Doc. II, n. 8

PROPOSTA DI MODIFICAZIONE AL REGOLAMENTO

(Articolo 22: Istituzione della XV Commissione permanente – Infrastrutture e innovazioni digitali)

d'iniziativa dei deputati

INVIDIA, AMITRANO, D'INCÀ, CAPITANIO, MURELLI, PALMIERI, BIANCOFIORE, DEL BARBA, BRUNO BOSSIO, ACUNZO, DAVIDE AIELLO, ALAIMO, ASCARI, AZZOLINA, BALDINO, MASSIMO ENRICO BARONI, BARZOTTI, BELLA, BENAMATI, BERGAMINI, BERLINGHIERI, BERTI, BILOTTI, BOLOGNA, BRUNO, BUOMPANE, BUSINAROLO, CADEDDU, CANNATELLI, LUCIANO CANTONE, CARABETTA, CARBONARO, CASA, CASSESE, CATALDI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CIMINO, COLLA, CORNELI, COSTANZO, ANDREA CRIPPA, CUBEDDU, CUNIAL, CURRÒ, DADONE, DALL'OSSO, D'AMBROSIO, D'ARRANDO, SABRINA DE CARLO, DEL MONACO, DE LORENZO, DI LAURO, DI SARNO, DI STASIO, DONINA, DONNO, DORI, D'ORSO, EHM, ERMELLINO, FARO, FIORAMONTI, FLATI, FORCINITI, FRASSINI, FRATE, FRUSONE, GIANNONE, GIARRIZZO, CONNY GIORDANO, GIULIANO, GIULIODORI, GRIMALDI, GUBITOSA, IORIO, IOVINO, LAPIA, LATTANZIO, LICATINI, LIUZZI, LOMBARDO, GABRIELE LORENZONI, LOVECCHIO, MACCANTI, MANIERO, MANZO, MARIANI, MARTINCIGLIO, MELICCHIO, MENGA, MIGLIORINO, MINARDO, MOR, NAPPI, NESCI, OLGIATI, ORRICO, PALLINI, PALMISANO, PAPIRO, PARISSE, PERANTONI, PERCONTI, PIGNATONE, PROVENZA, RADUZZI, RAFFA, RICCIARDI, RIZZONE, ROMANIELLO, ROBERTO ROSSINI, GIOVANNI RUSSO, SAITTA, SALAFIA, SAPIA, SCAGLIUSI, SCALFAROTTO, SCUTELLÀ, SEGNERI, SERRITELLA, SIRAGUSA, SODANO, SPORTIELLO, SUT, TERMINI, TESTAMENTO, TORTO, TRANO, TRAVERSI, TRIPIEDI, TROIANO, TUCCI, TUZI, VIANELLO, VILLANI, VIZZINI, LEDA VOLPI, ZANICHELLI, ZENNARO, ZOLEZZI

