Doc. XXII, n. 76

PROPOSTA DI INCHIESTA PARLAMENTARE

d'iniziativa del deputato PILI

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sull'attentato terroristico del 12 novembre 2003 a Nassirya e sulle misure riparatorie in favore dei familiari dei caduti

Presentata il 14 febbraio 2017

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  Onorevoli Colleghi ! — L'allora Servizio per le informazioni e la sicurezza militare (SISMI) aveva dato avviso del rischio di un attentato a Nassirya, indicando perfino il colore dell'autocisterna che avrebbe attaccato. Non lascia adito a dubbi: la strage di Nassiriya si poteva evitare. L'autocisterna che il 12 novembre 2003 irruppe nella base militare italiana in Iraq e uccise 19 italiani (12 carabinieri, 5 soldati dell'Esercito e due civili) e nove iracheni, poteva essere fermata. Sarebbe bastato non compiere una serie di «errori», uno dei quali «clamoroso» e altre irresponsabili «assurdità», come è richiamato nella sentenza. Si tratta di un pronunciamento di diritto civile che riscrive l'intera vicenda.
  Il processo civile, invece, è riuscito ad andare avanti e il generale dell'Esercito Bruno Stano (in pensione) ora è stato condannato a risarcire le vittime.
  Occorrerà un altro procedimento giudiziario per stabilire gli esatti importi economici a meno che il Ministero della difesa non si decida a intervenire e risarcire direttamente i familiari che, da oltre tredici anni, sono alle prese con questa odissea giudiziaria.
  Le motivazioni depositate dalla corte d'appello di Roma l'8 febbraio 2017 sono riportate integralmente da Giuseppe Caporale Pag. 2e da Luca Comellini nel sito internet di Tiscali.
  Secondo i giudici della prima sezione civile: «È manifesta la stretta dipendenza tra il reato commesso (dal generale Stano) e la morte e le lesioni riportate dalle vittime».
  Si legge nella sentenza: «Non può non essere ribadito, sul primo profilo, il vero e proprio preavviso di pericolo concreto contro le basi italiane in Nassirya, dato dal “punto di situazione” del 5 novembre, noto al comandante, secondo cui un gruppo di terroristi di nazionalità siriana e yemenita si sarebbe trasferito a Nassirya, risultato ex post tragicamente veridico vedi le dichiarazioni del terrorista SMAH circa la base italiana scelta, quale obbiettivo, dopo sopralluogo, per la sua palese vulnerabilità. Si devono, allora, ricordare anche i messaggi del SISMI del 23 ottobre: un attacco a un obbiettivo al massimo entro due settimane e del 25 ottobre, con precisione fin nei colori del mezzo: un camion di fabbricazione russa con cabina più scura del resto. Qui si deve rilevare l'evidente sottovalutazione, in capo allo Stano, comandante pro tempore, di un allarme così puntuale e prossimo».
  Secondo il dispositivo: «Tale allarme si colloca, temporalmente, una settimana prima del tragico evento: ben c'era possibilità, dunque, di predisporre utilmente qualche maggior contrasto anche temporaneo. In ordine all'aspetto della complessiva insufficienza delle difese passive, il dato è certo e clamoroso. Né lo nega la sentenza impugnata che rileva quel che era sotto gli occhi di tutti (sul punto la sentenza ingiustamente svilisce le precise e corrette dichiarazioni del colonnello Burgio, ma anche del colonnello Perrella: la situazione sul campo era anche più grave di quanto già non apparisse sulla carta). Mancanza di un'area di rispetto, inesistenza di una serpentina, hesco bastion troppo bassi e riempiti di ghiaia anziché di sabbia, così essendo chiaramente insufficienti e passibili di trasformarsi in proiettili (come per le munizioni della riservetta) anziché avere effetto protettivo».
  Per i giudici: «Anche quanto alla riservetta [deposito delle munizioni] la sentenza precedente appare inadeguata, disattendendo la questione con una generica affermazione di concreta irrilevanza, mancando con ciò di confrontarsi – per non dire errando sul punto – con gli esiti delle indagini medico-legali che rilevavano come alcune vittime fossero state colpite da proiettili esplosi ma non sparati, il che rimanda proprio alla riservetta esplosa per l'innesco causato dall'esplosione del camion-bomba. Sullo specifico punto, anche un estraneo alle arti militari dovrà rilevare l'irresponsabile assurdità della collocazione così esposta di un deposito di munizioni».
  Il dispositivo della sentenza stabilisce: «Tanto è poco vero che lo Stano sarebbe stato colposamente inattivo solo per ordine superiore, che egli stesso riferiva in data 22 ottobre 2003 di aver disposto il progressivo trasferimento di alcune basi del nostro contingente verso aree più sicure. Dunque, piena consapevolezza dei rischi imminenti; percezione della necessità addirittura del trasferimento (non attuato). E non vero che la direttiva gerarchica-politica imponesse la permanenza necessitata in posizione di rischio, tra la gente del posto. Non solo, ancor più era necessario innalzare, nel frattempo e nel possibile, le difese passive, in nulla attuate».
  La sentenza conclude: «Ed allora: un siffatto operare – il comportamento virtuoso che si richiede a chi presiede una posizione di garanzia – sicuramente avrebbe, secondo regole di comune e condivisa esperienza, ridotto il rischio in sé o, quam minus, ridotto gli esiti di danno, perché il camion bomba, costretto a fermarsi prima, non avrebbe cagionato la strage poi in realtà causata».
  È pertanto indispensabile che sia istituita un'apposita Commissione parlamentare di inchiesta al fine di definire con somma urgenza quanto accaduto, assumere iniziative, valutare i fatti, le responsabilità, Pag. 3le omissioni e le mancate tutele per i militari vittime di tale strage.
  È indispensabile indagare su responsabilità oggettive e soggettive anche in relazione alla sentenza della corte d'appello di Roma.
  È inoltre necessario prevedere apposite norme per garantire, con un atto di responsabilità politica, civile e istituzionale, un equo indennizzo, con una valenza anche di risarcimento morale, in favore dei familiari delle vittime di un attentato per il quale, alla luce della citata sentenza, si profilano responsabilità chiare e dirette in capo allo Stato.

