in Europa, dove ovviamente si trova la nostra base perché siamo norvegesi e abbiamo iniziato con siti produttivi in Europa, ma siamo ormai anche in Brasile, Nord America, Australia, Africa. Abbiamo due siti produttivi in Italia, a Ferrara e Ravenna, e diversi siti in altri Paesi d'Europa, che dal punto di vista legislativo sono affini all'Italia, mentre il Brasile e gli Stati Uniti sono completamente diversi. La mia responsabilità sui siti produttivi di Francia e Italia mi permette di evidenziare diversi aspetti uguali tra questi due Paesi e dal punto di vista legislativo soprattutto sull’environment Italia e Francia sono molto legati e affini, ma anche molto più avanzati di altri Paesi, cosa sicuramente positiva [...] Facevo riferimento alle normative di sicurezza ambientale, soprattutto perché credo che i miei colleghi responsabili per la Germania o per la Norvegia non stanno utilizzando una normativa come questa. La Francia e l'Italia sono i primi a esigere alcune cose positive. In seguito al terremoto in Giappone la normativa è stata resa molto più stringente e Italia e Francia sono stati i primi Paesi a chiedere alle società di fare qualcosa e questo dimostra come vi sia una reazione più veloce e incisiva di quella che si riscontra in altri Paesi. Questo sicuramente per quanto riguarda la normativa ambientale, ma anche in generale la normativa della sicurezza. A volte assistiamo al verificarsi di incidenti in altri Paesi e verifichiamo che la regolamentazione in Italia o in Francia li avrebbe evitati, perché è più stringente. Per questo ritengo che per alcuni aspetti Francia e Italia siano più avanzate di altri Paesi in Europa»
  Di rilievo generale e per i siti esaminati nella presente Relazione anche quanto acquisito da documenti scritti e audizione, il 1o aprile 2015, di Syndial SpA, società del Gruppo ENI.
  Il Gruppo ENI si presenta come «oil company integrata» presente in 85 Paesi con circa 82.000 persone impegnate nei settori dell'esplorazione e della produzione di idrocarburi, nel trasporto internazionale e nel commercio di gas, della raffinazione di prodotti petroliferi, della generazione elettrica, della petrolchimica, dei servizi alla produzione e – appunto con Syndial, società nata nel 2003 – del risanamento ambientale.Pag. 34
  Syndial è una società con circa settecento dipendenti, dedicata esclusivamente al risanamento ambientale, e costituita allo scopo di diventare il «centro di competenza» ENI sul risanamento ambientale.
  Per quanto riguarda la chimica attiva ENI gestisce la produzione e la commercializzazione di prodotti petrolchimici (chimica di base, stirenici, elastomeri, polietilene). Dal 2011 con la società Versalis opera anche nel settore della green chemistry attraverso Matrìca (in joint venture con Novamont).
  ENI è a vario titolo presente in 17 siti di interesse nazionale (SIN) e in più di 80 siti di interesse regionale. I procedimenti di bonifica aperti, sono oltre 900 di cui tuttavia 500 riguardano punti vendita di prodotti petroliferi.
  Nelle audizioni Syndial ha ricordato che molti siti ad alta criticità ambientale sono stati trasferiti ad ENI, tra gli anni ‘80 e l'inizio degli anni ‘90, per la scelta politica di impegnare l'allora ente pubblico economico nel salvataggio di realtà industriali in crisi.
  I casi richiamati sono quelli di provenienza Sir-Rumianca (Porto Torres – Pieve Vergonte); Montedison (Porto Marghera, Priolo, Gela, Brindisi, Manfredonia, Mantova, Ferrara, Crotone – Cassano Cerchiara, Avenza); Bormia (Cengio).
  È stato riferito alla Commissione che il piano strategico ENI relativo alle bonifiche prevede, nel quadriennio 2015-2018, una spesa complessiva di circa 1,2 miliardi di euro.
  L'approccio di ENI-Syndial al tema delle bonifiche è quello (omogeneo rispetto a quello già espresso da Federchimica, come sopra si è visto, e con una linea di tendenza, anche europea) che coniuga questo tema a quello del consumo di suolo, quindi alla rimozione della contaminazione e recupero delle aree evitando di antropizzarne di nuove.
  Vi è dunque una visione comune della chimica italiana contemporanea che coglie opportunità economiche nel possibile riuso di aree infrastrutturate e dedicabili a nuove iniziative imprenditoriali.
  Secondo Syndial le azioni necessarie per accelerare e valorizzare le bonifiche sono così sintetizzabili:
   costante confronto tecnico con le istituzioni e semplificazione degli iter autorizzativi; con un ruolo del Ministero dell'ambiente essenziale per lo sblocco di progetti e il riutilizzo delle aree;
   valorizzazione delle bonifiche in un'ottica di sostenibilità e sviluppo;
   obiettivi di sostenibilità economica, ambientale e sociale;
   obiettivo del riuso delle aree già nella fase progettuale della bonifica;
   agevolazione della riconversione dei siti già utilizzati per scopi industriali e salvaguardia dell'operatività dei siti in esercizio, anche quando oggetto di risanamento;
   riutilizzo delle risorse e minimizzazione della produzione dei rifiuti.

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  Un tema affrontato nel medesimo contesto è quello dell'atteggiamento reciproco nella gestione delle messe in sicurezza e bonifiche di siti contaminati di un attore rilevante quale Syndial e delle pubbliche amministrazioni coinvolte, con particolare riguardo a una delle più rilevanti variabili, costituita dal contenzioso in sede giurisdizionale amministrativa.
  Da un lato la propensione delle aziende coinvolte nei processi di bonifica a impugnare davanti al giudice amministrativo i provvedimenti delle pubbliche amministrazioni (ma anche quelli usciti dalle conferenze dei servizi) può essere vista dalla parte pubblica come tecnica dilatoria, intesa ad evitare nell'immediatezza gli investimenti necessari in base alle prescrizioni impartite; dalla parte privata, per contro, il contenzioso amministrativo è talora descritto come forma di tutela resa necessaria da prescrizioni ritenute inattuabili, ovvero non ragionevoli, o anche soltanto derivanti da inadeguatezze tecniche dei tavoli o da conduzione in senso tecnico-giuridico «perplessa» delle conferenze e dei rapporti tra le parti.
  Sugli aspetti più strettamente tecnici, Syndial fa notare che attualmente oltre il 50 percento degli interventi di bonifica fanno ricorso a tecniche di scavo e smaltimento off-site, ritenute particolarmente onerose ad elevato impatto ambientale; l'obiettivo è tendere all'utilizzo di tecniche di bonifica idonee a trattare e riutilizzare il suolo nel sito, in situ e on-site, con conseguente riduzione dei rischi derivanti dal trasporto e smaltimento di terreno inquinato; nonché tecniche che blocchino le sostanze inquinanti in composti chimici stabili.
  Il tema delle bonifiche in siti storicamente destinati a produzioni chimiche e petrolchimiche si lega a quello delle strategie industriali complessive in questi settori.
  È infatti evidente che la persistente presenza di aziende interessate all'evoluzione dei siti destinata a concludersi con la piena restituzione a legittimi usi produttivi è la principale garanzia di continuità di interlocuzione pubblico-privato che a questo risultato deve tendere; laddove la circolazione di posizioni soggettive private o, peggio, il fallimento delle aziende insediate, genera possibili contenziosi, interruzioni o abbandono di attività di bonifica.
  L'interesse del Parlamento per questa materia è attestato dalla discussione nella Commissione X – Attività produttive, della Camera dei Deputati di una risoluzione (7-00840 approvata il 16 dicembre 2015) sul settore della chimica (11).Pag. 36
  Nella risoluzione e nelle attività istruttorie emerge la preoccupazione per un possibile ridimensionamento della presenza di ENI nel Pag. 37settore chimico, che potrebbe avere riflessi anche sui siti e sulle vicende oggetto della presente Relazione. Come si legge nella risoluzione, «la questione del ruolo di Eni nella filiera chimica italiana e il tema della continuità della presenza pubblica in Eni medesima assumono rilevanza anche per quanto concerne gli investimenti per gli interventi di bonifica e caratterizzazione delle aree – industriali, ai sensi del decreto legislativo n. 152 del 2006 – di cui ENI è protagonista attraverso la controllata Syndial – che costituiscono processo indispensabile per rilanciare l'attrattività di tali aree ai fini della allocazione di nuove, attività produttive, in particolare nel settore della chimica verde».
  Nel medesimo contesto la preoccupazione si è manifestata per il futuro di Versalis, azienda del gruppo ENI presente in tutti siti oggetto della presente Relazione, di cui è stata di recente annunciata la vendita, nonostante lo stesso amministratore delegato di ENI, nel contesto della sua audizione avanti la Commissione X della Camera dei Deputati il 5 novembre 2014 avesse illustrato una strategia complessiva della società, comprendente anche azioni di recupero nel settore della chimica attraverso un piano di rilancio di Versalis «avente come obiettivo il raggiungimento del breakeven operativo a fine 2016 e declinato attraverso le seguenti linee di azione: ottimizzazione della capacità di conversione della chimica di base; flessibilizzazione delle cariche; valorizzazione delle tecnologie di proprietà; nuove piattaforme di chimica verde; sviluppo prodotti specialties e internazionalizzazione».
  La Commissione ha acquisito le relazioni presentate da ENI e da Versalis alla Commissione attività produttive della Camera dei Deputati – rispettivamente nel novembre 2014 e nel dicembre 2015 – ritenendo che il mantenimento e il rafforzamento di una vocazione produttiva moderna e ambientalmente compatibile dei siti di interesse per la presente Relazione sia una delle condizioni essenziali per il progressivo miglioramento della situazione.
  I dati forniti dalle due aziende indicano per il periodo 2009-2013 un risultato negativo della petrolchimica (tab. 1) ma una strategia di risposta che prevede una ristrutturazione dei settori raffinazione e chimica, pur a fronte di una centralità di esplorazione e produzione oil (tab. 2); in questo ambito, nel novembre 2014 e in condizioni di mercato analoghe a quelle attuali, ENI dichiara una volontà di rilancio del settore della chimica anche nei siti di interesse per la presente Relazione (tab. 3); permanendo l'impegno per i siti di interesse nazionale (tab. 4). Nel dicembre 2015, Versalis ribadisce uno storytelling di sviluppo (tab. 5) soprattutto italiano (tab. 6) che potrebbe arrestare il declino occupazionale degli ultimi quindici anni (tab. 7), con azioni in cui i siti di interesse per la presente Relazione vengono espressamente citati (tab. 8, 9).
  Il 24 settembre 2014, dopo un incontro dei vertici di Versalis e delle relazioni industriali di ENI con le organizzazioni sindacali nazionali e locali, l'ufficio stampa di ENI comunicava pubblicamente una linea di indirizzo collocata in questo alveo, con specifico riferimento al Quadrilatero (12), a partire dalla valorizzazione ed Pag. 38evoluzione dell'impianto di Porto Marghera e da investimenti in ricerca, in sinergia con i centri di ricerca Versalis di Mantova e Novara, riservando al polo di Porto Marghera il ruolo di centro nevralgico per le attività di sviluppo tecnologico-ingegneristico dei nuovi impianti; con un consolidamento della logistica per garantire il regolare approvvigionamento di feedstock e prodotti agli stabilimenti di Ferrara, Mantova e Ravenna e un'integrazione per le attività connesse alle nuove produzioni
  La risoluzione parlamentare, i cui contenuti sono stati sopra riportati, rafforza la convinzione di questa Commissione che le bonifiche e l'evoluzione produttiva dei siti – strettamente connesse – debbano avvenire in presenza di una continuità di impegno dell'industria chimica, nonostante l'annunciata vendita di Versalis, mirando alla valorizzazione del know-how delle aziende nazionali, alla ricerca, a una sempre maggiore sostenibilità ambientale e innovazione.

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5. Sito di interesse nazionale di Venezia – Porto Marghera

  La Commissione ha già approvato una Relazione sullo stato di avanzamento dei lavori di bonifica nel sito di interesse nazionale di Venezia – Porto Marghera (Doc XXIII n. 9, relatori: sen. Arrigoni, on. Cominelli, on. Rostan, on. Zolezzi), considerata la necessità di evidenziare le specifiche criticità ivi manifestatesi, in particolare per quanto riguarda i procedimenti amministrativi.
  Nel rinviare alla citata Relazione, se ne riportano i contenuti iniziali descrittivi del sito e una sintesi delle conclusioni, da integrare con le conclusioni della presente Relazione.
  «Il sito di interesse nazionale di Venezia (Porto Marghera) è stato incluso nell'elenco dei siti di bonifica di interesse nazionale dalla legge n. 426 del 1998 e con il successivo decreto ministeriale 23 febbraio 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 52 del 3 marzo 2000, è stata individuata la perimetrazione del SIN, ai sensi dell'articolo 1, comma 4, della legge citata.
  Originariamente, il perimetro comprendeva un territorio di dimensioni pari a circa 3.221 ettari di aree a terra, 350 ettari di canali portuali e 2.200 ettari di area lagunare, nel quale erano incluse aree pubbliche ed aree private, posto che nel sito operano oltre 200 soggetti privati.
  In particolare, l'area perimetrata comprendeva le seguenti aree:
   a) l'area industriale (contenente aziende, quali: Montefibre, Syndial, Dow, Polimeri Europa, Transped, Edison, ENI Spa, Interporto di Venezia Petroven, API, Alcoa Trasformazioni, etc...);
   b) altre aree inquinate o potenzialmente inquinate nel comune di Venezia, anche di tipo:
   c) residenziale, la cui caratterizzazione è stata eseguita dal comune di Venezia all'interno delle seguenti macroisole: macroisola Nord, macroisola Campalto-Osellino, macroisola San Giuliano, macroisola I zona industriale e macroisola Aree agricole;
   d) agricolo, la cui caratterizzazione è stata completata da ARPA Veneto, sulla base del piano di caratterizzazione approvato dalla conferenza di servizi decisoria del 9 marzo 2007;
   e) l'area lagunare prospiciente l'area industriale di Porto Marghera;
   f) le aree interessate da smaltimento abusivo dei rifiuti industriali (discariche);
   g) le aree, comunque, interessate dalla diffusione dei contaminanti.

  Nel 2013, con decreto ministeriale del 24 aprile 2013 del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (deliberazione della Giunta regionale n. 58 del 2013), il perimetro del sito di interesse nazionale, all'esito di un'istruttoria condotta in conferenza di servizi nella quale sono stati acquisiti i pareri degli enti competenti, Pag. 44è stato aggiornato con l'esclusione di tutti i canali industriali di Porto Marghera, sicché l'area ricompresa nel SIN si è ridotta della metà.
  Di conseguenza, la titolarità dei procedimenti di approvazione degli interventi di caratterizzazione, messa in sicurezza e bonifica rimane in capo al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, limitatamente, all'area di seguito descritta:
   1. Limite Sud: limite meridionale dell'area industriale ex Alumix, via dell'Elettronica, fino ai confini dell'area di proprietà San Marco Petroli;
   2. Limite Ovest: limite occidentale area San Marco Petroli, via Malcontenta, S.R. 11, via Fratelli Bandiera, via C. Ghega, via dell'Elettricità, via Volta, via delle Macchine, via del Commercio;
   3. Limite Nord: via Industrie, via Libertà;
   4. Limite Est: area «Pili», macroisola «Raffinerie», macroisola Nuovo Petrolchimico, macroisola Fusina.

  Rimangono escluse dal SIN, oltre ai canali industriali, le aree lagunari, compresa l'isola delle Tresse, l'isola del Tronchetto e la stazione marittima, nonché una serie di aree a terra.
  La superficie totale corrispondente all'attuale perimetrazione del SIN è di 1.621 ettari.
  Le aree già ricomprese nel perimetro di cui al decreto ministeriale 23 febbraio 2000, ora escluse dal SIN, sulla base del nuovo perimetro proposto, vengono considerate come «sito potenzialmente contaminato» e, pertanto, soggette agli obblighi di caratterizzazione/bonifica.
  Invero, a seguito della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale n. 111 del 14 maggio 2013 del decreto ministeriale n. 144 del 24 aprile 2013, concernente la ridefinizione del perimetro del SIN di Venezia (Porto Marghera), la porzione del SIN oggetto della deperimetrazione rientra attualmente nella competenza regionale (SIR).
  La conferenza di servizi decisoria relativa alla ridefinizione del perimetro del SIN ha ritenuto che solo nel caso in cui i finanziamenti siano stati impegnati su progetti approvati dal Ministero dell'ambiente in conferenza di servizi (piani di caratterizzazione, interventi di messa in sicurezza, progetti di bonifica), i finanziamenti potranno continuare ad essere utilizzati anche in aree non più comprese nel SIN.
  Viceversa, in tutti gli altri casi, le risorse dovranno essere impegnate in via esclusiva su aree che rimangono all'interno del SIN. Tale posizione rappresenta la linea adottata per tutti gli altri siti di interesse nazionale che sono stati riperimetrati con esclusione di aree.
  [...] Lo spettro di contaminanti riscontrati nei suoli e nelle acque sotterranee si presenta molto vario, posto che in molti casi, in corrispondenza di determinate aree, è stata rilevata la presenza di diverse famiglie di contaminanti, in particolare:
   nei suoli sono stati rinvenuti metalli (arsenico, cromo, mercurio, nichel), idrocarburi policiclici aromatici (IPA);
   nelle acque di falda sono stati rinvenuti metalli (arsenico, cromo, mercurio, nichel), idrocarburi policiclici aromatici (IPA) e composti organo-clorurati.

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  La genesi di tale inquinamento è sostanzialmente dovuta a tre fattori:
   1) l'avanzamento della linea di costa è stato ottenuto impiegando rifiuti di lavorazione derivanti dalla prima zona industriale (prodotti di scarto di molteplici lavorazioni dell'industria chimica e del trattamento dei metalli), che sono stati utilizzati come materiale per l'imbonimento, sicché vi è stato un inquinamento dei «terreni di riporto»;
   2) le emissioni incontrollate di varie sostanze [principalmente cloroderivati, tra i quali: cloruro di vinile (CVM) e PCB] nei terreni e nelle acque sotterranee;
   3) la ricaduta degli inquinanti immessi nell'atmosfera nel corso degli anni di attività industriale».

  La Relazione, come detto, nell'occuparsi dello stato delle attività, ha analizzato la strategia degli interventi e in particolare le caratteristiche del sistema di marginamento – opera principale prevista – soffermandosi sulle fonti di finanziamento (fondi deliberati dal CIPE, contributi della regione Veneto, fondi della gestione commissariale, fondi privati) e sul sistema dei collaudi.
  La Commissione ha rilevato che l'ufficio del provveditorato interregionale per le opere pubbliche, nella veste di committente dei lavori, per conto dello Stato, non ha mai esercitato, né esercita tuttora, alcun effettivo controllo sia sul sistema di assegnazione, da parte del Consorzio Venezia Nuova, dei subappalti, relativi al MOSE e alle bonifiche, sia sulla congruità dei corrispettivi corrisposti alle ditte subappaltatrici. La carenza di controlli ha consentito al Consorzio Venezia Nuova di assegnare gli appalti alle ditte consorziate in violazione della normativa sulle gare d'appalto, del codice sui contratti pubblici e delle direttive europee.
  I marginamenti delle macroisole di Porto Marghera, opera principale realizzata (e da realizzarsi) nel sito, ha sinora comportato per lo Stato la spesa complessiva di 781,635 milioni di euro, con la realizzazione di circa il 94 percento circa delle opere previste. Mancano ancora oltre tre chilometri di marginamenti e di rifacimento delle sponde.
  A fronte di un 6 percento circa di opere ancora da eseguire per il completamento dei marginamenti lagunari, è peraltro prevista come necessaria la complessiva elevata somma di circa 250 milioni di euro: si tratta di un dato che si deduce dalla ripartizione delle spese previste per la realizzazione delle opere ancora incompiute, rispettivamente di competenza del Provveditorato (100 milioni di euro), della regione Veneto (70/80 milioni di euro) e dell'Autorità portuale di Venezia (76,5 milioni di euro). La lievitazione dei costi è determinata dal fatto che i marginamenti da completare sono quelli più complessi e rimane da realizzare il sistema di raccolta/drenaggio delle acque (di competenza del Provveditorato per le opere pubbliche).
  La Commissione ha rilevato l'incongruità della parcellizzazione delle competenze nell'esecuzione delle opere di marginamento e rifacimento delle sponde delle macroisole lagunari, suddivisa tra il Pag. 46Provveditorato, la regione Veneto e l'Autorità portuale, posto che tutte le spese sono a carico del Ministero dell'ambiente, cioè dello Stato.
  Il mancato tempestivo completamento di tali opere sta provocando il progressivo indebolimento anche dei tratti terminali delle strutture già realizzate e sta mettendo in serio dubbio la bontà complessiva degli interventi finora realizzati, eseguiti non a regola d'arte.
  Il rischio segnalato dalla Commissione è che se non verranno completati sia i marginamenti delle macroisole, sia il sistema di depurazione delle acque di falda, rischiano di essere dispersi tutti gli oneri sinora sostenuti con risorse pubbliche.
  La concretezza di questo rischio emerge dall'informativa inviata alla Commissione dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in data 27 ottobre 2015, che segnala, allo stato, la mancanza di fondi per il completamento delle opere destinate alla bonifica del SIN di Venezia – Porto Marghera, ad eccezione di quelli destinati al completamento dei marginamenti delle macroisole di Fusina e del Nuovo Petrolchimico, già disciplinati dall'accordo di programma del 16 aprile 2012, anch'essi peraltro non disponibili da subito, ma da reperire nell'ambito del ciclo di programmazione 2014-2020. L'informativa ministeriale sopra citata esclude, allo stato, ogni intervento finanziario in favore dell'Autorità portuale per le opere di competenza di quest'ultima.
  Per il completamento delle altre opere, relative ad altre macroisole e al sistema di raccolta/drenaggio delle acque, di competenza del Provveditorato per le opere pubbliche, bisognerà fare ricorso ai fondi, che andranno a maturare fino all'anno 2023, per effetto delle rateazioni previste nei contratti transattivi del danno ambientale, conclusi con i privati.
  Date queste premesse, l'auspicabile sequenza bonifica – riuso del sito, sconta una situazione per certi versi paradossale.
  L'8 gennaio 2015, presso il Ministero dello sviluppo economico è stato sottoscritto dal Ministro, dal presidente della regione Veneto, dal Commissario straordinario del comune di Venezia e dal presidente dell'Autorità portuale di Venezia, l'accordo di programma per la riconversione e la riqualificazione economica dell'area industriale di Porto Marghera, con l'obiettivo di consolidare le attività esistenti, favorire nuovi investimenti finalizzati alla riconversione industriale, all'ambientalizzazione e nuove infrastrutture funzionali alle attività produttive.
  Con l'accordo di programma sono state rese disponibili risorse complessive per quasi 153 milioni di euro, dei quali 103 a carico del Ministero dello sviluppo economico: il Ministero ha deciso di investire in interventi a favore dello sviluppo e dell'occupazione dell'area di Porto Marghera parte della somma incassata dalla Alcoa per lo stabilimento sito nella macroisola di Fusina di Porto Marghera, a seguito della decisione della Commissione europea, che ha obbligato la multinazionale a rendere il valore corrispondente agli sconti sulla bolletta energetica ricevuti nel 2009 e nel 2011, in quanto aiuti di Stato.
  La prevista riqualificazione industriale riguarda i 2.000 ettari di insediamenti produttivi, commerciali e terziari, canali navigabili e Pag. 47bacini, porto commerciale e infrastrutture, che fanno di Porto Marghera una delle più grandi zone industriali costiere d'Europa.
  Inoltre, il Ministero dello sviluppo economico ha messo a disposizione, per l'anno 2015, un credito di imposta di 50 milioni di euro in favore delle imprese che vogliono realizzare progetti di bonifica in aree industriali ricadenti nei SIN, siti di bonifica di interesse nazionale, come quello di Porto Marghera.
  Ma i progetti di reindustrializzazione del SIN di Porto Marghera poggiano su un equivoco di fondo, posto che le opere di bonifica del SIN non sono state ancora completate e non sono funzionanti: la bonifica del SIN costituisce il presupposto ineludibile dell'insediamento di nuove attività produttive e dello sviluppo di quelle esistenti nel sito industriale di Porto Marghera.
  Nello specifico, poiché dalla bonifica del SIN non si può in alcun modo prescindere, si pone il problema della destinazione delle somme vincolate dall'accordo di programma dell'8 gennaio 2015, nonché delle altre somme messe a disposizione dallo Stato e finalizzate alla reindustrializzazione del SIN di Porto Marghera.
  Come pure rileva la Commissione la vicenda del mancato completamento delle opere di bonifica delle macroisole di Porto Marghera è destinata ad avere ulteriori strascichi, dal momento che, in forza degli atti transattivi finora conclusi con i privati, lo Stato si è impegnato a provvedere – peraltro anche in tempi brevi – alla messa in sicurezza di emergenza e alla bonifica della falda nelle aree in concessione o di proprietà dei privati: «con riserva di ulteriori approfondimenti, non può porsi in dubbio che, ove lo Stato non adempia agli obblighi, si configura una sua precisa responsabilità, con possibili conseguenze in termini richieste di adempimento e/o di pretese risarcitorie, considerato che, molto opportunamente, tra le varie clausole contrattuali è stata espressamente esclusa la possibilità di risolvere le transazioni per l'inadempimento della parte pubblica.
  Tanto più appaiono probabili azioni risarcitorie, a fronte del mancato completamento delle opere di marginamento, che hanno carattere primario rispetto alle successive opere di drenaggio delle acque, alla luce sia degli elevati importi versati, sia della qualità e dello spessore economico dei contraenti privati».
  La Commissione ha poi evidenziato una doppia peculiarità (negativa o quantomeno opinabile) del sistema dei collaudi:
   a) sono stati effettuati per ciascun intervento (marginamenti, sistemazioni varie, messa in sicurezza, eccetera), prima del completamento delle opere di marginamento di ciascuna delle quindici macroisole, che ad oggi è ben lungi dall'essere completato, essendo esauriti i fondi a disposizione;
   b) appare significativo il fatto che tra i collaudatori figurino personaggi di tutto rispetto, quali numerosi dirigenti pubblici, nazionali e locali, indicati nell'elenco allegato alla relazione [...] Si tratta, in particolare, di dirigenti apicali del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare; di componenti della Commissione VIA del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare; di dirigenti apicali della regione Veneto; di figure apicali del magistrato alle acque di Venezia e di altri organismi pubblici.