Presentata alla Presidenza della Camera il 7 marzo 2019

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  Onorevoli Colleghi ! — La Costituzione repubblicana ed i Regolamenti parlamentari hanno consacrato le Commissioni permanenti quale motore e fulcro del procedimento legislativo. Le modifiche occorse agli stessi Regolamenti, nel corso dell'esperienza repubblicana, ne hanno ulteriormente implementato il ruolo di sedi privilegiate del confronto politico fra forze governative e parlamentari. Nella tradizione delle democrazie parlamentari, ed in particolare in Italia, «Assemblea» e Pag. 2«Commissioni» rappresentano un sistema organico, in cui le seconde, grazie alla loro capacità decisionale, danno vita a ulteriori confronti e a meccanismi di compensazione dell'intero sistema costituzionale. Il ruolo e le competenze delle Commissioni permanenti, con il susseguirsi delle vicende politico-istituzionali, non sempre hanno rispecchiato il reale stato di progresso della società italiana ed il necessario raccordo con il ruolo del Parlamento.
  L'ultima modifica, che ha comportato sostanziali cambiamenti nell'articolazione interna e delle procedure parlamentari, deriva dagli obblighi discendenti dall'appartenenza italiana all'Unione europea. Da allora, e in maniera sempre più preponderante, la società italiana ha intrapreso un cammino di trasformazione in cui la tecnologia e l'innovazione giocano un ruolo di primissimo piano.
  Pertanto, occorre ripensare il modello delle Commissioni permanenti e delle loro competenze, immutate dal 1996, sulla scorta delle nuove istanze dell'innovazione tecnologica e del progresso. Solo così esse potranno mantenere la loro funzione di snodo cruciale tra il Parlamento e le strutture funzionali della società politica, civile e delle istituzioni, al passo con il processo di innovazione e modernizzazione del Paese.
  Detto ciò, con la presente proposta di modifica del Regolamento si intende affrontare il tema dello stato dell'innovazione nel nostro Paese e di come il Parlamento possa assumere il ruolo di guida.
  La presente proposta ha come obiettivo l'istituzione di una Commissione permanente che affronti in maniera organica le tematiche relative all'innovazione ed al futuro e che valuti l'impatto degli sviluppi tecnologici nel contesto socioeconomico italiano. Pertanto, l'istituzione della nuova Commissione permanente comporterà altresì una ridistribuzione delle competenze assegnate alle attuali quattordici Commissioni permanenti; dunque, in una logica di semplificazione e razionalizzazione delle medesime competenze, sarebbe altresì auspicabile l'accorpamento di talune Commissioni aventi competenze affini, al fine di raggiungere una più efficiente organizzazione ed una complessiva riduzione del numero delle stesse.
  Lo sviluppo di un Paese è determinato dalla sua capacità di produrre ricchezza (non solo materiale) sviluppando quei fattori «immateriali» che ne sono alla base.
  In Italia, il sistema delle imprese che competono nel mercato è riuscito a sopravvivere alle inefficienze e ai ritardi della politica e della pubblica amministrazione e a tutta una serie di gravi carenze strutturali.
  Il sistema Paese che sostiene la macchina produttiva non è quello di una moderna società industriale: si sente fortemente la mancanza di una cultura politica moderna, pronta a gestire e regolare un mondo in accelerazione, in cui le soluzioni in ogni settore sono sempre più tecnocentriche.
  La politica snatura se stessa quando perde di vista l'orizzonte di lungo periodo e si limita a concentrarsi sulla mera amministrazione che affronta emergenze e rinvia problemi, focalizzandosi sulla gestione di breve periodo, sui temi contingenti, senza offrire una visione del futuro.
  Se il nostro Paese vuole proiettarsi nel futuro come società moderna e competitiva, deve mutare prospettiva scommettendo non su un modello di sviluppo fondato unicamente su cemento ed acciaierie, bensì su un modello proiettato alla conoscenza e all'innovazione.
  È ormai palese quanto sia fondamentale per la crescita di uno Stato l'impatto delle tecnologie. Si tratta di un processo globale ed inarrestabile, che si sta muovendo con i ritmi esponenziali della legge di Moore. Il futuro e l'innovazione tecnologica sono dunque diventati dei temi quotidiani e cruciali. A livello globale, l'incontro del G20, tenutosi a Salta (Argentina) il 24 agosto 2018, ha prodotto una «dichiarazione» che riconosce che «i governi, il settore privato, l'accademia, la società civile, le comunità di tecnici e importanti organizzazioni internazionali dovrebbero massimizzare i benefici e affrontare le sfide dell'economia digitale».Pag. 3
  Le tecnologie hanno cambiato il modello produttivo mondiale. L'automazione e gli algoritmi, ad esempio, stanno modificando non solo il lavoro, ma le sue prospettive. È ormai impensabile che un giovane che in questo momento inizi la sua esperienza lavorativa possa conservare la medesima posizione per tutta la sua carriera. Stando a quanto riportato da PwC (PricewaterhouseCoopers) in una relazione sul potenziale impatto a lungo termine dell'automazione nel mondo del lavoro, vediamo come l'Italia, allo stato attuale, si classifichi al quinto posto per numero di posti di lavoro persi (con circa il 40 per cento), contro i Paesi del nord Europa che, invece, governando il cambiamento e tenendo il lavoro al passo con la crescente produttività, mostrano una perdita del 20 per cento. Tutto ciò crea, inevitabilmente, un ecosistema favorevole allo sviluppo di disparità economiche e sociali.
