ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN ASSEMBLEA 6/00017

scarica pdf
Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 18
Seduta di annuncio: 41 del 04/09/2018
Abbinamenti
Atto 6/00013 abbinato in data 04/09/2018
Atto 6/00014 abbinato in data 04/09/2018
Atto 6/00015 abbinato in data 04/09/2018
Atto 6/00016 abbinato in data 04/09/2018
Firmatari
Primo firmatario: GELMINI MARIASTELLA
Gruppo: FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE
Data firma: 04/09/2018
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
OCCHIUTO ROBERTO FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE 04/09/2018
MULE' GIORGIO FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE 04/09/2018
BAGNASCO ROBERTO FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE 04/09/2018
CASSINELLI ROBERTO FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE 04/09/2018
GAGLIARDI MANUELA FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE 04/09/2018
BERGAMINI DEBORAH FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE 04/09/2018
SOZZANI DIEGO FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE 04/09/2018
BALDELLI SIMONE FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE 04/09/2018
GERMANA' ANTONINO FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE 04/09/2018
PENTANGELO ANTONIO FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE 04/09/2018
ROSSO ROBERTO FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE 04/09/2018
ZANELLA FEDERICA FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE 04/09/2018
CORTELAZZO PIERGIORGIO FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE 04/09/2018
CASINO MICHELE FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE 04/09/2018
GIACOMETTO CARLO FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE 04/09/2018
LABRIOLA VINCENZA FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE 04/09/2018
MAZZETTI ERICA FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE 04/09/2018
RUFFINO DANIELA FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE 04/09/2018
LUPI MAURIZIO MISTO-NOI CON L'ITALIA-USEI 04/09/2018
COLUCCI ALESSANDRO MISTO-NOI CON L'ITALIA-USEI 04/09/2018
TONDO RENZO MISTO-NOI CON L'ITALIA-USEI 04/09/2018


Stato iter:
04/09/2018
Partecipanti allo svolgimento/discussione
INTERVENTO GOVERNO 04/09/2018
Resoconto TONINELLI DANILO MINISTRO - (INFRASTRUTTURE E TRASPORTI)
 
DICHIARAZIONE VOTO 04/09/2018
Resoconto TABACCI BRUNO MISTO-+EUROPA-CENTRO DEMOCRATICO
Resoconto COLUCCI ALESSANDRO MISTO-NOI CON L'ITALIA-USEI
Resoconto TASSO ANTONIO MISTO-MAIE-MOVIMENTO ASSOCIATIVO ITALIANI ALL'ESTERO
Resoconto FORNARO FEDERICO LIBERI E UGUALI
Resoconto MELONI GIORGIA FRATELLI D'ITALIA
Resoconto MULE' GIORGIO FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE
Resoconto DELRIO GRAZIANO PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto VIVIANI LORENZO LEGA - SALVINI PREMIER
Resoconto BATTELLI SERGIO MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto FATUZZO CARLO FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE
Resoconto SGARBI VITTORIO FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE
 
PARERE GOVERNO 04/09/2018
Resoconto TONINELLI DANILO MINISTRO - (INFRASTRUTTURE E TRASPORTI)
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 04/09/2018

DISCUSSIONE IL 04/09/2018

NON ACCOLTO IL 04/09/2018

PARERE GOVERNO IL 04/09/2018

RESPINTO IL 04/09/2018

CONCLUSO IL 04/09/2018

Atto Camera

Risoluzione in Assemblea 6-00017
presentato da
GELMINI Mariastella
testo di
Martedì 4 settembre 2018, seduta n. 41

