Doc. XXII, n. 51




RELAZIONE

Onorevoli Colleghi! - In data 21 luglio 1999 il giovane Emanuele Scieri, nato a Cuneo il 31 agosto 1972, iniziava a frequentare il centro addestramento reclute (CAR) in servizio di leva a Firenze, presso la caserma «Lupi di Toscana», settantottesimo reggimento. Terminata la fase di addestramento, in data 13 agosto 1999, Emanuele veniva trasferito a Pisa, presso la caserma «Gamerra», dove arrivava verso l'ora di pranzo. Già durante tale trasferimento si verificarono gravi episodi di nonnismo a carico delle reclute: queste illecite imposizioni sono state oggetto di un procedimento penale dinanzi al tribunale militare di La Spezia che si è concluso con la condanna dei responsabili.
Esaurite le formalità di rito presso la caserma «Gamerra», alle reclute veniva concessa la libera uscita che - a quanto risulta - Emanuele trascorreva in compagnia di alcuni commilitoni, passeggiando per il centro di Pisa.
Alle 22 circa, Emanuele rientrava regolarmente in caserma ma, anziché ritirarsi direttamente in camerata, decideva di attardarsi - in compagnia del commilitone Stefano Viberti - nel vialetto antistante la stessa per fumare l'ultima sigaretta e per fare una telefonata con il suo cellulare.
Dopo pochi minuti, Stefano Viberti rientrava in camerata, mentre Emanuele Scieri (almeno stando a quanto dichiarato dallo stesso Viberti agli inquirenti pisani), che doveva ancora fare la telefonata, non seguiva il commilitone. Alle 23.45, come di regola, veniva effettuato il contrappello, nel corso del quale veniva accertato che Emanuele, stranamente, non aveva fatto ritorno in camerata. Risulta chiaramente dalle dichiarazioni autografe acquisite nel fascicolo delle indagini preliminari relativo al procedimento penale afferente agli atti di nonnismo compiuti durante il trasferimento da Scandicci a Pisa che i commilitoni segnalarono ai militari che procedevano al contrappello:
1) che Emanuele era regolarmente rientrato in caserma;
2) che fino a pochi minuti prima era stato visto passeggiare in compagnia del Viberti;
3) che ritenevano stranissima l'assenza di Emanuele e molto improbabile che lo stesso, dopo essere regolarmente rientrato in caserma, avesse deciso di non ritirarsi in camerata.

Nonostante ciò, i militari addetti al contrappello si limitarono ad annotare nell'apposito modulo il mancato rientro di Emanuele, senza segnalare nulla nello spazio previsto per riportare le eventuali novità. Non solo nessuna ricerca fu disposta, ma addirittura i militari addetti al contrappello non segnalarono nulla all'ufficiale di picchetto (soggetto al quale, ai sensi del regolamento di disciplina militare, devono essere riferite tutte le novità accertate nel corso del contrappello), che - constatata l'anomalia della scomparsa di Emanuele - avrebbe potuto e dovuto disporre tutte le ricerche del caso.
Di Emanuele non si ebbero notizie fino al 16 agosto, quando lo stesso venne ritrovato ormai cadavere ai piedi della scala della torretta di prosciugamento dei paracadute, che pure si trova nelle immediate vicinanze della camerata.
Le indagini svolte dalla procura della Repubblica di Pisa, nonché le perizie medico-legali redatte dai consulenti tecnici del pubblico ministero e dai consulenti tecnici nominati dai familiari di Emanuele hanno consentito di giungere alla conclusione che, presumibilmente, Emanuele, dopo essere stato lasciato dal Viberti, fu costretto da alcuni soggetti - rimasti purtroppo ignoti - ad arrampicarsi sulla scala della torretta di prosciugamento dei paracadute dalla parte esterna, e quindi senza alcuna protezione, avvalendosi della sola forza delle braccia, mentre uno dei suoi assassini, che invece si arrampicava dalla parte interna e protetta, gli schiacciava brutalmente le mani in modo da fargli perdere la presa.
Inevitabilmente, Emanuele precipitava al suolo e moriva dopo ben otto ore di agonia, durante le quali poteva essere soccorso e salvato.
Dopo sei mesi dalla morte di Emanuele, gli inquirenti pisani decisero di iscrivere nel registro degli indagati i più alti responsabili della caserma «Gamerra» di Pisa e i militari addetti al contrappello, accusandoli di non aver predisposto immediatamente le ricerche del militare scomparso, lasciandolo morire.
Il procedimento si è concluso con l'archiviazione. Analogo epilogo ha avuto il procedimento principale, ossia quello avente ad oggetto la ricerca degli assassini di Emanuele, che è stato archiviato per essere rimasti ignoti gli autori del reato.
Appare chiaro che sulla vicenda si addensano pesanti responsabilità, ma molti sono anche i dubbi avanzati dai genitori e dal fratello di Emanuele sullo svolgimento dell'inchiesta, tanto da indurli a rivolgere un appello al Presidente della Repubblica per chiedere giustizia.
L'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte del militare Emanuele Scieri non si prefigge l'obiettivo di sollevare sospetti sulle Forze armate, bensì quello di chiarire se e fino a che punto esistano effettivamente responsabilità di terzi nella morte del giovane.
Solo facendo piena luce su quello che è avvenuto quella sera del 13 agosto 1999 alla caserma «Gamerra» di Pisa saranno realmente salvaguardate le istituzioni militari.
La presente proposta di inchiesta parlamentare, oltre a rispondere a un'insopprimibile esigenza di verità e di giustizia, raccoglie la sollecitazione che proviene dalla recente approvazione unanime di un'apposita mozione del consiglio comunale della città di Siracusa, finalizzata a richiedere l'attenzione e il lavoro del Parlamento nell'opera di ricostruzione dei fatti che portarono alla morte del giovane Emanuele Scieri.


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