Doc. XXII, n. 79

PROPOSTA DI INCHIESTA PARLAMENTARE

d'iniziativa del deputato CIRIELLI

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sull'amministrazione delle province

Presentata il 19 luglio 2017

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  Onorevoli Colleghi ! — Nel progetto di riforma costituzionale respinto dal corpo elettorale con il referendum del 4 dicembre 2016 era contenuto un intervento rappresentato nel dibattito politico come soppressione delle province ma che più correttamente – come si esprimeva la stessa relazione illustrativa all'originario disegno di legge del Governo (atto Senato n. 1429) – si sarebbe dovuto qualificare «eliminazione dalla Costituzione del riferimento al livello di governo provinciale».
  Quest'iniziativa – preceduta da numerose altre, fra cui meritano d'essere ricordate la proposta di legge costituzionale atto Camera n. 1990 della XVI legislatura, respinta dalla Camera dei deputati, con le proposte atti Camera nn. 1836, 1989, 2264 e 2579 ad essa abbinate, nella seduta del 5 luglio 2011 – è stata l'epilogo di un lungo dibattito, sviluppatosi in circostanze e con motivazioni diverse, sulla collocazione delle province nel sistema costituzionale, sull'utilità di un livello intermedio di governo locale e sulle funzioni da attribuire ad esso. Come spesso avviene, il confronto di opinioni, originato da serie ragioni che avevano trovato espressione nei lavori dell'Assemblea costituente, è declinato con il tempo nella superficiale ripetizione di luoghi comuni contrabbandati per indiscutibili verità, combinandosi con la polemica sui cosiddetti costi della politica, che tanto ha inciso – non sempre positivamente – sulle scelte degli ultimi, travagliati anni. Una certa pubblicistica arrivò ad affermare, con la solita tecnica suggestiva, che la spesa delle province si Pag. 2risolvesse «tutta in affitti e stipendi». A questa deriva demagogica si aggregava perfino il Governo allorché, in dichiarazioni dei suoi esponenti più rappresentativi e nello stesso titolo del disegno di legge di riforma costituzionale, inseriva, quasi a captare il favore popolare, il richiamo allusivo al «contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni», presto ridimensionato dalle stime obiettive che riconducevano a ben modeste proporzioni i risparmi enfatizzati dalla propaganda governativa, in un vero e proprio crescendo, avviato da Giulio Tremonti al tempo del suo incarico ministeriale, proseguito con l'ex Presidente del Consiglio dei ministri Mario Monti e con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione Filippo Patroni Griffi, giungendo infine all'ex Presidente del Consiglio dei ministri Matteo Renzi e a Graziano Delrio, allora Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri.
  Per quanto, in particolare, atteneva alle misure riguardanti le province, l'asserita riduzione di spesa di 320 milioni di euro diveniva per la Ragioneria generale dello Stato un risparmio di entità non quantificabile, com'era del resto agevole prevedere ove solo si fosse considerato che le funzioni da esse esercitate, unitamente al personale addetto, avrebbero dovuto essere trasferite ad altri enti od organi amministrativi.
  Già prima dell'approvazione parlamentare della riforma costituzionale poi non confermata dal voto degli elettori, la legge 7 aprile 2014, n. 56, era intervenuta modificando le funzioni e l'organizzazione delle province. Ad esse, qualificate come «enti con funzioni di area vasta», sono state assegnate le seguenti funzioni fondamentali:
   a) pianificazione territoriale provinciale di coordinamento, nonché tutela e valorizzazione dell'ambiente, per gli aspetti di competenza;
   b) pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale, autorizzazione e controllo in materia di trasporto privato, in coerenza con la programmazione regionale, nonché costruzione e gestione delle strade provinciali e regolazione della circolazione stradale ad esse inerente;
   c) programmazione provinciale della rete scolastica, nel rispetto della programmazione regionale;
   d) raccolta ed elaborazione di dati, assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali;
   e) gestione dell'edilizia scolastica;
   f) controllo dei fenomeni discriminatori in ambito occupazionale e promozione delle pari opportunità sul territorio provinciale.