  In proposito, la Strategia Europa 2020 si è incentrata sulla diffusione della banda larga, quale strumento per rilanciare l'economia e la competitività dei Paesi dell'Unione Europea, per migliorare gli standard di trasparenza nei rapporti fra i privati, le istituzioni e le pubbliche amministrazioni e, infine, come mezzo per ampliare l'uso delle tecnologie per incrementare i livelli di comunicabilità ed inclusione sociale. Recentemente, gli Stati membri hanno anche firmato un accordo per collaborare sull'intelligenza artificiale ed è stato avviato un gruppo di esperti ad alto livello sull'intelligenza artificiale. Da tempo, la Commissione europea ha inoltre costituito la Direzione generale delle Reti di comunicazione, dei contenuti e delle tecnologie come responsabile delle politiche dell'UE in materia di mercato unico digitale, sicurezza di Internet e scienza e innovazione digitale.
  L'Italia, rispetto agli altri partner europei, registra ancora un gap elevato in tale settore. Per quanto riguarda la banda larga ultraveloce (100 Mbps e oltre) ad esempio l'Italia appare in estremo ritardo (con una percentuale di copertura pari ad appena il 22 per cento, in confronto ad una media UE del 58 per cento) piazzandosi, secondo il Digital Economy and Society Index, di seguito denominato DESI – che monitora connettività e competenze digitali, attività online e digitalizzazione delle imprese e dei servizi pubblici – al ventisettesimo posto. Ancora più scoraggiante il dato sull'utilizzo della rete da parte dei cittadini italiani rispetto a quelli europei, come riportato dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM). Nel 2016, infatti, solo il 60 per cento dei nostri concittadini utilizzava Internet, facendo classificare il nostro Paese al venticinquesimo posto su ventisette Paesi.
  Non diversa la situazione della nostra formazione obbligatoria che rispecchia un modello produttivo ancora «fordista» e non adeguato a sviluppare i talenti necessari per una nuova economia della conoscenza e dei dati. Da questo punto di vista, l'Italia si dimostra ancora una volta in difficoltà, sia nella formazione superiore che in quella universitaria. In ambito universitario, infatti, i dati sulla percentuale di laureati in discipline scientifiche, tecnologiche e matematiche (STEM) si assesta appena al 25 per cento. Tutto questo si esplica in una discrepanza tra le crescenti skills digitali e di problem solving richieste ai lavoratori e la qualità dell'offerta, che nel nostro Paese colpisce più di un posto di lavoro su cinque.
  Non migliore il quadro degli investimenti in ricerca e sviluppo, per i quali l'Italia, malgrado lievi segnali positivi, continua a investire solo l'1,3 per cento del PIL. Si tratta principalmente di una spesa del settore privato, mentre quella del settore universitario, già limitata, ha persino subito una flessione del 2,8 per cento nel triennio 2014-2017 (fonti ISTAT). Da qui al 2020 il settore di Big data analytics, il processo di raccolta e analisi di grandi volumi di dati (big data), crescerà del 12 per cento all'anno, passando dall'attuale valore di 130 miliardi a circa 200 miliardi tra quattro anni. L'Italia sfrutta ancora poco i dati provenienti dalla localizzazione, dai sensori e dai social media. Secondo i dati dell'Osservatorio Big Data Analytics and Business Intelligence del Politecnico di Milano, infatti, il terreno dei big data è Pag. 4ancora da coltivare: nel campione da loro analizzato, l'87 per cento delle aziende o non ha previsto nessun piano sul tema o si trova ancora in una fase pilota; solo il 17 per cento afferma di avere un utilizzo dei big data, anche se limitato ad alcuni ambiti specifici. I settori in cui le soluzioni di analytics per Big Data avranno maggiore spazio sono chiaramente il manufacturing di prodotto e di processo, quello bancario e quello della pubblica amministrazione. Di strategica importanza per il Paese è soprattutto il settore sanitario, nel quale l'analisi dei big data promette consistenti risparmi attraverso l'analisi predittiva.
  L'Italia avanza faticosamente rispetto agli altri Paesi Europei anche per l'utilizzo dei servizi di digitalizzazione della pubblica amministrazione, essenziale per le iniziative delle imprese e dei cittadini. Dai lavori della Commissione parlamentare d'inchiesta sul livello di digitalizzazione e innovazione delle pubbliche amministrazioni è, infatti, emersa una scarsa capacità di controllo della qualità della spesa nel settore della tecnologia dell'informazione e della comunicazione (ICT), pari a 5,5 miliardi di euro, dal momento che l'impatto che dovrebbe produrre, sia in termini di risparmi che in termini di miglioramento della qualità dei servizi, non viene quasi mai misurato. Secondo la Commissione tutto questo delinea una mancanza di visione strategica per la pubblica amministrazione nel suo complesso.
  Inoltre, analizzando l'indice DESI della Commissione Europea, si attesta che i cittadini italiani sono gli ultimi in Europa per grado di comunicazione digitale con le pubbliche amministrazioni (dato confermato anche dalla suddetta Commissione d'inchiesta istituita nella precedente legislatura).