   La Camera,
   premesso che:
    il 14 agosto alle ore 11:35, nel corso di un violento nubifragio, un tratto di circa 200 metri del viadotto sul torrente Polcevera, a Genova, meglio noto come «Ponte Morandi» dal nome del suo progettista, è crollato assieme al pilone n. 9 che lo sosteneva, trascinando con sé 43 giovani vite. L'età media delle vittime è infatti minore di 30 anni. L'evento ha gettato l'Italia nello sconforto e ha spezzato in due la città di Genova e l'autostrada A10, incidendo pesantemente sia sulla vita dei cittadini, che sulle attività economiche, in particolare sulla funzionalità del porto di Genova;
    l'autostrada A10, di cui il Ponte Morandi fa parte, è gestita dalla società Autostrade per l'Italia (ASPI), il cui pacchetto di controllo (30,25 per cento) è detenuto dalla società Atlantia. Il rimanente 70 per cento è in mano a grandi fondi e piccoli risparmiatori. ASPI, con 2.857 chilometri gestiti, controlla sostanzialmente circa metà della rete autostradale a pedaggio. In Italia la rete autostradale data in concessione dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT), che si estende per circa 6.000 chilometri, è gestita da 22 società, con 25 rapporti concessori, regolati da apposite convenzioni. La convenzione di concessione con ASPI è stata sottoscritta in data 4 agosto 1997 e ha fissato la scadenza della concessione al 31 dicembre 2038. Successivamente, nel 1999, la Società Autostrade è stata privatizzata attraverso un'offerta pubblica di vendita. Nel periodo 2006-2008 sono stati redatti nuovi testi convenzionali per tutti i concessionari, mentre per quanto riguarda ASPI l'Atto aggiuntivo del 2013 prevede l'aggiornamento quinquennale del Piano finanziario. La società ha presentato al MIT il suddetto aggiornamento il 15 giugno scorso. La procedura prevede che il piano sia esaminato e approvato dal MIT e poi dal CIPE e infine recepito con un decreto interministeriale tra MIT e Ministero dell'economia e delle finanze (MEF). In conseguenza della caduta del Ponte, il Governo ha inviato ad ASPI, il 17 agosto, una lettera con la quale prende avvio la procedura della decadenza dalla concessione per grave inadempimento del concessionario, interrompendo, tra l'altro, questo procedimento;
    nonostante la sua bellezza architettonica, il Ponte Morandi, infrastruttura varata nel 1967 e d'importanza strategica per i collegamenti tra il Levante e il Ponente ligure, è stato sin da subito oggetto di polemica e fonte di preoccupazione, per la sua presunta fragilità e inadeguatezza a sostenere i crescenti volumi di traffico. Lo stesso ingegnere Morandi, in un documento scientifico pubblicato nel 1979, dodici anni dopo l'inaugurazione del viadotto, sorprendendosi di un degrado del cemento e dell'acciaio più veloce del previsto, scriveva che «l'aggressività atmosferica è ciò che rappresenta una condizione ambientale sicuramente negativa per questa struttura»;
    in uno studio presentato nel 2011 da Autostrade nella procedura di Valutazione di impatto ambientale (Via) per la costruzione della «Gronda», si rilevava che la struttura del viadotto sul Polcevera: «... è sottoposta a ingenti sollecitazioni e pertanto è oggetto di una manutenzione continua...». Lo studio paventava una possibile eventuale dismissione del Morandi per inagibilità, aggiungendo che: «... negli ultimi trent'anni il traffico sul Morandi è quadruplicato, mentre nei prossimi trent'anni – in mancanza di un intervento di potenziamento autostradale – le analisi trasportistiche prevedono sullo stesso tratto un ulteriore aumento del 30 per cento»;
    nell'aprile 2016 il senatore Maurizio Rossi, imprenditore genovese, ha interrogato il Ministro delle Infrastrutture Delrio affermando che «il viadotto Polcevera ... è stato oggetto di un preoccupante cedimento dei giunti che hanno reso necessaria un'opera straordinaria di manutenzione senza la quale è concreto il rischio di una sua chiusura» e ha chiesto al Ministro di predisporre «immediatamente una nuova strategia stradale di più ampio respiro del capoluogo ligure,...in quanto.... i mancati lavori di realizzazione della “Gronda” sommati alla possibile futura chiusura totale o parziale del ponte Morandi determinerebbero inevitabilmente il collasso dell'intero sistema viario genovese». Il Senatore osservava che «in diversi orari di ogni giorno, il tratto Pegli-Genova (sul quale si trova il Ponte Morandi) risulta totalmente congestionato da mezzi privati in transito e commerciali sia in transito che in entrata ed uscita dal porto di Genova» e che in talune situazioni la coda dei veicoli «raggiunge i 50 km di lunghezza.». E inoltre che «l'obiettivo del sistema portuale Genova-Savona è di un forte incremento del traffico dei container, cosa che lascia presagire un ulteriore aumento di traffico su gomma.». Il Governo non ha risposto a questa interrogazione;