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  Per i collaudi parziali di ciascun manufatto realizzato – banchina o palancolamento – lo Stato ha finora sostenuto esborsi rilevanti (riportati analiticamente nella citata Relazione), destinati a raggiungere la cifra di circa 2 milioni di euro se anche le ulteriori opere saranno collaudate seguendo il medesimo schema e le stesse modalità (di ancora maggiore rilevanza l'importo complessivo delle spese sostenute dall'Erario per i collaudi parziali effettuati anche per il MOSE, con le stesse modalità e con gli stessi parametri di quelli effettuati per la bonifica del sito di Porto Marghera: «l'importo complessivo delle spese sostenute dall'Erario per i collaudi parziali effettuati anche per il MOSE – con le stesse modalità e con gli stessi parametri (2/3 per mille) di quelli effettuati per la bonifica del sito di Porto Marghera – ha raggiunto la cifra di circa 15 milioni di euro [...] Si tratta di una somma talmente rilevante che, da sola, se diversamente impegnata, avrebbe potuto fornire un contributo significativo al completamento delle opere di marginamento, di competenza della regione Veneto, nelle macroisole di Fusina e del Nuovo Petrolchimico).
  Le conclusioni della Relazione della Commissione sullo stato di avanzamento dei lavori di bonifica nel sito di interesse nazionale di Venezia – Porto Marghera riprendono le considerazioni già svolte e le approfondiscono anche in rapporto alle debolezze dei procedimenti amministrativi che la vicenda evidenzia:
  «L'ufficio del provveditorato interregionale per le opere pubbliche, nella veste di committente dei lavori, per conto dello Stato, non ha mai esercitato, né esercita tuttora, alcun effettivo controllo sia sul sistema di assegnazione, da parte del Consorzio Venezia Nuova, dei subappalti, relativi al MOSE e alle bonifiche, sia sulla congruità dei corrispettivi corrisposti alle ditte subappaltatrici.
  L'assenza di controlli ha consentito al Consorzio Venezia Nuova di assegnare gli appalti alle ditte consorziate, in violazione della normativa sulle gare d'appalto, del codice sui contratti pubblici e delle direttive europee.
  Per i marginamenti delle macroisole di Porto Marghera, sinora, lo Stato ha sostenuto la spesa complessiva di 781,635 milioni di euro, con la realizzazione di circa il 94 per cento delle opere previste, sicché mancano circa 3-3,5 chilometri di marginamenti e di rifacimento delle sponde, da eseguire o ancora in corso di realizzazione.
  E, tuttavia, a fronte di un 5/6 per cento di opere ancora da eseguire, per il completamento dei marginamenti lagunari, occorre la complessiva somma di circa 250 milioni di euro, pari ad oltre il 30 per cento di quella sinora sostenuta dallo Stato, per realizzare il 95 per cento delle opere ad oggi eseguite.
  Si tratta di un dato complessivo, che si evince chiaramente dalla ripartizione delle spese previste per la realizzazione delle opere ancora incompiute, rispettivamente, di competenza del Provveditorato (100 milioni di euro), della regione del Veneto (70/80 milioni di euro) e dell'Autorità portuale di Venezia (76,500 milioni di euro).
  Tale picco di spesa finale si spiega con la lievitazione dei costi, determinata dal fatto che i marginamenti da completare e rifinire sono quelli più complessi.Pag. 49
  [...] Soprattutto, infine, rimane da effettuare il sistema di raccolta/ drenaggio delle acque (di competenza del Provveditorato per le opere pubbliche).
  Tutto ciò precisato sui marginamenti e sulle opere da completare, va sottolineato – a chiare lettere – che non si comprende del tutto la ragione della parcellizzazione delle competenze nell'esecuzione delle opere di marginamento e di rifacimento delle sponde delle macroisole lagunari, suddivisa tra il Provveditorato, la regione del Veneto e l'Autorità portuale, posto che tutte le spese sono a carico del Ministero dell'ambiente, cioè, a carico dello Stato.
  Fatto sta che, ad oggi, il mancato completamento di tali opere sta provocando il progressivo indebolimento anche dei tratti terminali delle strutture già realizzate e sta mettendo in serio dubbio la bontà complessiva degli interventi finora realizzati, che sono stati eseguiti non a regola d'arte.
  Ciò significa che, se non verranno reperiti nuovi fondi per completare sia i marginamenti delle macroisole, sia il sistema di depurazione delle acque di falda, rischiano di essere dispersi tutti gli oneri sinora sostenuti dallo Stato, con i fondi di varia provenienza, di cui si è detto.
  Purtroppo, come risulta dall'informativa inviata dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in data 27 ottobre 2015, allo stato, non vi sono fondi disponibili per il completamento delle opere destinate alla bonifica del SIN di Venezia – Porto Marghera, ad eccezione di quelli destinati al completamento dei marginamenti delle macroisole di Fusina e del Nuovo Petrolchimico, già disciplinati dall'accordo di programma del 16 aprile 2012, non disponibili da subito, in quanto da reperire nell'ambito del ciclo di programmazione 2014-2020».
  Per il completamento delle altre opere, relative ad altre macroisole e al sistema di raccolta/drenaggio delle acque, di competenza del Provveditorato per le opere pubbliche, bisognerà fare ricorso ai fondi, che andranno a maturare fino all'anno 2023, per effetto delle rateazioni previste nei contratti transattivi del danno ambientale, conclusi con i privati.
  La Commissione ha accertato nel corso dei suoi lavori che, nonostante allo stato gli importi derivanti dalle transazioni con i privati costituiscano l'unica fonte di finanziamento delle opere ancora da ultimare, mancavano taluni decreti interministeriali di approvazione di transazioni del danno ambientale.
  È stato esaminato il caso della Alcoa, di cui la Commissione si è occupata con l'audizione del 18 novembre 2015 dell'amministratore delegato di Alcoa Trasformazioni srl, e la successiva audizione, il 1o dicembre 2015, del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.
  Il 5 febbraio 2014 era stato stipulato un contratto di transazione tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la società Alcoa Trasformazioni, concernente una controversia pendente davanti il tribunale di Venezia per il risarcimento del danno ambientale. Il contratto ha determinato in 17.836.784 euro gli oneri che la società Alcoa si è impegnata a versare, a transazione della lite anzidetta, con rinunzia agli atti di causa.Pag. 50
  Il 22 aprile 2014, il Ministero dell'ambiente ha trasmesso, sottoscritto dal Ministro, il decreto di approvazione del contratto di transazione, per la successiva controfirma del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.
  L'allora Ministro delle infrastrutture e dei trasporti non ha provveduto a sottoscrivere il decreto interministeriale, né successivamente – dopo la nomina del nuovo Ministro avvenuta in data 2 aprile 2015 – è pervenuto dal Ministero dell'ambiente un nuovo schema di decreto, posto che – secondo prassi – i decreti interministeriali vengono riproposti quando viene nominato un nuovo Ministro.
  Verificata la regolarità della procedura e la congruità della transazione, ora il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, dopo l'audizione disposta dalla Commissione, si accinge a perfezionare il procedimento.
  Si osserva peraltro nella citata Relazione che «a riprova dell'inceppamento della macchina amministrativa, non può non essere sottolineato il fatto che la situazione riscontrata a proposito dell'Alcoa, purtroppo, non costituisce fatto isolato. Invero, dal verbale della conferenza di servizi istruttoria del 26 febbraio 2015, tenutasi a Roma presso il Ministero dell'ambiente, risulta che anche un'altra società, la Veritas spa, con impianti nella macroisola di Fusina, ha sottoscritto un analogo contratto di transazione del danno ambientale, in data 23 settembre 2014 (cioè, ben oltre un anno fa), il cui decreto di approvazione, benché puntualmente inviato per la sottoscrizione dal Ministero dell'ambiente al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, non risulta ancora sottoscritto».
  La debolezza dell'azione amministrativa, secondo quanto si osserva nella citata Relazione, produce gli ulteriori effetti paradossali già sopra richiamati:
   «in data 8 gennaio 2015 – presso il Ministero dello sviluppo economico è stato sottoscritto dal Ministro, dal presidente della regione Veneto, dal commissario straordinario del comune di Venezia e dal presidente dell'Autorità portuale di Venezia, l'accordo di programma per la riconversione e la riqualificazione economica dell'area industriale di Porto Marghera, con l'obiettivo di consolidare le attività esistenti, favorire nuovi investimenti finalizzati alla riconversione industriale, all'ambientalizzazione e nuove infrastrutture funzionali alle attività produttive.
  Con l'accordo di programma sono state rese disponibili risorse complessive per quasi 153 milioni di euro, dei quali 103 a carico del Ministero dello sviluppo economico, frutto dei rimborsi effettuati dalla sopra menzionata società Alcoa per lo stabilimento sito nella macroisola di Fusina di Porto Marghera, a seguito della decisione della Commissione europea, che ha obbligato la multinazionale a restituire il valore corrispondente agli sconti sulla bolletta energetica ricevuti nel 2009 e nel 2011, in quanto aiuti di Stato.
  Il Ministero dello sviluppo economico, con il suddetto accordo di programma, ha deciso di investire parte della somma incassata dalla Alcoa in interventi a favore dello sviluppo e dell'occupazione proprio dell'area di Porto Marghera. La riqualificazione industriale riguarda infatti i 2.000 ettari di insediamenti produttivi, commerciali e terziari, canali navigabili e bacini, porto commerciale e infrastrutture, che Pag. 51fanno di Porto Marghera una delle più grandi zone industriali costiere d'Europa.
  Inoltre, il Ministero dello sviluppo economico ha messo a disposizione, per l'anno 2015, un credito di imposta di 50 milioni di euro in favore delle imprese che vogliono realizzare progetti di bonifica in aree industriali ricadenti nei SIN, siti di bonifica di interesse nazionale, come quello di Porto Marghera.
  Quanto sopra rappresentato e, cioè, i progetti di reindustrializzazione del SIN di Porto Marghera – nella specie da effettuarsi con i rimborsi della società Alcoa – poggiano su un equivoco di fondo, che non corrisponde alla reale situazione dei luoghi e dei fatti, posto che le opere di bonifica del SIN non sono state ancora completate e non sono funzionanti.
  Invero, la messa in sicurezza e la successiva bonifica del SIN costituiscono il presupposto ineludibile dell'insediamento di nuove attività produttive e dello sviluppo di quelle esistenti nel sito industriale di Porto Marghera, altrimenti l'inquinamento esistente si aggraverebbe.
  Nelle specifico, poiché dalla bonifica del SIN non si può in alcun modo prescindere, si pone il problema – attuale e non da poco – della destinazione delle somme vincolate dall'accordo di programma, sottoscritto in data 8 gennaio 2015, nonché delle altre somme messe a disposizione dallo Stato, finalizzate alla reindustrializzazione del SIN di Porto Marghera». Il programma del Ministero dello sviluppo economico dovrebbe completarsi con la destinazione immediata di finanziamenti da parte del Ministero dell'ambiente per la chiusura definitiva dei lavori di marginamento e rifacimento delle sponde, anche per salvaguardare bontà complessiva degli interventi finora realizzati.
  Il tema del rapporto tra bonifica e riuso a finalità produttive delle aree del SIN e della necessità di ricerca di efficacia nell'azione amministrativa connotata da quel finalismo si ripropone ancora una volta.

6. Mantova, Sito di Interesse Nazionale «Laghi di Mantova e Polo chimico»

6.1 Perimetrazione del SIN «Laghi di Mantova e Polo chimico» e caratteristiche

  È «sito di bonifica di interesse nazionale» con la legge n. 179 del 2002, perimetrato con decreto ministeriale del 7 febbraio 2003, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 86 del 12 aprile 2003, ha una estensione di 3,5 chilometri quadrati.
  Il perimetro include un territorio di circa 1.030 ettari, di cui fanno parte aree pubbliche, quali i Laghi di Mezzo e Inferiore, la riserva naturale della Vallazza e alcuni tratti del fiume Mincio con le relative sponde e aree private, quali l'area del Polo Industriale.
  Circa il 60 percento dell'area totale è costituita da area a terra, mentre circa il 40 percento è costituito dai Laghi di Mezzo e Inferiore e dal fiume Mincio.Pag. 52
  Parte dei citati territori sono ricompresi all'interno del Parco del Mincio.
  Dal punto di vista geografico e amministrativo, il SIN si compone di quattro quartieri del comune di Mantova (Lunetta, Virgiliana, Frassine e Valletta Valsecchi) e di un quartiere, Mottella, appartenente al piccolo comune limitrofo di San Giorgio di Mantova.
  La città di Mantova è ubicata sulla sponda destra del fiume Mincio, mentre su quella sinistra insiste il polo chimico, che dista dal centro cittadino appena due chilometri.
  Quanto alla compromissione di natura socio/sanitaria e ambientale, presente nel sito di interesse nazionale, deve essere posto in evidenza il fatto che, sulla base dei dati fino ad oggi disponibili del Ministero dell'ambiente, nei suoli è presente una contaminazione da metalli, da BTEXS, da idrocarburi leggeri e pesanti e da diossine, mentre le acque di falda presentano una contaminazione da metalli, da composti organici aromatici, da composti alifatici clorurati cancerogeni, da composti alifatici clorurati non cancerogeni IPA, MTBE, ETBE e da idrocarburi totali.
  In generale, nel sito perimetrato è stata rinvenuta una forte contaminazione di suolo, sottosuolo e falda acquifera da metalli pesanti, principalmente mercurio per le aree lacustri e fluviali.
  A loro volta, le acque di falda presentano una contaminazione da solventi organici aromatici (benzene, stirene e cumene), idrocarburi, solventi organo-alogenati e metalli pesanti.
  Soprattutto, nelle acque di falda, è stata riscontrata la presenza di fase organica (surnatante), costituita da un misto schiumoso e di grosso spessore di sostanze solide e liquide, amalgamate, provenienti da lavorazioni chimiche e, in particolare, da idrocarburi che galleggiano nelle acque di falda.
  La finalità degli interventi è principalmente quella di evitare che la contaminazione della falda e dei canali raggiunga il fiume Mincio e le aree umide a valle.
  Le aree occupate da aziende private, parte delle quali destinate ad attività economica, finora censite, coinvolgono i seguenti soggetti privati: Versalis spa (prima Polimeri Europa – produzione di Stirolo, polistirolo, idrogenati, alchifenoli, fenolo e acetone), Syndial spa (aree non attive), IES spa (Raffineria), ITAS spa (trafilatura della vergella d'acciaio), Sogefi Filtration (produzione di filtri), Colori Freddi srl (produzione di colori ad acqua per l'edilizia e smalti a pannello), Bellely Energy srl (progettazione e produzione di componentistica di impianto per l'industria chimica, petrolchimica, termoelettrica), Enipower, Claipa (punto vendita carburanti), Brescialat (ex Azienda Agricola le Betulle), Fratelli Posio (ferramenta), ex Punto Vendita ENI R&M, Sol (area inclusa nel SIN di modesta estensione, mentre l'intera area produttiva è fuori SIN).
  Per quanto riguarda l'area pubblica, una porzione include aree a terra, mentre un'altra include aree lacustri.
  Di particolare interesse risultano queste ultime, dal momento che numerosi rilievi, a partire dagli anni ’70, hanno posto in evidenza una contaminazione da metalli pesanti, principalmente, mercurio, per le aree lacustri e fluviali.

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6.2 I contaminanti principali riscontrati all'interno del Sito

  Ad oggi sono state realizzate numerose campagne unitarie e coordinate di monitoraggio delle acque di falda, al fine di valutarne lo stato di contaminazione in tutta l'area del sito di interesse nazionale.
  In particolare – come si evince dalla relazione trasmessa alla Commissione da ARPA Mantova (13) – la campagna di monitoraggio del 2013 ha consentito di porre in evidenza:
   la presenza di sostanze contaminanti (idrocarburi totali, benzene, Mtbe, Etbe, solventi clorurati) nelle acque sotterranee a valle della barriera idraulica IES, in aree di proprietà della stessa IES e di Belleli Energy;
   la presenza di mercurio in falda in prossimità dell'edificio «sala celle» dell'ex impianto cloro-soda in area di proprietà della Versalis;
   la presenza di contaminazione da solventi clorurati in area Versalis, in particolare nella zona compresa tra la zona impianto ST20 e zona CER, correlata alla presenza in loco di una possibile sorgente di contaminazione;
   la contaminazione della falda da solventi clorurati in corrispondenza dell'Industria Colori Freddi San Giorgio.

  Dalle risultanze delle indagini eseguite dall'ARPA Mantova – che hanno coinvolto 14 aziende ricadenti all'interno del sito di interesse nazionale SIN con il campionamento di 217 piezometri – è emersa una situazione preoccupante per la salute pubblica e per l'ambiente.
  Con riferimento al benzene, la contaminazione interessa diversi piezometri che ricadono in area Versalis, Raffineria IES e «Collina» Syndial.
  Dalla cartografia – allegato n. 8 alla relazione ARPA – risulta che il benzene «è il parametro che presenta la contaminazione più elevata e diffusa con valori che in alcuni casi superano i valori di legge di alcune decine di migliaia di volte.
  Le concentrazioni più elevate di benzene sono state riscontrate nei piezometri interni agli stabilimenti in particolare in prossimità delle aree caratterizzate dalla presenza di surnatante (zona ST20, zona CER e parco serbatoi in aerea Versalis), area collina di Syndial, raffineria IES, deposito nazionale IES, area villette IES. Risulta inoltre che «elevate concentrazioni di benzene si riscontrano anche in alcuni piezometri posizionati a valle della barriera idraulica IES testimoniando la fuoriuscita di sostanze contaminanti dal confine di stabilimento». Infine, è stata rilevata la presenza di benzene anche nel piezometro 092 in zona darsena Belleli al ridosso delle zone umide e del fiume Mincio.
  Il rapporto dell'ARPA conclude con le seguenti raccomandazioni:
   per quanto riguarda la società IES la richiesta della presentazione di un progetto unico di bonifica della falda che contempli sia il recupero del prodotto surnatante sia lo sbarramento idraulico a Pag. 54valle per impedire la contaminazione delle aree umide e del fiume Mincio;
   con riferimento alla proprietà Versalis, la presenza di mercurio in falda in prossimità dell'edificio dell'ex impianto cloro-soda testimonia come sia attivo il passaggio di tale contaminante dal terreno alle acque sotterranee. Con ciò evidenziando come urgenti gli interventi già proposti nella conferenza dei servizi del 25 luglio 2013 e ribaditi nella conferenza di servizi istruttoria convocata presso il Ministero dell'ambiente in data 17 marzo 2014;
   sempre con riferimento alla proprietà Versalis, considerata la contaminazione da solventi clorurati, l'Arpa chiede la presentazione di un piano di indagine per verificare la qualità dei terreni e delle acque sotterranee nonché un'integrazione di una rete di monitoraggio delle acque sotterranee per verificare l'efficacia dello sbarramento idraulico anche in profondità;
   con riferimento alla collina di Syndial, tenuto conto dell'elevato inquinamento della falda principale, si chiede alla ditta di realizzare quanto prima le attività di confinamento fisico della falda sino a 24 metri di profondità, come previsto dal progetto di bonifica già approvato dal Ministero dell'ambiente;
   con riferimento all'Industria Colori Freddi di San Giorgio, considerata l'elevata contaminazione della falda da solventi clorurati, tenuto conto che le ripetute richieste e ordinanze di esecuzione del progetto di bonifica sono state disattese, ARPA ritiene che debbano essere attivati i poteri sostitutivi per individuare e bonificare le sorgenti di contaminazione.

  È in corso una campagna coordinata di monitoraggio delle acque sotterranee che prevede il prelievo di campioni da circa 230 pozzi/piezometri ubicati sia all'interno degli stabilimenti che nelle aree a valle in prossimità delle aree umide e del fiume Mincio.
  Ogni azienda preleva i campioni dai propri piezometri affidando l'analisi chimica della totalità dei campioni a laboratori privati; ARPA procede al controllo analitico presso il laboratorio ARPA di Brescia su circa il 10 percento dei campioni per verificarne la coerenza; una volta verificata la congruità dei dati, ARPA procede ad una mappatura d'insieme dei contaminanti evidenziando le criticità riscontrate tenendo conto delle relazioni monte-valle (14).

6.3 Gli interventi ad oggi attivati nelle aree private

  Per quel che concerne le attività di messa in sicurezza d'emergenza delle acque di falda, va posto in evidenza che gli interventi presentano uno stato di attuazione differenziato, in quanto in alcune aree sono già attivi sistemi di emungimento delle acque di falda [Versalis spa, ITAS 1 spa (sede storica), ITAS 2 spa (ex Monfardini Remigio), IES spa, Sogefi Filtration spa], mentre in altre aree è stata Pag. 55richiesta l'adozione di immediati interventi di messa in sicurezza d'emergenza.
  Nell'area «Collina», oggi di proprietà Syndial, che costituiva la discarica dello stabilimento petrolchimico, è presente una contaminazione in falda da IPA (idrocarburi policiclici aromatici). Le attuali misure in atto di messa in sicurezza d'emergenza consistono in una barriera idraulica e in una cinturazione dell'area tramite palancole infisse fino a 10 metri dal piano di campagna (perimetro della palancolatura circa 1200 metri), che non intercettano la falda principale, sicché, come si dirà di seguito, in funzione della messa in sicurezza e bonifica del sito, è attualmente in corso, da parte della società Syndial, un'attività di bonifica articolata in più fasi che prevede la caratterizzazione in situ dei rifiuti/terreni contaminati, la realizzazione di un confinamento fisico fino a 25 metri dal piano di campagna, l'asportazione e lo smaltimento off site dei rifiuti/terreni contaminati ed infine la bonifica in situ dei terreni sottostanti i rifiuti.
  In merito alle attività di caratterizzazione, la percentuale di aree interessate da piani di caratterizzazione presentati è pari a circa l'87 percento rispetto al totale dell'area perimetrata. All'interno del sito assumono particolare rilevanza:
   la raffineria di proprietà della IES spa (Gruppo Mol);
   l'area Belleli Energy CPE srl;
   l'Industria Colori Freddi srl
   l'area dello stabilimento della Versalis spa, già Polimeri Europa spa (Gruppo Eni) e l'area del canale Sisma, di proprietà Versalis, nel quale vengono scaricate le acque reflue industriali e le acque di raffreddamento dello stabilimento, i cui sedimenti sono risultati contaminati prevalentemente da mercurio
   l'area di proprietà della Syndial SpA (Gruppo Eni), denominata Area Collina, utilizzata, come si è detto, fino al 1979 come zona di accumulo di rifiuti di diverso tipo, provenienti dalle attività svolte all'interno dello stabilimento dalla Montedison SpA.

  Di seguito si riporta un dettaglio relativo alle problematiche principali delle sopracitate aree.

6.3.1 Area IES

  L'estensione totale delle aree di proprietà della società IES (Gruppo Mol), interne al Sito di Interesse Nazionale, è pari a 105,39 ettari.
  Il sito IES di Mantova è ubicato nel perimetro del comune di Mantova, sulla sponda sinistra del Lago Inferiore, lì dove il lago si chiude per ridiventare fiume Mincio.
  Lo stabilimento IES è situato in gran parte a nord della via Brennero e ad est del Lago Inferiore.Pag. 56
  L'area di proprietà IES può essere suddivisa in 4 sottoaree:
   1. Aree interne al sito produttivo, che comprendono la Raffineria e il Deposito Libero prospiciente;
   2. Area esterna denominata «Area Villette»;
   3. Area esterna denominata «Ex Belleli», acquistata dal curatore fallimentare della Belleli SpA, sin dal lontano mese di settembre 2005;
   4. Aree esterne denominate «Vallazza» e «Stagno pista ciclabile».

  Tutte le aree di proprietà sono state caratterizzate da parte della società, ad eccezione delle aree di nuova acquisizione, per le quali è in corso l'attività di caratterizzazione.
  Inoltre, la società IES ha caratterizzato e previsto interventi di prevenzione nell'area denominata «Area Villette», ricompresa nel sito di interesse nazionale solo in parte.
  Quanto agli interventi di messa in sicurezza d'emergenza, nell'area di Raffineria IES risultano in corso i seguenti interventi di MISE:
   A1. barriera idraulica e di trattamento delle acque di falda contaminate da surnatante. Com’è noto, gli idrocarburi sono composti da varie sostanze, alcune più leggere, altre più pesanti, ma quella più pericolosa è la componente leggera che, in quanto tale, galleggia sull'acqua e viene definita «surnatante». Si tratta di prodotto organico che, impregnando il terreno a contatto con la falda (surnatante), costituisce una sorgente di contaminazione primaria, a causa del continuo rilascio di sostanze inquinanti nelle acque sotterranee. La rimozione del surnatante rappresenta quindi una fase fondamentale della bonifica dei terreni e della falda. A tale proposito, è attiva una barriera idraulica di contenimento della falda acquifera e recupero del surnatante che conta 64 pozzi esterni di emungimento, nei quali il sistema di emungimento delle acque di falda è accoppiato a un sistema dual pump (che crea una depressione in falda nelle acque e richiede una pompa dedicata al recupero dell'olio) per il recupero surnatante, che viene risucchiato, portato in superficie e avviato a smaltimento (che è risultato regolare).
   A2. recupero surnatante in n. 51 pozzi interni area di proprietà;
   A3. recupero surnatante nell'adiacente area Belleli Energy CPE.

  Nella relazione del 9 aprile 2015 (15) la società IES riferisce di aver recuperato, a partire dal mese di novembre 2008, complessivamente circa 1100 metri cubi di prodotto surnatante (da pozzi e piezometri), la maggior parte del quale (circa l'80 percento) è stato recuperato dai pozzi, introducendo altri sistemi di recupero prodotto automatici (con maggiore efficienza.
  L'attuale rete di pozzi di recupero è stata integrata con l'obiettivo di posizionare pozzi di recupero prodotto in tutte le aree di raffineria, che presentano prodotto surnatante.Pag. 57
  Considerando un periodo di cinque anni di attività puntuale e un costante di recupero, il prodotto surnatante non è più presente in molte aree di stabilimento e, attualmente, l'area impattata dal surnatante risulta nettamente inferiore a quella riscontrata nel luglio 2008.
  Si tratta di un dato che ha trovato puntuale conferma nell'aggiornamento dell'ARPA Lombardia pervenuto in data 1o luglio 2015 (16), in cui si riferisce che, nel 2010, la superficie interessata dalla presenza del surnatante era di circa 200.000 metri quadri, mentre nel 2013 era intorno ai 115.000 metri quadri (cfr. dichiarazioni del responsabile unità organizzativa bonifiche ARPA Mantova, Alessandro Bianchi, nel corso dell'audizione del 18 giugno 2015).
  Con l'ordinanza emessa in data 15 ottobre 2012 (prot. 21/258), la provincia di Mantova ha individuato la IES, quale responsabile del superamento delle CSC, di cui alla tabella 2, allegato 5, Titolo V Parte Quarta del decreto legislativo n. 152 del 2006, oltre che responsabile della presenza in falda di prodotto in fase separata nello stabilimento IES e in corrispondenza dello stabilimento Belleli Energy.
  Avverso tale ordinanza, la IES ha proposto ricorso al Tar di Brescia.
  In merito alla presenza di surnatante e alla contaminazione delle acque di falda in area IES, la SOGESID – società in house del Ministero dell'ambiente – nell'ambito degli interventi di cui all'Accordo di programma del 31 maggio 2007 del SIN «Laghi di Mantova e Polo Chimico» e del successivo atto sostitutivo del 27 marzo 2013 – ha presentato il Progetto del primo stralcio funzionale degli interventi di messa in sicurezza e bonifica della falda acquifera nelle sole aree di proprietà di IES spa/Belleli Energy CPE srl, che include anche l'integrazione relativa all'impianto di trattamento delle acque di falda.
  Il progetto prevede: 1) la cinturazione dell'area IES, lato lago inferiore e fiume Mincio, mediante diaframma plastico, palancole e pozzi di emungimento, 2) tre pozzi di recupero surnatante nell'area Belleli Energy CPE.
  Lo sviluppo dell'opera di barrieramento fisico è pari a circa 1.200 metri lineari e il costo dell'intervento è pari a 16.184.220,84 euro.
  Il progetto e il decreto definitivo n. 4598/TRI/DI/B del 21 ottobre 2013 di approvazione del citato progetto sono stati notificati alla società IES, con nota prot. Ministero dell'ambiente n. 3637 del 5 febbraio 2014, con la richiesta di eseguirlo nel termine di 90 giorni dalla notifica.
  La società ha proposto ricorso al TAR di Brescia avverso il decreto definitivo del Ministero dell'ambiente (n. 4598/TRI/DI/B del 21 febbraio 2013), chiedendo la sospensione cautelare del provvedimento, ma il TAR non ha sospeso il provvedimento, fissando per la trattazione nel merito del ricorso l'udienza del 29 ottobre 2014, rinviata al mese di febbraio 2016. In tale contesto, è intervenuta l'Avvocatura distrettuale dello Stato di Brescia, con nota prot. 10838 del 14 maggio 2014 (prot. MATTM 0013290 del 14 maggio 2014), che ha suggerito al Ministero dell'ambiente di non adottare a scopo precauzionale «atti e comportamenti che possano comportare irreversibili trasformazioni delle aree oggetto del progetto».Pag. 58
  Successivamente, la conferenza di servizi istruttoria del 28 maggio 2014 ha confermato che, dal punto di vista tecnico, non sussiste alcuna interferenza con le attività di messa in sicurezza d'emergenza, finalizzate alla rimozione e al recupero del surnatante nella falda nell'area Belleli Energy CPE e che la IES è tenuta a realizzare gli interventi previsti dal progetto medesimo.
  A sua volta, la IES ha presentato, rispettivamente, in data 15 settembre 2014 e 17 settembre 2014, una proposta progettuale denominata Progetto alternativo al «Progetto Definitivo degli interventi di messa in sicurezza e bonifica della falda acquifera del SIN Laghi di Mantova e Polo Chimico – 1o Stralcio funzionale» e l'errata corrige della relazione tecnica, comunicando di avere, comunque, avviato le attività di campo per il recupero surnatante nell'area Belleli Energy.
  La suddetta proposta progettuale alternativa della IES – peraltro, presentata solo a seguito della notifica del progetto redatto dalla SOGESID, approvato nelle conferenze di servizi decisorie del 10 ottobre 2011 e del 5 settembre 2013 e i cui oneri restano comunque a carico della IES – è finalizzata a dimostrare che la stessa raggiunge i medesimi obiettivi del progetto SOGESID, ossia, la protezione del recettore Lago Inferiore e della riserva naturale Vallazza, lungo i confini della IES, tenendo in considerazione l'azione delle opere di emungimento falda, già attivate dalla IES, che vengono comunque integrate.
  La conferenza di servizi istruttoria del 9 dicembre 2014 – acquisiti i pareri espressi dalla struttura di assistenza tecnica alla direzione del Ministero dell'ambiente, dall'ARPA Lombardia e dall'ISPRA, secondo cui la proposta progettuale della IES doveva essere revisionata ed integrata – ha chiesto alla IES di trasmettere, entro 60 giorni dalla data di notifica del verbale della conferenza, una integrazione progettuale, ottemperando a una serie di prescrizioni.
  A sua volta, la IES (con nota prot. 1285 del 10 febbraio 2015, acquisito al protocollo del Ministero dell'ambiente con il n. 1576 dell'11 febbraio 2015) ha trasmesso un documento integrativo alla proposta progettuale alternativa al «Progetto Definitivo degli interventi di messa in sicurezza e bonifica della falda acquifera del SIN Laghi di Mantova e Polo Chimico – 1o Stralcio funzionale», che costituisce la risposta alle prescrizioni della conferenza di servizi istruttoria del 9 dicembre 2014.
  A tale documento la società ha allegato una relazione sull'impianto TAF (trattamento acque di falda) e una nuova stima dei costi, che include il costo per la gestione dell'impianto TAF per 5 anni.
  Dopo l'acquisizione dei pareri di ISPRA, dell'Istituto Superiore di Sanità, dell'Arpa Mantova e del Parco del Mincio, nonché della valutazione da parte della struttura di assistenza tecnica del MATTM, il progetto trasmesso dalla IES – come sopra integrato – è stato ritenuto approvabile dalla conferenza di servizi istruttoria del 14 luglio 2015 e, di conseguenza, la conferenza di servizi decisoria, tenutasi in pari data, ha richiesto alla IES – ai fini del perfezionamento del decreto – di trasmettere un documento unitario di risposta alle prescrizioni tecniche formulate dalla conferenza, nonché di acquisire tutte le autorizzazioni necessarie all'avvio del progetto.Pag. 59
  Il decreto di approvazione di tale progetto di bonifica è in fase di istruttoria, avendo il Ministero dell'ambiente acquisito i pareri richiesti, nonché il parere della regione Lombardia sull'assoggettabilità a valutazione d'impatto ambientale (VIA) delle opere previste dal progetto.
  In tale contesto operativo, il comune di Mantova – con la nota prot. MN20150010687, in data 11 marzo 2015, acquisito al prot. del MATTM con n. 6570 del 18.05.2015 – ha riferito che la IES SpA, nell'ambito dell'iter amministrativo in corso per l'autorizzazione della dismissione della raffineria e la trasformazione in depositi non aveva fornito risposte adeguate alle richieste/prescrizioni formulate dallo stesso comune di Mantova.
  La nota del comune di Mantova, molto opportunamente, ribadisce la necessità della partecipazione del Ministero dell'ambiente al procedimento in oggetto, nonché la necessità di un coordinamento tra l'iter amministrativo relativo alla dismissione della raffineria IES e il procedimento per la bonifica del SIN «Laghi di Mantova e Polo chimico».
  In particolare, nella nota inviata, il comune pone in evidenza che, non essendo in atto sistemi di sicurezza operativa nell'area, non era applicabile l'articolo 36, primo comma, legge 134 del 2012, al fine di escludere la bonifica per la trasformazione in depositi degli impianti di raffinazione della IES.
  Quanto alla revisione del Progetto di messa in sicurezza operativa dei suoli della Raffineria (Progetto di MISO) e alla rielaborazione dell'analisi di rischio relativa alle sole aree interne al confine fiscale (area Raffineria, area Deposito Nazionale, area Serbatoi Belleli), richieste dalla conferenza di servizi istruttoria del 17 marzo 2014, la IES, nel mese di agosto 2015, comunicava che avrebbe trasmesso il progetto di MISO e la revisione dell'analisi di rischio.
  In ordine alla trasformazione in deposito di oli minerali della raffineria IES, la conferenza di servizi istruttoria del 14 luglio 2015 precisava che l'iter amministrativo relativo alla dismissione della raffineria IES (in capo al Ministero dello sviluppo economico) e il procedimento per la bonifica del SIN «Laghi di Mantova e Polo chimico» dovevano essere coordinati, stabilendo che la IES era comunque tenuta ad ottemperare alle prescrizioni formulate nell'ambito del procedimento di bonifica.
  Invero, ai sensi dell'articolo 36, primo comma, legge 134 del 2012, il progetto di riutilizzo delle aree interessate, approvato nell'ambito del procedimento di riconversione, doveva attestare la non compromissione di eventuali successivi interventi di bonifica, ai sensi dell'articolo 242 decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni.
  La citata conferenza di servizi istruttoria ha chiesto tra l'altro alla IES di:
   a) trasmettere, nei tempi tecnici strettamente necessari, un documento contenente i risultati delle indagini integrative da effettuare nelle aree esterne alla raffineria della IES spa, in ottemperanza alle prescrizioni della conferenza di servizi decisoria del 10 ottobre 2011;Pag. 60
   b) effettuare interventi di messa in sicurezza d'emergenza e/o bonifica ove necessari, anche nell’«area rilevata», ubicata in area di proprietà IES, sebbene esterna al confine fiscale della raffineria della IES spa;
   c) trasmettere i risultati del piano di caratterizzazione dell'area ex Belleli, approvato dalla conferenza di servizi decisoria del 27 luglio 2007;
   d) presentare una revisione dell'analisi di rischio per l'Area Villette.