  Altre funzioni possono venire attribuite ad esse dallo Stato o dalla regione. Competenze ulteriori sono riconosciute alle province con territorio interamente montano e confinanti con Stati esteri.
  La legge n. 56 del 2014 ha rideterminato altresì gli organi collegiali della provincia – il consiglio e l'assemblea dei sindaci – nonché le competenze e le procedure per l'elezione del consiglio e del presidente, trasformata in elezione di secondo grado da parte dei sindaci e dei consiglieri comunali dei comuni della provincia.
  In conseguenza di quanto disposto dalla citata legge, nell'ambito della manovra di finanza pubblica per l'anno 2015, con la legge 23 dicembre 2014, n. 190, furono stabilite riduzioni di spesa la cui legittimità venne riconosciuta dalla Corte costituzionale, tra l'altro, in base all'assunto che «La previsione del versamento al bilancio statale di risorse frutto della riduzione della spesa da parte degli enti di area vasta va dunque inquadrata nel percorso della complessiva riforma in itinere» (sentenza n. 205 del 21 luglio 2016). Nondimeno, in precedente circostanza, la medesima Corte aveva avuto modo di sottolineare: «Questa Corte non ignora il processo riorganizzativo generale delle Province che potrebbe condurre alla soppressione di queste ultime per effetto della riforma costituzionale attualmente in Pag. 3itinere. Tuttavia l'esercizio delle funzioni a suo tempo conferite – così come obiettivamente configurato dalla legislazione vigente – deve essere correttamente attuato, indipendentemente dal soggetto che ne è temporalmente titolare e comporta, soprattutto in un momento di transizione caratterizzato da plurime criticità, che il suo svolgimento non sia negativamente influenzato dalla complessità di tale processo di passaggio tra diversi modelli di gestione» (sentenza n. 10 del 29 gennaio 2016).
  Al di là di quanto potrebbe evincersi dall'espressione del corpo elettorale in occasione del referendum – peraltro avente ad oggetto un complesso di disposizioni troppo eterogeneo, quindi difficilmente interpretabile rispetto ai suoi singoli elementi – vi sono ragioni che inducono a una riflessione sull'esperienza maturata nella prima applicazione della legge n. 56 del 2014.
  Come si ricorderà, il 18 gennaio 2017, a seguito di intense nevicate e di una serie di scosse telluriche collegate alla crisi sismica iniziata nell'estate precedente nelle regioni dell'Italia centrale, l'Hotel Rigopiano presso Farindola, nella provincia di Pescara, fu investito da una valanga di neve e detriti proveniente da una linea di cresta del Monte Siella, a 2.027 metri di altitudine, sul Gran Sasso. Ventinove furono le vittime e undici i sopravvissuti, rimasti per ore imprigionati sotto il ghiaccio. I soccorsi giunsero all'alba del giorno seguente, a causa dell'interruzione delle strade e della scarsa visibilità.
  Tra le persone indagate dalla procura della Repubblica di Pescara vi è il presidente della provincia, poiché la strada che collegava l'albergo al paese ricade nella competenza dell'amministrazione provinciale di Pescara, che avrebbe dovuto garantirne la percorribilità. La turbina spazzaneve di proprietà della provincia era, in realtà, ferma in officina dal 6 gennaio perché non si trovavano i pezzi di ricambio.
  Soltanto qualche mese prima, il 28 ottobre 2016, il problema della manutenzione delle strade provinciali era tornato al centro dell'attenzione a causa del crollo di un cavalcavia della strada provinciale n. 49 di Lecco sulla sottostante strada statale n. 36 del lago di Como e dello Spluga, che aveva causato una vittima e tre feriti.
  Queste tragiche vicende – a determinare le quali sono probabilmente concorse cause e responsabilità diverse, anche di natura individuale – rappresentano manifestazioni estreme di una generalizzata condizione di difficoltà nella gestione amministrativa di enti le cui funzioni possono essere considerate secondarie soltanto da chi non voglia comprendere quanto importante e utile sia l'opera svolta dalle province per le comunità territoriali, che infatti hanno dimostrato in più occasioni il proprio attaccamento a tali istituzioni. Ciò induce a interrogarsi senza ipocrisie anche sul loro ruolo e sull'imprudenza di chi ne ha voluto invece lo smantellamento attraverso una pseudo-riforma che ha semplicemente sottratto ad esse le risorse necessarie per garantire servizi fondamentali, in primis la viabilità e la sicurezza degli edifici scolastici, ma anche le attività nel settore ambientale, come i controlli sulle acque reflue e sulle emissioni atmosferiche ed elettromagnetiche nonché la programmazione e l'organizzazione dello smaltimento dei rifiuti: settori nei quali i rischi possono essere meno evidenti e immediati, ma in cui non sono per questo meno pericolose e deleterie le conseguenze dell'incuria, determinata dalla mancanza di adeguate risorse.