    il destino di Ponte Morandi e della complessiva viabilità genovese è strettamente legato alla «Gronda», un progetto di decongestionamento del traffico genovese, realizzato mediante una bretella di collegamento tra le 4 autostrade (A7, A10, A12 e A26) che, caso ormai unico tra le grandi città italiane, entrano direttamente nell'area metropolitana, senza essere filtrate da un anello o da una tangenziale. Un progetto destinato quindi ad alleggerire i carichi di lavoro dell'intero sistema viario cittadino, per realizzare il quale ASPI ha richiesto di allungare la durata della concessione dal 2038 al 2042. Nel 2017 l'opera è stata approvata dal Governo ed ha ricevuto il via libera dall'unione Europea. Tuttavia gli atti conseguenti non sono stati approvati, di conseguenza, come precisato dal Ministro Toninelli nell'audizione del 27 agosto 2018, la concessione con ASPI scade a fine 2038;
    la vicenda della «Gronda» è esemplificativa della drammatica lentezza del processo decisorio che condanna il nostro Paese al ritardo nella dotazione infrastrutturale. La «Gronda» era destinata anche ad alleggerire il carico di lavoro del Ponte Morandi, sul quale transitava la gran parte del traffico su gomma in uscita ed in entrata nel porto di Genova. In almeno due delle soluzioni prospettate era previsto addirittura l'abbattimento del ponte. Il primo progetto esecutivo di potenziamento dei collegamenti est-ovest è degli inizi degli anni ’80 e riguarda la bretella Voltri-Rivarolo, fra le autostrade A26 e A7, ma l'intervento, pur trovandosi in fase realizzativa, veniva bloccato a causa dell'opposizione di alcuni enti locali. Nel 1997 Autostrade per l'Italia, non ancora privatizzata, redigeva uno studio intitolato «Ipotesi di ridistribuzione dei traffici autostradali gravitanti sul nodo di Genova». Nel 2001, il progetto veniva inserito tra le opere strategiche della Legge Obiettivo (legge n. 443 del 2001). Nel periodo tra il 2001 e il 2017, si susseguono le riprogettazioni, le fasi di consultazione, le sottoscrizioni di atti tra i diversi attori, i periodi in cui l'opera scompare dall'orizzonte per l'opposizione non solo di comitati di cittadini, ma anche delle forze politiche al Governo della città, fino all'approvazione definitiva, che però al momento risulta priva degli atti conseguenti. Peraltro lo stesso ministro delle Infrastrutture, nell'illustrare al Parlamento le linee programmatiche del suo Ministero (1o agosto 2018), ha messo di nuovo in forse la sua realizzazione;
    ma l'esempio più evidente di come la lentezza del processo decisorio sia concausa di disastri, fa riferimento agli eventi che hanno preceduto e hanno direttamente interessato il tragico destino del ponte e di 43 vite innocenti, sui quali stanno indagando i magistrati di Genova. Nell'ottobre 2017 la società Spea, per conto di Autostrade, commissiona al Politecnico di Milano lo studio dei piloni 9 e 10 del viadotto Polcevera. Alla fine di novembre il Politecnico consegna uno studio che evidenzia «deformazioni non conformi alle attese degli stralli». Nel frattempo una richiesta di intervento «per sopperire alla progressiva perdita di funzionalità relativa alle pile 9 e 10 del Polcevera» sugli stralli è trasmessa il 31 ottobre 2017 alla Direzione generale per la Vigilanza sulle concessionarie autostradali del MIT dal Concessionario il quale, considerata l'urgenza dell'intervento predispone direttamente il progetto esecutivo. La Direzione generale invia il 5 dicembre il progetto al Comitato tecnico del Provveditorato per ottenere il parere obbligatorio. Quest'ultimo dà il nulla osta il primo di febbraio 2018. Il 28 febbraio 2018 Autostrade invia alla Direzione vigilanza e al Provveditorato una lettera in cui si parla della «urgenza che riveste la conclusione dell'iter approvativo dell'intervento». Da marzo a giugno è stato esaminato dalla Divisione analisi e investimenti della Vigilanza. Secondo