  A questo punto si resta in attesa dei successivi sviluppi della vicenda.
  Nel corso dell'audizione del 18 giugno 2015, l'amministratore delegato della IES, Maurizio Migliarotti, ha riferito che il gruppo MOL aveva deciso di convertire la raffineria IES in deposito di oli minerali, operazione già iniziata nei mesi di settembre/ottobre 2013, con la fermata della raffineria, mentre la nuova tipologia di attività era già iniziata nel mese di novembre 2014, con l'arrivo a Porto Marghera del primo cargo proveniente dalla Louisiana, raccordato con i serbatoi della IES a Mantova mediante pipe-line (elemento del già citato collegamento fisico/funzionale tra i poli del Quadrilatero).
  Per quanto riguarda la messa in sicurezza d'emergenza, il responsabile del sito IES di Mantova, Fausto Ponti, ha riferito che i pozzi di emungimento, portati da 50 a 64, aveva consentito di ottimizzare il recupero del surnatante. Invero, ogni anno vengono trattati e bonificati 400.000 metri cubi di acqua di falda, gli inquinanti vengono trattenuti da un impianto TAF, per il trattamento di acque di falda, installato in emergenza.
  Con il nuovo progetto – alternativo a quello della SOGESID – proposto dalla Foster Wheeler Italiana srl (17), con la supervisione del professor Manassero del Politecnico di Torino, la IES aveva intenzione di raddoppiare tali volumi di acqua, trattando più di 900.000 metri cubi di acqua all'anno.
  In pratica, verrebbe realizzata una barriera a monte e mantenuta la barriera a valle potenziata. In questo modo, come secondo i risultati dello studio del professor Manassero, per quanto riguarda la falda verrebbero bloccati tutti gli inquinanti.
  A sua volta, il responsabile unità organizzativa bonifiche ARPA di Mantova ha dichiarato di valutare positivamente il progetto IES – Foster Wheeler Italiana, rispetto a quello della SOGESID, in quanto basato su pozzi barriera che, abbassando la falda, dovrebbero accelerare anche l'emungimento e il recupero del surnatante, poiché, quando la falda è bassa, vi è un maggior recupero di surnatante.
  Il progetto della IES prevede anche il raddoppio delle portate dei pozzi, pur con la dovuta attenzione, in quanto l'abbassamento poteva essere eccessivo, sicché potevano verificarsi problemi di subsidenza.
  In tale contesto, il suggerimento dell'ARPA Mantova – che opera d'intesa con il Ministero dell'ambiente – è nel senso separare i pozzi da recupero surnatante da quelli di barriera, nel senso di realizzare, per un verso, lo sbarramento idraulico attraverso i pozzi barriera con Pag. 61la massima portata fissa, in modo che il punto di contaminazione non si estenda, mentre, per altro verso, i pozzi dedicati al recupero del surnatante potrebbero avere una portata variabile.
  Altro problema strettamente connesso è quello della presenza nel sito della IES di 58 serbatoi, che, dopo la trasformazione della raffineria in deposito logistico, dovrebbero essere rimossi, come ripetutamente chiesto alla società il sindaco di Mantova, Mattia Palazzi, sentito nel corso dell'audizione del 18 giugno 2015.
  A tale proposito, il responsabile del servizio igiene e sanità pubblica dell'ASL di Mantova, Andrea Gallo, nel corso della suddetta audizione, ha dichiarato che i serbatoi della IES, utilizzati per l'assetto di transizione, quindi temporanei, in base a quanto dichiarato dalla ditta, erano dotati di doppio fondo, mentre, in merito alle linee di prodotto, la società aveva inviato una nota in cui viene specificato che tutte quelle non più utilizzate sono state bonificate e rese gas free, mentre quelle utilizzate sono state rese ispezionabili.
  La situazione della IES merita attenzione per l'apparente contrasto tra strategia di reindustrializzazione e vicende amministrative.
  Nell'audizione del 18 giugno 2015 l'amministratore delegato di IES dichiarava «il gruppo MOL, quando ha deciso di operare la fermata della raffineria, a settembre-ottobre 2013, allo stesso modo tempo ha deciso di convertire la parte di asset interessata alla nuova attività tramite un investimento che nel suo complessivo ha prodotto un impegno finanziario di 110 milioni di euro su Mantova. Questo progetto sta andando avanti e sta arrivando verso la fase finale dal punto di vista della trasformazione dell’asset per la nuova tipologia di attività, partita nel novembre 2014», con positivi riflessi occupazionali (18).
  Rispetto a questo orientamento il contrasto con il precedente governo sul progetto di bonifica appare distonico.
  Ha affermato l'amministratore delegato di IES «questo progetto [quello alternativo al progetto SOGESID] nasce per noi in una fase in cui avevamo appena concluso questa vertenza molto dura a Roma. Abbiamo ricevuto un decreto dieci giorni prima della caduta del governo Letta, se ricordo bene; soprattutto, si è generata frustrazione per le modalità in cui lo abbiamo ricevuto e per i contenuti»; e il responsabile del sito IES di Mantova ha rimarcato come il Ministero dell'ambiente puntasse fortemente sul progetto SOGESID.
  Il Ministero dell'Ambiente, su richiesta della Commissione, ha così descritto lo stato di attuazione del progetto IES e delle prescrizioni su altre aree di competenza IES:
   il progetto «Progetto di MISO Fase I: falda» presentato dalla IES è stato approvato con decreto n.0000531/STA del 20/11/2015 e tale decreto sostituisce il decreto di approvazione del Progetto Definitivo degli interventi di messa in sicurezza e bonifica della falda acquifera del SIN Laghi di Mantova e Polo Chimico – 1o Stralcio funzionale» di Sogesid approvato con decreto n. 4598/TRI del 21/10/2013.
  In merito alla Revisione del Progetto di Messa in Sicurezza Operativa dei suoli della Raffineria (Progetto di MISO), nonché alla Pag. 62rielaborazione dell'analisi di rischio relativa alle sole aree interne al confine fiscale (area Raffineria, area Deposito Nazionale, area Serbatoi Belleli) richiesti dalla conferenza di servizi istruttoria del 17 marzo 2014 si evidenzia che dicembre 2015 la IES ha trasmesso il progetto di MISO e la revisione dell'analisi di rischio. Su tale Documento è in corso l'istruttoria tecnica. Con nota prot. n. 20151 del 11.12.2015 è stato richiesto il parere tecnico agli Enti scientifici (ISPRA, ARPA) sul documento sopracitato.
  La Conferenza di Servizi istruttoria del 14/07/2015 ha chiesto tra l'altro alla IES di:
   a. trasmettere, nei tempi tecnici strettamente necessari, un documento contenente i risultati delle indagini integrative da effettuare nelle aree esterne alla Raffineria IES SpA in ottemperanza alle prescrizioni della Conferenza di Servizi decisoria del 10/10/2011;
   b. effettuare interventi di messa in sicurezza d'emergenza e/o bonifica ove necessari, anche nell’«area rilevata», ubicata in area di proprietà IES ma esterna al confine fiscale della Raffineria IES SpA;
   c. trasmettere i risultati del Piano di Caratterizzazione dell'area ex Belleli, approvato dalla Conferenza di Servizi decisoria del 27/07/2007;
   d. presentare una revisione dell'analisi di rischio per l'Area Villette.

  L'azienda non ha trasmesso documentazione relativa alle indagini di caratterizzazione integrativa delle aree esterne, dell'area rilevata anzi ha presentato ricorsi al TAR Brescia in merito alle citate richieste (R.g. n. 34/14 CT. 1621/13).
  In merito all'area Villette invece a dicembre 2015 la IES ha trasmesso la revisione dell'analisi di rischio sanitario ambientale dell'Area Villette. Su tale Documento è in corso l'istruttoria tecnica; Con nota prot. n. 20151 del 11.12.2015 è stato richiesto il parere tecnico agli Enti scientifici (ISPRA/ARPA) sul documento sopracitato» (19).

6.3.2 Area Belleli Energy CPE

  La società Belleli Energy CPE occupa un'area di proprietà pari a circa 279.295 metri quadrati sulla quale sono presenti fabbricati, capannoni industriali e piazzali. Attualmente l'azionista che detiene la proprietà dell'azienda è la società statunitense Exterran Inc.
  Lo stato delle acque sotterranee risulta compromesso sia dalla presenza di surnatante ai confini della Raffineria IES, sia dalla contaminazione delle acque di falda da parte di solventi.
  Invero, nel corso delle campagne coordinate di monitoraggio, è stata riscontrata la presenza di surnatante nell'area Belleli Energy CPE, nelle adiacenze della via Brennero e della raffineria della IES.
  Le successive indagini dell'ARPA e la perforazione di numerosi piezometri lungo la via Brennero e in area IES hanno consentito di Pag. 63verificare la continuità di tale chiazza con quella esistente nella contigua raffineria IES e di rilevare caratteristiche che sembrano riconducibili alle attività svolte in quest'ultima.
  Le indagini effettuate dall'ARPA nell'ottobre 2007 e finalizzate a verificare la composizione e la provenienza del prodotto surnatante riscontrato lungo la via Brennero e nelle aree poste immediatamente a monte e a valle hanno portato a concludere che il prodotto organico che si rinviene presso lo stabilimento Belleli è probabilmente quello fuoriuscito negli anni passati dalla Raffineria IES.
  Non sono stati ancora avviati interventi di MISE per le acque contaminate da solventi.
  La conferenza di servizi del 17 marzo 2014 ha chiesto di assumere tutte le misure di prevenzione finalizzate a circoscrivere, limitare e impedire che la contaminazione delle acque metta a rischio la salute dei fruitori delle aree (ai sensi dell'articolo 245, secondo comma, del decreto legislativo n. 152 del 2006), a prescindere dalle responsabilità.
  La società, a seguito di tale richiesta, ha trasmesso una relazione tecnica, denominata «Valutazione dell'esposizione dei lavoratori agli inquinanti presenti negli ambienti di lavoro», il cui scopo è la valutazione della presenza di eventuali rischi per la salute dei lavoratori, mediante il confronto delle concentrazioni rilevate nel sito Belleli nel corso di alcune campagne di monitoraggio dell'aria, con i limiti di riferimento per gli ambienti urbani e i luoghi di lavoro.
  La relazione conclude che le concentrazioni delle sostanze presenti in atmosfera, sia nell'aria interna agli edifici, sia nei piazzali esterni, non sono tali da costituire un rischio per i lavoratori.
  In merito alla presenza di surnatante, gli interventi sono stati avviati dalla IES in quanto la provincia di Mantova, con ordinanza del 15 ottobre 2012 (prot. 21/258), ha ordinato alla IES – quale responsabile di detta contaminazione delle acque di falda – di elaborare uno specifico progetto per la rimozione del prodotto surnatante presente nell'area di proprietà Belleli Energy CPE, lungo il confine di via Brennero.
  La IES, con nota prot. 7434 del 09/06/2014 (prot. MATTM 15912 del 10 giugno 2014), ha comunicato di aver avviato le attività di campo per il recupero del surnatante in area Belleli Energy.
  In relazione alla contaminazione riscontrata nei suoli, la società sulla base della conferenza di servizi del 17 marzo 2014 doveva presentare la seguente documentazione:
   il modello concettuale di distribuzione della contaminazione, con l'individuazione delle aree più critiche, utilizzando i dati di contaminazione indicati da Arpa, nel caso in cui queste risultassero più cautelative;
   un'idonea analisi di rischio sanitaria ambientale basata sui predetti risultati delle indagini di caratterizzazione.

  Viceversa, la IES spa ha presentato un ricorso al TAR e, successivamente, ha trasmesso al MATTM un documento contenete l'analisi di rischio basata sui risultati della caratterizzazione, ma esclusivamente per i contaminanti che l'azienda ritiene non imputabile a soggetti esterni.

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6.3.3 Area Industria Colori Freddi

  L'Azienda si occupa di produzione di colori con solventi a base di ragia minerale.
  L'area era stata caratterizzata prima della perimetrazione del SIN.
  Successivamente, la conferenza di servizi istruttoria del 10 novembre 2003 ha chiesto una integrazione della caratterizzazione con infittimento della maglia dei sondaggi ma, ad oggi, la società non ha ancora presentato tale integrazione.
  Nell'area di dell'Industria Colori Freddi risulta in corso quale intervento di MISE l'emungimento acque da un pozzo.
  In merito alla contaminazione delle acque di falda, l'ordinanza del 10 maggio 2012 (prot. 21/110) della provincia di Mantova ha individuato la società Industria Colori Freddi srl quale responsabile della contaminazione da composti alifatici clorurati nelle acque di falda, in corrispondenza delle aree poste a valle idrogeologico. Con tale ordinanza la provincia di Mantova ordinava all'Industria Colori Freddi di adempiere a quanto previsto dagli articolo 242 e 244 del decreto legislativo n. 152 del 2006, nonché a tutte le prescrizioni formulate dal Ministero dell'ambiente.
  Inoltre, la provincia di Mantova, con atto dirigenziale 21/259 del 15 ottobre 2012, ha emesso anche un'altra ordinanza ai sensi dell'articolo 244 del decreto legislativo n. 152 del 2006, con la quale si ordina all'Industria Colori Freddi di rimuovere e smaltire i sedimenti/rifiuti rinvenuti nel cavo San Giorgio e di effettuare il successivo ripristino dei luoghi.
  La Colori Freddi srl, nonostante i ripetuti solleciti, non ha ancora provveduto ad eseguire le attività di caratterizzazione dei suoli e delle acque di falda (richieste a partire dal 2006), nonché le attività di rimozione dei rifiuti rinvenuti nei pressi del cavo San Giorgio e l'integrazione degli interventi di messa in sicurezza delle acque di falda.
  Invero, sulla base delle relazioni di ARPA, la prefettura di Mantova (nota prot. n. 7291 del 23 gennaio 2013, prot. MATTM n. 0006620 del 24 gennaio 2013) ritiene che sia incontrovertibile che l'inquinamento delle acque di falda e la presenza di rifiuti nelle immediate vicinanze dell'area della società siano riconducibili alla responsabilità della stessa.
  Inoltre, il Ministero dell'ambiente, con nota prot. 0011646 in data 11 febbraio 2013, ha chiesto alla Colori Freddi srl di:
   1. rimuovere immediatamente tutti i rifiuti rilevati lungo il canale San Giorgio nel tratto adiacente all'area di proprietà;
   2. eseguire nei tempi tecnici strettamente necessari le indagini volte ad individuare la presenza di rifiuti interrati nell'area di competenza, pianificate fin dal 27 febbraio 2012 e già sollecitate;
   3. trasmettere una dettagliata relazione tecnica, contenente i risultati delle indagini eseguite e l'eventuale stato di contaminazione rilevato, specificando la tipologia e i quantitativi di rifiuti rimossi;Pag. 65
   4. individuare e attuare idonei interventi di messa in sicurezza di tutte le fonti attive di contaminazione presenti nell'area di proprietà;
   5. procedere all'esecuzione del piano di caratterizzazione dell'area di proprietà, approvato nel 2006;
   6. chiarire la tipologia delle opere edilizie in corso di esecuzione sull'area di proprietà. Tali prescrizioni sono state ribadite nella conferenza di servizi istruttoria del 17 marzo 2014.

  A questo punto deve essere sottolineato che, con D.D. n. 5241 del 5 settembre 2014, sono stati impegnati 1.800.000 euro a favore della regione Lombardia, a valere sulle risorse ministeriali (esercizio finanziario 2014) per la prosecuzione degli interventi di bonifica sul SIN di Laghi di Mantova e Polo Chimico e che le risorse anzidette saranno utilizzate per risolvere le problematiche più urgenti del SIN Laghi di Mantova e Polo Chimico, tra le quali vi è proprio quella relativa all'area dell'Industria Colori Freddi.
  Pertanto sono in corso di attivazione le procedure di sostituzione in danno del soggetto inadempiente, che consentirebbero all'amministrazione pubblica di eseguire le sopracitate attività, rivalendosi successivamente sulla società Colori Freddi srl.
  La regione Lombardia, in data 18 febbraio 2015, ha convocato un tavolo tecnico con gli enti locali: il comune di Mantova è stato individuato – in sostituzione della società Industria Colori Freddi San Giorgio – quale soggetto attuatore dei seguenti interventi:
   la caratterizzazione dell'area Colori Freddi;
   l'integrazione degli interventi di messa in sicurezza dell'area Colori Freddi per quel che riguarda le acque di falda;
   la rimozione dei rifiuti nel cavo San Giorgio.

  La conferenza di servizi decisoria del 14 luglio 2015 ha approvato il «Piano di intervento nell'area Industria Colori Freddi» trasmesso dal comune di Mantova, con nota 8273 del 24 febbraio 2015 (acquisita dal MATTM al prot. 2595 del 24 febbraio 2015).
  Il piano di intervento è stato integrato dalla nota n. 90202 del 25 giugno 2015 dell'ARPA Mantova, acquisita al prot. del MATTM con prot. n. 9834 del 30 giugno 2015.
  Successivamente, il Ministro dell'ambiente, ad integrazione delle iniziative in corso ai sensi della parte Quarta, Titolo V, del decreto legislativo n. 152 del 2006, con nota prot. 15237/GAB del 04/08/2015 ha invitato e diffidato (ai sensi dell'articolo 304 del decreto legislativo n. 152 del 2006 in materia di riparazione del danno ambientale) la società Industria Colori Freddi a fornire informazioni in merito alle attività di rimozione dei rifiuti e delle altre attività richieste dalla provincia, dal comune di Mantova e dal Ministero dell'ambiente.
  Il responsabile servizio rifiuti della provincia di Mantova, Giampaolo Galeazzi, nel corso dell'audizione del 18 giugno 2015, ha riferito che l'Industria Colori Freddi srl, non ha proceduto alle attività di risanamento, tanto che il Ministero – come si è visto – ha stanziato Pag. 661.800.000 euro per cercare di affrontare la questione, attivando i poteri sostitutivi. Erano state emesse due ordinanze rispettivamente in data 10 maggio e 15 ottobre 2012, nei confronti dell'azienda. L'inquinamento bersaglio è costituito da solventi clorurati. All'interno dell'area si ritiene che vi sia una fonte ancora attiva di rilascio de solventi clorurati nelle acque. Delle due ordinanze anzidette, la seconda riguarda il superamento della CSC sempre da solventi clorurati, che si ritiene causato da un interramento di rifiuti sul perimetro dello stabilimento.
  Il 7 luglio 2015 la Commissione ha audito l'amministratore delegato della Colori Freddi San Giorgio srl, che ha rappresentato in termini parzialmente diversi la posizione del soggetto privato, a partire dall'assunto che l'azienda si ritiene non responsabile di inquinamento e che comunque l'attribuibilità dello stesso non risulta essere stata provata.

6.3.4 Versalis – Syndial

  La Versalis SpA (ex Polimeri Europa SpA) è una società controllata del gruppo ENI impegnata nei settori della chimica di base, delle materie plastiche, della petrolchimica.
  Lo stabilimento nasce nel 1957 come Montedison e nel 1989 è conferito nella joint venture, denominata Enimont, creata con asset originari di Montedison ed ENI.
  Nel 1991, la joint venture viene incorporata da ENI e lo stabilimento diviene parte della società Enichem.
  Nel 2002 Polimeri Europa è presente sul sito di Mantova con i rami di business intermedi e stirenici acquisiti, a seguito della cessione di ramo di azienda da Enichem.
  Nel mese di aprile 2012 la Polimeri Europa cambia nome in Versalis.
  La società è proprietaria di un'area inclusa nella perimetrazione del sito di interesse nazionale, pari a circa di circa 156,6 ettari, situata nella pianura alluvionale del fiume Mincio, a sud-est dell'abitato di Mantova, in località Frassine. Lo stabilimento è ubicato interamente nel territorio comunale di Mantova ed è incluso nel sito d'interesse nazionale «Laghi di Mantova e Polo Chimico» (decreto ministeriale 24 febbraio 2003).
  Invero, la ex Polimeri Europa spa in data 1o gennaio 2002, aveva acquistato il ramo d'azienda «attività chimiche e strategiche» di Enichem spa (ora Syndial SpA), dove si procedeva alla lavorazione di cloro e soda, mediante un processo nel quale veniva utilizzato il mercurio.
  Il processo di clorosoda è stato fermato nel 1991 e parzialmente demolito. Il cracking è stato fermato nel 1980 e completamente demolito.
  Allo stato, l'assetto produttivo prevede la produzione di stirolo, polistirolo, idrogenati, alchifenoli, fenolo e acetone.
  Attualmente, le acque di processo e quelle di raffreddamento vengono scaricate in un corso d'acqua superficiale (artificiale), denominato Sisma, lungo 1,5 chilometri, largo dai 10 metri ai 50 metri Pag. 67e profondo 1,50 metri, come si evince dalla determinazione della provincia di Mantova n. 1259, in data 11 giugno 2003, in virtù della quale è stata rilasciata «l'autorizzazione allo scarico nel corso d'acqua superficiale del Fiume Mincio, attraverso il canale denominato ex Sisma, delle acque reflue industriali provenienti dagli insediamenti Polimeri Europa, Enipower e Sol.»
  Nella sorgente di contaminazione SP24, individuata nell'analisi di rischio presentata dalla Versalis nel 2011, è stata accertata la presenza di mercurio nei suoli a 7 metri di profondità, in concentrazioni pari a 717 mg/kg (sondaggio SD395), ben superiore rispetto al limite previsto per le CSC dal decreto legislativo n. 152 del 2006, pari a 5 mg/kg.
  Dopo l'istruttoria tecnica condotta sulla citata analisi di rischio e sulla base della nota dell'Istituto superiore di sanità prot. 28718 del 23 luglio 2013, la conferenza di servizi del 25 luglio 2013 ha chiesto alla Versalis:
   1. di adottare, nella rielaborazione dell'analisi di rischio, come obiettivo di bonifica per il mercurio (Hg) nei terreni, la concentrazione soglia di contaminazione (CSC) per la specifica destinazione d'uso (commerciale e industriale), in conformità al parere dell'Istituto superiore di sanità.
   2. di rimuovere, come misura di prevenzione, il mercurio nella sorgente SP 2. Tali prescrizioni sono state ribadite nelle successive conferenze di servizi. In particolare, la conferenza di servizi istruttoria del 17 marzo 2014, nel ribadire quanto disposto nella conferenza di servizi del 25 luglio 2013, ha imposto alla Versalis di trasmettere – prima della presentazione dell'analisi di rischio – una relazione tecnica che, sulla base dei dati in possesso della società, contenga una valutazione di tutti i rifiuti e i materiali di riporto presenti nell'area. Inoltre, non potendosi escludere che i fanghi di dragaggio possano essere stati depositati anche in altre zone dello stabilimento – quale ad esempio la sponda destra del canale in corrispondenza della sorgente SP23 – la conferenza di servizi ha chiesto ancora alla società:
   3. di indicare in quali altre aree sia possibile individuare la presenza di tali materiali, utilizzando a tale scopo anche le informazioni desumibili dalle indagini di caratterizzazione dei terreni eseguite sull'intero stabilimento e allegando altresì tutte le stratigrafie dei sondaggi realizzati per la caratterizzazione;
   4. di rimuovere i rifiuti presenti nelle varie aree dello stabilimento;
   5. di sottoporre il materiale classificato come materiale di riporto a test di cessione, al fine di verificare che non determini cessione di contaminanti alle acque sotterranee;
   6. di rimuovere o di trattare ovvero di sottoporre a messa in sicurezza permanente il materiale di riporto non conforme al test di cessione;
   7. di estendere il test dell'eluato (liquido prodotto dal test di cessione) a tutti gli inquinanti inorganici presenti nel sito, secondo le Pag. 68indicazioni dell'ARPA, trasmettendo una relazione di dettaglio, nella quale venga posta in evidenzia la modalità di esecuzione del test di cessione e vengano allegati anche i certificati di detti test e non soltanto i risultati.

  Nel corso della suddetta conferenza di servizi istruttoria del 17 marzo 2014, con riferimento alla contaminazione di mercurio, la Versalis si è dichiarata «proprietario incolpevole» e ha ricordato, di aver chiesto alla provincia di Mantova, per tale contaminazione, l'avvio delle procedure previste dall'articolo 244, commi 2 e 3, decreto legislativo n. 152 del 2006.
  Quindi, la società ha confermato la presenza nell'area di stabilimento di rifiuti contenenti peci, costituiti dal disfacimento degli elettrodi di grafite dismessi.
  L'area della ex Sala Celle è quella in cui è ubicato il fabbricato in cui si trovavano le celle elettrolitiche dell'impianto cloro-soda. Attualmente il fabbricato è vuoto. A seguito della caratterizzazione, più volte richiesta, da effettuarsi anche al di sotto del fabbricato dell'ex Sala Celle, sono state riscontrate palline di mercurio.
  Inoltre, i dati di caratterizzazione hanno posto in evidenza concentrazioni di mercurio superiori alle CSC in n. 24 campioni di suolo (su n.76 prelevati), con un valore massimo di 13.341,7 mg/kg. I campioni sono stati analizzati anche per la ricerca di PCDD/PCDF e i risultati ne hanno evidenziato un superamento.
  In particolare, le analisi condotte su n. 2 campioni di acqua sotterranea, prelevati dai nuovi piezometri CS5bis e CS5ter, hanno posto in evidenza concentrazioni di mercurio superiori alle CSC nel campione CS5bis.
  In merito a tale contaminazione, la provincia di Mantova, con ordinanza n. 21/255 del 15 ottobre 2012, ha individuato quali responsabili della contaminazione le società Edison e Syndial, quest'ultima tuttavia solo in proporzione dello 0,47 percento della contaminazione totale.
  A tale proposito, il direttore ambiente della Syndial, nel corso dell'audizione del 18 giugno 2015, ha dichiarato che, nonostante la responsabilità dell'inquinamento dell'ex Sala Celle sia da attribuire alla società Edison, nella misura del 99,53 percento, la Syndial si stava facendo carico del progetto di messa in sicurezza e di bonifica del sito, salvo rivalsa nei confronti della Edison.
  Infine, con decreto n. 21848/TRI/DI/B in data 8 agosto 2014, notificato agli interessati (Edison e Syndial) con nota prot. 21883/TRI/VII in data 11 agosto 2014 è stato autorizzato l'avvio dei lavori del progetto presentato dalla società Versalis denominato Intervento su terreni e acque di falda Area Fabbricato ex Sala Celle.
  L'intervento prevede l'esecuzione di prove pilota di air sparging (AS)/soil vapour extraction (SVE), nonché interventi di risanamento dell'edificio «ex sala celle», con la rimozione della pavimentazione, del sottofondo e delle strutture in cls ancora presenti, nonché interventi di scavo e smaltimento, in corrispondenza dei terreni insaturi con presenza di palline di mercurio e intervento di capping superficiale.Pag. 69
  Nei sedimenti del canale Sisma è stata riscontrata la presenza di concentrazioni elevate di mercurio, confermata dagli elaborati stessi trasmessi dalla Polimeri Europa.
  Le conferenze di servizi istruttorie e decisorie del SIN in passato hanno richiesto più volte alla Versalis (ex Polimeri Europa) di asportare dal suddetto canale i sedimenti contaminati da mercurio come intervento di messa in sicurezza d'emergenza e di presentare un progetto di bonifica dei sedimenti contaminati.
  Il Consiglio di Stato ha però ritenuto illegittima tale richiesta, mancando la prova della responsabilità dell'inquinamento in capo a Polimeri (sentenza n. 6455/09).
  La conferenza di servizi decisoria del 10 ottobre 2011 ha chiesto alla società di presentare un idoneo progetto di bonifica dei sedimenti fortemente contaminati da mercurio del canale Sisma nonché, nelle more della presentazione del suddetto progetto di bonifica, di realizzare interventi di messa in sicurezza d'emergenza dei sedimenti contaminati, con modalità concordata con gli enti di controllo (ARPA e provincia di Mantova)
  La conferenza di servizi decisoria del 25 luglio 2013 ha chiesto alla società Versalis di trasmettere, con riferimento ai sedimenti contaminati del canale Sisma, la descrizione delle misure di prevenzione adottate, ai sensi dell'articolo 242 del Titolo V – Parte Quarta, decreto legislativo n. 152 del 2006.
  La società Versalis, in risposta a tale richiesta, ha trasmesso un documento che è stato esaminato dalla conferenza di servizi istruttoria del 17 marzo 2014.
  In detto documento la società sostiene che il canale Sisma è un sistema – dove è in corso un'operazione di monitored no-action, che non richiede alcuna misura di prevenzione – ha proposto il controllo del mercurio nei pesci del canale, con un monitoraggio quinquennale.
  Viceversa, la conferenza di servizi del 17 marzo 2014, ha ritenuto che la società Versalis dovesse:
   1. aggiornare lo studio idrodinamico già effettuato, considerando le sezioni trasversali più distribuite nello spazio, rispetto a quelle presentate, e aggiornare, altresì, le forzanti idrologiche con i dati degli ultimi dieci anni;
   2. trasmettere tutta la documentazione di supporto, a chiarimento delle informazioni riportate nella relazione, con approfondimenti specifici su eventuali apporti solidi che a qualsiasi titolo arrivano nel canale;
   3. proseguire l'azione di monitoraggio per i prossimi cinque anni, con cadenza annuale, sotto la supervisione di ARPA, e trasmettere le risultanze di detto monitoraggio a tutti i soggetti interessati;
   4. incrementare le necessarie misure di prevenzione/messa in sicurezza, se, entro il mese di dicembre 2015, il parametro standard di qualità per il mercurio (Hg) nel «biota» del canale Sisma dovesse continuare a mantenere concentrazioni superiori al limite comunitario fissato.

Pag. 70

  Infine, nell'area Versalis sono presenti altre aree critiche tra le quali figurano:
   1. l'area B I (l'area B I è ricompresa nella zona denominata «M» ed è caratterizzata dalla presenza di discariche esaurite di ceneri prodotte dall'inceneritore e dalla probabile presenza di una vasca che si ipotizza sia stata riempita con materiale potenzialmente contaminato);
   2. l'area L (vasche interrate, realizzate dalla Montedison e dichiarate nel 1980 in area attualmente di proprietà Versalis, per le quali la Syndial sta avviando le attività di cantierizzazione, con un costo previsto per la bonifica del sito di 3 milioni di euro, come dichiarato dall'ing. Misuraca nel corso della sua audizione);
   3. l'area R2 (attualmente acquistata da Syndial).

  Nella conferenza di servizi decisoria del 25 luglio 2013 sono stati ritenuti approvabili con prescrizioni i seguenti progetti:
   a) l'intervento su terreni in area B I, (il progetto prevede lo scavo e asportazione dei riporti misti a scarti presenti nell'area);
   b) gli interventi di rimozione delle vasche interrate dalla Montedison nell'Area L;
   c) l'intervento sui terreni ed acque di falda con tecnologia MPE (multiphase extraction – che consiste nel mettere i pozzi sotto vuoto, cercando di recuperare l'acqua, il prodotto, l'aria e i gas interstiziali), per la rimozione dei contaminanti organici dai terreni insaturi e dalle acque della falda fino al limite tecnologico della tecnica utilizzata;
   d) il progetto di bonifica dell'Area R2 (prevede lo scavo e l'asportazione dei riporti misti a scarti presenti nell'area).

  Si è in attesa, tuttavia, della presentazione della validazione delle indagini di caratterizzazione. L'Area è stata successivamente acquistata da Syndial.
  In relazione ai sopra citati progetti sono stati notificati i seguenti decreti direttoriali relativi a Versalis SpA:
   1. intervento sui terreni ed acque di falda con tecnologia MPE. Decreto Direttoriale Prot. 4993/TRI/DI/B del 13 maggio 2014 notificato agli interessati in data 5 agosto 2014 con nota Prot. 21248/TRI/VII del 1o agosto 2014;
   2. interventi di rimozione vasche interrate Montedison Area L. Decreto Direttoriale Prot. 4995/TRI/DI/B del 13 maggio 2014 notificato agli interessati con nota Prot. 21364/TRI/VII del 4 agosto 2014;
   3. intervento su terreni e acque di falda Area Fabbricato ex sala celle. Decreto Direttoriale Prot. 5211/TRI/DI/B dell'11/8/14, notificato in data 5 agosto 2014 agli interessati (Edison e Syndial) l'11/8/14 con nota prot. 21883/TRI/VII;Pag. 71
   4. intervento su terreni in area B I. Decreto Direttoriale Prot. 5256/TRI/DI/B del 23 settembre 2014 notificato agli interessati il 29 settembre 2014 con nota Prot. 25164/TRI/VII del 25 settembre 2014.