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PROPOSTA DI INCHIESTA PARLAMENTARE
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Art. 1.
(Istituzione e compiti della Commissione).

  1. È istituita, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, una Commissione parlamentare di inchiesta, di seguito denominata «Commissione», al fine di indagare sull'attacco terroristico del 12 novembre 2003 a Nassirya e sulle misure riparatorie in favore dei familiari dei caduti.
  2. La Commissione ha il compito di:
   a) valutare i fatti accertati e le connesse responsabilità, anche di natura omissiva, di ordine amministrativo e politico, anche in relazione alle azioni promosse o promovibili da parte dell'Amministrazione della difesa nei procedimenti giurisdizionali;
   b) esaminare l'adeguatezza delle misure riparatorie predisposte dall'ordinamento in favore dei soggetti danneggiati da eventi di tale natura e l'effettività della loro attuazione.

Art. 2.
(Composizione della Commissione).

  1. La Commissione è composta da venti deputati nominati dal Presidente della Camera dei deputati, garantendo una rappresentanza proporzionale alla consistenza dei gruppi parlamentari e, comunque, assicurando la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo.
  2. Il Presidente della Camera dei deputati, entro dieci giorni dalla nomina dei componenti, convoca la Commissione per la costituzione dell'ufficio di presidenza.
  3. L'ufficio di presidenza, composto dal presidente, da due vicepresidenti e da due segretari, è eletto ai sensi dell'articolo 20, commi 2, 3 e 4, del Regolamento della Camera dei deputati.

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Art. 3.
(Poteri e limiti).