i tecnici ministeriali il progetto di Autostrade presentava elementi discutibili e valutazioni la cui approssimazione determinava un'arbitraria valutazione della resistenza degli stralli. L'11 giugno la Direzione Generale con proprio decreto approva il progetto esecutivo. Autostrade peraltro aveva già avviato l’iter della gara d'appalto per i lavori con la preselezione delle imprese, prevedendo di iniziare i lavori ad ottobre 2018. Il decreto del Ministero, vincolante per iniziare l'intervento strutturale, è arrivato, quindi, dopo che la macchina per la sistemazione del ponte era partita. Nonostante questa situazione, in 10 mesi né il ministero né la società concessionaria hanno mai ritenuto di dover limitare il traffico, deviare i mezzi pesanti, ridurre da due a una le corsie per carreggiata, abbassare la velocità. A caldo il magistrato ha tirato in ballo «l'errore umano». Senza dubbio è così;
    la rete autostradale nazionale include 1.555 ponti e viadotti di lunghezza superiore ai 100 metri e 635 gallerie di analoga lunghezza (dati AISCAT), di relativamente antica realizzazione, costruiti in gran parte tra il 1960 e il 1970. Il decreto legislativo n. 35 del 2011, attuativo della direttiva 2008/96/CE sulla gestione della sicurezza delle infrastrutture, prevede che l'attività di ispezione sulle autostrade sia posta in capo al Ministero delle infrastrutture (MIT), anche per le tratte date in concessione. Per effettuare concretamente le ispezioni e i controlli sulle autostrade la Direzione generale per la Vigilanza sulle concessionarie autostradali del MIT può contare su 110 persone (su un organico previsto di 250), di cui oltre la metà non sono tecnici specializzati. Le risorse economiche direttamente riferibili all'attività di vigilanza sono limitate a soli 6 milioni di euro. Il direttore della vigilanza del MIT, in una audizione parlamentare del settembre 2016, ha ammesso che la Direzione non riesce a svolgere adeguatamente il proprio ruolo. Solo nell'ottobre 2017, il MIT ha emanato un decreto attuativo della direttiva con cui ha fissato le tariffe per i controlli a carico dei concessionari autostradali. Il decreto del 2017 fissa oneri in capo ai concessionari pari a 375 euro a chilometro per l'attività biennale e pari a 179 euro per l'attività annuale;
    altrettanto precaria è la situazione dell'Autorità per la regolazione dei trasporti (ART), divenuta operativa dal 1o gennaio 2014, (Dpr 9 agosto 2013) con diversi anni di ritardo rispetto ai tempi previsti e priva di adeguati poteri. Nel corso di un'audizione parlamentare del maggio del 2015, il Presidente dell'ART ha – chiarito che lo spazio di intervento che la legge le attribuisce esclude tutte le concessioni esistenti e ha chiesto al Governo, invocando la normativa europea, più poteri per controllare in maniera meno evanescente i contenuti economici e finanziari delle concessionarie autostradali;
    a gennaio 2018 la Corte dei conti ha deciso di includere nella sua programmazione dei controlli per il periodo 2018-2020 anche lo stato delle concessioni autostradali. Nella delibera la Corte ricorda che «nel corso degli anni molte delle concessioni sono state oggetto di proroga da parte dello Stato». E questo è avvenuto «in violazione dei principi di diritto europeo, che richiede che la concessione sia limitata al tempo necessario per il recupero degli investimenti effettuati dal concessionario nell'esecuzione dei lavori e dei servizi assieme ad un ritorno sul capitale investito». L'indagine della Corte si «prefigge una ricognizione dello stato delle concessioni attualmente in essere» per «valutarne la compatibilità con le disposizioni sovranazionali». Tra gli obiettivi c’è anche quello di «analizzare l'attività che l'autorità amministrativa svolge circa il compito di regolazione economica in qualità di concedente pubblico»;