  Quali interventi di messa in sicurezza d'emergenza per le aree sopra indicate, è attiva una barriera idraulica per l'emungimento, costituita da 114 pozzi, e il successivo trattamento delle acque di falda contaminate; sono presenti inoltre 158 piezometri, finalizzati al monitoraggio delle acque di falda; e viene effettuato il recupero di prodotto surnatante presente nell'area di stabilimento in 39 pozzi interni.

Osservazioni di carattere generale

  Syndial e Versalis operano, quali società del gruppo ENI, nello stabilimento petrolchimico di Mantova.
  In particolare Syndial, nata nel 2003 da Enichem ereditandone le attività non più economicamente sostenibili e le aree con problemi ambientali, è la società di ENI dedicata e costituita esclusivamente al risanamento ambientale.
  Oggi Syndial è il centro di competenza Eni nel campo del risanamento ambientale e offre un servizio integrato che include tutte le fasi di un intervento di bonifica fino all'individuazione di soluzioni sostenibili di recupero e valorizzazione delle aree post-intervento.

Inquadramento dell'area

  Le Aree di proprietà Syndial (ex-Enichem) sono:
   Area D: Adiacente biologico;
   Area R: Area Darsena-Collina;
   Area S1: Area Darsena;
   Area W: Vasca di Colmata fanghi mercuriosi;
   Area Y: Zona Valliva.

  Da poco la Syndial spa ha acquistato dalla Versalis spa l'area adiacente l'area collina denominata «area Collina R2».

Iter del procedimento di bonifica

Area Collina R1

  L'area comprende, a Nord, una porzione sub-pianeggiante degradante verso Sud-Est con quote comprese tra 19,5 m s.l.m. e 21,5 m s.l.m. e ha un'estensione di circa 5,4 ettari.
  L'area era utilizzata per l'accumulo di residui di lavorazione del petrolchimico, a partire dai primi anni ‘60 fino alla fine degli anni ’70.Pag. 72
  Le stime effettuate dalla società Syndial hanno consentito di individuare le seguenti volumetrie di rifiuti industriali e materiali contaminati presenti nell'area Collina: 197.172 metri cubi complessivi di materiali contaminati, di cui 178.215 metri cubi di materiali, da destinare a smaltimento/trattamento/recupero in impianti esterni.
  Attualmente, è attiva una barriera idraulica per l'emungimento e il successivo trattamento delle acque di falda contaminata, con palancole infisse fino a 10 metri di profondità.
  L'area Collina è costituita da 5 sub-aree denominate R1a, R1b, R1c (area Cratere), R1d e R1e.
  Per l'area Collina, comprensiva delle cinque sub-aree anzidette, la Syndial ha presentato il Progetto di rimozione dei rifiuti e dei terreni contaminati non trattabili in situ, i cui lavori sono stati autorizzati in via provvisoria per motivazioni d'urgenza, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 14 giugno 2011.
  L'Arpa e la provincia di Mantova, in risposta alle note del Ministero dell'ambiente del 4 aprile 2013 e del 5 settembre 2013, hanno comunicato che, in data 14 marzo 2013, la Syndial aveva avviato il cantiere per l'esecuzione di attività propedeutiche alla rimozione dei rifiuti.
  La Conferenza di servizi decisoria del 5 settembre 2013 ha ritenuto approvabile con prescrizioni il «Progetto di Bonifica integrativo per i suoli e la falda sottostanti l'Area Collina», a completamento della bonifica dell'Area Collina e a integrazione del Progetto di rimozione dei rifiuti e dei terreni contaminati non trattabili nel sito sopra citato.
  Allo stato, il decreto di approvazione di tale progetto di bonifica è in fase di istruttoria.
  Dalla relazione dell'ENI in data 18 giugno 2015 (doc. 607/6) risulta che il progetto esecutivo dell'area Collina (in realtà, trattasi di depressione riempita con circa 10 metri di rifiuti) è suddiviso nelle seguenti fasi principali:
   1) conterminazione del sito (9.000 tonnellate);
   2) realizzazione nuovo impianto TAF (Trattamento Acque di Falda);
   3) scavo e rimozione del rifiuto (circa 250.000 metri cubi);
   4) reintegro progressivo e ripristino delle aree scavate.

  È stato predisposto, in sostituzione di quello precedente, un palancolato della profondità di 25 metri, con la duplice funzione di confinare idraulicamente l'area e di garantire la stabilità del fronte scavo.
  Alla data della relazione dell'Eni, risultavano completate le seguenti attività:
   1) la caratterizzazione dei rifiuti/terreni contaminati;
   2) le indagini geotecniche integrative;
   3) il test pilota in Area R1c, denominata Cratere;Pag. 73
   4) la realizzazione del palancolato perimetrale (ad oggi: 160 m di tracciato);
   5) l'estrazione vecchio palancolato MISE e l'allestimento piste di servizio.

  Il completamento della conterminazione è previsto entro il primo trimestre del 2016, mentre l'avvio delle attività di scavo dei rifiuti è previsto nel primo quadrimestre del 2016. Si prevede che la conclusione della bonifica possa avvenire entro il 2021 e il ripristino luoghi entro il 2022.
  Per l'area Cratere (R1c), la Syndial, considerate le specificità della stessa, ha ritenuto necessario realizzare una prova pilota a scala reale, allo scopo di verificare le modalità tecnico-operative più adeguate per la rimozione rifiuti.
  In tal modo sono state confermate la validità della tecnica di rimozione mediante mezzo meccanico, la maggiore produttività con cassoni rispetto ai fusti e la necessità di operare in tensostruttura.
  I dati sopra esposti e il progetto di bonifica del sito nel suo complesso sono stati illustrati, nel corso dell'audizione del 18 giugno 2015, dal direttore dell'ambiente della Syndial spa, Francesco Misuraca, il quale ha riferito:
   1) che le opere di palancolatura erano in corso, come peraltro ha potuto constatare la delegazione della Commissione nel sopralluogo eseguito il 17 giugno 2015;
   2) che, all'interno del sito, era stato installato un impianto di trattamento dell'acqua di falda, in esercizio dal 2003;
   3) che il «progetto Collina» prevedeva una spesa di 85 milioni di euro, a carico di Syndial.

Area Valliva (aree omogenee Y, W, D) e Darsena (area omogenea S1)

  La suddetta area ricade nel perimetro di un SIC, sito di interesse comunitario, e comprende le zone denominate D (estensione 7,5 ettari), W (estensione 9,75 ettari), Y (estensione 58 ettari), e S1 (estensione 3,7 ettari). Inoltre, nell'area omogenea W è presente una vasca di colmata dei fanghi mercuriali provenienti dal dragaggio, rispettivamente, del canale Sisma e del fiume Mincio.
  Nell'area sono presenti piezometri per il monitoraggio delle acque di falda, monitorate nelle campagne di monitoraggio effettuate per il SIN di Mantova, mentre non sono attivi interventi di messa in sicurezza d'emergenza.
  Per l'area Valliva (aree omogenee Y, W, D) e Darsena (area omogenea S1), a seguito delle prescrizioni formulate dalla conferenza di servizi decisoria del 5 settembre 2013 e ribadite dal Ministero dell'ambiente con nota prot. 4514/TRI/DI in data 11 febbraio 2014, la Syndial – nel contestare sia la sussistenza dei presupposti per implementare le attività di messa in sicurezza e di prevenzione per Pag. 74la falda, sia la sussistenza dei presupposti per effettuare le attività di messa in sicurezza permanente nelle aree W e S1 – ha trasmesso:
   1. l'ordinanza prot. 6335 del 17 giugno 1974 del comune di Mantova, che autorizzava lo stoccaggio;
   2. la licenza a costruire rilasciata dal sindaco di Mantova in data 10 febbraio 1975;
   3. la denuncia di discarica esaurita da parte della società Montedison in data 19 settembre 1980, ai sensi dell'articolo 28 della legge regionale n. 94 del 7 giugno 1980.

  La Syndial ha precisato che l'area W ha una estensione di circa 110.000 metri quadri ed è una ex vasca di colmata dei sedimenti dragati dall'alveo del Mincio contenenti mercurio; è stata denunciata come discarica esaurita dalla società Montedison il 19 settembre 1980, ai sensi dell'articolo 28 della legge regionale sopra citata.
  Con nota del 30 aprile 2015, la Syndial spa ha trasmesso lo studio di ricostruzione storica e normativa della zona W nell'area Valliva e di due studi specifici per la marcatura dell'origine della contaminazione da mercurio e per il fingerprint isotopico del mercurio dell'area Valliva, che hanno confermato ulteriormente la tesi sostenuta da Syndial: 1) di improprio coinvolgimento della zona W in area Valliva nel contesto della procedura di infrazione; 2) dell'estraneità di Syndial da ogni responsabilità circa la contaminazione dell'intera Area Valliva.
  Una conferma dell'estraneità di Syndial dalle responsabilità riguardo la contaminazione dell'area Valliva è contenuta una ordinanza della provincia di Mantova (prot. PD/1354), emessa il 28 maggio 2015, in cui si individua nella società Edison il responsabile della contaminazione da mercurio e altri contaminanti dell'area del Basso Mincio, area adiacente e circostante la stessa area Valliva.
  Il 2 ottobre 2015 si è tenuta una riunione tecnica nell'ambito delle procedure di bonifica relative al SIN, convocata dal Ministero dell'ambiente con nota prot. 14586/STA del 23 settembre 2015, allo scopo di esaminare la problematica relativa all'area Valliva, con particolare riferimento all'area W.
  Sulla base dell'esame tecnico effettuato sui documenti presentati dalla Syndial SpA e in considerazione di quanto dichiarato dal Parco del Mincio in relazione alla rinaturalizzazione dell'area W che risulta essere ricompresa in area SIC e ZPS, le Amministrazioni e gli Enti presenti alla riunione tecnica del 2 ottobre 2015 hanno concordato sulla necessità di avviare quanto prima interventi di messa in sicurezza/bonifica dell'area Valliva, con un cronoprogramma di dettaglio che individui le priorità di intervento.
  La Syndial, pertanto, si è impegnata tra l'altro:
   a trasmettere entro la fine del mese di ottobre 2015 un cronoprogramma di dettaglio sulle attività da eseguire sull'area Valliva iniziando dall'area W;
   a trasmettere uno studio di fattibilità degli interventi da eseguire sull'area W entro 60 giorni dalla data della riunione del 2 ottobre 2015.

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Area Collina R2

  Syndial ha acquistato dalla Versalis l'Area Collina R2.
  L'area, di circa 2,33 ettari, è costituita da quattro vasche interrate e sono presenti rifiuti misti a scarti, ma non sono attivi interventi di messa in sicurezza d'emergenza. La conferenza di servizi decisoria del 25 luglio 2013 ha ritenuto approvabile con prescrizioni il Progetto di bonifica area R2 (progetto, che prevede lo scavo e l'asportazione dei riporti misti a scarti presenti nell'area).
  Syndial ha a suo tempo presentato il progetto di rimozione dei rifiuti e dei terreni contaminati non trattabili in situ i cui lavori sono stati autorizzati in via provvisoria per motivazioni d'urgenza con decreto del Ministro dell'ambiente del 14 giugno 2011.
  Il Ministero dell'ambiente a richiesta della Commissione, relativamente a questa situazione ha precisato:
  «per quel che riguarda lo stato di avanzamento delle attività si precisa che ARPA e provincia di Mantova, in risposta alle note del MATTM del 4/4/2013 e del 5/09/2013, hanno comunicato a fine settembre che in data 14 marzo 2013 Syndial ha avviato il cantiere per l'esecuzione di attività propedeutiche alla rimozione dei rifiuti.
  La Conferenza di servizi decisoria del 05/09/2013 ha ritenuto approvabile con prescrizioni il progetto di bonifica integrativo per i suoli e la falda sottostanti l'Area Collina, a completamento della bonifica dell'area Collina e ad integrazione del progetto di rimozione dei rifiuti e dei terreni contaminati non trattabili in situ sopra citato.
  Il decreto di approvazione di tale progetto di bonifica è in fase di perfezionamento.
  A dicembre 2015 è stato emanato l'atto dirigenziale della provincia di Mantova PD n. 2552 del 17/12/2015 recante pronuncia di compatibilità ambientale rilasciata alla Depuracque srl per il progetto dell'area Collina presentato da Syndial.» (20).

6.4 Risarcimento del danno ambientale

  Il Ministero dell'ambiente ha promosso due azioni in sede civile per il danno ambientale connesso agli scarichi illeciti accertati nel canale Sisma presso lo stabilimento chimico Montedipe di Mantova, anche considerati gli esiti del procedimento penale avviato in epoca risalente presso la pretura di Mantova a carico dei responsabili della società (sentenza pretore di Mantova n. 126/91; sentenza Corte di appello di Brescia n. 211/93; sentenza Corte di Cassazione n. 2244/94).
  Va altresì ricordato che con sentenza n. 1142 del 14 ottobre 2014, depositata in data 12 gennaio 2015 (21), il tribunale di Mantova, in composizione monocratica, ha poi ritenuto i vertici della Montedison e delle società collegate, negli anni ’70 e ‘80, nonché i direttori dello stabilimento di Mantova della Montedison dello stesso periodo responsabili del reato di omicidio colposo (articolo 589 codice penale) in danno di undici lavoratori dello stabilimento di Mantova, deceduti Pag. 76a causa delle gravi malattie contratte sui luoghi di lavoro, e li ha condannati, ciascuno, a pene varie di reclusione, in relazione ai reati loro rispettivamente contestati nei periodi indicati, oltre al risarcimento dei danni in favore delle parti civili costituite, in solido con il responsabile civile Edison SpA, con provvisionali immediatamente esecutive, di diverso importo.
  Il tribunale ha mandato assolti alcuni imputati in relazione a taluni omicidi per non aver commesso il fatto, ritenendo gli eventi riconducibili alle loro condotte e ha pronunziato sentenza di assoluzione dal reato di omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro (articolo 437 codice penale), perché il fatto non costituisce reato, mancando la prova dell'elemento psicologico.
  Avverso la sentenza del tribunale hanno proposto appello tutte le parti e il processo d'appello viene celebrato presso la Corte d'appello di Brescia.
  A chiusura del contenzioso civile sopra citato sono state sottoscritte due transazioni: una tra il Ministero dell'ambiente ed Edison SpA (già Montecatini SpA); l'altra tra il Ministero dell'Ambiente e Syndial SpA Attività Diversificate (in forma abbreviata «Syndial») (già Enichem Polimeri srl, quindi Enichem SpA).
  Il Ministero, su richiesta della Commissione, ha così descritto la situazione delle relative transazioni:
   «a chiusura del contenzioso civile sono state sottoscritte due transazioni: una in data 19/10/2005, tra il Ministero dell'ambiente ed Edison s.p.a. (già Montecatini s.p.a.); l'altra in data 04/7/2012, tra il Ministero dell'ambiente e Syndial s.p.a. Attività Diversificate (in forma abbreviata Syndial) (già Enichem Polimeri srl, quindi Enichem s.p.a.).
  Oggetto della prima transazione è stata la tacitazione di ogni pretesa di risarcimento del danno ambientale derivato, direttamente o indirettamente, dallo scarico di reflui dallo stabilimento chimico sito in Mantova, loc. Frassine, nel corpo idrico costituito dal canale ex Sisma per tutto il periodo dall'inizio dell'attività dell'impianto fino alla data del 2 giugno 1989.
  A seguito della transazione stipulata nel 2005 è rimasto pendente il giudizio civile nei confronti di Syndial SpA per l'inquinamento arrecato dagli scarichi effettuati successivamente al 2 giugno 1989. Nello specifico, sulla base della documentazione prodotta in corso di causa, la Società era chiamata a rispondere per il periodo 2 giugno 1989/9 agosto 1989, data in cui il comune di Mantova, verificata la regolarità degli scarichi, ha rilasciato una nuova autorizzazione. La transazione del 2012 ha avuto, quindi, per oggetto la tacitazione di ogni pretesa di risarcimento del danno ambientale derivato direttamente o indirettamente solo dai fatti indicati nella citazione del Ministero dell'ambiente contro la E.C.P. Enichem Polimeri srl e la Montecatini s.p.a. e nei successivi atti di causa e, quindi, dallo scarico di reflui dallo stabilimento chimico sito in Mantova, loc. Frassine, nel corpo idrico costituito dal canale ex Sisma.
  Gli atti transattivi, pertanto, riguardano solo i danni conseguenti a fatti illeciti, penalmente sanzionati, di violazione delle norme sugli scarichi effettuati fino al 1989, mentre restano fuori dagli accordi transattivi tutti i danni ambientali causati da altri comportamenti, Pag. 77dolosi o colposi, attribuibili ad altri ovvero ai medesimi soggetti. In particolare per espressa previsione, vengono confermati gli obblighi di bonifica» (22).

6.5 Le aree pubbliche

  Il Piano di caratterizzazione delle aree lacustri del sito di interesse nazionale Laghi di Mantova e Polo Chimico è stato approvato dalla Conferenza di servizi decisoria del 27 luglio 2007.
  È stata già eseguita la caratterizzazione delle aree lacustri presenti nel SIN e sono stati presentati i risultati della caratterizzazione. La presa d'atto di tali risultati è avvenuta nella conferenza di servizi decisoria del 10 ottobre 2011.
  In data 31 maggio 2007, è stato sottoscritto a Mantova l'accordo di programma per la definizione degli interventi di messa in sicurezza d'emergenza e successiva bonifica nel sito di interesse nazionale «Laghi di Mantova e Polo Chimico». Il citato accordo di programma prevede principalmente interventi di messa in sicurezza della falda dell'intero SIN, interventi di caratterizzazione e bonifica delle aree lacustri e studi epidemiologici.
  In data 27 marzo 2013 è stato sottoscritto l'atto sostitutivo dell'accordo di programma sul SIN «Laghi di Mantova e Polo Chimico» del 31 maggio 2007.
  I soggetti firmatari dell'accordo di programma sono il Ministero, la regione Lombardia, la provincia di Mantova, i comuni di Mantova, Virgilio e San Giorgio di Mantova nonché il Parco del Mincio.
  Tale accordo costituisce il riferimento programmatico-finanziario finalizzato all'attuazione degli interventi indicati nel medesimo atto che richiedono, per la loro realizzazione, l'azione coordinata e integrata dei diversi soggetti coinvolti.

6.6 Situazione attuale e criticità

  La Commissione ha sollecitato l'ARPA Lombardia – Dipartimenti di Brescia e Mantova, a fornire dati sul SIN Laghi di Mantova e polo chimico rilevati nell'ambito della campagna coordinata di monitoraggio delle acque sotterranee del 2015.
  La risposta pervenuta il 22 gennaio 2016 non è esauriente, ed evidenzia gli effetti negativi di un contesto non collaborativo e per certi aspetti conflittuale che caratterizza – come si è già sopra evidenziato – la situazione di quel sito.
  In sostanza, nonostante la campagna si sia svolta a partire dal giugno 2015, nonostante le ripetute richieste di questa Commissione, l'ARPA non è stata in grado di fornire dati analitici e utili a una valutazione aggiornata della situazione ambientale del sito.
  Va tuttavia rilevato che sin dal 7 luglio 2015 la stessa ARPA aveva segnalato al Ministero dell'Ambiente, con una nota, pure qui trasmessa il 22 gennaio 2016, le criticità riscontrate (23) con particolare Pag. 78riguardo ai ritardi delle aziende, al cattivo stato di manutenzione dei piezometri, alla ripartizione degli oneri economici.
  Non sono note risposte provenienti dal Ministero dell'Ambiente.
  L'ARPA competente riferisce quanto segue:

Pag. 79

Pag. 80

  La Commissione attendeva l'esito della campagna di monitoraggio del giugno 2015 coordinata da ARPA per avere un quadro più chiaro della situazione e per comprendere se i nuovi progetti di bonifica approvati dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare abbiano prospettive di successo, strettamente collegate alla possibilità di ripartire con eventuali attività produttive.
  Il mancato invio dei dati disponibili da parte dell'Agenzia non consente una valutazione aggiornata né di comprendere per esempio se sia stato superato il «picco del benzene», se sia stata cioè asportata la metà degli idrocarburi nelle numerose aree contaminate da questa sostanza (in particolare IES, Syndial e Versalis); secondo i monitoraggi del 2013 il benzene stava inquinando la falda in particolare delle aree IES e Versalis con valori superiori di migliaia di volte i limiti di legge (tabella allegata). Non è stato altresì possibile comprendere sulla base di dati aggiornati e certi se sia ancora in atto il passaggio nel corpo idrico principale (i laghi di Mantova) di sostanze inquinanti evidenziato nel 2013.
  Quali ulteriori osservazioni, allo stato, si può rilevare che:
   per il SIN di Mantova, a differenza del caso di Ferrara (di seguito descritto, dove è stata avviata nell'aprile 2015 una sperimentazione in campo consistente nell'iniezione di composti per facilitare la degradazione biologica dei contaminanti), non è previsto alcun tentativo di bonifica in situ con metodo di bioremediation.

  I metodi proposti per Mantova dalle varie aziende, ad eccezione dei casi in cui si parli di rimozione dei terreni, assumono caratteristiche di messa in sicurezza e non di completa bonifica. Manca la redazione di piani di emergenza di tutto il sito SIN (area a rischio di incidente rilevante) così come il mancato svolgimento di esercitazioni con il coinvolgimento della popolazione. Si rileva altresì l'assenza di un piano economico complessivo relativo a tutto il SIN, che specifichi le spese già eseguite (e la provenienza dei finanziamenti) i preventivi di spesa per la bonifica in ciascuna area relativa alle rispettive aziende; né esiste un piano occupazionale.
  Si deve infine, e richiamando quanto sopra detto circa la mancata trasmissione di dati aggiornati, che la Relazione della Commissione su questo punto non può considerarsi conclusiva.

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7. Ferrara, il Polo chimico

7.1 Inquadramento generale

  L'attuale Polo chimico di Ferrara, denominato Stabilimento Multisocietario Petrolchimico, è situato nella porzione settentrionale del territorio comunale, in destra idrografica del fiume Po ed occupa, nel suo complesso un'area, di oltre 250 ettari, in una zona ottimale per la logistica del trasporto sia su gomma che su rotaie e per la vicinanza al fiume Po.
  L'attività produttiva dello stabilimento ha inizio nel 1941 con l'avviamento di un impianto di gomma sintetica SBR da parte delle Società Anonima Italiana Gomma Sintetica (SAIGS). Nel 1950 lo stabilimento viene acquisito dalla Montecatini che vi realizza il primo polo petrolchimico italiano. La zona industriale raggiunse la sua massima espansione arrivando ad impiegare oltre 7 mila addetti alla fine anni ’60. Nel 1954 Giulio Natta giunse alla scoperta del polipropilene isotattico, a coronamento degli studi sui catalizzatori di polimerizzazione dell'etilene che gli valsero nel 1963 il Premio Nobel insieme al tedesco Karl Zieglern.
  La concentrazione di attività connesse all'industria chimica ha determinato, nel tempo, fenomeni di contaminazione delle matrici terreno e acque sotterranee. I principali contaminanti riscontrati sono alcuni metalli (specie nei terreni), idrocarburi organici aromatici, Pag. 82policiclici aromatici, alifatici clorurati cancerogeni e non, alifatici alogenati cancerogeni e ftalati.
  Dal punto di vista idrogeologico l'area è caratterizzata dalla presenza di una falda superficiale, discontinua e assente in alcune zone, che si attesta tra 3 e 10 metri dal piano campagna connotata da una bassa mobilità e da una falda confinata, di spessori più importanti, che si sviluppa tra i 15 e i 35 metri di profondità con una direzione di flusso da ovest-sud-ovest a est-nord-est, anche in funzione dell'influenza dei pozzi di emungimento, attivi dal 2000, della bonifica dell'area ex Solvay posta a est dello stabilimento.
  Le società insediate nello Stabilimento Multisocietario sono:
   Syndial SpA;
   Basell Poliolefine Italia srl;
   Centro Energia Ferrara SpA;
   So.F.Ter. SpA (ex P-Group);
   ITI Polymers srl;
   Sapio Produzione Idrogeno Ossigeno srl;
   Società Enipower Ferrara srl;
   Polymia srl (ex Nylco);
   Versalis SpA,;
   Consorzio Integrated Facility Management (I.F.M.);
   Yara Italia SpA.

  Esterna ma attigua al Petrolchimico, sul lato est, si trova l'area della Società Italiana del Cloro srl (ex Solvay).
  In seguito all'entrata in vigore del decreto ministeriale n. 471 del 1999, e conseguentemente alla necessità di attivare le procedure per la bonifica dei siti contaminati, il comune e la provincia di Ferrara, la regione Emilia-Romagna, il Ministero dello sviluppo economico e le organizzazioni sindacali confederali e di categoria, hanno sottoscritto un accordo di programma finalizzato alla riqualificazione dell'intero Polo chimico. Con la firma nel 2001 di tale accordo, successivamente rinnovato ed esteso nel 2008 e tuttora in corso di validità, si sono gettate le basi per la riconversione del Petrolchimico a Polo industriale e tecnologico.
  Obiettivi fondamentali dell'Accordo sono:
   creare le condizioni ottimali di coesistenza fra tutela ambientale e lo sviluppo del settore chimico;
   bonificare anche per evitare di consumare altro territorio;
   promuovere l'attrazione di nuove imprese;
   ottimizzare le infrastrutture e i servizi;
   potenziare la logistica e le modalità di trasporto: gomma ferro e acqua.

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  Parallelamente le Società coinsediate si sono coordinate costituendo un consorzio, la IFM Ferrara S.c.p.a., operativo dal 1o febbraio 2002, la cui attività principale consiste nella gestione di servizi e infrastrutture per le aziende dello Stabilimento Multisocietario. IFM non è direttamente coinvolta nei procedimenti di bonifica dei terreni e falda superficiale ma è stata incaricata dalle altre società, attraverso un mandato risalente al febbraio 2011, di coordinare le attività previste dal progetto operativo di bonifica della falda confinata.

7.2 Le principali fasi dei procedimenti di bonifica

  Nel 2001, in seguito all'entrata in vigore del decreto ministeriale n. 471 del 1999, le aziende hanno attivato la procedura per la bonifica dei siti contaminati con la presentazione del piano della caratterizzazione, le cui indagini sono terminate a fine 2003. Per questo ogni società è intervenuta autonomamente per la parte concernente i terreni e la falda più superficiale, mentre la prima falda confinata è stata gestita in maniera condivisa. Nelle aree che avevano riscontrato livelli d'inquinamento elevati, si sono attivate le necessarie misure di messa in sicurezza di emergenza.
  Conseguentemente all'entrata in vigore del decreto legislativo n. 152 del 2006 e alla conseguente rimodulazione degli obiettivi di bonifica delle diverse procedure in corso, nel 2009 è stato approvato il progetto operativo di bonifica della falda confinata.
  In seguito all'esecuzione del primo modulo di bonifica si è resa necessaria una modifica dell'intervento che è stata approvata ad aprile 2015 e che inizierà nei primi mesi del 2016 con una durata stimata di quasi venti anni.
  Inoltre, dal 2012/2013, le aziende, singolarmente, hanno eseguito diverse indagini integrative predisponendo l'analisi di rischio sito specifica per le matrici terreno e falda superficiale e portato, in alcuni casi, alla conclusione il procedimento con l'approvazione di un piano di monitoraggio e controllo post bonifica delle aree interessate.
  Per meglio gestire le attività amministrative procedurali e il monitoraggio ambientale del Petrolchimico, nel tempo, si sono condivisi alcuni protocolli tecnici d'intesa tra le aziende coinsediate, il comune e la provincia di Ferrara e gli enti di controllo.
  L'intervento di messa in sicurezza e bonifica ha visto attivarsi le aziende presenti nel sito che si sono coordinate costituendo un consorzio (IFM Ferrara SCpA, società consortile cui partecipano i soggetti insediati nel Petrolchimico di Ferrara) e ha comportato un intervento costante degli enti pubblici e delle agenzie ambientali.
  La definizione del modello concettuale ha portato all'individuazione di un inquinamento dei terreni e delle acque sotterranee con una variabilità orizzontale e verticale molto spiccata, tale da comportare un intervento differenziato in funzione della matrice interessata.
  Ogni società è intervenuta autonomamente per la parte concernente i terreni e la falda più superficiale, mentre la prima falda confinata (più sotterranea) è stata gestita in maniera condivisa.Pag. 84
  Le principali fasi procedurali si possono schematizzare come di seguito indicato:
   1999-2001 – Le società del Polo chimico hanno avviato l'iter procedurale che ha portato alla caratterizzazione del proprio sito ai sensi dell'articolo 9 decreto ministeriale n. 471 del 1999;
   2001-2004 – Si è svolta la caratterizzazione ex decreto ministeriale n. 471 del 1999 che ha comportato l'esecuzione di oltre 900 sondaggi stratigrafici, la posa in opera di 270 piezometri superficiali e di 100 piezometri in corrispondenza della falda profonda;
   2004-2006 – Il comune ha approvato diversi progetti preliminari di bonifica delle società coinsediate ed il progetto definitivo di bonifica della società Solvay Chimica Italia (ora Società Italiana del Cloro S.r.l.);
   2006-2008 – L'entrata in vigore del decreto legislativo n. 152 del 2006 ha determinato le richieste di rimodulazione degli obiettivi di bonifica ma ha anche indotto rallentamenti dei procedimenti per l'incertezza interpretativa della normativa regionale che obbligava le società a proseguire le attività secondo quanto richiesto dalla normativa previgente (decreto ministeriale n. 471 del 1999).

  Nel periodo compreso tra il novembre 2004 e l'aprile 2008 si sono svolte 4 campagne di monitoraggio della falda superficiale e 6 campagne di monitoraggio della falda profonda.
  Tra il 2008 e il 2015 l'iter di bonifica, sulla base di un accordo tra le società e gli Enti è proseguito distinto per matrici: matrici superficiali che comprendono sia i terreni sia la falda superficiale e matrice falda confinata.
  In particolare, per le matrici superficiali (terreni e falda superficiale), nel corso del 2011 è stato completato lo studio che ha portato alla definizione di un modello concettuale idrogeologico unico al fine di facilitare un approccio unitario nell'elaborazione delle analisi di rischio per le diverse aree dello stabilimento. La Conferenza dei servizi nel 2012 ha valutato positivamente lo studio richiedendo integrazioni/prescrizioni. È stato attivato un protocollo approvato con delibera di Giunta comunale nel 2014, che indica le indagini integrative da effettuarsi per una corretta elaborazione dell'analisi di rischio, i dati sito specifici da determinare, la gestione degli interventi edilizi, la gestione delle terre e rocce da scavo, ed i piani di monitoraggio post operam. Per la matrice falda confinata, il progetto operativo di bonifica, presentato congiuntamente dalle società coinsediate, è stato approvato nel 2009. Negli anni successivi sono state eseguite prove pilota per testare l'efficacia delle tecnologie scelte e nel 2014, sulla base dei risultati raggiunti, il progetto è stato aggiornato con l'integrazione di un sistema di P&T (pump and treat).