  La stessa riforma ha privato i cittadini del potere di scegliere con il proprio voto i presidenti e i consigli delle province, senza che ciò comporti alcun risparmio significativo, ma con effetti negativi sull'organizzazione amministrativa e sulla qualità e quantità dei servizi erogati. Lo denunciano da tempo i rappresentanti delle province italiane, con dichiarazioni che evidenziano il loro stato di impotenza e mettono in guardia il Paese dal rischio che si ripetano altre sciagure; lo ha detto il presidente dell'Unione delle province d'Italia Achille Variati nella conferenza stampa svolta a Pescara il 28 gennaio Pag. 42017: «Occorre chiedersi non solo di chi è la colpa, ma anche perché le cose accadono. Non siamo in grado di fare un bilancio nel 2017 e urliamo basta. Non vogliamo altri morti».
  Se ciò è vero, la riforma è stata un provvedimento demagogico e dannoso, i cui effetti si sono ripercossi e continueranno a ripercuotersi sui cittadini. Si potrebbero indicare le responsabilità di coloro che hanno iniziato a demonizzare e hanno poi demolito le province: uomini politici ed esponenti della stampa che, per diversi ma convergenti interessi, hanno perseguito con protervia una campagna di delegittimazione misconoscendo la funzione di questi enti e – cosa ancora più grave e pericolosa – riducendo la rappresentanza democratica dei territori, così contribuendo ulteriormente al processo di disgregazione della rappresentanza politica che tanti danni sta arrecando al nostro Paese. Non è certo un caso se i presidenti delle province, eletti dal popolo, con poteri anche più ampi dei sindaci, nelle classifiche annuali compilate dal quotidiano Il Sole-24 ore avevano sempre una quota di consenso superiore al 50 per cento, di gran lunga maggiore persino di quella dei capi politici nazionali.
  Vi sono pertanto numerose e fondate ragioni per sollecitare una riflessione sulle decisioni assunte circa le competenze, l'organizzazione e il finanziamento delle province e sull'opportunità di un intervento legislativo che, in base all'esperienza della prima applicazione, elimini gli aspetti negativi della riforma, conservando ed eventualmente sviluppando ciò che di positivo si ravvisi nella riorganizzazione delle funzioni, senza dimenticare quanto l'alternarsi quasi pendolare di non ben meditati mutamenti organizzativi possa essere nocivo per l'equilibrio e la funzionalità di strutture amministrative che necessitano di stabilità e continuità per bene operare in servizio dei cittadini.
  Lo strumento idoneo per una tale riflessione, con la raccolta e la valutazione di dati, documenti ed esperienze concrete, è costituito da una Commissione parlamentare di inchiesta, che si propone pertanto di istituire, nella tradizione più alta e nobile di quest'istituto, configurato dalla Costituzione come strumento attraverso cui le Camere possono acquisire su materie di pubblico interesse la conoscenza piena e approfondita ad esse necessaria per deliberare consapevolmente e utilmente. La Commissione parlamentare di inchiesta, in questi ultimi mesi della XVII legislatura, avrà il compito di indagare:
   a) sullo stato dell'amministrazione delle province e sulla determinazione delle funzioni ad esse spettanti;
   b) sull'applicazione e sulle conseguenze della riforma operata dalla legge n. 56 del 2014 e delle altre disposizioni legislative che sono intervenute in materia di organizzazione, funzionamento e gestione finanziaria delle province;
   c) sull'organizzazione delle province e sull'idoneità, rappresentatività ed efficacia delle modalità previste dalla disciplina vigente per la formazione e il funzionamento dei loro organi;
   d) sul livello di adempimento delle funzioni e di erogazione dei servizi da parte delle province;
   e) sull'entità e sull'adeguatezza delle risorse assegnate alle province in relazione alla natura e al contenuto delle competenze ad esse attribuite;
   f) sui danni e sulle eventuali vittime causati soprattutto dalla mancata manutenzione delle strade provinciali e degli immobili delle scuole secondarie di secondo grado.

