Doc. XXII, n. 30




RELAZIONE

Onorevoli Colleghi! - I 35 arresti effettuati nella mattina del 4 giugno 2014 su disposizione dalla procura della Repubblica di Venezia, nell'ambito di un'inchiesta relativa alla gestione degli appalti del sistema MOSE (Modulo Sperimentale Elettro-meccanico), hanno suscitato enorme scalpore nell'opinione pubblica nazionale. Tra le persone arrestate e tra i circa cento indagati figurano, infatti, politici, imprenditori, magistrati, funzionari pubblici ed esponenti del Corpo della guardia di finanza. Le eventuali responsabilità penali dovranno essere, ovviamente, accertate nelle sedi opportune dalla magistratura e per tutti gli indagati vale il principio della presunzione di innocenza.
Quello che, però, emerge come un dato oggettivo dall'inchiesta in corso è un sistema assolutamente atipico che per molti anni ha visto procedere alla realizzazione di una grande opera infrastrutturale interamente finanziata con risorse economiche pubbliche e in totale assenza di concorrenza e di trasparenza. Un sistema favorito, e probabilmente incentivato, da una serie di normative speciali, emergenziali e derogatorie della legislazione ordinaria che si sono stratificate nel corso degli anni a partire dalla legge n. 171 del 1973.
La presente proposta di inchiesta parlamentare non ha come fine quello di istituire processi sommari di natura politica nei confronti di singole persone, ma quello di fare finalmente luce sulla gestione della realizzazione di un'opera, come il MOSE, che oltre a protrarsi da moltissimi anni ha visto lievitare continuamente i costi previsti per la realizzazione stessa.
Il compito che l'istituenda Commissione parlamentare di inchiesta vuole perseguire è quello di appurare se tutti i controlli previsti dalla normativa vigente siano stati effettivamente posti in essere per verificare la regolarità delle procedure e la congruità dei costi coperti interamente con denaro pubblico affidato a un soggetto privato quale il Consorzio Venezia nuova.
La Commissione dovrà altresì appurare se il sistema di paratoie mobili, denominato MOSE, sia effettivamente in grado di tutelare la città di Venezia e la laguna dal fenomeno delle maree, anche alla luce delle critiche che nel corso degli anni sono state avanzate da parte di esperti nazionali e internazionali alla validità dell'opera in corso di realizzazione.
Il primo progetto per la conservazione dell'equilibrio idraulico della laguna e la difesa di Venezia dalle acque alte, definito comunemente «progettone», risale al 1981. Dal 1988 al 1992 sono state eseguite sperimentazioni sul prototipo di una paratoia Modulo Sperimentale Elettromeccanico, da cui l'acronimo MOSE. Nel 1989, è stata effettuata la stesura del progetto preliminare di massima delle opere mobili, ultimato nel 1992, in seguito, approvato dal Consiglio superiore dei lavori pubblici. Nel 2002 è stato presentato il progetto definitivo e il Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) ha approvato il primo finanziamento dell'opera per un importo di 450 milioni di euro. Nel 2003 è stato aperto il cantiere del MOSE. Nonostante l'opera sia stata inserita all'interno della cosiddetta legge obiettivo sulle grandi opere (legge n. 443 del 2001), ad oggi non è ancora conclusa e la fine dei lavori è attualmente prevista per l'anno 2016.
I costi del MOSE nel corso degli anni sono costantemente aumentati. Dal miliardo e mezzo di euro preventivato ad inizio lavori il costo totale dell'opera ammonta oggi a circa 5 miliardi e mezzo di euro, cifra che, con tutta probabilità, è destinata a crescere ancora.
Alla luce di un iter tanto travagliato, che dalla prima progettazione ha visto trascorrere un periodo temporale più che ventennale, a fronte di un incontrollato aumento dei costi e a fronte di certificazioni e relazioni assenti o negative, quali il parere negativo della commissione VIA del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nel 1998, o il rapporto della Corte dei conti del 2008 in cui si definiva l'opera non risolutiva per la salvaguardia della città lagunare e si avanzavano dubbi nei riguardi della funzionalità dell'opera, un'inchiesta parlamentare si impone a tutela della doverosa trasparenza che sempre deve essere assicurata in merito al corretto ed efficace uso di risorse pubbliche, in particolare quando tali risorse sono ingenti. Un'inchiesta parlamentare si impone a tutela di una città, come quella di Venezia, unica al mondo e patrimonio non solo italiano ma dell'intera umanità. Un'inchiesta parlamentare si impone per dare una risposta ai tanti movimenti ambientalisti e di cittadini che negli anni si sono autonomamente costituiti per protestare contro un'opera, come il MOSE. Un'inchiesta parlamentare si impone per dimostrare nei fatti che l'attuale classe politica, e in particolare gli attuali componenti della Camera dei deputati, vogliono marcare una netta inversione di tendenza in materia di trasparenza degli appalti, lotta alla corruzione, tutela della concorrenza ed efficiente gestione delle risorse pubbliche rispetto agli anni precedenti.
L'articolo 1 della presente proposta di inchiesta parlamentare dispone l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta, ne stabilisce la durata in ventiquattro mesi decorrenti dalla sua costituzione, e individua l'oggetto dell'inchiesta.
L'articolo 2 dispone che la Commissione sia composta da venti deputati nominati dal Presidente della Camera, stabilisce le procedure per l'elezione dell'ufficio di presidenza della Commissione e prevede la presentazione di una relazione finale al termine dei lavori ed eventuali relazioni di minoranza.
L'articolo 3 individua i poteri e i limiti della Commissione, in particolare equiparando il potere di indagine della Commissione al potere dell'autorità giudiziaria.
L'articolo 4 impone l'obbligo del segreto ai componenti della Commissione, al personale e ai collaboratori addetti alla stessa, in merito agli atti sui quali la stessa Commissione ha deciso di apporre il segreto funzionale.
L'articolo 5, infine, detta norme sull'organizzazione interna della Commissione e individua le spese per il suo funzionamento nel limite massimo di 30.000 euro annui.


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