7.3 Stato delle attività

  Alla metà del 2015 la situazione risultava la seguente:
   caratterizzazione ambientale integrativa propedeutica alla ADR, Syndial SpA e Polymia Srl;Pag. 85
   approvate le analisi di rischio e relativi piani di monitoraggio per i siti delle società Versalis SpA, Yara Italia SpA, Basell Poliolefine Ferrara Srl e Gruppo Sapio SpA con restituzione agli usi delle aree;
   progetto operativo di bonifica falda confinata: avvio delle attività sull'intero stabilimento societario previsto a gennaio 2016;
   bonifica in corso della falda superficiale della centrale turbogas, società Enipower Ferrara SpA;
   bonifica cumulo antropico Versalis SpA, bonifica falda confinata e matrici superficiali società Italiana del Cloro;
   demolizione ex inceneritore Syndial SpA;
   MISE in corso per aree delimitate della Syndial SpA.

  Con maggiore dettaglio si riporta di seguito lo stato dei procedimenti di bonifica suddivisi, in base ai protocolli attivati, in procedimenti relativi alle matrici superficiali e procedimenti relativi alla falda confinata.

7.3.1 Procedimenti di bonifica relativi alle matrici superficiali (falda freatica e terreno)

  Ai sensi del protocollo approvato nel 2014, i procedimenti di bonifica attinenti le matrici superficiali, terreni e acque di impregnazione (falda superficiale), dovranno essere portati avanti e conclusi dalle singole società insediate nello stabilimento con riferimento alle aree di proprietà.
  Sono state tuttavia individuate regole e criteri condivisi relativamente ad alcuni aspetti sito specifici, che riguardano, essenzialmente:
   il modello concettuale idrogeologico dello stabilimento;
   le indagini integrative per l'adeguamento dei procedimenti avviati in vigenza del decreto ministeriale n. 471 del 1999 a quanto stabilito dal decreto legislativo n. 152 del 2006;
   i criteri di scelta di dati sito specifici, delimitazione delle sorgenti, identificazione dei POC, nella conduzione dell'analisi di rischio sito specifica (AdR);
   i criteri di realizzazione di nuove opere all'interno dello stabilimento multisocietario in rapporto allo stato di avanzamento dei procedimenti di bonifica.

  Le aree, approvata l'analisi di rischio ed in assenza di rischio sanitario, vengono restituite agli usi legittimi a fronte di un preciso piano di monitoraggio che preveda il controllo completo su tutti i piezometri esistenti.
  In particolare sulle aree oggetto di MISE, sulle aree sorgente di contaminazione e sui relativi punti di conformità (POC) si dovrà eseguire un monitoraggio trimestrale, mentre ogni 9 mesi, si dovrà eseguire un monitoraggio completo su tutti i piezometri di sito non inclusi nel precedente.Pag. 86
  Verranno inoltre eseguiti monitoraggi dei vapori interstiziali (SGS) in tutti i punti attrezzati e sarà anche campionata l'aria ambiente indoor negli edifici limitrofi alle sorgenti.
  Il piano di monitoraggio avrà una durata di 5 anni e al termine del quinquennio si valuterà come proseguire con i monitoraggi.
  Nella tabella che segue è riportata, per ogni società, una sintesi dei procedimenti di bonifica attivati, che consente un'articolata visione d'insieme della situazione del sito, pur dovendosi considerare, in negativo, che manca l'indicazione specifica della concentrazione degli inquinanti rilevati, e dell'evoluzione dell'inquinamento.

Procedimenti di bonifica delle matrici superficiali per singola società coinsediata

Società Procedimenti di bonifica delle matrici superficiali
Syndial spa 2005-2006 approvati 10 progetti preliminari di bonifica per le aree in cui era stata suddivisa l'intera proprietà – rimaneva esclusa l'area «Forno inceneritore» per integrazioni richieste in sede di CdS.
2006 – presentazione da parte di Syndial della Comunicazione per rimodulazione interventi ai sensi del decreto legislativo n. 152 del 2006
Sospensione attività di valutazione per incoerenze tra normativa regionale e nazionale
2012 – richiesta di presentazione documentazione adeguata alla normativa vigente (indagini integrative, parametri sito specifici per A.d.R e definizione criteri per l'A.d.R. sanitaria aggiuntivi)
2013 – trasmissione documentazione richiesta ed approvazione in sede di CdS
2014 – sulla base dei risultati delle prime indagini è stato presentato un documento di integrazione approvato dalla CdS
2015 – indagini integrative in corso.
Zone oggetto di messa in sicurezza:
discarica denominata «Zona Torce»- messa in sicurezza nel 1996 – intervento di manutenzione 2011-2012 per ripristinare impermeabilizzazione superficiale e tenuta laterale – aggiornamento piano di monitoraggio post morten trasmesso nel 2014
discarica denominata «ex Monteco»messa in sicurezza nel 1991, approvato progetto di messa in sicurezza permanente nel 2006. Su richiesta dalla CdF predisposizione piano indagini integrative propedeutiche all'elaborazione del progetto operativo di bonifica/messa in sicurezza permanente. Nel 2015 avvio indagini integrative.
area denominata «Nord –est – PZPEC023» contaminata da 1-2 dicloroetano, dal 2003 in corso emungimento delle acque delle falda poste a
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9-11 m e a 15-45m da pc. tramite P&T costituito da 3 pozzi. Tra il 2006-2014 estratte complessivamente circa 10 tonnellate di contaminante. Nel marzo 2015 Syndial ha trasmesso un documento nel quale propone di realizzare un test pilota e di laboratorio per sperimentare una tecnologia di bonifica propedeutica alla presentazione del progetto operativo di bonifica.
area MIPRE denominata «Ovest» è caratterizzata dalla messa in emungimento di n.5 piezometri intercettanti l'orizzonte saturo superficiale,contaminata prevalentemente da Idrocarburi e BTEXS.
l'area di MIPRE denominata "Nord Ovest" è caratterizzata da un sistema di P&T su due piezometri, e da un allineamento di wellpoint per una lunghezza di 20 m, che riguardano l'orizzonte saturo superficiale. La contaminazione è data prevalentemente da Idrocarburi e BTEXS.
nell'area di MIPRE denominata "TPEZ1" è attivo un sistema di trattamento pump&stock, con emungimento da 6 punti intercettanti l'orizzonte saturo, stoccaggio e smaltimento dei reflui presso impianto autorizzato. La contaminazione è costituita prevalentemente da BTEX ed alifatici clorurati cancerogeni e non cancerogeni.
Zone bonificate
zone 8-Sottoarea 1 e Zona 9-Sottoarea 1, il procedimento di bonifica per le matrici superficiali concluso nel 2007 – la provincia di Ferrara ha emesso due atti di certificazione ai sensi dell'articolo 12 comma 2 del decreto ministeriale n. 471 del 1999 c Entrambe le zone sono state acquisite successivamente dalla società Estelux Srl la quale a sua volta ha avviato un nuovo procedimento di bonifica per una piccola area della Zona 8-Sottoarea 1, dovuta al ritrovamento di aste fognarie contaminate da rame. Il procedimento di bonifica si è poi concluso con atto della Provincia nel dicembre 2011.
area Ambiente (TAS "trattamento acque di stabilimento"), con certificazione della provincia del settembre 2006.
area limitrofa al petrolchimico denominata "Lotto 27", posta a nord, ora zona di nuovi insediamenti produttivi e di un'area di Sipro, certificata dalla provincia nel febbraio 2006.
Basell Poliolefine Italia s.r.l

2004 – approvato dalla giunta comunale il progetto preliminare di bonifica del sito per le matrici superficiali.

2005 – 2006 effettuati i test pilota propedeutici alla realizzazione del progetto definitivo di bonifica
2006 la soc. Basell ha presentato domanda di rimodulazione degli obiettivi di bonifica ai sensi del decreto legislativo n. 152 del 2006,
sospensione attività di valutazione per incoerenze tra normativa regionale e nazionale
2012 richiesta alla soc. Basell la presentazione di un documento contenente le indagini integrative di campo per la determinazione dei parametri sito specifici necessari all'A.d.R. non contemplati da norme e standard del passato, e la definizione di eventuali criteri per l'A.d.R. sanitari
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2012 trasmissione di un documento con l'adeguamento dell'iter di bonifica dei suoli e della falda superficiale al decreto legislativo n. 152 del 2006 e approvazione in CdS
2013 – 2014 esecuzione attività di caratterizzazione integrative
2014 la soc. Basell ha presentato il documento di analisi di rischio, comprensivo del piano di monitoraggio ai sensi dell'articolo 242 del decreto legislativo n. 152 del 2006 – approvata con prescrizioni l'AdR e restituzione agli usi legittimi delle aree di proprietà conformi alle CSC e CSR.
Le aree non conformi alle CSR verranno mantenute in regime di MISO (Messa in sicurezza Operativa) con monitoraggi dei Soil Gas per il controllo del rischio di esposizione inalazione vapori.
Yara Italia Spa 2005 approvato dalla giunta comunale il Progetto Preliminare di Bonifica del sito per le matrici superficiali.
2006 la soc. Yara ha presentato domanda di rimodulazione degli obiettivi di bonifica ai sensi del D. Lgs. 152 del 2006,
sospensione attività valutazione per incoerenze tra normativa regionale e nazionale
2012 richiesta alla soc. Yara la presentazione di un documento contenente le indagini integrative di campo per la determinazione dei parametri sito specifici necessari all'A.d.R. non contemplati da norme e standard del passato, e la definizione di eventuali criteri per l'A.d.R. sanitari
2013 trasmissione di un documento con l'adeguamento dell'iter di bonifica dei suoli e della falda superficiale al decreto legislativo n. 152 del 2006 – approvazione in CdS ed esecuzione delle attività di caratterizzazione integrative
2014 presentazione e approvazione del documento di analisi di rischio e restituzione agli usi legittimi di tutte le aree di proprietà conformi alle CSR,
2015 approvazione piano di monitoraggio con prescrizioni
Versalis Spa 2006 – approvato progetto preliminare di bonifica del sito per le matrici superficiali
2007 approvato il progetto preliminare per un'area denominata "ex area rampe ferrocisterne".
2009 presentato il "Documento programmatico per l'adeguamento dell'iter di bonifica dei suoli e della falda superficiale
2010 presentato e approvato dalla CdF il documento "Indagini integrative propedeutiche all'analisi di rischio
2012 presentato il documento contenente i risultati delle indagini integrative eseguite e l'analisi di rischio sito specifica – richieste integrazioni al documento presentato
2013 approvata L'analisi di rischio con prescrizioni.
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Tutto il sito è stato suddiviso in aree catastali per le quali la CdS ha determinato le seguenti decisioni:
– certificazione e restituzione agli usi legittimi di 19 aree in quanto non contaminate (concentrazioni <CSC),
– certificazione e restituzione agli usi legittimi di 4 aree (concentrazioni <CSR),
– bonifica e/o l'esecuzione di monitoraggi e controlli nelle restanti 6 aree di sito senza la restituzione agli usi legittimi.
– richiesta di un piano di monitoraggio per la falda superficiale per una durata iniziale di 5 anni.
2013 presentato il piano di monitoraggio e approvato nel 2014.
Attualmente sono in corso i monitoraggi di durata quinquennale previsti.
In un'area di proprietà di Versalis è stato rilevato un cumulo antropico, costituito da rifiuti. La società ha presentato nel corso del 2011 e 2012 il documento di caratterizzazione del cumulo ed il Progetto Operativo di Bonifica.
2012 approvato il progetto di bonifica. L'intervento prevede lo smaltimento di circa 15.000 mc di materiali
2014 trasmessa la relazione di collaudo finale dell'area del cumulo antropico e certificazione di conclusione della bonifica.
2014 trasmissione del documento avente ad oggetto "Valutazione del rischio relativa al Campo SM – approvazione con prescrizioni relative al monitoraggio di acqua sotterranea e vapori interstiziali per una durata di cinque anni.
Sapio produzioni idrogeno

Area pressoché priva di contaminazione, la società Crion (ora Sapio) successivamente alla caratterizzazione avvenuta nel corso del 2002-2003 non ha ritenuto necessaria la stesura di un progetto di bonifica, ma ha richiesto direttamente la conclusione del procedimento di bonifica.

2009 la ditta ha trasmesso un documento avente per oggetto "Adeguamento dell'iter di bonifica dei suoli e della falda superficiale (in quanto erano disponibili solo i dati di 1 piezometro non adeguati a caratterizzare)
2010 il documento è stato approvato con la richiesta di nuovi sondaggi e piezometri (tot.3). Le attività di caratterizzazione
2010-2013 si sono svolte le attività integrative. La situazione ambientale emersa evidenzia una conformità per i terreni alla destinazione d'uso e la sola presenza di metalli nelle acque di falda oltre i limiti di legge (Fe, Mn, Al, As),
2014 la CdS confermava la possibilità di concludere il procedimento di bonifica del sito attraverso la presentazione di un analisi di rischio ed il relativo piano di monitoraggio.
2015 approvato il piano di monitoraggio con la restituzione agli usi legittimi di tutte le aree di proprietà conformi alle CSR.
Monitoraggi acque sotterranee di durata quinquennale in corso.
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Centro energia
Ferrara
Considerando l'assenza di contaminazione per le matrici superficiali il sito è stato certificato con atto della provincia nel febbraio 2006.
Enipower
Ferrara spa

L'area in cui è sorta la centrale di cogenerazione a ciclo combinato da 800 MW, denominata "Turbogas" è oggetto di un procedimento di bonifica dal 2002.

2004 approvato il Progetto Definitivo di bonifica dei terreni e bonifica con misure di sicurezza della falda superficiale, elaborato ai sensi del decreto ministeriale n. 471 del 1999.
2005 ultimate le attività di bonifica con i conferimenti a discarica dei terreni contaminati.
Prosegue la bonifica delle acque di falda superficiale con stesura di SAL bimestrali, tramite impiego di n. 5 trincee drenanti, un pozzo di emungimento, e monitoraggi della acque sotterranee
Polymia srl

2001 la soc. P.Group S.r.l ha avviato l'iter di bonifica, con la caratterizzazione dei terreni e delle acque sotterranee.

2004 il sito è passato di proprietà alla soc. Nylco che ha portato avanti le attività di caratterizzazione ambientale fino al 2008 confermando l'assenza di contaminazione per i terreni e la sporadica presenza di metalli nelle acque di falda superficiale.
2011 alla soc. Nylco è subentrata la soc. Polymia S.r.l, che in ottemperanza a quanto definito nel protocollo per la gestione dei procedimenti di bonifica nello stabilimento,
2015 consegnato il "Documento programmatico, adeguamento all'iter di bonifica dei suoli e della falda superficiale". Il documento è oggetto di valutazione della conferenza dei servizi.
Società italiana del cloro spa (Solvay Chimica Italia spa

1999 – 2015 A seguito della fermata degli impianti di produzione PVC, avvenute alla fine del 1998, Solvay ha realizzato una fase di caratterizzazione ambientale che ha messo in evidenza una serie di contaminazioni nel suolo e nelle falde acquifere sottostanti il sito di Ferrara.

Gli interventi realizzati sono di seguito elencati:
– a partire dal 1999 e con successive modifiche e adeguamenti, sono stati posti in essere sistemi di confinamento idraulico della falda acquifera superficiale (attraverso un sistema di well-point) e della falda acquifera confinata (attraverso pozzi barriera);
– 2000 – rimozione di terreno contaminato da mercurio metallico (circa 9.000 mc) nella zona centrale del sito (Zona 2 attualmente occupata da SOFTER Tecnopolimeri);
– 2003 – installazione impianto di strippaggio e filtrazione su carbone attivo (impianto ZUBLIN) delle acque di confinamento emunte, che garantisce lo scarico delle stesse con concentrazioni di solventi organo-alogenati inferiori a 10ppb(10ug/L);
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– 2005/2006 – Progetto definitivo realizzato attraverso il confinamento laterale e superficiale preceduto da interventi di demolizione preliminare di alcuni edifici e di modifica alle reti interrate interessate dal progetto.
– 2006 e 2007 – eseguite le prove pilota propedeutiche al progetto definitivo di Fase 2 tramite la realizzazione di un nuovo pozzo Wl profondo 40 m.
– 2008 – Progetto definitivo di Fase 2 perforazione dei pozzi di estrazione multifase
– 2011-2015, procedura di collaudo e certificazione di avvenuta bonifica.

7.3.2 Procedimenti di bonifica relativi alla falda confinata

  Nel dicembre 2004 la Giunta comunale approvava il progetto preliminare di bonifica della falda confinata dello stabilimento multisocietario, del dicembre 2003. Con l'entrata in vigore del decreto legislativo n. 152 del 2006 era stata presentata richiesta per la rimodulazione degli obiettivi di bonifica. Nell'ottobre 2006 le società presentavano il documento di analisi di rischio sulla falda confinata ai sensi del decreto legislativo n. 152 del 2006.
  Nel novembre 2008 veniva presentato agli enti il progetto operativo di bonifica comprensivo di analisi di rischio. Il progetto è stato valutato ed approvato con richieste di integrazioni nel 2009. La Giunta ha approvato il progetto nel 2009 con l'inserimento di oltre 30 prescrizioni.
  La bonifica prevede come obiettivo il rispetto delle concentrazioni soglia di rischio per i contaminanti ricercati nella falda confinata che sono state determinate attraverso l'analisi di rischio sito specifica secondo quanto previsto dalla legislazione vigente.
  La contaminazione nella falda confinata è risultata essere presente in particolare nella zona centrale del petrolchimico e riferibile a sostanze organiche come solventi clorurati (cloruro di vinile) e secondariamente a composti aromatici (benzene) e idrocarburi totali (espressi come n-Esano). Le tecniche previste sono quelle di emungimento e bioremediaton.
  L'esecuzione di un primo modulo pilota di iniezione di composti a lento rilascio di ossigeno (ORC) della durata di 12 mesi con realizzazione di una barriera di bioremediation, necessario per poter meglio dimensionare le restanti barriere che verranno realizzate successivamente, non ha portato ai risultati previsti da progetto.
  Si è quindi proceduto a variare la tecnologia e le modalità di immissione in falda degli agenti ossidanti, per favorire l'azione biodegradante dei batteri autoctoni presenti naturalmente, implementando in tal modo un secondo modulo pilota. Le prove pilota sono proseguite fino al settembre 2014.
  A gennaio 2015 è stato presentato dalle società coinsediate il documento "Aggiornamento del progetto operativo di bonifica della falda confinata ex decreto legislativo n. 152 del 2006». Il suddetto aggiornamento stilato sulla base dei risultati ottenuti dal campo prove pilota e sui monitoraggi periodici su tutti i piezometri profondi (86) Pag. 92per una verifica dello stato di contaminazione del sito, ha comportato le seguenti modifiche:
   aggiornamento dell'AdR, contemplando una maggior superficie interessata dalla contaminazione lungo la direzione del plume;
   riduzione delle barriere di iniezione ORC da 4 ad 1 aumentando al contempo il numero di punti di iniezione per barriera (riduzione dell'interasse tra i punti);
   integrazione di un sistema di P&T su 8 punti lungo il plume, con un emungimento previsto di circa 17 mc/h.
   variazione della durata della bonifica (stimata per un massimo di 18 anni), e dei punti di monitoraggio.

  La conferenza dei servizi ha richiesto integrazioni e fornito prescrizioni al POB; le società coinsediate hanno trasmesso le rispettive integrazioni in data 13 marzo 2015: la successiva conferenza dei servizi svoltasi il 1o aprile 2015, ha valutato positivamente l'aggiornamento del POB nel suo complesso.
  Il responsabile area Italia nord-est Syndial nel corso dell'audizione del 13 maggio 2015 ha riferito delle attività in corso nei seguenti termini: «a Ferrara per quanto riguarda la bonifica delle acque noi abbiamo un impianto di trattamento delle acque di falda, che lavora in un'area che si chiama PEC 23 e tratta l'acqua della falda freatica e della falda intermedia, mentre quella della falda profonda viene gestita dal consorzio IFM. Questo è un impianto che lavora 100.000 metri cubi d'acqua all'anno. Da quando è in esercizio, ha trattato 900.000 metri cubi d'acqua. Ovviamente è un impianto con autorizzazione AIA. Non rileviamo alcuna criticità al riguardo. Inoltre, d'accordo con gli enti, è stata autorizzata [il 1o aprile 2015] una variante a questo impianto. Aggiungeremo una sezione di pretrattamento, che consentirà a questo impianto di trattare anche l'acqua della falda confinata, in quanto è in corso un progetto di implementazione di variante alla falda confinata. Porteremo questo impianto a trattare anche quest'acqua a 18 metri cubi all'ora, mentre oggi lavora a 12 metri cubi all'ora. Questa della PEC 23 è un'area in cui stiamo attuando anche tecniche di bioremediation. Si tratta di trattamenti in situ, in questo caso agendo su reazioni di riduzione dei contaminanti, favorendo la coltivazione e la crescita di batteri naturali che sono in sito e che lavorano in condizioni anaerobiche
  [...] A Ferrara abbiamo anche un laboratorio, che per noi è un centro d'eccellenza ambientale. È tra i primi laboratori in Italia che si sono specializzati nelle analisi di suoli contaminati da diossine. Per noi è un po’ un fiore all'occhiello. Ci lavorano 22 persone di Syndial.
  [...] Per quanto riguarda gli aspetti economici, in termini ambientali a Ferrara finora abbiamo speso 29 milioni di euro. Ovviamente abbiamo dei running cost per la gestione degli impianti del presidio, che ammontano a 1,7 milioni di euro all'anno. Nel prossimo quadriennio (2015-2018 incluso) prevediamo di spendere ulteriori 18 milioni, che comprendono anche interventi di decommissioning. Abbiamo già avviato interventi di decommissioning, demolendo il forno inceneritore».

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7.4 Il ruolo di IFM Ferrara S.c.p.a.

  La IFM Ferrara è una società consortile costituita nel 2001-2002 dalle società insediate nello stabilimento multisocietario al fine di gestire i servizi. Per consentire la gestione di tali attività al consorzio è stato concesso il diritto di superficie, mentre la proprietà, e la responsabilità della bonifica, restano in capo a ciascuna delle aziende consorziate.
  La possibilità di interfacciarsi efficacemente con l'esterno grazie all'esistenza di un soggetto unico consortile ha comportato la redazione di piani di emergenza e lo svolgimento di esercitazioni con il coinvolgimento della popolazione; sono previsti dunque un PEE (piano di evacuazione esterna) e l'attivazione di COM (Centro operativo misto) e COC (Centro operativo comunale); sempre il consorzio è dotato di un corpo interno di vigili del fuoco, di trentadue unità, qualificate dal possesso di titoli professionali e formativi specifici.
  Le società coinsediate hanno gestito autonomamente l'iter di bonifica delle rispettive matrici terreni e falda superficiale mentre il progetto di bonifica della falda confinata è stato gestito sin dall'inizio in maniera congiunta mediante lo strumento del consorzio.
  Nella prima fase è stato conferito un mandato con rappresentanza a Basell per espletare tutte le attività richieste e necessarie per la presentazione del progetto definitivo di bonifica della falda confinata.
  A seguito dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 152 del 2006, le società hanno deciso di avvalersi della possibilità di rimodulare gli obiettivi di bonifica, hanno sviluppato l'analisi di rischio e definito il progetto operativo di bonifica, presentato agli enti di riferimento nel novembre 2008, e approvato con le delibere di giunta del 14 luglio 2009 e 7 luglio 2010. Con l'approvazione del POB è terminato il mandato di Basell.
  Nell'ambito del proprio mandato, IFM ha completato il primo modulo del progetto operativo, che si proponeva l'obiettivo di verificare le ipotesi alla base del POB stesso e concluso sostanzialmente ad aprile 2014; a fronte dei risultati del primo modulo e di nuove evidenze analitiche nel frattempo rilevate, ha coordinato il gruppo di lavoro di Stabilimento che ha elaborato l'aggiornamento del progetto operativo già approvato.
  Le società insediate nel Petrolchimico di Ferrara, hanno presentato a firma congiunta il documento "Aggiornamento del progetto operativo di bonifica della falda confinata ex decreto legislativo n. 152 del 2006 e s.m.i." nel gennaio 2015.
  La conferenza di servizi indetta dal comune di Ferrara il 16 febbraio 2015 ha richiesto integrazioni e l'assolvimento di alcune prescrizioni. La nota integrativa richiesta è stata trasmessa agli enti competenti nel marzo 2015, ed è stata valutata positivamente dalla conferenza di servizi che ha approvato l'aggiornamento del POB ed ha prescritto l'avvio delle operazioni entro nove mesi dall'approvazione formale del progetto.
  IFM definirà l'ingegneria di dettaglio del POB, predisporrà una lista di potenziali fornitori qualificati, la specifica generale e il capitolato speciale per la gara di appalto, valuterà le offerte, assegnerà l'incarico di esecuzione delle attività previste dal POB, allo scopo di Pag. 94iniziare la bonifica all'inizio del 2016, obiettivo da ritenersi concretamente realizzabile.
  Tutti i passaggi sopra elencati dovranno essere condivisi tra le società insediate nello stabilimento multisocietario, poiché le regole di mandato a IFM prevedono che le decisioni debbano essere prese dalle società coinvolte nel procedimento di bonifica e firmatarie del POB.

7.5 L'insediamento Solvay – Società Italiana del Cloro

  A margine del sito come sopra descritto, confinante a est, oltre il corso del canale Boicelli, si trova l'insediamento industriale di Società Italiana del Cloro, al cento per cento di proprietà della Solvay.
  L'amministratore delegato della Società Italiana del Cloro srl nell'audizione del 12 maggio 2015 ha così descritto la situazione societaria: «[è] in previsione [...] una joint venture che ci sarà a livello europeo nel settore del cloro-soda fra la società Solvay e la società INEOS, le quali metteranno insieme le loro attività nel settore con una joint venture che dovrebbe partire entro la fine di quest'anno. Questa avrà durata triennale, poi tutte le quote verranno cedute da Solvay alla società INEOS. In Europa tutta la parte clorovinilici passerà a INEOS.
  In questo momento comunque noi siamo Solvay al cento per cento e agiamo per conto della Solvay. La Società Italiana del Cloro ha tre sedi, una qui a Ferrara, una a Tavazzano in provincia di Lodi, che una a Rosignano, in provincia di Livorno. Quella di Rosignano è la più importante dal punto di vista produttivo. Per quanto riguarda la parte bonifica, nel 1998 si chiuse l'attività di polimerizzazione che era in essere sul sito di Ferrara, allora anch'io lavoravo qui allo stabilimento di Ferrara, si cominciò un'operazione di bonifica per utilizzare comunque il sito come piccolo polo industriale per continuare comunque a tener viva l'occupazione».
  La collocazione dell'insediamento Società Italiana del Cloro è rilevante perché la falda confinata si muove in direzione di esso; dunque le attività di bonifica a suo tempo avviate da Solvay e ora gestite da Società Italiana del Cloro, rilevano per il bilancio ambientale complessivo.
  Le attività di bonifica sono iniziate vigente la disciplina del decreto ministeriale n. 471 del 1999 con un intervento di escavazione e smaltimento di terreni contaminati da mercurio, un contaminante derivante dalle vecchie attività di produzione del cloro con cloro soda e celle elettrolitiche; in parallelo era stato predisposto un piano di caratterizzazione e l'esecuzione dell'attività di indagine in contraddittorio con ARPA.
  Queste attività hanno portato a individuare altri tre nuclei significativi di contaminazione, essenzialmente riferibile a composti organoalogenati, idrocarburi clorurati, più alcuni piccoli hotspot di minore importanza. Questi tre nuclei di contaminazione nei terreni insieme con la presenza di contaminazione nelle acque sotterranee sono stati oggetto dei progetti di bonifica.
  È stato presentato un progetto preliminare di bonifica nel dicembre del 2002, poi approvato nel 2004, che ha previsto un Pag. 95intervento di bonifica per fasi. Il progetto preliminare di bonifica è stato seguito da un progetto definitivo di fase 1 già realizzato, che ha previsto la messa in sicurezza dei tre nuclei di contaminazione attraverso una cinturazione perimetrale e un capping superficiale per impedire la ulteriore migrazione dei contaminanti.
  Questo primo intervento ha prodotto significativi miglioramenti e rapidamente le concentrazioni contaminanti nelle acque sia delle falda superficiale che della falda profonda sono calate in maniera significativa.
  A seguito della realizzazione di questi presìdi, è stato predisposto e approvato il progetto definitivo di fase 2, che prevede invece la bonifica in situ di questi tre nuclei contaminati da composti organoalogenati. La parte in situ prevede l'estrazione simultanea di liquidi contaminati, quindi acque contaminate, oppure prodotti in fase libera, quindi in fase oleosa, e poi vapori di contaminanti organici volatili. Nel caso del prodotto in fase libera, questo viene separato e smaltito in quanto tale, le acque contaminate invece vengono trattate in un impianto che prevede strippaggio e filtrazione su carbone attivo. I vapori vengono trattati anch'essi su dei filtri a carbone attivo, quindi ciò che viene «smaltito» in verità viene rigenerato e sono essenzialmente i carboni attivi che filtrano i fluidi, dunque acque e gas estratti.
  Questi tre nuclei denominati A, B e C sono stati equipaggiati con sistemi di bonifica che rimuovono le acque e il gas contaminati presenti nel sottosuolo: l'attività è iniziata nel 2009 con i nuclei A e C; il nucleo A è tuttora in corso di bonifica, il nucleo C è già stato collaudato e certificato, quindi è stato completamente bonificato, ed è in corso la bonifica del nucleo B, della quale si prevede il completamento entro la fine del 2016
  Nel contempo sono proseguite le attività di emungimento e trattamento delle acque sotterranee con un impianto di trattamento che è stato installato nel 2003 ed è tuttora in funzione, che consente l'abbattimento delle concentrazioni di solventi clorurati, al di sotto dei limiti previsti dalla normativa, e conseguente riutilizzo di queste acque in ambito produttivo.
  La procedura di pompaggio ha una duplice finalità, nel senso che una parte complessivamente valutabile in 40-50 metri cubi ora è legata agli interventi di bonifica, la maggior parte viene emunta dalla falda profonda, che è molto più produttiva, una parte minore dalla falda superficiale. Ci sono anche altri emungimenti da altri pozzi che non rientrano nell'attività di bonifica e che sono esclusivamente a servizio dell'attività industriale.
  Fino ad ora sono stati spesi circa 16 milioni di euro, e attualmente vi è un costo di circa 700.000 euro all'anno per la fase di pump and treat, cioè di estrazione dell'acqua e sostituzione carboni.
  Secondo i rappresentanti dell'azienda la tempistica fino adesso è stata rispettata, e, come è stato detto in sede di audizione «può esserci stato un ritardo di sei mesi o un anno su alcune attività, ma nell'ambito di un progetto che aveva una durata di 15-20 anni ci sta tranquillamente».
  A questo proposito hanno aggiunto: «ad oggi, in base ai modelli matematici prevediamo che la fase di pump and treat possa durare fino al 2020-2021, ma nessuno può dirlo con precisione. Orientativamente Pag. 96ci siamo impegnati fino al 2020-2021, tenendo conto di una spesa che può variare, a seconda delle cose che stiamo facendo, da mezzo milione a un milione all'anno, quindi la spesa totale si può configurare ad oggi attorno ai 20-22 milioni, di cui 16 già spesi e il resto da spendersi nel periodo successivo.
  Sul tema della falda il pompaggio in corrispondenza del sito Solvay evidentemente ha un effetto anche sul petrolchimico e lo ha avuto ancor di più in passato, perché in passato Solvay aveva degli emungimenti molto ragguardevoli, nell'ordine addirittura di centinaia di metri cubi ora.
  Come è stato precisato in audizione «questo determina un'area di richiamo molto ampia, che portava verso il sito Solvay anche dei contaminanti verosimilmente generati all'esterno. È un tema ancora attuale, perché ci siamo resi conto e abbiamo evidenziato agli enti nel corso di questi anni come in zone di confine del sito si rilevino concentrazioni di alcuni solventi più alte rispetto a quelle all'interno del sito, quindi la cosa sembrava provenire dall'esterno, tanto che a partire dal 2008 sono stati realizzati dei piezometri di confine da una parte e dall'altra del canale Boicelli proprio per verificarlo. Si è quindi acclarato che esiste un pennacchio di contaminazione che in corrispondenza della zona sud-ovest del sito dal petrolchimico entra all'interno del sito Solvay. Purtroppo non è facile interrompere questo perché, a differenza dei terreni per i quali è agevole tracciare una linea di confine, per le acque sotterranee non lo è, in quanto si spostano e portano i loro contaminanti quando vengono trascinate da una parte all'altra. L'intervento che stiamo realizzando è comunque necessario anche per i contaminanti generati all'interno del sito, quindi è indispensabile, ma è importante individuare gli apporti esterni per definire gli obiettivi di bonifica rispetto ai nostri contributi e non a quelli esterni.
  In passato il comune di Ferrara aveva sollecitato l'elaborazione di un modello idrogeologico comune tra Solvay e Petrolchimico; pur non avendo raggiunto questa conclusione, la gestione delle acque sotterranee in questo momento risulta adeguata; gli interventi di bonifica sono stati verificati utilmente in contraddittorio con ARPA con successiva certificazione.
  Come la Commissione ha potuto rilevare, la presenza di una realtà industriale attiva induce i soggetti insediati nel sito ma anche all'esterno di esso, come nel caso di Solvay – Società italiana del Cloro a perseguire obiettivi di bonifica, mantenendo relazioni positive con gli enti pubblici e le autorità incaricate dei controlli.

