Doc. II, n. 2




RELAZIONE

Onorevoli Colleghi! - L'articolo 54, secondo comma, della Costituzione, nello stabilire che i cittadini chiamati a svolgere funzioni pubbliche devono adempierle «con disciplina ed onore», impone non solo il rispetto della «legalità formale», ma anche l'osservanza di ineludibili principi etico-morali, di cui sente urgente bisogno il popolo italiano.
Dalla citata norma costituzionale discende, tra l'altro, l'obbligo per coloro che ricoprono incarichi istituzionali di servire la Nazione, di adempiere le proprie funzioni con imparzialità, indipendenza e nel rispetto della legge, di perseguire l'interesse pubblico, di collaborare lealmente con i diversi poteri dello Stato, di ispirare i propri comportamenti alla sobrietà, alla serietà ed alla morigeratezza che si convengono a quanti sono chiamati a rappresentare il Paese e le sue istituzioni democratiche.
Stanno crescendo nell'opinione pubblica, ormai già da alcuni anni, sentimenti di profondo disagio e di diffusa insofferenza per la condotta di uomini politici, appartenenti a diversi schieramenti, che - venendo meno alle responsabilità connesse agli incarichi istituzionali ad essi affidati ed in aperta violazione di quanto disposto dal secondo comma dell'articolo 54 della Costituzione - tengono comportamenti per più versi riprovevoli, diretti ad assicurare a sé o ad altri indebiti vantaggi dall'esercizio delle funzioni pubbliche o ad abusare dei propri poteri e delle risorse loro affidate in ragione dell'ufficio che ricoprono.
Al discredito e alla delegittimazione delle istituzioni democratiche del Paese indubbiamente concorrono anche informazioni relative alla condotta pubblica e privata di uomini politici.
La grande risonanza che trovano sulla stampa questi atteggiamenti insinua nella communis opinio che non si tratti di casi isolati, ma di uno stile e di un modo di procedere di tutta la politica.
Non è certamente così, ma la condotta di chi ricopre incarichi pubblici non dovrebbe mai perdere di vista una sua specifica esemplarità.
Si nota l'emergere di stili di vita difficilmente compatibili con la dignità di chi governa e con il decoro delle istituzioni.
Assistiamo a comportamenti in stridente contrasto con il tradizionale patrimonio morale del popolo italiano che dai suoi legislatori e dai suoi governanti si attende l'esercizio delle cosiddette virtù repubblicane, a cominciare dall'onestà e dalla sobrietà, dalla giustizia e dalla competenza, dalla mancanza di conflitti d'interesse e dalla solidarietà, soprattutto quando è in atto una drammatica crisi economica che penalizza pesantemente le famiglie.
L'allarmante «crisi morale» della politica italiana si ripercuote negativamente anche sul piano istituzionale ed economico: non vi è dubbio, infatti, che lo smarrimento di saldi valori etici accresca il distacco tra cittadini e istituzioni, renda queste ultime meno credibili ed affidabili ed alimenti la sfiducia degli operatori economici nella capacità del Paese e dei suoi governanti di reagire efficacemente alla crisi in atto.
Il disfacimento delle ideologie (e con esse dei grandi partiti di massa) e la disgregazione della famiglia - il tutto amplificato da un notevole invecchiamento del Paese - hanno innescato una decadenza strutturale del nostro modello di sviluppo, che è prima di tutto decadenza etica e morale.
Una crisi che si manifesta in troppi imprenditori trasformatisi in speculatori (che smarriscono così la loro vocazione territoriale e sociale), nonché in una crescente sfiducia nei confronti della classe dirigente (che è alla base anche della parte più preoccupante e grave dell'evasione fiscale).
Se vogliamo ridurre lo spread finanziario, malattia oggi seria ma che se non curata può diventare presto fatale, dobbiamo più decisamente ridurre gli altri spread che l'Italia ha accumulato nei confronti degli altri grandi Paesi.
Il primo spread, che è fondativo di tutti gli altri, è sempre di carattere morale o etico. La Germania, l'Inghilterra, gli Stati Uniti hanno tassi più alti di virtù civili, di lealtà con le proprie istituzioni, di onestà; i valori su cui l'Italia ha fondato la propria identità e successi - laboriosità, cooperazione, creatività - sono invece affievoliti se non quasi scomparsi dall'orizzonte, e non se ne intravedono altri.
Senza valori non si genera neanche benessere economico, come ci ricordava nel 1927 Luigi Einaudi: «Prima e al fondo di ogni ricchezza materiale esiste un fattore morale».
Possiamo e dobbiamo ripartire da qui!