  1. La Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria. La Commissione non può adottare provvedimenti attinenti alla libertà e alla segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione né alla libertà personale, fatto salvo l'accompagnamento coattivo di cui all'articolo 133 del codice di procedura penale.
  2. La Commissione può richiedere agli organi e agli uffici della pubblica amministrazione copie di atti e di documenti da essi custoditi, prodotti o comunque acquisiti in materie attinenti ai compiti di cui all'articolo 1.
  3. La Commissione può richiedere copie di atti e di documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso o conclusi presso l'autorità giudiziaria o altri organi inquirenti, nonché copie di atti e di documenti relativi a indagini e inchieste parlamentari.
  4. Sulle richieste a essa rivolte ai sensi del presente articolo l'autorità giudiziaria provvede ai sensi dell'articolo 117 del codice di procedura penale. L'autorità giudiziaria può trasmettere copie di atti e di documenti anche di propria iniziativa.
  5. La Commissione mantiene il segreto funzionale fino a quando gli atti e i documenti trasmessi in copia ai sensi dei commi 2, 3 e 4, secondo periodo, sono coperti da segreto nei termini precisati dagli organi e dagli uffici che li hanno trasmessi.
  6. La Commissione stabilisce quali atti e documenti non devono essere divulgati, anche in relazione a esigenze attinenti ad altre istruttorie o inchieste in corso. Devono in ogni caso essere coperti dal segreto gli atti, le assunzioni testimoniali e i documenti attinenti a procedimenti giudiziari nella fase delle indagini preliminari fino al termine delle stesse.
  7. Per il segreto d'ufficio, professionale e bancario si applicano le norme vigenti in Pag. 6materia. È sempre opponibile il segreto tra difensore e parte processuale nell'ambito del mandato.
  8. Per il segreto di Stato si applica quanto previsto dalla legge 3 agosto 2007, n. 124.
  9. Ferme restando le competenze dell'autorità giudiziaria, per le audizioni a testimonianza davanti alla Commissione si applicano le disposizioni degli articoli da 366 a 384-bis del codice penale.
  10. I componenti la Commissione, il personale addetto alla stessa e ogni altra persona che collabora con la Commissione o compie o concorre a compiere atti di inchiesta, oppure ne viene a conoscenza per ragioni d'ufficio o di servizio, sono obbligati al segreto per tutto quanto riguarda gli atti e i documenti di cui al presente articolo che la Commissione ha sottoposto al segreto funzionale.

Art. 4.
(Durata e relazioni).

  1. La Commissione conclude i propri lavori entro dodici mesi dalla sua costituzione.
  2. La Commissione, alla scadenza del primo anno di attività con una relazione intermedia e al termine dell'attività con una relazione finale, riferisce alla Camera dei deputati i risultati della propria attività e formula osservazioni e proposte sugli effetti, sui limiti e sull'eventuale necessità di adeguamento della normativa nazionale e dei trattati internazionali vigenti in materia, anche con riferimento all'individuazione di misure di prevenzione e di assistenza adottabili, nonché sull'adeguatezza dei vigenti istituti di indennizzo, di natura previdenziale e di sostegno al reddito.
  3. Possono essere presentate relazioni di minoranza.

Art. 5.
(Organizzazione interna).

  1. La Commissione, prima dell'inizio dei lavori, adotta il proprio regolamento interno.Pag. 7
  2. La Commissione può organizzare i propri lavori anche attraverso uno o più comitati, costituiti secondo le disposizioni del regolamento di cui al comma 1.
  3. Tutte le sedute sono pubbliche. Tuttavia la Commissione può deliberare di riunirsi in seduta segreta.
  4. La Commissione può avvalersi dell'opera di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria e di tutte le collaborazioni che ritiene necessarie, in particolare di esperti nelle materie di interesse dell'inchiesta. Con il regolamento di cui al comma 1 è stabilito il numero massimo di collaborazioni di cui la Commissione può avvalersi.
  5. Per lo svolgimento dei propri compiti la Commissione fruisce di personale, locali e strumenti operativi messi a disposizione dal Presidente della Camera dei deputati.

Art. 6.
(Spese per il funzionamento).

  1. Le spese per il funzionamento della Commissione sono poste a carico del bilancio interno della Camera dei deputati. Esse sono stabilite nel limite massimo di 100.00 euro per l'anno 2017.