7.6 Le attività di controllo e il ruolo degli enti pubblici

  L'ARPA Emilia-Romagna è intervenuta in tutte le fasi della procedura di bonifica, con sopralluoghi e prelievi di campioni, per validare i risultati raccolti dalle aziende durante le indagini e gli interventi eseguiti.
  Nella fase di caratterizzazione dell'intero Petrolchimico per la matrice terreno sono stati eseguiti circa 850 sondaggi con il prelievo di più di 3.000 campioni di terreno per la determinazione di circa Pag. 97180.000 parametri, mentre per le acque sotterranee sono stati realizzati poco più 100 piezometri profondi (prima falda confinata) e un centinaio di punti superficiali, con più di 3.000 determinazioni analitiche.
  L'ARPA ha eseguito in contraddittorio con le aziende un numero di campioni che rappresenta dal 10 al 20 per cento dei campioni eseguiti in totale.
  Nella fase di caratterizzazione, a fronte dei sondaggi e più campionamenti effettuati dalle aziende, ARPA ne ha eseguiti 480, analizzati nei laboratori, principalmente di Ferrara e in parte di Ravenna; altri 200 circa sono stati eseguiti nella fase di monitoraggio delle acque e un altro centinaio per gli approfondimenti delle analisi di rischio.
  Inoltre, tra il 2004 e il 2013, l'ARPA ha partecipato a tredici fasi di monitoraggio che hanno coinvolto la quasi totalità dei piezometri (interni ed esterni al sito) legati alla falda più profonda e un paio di campagne di controllo sui pozzi rappresentativi della falda più prossima alla superficie.
  Per le matrici terreno e acque sotterranee superficiali, l'evolversi delle procedure e l'esigenza di predisporre analisi di rischio-sito specifica, ha portato negli ultimi anni a diversi approfondimenti di caratterizzazione su buona parte del Petrolchimico con ulteriori indagini e contro-campionamenti da parte di ARPA (circa 100 campioni di acque sotterranee e 20 campioni di terreno).
  In alcune aree dove la procedura è terminata ma è rimasto un monitoraggio post-bonifica (ad esempio per il sito della Versalis SpA), ARPA sta conducendo campagne periodiche di controllo e contro –campionamento dei piezometri riguardanti la falda più superficiale con una durata prevista di circa cinque anni.
  L'ASL di Ferrara ha a sua volta valutato in sede di conferenze dei servizi gli aspetti ambientali che avrebbero potuto creare problemi per la salute sia pubblica, sia dei lavoratori, esposti nelle attività di bonifica ovvero impiegati nelle attività industriali.
  Sin dall'inizio delle operazioni di caratterizzazione, è stata posta attenzione sullo studio delle falde (in particolare quella profonda) per eventuali interconnessioni con le falde golenali del fiume Po utilizzate per la potabilizzazione al servizio del territorio ferrarese.
  L'ASL ha valutato congiuntamente le diverse analisi di rischio per cui, in assenza di rischio sanitario, si sono restituiti i lotti di proprietà delle singole società che presentavano una situazione ambientale compatibile con gli usi previsti, accelerando e favorendo la programmazione di nuovi investimenti industriali.
  Laddove ciò non si è rivelato possibile è stato richiesto al comune il cambio di destinazione delle aree non idonee agli usi fino ad allora destinate, con prescrizioni di piani di monitoraggio e controllo e di conseguente aggiornamento dello strumento urbanistico.
  Il comune di Ferrara – dotato organizzativamente di un servizio ambiente – ufficio bonifiche – è l'autorità competente sia per i procedimenti di bonifica avviati ai sensi del decreto ministeriale n. 471 del 1999, sia per quelli soggetti al decreto legislativo n. 152 del 2006.Pag. 98
  Ha seguito tutti i procedimenti di bonifica e promosso i protocolli operativi attivati per il controllo delle matrici superficiali (falda freatica e terreno) e profonde (falda confinata/artesiana).
  Il sindaco di Ferrara (e attuale presidente della provincia), nel corso della sua audizione, ha espresso una valutazione chiara dei fattori positivi dell'esperienza del Petrolchimico: «l'esperienza ci ha insegnato che un elemento di criticità iniziale, che è diventato una leva fondamentale nelle dinamiche di accelerazione e di efficacia dell'avvio della bonifica, è stata la capacità di avere un centro unico tecnico di coordinamento delle attività che hanno interessato diverse società. Il problema iniziale era che si tratta di sette/otto grandi company, anche multinazionali, che hanno interessi divergenti, tempi differenti e programmazioni degli interventi diversificate. Pertanto, le problematiche consistevano nel far collimare i programmi di investimento sulle bonifiche di società multinazionali che avevano programmi che non collimavano.
  L'aspetto importante [...] è stato quello di avere un unico centro, con un protocollo di intervento tecnico comune, in maniera tale che le società si potessero raccordare con i loro tempi, ma in qualche misura anche con una tempistica predeterminata e quindi non con tempi infiniti e indefiniti, ma con tempistiche che consentissero a ciascuna di agganciare il proprio vagone finanziario di investimento e di intervento di carattere tecnico a un treno che avesse la stessa dinamica tecnica e, quindi, un protocollo tecnico condiviso fra tutte le società del sito. Ovviamente c'erano società che avevano in programma degli investimenti e che premevano per avere la disponibilità delle aree e società che, invece, erano in piena dismissione e non avevano alcun interesse. Il problema era come legarle insieme, proprio perché le dinamiche di soluzione dei problemi ambientali dentro il sito non sono dinamiche rispettose dei tempi di investimento, ma sono, invece, esigenze che prevedono una fortissima correlazione.
  Fortunatamente, anche il fatto di non essere sito di interesse nazionale ha contribuito in qualche misura a mantenere radicato localmente un assetto di governo. Nonostante il succedersi delle amministrazioni, la continuità di carattere tecnico-amministrativo e la collaborazione fra tutti gli enti – ARPA, ASL, il comune e la provincia, per citare i principali – hanno consentito di svolgere un'azione efficace».
  Sollecitato da specifiche domande ha ulteriormente chiarito questa posizione, ribadendola con una comparazione tra situazioni ed esigenze diverse: la scelta dei SIN rappresentava un'aspettativa di finanziamento consistente per operazioni di carattere straordinario; per il sito ferrarese hanno prevalso le competenze tecniche integrate, del comune e della provincia con i propri uffici specificamente organizzati per la materia ambientale, dell'ARPA e dell'ASL.
  Come il sindaco di Ferrara ha detto «le singole fasi hanno visto attorno allo stesso tavolo per settimane tecnici delle diverse parti volti a risolvere i problemi. Ci sono stati degli step per cui, di fronte ai risultati, per esempio, delle analisi dell'avvio a bonifica e della falda confinata, che peraltro nel sito nostro, per le analisi geologiche svolte, non è una falda corrente, ma è una falda piuttosto statica, che corrisponde sostanzialmente al perimetro del sito – credo che non sia Pag. 99così ovunque – quando si è rilevata la non perfetta rispondenza dei risultati alle attese, abbiamo modificato l'intervento. Questo è successo con una serie di incontri e di analisi in contraddittorio che hanno visto tutti gli attori attorno al tavolo in tempi piuttosto rapidi. Immagino che mettere sette società multinazionali attorno allo stesso tavolo a livello ministeriale avrebbe comportato una serie di complicazioni, se non altro. Se non c’è una necessità di ordine finanziario straordinario per la quale l'intervento nazionale risulti ineludibile, io credo che la gestione, avendo le competenze tecniche, può essere fatta a livello locale. Questo, però, può avvenire in un comune che ha delle spalle abbastanza robuste, mentre non può avvenire in un comune di 5.000 o 10.000 abitanti, che non ha un ufficio strutturato con competenze da mettere in campo. Soprattutto una forte sinergia fra i diversi attori, tra cui l'ASL, i due enti locali – provincia e comune, con competenze che nel tempo si sono alternate – e l'ARPA regionale, ha consentito, secondo me, una gestione positiva di questa criticità».
  Altro elemento di cornice rivelatosi positivo è che l'accordo di programma iniziale (2001-2008), rinnovato poi nel 2008 e ora in fase di ulteriore rinnovo, ha consentito il coinvolgimento ministeriale: questo ha reso tutti responsabili anche a livello nazionale, come brand, come società, del buon esito dell'operazione, che non ricadeva sulle spalle di singoli direttori di stabilimento locale, ma costituiva un impegno delle società.
  Il fatto che ad oggi diverse aree siano state restituite e che altre siano a disposizione per nuovi investimenti viene visto dall'amministrazione locale come riprova dell'efficacia del percorso seguito e, in un momento economico difficile, come elemento di difesa del sito produttivo e dell'occupazione.
  L'assessore all'ambiente della regione Emilia Romagna ha a sua volta rimarcato il valore della scelta regionale di decentramento, in materia di bonifiche, ai territori, prima ai comuni e poi alle province citando quali esempi positivi gli accordi territoriali sui due Petrolchimici di Ferrara e Ravenna.
  Una criticità segnalata da ARPA consiste nella disomogeneità dei tempi di attuazione delle procedure, legata alle dimensioni molto diverse delle aziende rispetto al sito inquinato, ai costi di intervento e ai livelli di inquinamento.
  La procura della Repubblica di Ferrara riferisce di tre procedimenti penali d'interesse per la Commissione, che non mutano il delineato quadro di soddisfacente gestione delle attività nel sito:
   procedimento penale, in corso, nei confronti della società Yara Italia SpA relativo alla violazione delle prescrizioni di legge in tema di allocazione dei rifiuti all'interno dell'impianto; procedimento penale del 2007 – concluso con oblazione da parte degli indagati – nei confronti di rappresentanti di Polimeri Europa SpA, Basell Poliolefine Italia srl e Yara Italia SpA in cui si è contestato l'indebito utilizzo delle "torce di emergenza" per lo smaltimento in atmosfera; procedimento – archiviato nel 2005 – nei confronti degli amministratori della Solvay Chimica Italia SpA: le indagini relative alla messa in sicurezza del sito Solvay, che avrebbe aggravato la contaminazione della falda acquifera sottostante lo stabilimento, non hanno potuto accertare responsabilità penali per la difficoltà di attribuire compiutamente Pag. 100l'entità dell'aggravamento dell'inquinamento cagionato dagli indagati rispetto al grave inquinamento preesistente, come si è stabilito a seguito di indagine tecnica effettuata con incidente probatorio.

  Come si è visto a Ferrara il Petrolchimico (stabilimento multisocietario) è l'area industriale per eccellenza, dove la concentrazione nel tempo di attività connesse alla chimica ha portato a un inquinamento delle matrici terreno e acque sotterranee.
  Gli interventi di messa in sicurezza e bonifica hanno visto attivarsi le aziende presenti nel sito che si sono coordinate costituendo un consorzio (IFM Ferrara SCpA, società consortile cui partecipano i soggetti insediati nel Petrolchimico di Ferrara) e ha comportato un intervento costante degli enti pubblici e delle agenzie ambientali.
  I principali inquinanti riscontrati sono alcuni metalli (specie nei terreni), idrocarburi, organici aromatici, policiclici aromatici, alifatici clorurati cancerogeni e non, alifatici alogenati cancerogeni e ftalati.
  L'arsenico, e probabilmente anche ferro e manganese, sono endemici del territorio ferrarese e sono in corso ancora degli studi dell'ARPA per valutare i livelli di fondo delle concentrazioni e capire se si sia effettivamente di fronte a un inquinamento.
  La caratterizzazione ha mostrato una contaminazione dei terreni in pochi punti e per superfici di ridotte dimensioni. In molti casi è difficile trovare correlazioni tra gli inquinamenti hot spot del sottosuolo e quello delle acque sotterranee.
  La falda superficiale, assente in alcune zone, si attesta tra 3 e 10 metri dal piano campagna ed è connotata da una bassa mobilità.
  La falda confinata, invece, ha spessori più importanti rispetto a quella freatica e si sviluppa tra i 15 e i 35 metri di profondità con una direzione di flusso da ovest-sud-ovest a est-nord-est, anche in funzione dell'influenza dei pozzi di emungimento della bonifica dell'area ex Solvay posta a est dello stabilimento.
  Le attività di bonifica delle diverse matrici sono tuttora in corso mentre quelle già concluse stanno generando nuovi insediamenti produttivi (ad esempio per le aree di proprietà Versalis).
  Il sito è collegato agli impianti di Porto Marghera, da cui riceve materia prima. Così si è espresso il direttore di Versalis Ferrara nel corso dell'audizione del 13 maggio 2015: «Versalis occupa circa 25 ettari sui 250 del polo industriale. Stiamo parlando di un 10 per cento della superficie totale del polo industriale. Abbiamo circa 300 unità di personale diretto, di cui 266 dedicate alle attività produttive e 34 alla ricerca. Come personale indiretto, ovvero di imprese terze, mediamente abbiamo un'occupazione di 120 persone. Le produzioni che facciamo a Ferrara sono elastomeri, di nome commerciale Dutral, e polietilene, di nome commerciale Riblene. Abbiamo impianti da circa 100.000 tonnellate all'anno. Inoltre, all'interno del polo abbiamo piccole attività legate a catalizzatori e a un impianto di ricerca.
  Nel polo di Ferrara noi riceviamo materie prime attraverso due pipeline dallo stabilimento di Marghera, per cui le nostre principali materie prime (etilene e propilene) arrivano senza particolari stoccaggi intermedi».Pag. 101
  Valga anche il richiamo a quanto dichiarato in audizione dal responsabile sicurezza e ambiente Basell: «nei primi dieci anni di attività abbiamo speso 4 milioni di euro, il 50 per cento per la falda confinata perché partecipiamo per circa il 40 per cento ai costi di condivisione del sito, e i restanti costi sono relativi invece alla falda superficiale e ai suoli. Per i prossimi dieci anni a bilancio ambientale abbiamo altri 10 milioni di euro. Se un dato può interessare, visto che gestisco anche gli altri siti di Basell Italia, come costo generale, tenendo conto che dal 2001 ad oggi e per i prossimi dieci anni abbiamo un budget al bilancio ambientale di 32 milioni di euro».
  La presenza di attività produttive in corso o previste, ha consentito politiche aziendali di investimento anche nelle bonifiche.
  Ai risultati positivi conseguiti nel sito di Ferrara ha contribuito l'estensione circoscritta dell'inquinamento a circa 250 ettari e la presenza di industrie in corso di attività, situazione questa molto diversa sia rispetto al SIN di Mantova, che ha un'estensione di 1.030 ettari, sia rispetto al SIN di Venezia – Porto Marghera, che presenta un'estensione di 1.621 ettari, peraltro con tante aree non utilizzate da attività industriali.

8. Ravenna, il Polo chimico

8.1 Inquadramento generale

  Ai lati del canale Candiano, che si estende per circa undici chilometri collegando la città al mare e costituisce il porto di Ravenna, negli ultimi sessanta anni vi è stato un fortissimo sviluppo delle attività industriali. In particolare a partire dagli anni ’50 in un'ampia zona, in sinistra Candiano, si è sviluppato uno dei poli petrolchimici più importanti d'Italia.
  La storia del Petrolchimico di Ravenna è strettamente legata alla preesistenza del porto canale a vocazione esclusivamente commerciale che poteva essere utilmente usato per i trasporti di materie prime e prodotti.
  Le aziende che hanno maggiormente segnato il territorio sono quelle insediatesi nell'area dell'ex ANIC (ora Stabilimento Multisocietario – Versalis) e l'ex Sarom (raffineria).
  La costruzione dell'insediamento ex ANIC deriva dalla scoperta, da parte di Agip mineraria, negli anni 1953-54 di un importante giacimento di gas naturale nell'Adriatico, al largo della costa romagnola.
  Nel 1957 furono avviati i primi impianti per la produzione di gomme (stirene – butadiene e di lattici di gomma sintetica). Nel 1958 si iniziò la produzione di fertilizzanti e nel 1959 di PVC. Dal 1961 al 1963 si è ampliata la produzione alla gomma CIS e ad altri polimeri speciali.
  Prevalentemente sulla sponda sinistra del canale Candiano, si è sviluppata tutta l'area industriale pesante, mentre in destra Candiano è insediata una raffineria. Pag. 102
  Sinergico allo sviluppo di tali aree è stato il potenziamento del porto di Ravenna con banchine, strutture di carico, scarico e movimentazione merci, piazzali e magazzini per lo stoccaggio, depositi costieri per ogni tipo di materiale e principalmente per le c.d. rinfuse.
  L'area industriale, nel tempo, si è ampliata e le isole, in cui fin dall'inizio fu suddivisa, sono state interessate dall'alternarsi di industrie chimiche.
  L'azienda storicamente più significativa dal punto di vista dimensionale è stata Enichem; negli anni ci sono stati avvicendamenti societari e attualmente Versalis è il soggetto che ha la titolarità della maggior parte degli impianti. L'ex SAROM costituita da ENI, accorpando Agip, è nata nel 1952 ed è stata attiva come raffineria fino al 1984, anno della sua dismissione.
  Tutta l'area industriale non poteva non presentare situazioni di contaminazione derivante da epoche di scelte produttive a bassa attenzione ambientale.
  Le attività di caratterizzazione sono state eseguite autonomamente dalle singole società insediate all'interno dello stabilimento, evidenziando la presenza sia nei terreni che nella falda principalmente di idrocarburi leggeri e pesanti, metalli, IPA e amianto.
  La grande distanza che separa le vecchie darsene, ormai inglobate nella città, al mare, è legata all'evoluzione morfologica del territorio su cui sorge Ravenna, caratterizzato da una forte sedimentazione alluvionale che, nel corso dei secoli, ha determinato un avanzamento della linea di riva verso est.
  Dal punto di vista geologico la stratigrafia della zona è caratterizzata dai primi 15 metri circa di sabbia, da uno strato un limoso argilloso, poi da un'alternanza di livelli di sabbie più fini al di sotto delle quali, a circa 30 m di profondità, si trova uno strato continuo di argilla.
  Il gradiente idraulico è molto basso, si parla di un metro all'anno. Il canale Candiano risente dell'influenza di marea e quindi anche la falda si muove in direzione sud-ovest.
  L'area produttiva era ed è a tutt'oggi suddivisa in diverse "Isole Produttive", le quali pur cambiando proprietà hanno mantenuto servizi ambientali comuni (impianto di depurazione acque, impianti di trattamento rifiuti, "rete torce", forno sfiati etc.) gestiti da Ravenna Servizi Industriali s.c.p.a., società appositamente costituita.
  L'unitarietà del comparto industriale ed il mantenimento della collaborazione fra le aziende per la gestione degli impianti e servizi ambientali, unitamente alle forti sollecitazioni da parte delle Amministrazioni locali, hanno portato ad un importante risultato quale è la predisposizione del progetto operativo di bonifica e messa in sicurezza della falda superficiale a cui hanno partecipato tutte le Aziende dell'attuale stabilimento multisocietario, nonché le aziende subentrate nell'area dopo l'avvio del progetto stesso.
  Per le attività di caratterizzazione dei terreni le singole aziende hanno invece avviato e svolto singolarmente le procedure di caratterizzazione, bonifica e/o interventi di messa in sicurezza, alcune delle quali si sono concluse mentre altre sono ancora in corso.Pag. 103
  Il vero e proprio Polo chimico (ex ANIC) oggi comprende:
   l'ampia area dello stabilimento Versalis (24) (ex Enichem e ex Polimeri Europa) e le altre aziende coinsediate: Enipower, Acomon (ex Great Lakes, ex Chemtura manufacturing Italia), Cray Valley Italia, Borregard Italia, Endura, Vinavil, Rivoira, Yara Italia (ex Hydro Agri), Coem (ex Ineos Vinyls Italia, ex EVC), Syndial, RSI;
   altre attività del settore chimico posizionate sul perimetro dell'area ex ANIC, sempre in sinistra Candiano, ma internamente rispetto al canale quali Cabot Italiana SpA, Degussa Italia SpA, Air Liquid SpA e Polynt S.p.A (ex Lonza);
   più verso mare rispetto alle zone precedenti, sempre in sinistra Candiano, è posizionata la raffineria di Alma Petroli.

  Sempre in sinistra Candiano, a valle dell'area dell'ex Enichem si sono insediati e sviluppati gli impianti di Marcegaglia, gli stabilimenti di Alma Petroli, Bunge Italia (ex Cereol), ENEL e PIR (ulteriore deposito costiero di prodotti chimici, petrolchimici e merci varie).
  L'area situata in destra Candiano, più vicino alla città, vede gli insediamenti di Fassa, Petra, Agip Petroli e altri depositi costieri e sbarchi/imbarchi di materiale vario sfuso o in container.

8.2 Le principali fasi dei procedimenti di bonifica

  Enichem spa nel luglio 1997 aveva presentato due lavori: «Studio di caratterizzazione ambientale del sottosuolo e proposta di intervento nell'area di stabilimento» e «Studio di caratterizzazione ambientale del sottosuolo e proposta di intervento nella zona Nord».Pag. 104
  Questi due documenti hanno rappresentato i primi passi per capire lo stato della contaminazione dell'area.
  Una prima fotografia importante prodotta dal primo studio è stata quella della successione litologica del sottosuolo su cui si trova lo stabilimento, dalla quale si è desunta la capacità di percolazione o meno dei contaminanti verso le falde profonde.
  Altro aspetto importante è stato l'individuazione del gradiente idraulico stimato molto basso, dell'ordine di 1 m/anno dovuto all'interferenza del flusso di marea in direzione sud ovest. Questo dato ha generato la comprensione di un basso rischio di fuoriuscita della contaminazione dall'area di stabilimento, a causa della forza della marea che fa muovere l'eventuale contaminazione lontano dal canale e verso l'angolo sud ovest dove, al confine, sono presenti gli uffici amministrativi e non impianti produttivi.
  Il piano di caratterizzazione generale dei terreni dello stabilimento, dopo integrazioni ed approfondimenti dei due documenti iniziali citati, è stato approvato da parte del comune nel 2001 dopo l'entrata in vigore del decreto ministeriale n. 471 del 1999.
  Da tale piano di caratterizzazione si sono poi generati i vari piani di caratterizzazione per i terreni che le singole Aziende hanno presentato ed i successivi piani di bonifica autorizzati ed eseguiti, o ancora in corso.
  Per quanto riguarda invece la caratterizzazione della falda non era scientificamente possibile spezzettare la falda in aree corrispondenti alle singole proprietà o ai diritti di superficie relative ad ogni azienda. È quindi stato richiesto alle aziende, da parte del comune (quale autorità competente all'approvazione del progetto) e della provincia (quale autorità competente alla certificazione di avvenuta bonifica), che fosse presentato un progetto unico relativo alla falda sottesa a tutto Petrolchimico.
  Le attività di caratterizzazione sono così state avviate nel 2001 a nome di tutte le aziende coinsediate. la caratterizzazione è passata attraverso diverse evoluzioni ed integrazioni anche mediante il supporto di università o studi di consulenza cui le aziende hanno assegnato diversi incarichi, alla fine si è giunti all'approvazione del «Progetto operativo di bonifica e messa in sicurezza della falda superficiale» nel 2009.
  Il progetto prevede il monitoraggio dell'intera area attraverso circa 200 piezometri, superficiali e profondi, predisposti allo scopo (campionamenti ed analisi sono eseguiti da ditte specializzate sotto il coordinamento di RSI e con la supervisione e controllo di ARPA), detta inoltre prescrizioni riguardo le modalità di utilizzo e gestione del sito e individua interventi di bonifica e/o messa in sicurezza nelle aree in cui le analisi di rischio hanno indicato valori di contaminazione oltre i valori di CSR calcolati con analisi di rischio all'interno dello stabilimento multisocietario.
  Mediante i monitoraggi sopramenzionati si tengono sotto controllo sia le aree cosiddette a specifica contaminazione (interne allo stabilimento multisocietario) con cadenze più ravvicinate dei campionamenti, sia il perimetro dello stabilimento multisocietario, per accertare che non si verifichino superamenti delle CSC al confine, nel qual caso sono previste azioni mirate.Pag. 105
  Il progetto operativo di bonifica e messa in sicurezza ha portato inoltre alla predisposizione di un protocollo da parte delle aziende facenti parte del multisocietario, coordinato da RSI, per la gestione dei well-point (emungimenti di acqua di falda in caso di interventi nel sito).
  Il protocollo, sottoscritto dalle aziende nel febbraio 2010 ed aggiornato a settembre 2012, prevede l'acquisizione preventiva dei dati tecnici dei well-point per valutare la loro potenziale incidenza sia sulle quantità di acqua di emungimento prevista, sia sulle aree a specifica contaminazione, e stabilisce criteri di fattibilità e di monitoraggio ad evitare la diffusione di contaminanti.
  Per quanto riguarda i terreni le singole aziende hanno invece avviato e svolto singolarmente le procedure di caratterizzazione, bonifica e/o interventi di messa in sicurezza, alcune delle quali si sono concluse mentre altre sono ancora in corso.
  L'insieme degli interventi ha preso avvio negli anni 1999-2000 con un primo step a fine 2001 costituito dalla caratterizzazione di tutte le aree dello stabilimento multisocietario.
  Successivamente sono proseguiti i singoli interventi di bonifica/messa in sicurezza ad opera delle aziende proprietarie. Si tratta di interventi spesso economicamente molto onerosi o complessi dal punto di vista tecnico che pertanto si sono sviluppati in un arco di tempo piuttosto lungo.
  L'intera attività istruttoria tecnico-amministrativa è stata svolta di concerto con provincia, ARPA e ASL attraverso riunioni e conferenze di servizio.
  La tendenza costante nelle conferenze di servizi di fronte a proposte progettuali delle aziende, sulla base della sostanza contaminante, è stata quella di ricorrere il meno possibile allo smaltimento ex situ in discarica. Sono state sempre privilegiate le tecnologie – che si sono notevolmente evolute nell'ultimo decennio – di bonifica in situ, quali il landfarming, laddove la contaminazione fosse magari di origine organica e, quindi, degradabile, aiutando la flora batterica naturale o con ceppi batterici non cancerogeni, o comunque certificati di non patogenicità, per ottenere migliori risultati.
  In alcuni casi limitati all'interno del Petrolchimico ci sono stati dei rinvenimenti occasionali di un fusto interrato o di materiale filamentoso, lavorando in un'area che in passato è stata oggetto di deposito di rifiuti, quando mancava del tutto una normativa quale quella introdotta con il decreto del Presidente della Repubblica n. 915 del 1982. In questi casi in cui non è possibile riuscire a trovare una tecnologia, in situ o ex situ, che sia compatibile con un trattamento e con un possibile recupero, c’è stato il ricorso alla discarica. Esso peraltro viene scoraggiato, anche dalle aziende, perché di solito è più costoso rispetto alle tecnologie che si sono sviluppate negli ultimi decenni.
  Non è stato necessario condurre delle istruttorie per individuare i responsabili delle contaminazioni, ai sensi dell'articolo 244 decreto legislativo n. 152 del 2006, poiché si sono individuati con chiarezza i responsabili, che non hanno mai negato le responsabilità sia sulla falda, sia sul terreno (in effetti praticamente tutte le aziende coinsediate all'interno dello stabilimento multisocietario avevano sfruttato la finestra di notifica fornita dal decreto ministeriale n. 471 del 1999).

Pag. 106

8.3 Stato delle attività
  Complessivamente sono stati avviati a tutt'oggi 27 procedimenti di bonifica/messa in sicurezza, 19 completati e 8 in corso, che fanno capo alle seguenti aziende:
   Versalis SpA (gruppo ENI) 15 procedimenti, oltre alla caratterizzazione generale iniziale; di questi, 13 conclusi, 2 in corso (è prevista la conclusione a breve termine).
   Syndial SpA (gruppo ENI). 7 procedimenti; 3 conclusi, 4 in corso;
   Enipower SpA un procedimento concluso;
   Acomon srl un procedimento concluso;
   Yara Italia SpA un procedimento concluso;
   Lloyd Ravenna SpA un procedimento in corso;
   COEM SpA un procedimento in corso.

  Nella tabella 1.a si riporta una sintesi dei procedimenti di bonifica ancora in corso (maggio 2015). Il quadro riassuntivo riporta per ogni isola o parte di essa, le procedure svolte e lo stato di avanzamento degli interventi.
  Le procedure descritte sono quelle avviate dal comune di Ravenna quale autorità competente ai sensi del decreto ministeriale n. 471 del 1999 e delle norme della regione Emilia-Romagna (leggi regionali numero 5 del 2006 e 13 del 2006 e s.m.i.), per i procedimenti avviati in epoca precedente l'entrata in vigore del decreto legislativo n. 152 del 2006. La successiva sentenza della Corte Costituzionale del 18 giugno 2008, non ha modificato, per tali procedimenti, la disposizione regionale (per cui il comune è rimasto autorità competente nel procedimento) pur con l'obbligo di avere comunque a riferimento tecnico il decreto legislativo n. 152 del 2006 e s.m.i. e non il decreto ministeriale n. 471 del 1999 per lo svolgimento, da tale data in poi, delle procedure di bonifica.
  La tabella 1.b riporta l'elenco dei procedimenti conclusi.