  La relazione che la Commissione parlamentare di inchiesta produrrà al termine dei propri lavori costituirà il frutto della riflessione che la Camera dei deputati di questa legislatura potrà consegnare al prossimo Parlamento, affinché questo possa provvedere con misure avvedute e sagge in una materia così importante, per ben regolare istituzioni così vicine alla vita quotidiana dei nostri cittadini.

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PROPOSTA DI INCHIESTA PARLAMENTARE
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Art. 1.
(Istituzione, funzioni e durata della Commissione parlamentare di inchiesta).

  1. È istituita, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, per la durata della XVII legislatura, una Commissione parlamentare di inchiesta sull'amministrazione delle province, di seguito denominata «Commissione».
  2. La Commissione ha il compito di indagare:
   a) sullo stato dell'amministrazione delle province e sulla determinazione delle funzioni ad esse spettanti;
   b) sull'applicazione e sulle conseguenze della riforma operata dalla legge 7 aprile 2014, n. 56, e delle altre disposizioni legislative che sono intervenute in materia di organizzazione, funzionamento e gestione finanziaria delle province;
   c) sull'organizzazione delle province e sull'idoneità, rappresentatività ed efficacia delle modalità previste dalla disciplina vigente per la formazione e il funzionamento dei loro organi;
   d) sul livello di adempimento delle funzioni e di erogazione dei servizi da parte delle province;
   e) sull'entità e sull'adeguatezza delle risorse assegnate alle province in relazione alla natura e al contenuto delle competenze ad esse attribuite;
   f) sui danni e sulle eventuali vittime causati soprattutto dalla mancata manutenzione delle strade provinciali e degli immobili delle scuole secondarie di secondo grado.

  3. Al termine dei propri lavori, la Commissione presenta alla Camera dei deputati una relazione nella quale espone Pag. 6le risultanze dell'inchiesta, i problemi eventualmente rilevati e le misure, di ordine legislativo e amministrativo, che ritenga utili per la loro soluzione. È ammessa la presentazione di relazioni di minoranza.

Art. 2.
(Composizione e costituzione della Commissione).

  1. La Commissione è composta da venticinque deputati scelti dal Presidente della Camera dei deputati in proporzione al numero dei componenti i gruppi parlamentari, assicurando comunque la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo.
  2. Il Presidente della Camera dei deputati, entro dieci giorni dalla nomina dei componenti, convoca la Commissione per la sua costituzione, la quale ha luogo mediante l'elezione dell'ufficio di presidenza.
  3. La Commissione, nella prima seduta, elegge il presidente, due vicepresidenti e due segretari. Si applicano le disposizioni dell'articolo 20, commi 2, 3 e 4, del Regolamento della Camera dei deputati.

Art. 3.
(Poteri e limiti della Commissione).

  1. La Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria.
  2. La Commissione non può adottare provvedimenti attinenti alla libertà e alla segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione nonché alla libertà personale, fatto salvo l'accompagnamento coattivo di cui all'articolo 133 del codice di procedura penale.
  3. La Commissione ha facoltà di acquisire copie di atti e documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organismi inquirenti, nonché copie di atti e documenti Pag. 7relativi a indagini e inchieste parlamentari, anche se coperti da segreto.
  4. La Commissione garantisce il mantenimento del regime di segretezza fino a quando gli atti e i documenti trasmessi in copia ai sensi del comma 3 siano coperti dal segreto.
  5. La Commissione ha facoltà di acquisire dagli organi e dagli uffici della pubblica amministrazione copie di atti e di documenti da essi custoditi, prodotti o comunque acquisiti in materia attinente alle funzioni della stessa Commissione.
  6. Per il segreto di Stato nonché per i segreti d'ufficio, professionale e bancario si applicano le norme vigenti. È sempre opponibile il segreto tra difensore e parte processuale nell'ambito del mandato.
  7. La Commissione stabilisce quali atti e documenti non devono essere divulgati, anche in relazione a esigenze attinenti ad altre istruttorie o inchieste in corso. Devono in ogni caso essere coperti dal segreto gli atti e i documenti attinenti a procedimenti giudiziari nella fase delle indagini preliminari.

Art. 4.
(Obbligo del segreto).

  1. I componenti la Commissione, il personale addetto alla stessa e ogni altra persona che collabora con la Commissione o compie o concorre a compiere atti di inchiesta oppure ne viene a conoscenza per ragioni di ufficio o di servizio sono obbligati al segreto per tutto quanto riguarda gli atti e i documenti di cui all'articolo 3, commi 4 e 7.

Art. 5.
(Organizzazione dei lavori della Commissione).

  1. L'attività e il funzionamento della Commissione sono disciplinati da un regolamento interno approvato dalla Commissione stessa prima dell'inizio dei suoi Pag. 8lavori. Ciascun componente può proporre la modifica delle norme regolamentari.
  2. Le sedute della Commissione sono pubbliche. La Commissione può deliberare di riunirsi in seduta segreta.
  3. La Commissione può avvalersi dell'opera di agenti e di ufficiali di polizia giudiziaria e di tutte le collaborazioni, che ritenga necessarie. Con il regolamento interno di cui al comma 1 è stabilito il numero massimo di collaborazioni di cui può avvalersi la Commissione.
  4. Per l'adempimento delle sue funzioni, la Commissione fruisce di personale, locali e strumenti operativi messi a disposizione dal Presidente della Camera dei deputati.
  5. Le spese per il funzionamento della Commissione, stabilite nel limite massimo di euro 40.000, sono poste a carico del bilancio interno della Camera dei deputati.
  6. La Commissione cura l'informatizzazione dei documenti acquisiti e prodotti nel corso della propria attività.