  In questo contesto ostile, le imprese italiane, soprattutto le PMI, (come riportato dal rapporto ISTAT sulla competitività dei settori produttivi), hanno un tasso di digitalizzazione molto basso, dal momento che solo il 5 per cento del totale sono ad alta digitalizzazione. Ma sono soprattutto i settori finanziario ed assicurativo, oggi riconcettualizzati dalla rivoluzione tecnologica nei servizi finanziari (tecnofinanza: Fintech) e assicurativi (tecnologia assicurativa: Insurtech) e dal ruolo predominante degli algoritmi, che vedono l'Italia fanalino di coda. Secondo la Banca d'Italia, il nostro sistema finanziario è poco propenso ad investire risorse adeguate per modificare il proprio modello imprenditoriale (al dicembre 2017 risultavano investiti appena 135 milioni in Fintech). Infine, per quanto riguarda il venture capital, come è noto, il sistema italiano, rispetto a quello europeo, rimane molto limitato (sotto quota 100 milioni di euro, su un volume di 19 miliardi in Europa), soffocando così la crescita delle startup e dei relativi nuovi modelli di business nel Paese.
  Questa inarrestabile evoluzione strutturale, che inevitabilmente determina scelte di politica legislativa con ricadute anche sul procedimento di formazione della legge, solleva l'interrogativo sull'opportunità di affrontare tale processo con l'attuale ripartizione delle competenze tra le quattordici Commissioni permanenti alla Camera dei deputati, che sta relegando l'innovazione tecnologica ad un ruolo secondario.
  A fronte di questo scenario complesso che riguarda diversi settori, il nostro Parlamento ha, nella passata legislatura, prestato un'attenzione limitata al tema dell'innovazione nelle varie Commissioni permanenti. Ciò che emerge con chiarezza dall'analisi dei lavori parlamentari è che tra i temi dibattuti, calendarizzati e che sono poi diventati atti normativi o di indirizzo, solo una piccola percentuale ha messo al centro l'innovazione tecnologica e quando ciò è avvenuto è stato principalmente su spinta dell'Intergruppo parlamentare per l'innovazione tecnologica, segno di una generale disattenzione dei gruppi politici.
  In rare circostanze le competenze delle Commissioni inerenti all'innovazione tecnologica sono state oggetto di attenzione, mentre in troppe altre occasioni non sono state nemmeno oggetto di dibattito. L'urgenza della gestione del passato sembra, dunque, quasi sempre, prevalere su quella del futuro. Ad esempio, la Commissione XI Pag. 5(Lavoro pubblico e privato), che ha tra le sue competenze questioni come la gestione dell'automazione, dello smart work, della gig economy, della sharing economy, del numero di ore lavoro, di nuove forme di welfare, ha licenziato nell'arco della scorsa legislatura solo due risoluzioni aventi ad oggetto il «futuro del lavoro in relazione agli sviluppi dell'innovazione tecnologica». (risoluzioni n. 8-00236 Cominardi e n. 8-00237 Tinagli). L'innovazione tecnologica ha invece trovato, durante la XVII legislatura, nella VII Commissione (Cultura, scienza e istruzione), spazio in leggi sui materiali didattici digitali o sulla fruizione della connettività wireless nelle scuole superiori, ma sono rimaste quasi intonse questioni fondamentali per il Paese, come il rinnovamento dei corsi nella formazione obbligatoria, la formazione continua e la ricerca nelle STEM.
  Si può ancora citare la I Commissione (Affari costituzionali) che ha approvato, durante quel quinquennio, due pareri riguardanti schemi di decreti legislativi concernenti il codice dell'amministrazione digitale, ma che non ha licenziato ulteriori atti su un argomento così essenziale.
  Il ruolo residuale cui sono relegati i temi dell'innovazione nelle Commissioni permanenti produce una ulteriore esternalità negativa. La qualità dell'operato delle Commissioni è largamente supportato dall'attività dei bravi ed operosi funzionari amministrativi che si specializzano sui temi che la politica richiede loro. Tuttavia, emerge in tutta evidenza che, se i temi dell'innovazione occupano un ruolo marginale nell'attività delle Commissioni, anche la conoscenza dei funzionari ne risente, a scapito della qualità del lavoro complessivo (si pensi ad analisi comparative internazionali o alla conoscenza di temi complessi oggetto di direttive e regolamenti dell'Unione europea).
  Alla luce di quanto esposto, e avendo analizzato alcune realtà parlamentari europee virtuose, riteniamo che occorra dare una nuova guida legislativa che presti attenzione al tema dell'innovazione tecnologica in modo univoco e costante.
  Ciò è possibile solo attraverso l'istituzione di una nuova Commissione permanente, con competenze diversificate, in grado di fornire una corsia preferenziale ai temi del futuro e dell'innovazione tecnologica del Paese.
  La Commissione vanterebbe gli stessi poteri delle altre Commissioni permanenti, riunendosi, dunque, in sede referente, consultiva, legislativa e redigente, ai sensi del Regolamento della Camera dei deputati.
  L'istituzione della nuova Commissione, peraltro, imporrebbe una nuova individuazione delle competenze di tutte le Commissioni, con una nuova circolare del Presidente della Camera, ai sensi del comma 1-bis dell'articolo 22 del Regolamento. In questo quadro, le Commissioni che sembrano avere competenze strettamente connesse con quelle della nuova Commissione sarebbero le seguenti:

  Affari costituzionali (I); Finanze (VI); Cultura, scienza e istruzione (VII); Trasporti, poste e telecomunicazioni (IX); Attività produttive, commercio e turismo (X); Lavoro pubblico e privato (XI); Affari sociali (XII).

  Sempre nell'ottica della razionalizzazione, si auspica che la Giunta per il Regolamento proceda anche, con una ulteriore proposta di modifica dell'articolo 22, ad una complessiva riforma del numero e delle attribuzioni delle Commissioni permanenti, per conseguire un risultato complessivo di riduzione ed efficientamento delle stesse.
  Ciò premesso, si avanza la seguente proposta di modifica del comma 1 dell'articolo 22 del Regolamento, auspicandone l'approvazione.
  Essendo consapevoli della particolare delicatezza di una discussione che investa il quadro complessivo delle competenze delle Commissioni permanenti, che potrebbe richiedere una tempistica non breve per tradursi in una effettiva modifica del Regolamento, si propone l'introduzione di una disposizione finale (articolo 153-quinquies) volta a prevedere Pag. 6che la modifica all'articolo 22 abbia effetto a decorrere dalla XIX legislatura.
  Auspichiamo al contempo che, nelle more dell'approvazione della modifica regolamentare proposta ed anticipandone in qualche modo gli effetti, possa procedersi, nel corso di questa legislatura, all'istituzione di una Commissione speciale, ai sensi dell'articolo 22, comma 2, del Regolamento, che operi nel settore con ambiti di competenza e poteri che potranno essere specificamente definiti nella relativa delibera istitutiva.

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TESTO DEL REGOLAMENTO MODIFICA PROPOSTA
Art. 22. Art. 22.

  Il comma 1 è sostituito dal seguente:

  1. Le Commissioni permanenti hanno rispettivamente competenza sui seguenti oggetti:

  1. Le Commissioni permanenti hanno rispettivamente competenza sui seguenti oggetti:

  I – Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni;   I – Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni;
  II – Giustizia;   II – Giustizia;
  III – Affari esteri e comunitari;   III – Affari esteri e comunitari;
  IV – Difesa;   IV – Difesa;
  V – Bilancio, tesoro e programmazione;   V – Bilancio, tesoro e programmazione;
  VI – Finanze;   VI – Finanze;
  VII – Cultura, scienza e istruzione;   VII – Cultura, scienza e istruzione;
  VIII – Ambiente, territorio e lavori pubblici;   VIII – Ambiente, territorio e lavori pubblici;
  IX – Trasporti, poste e telecomunicazioni;   IX – Trasporti, poste e telecomunicazioni;
  X – Attività produttive, commercio e turismo;   X – Attività produttive, commercio e turismo;
  XI – Lavoro pubblico e privato;   XI – Lavoro pubblico e privato;
  XII – Affari sociali;   XII – Affari sociali;
  XIII – Agricoltura;   XIII – Agricoltura;
  XIV – Politiche dell'Unione europea.   XIV – Politiche dell'Unione europea;
  XV – Infrastrutture e innovazioni digitali.

  Dopo l'articolo 153-quater è aggiunto il seguente:

Art. 153-quinquies.

  1. Alla costituzione della XV Commissione permanente – Infrastrutture e innovazioni digitali si procede a decorrere dalla XIX legislatura.