Tabella 1.a – Procedimenti di bonifica in corso

Azienda Procedimenti di bonifica
ENIPOWER

ISOLA 19

2008 – avvio procedimento
Contaminanti: amianto
Matrici interessate – Terreni e acque sotterranee
2009 – relazione tecnica descrittiva e Messa in Sicurezza operativa, entrata poi nel progetto di monitoraggio della falda gestito da Ravenna Servizi Industriali (RSI)
Pag. 107
Coem ex IneosVinyl ex EVC azienda con procedura di concordato preventivo in corso

ISOLA 23

Contaminanti: 11DCE, 12DBrA, 12DCA, 12DCE(c), 12DCP, Clorof., CVM, HCBD,

Matrici interessate: acque sotterranee

Area compresa nel Progetto operativo/Messa in sicurezza della falda approvato nel 2009

ISOLA 22

2001 – avvio procedimento e piano di caratterizzazione

2008 – presentazione progetto preliminare e definitivo di bonifica

Contaminanti – Mercurio, CVM, clorurati

Tecniche di risanamento – terreni: scavo e smaltimento e in alcune zone (porzioni profonde e sotto pipe rack) scavo e misure di sicurezza – falda: area A non nececessari interventi in base ad ADR; Area B, secondo ADR, necessario asfaltatura

Partecipa al progetto di monitoraggio falda gestito da RSI.

Versalis ex Polimeri Europa 2010 – ISOLA 4 Perdita da serbatoio di stoccaggio lattice c/o impianto lattici carbossilati verificatosi
Contaminanti – lattice
Matrici interessate – falda
2010 comunicazione ai sensi dell'articolo 249, conclusa prima fase e avvio seconda fase
Tecniche di risanamento – rimozione lattice
ISOLA 25 lato Est – 2011 Rinvenimento di fusto interrato
Contaminanti – clorurati (HCP esaclorobenzene)
Matrici interessate – terreni
Comunicazione ai sensi dell'articolo 249
ISOLA 20 lato Sud-Ovest Rottura nel tratto interrato della tubazione di carico/scarico di 2010 – data attivazione e predisposizione della caratterizzazione
Contaminanti – n-metilpirrolidone
Matrici interessate –falda
Tecniche di risanamento – sostituito tubo rotto e messa in atto di sistema di pompaggio per individuare l'eventuale interessamento della falda da parte del prodotto fuoriuscito
ISOLA 18
2001 – data attivazione e predisposizione della caratterizzazione
Pag. 108
Contaminanti – n-metilpirrolidone
Matrici interessate –terreni e acque sotterranee
Tecniche di risanamento –rimozione ed aspirazione
2002 Integrazione con il PdC della zona Sud
007 approvazione del PP
2012 POB
Pipe Rack Marino
2001 data di attivazione
Contaminanti – amianto
Matrici interessate –terreni
Tecniche di risanamento –rimozione ed aspirazione
2001 Presentato il Piano di caratterizzazione
2007 progetto preliminare
2010 presentato il POB – procedura conclusa manca la Certificazione da parte della Provincia.
ISOLA 25
2012 data di attivazione
Contaminanti – IPA, mercurio e clorurati
Matrici interessate – falda
Tecniche di risanamento – AdR con integrazione di misura di soil gas.
Ravenna Servizi Industriali (RSI)

2005 data di attivazione

Contaminanti – idrocarburi, BTEX (Benzene, Toluene, Etilbenzene, Xileni), MtBE (Metil terButil Etere), solventi clorurati

In particolare:
Isola 23 – Contaminazione specifica (ACS): C12-16 Arom., C16-21 Arom., 112TCA, 11DCA, 11DCE, 12DCA,12DCE(c), 12DCE(t), 12DCP, Cloroformio, Clorometano, CVM, PCE, TCE, benzene
Isola 22 A CDC – (ACS): 11DCE, 12DBrA, 12DCA, 12DCE(c), 12DCP, Cloroformio, CVM, HCBD, PCE, TCE
Isola 22 Ineos – Area A (ACS): Cloroformio, HCBD, PCE, TCE
Isola 19 – (ACS): MtBE
Isola 25 Nord – (ACS): 112TCE, 11DCA, 11DCE, 123TCP, 12DCA, 12DCE(c), 12DCE(t), 2DCP, Cloroformio, CVM, HCBD, TCE, PCE, Benzene, EtilBenzene, Stirene, Toluene
Pag. 109
Isola 28 – (ACS): 11DCA, 12DCA, 12DCE(c), 12DCP, CVM, TCE, Benzene, MtBE
Isola 5 – (ACS): CicloEsano, HC tot
Isola 17 – (ACS): Benzene, EtilBenzene, mpXileni, Stirene, Toluene.
Confine – (ACS): 123TCP, 11DCE, 12DCA, CVM, TCE, HCBD, Cloroformio, Benzene, Toluene, EtilBenzene, pXilene, Stirene, MtBE, HC tot
Isola 4 – (ACS): Benzene, Etilbenzene, m,p-xilene, Stirene, Toluene
Zona Nord Area A – (ACS):112TCA, 11DCA, 11DCE, 12DCA, 12DCP, 14DCBenzene, lBenzene, Cloroformio, CVM, HCBD, PCE, TCE, Benz., EtilBenzene., mpXilene, Toluene, MtBE
Zona Nord Area B – (ACS): 11DCA, 11DCE, 12DCP, CVM, Benzene
Matrici interessate –acque sotterranee
Tecniche di risanamento –rimozione ed aspirazione
2006 – PdC della falda di tutto lo stabilimento
2007 – PP della falda di tutto lo stabilimento
2009 – Progetto operativo/Messa in sicurezza della falda.
Syndial Isola 25 fase B
2000 data di attivazione
Contaminanti – idrocarburi, metalli pesanti, Mercurio
Matrici interessate –terreni
Tecniche di risanamento –rimozione terreni
2000 Approvazione di PdC PP PDefinitivo (fase A Fase B)
2014 Approvazione POB (fase B).
Area Imprese – Sub area B – Isole 31, 32, 33
Matrici interessate – terreni
Contaminanti – Idrocarburi aromatici, metalli pesanti
Tecniche di risanamento – ADR con l'integrazione di misure di soil gas
2005 – PdC approvazione
2014 – AdR area imprese proposta realizzazione campagna soil gas che è in esecuzione.
ISOLE 29 E 30 aree oggetto di cessione a LLOYD RAVENNA spa
2005 data attivazione
Matrici interessate – terreni
Pag. 110
Contaminanti – Mercurio, acrilonitrile, Idrocarburi aromatici, metalli pesanti
Tecniche di risanamento – rimozione terreni
2000 – Approvazione di PdC PP PDef(fase A Fase B)
2014 – Approvazione POB (fase B).
Area Ponticelle
1996 data attivazione
Matrici interessate – terreni
Contaminanti – amianto, diossine, metalli
Tecniche di risanamento. Proposta presentata in data 17/03/2015, ma non ancora formalizzata:
prima fase – rimozione dei cumuli fuori terra (circa 45000 metri cubi)
seconda fase – bonifica dell'area con strategie da verificare
1999 – PdC, PP, PDef primo stralcio: rimozione e svuotamento di vasche
2002 – Certificazione di avvenuta bonifica, primo stralcio
2003 – secondo stralcio: inertizzazione e stabilizzazione sedimenti contenuti all'interno delle vasche
2006 – Syndial presenta dettaglio progetto
2007 – Comunicazione ritrovamento Amianto, presentano Protocollo Operativo di campionamento e smaltimento di Materiale Contenente Amianto
2010 – Nuovo PdC con ritrovamento di Diossine.
Area Vasche ex Ambiente
2001 – Data attivazione
Matrici interessate – terreni e acque sotterranee
Contaminanti – idrocarburi rifiuti (contenenti IPA, fanghi e Mercurio) ritrovato anche amianto
Tecniche di risanamento – asportazione e messa in sicurezza permanente delle vasche
2001- Approvazione PdC
2011- Indagini integrative di caratterizzazione a seguito anche della interazione con evento incidentale di fuoriuscita di olio aromatico da condotta interrata dalla Banchina Idrocarburi a CABOT (avvenuto nel 1999, ma la cui soluzioni ha subito ritardi pesanti dovuti a dispute sulle responsabilità).

Legenda: PdC Piano di Caratterizzazione, PP Progetto preliminare, Pdef progetto definitivo, POB progetto operativo di bonifica, AdR analisi di rischio

Pag. 111

Tabella 1.b – Elenco procedimenti di bonifica conclusi

Azienda Procedimenti conclusi
ENDURA Spa

ISOLA 4 RACK LATO NORD OVEST

ENIPOWER

ISOLE 6, 10, 11, e 19 (in parte)

ACOMON SRL ex GREAT
LAKES ex
CHEMTURA MANUFACTURING ITALY

ISOLA 5 Sversamento del 06/09/06

ISOLA 5 (in parte)

SYNDIAL SpA

ISOLE 29, 30 Zona Nord, Subarea A vasche TAC e laghetti con aree non oggetto di cessione

SYNDIAL
EX FINAGRO

Area Ponticelle

VERSALIS spa

SOLA 13 LATO NORD Presenza di manufatti in cemento amianto riscontrata durante lavori di scavo propedeutici a realizzazione del Revamping dell'impianto ETBE

ISOLA 26 LATO EST Ritrovamento pezzetti cemento amianto alla base dell'idrante dell'impianto NEOCIS
Perdita acque e fines finiture impianti SOL e NEOCIS verificatasi il 11/11/14
YARA ITALIA spa ex Hydro Agri Italia

ISOLE 1, 2, 3, 8,

parte ISOLA 4,

parte ISOLA 6,

parte ISOLA 7

Polimeri Europa

Caratterizzazione per costruzione della nuova stazione di rilancio al collettore di scarico del Centro Ecologico a Canale Candiano

ISOLA 15 angolo SW
ISOLA 15 zona NW
ISOLA 20 zona SUD
Isola 27 Zona EST – Finitura Sol 1
ISOLA 28 zona SUD
ISOLA 28 zona NORD
ISOLA 5 zona SUD
Pag. 112
Foratura spurgo su linea navale di trasferimento
Porzione ISOLA 26 (Revamping impianto Neocis)
ISOLA 10 Sversamento miscela acqua/stirene a causa di perdita da una flangia
ISOLA 19 LATO OVEST Sversamento gocciolamento del
26/06/07 da tubazione acque reflue organiche sul piperack
ISOLA 15 PIPERACK LATO NORD Sversamento gocciolamento (06/08/07) da sflangiatura tubazione stirolo bonificata
ISOLA 24 Sversamento gocciolamento sul terreno da rottura tubazione sotto al pipe rack lato est
ISOLA 13 Gocciolamento sul terreno posto sotto al pipe rack lato ovest
ISOLA 24 Gocciolamento sul terreno posto sotto al pipe rack lato sud-est
ISOLA 15 Perdita da un accoppiamento flangiato di una tubazione di butadiene di reject zona pipe rack lato Nord Ovest
ISOLA 24 Gocciolamento da tubazione che convoglia cicloesano umido sul terreno posto al di sotto del pipe rack lato Sud Est
ISOLA 28 Rinvenimento amianto in porzione terreno zona sud ovest
ISOLA 20 ZONA SW Perdita nella tubazione interrata che convoglia le acque reflue di processo organiche all'impianto Herambiente
ISOLA 26 ZONA NE Gocciolamento sul terreno dalla valvola posta sulla tubazione che convoglia il glicole del circuito di raffreddamento della sala tecnica del reparto SOL
ISOLA 13 Fuoriuscita di prodotto dalla tubazione che convoglia la miscela esanica al parco generale serbatoi presso il pipe rack lato ovest
BANCHINA IDROCARBURI (di fronte alle Isole 29 e 30) Gocciolamento olio idraulico da apparecchiatura per comandi del braccio di carico P2
ISOLA 28 Presenza di frammenti di eternit in porzioni superficiali di terreno riscontrata durante lavori per allocazione nuovi serbatoi tumulati per Butene 1 e Revamping ETBE
ISOLA 4 LATO EST Rinvenimento di terreno e macerie su terreno di proprietà
ISOLA 15 Progetto di costruzione BUTENE 1, presenza di composti idrocarburici nella porzione superficiale di terreno rinvenuta durante le attività propedeutiche agli scavi di fondazione per il rack interno dell'Isola 15
ISOLA 13 zona ex gasometro, presenza di composti idrocarburici nel terreno rinvenuta durante le attività propedeutiche alla realizzazione della sezione di impianto di idrogenazione selettiva
ISOLA 20 Trafilamento di acque reflue dal pozzetto a monte dell'ingresso del disoleatore dell'ingresso
Pag. 113
ISOLE 12 e 21 BACINI SUD
ISOLA 19
ISOLA 22 CARBURANTI DEL CANDIANO (CDC)
ISOLA 4
ISOLA 25 Fase A

  Il responsabile area Italia nord-est Syndial nel corso dell'audizione del 13 maggio 2015 ha riferito delle attività in corso nei seguenti termini: «complessivamente a Ravenna finora abbiamo speso 27,5 milioni di euro e ne spenderemo altri 10 in lavori di bonifica e decommissioning nel prossimo quadriennio. Per quanto riguarda le aree Vasche Ambiente, sono in corso in questo momento delle indagini integrative, che abbiamo concordato con gli enti, per arrivare a proporre un intervento di messa in sicurezza permanente entro la fine di quest'anno. Per l'area imprese, analogamente sono in corso delle indagini per addivenire però a un'analisi dei rischi, che verrà presentata e proposta agli enti alla fine di quest'anno, per poi arrivare a proporre un progetto operativo di bonifica. Nell'area TAC avevamo rilevato degli hotspot contaminati, sui quali siamo già intervenuti. Per quanto è possibile, laddove avevamo fatto degli scavi, abbiamo massimizzato il reinterro, utilizzando matrici di terreni dello stesso sito e minimizzando l'importazione di terre da cave esterne.
  Per quanto riguarda l'area Ponticelle, è un'area per cui quest'anno stiamo sperimentando in un centro di ricerche in Germania la tecnica del desorbimento termico indiretto. Le istituzioni locali stanno interagendo in maniera molto costruttiva con noi. Abbiamo fatto diverse ipotesi di trattamento e diverse sperimentazioni. Per esempio, abbiamo sperimentato il desorbimento termico diretto, il quale però non ha dato riscontro positivo. Pertanto, d'accordo con gli enti, adesso stiamo sperimentando il desorbimento termico indiretto, dal quale ci aspettiamo un buon esito. Contiamo di proporre entro la fine dell'anno un intervento che sarà fatto sostanzialmente di una tecnica di soil washing. Si tratterà di estrarre il terreno, segregare la parte contaminata da quella non contaminata e di portare al trattamento di desorbimento termico indiretto la parte che risulta contaminata, qualora fosse confermato il corretto funzionamento».

8.4 Il protocollo operativo per il monitoraggio e la gestione della falda

  Per il monitoraggio del Polo chimico sono attivi accordi per la rete di monitoraggio della qualità dell'aria, collegata alla rete di monitoraggio regionale integrata anche da stazioni private, e per il monitoraggio delle polveri, mentre per bonifiche e falda il protocollo del well-point è parte del più generale accordo per il controllo della falda.
  In particolare, in sede di approvazione del progetto operativo della falda è stata concordata la possibilità, per gli enti pubblici competenti, Pag. 114di poter avere a disposizione, attraverso degli account personalizzati, l'accesso a un database su pagina web nel quale in tempo reale sono caricati tutti i dati dei monitoraggi, a mano a mano che vengono effettuati. Questo fornisce un quadro reale e continuo della situazione.
  All'interno del petrolchimico ci sono contaminanti cosiddetti ubiquitari, in virtù anche dei pompaggi e dei wellpoint che negli anni si sono attivati per qualsiasi tipo di intervento al fine di deprimere la falda che in alcuni casi si trova anche solo a un metro dal piano campagna.
  Ci sono aree, invece, a contaminazione specifica, che si trovano sotto le aree in cui veniva svolta una determinata attività.
  Nell'attuazione di questo protocollo di gestione dei wellpoint gestito da RSI le aziende ricevono le istanze di wellpoint, le valutano con una modellistica specializzata e riescono a identificare se ci sia il rischio che, nel tempo, un dato tipo di contaminazione possa eventualmente migrare, in caso di wellpoint prolungati. In tal modo possono, quindi, anche decidere delle contromisure. In questo modo la situazione è sotto controllo e anche agli enti pubblici posso conoscere in tempo reale sia il trend di concentrazione di ogni contaminante, sia il quadro complessivo della falda.

8.5 Le attività di controllo ed il ruolo degli enti pubblici

  In sede di audizione il dirigente del settore ambiente della provincia di Ravenna ha espresso in forma sintetica alcuni punti rilevanti delle attività in corso: la fase di industrializzazione ha prodotto una situazione di presenza diffusa, sia nei terreni, sia nelle falde prima di tutto di idrocarburi ma anche di metalli pesanti e situazioni di varia natura e di vario tipo.
  Dagli anni Settanta è iniziata un'opera di risanamento complessivo che riguarda la qualità dell'aria, la qualità delle acque e, in particolare, le situazioni di contaminazione e di bonifica: il monitoraggio costante ha rivelato situazioni di contaminazione o di inquinamento relativamente definite, con caratterizzazioni molto spesso concluse o in corso di completamento e di aggiornamento e con analisi di rischio e procedimenti di messa in sicurezza in stadio avanzato.
  Secondo quanto riferito dai rappresentanti della provincia di Ravenna, i procedimenti in corso, (compresi quelli più rilevanti di ex SAROM e Versalis) dovrebbero chiudersi positivamente in tempi non superiori a due anni.
  La situazione più complessa è quella della Co.Em. (ex Ineos Vinyls), in situazione di concordato fallimentare: anche se le istituzioni pubbliche sono riuscite a convincere il curatore fallimentare a prevedere una quota significativa di risorse per la caratterizzazione e la bonifica dei terreni. A questo proposito il dirigente del settore ambiente della provincia di Ravenna ha affermato, facendosi interprete di un'esigenza anche altrove avvertita, in presenza di procedure fallimentari: «non c’è dubbio che considerare gli interventi di risanamento ambientale dovuti a inquinamento alla pari dei creditori privilegiati, o comunque subito dopo i chirografari, sarebbe una questione molto utile». Va peraltro ricordato che la sentenza della Pag. 115Corte di Cassazione, I sezione civile n. 5705 del 20 gennaio 2013, nel caso della bonifica Cogoleto-Stoppani, ha riconosciuto la spettanza del rango prededucibile alle spese relative alla bonifica del sito contaminato, in quanto caratterizzate da un nesso di utilità con la gestione della procedura.
  L'altra situazione delicata è quella su cui sta operando la Syndial nell'area di Ponticelle, lungo via Baiona, un'area in cui sono presenti più elementi di contaminazione, e sulla quale è in corso un progetto di variante: sono previste ulteriori conferenze di servizi.
  A riprova dell'efficienza gestionale del modello centrato sul rapporto tra struttura consortile ed ente locale, sta il fatto che – salvo in un caso, risalente al 2000 e relativo a un incidente con diffusione di sostanze chimiche nocive nell'ambiente – non è mai stata necessaria l'emanazione di ordinanze contingibili e urgenti per prevenire o rimuovere pericoli per la salute.
  Nel medesimo alveo si colloca il chiarimento fornito dal sindaco di Ravenna a richiesta della Commissione, sul clima delle conferenze di servizi in ambito locale. Egli ha riferito di un contesto collaborativo, utile a risolvere anche le questioni più complesse, senza contrasti rilevanti sulle scelte operative, anche grazie alla serietà da parte di chi faceva indagini e progettazioni per le aziende; con una costante, tuttavia, di cui la parte pubblica deve tenere conto, vale a dire la tendenza delle aziende a cercare di avere tempi lunghi per gli interventi; ciò a causa, come gli stessi amministratori locali hanno chiarito, dell'onerosità di molti interventi e del conseguente desiderio di diluirne l'impatto economico.
  I rappresentanti di ARPA Emilia-Romagna hanno riferito in audizione sul ruolo svolto dall'agenzia nel seguire tutte le fasi dei procedimenti di bonifica.
  In particolare ARPA ha analizzato in contraddittorio i campioni in una percentuale di circa il 10 per cento, oltre a sopralluoghi o ispezioni durante le attività di bonifica o messa in sicurezza.
  Per quanto riguarda il progetto operativo di bonifica esso prevede una rete di monitoraggio di 129 piezometri superficiali e 78 profondi, con frequenze di campionamento variabili in funzione della rappresentatività di ogni piezometro, sia esso al confine di stabilimento o al confine di aree con inquinanti presenti in concentrazioni superiori alle CSC, ma inferiori alle CSR, al fine di individuare l'eventuale mutamento dello stato qualitativo della falda. Chiaramente i piezometri che si trovano al confine dell'area dell'ex ANIC, considerato come un grande sito unico per la falda, devono rispettare i valori di CSC e vengono monitorati annualmente.
  In corrispondenza invece di Isole o porzioni di Isole con interventi di bonifica o messa in sicurezza attive o da attivare sono previste campagne di monitoraggio più frequenti. In tali piezometri è previsto il rispetto dei valori di CSR.
  Il set di analisi prevede la ricerca di azoto ammoniacale, cloruri, solfati, nitriti, nitrati, metalli, idrocarburi totali, composti organo-alogenati, clorobenzeni, composti organo-aromatici, MtBE e IPA.
  Nell'approvazione, da parte del comune, del progetto di bonifica della falda, era prevista anche la gestione dei superamenti alle CSC o alle CSR nei controlli sui piezometri.Pag. 116
  Le Isole dove sono presenti delle reti di monitoraggio specifiche sono le 4, 5, 19, 16, Angolo SW e Zona Nord con frequenza di campionamento annuale, 22, 25 Nord e 28 con frequenza semestrale, 17 e 19 (sottostazione elettrica con messa in sicurezza operativa per la presenza di amianto non rimovibile senza intervenire sulle infrastrutture della sottostazione) con frequenza trimestrale.
  I campionamenti, sia al confine che nelle aree di monitoraggio specifiche, e l'effettuazione delle analisi sono coordinate da RSI (Ravenna Servizi Industriali s.c.p.a.).
  Le date di ogni campagna di prelievo sono, come da progetto, comunicate ad Arpa che, con le proprie priorità, assiste ad alcune operazioni di prelievo ed effettua in contraddittorio le corrispondenti analisi laboratoristiche. RSI presenta una relazione annuale sulle campagne di monitoraggio della falda di stabilimento.
  Vista la presenza, all'interno del Petrolchimico, di aree con contaminazione in falda superiori alle CSC, ma inferiori alle CSR come ricavate dall'applicazione del modello di AdR, era importante che la contaminazione rimanesse circoscritta all'area dove era stata rilevata per non peggiorare l'ampiezza dell'area di contaminazione e la fattibilità di eventuali azioni di recupero, qualora si rendessero necessarie.
  Per la gestione dell'attività di stabilimento è necessario, a volte, effettuare scavi per raggiungere tubature interrate o per intervenire al fine di fare o ristrutturare basamenti o fondamenta. Per avviare tali opere è necessario attivare dei wellpoint. Tale operazione, se avviata in maniera non corretta o troppo spinta, potrebbe generare uno spostamento di qualche massa di falda contaminata contrariamente a quanto sarebbe utile non fare. Per tali motivi, nel Progetto di Bonifica approvato nel 2009, era stata prescritta la redazione di un «protocollo wellpoint» per permettere di valutare la potenziale incidenza da parte della quantità di acqua prevedibilmente emunta sulle aree con contaminazione circoscritta.
  Ulteriore prescrizione prevista nell'approvazione del progetto operativo di bonifica è stata quella della produzione di cartografia tematica per la visualizzazione delle aree bonificate, in bonifica o da bonificare.
  La risposta a tale prescrizione è stata l'attivazione del sistema informativo territoriale, a novembre 2011, (www.map-hosting.it/georavenna.html) che mantiene aggiornati la mappa del sito con i tematismi sui piezometri della rete di monitoraggio, con gli andamenti dei contaminanti in ogni pozzo, le aree a contaminazione specifica (ACS), con le contaminazioni, i contorni, le società e i vincoli.
  L'audizione dei dirigenti dell'ASL di Ravenna ha consentito di apprendere che trovandosi adiacente all'area del Petrolchimico una zona umida, la Pialassa della Baiona, da molti anni l'ASL assicura il controllo dal punto di vista microbiologico e chimico dei molluschi bivalvi che vivono nell'area. È una misura indiretta di conoscenza dello stato di salute dell'ambiente, trattandosi di organismi filtratori che tendono, per questa loro caratteristica etologica, a concentrare gli inquinanti. Da questo punto di vista l'ASL ha garantito circa l'assenza di evidenze negative o di rischio su tale indicatore.Pag. 117
  La procura della Repubblica di Ravenna ha promosso alcuni procedimenti penali per vicende collegate all'area del Petrolchimico, anche se non di immediato interesse per la bonifica, oggetto di esame da parte della Commissione.
  È in corso un processo per i delitti di disastro colposo, omicidio colposo, lesioni personali colpose, commessi in Ravenna fino all'inizio degli anni ’90 e correlati a patologie tumorali derivanti dall'esposizione ad amianto dei lavoratori del Petrolchimico; l'ASL di Ravenna ha riferito – a prescindere dal dato processuale – di riscontri clinici effettuati visitando periodicamente questi lavoratori, o sulla base dei registri di mortalità della Romagna e di Ravenna. Non sono ancora state condotte indagini epidemiologiche o statistiche con caratteristiche di scientificità tale da garantire certezza sulla correlazione tra i tumori che si sono verificati e la lavorazione, tuttavia si è osservato che gli angiosarcomi, differentemente dagli epatocarcinomi, sono tumori quasi patognomonici dell'esposizione a cloruri e, comunque, sono estremamente più frequenti in questi esposti rispetto alla popolazione generale.
  È un quadro di interesse rispetto al lavoro che veniva precedentemente svolto nel Petrolchimico, a partire dagli anni Sessanta, rappresentato da due casi di angiosarcoma, quattro di epatocarcinoma e uno di cancrocirrosi, per un totale di sette patologie verosimilmente correlate all'esposizione al CVM.
  Nel 2014 è stato iscritto un ulteriore procedimento per disastro doloso, a carico di ignoti, conseguente a dichiarazioni di lavoratori del Petrolchimico, testimoni durante il processo sopra citato, che hanno rivelato di avere effettuato numerosi interramenti di materiali pericolosi, tra cui amianto; sono in corso indagini dell'ARPA e presumibilmente si tratta di fatti risalenti nel tempo.
  Nel 2015 è stato iscritto un procedimento penale a carico di dieci imputati per il reato di cui all'articolo 256 decreto legislativo n. 152 del 2006 per ipotesi di discarica abusiva di rifiuti speciali, costituiti da oltre tre milioni di metri cubi di fanghi di dragaggio provenienti dal canale Candiano.

9. Conclusioni

  A differenza di quanto accaduto in altri campi delle politiche ambientali, il tema delle bonifiche e della gestione dei siti industriali contaminati non ha ricevuto regole da una specifica direttiva dell'Unione Europea.
  L'assenza, allo stato, di uno strumento giuridico, quantunque di diritto secondario, dell'Unione, non impedisce di cogliere una linea di tendenza europea che intende coniugare questo tema a quello del consumo di suolo, quindi a rimozione della contaminazione e recupero delle aree evitando di antropizzarne di nuove; e una, ulteriore, che tende a implementare l'efficacia dei risultati attraverso la semplificazione delle procedure. Peraltro, da quanto è emerso dalle audizioni, Francia e Italia hanno normative prevenzionistiche più stringenti, rispetto ad altri stati membri della Unione Europea. Risultate tuttavia talora inefficaci in alcune aree del Paese per scarsità Pag. 118o inefficienza dei controlli o per fenomeni illeciti nelle pubbliche amministrazioni.
  Sul versante della parte sana e avveduta dell'imprenditoria chimica vi è poi una correlativa visione che coglie opportunità economiche nel possibile riuso di aree infrastrutturate e dedicabili a nuove iniziative imprenditoriali – evitando di antropizzarne di nuove – una volta bonificate.
  Si tratta di situazioni determinate da una risalente e molteplice azione inquinante in alcuni siti, avvenuta in epoche in cui minore era la consapevolezza pubblica dei danni da inquinamento e più blanda la normativa ambientale, che incontrano ora una complessità delle procedure e una moltiplicazione dei soggetti in esse coinvolti, che divengono concause del contenzioso in sede giurisdizionale amministrativa e dunque di obiettivi ritardi nel conseguimento di risultati utili.
  Se da un lato la propensione delle aziende coinvolte nei processi di bonifica a impugnare davanti al giudice amministrativo i provvedimenti delle pubbliche amministrazioni (ma anche quelli usciti dalle conferenze dei servizi) può essere vista dalla parte pubblica come tecnica dilatoria, intesa a evitare gli investimenti necessari in base alle prescrizioni impartite, dalla parte privata, per contro, il contenzioso amministrativo è talora descritto come forma di tutela resa necessaria da prescrizioni ritenute inattuabili, ovvero non ragionevoli, o anche soltanto derivanti da inadeguatezze tecniche dei tavoli o da conduzione tecnico-giuridica inadeguata delle conferenze e dei rapporti tra le parti.
  Il tema delle bonifiche in siti storicamente destinati a produzioni chimiche e petrolchimiche si lega a quello delle strategie industriali complessive in questi settori.
  La continuità nella presenza di aziende interessate all'evoluzione dei siti, destinata a concludersi con la piena restituzione a legittimi usi produttivi, può essere garanzia di continuità di interlocuzione pubblico-privato che a questo risultato deve tendere; al contrario, la circolazione di posizioni soggettive private o, peggio, il fallimento delle aziende insediate, genera possibili contenziosi, interruzioni o abbandono di attività di bonifica.
  Questo tema rinvia a quello della prestazione di garanzie finanziarie per le bonifiche, rispetto alle quali gli strumenti normativi e la loro concreta applicazione devono tendere a un vincolo di effettiva destinazione di scopo; senza che eventuali passaggi di proprietà o procedure concorsuali finiscano col far venire meno l'adempimento degli obblighi.
  Di qui discende la preoccupazione della Commissione per un possibile ridimensionamento della presenza di ENI nel settore chimico, che potrebbe avere riflessi anche sui siti e sulle vicende oggetto della presente relazione.
  Al contrario, la continuità della presenza imprenditoriale pubblica mediante scelte decise e chiare in tal senso del Ministero dell'economia e delle finanze quale soggetto di controllo di ENI SpA in forza della partecipazione detenuta sia direttamente che indirettamente tramite Cassa depositi e prestiti SpA, assume rilevanza per quanto concerne gli investimenti per gli interventi di bonifica nei siti oggetto Pag. 119della presente relazione, garantendone l'attrattività per nuove attività produttive, anche di settore.
  Gli aspetti critici che la Commissione ha tipicamente rilevato nella vicenda di Venezia – Porto Marghera rifluiscono negativamente proprio sulle prospettive di reindustrializzazione dell'area.
  La rilevata incongruità della parcellizzazione delle competenze nell'esecuzione delle opere di marginamento e rifacimento delle sponde delle macroisole lagunari, suddivisa tra il Provveditorato, la regione Veneto e l'autorità portuale, pur essendo gli oneri economici a carico del Ministero dell'ambiente, ha portato al mancato completamento delle opere indispensabili e all'indebolimento delle strutture già realizzate.
  Il mancato completamento dei marginamenti e del sistema di depurazione delle acque di falda rischia di far disperdere gli oneri sinora sostenuti con risorse pubbliche, e di vanificare i progetti di reindustrializzazione – nonostante l'impegno economico dello Stato – poiché la bonifica costituisce il presupposto ineludibile dell'insediamento di nuove attività produttive e dello sviluppo di quelle esistenti.
  I riflessi negativi della debolezza dell'azione amministrativa compromettono il rapporto auspicabile tra bonifica e riuso a finalità produttive delle aree del SIN: la necessità di ricerca di efficacia nell'azione amministrativa connotata da questo finalismo risulta evidente nella vicenda di Venezia – Porto Marghera.
  La situazione del SIN Laghi di Mantova e Polo chimico appare più composita.
  La relativa lentezza nello sviluppo delle attività in più aree interne al sito sembra derivare dalla pluralità di soggetti privati e di progetti e dalla pluralità di interventi di soggetti pubblici con ruoli asimmetrici: situazione che ha in passato prodotto una correlativa difficoltà di organizzare un'interlocuzione efficace con i soggetti privati coinvolti e un contenzioso giudiziario generato anche dall'assenza di un orientamento finalistico degli interlocutori.
  La best practice in materia di bonifiche adottata dalla regione Emilia Romagna, relativa alle aree non considerate SIN, che prevede accordi di programma tra le imprese interessate e le istituzioni locali, ha consentito di gestire le bonifiche nelle aree dei petrolchimici di Ferrara e Ravenna in tempi ragionevoli e con maggiore efficacia rispetto ad altri casi sottoposti a questa Commissione. A ciò ha contribuito anche la minore estensione delle aree inquinate e il prosieguo delle attività industriali nel sito.
  Rimane, come detto, obiettivo della Commissione l'acquisizione di dati puntuali sulle aree, sui volumi complessivi ancora da bonificare e sull'efficacia di alcuni metodi sperimentali da poco intrapresi per giungere a una reale bonifica dei siti e non a mera messa in sicurezza temporanea, nonché di dati finanziari sugli interventi già eseguiti, sui soggetti finanziatori, sugli investimenti preventivati per terminare le opere di bonifica.
  In particolare l'individuazione di un interlocutore unico in grado di rappresentare le varie esigenze delle aziende sia dal punto di vista tecnico che dal punto di vita amministrativo ha ridotto i tempi di realizzazione della caratterizzazione e della messa in sicurezza dei siti.Pag. 120
  Si possono dunque individuare quali elementi positivi da ricercare nelle vicende oggetto della presente relazione:
   riduzione del numero e della «distanza dal territorio» degli interlocutori pubblici (a condizione che gli interlocutori pubblici siano dotati di conoscenze e competenze adeguate: ciò si verifica al livello minimo di comuni di grandi dimensioni);
   dialogo corretto e trasparente tra le parti;
   permanenza nei siti dei soggetti privati;
   prospettiva di riuso dei siti per attività produttive.