L'Italia non si è mai trovata tanto chiaramente dinanzi alla verità della propria situazione, che le impone di correggere abitudini e stili di vita.
Cosa facile da dire, ma estremamente difficile da applicare; negli Stati Uniti - dove già da tempo sono attivi presso il Congresso organi deontologici autorevoli e severi, quali lo House Committee on Ethics (già Committee on Standards of Official Conduct) della Camera dei Rappresentanti ed il Select Committee on Ethics del Senato federale - nel 2008 è stato istituito l'OCE (Office of Congressional Ethics), organismo indipendente, i cui membri sono nominati in egual misura da democratici e repubblicani, con il compito di indagare su casi di violazione del codice etico da parte di uomini politici, componenti del loro staff, pubblici funzionari.
L'esigenza di innalzare il livello di moralità della politica è stata ritenuta prioritaria anche in Francia, dove il 6 aprile 2011 è stato approvato il Code de déontologie de l'Assemblée nationale e, il successivo 15 giugno, è stato nominato il primo déontologue de l'Assemblée nationale, un organo volto a garantire l'indipendenza, l'imparzialità e la probità dei deputati francesi.
In Germania, l'Allegato n.1 al regolamento del Bundestag costituisce una sorta di codice di condotta dei parlamentari; le norme in esso contenute formano parte integrante del Regolamento: introdotte nel 1972, esse sono state da ultimo emendate nel 2005, in seguito all'approvazione della ventiseiesima legge di modifica della normativa sullo status giuridico dei deputati.
Nel Regno Unito i membri delle due Assemblee del Parlamento nazionale sono tenuti al rispetto dei principi enunciati nei codici di condotta adottati da ciascuna Camera in attuazione delle raccomandazioni formulate nel 1995 dal Committee on Standards in Public Life (noto anche come Nolan Committee, dal nome del suo presidente), preposto dal Governo, allora presieduto da John Major, all'elaborazione di canoni deontologici applicabili a chiunque detenesse cariche pubbliche.
Risale infatti al rapporto finale del Nolan Committee, pubblicato nel maggio del 1995, l'enunciazione dei principi di trasparenza, integrità, disinteresse personale ed onestà nella vita pubblica di cui, negli anni successivi, è stato perseguito il generalizzato radicamento presso gli organi rappresentativi e l'Esecutivo, così come in ogni ente preposto alla cura di interessi pubblici.
Appare dunque necessario dotare con urgenza anche l'ordinamento italiano di credibili e trasparenti sistemi di valutazione e garanzia dell'etica pubblica e dell'integrità della classe dirigente politica, introducendo un complesso di regole deontologiche in grado di garantire la correttezza e la moralità dei comportamenti di coloro che ricoprono cariche elettive.
Un simile compito non può essere lasciato solo all'iniziativa spontanea, pur necessaria, perché il solo ricorso all'autodisciplina delle forze politiche si è dimostrato non sufficiente per prevenire e sanzionare l'illegalità ed il malcostume.
Per queste ragioni, la modifica proposta prevede tra le funzioni spettanti all'Ufficio di Presidenza l'approvazione a maggioranza qualificata di due terzi di un Codice etico per i deputati, con l'indicazione dei principi fondamentali che i deputati si impegnano a rispettare nell'esercizio del mandato parlamentare, al fine di assicurare la cura dell'interesse generale della Nazione e dei cittadini, l'indipendenza, la trasparenza, l'obiettività, la responsabilità, l'integrità morale, l'esemplarità, l'onestà, la razionalità nell'impiego delle risorse affidate, secondo criteri di economicità e di efficienza.
Il Codice definisce, altresì, le norme e gli standard di comportamento espressione dei suddetti valori etici e le procedure per garantire, monitorare e promuovere il rispetto del Codice stesso.
Si prevede, infine, l'istituzione di un apposito organo, denominato «Comitato delle garanzie e delle responsabilità della funzione parlamentare», con il compito di esprimere parere non vincolante, su richiesta del Presidente della Camera, in tema di violazione del Codice etico.
Nel ricordare che la presente proposta di modifica regolamentare riproduce un'identica iniziativa della XVI legislatura (Doc. II n. 23, Binetti ed altri), si evidenzia infine che l'istituzione di comitati etici presso le Camere costituisce una delle proposte conclusive che il Gruppo di lavoro sulle riforme istituzionali ha consegnato al Presidente della Repubblica Napolitano il 12 aprile 2013.


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