  Caratteristica positiva degli interlocutori risulta essere l'omogeneità, garantita per i pubblici dalla presenza di un interlocutore «capofila» e per i privati dalla conciliazione di posizioni in forma consortile (si potrebbero ipotizzare norme che incentivino queste prassi agevolando fiscalmente, o in altro modo, i soggetti che intendono avvalersene).
  Forme variamente introdotte di semplificazione e autocertificazione devono indurre, correlativamente, a implementare il sistema dei controlli e la loro efficacia.
  In tal senso un contributo essenziale potrà essere dato dall'approvazione del disegno di legge n. 1458 di riforma della agenzie ambientali («Istituzione del Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente e disciplina dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale»).
  La recente evoluzione normativa, che da un lato disciplina le transazioni tra soggetti pubblici e privati e dall'altro sanziona penalmente l'omessa bonifica, se accompagnata da una presenza efficace, incisiva e giuridicamente sostenuta degli attori pubblici – in primo luogo il Ministero dell'ambiente – è suscettibile di attrarre in area negoziale i comportamenti virtuosi, di far gestire adeguatamente i procedimenti amministrativi prevenendo il contenzioso, di relegare a margine le condotte dilatorie o omissive di cui valutare puntualmente e sin da ora l'eventuale rilevanza penale.
  In ogni caso l'applicazione delle norme di cui alla legge n. 68 del 22 maggio 2015 potrà essere un concreto stimolo a procedere speditamente con le bonifiche, limitando i costi sanitari e ambientali che ricadono sui cittadini e in tal modo permettendo lo sviluppo di nuove attività.
  Al Ministero dell'Ambiente compete chiarezza sull'esistenza ed entità di sanzioni comunitarie legate alle aree oggetto di bonifica, e quindi sui costi comunque derivanti dalle mancate bonifiche.
  Per la prosecuzione delle attività di bonifica si richiede sia la destinazione di risorse economiche sia un ruolo attivo della parte pubblica – e in primo luogo del Ministero dell'ambiente – nel perseguire non una logica meramente «procedurale» ma una logica «di risultato», dimostrando la capacità di coniugare, nell'interlocuzione con gli enti territoriali e i soggetti privati, elevate competenze tecniche e giuridiche e capacità di visione strategica condivisa.
  Sarà sempre più importante il coinvolgimento nei monitoraggi e nelle scelte sulle bonifiche e sulle prospettive produttive dei cittadini Pag. 121e dei loro enti esponenziali, con una completa trasparenza su tutti gli aspetti, non ultimi quelli epidemiologici.
  La presenza efficace ed incisiva del Ministero dell'ambiente non può prescindere dall'impegno di risorse economiche per la bonifica dei siti inquinati. Un passo concreto di sostegno delle attività di bonifica rappresenta, inoltre, l'ipotesi di esclusione dai saldi contabilizzati ai fini del rispetto dei vincoli di finanza pubblica delle risorse destinate dagli enti locali per le attività di bonifica dei suoli inquinati.


NOTE:


  (1) L'Istituto per l'ambiente e la sostenibilità (IES), uno dei sette istituti del Centro comune di ricerca (Joint Research Centre) della Commissione europea, ha pubblicato nel 2014 una guida che presenta lo stato attuale delle conoscenze sulla gestione dei siti contaminati in Europa. La relazione evidenzia tra i vari risultati che in media, il 42% della spesa totale per la gestione dei siti contaminati proviene dai bilanci pubblici nei paesi presi in esame; e che i costi per le indagini dei siti contaminati, che rientrano generalmente nella gamma tra i 5.000 e i 50.000, solo in Italia e in Svizzera costano più di euro 5.000.000. Costi che non risultano neanche parificati su tutto il territorio nazionale. Ciò conferma la tendenza italiana di investire ripetutamente in analisi e sondaggi e di procedere molto più raramente alle effettive messe in sicurezza, bonifiche e ripristino dei luoghi. Analizzando le statistiche sul tasso di realizzazione del Programma di spesa dei fondi strutturali nel periodo 2007-2013 (dati aggiornati all'aprile 2014) si delinea un quadro negativo per l'Italia, che si distingue per la scarsa incapacità nello spendere i fondi comunitari. Ad esempio, il tasso di attuazione dei programmi operativi finanziati dal FESR si attesta poco al di sopra del 45%, un valore ben al di sotto della media Ue (60,81%), e del paese che ha registrato la performance più lusinghiera, la Lituania (80,1%). Percentuali analoghe si riscontrano anche relativamente al tasso di realizzazione dei programmi legati all'obiettivo Convergenza, il che suggerisce che il dato sul FESR sia pesantemente influenzato dall'incapacità di spesa nell'ambito dell'obiettivo Convergenza. Anche in questo caso il miglior risultato è di un altro paese baltico, l'Estonia (78,3%). Il tasso di realizzazione è leggermente più lusinghiero per quanto riguarda i programmi finanziati dal FSE, con il 58,66% di spesa delle risorse impegnate, e un 16o posto su 26. Altrettanto limitata la performance legata alla realizzazione dell'obiettivo Competitività, che registra la spesa del 59,1% dei fondi impegnati dall'Ue, leggermente al di sotto della media (62,57), e in 13o posizione su 19 Stati: una graduatoria guidata dalla Grecia, con l'85,8% delle attività realizzate in termini di fondi comunitari spesi. L'Italia in media ha speso meno della metà dei fondi disponibili (cfr. https://ec.europa.eu/jrc/en/institutes/ies)

   (2) XVI legislatura Doc. XXIII n. 14, Relazione sulle bonifiche dei siti contaminati in Italia: i ritardi nell'attuazione degli interventi e i profili di illegalità

   (3) In materia di bonifica dei siti inquinati, per semplificare gli adempimenti delle imprese, al comma 7 dell'articolo 242 del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, dopo il primo periodo, è inserito il seguente: «Nel caso di interventi di bonifica o di messa in sicurezza di cui al periodo precedente, che presentino particolari complessità a causa della natura della contaminazione, degli interventi, delle dotazioni impiantistiche necessarie o dell'estensione dell'area interessata dagli interventi medesimi, il progetto può essere articolato per fasi progettuali distinte al fine di rendere possibile la realizzazione degli interventi per singole aree o per fasi temporali successive». Al comma 9 del medesimo articolo 242 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, le parole «con attività in esercizio» sono soppresse ed e’ aggiunto infine il seguente periodo: "Possono essere altresì autorizzati interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria e di messa in sicurezza degli impianti e delle reti tecnologiche, purché non compromettano la possibilità di effettuare o completare gli interventi di bonifica che siano condotti adottando appropriate misure di prevenzione dei rischi

   (4) «Art. 3 (Interpretazione autentica dell'articolo 185 del decreto legislativo n.152 del 2006, disposizioni in materia di matrici materiali di riporto e ulteriori disposizioni in materia di rifiuti). 1. – Ferma restando la disciplina in materia di bonifica dei suoli contaminati, i riferimenti al «suolo» contenuti all'articolo 185, commi 1, lettere b) e c), e 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, si interpretano come riferiti anche alle matrici materiali di riporto di cui all'allegato 2 alla parte IV del medesimo decreto legislativo.
  2. Ai fini dell'applicazione del presente articolo, per matrici materiali di riporto si intendono i materiali eterogenei, come disciplinati dal decreto di cui all'articolo 49 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, utilizzati per la realizzazione di riempimenti e rilevati, non assimilabili per caratteristiche geologiche e stratigrafiche al terreno in situ, all'interno dei quali possono trovarsi materiali estranei.
  3. Fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 2 del presente articolo, le matrici materiali di riporto, eventualmente presenti nel suolo di cui all'articolo 185, commi 1, lettere b) e c), e 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, sono considerate sottoprodotti solo se ricorrono le condizioni di cui all'articolo 184-bis del citato decreto legislativo n. 152 del 2006.
  4. All'articolo 240, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, dopo la parola: «suolo» sono inserite le seguenti: «, materiali di riporto».
  5. All'articolo 264 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, dopo il comma 2 è aggiunto il seguente:
  «2-bis. Le integrazioni e le modifiche degli allegati alle norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati del presente decreto sono adottate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro della salute e con il Ministro dello sviluppo economico, previo parere dell'ISPRA, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281».
  6. All'allegato D alla parte IV del decreto legislativo n. 152 del 2006, il punto 5 è sostituito dal seguente:
  «5. Se un rifiuto è identificato come pericoloso mediante riferimento specifico o generico a sostanze pericolose, esso e’ classificato come pericoloso solo se le sostanze raggiungono determinate concentrazioni (ad esempio, percentuale in peso), tali da conferire al rifiuto in questione una o più delle proprietà di cui all'allegato I. Per le caratteristiche da H3 a H8, H10 e H11, di cui all'allegato I, si applica quanto previsto al punto 3.4 del presente allegato. Per le caratteristiche H1, H2, H9, H12, H13 e H14, di cui all'allegato I, la decisione 2000/532/CE non prevede al momento alcuna specifica. Nelle more dell'adozione, da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di uno specifico decreto che stabilisca la procedura tecnica per l'attribuzione della caratteristica H14, sentito il parere dell'ISPRA, tale caratteristica viene attribuita ai rifiuti secondo le modalità dell'accordo ADR per la classe 9 – M6 e M7»

   (5) Art. 24 (Modifiche alle norme in materia ambientale di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152) f-bis) all'articolo 242, comma 7, dopo il secondo periodo e’ inserito il seguente: «Nell'ambito dell'articolazione temporale potrà essere valutata l'adozione di tecnologie innovative, di dimostrata efficienza ed efficacia, a costi sopportabili, resesi disponibili a seguito dello sviluppo tecnico scientifico del settore»;
  Art. 57 (Disposizioni per le infrastrutture energetiche strategiche, la metanizzazione del mezzogiorno e in tema di bunkeraggio)
  7. Al fine di ridurre gli oneri sulle imprese e migliorarne la competitività economica sui mercati internazionali, la semplificazione degli adempimenti, anche di natura ambientale, di cui ai commi 3 e 4, nonché assicurare la coerenza dei vincoli e delle prescrizioni con gli standard comunitari, il Ministero dello sviluppo economico, d'intesa con il Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare, promuove accordi di programma con le amministrazioni competenti, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, per la realizzazione delle modifiche degli stabilimenti esistenti e per gli interventi di bonifica e ripristino nei siti in esercizio, necessari al mantenimento della competitività dell'attività produttiva degli stabilimenti di lavorazione e di stoccaggio di oli minerali strategici per l'approvvigionamento energetico del Paese e degli impianti industriali.
  8. Nel caso di trasformazione di stabilimenti di lavorazione e di stoccaggio di oli minerali in depositi di oli minerali, le autorizzazioni ambientali già rilasciate ai gestori dei suddetti stabilimenti, in quanto necessarie per l'attività autorizzata residuale, mantengono la loro validità fino alla naturale scadenza.
  8-bis. Le disposizioni di cui ai commi da 1 a 8 si applicano anche alla lavorazione e allo stoccaggio di oli vegetali destinati ad uso energetico.
  9. Nel caso di attività di reindustrializzazione dei Siti di Interesse Nazionale (SIN), i sistemi di sicurezza operativa già in atto possono continuare a essere esercitati senza necessità di procedere contestualmente alla bonifica, previa autorizzazione del progetto di riutilizzo delle aree interessate, attestante la non compromissione di eventuali successivi interventi di bonifica, ai sensi dell'articolo 242 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152

   (6) Art. 1.476. Al fine di contribuire all'attuazione dei necessari interventi di bonifica e messa in sicurezza dei siti di interesse nazionale, nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è istituito un fondo con una dotazione di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018, di cui 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016 e 2017 destinati agli interventi di bonifica del sito di interesse nazionale Valle del Sacco e i restanti 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016 e 2017 e 10 milioni di euro per l'anno 2018 da destinare con priorità ai siti di interesse nazionale per i quali è necessario provvedere con urgenza al corretto adempimento di obblighi europei

   (7) Art. 31. (Introduzione dell'articolo 306-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in materia di risarcimento del danno e ripristino ambientale dei siti di interesse nazionale).
  1. Dopo l'articolo 306 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, è inserito il seguente:
  «ART. 306-bis.(Determinazione delle misure per il risarcimento del danno ambientale e il ripristino ambientale dei siti di interesse nazionale).
  1. Nel rispetto dei criteri di cui al comma 2 e tenuto conto del quadro comune da rispettare di cui all'allegato 3 alla presente parte sesta, il soggetto nei cui confronti il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha avviato le procedure di bonifica e di riparazione del danno ambientale di siti inquinati di interesse nazionale ai sensi dell'articolo 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349, dell'articolo 17 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, nonché ai sensi del titolo V della parte quarta e della parte sesta del presente decreto, ovvero ha intrapreso la relativa azione giudiziaria, può formulare una proposta transattiva.
  2. La proposta di transazione di cui al comma 1:
  a) individua gli interventi di riparazione primaria, complementare e compensativa;
  b) ove sia formulata per la riparazione compensativa, tiene conto del tempo necessario per conseguire l'obiettivo della riparazione primaria o della riparazione primaria e complementare;
  c) ove i criteri risorsa-risorsa e servizio-servizio non siano applicabili per la determinazione delle misure complementari e compensative, contiene una liquidazione del danno mediante una valutazione economica;
  d) prevede comunque un piano di monitoraggio e controllo qualora all'impossibilità della riparazione primaria corrisponda un inquinamento residuo che comporta un rischio per la salute e per l'ambiente;
  e) tiene conto degli interventi di bonifica già approvati e realizzati ai sensi del titolo V della parte quarta del presente decreto;
  f) in caso di concorso di più soggetti nell'aver causato il danno e negli obblighi di bonifica, può essere formulata anche da alcuni soltanto di essi con riferimento all'intera obbligazione, salvo il regresso nei confronti degli altri concorrenti;
  g) contiene l'indicazione di idonee garanzie finanziarie.
  3. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con proprio decreto, dichiara ricevibile la proposta di transazione, verificato che ricorrono i requisiti di cui al comma 2, ovvero respinge la proposta per assenza dei medesimi requisiti.
  4. Nel caso in cui dichiari ricevibile la proposta di transazione, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare convoca, entro trenta giorni, una conferenza di servizi alla quale partecipano la regione e gli enti locali territorialmente coinvolti, che acquisisce il parere dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) e dell'Istituto superiore di sanità. In ogni caso il parere tiene conto della necessità che gli interventi proposti, qualora non conseguano il completo ripristino dello stato dei luoghi, assicurino comunque la funzionalità dei servizi e delle risorse tutelate e colpite dall'evento lesivo. Della conferenza di servizi è data adeguata pubblicità al fine di consentire a tutti i soggetti interessati di formulare osservazioni.
  5. La conferenza di servizi, entro centottanta giorni dalla convocazione, approva, respinge o modifica la proposta di transazione. La deliberazione finale è comunicata al proponente per l'accettazione, che deve intervenire nei successivi sessanta giorni. Le determinazioni assunte all'esito della conferenza sostituiscono a tutti gli effetti ogni atto decisorio comunque denominato di competenza delle amministrazioni partecipanti alla predetta conferenza o comunque invitate a partecipare ma risultate assenti.
  6. Sulla base della deliberazione della conferenza accettata dall'interessato, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare predispone uno schema di transazione sul quale è acquisito il parere dell'Avvocatura generale dello Stato, che lo valuta anche tenendo conto dei presumibili tempi processuali e, ove possibile, dei prevedibili esiti del giudizio pendente o da instaurare.
  7. Acquisito il parere di cui al comma 6, lo schema di transazione, sottoscritto per accettazione dal proponente, è adottato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e sottoposto al controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti ai sensi dell'articolo 3, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20.
  8. Nel caso di inadempimento, anche parziale, da parte dei soggetti privati, delle obbligazioni dagli stessi assunte in sede di transazione nei confronti del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, quest'ultimo, previa diffida ad adempiere nel termine di trenta giorni e previa escussione delle garanzie finanziarie prestate, può dichiarare risolto il contratto di transazione. In tal caso, le somme eventualmente già corrisposte dai contraenti sono trattenute dal Ministero in acconto dei maggiori importi definitivamente dovuti per i titoli di cui al comma 1.
  2. L'articolo 2 del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 13, è abrogato. Tale disciplina continua ad applicarsi ai procedimenti per i quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, sia già avvenuta la comunicazione dello schema di contratto a regioni, province e comuni ai sensi dell'articolo 2, comma 1, del citato decreto-legge n. 208 del 2008.
  3. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica

   (8) Art. 452-terdecies. Codice penale – (Omessa bonifica). – Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, essendovi obbligato per legge, per ordine del giudice ovvero di un'autorità pubblica, non provvede alla bonifica, al ripristino o al recupero dello stato dei luoghi è punito con la pena della reclusione da uno a quattro anni e con la multa da euro 20.000 a euro 80.000

   (9) Audizione del 20 maggio 2015

   (10) Al link www.bonifiche.minambiente.it/contenuti/Anagrafe–07092015.pdf è possibile visualizzare una mappa riepilogativa dello stato di attuazione degli adempimenti di cui all'articolo 251 del decreto legislativo n. 152 del 2006

   (11) La risoluzione così descrive lo stato della chimica italiana nell'attuale contesto internazionale:
   «secondo quanto emerge dal rapporto su «L'industria chimica in cifre» – predisposto da Federchimica-Confindustria ed aggiornato al giugno 2015 – l'industria chimica «continua ad essere uno dei settori trainanti a livello mondiale. Nonostante la crisi del 2008-09, il consumo mondiale di chimica continua ad aumentare a ritmi intensi ( 2,9 per cento nel 2000-2014)» e, in un'ottica di medio-lungo termine, la crescita della domanda mondiale di chimica proseguirà sospinta, da una parte, dai consumi dei Paesi emergenti e, dall'altra, dal fatto che «la spinta, verso lo Sviluppo Sostenibile stimolerà i consumi di chimica anche nei Paesi avanzati non solo in valore (per il crescente contenuto tecnologico dei prodotti chimici), ma anche in volume (per l'aumento della penetrazione dei prodotti chimici nei settori utilizzatori)»; inoltre, poiché «una quota preponderante dei prodotti chimici è destinata agli altri settori industriali (68 per cento)», «l'industria chimica rappresenta un elemento chiave per mantenere una base industriale forte in Europa in quanto – attraverso i suoi beni intermedi – trasferisce tecnologia e innovazione ai settori utilizzatori, contribuendo anche alla loro sostenibilità», sicché «la chimica dovrebbe essere al centro delle iniziative della Commissione Europea per riportare l'industria manifatturiera al 20 per cento del PIL»; sul versante della, produzione, poi, «dal 2012 la quota degli Emergenti sul valore della produzione chimica mondiale ha superato quella degli Avanzati, che attualmente rappresentano il 45 per cento», ma la chimica europea esprime comunque – con 546 miliardi di euro – il 17 per cento del valore mondiale della produzione, quota che raggiunge il 20 per cento tenendo conto dei Paesi europei non appartenenti all'Unione europea; in particolare, l'Italia «è il terzo produttore chimico europeo dopo Germania e Francia e il decimo a livello mondiale. Per alcune produzioni della chimica fine e specialistica, riveste posizioni anche più rilevanti», grazie all'attività di circa 2800 imprese chimiche il cui valore della produzione ammonta a circa 52 miliardi di euro – che generano occupazione diretta per 109 mila unità ed occupazione complessiva per oltre 350 mila unità, con una quota di addetti dedicati alla R&S (4,2 per cento) «decisamente superiore alla media manifatturiera (2,6 per cento)» e con un valore aggiunto per occupato «superiore di circa il 60 per cento alla media manifatturiera»; la produzione chimica italiana si connota, ancora, per «una specializzazione forte e crescente nella chimica a valle che rappresenta il 58 per cento del valore della produzione...», e per «la presenza bilanciata di 3 tipologie di attori: le imprese a capitale estero (38 per cento del valore della produzione), i medio-grandi gruppi italiani (24 per cento) e le PMI (38 per cento)»: si tratta di piccole e medie imprese di qualità «come dimostrano i dati per addetto del valore aggiunto e delle spese del personale decisamente più elevati rispetto alle piccole e medie imprese industriali»; quanto ai principali gruppi chimici a capitale italiano, ne fanno parte «grandi realtà della chimica di base e gruppi medio-grandi, poco conosciuti al grande pubblico ma spesso leader nel loro segmento di specializzazione a livello mondiale o europeo»; inoltre, «l'Italia mostra nella chimica una capacità di attrazione degli investimenti esteri più elevata della media manifatturiera e più in linea con la media europea...»; per quel che riguarda le performance sui mercati internazionali, «la chimica, dopo la farmaceutica, è il settore italiano con la più elevata incidenza di imprese esportatrici (54 per cento)» e «da diversi anni si evidenziano avanzi significativi e crescenti nella chimica fine e specialistica (2,5 miliardi di euro nel 2014)», risultato anche di «un posizionamento avanzato in termini di internazionalizzazione produttiva» e della centralità di ricerca e innovazione in un settore che presenta «la quota più elevata di imprese innovative in Italia (71 per cento)» ed una «diffusione dell'attività di R&S (42 per cento)», che risulta «più che doppia della media manifatturiera (19 per cento) in quanto nella chimica la ricerca non coinvolge solo i grandi gruppi ma anche tante PMI», facendo così registrare investimenti in ricerca e sviluppo di circa 480 milioni di euro (oltre il 5 per cento del valore aggiunto) e spesa complessiva in innovazione prossima ai 700 milioni di euro (circa l'8 per cento del valore aggiunto), con un posizionamento al primo posto (insieme alla farmaceutica) tra i diversi settori industriali «per quota di imprese che hanno investito in tecnologie e prodotti a favore della sostenibilità ambientale tra il 2008 e il 2014»; benché l'incidenza delle spese di ricerca e sviluppo sul fatturato (0,9 per cento) risulti comunque, nel nostro Paese, inferiore alla media europea (1,6 per cento), e pur vero che «in un contesto di concorrenza internazionale sempre più pressante, di costi elevati delle materie prime e – più recentemente – anche di crollo della domanda interna, molte imprese chimiche hanno reagito cercando di innalzare il contenuto tecnologico dei prodotti attraverso un maggiore impegno nella ricerca. La quota di spese di innovazione dedicate alla ricerca è passata, infatti, dal 46 per cento al 68 per cento tra il 2000 ed il 2012»; nel rapporto Federchimica di luglio 2015 su «Situazione e prospettive per l'industria chimica», così si legge «Nell'ipotesi che la crisi greca non comprometta la ripresa a livello europeo e italiano, le previsioni per la produzione chimica nazionale portano a chiudere il 2015 con un aumento dell'1,3 per cento sostenuto non solo dall'export ( 3,5 per cento) ma finalmente anche dalla domanda interna ( 1,4 per cento) dopo 4 anni di calo. Nel 2016 queste tendenze potranno diffondersi ai vari settori e consolidarsi, portando ad una crescita della produzione dell'1,8 per cento. Dopo la sostanziale stabilizzazione del 2014, l'industria chimica in Italia potrà lasciarsi alle spalle la più lunga e pesante recessione del Dopoguerra. L'intensità della ripresa rimarrà, però, modesta e le conseguenze della crisi continueranno a farsi sentire soprattutto per le PMI chimiche più dipendenti dal mercato interno i cui livelli di attività risultano, nella maggior parte dei casi, ancora decisamente inferiori al pre-crisi»; nella nota congiunturale di Federchimica, del novembre 2015, su «L'industria chimica in Italia», si legge inoltre «Nonostante la generale debolezza del commercio internazionale, l'export chimico italiano risulta in forte espansione, 4,9 per cento in valore in presenza di prezzi lievemente cedenti. Il cambio favorevole offre un importante sostegno, ma tale performance è soprattutto il frutto degli sforzi di riposizionamento delle imprese italiane conseguenti alla profonda crisi del mercato interno»; «Preoccupano la frenata degli emergenti e soprattutto le possibili ripercussioni, sulla Germania che rappresenta il principale partner estero non solo per la chimica ma anche per numerosi settori clienti. Ciò nonostante, la ripresa europea è attesa consolidarsi grazie al rafforzamento della domanda interna e le previsioni, per il cambio euro/$ rimangono favorevoli. Inoltre, uno scenario di quotazioni del petrolio al di sotto dei 60 $ rappresenta un sollievo per i margini, dopo anni di forte sofferenza, e ridimensiona la competitività delle produzioni extra-europee (alimentate ad etano, derivato del gas naturale) rispetto a quelle europee (alimentate a virgin nafta, derivato del petrolio)»;

   (12) "È stato illustrato il progetto di trasformazione dello stabilimento di Porto Marghera e, in particolare, il piano di sviluppo di un polo tecnologico integrato di chimica da fonti rinnovabili [...]
  La nascita di un polo tecnologico di chimica da fonti rinnovabili a Porto Marghera e’ l'impronta di una nuova chimica di specialità, a maggiore valore aggiunto, e garantisce una sostenibilità economica di lungo respiro [...]
  Versalis amplierà il polo green a Porto Marghera con la realizzazione di due nuovi impianti per la separazione e idrogenazione selettiva per la completa valorizzazione dei co-prodotti della metatesi [...]
  I nuovi impianti saranno i primi al mondo a produrre additivi bio per i chemicals utilizzati nelle perforazioni petrolifere, insieme ad altri prodotti destinati a settori applicativi ad alto valore aggiunto come i detergenti e i bio-lubrificanti [...]
  L'avvio delle nuove produzioni e’ stimato in circa tre anni, l'investimento complessivo, con il riassetto delle attività operative, ammonta a circa 200 milioni di euro [...]
  Questo piano di trasformazione conferma la centralità del sito di Porto Marghera all'interno del sistema industriale di Versalis e offre l'opportunità di promuovere una crescita sostenibile attraverso una nuova piattaforma innovativa da fonti rinnovabili»

   (13) Doc. 535/2

   (14) Doc. 574/1

   (15) Doc. 346/2

   (16) Doc. 574/1

   (17) Doc. 512/2

   (18) L'amministratore delegato di IES, ha precisato che l'intero gruppo MOL genera in Italia tre miliardi di euro di fatturato, impiegando tra le trecento e le quattrocento persone

   (19) Doc 977/1

   (20) Doc. n. 977/1

   (21) Doc. 533/2

   (22) Doc. n. 977/1

   (23) Doc. 978/2, nota ARPA Lombardia avente ad oggetto: «SIN Laghi di Mantova e Polo Chimico. Campagna coordinata di monitoraggio delle acque sotterranee 2015. Criticità riscontrate da ARPA»

   (24) Versalis S.p.A. costituisce la realtà produttiva principale del sito, così sinteticamente descritta dal Direttore di Versalis Ravenna nel corso dell'audizione del 13 maggio 2015: «Versalis a Ravenna, sui 250 ettari totali del sito, ne occupa circa 140, quindi ha una presenza importante. Ha circa 720 dipendenti, di cui un'ottantina si occupano di ricerca. Il centro ricerche lavora sugli elastomeri di Versalis, perché, insieme a Ferrara, quello di Ravenna è il sito di Versalis che si occupa di produzione di elastomeri sintetici. I due centri di ricerca lavorano in modo sinergico. Noi abbiamo una presenza media di circa 250 persone di impresa, che si occupano di logistica, manutenzione e investimenti. Abbiamo un complesso di elastomeri sintetici ampi, tra cui il polibutadiene, un prodotto che va sia nel fianco del pneumatico che nell'interno delle palline da golf. Produciamo SBR in emulsione, che è un prodotto che va fondamentalmente nei pneumatici e nelle piste di atletica. Produciamo gomme in soluzione termoplastiche, che hanno le applicazioni più svariate, dall'asfalto drenante agli adesivi. Inoltre, produciamo lattici di gomma, che rientrano nella patinatura della carta, nel roofing e nella costruzione di materassi e cuscini in lattice di gomma. Insieme a questi impianti, gestiamo l'impianto butadiene, che per noi è la materia prima che sta alla base del ciclo di produzione di questi elastomeri. Estraiamo il butadiene da una miscela C4 che riceviamo praticamente solo via nave. Invece, per ciò che concerne l'altra materia prima fondamentale, che è lo stirolo, la riceviamo via treno dallo stabilimento di Mantova.
  [...] I progetti di ricerca sui quali la società è impegnata lavorano in tre direzioni rispetto alla sostenibilità in senso più ampio. Il primo è produrre materiali che richiedono meno energia ai trasformatori nostri clienti, perché questo è un impatto di sostenibilità. Un altro filone concerne i prodotti che realizzano manufatti, tipo i pneumatici, che diminuiscono la resistenza al rotolamento e, quindi, favoriscono il minor consumo. La terza strada prevede di inserire dei componenti biologici all'interno dei prodotti. Noi abbiamo già condotto una sperimentazione a Ravenna, utilizzando un olio biologico prodotto da Matrica, la joint venture che Versalis ha con Novamont a Porto Torres. Infatti, alcuni tipi di gomma sono estesi con olio. È stata utilizzata una porzione di olio vegetale proveniente da Matrica, per realizzare un prodotto simile a quegli standard, ma con una componente biologica importante all'interno.