    il Programma nazionale di riforma (PNR) contenuto nel DEF 2017 del Governo pro tempore Gentiloni conteneva la riforma delle concessioni con il target di «valorizzare le entrate per la Finanza pubblica e la concorrenza». Il piano, rimasto lettera morta, è stato ripreso dal Governo dopo il crollo del Ponte Morandi. Si tratta di una impresa ambiziosa, in quanto le concessioni attive sono 35 mila; i soli contratti prossimi a scadenza valgono 1,4 miliardi di canoni annui. Correttamente, nelle concessioni da rivedere non si fa riferimento a quelle relative alle spiagge o al commercio itinerante su aree pubbliche, in quanto il Governo è impegnato nel superamento degli effetti pregiudizievoli per gli interessi nazionali derivanti dalla direttiva Bolkestein. Per quanto riguarda le concessioni autostradali, secondo il Governo, si tratta di rimettere in discussione quattro punti. Il primo è quello del calcolo delle tariffe e la durata stessa della concessione. Il secondo è la modifica delle clausole. Il terzo riguarda gli appalti, riducendo la quota dei lavori di manutenzione affidati alle società satellite del concessionario. Il quarto riguarda la reintroduzione del sistema delle verifiche periodiche delle concessioni;
    l'Italia può contare su una disponibilità di fondi europei per le sue infrastrutture trasportistiche e i trasporti valutabile in 20 miliardi di euro. Oggi, l'Unione europea contribuisce a finanziare le infrastrutture dei trasporti principalmente con tre strumenti: il CEF (Connecting Europe facility) Transport dedicato ai progetti infrastrutturali di interesse comune come i grandi corridoi europei, il Fondo di sviluppo regionale europeo (FESR) e il Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS). Si possono usare per realizzare nuovi progetti, rinnovare vecchie strutture, fare manutenzione ordinaria e straordinaria. Per il periodo attuale, 2014-2020, su un totale di 645 miliardi la parte per i trasporti è di 71,1 miliardi. Per l'Italia nel 2014-2020, per i trasporti ci sono 1,8 miliardi di euro dal FESR che salgono ad almeno 2,5 miliardi con il CEF (fra questi, 450 milioni per la Torino-Lione e 450 milioni per il tunnel del Brennero). Poi, abbiamo 17,86 miliardi dal fondo di sviluppo e coesione utilizzabili per infrastrutture. Infine, va verificato quanto dei 9 miliardi «salvati» dal periodo 2007-2013 può essere usato per i trasporti;
    l'Italia non ha speso bene i fondi europei. Restando ai soli trasporti, il programma operativo nazionale per le infrastrutture del 2014-2020 dotato di 1,8 miliardi (di cui 1,3 miliardi dall'Ue) è fermo al 3 per cento: in pratica, si sono spesi appena 60 milioni. Al quarto anno di programmazione 2000-2006 l'Italia aveva speso il 16 per cento dei fondi europei a sua disposizione, al quarto anno del periodo 2007-2013 aveva speso appena il 7 per cento. Per questo si è corso ai ripari con l'Agenzia di coesione: ben 180 dipendenti e quasi altrettanti consulenti esterni. Ma ora, al quarto anno dei fondi 2014-2020, la spesa complessiva dei Fondi UE è scesa al 5 per cento. Le cause sono molte: mancata programmazione, progetti scarsi, incapacità o ignoranza di molti amministratori, eccesso di burocrazia, norme complicate da attuare. La vocazione dei fondi europei è ridurre o eliminare la distanza fra Paesi e regioni. Perciò, la battaglia per la « golden rule», ovvero scorporare gli investimenti in infrastrutture dai vincoli europei a Bruxelles l'Italia deve farla. Peraltro a Bruxelles la discussione per i fondi del periodo 2021-2027 è in pieno svolgimento;
    altrettanto bloccate risultano le risorse stanziate con il Programma degli interventi di manutenzione straordinaria di ponti, viadotti e gallerie della rete stradale di interesse nazionale in gestione ad ANAS, avviato con l'articolo 18, comma 10, del decreto-legge n. 69 del 2013;
    il passaggio sul Polcevera fa parte di una delle cosiddette Ten, le reti di trasporto transeuropee, il Corridoio n. 6 della rete europea TEN-T, che riguarda il potenziamento dell'asse ferroviario Genova-Basilea-Duisburg-Rotterdam/Anversa e si prefigge di collegare in maniera efficiente ed ecologicamente sostenibile il Mediterraneo con il Mare dei Nord, passando per la Pianura Padana, dove incrocia il corridoio n. 5 della rete TEN-T, il Lisbona Kiev. Allo stato attuale, infatti, il traffico merci sviluppato sul corridoio viene effettuato per il 75 per cento nella modalità stradale e l'obiettivo dell'Unione Europea è di raddoppiare entro il 2020 la capacità di trasporto nella modalità ferroviaria. Appartiene allo stesso corridoio il cosiddetto «Terzo Valico», una bretella ferroviaria di 54 chilometri, 39 dei quali in galleria, i cui lavori sono cominciati nel 2013 per collegare velocemente il porto di Genova alla pianura padana e quindi a Svizzera e Germania. Il progetto è stato suddiviso in sei lotti, è interamente finanziato e il costo complessivo è di 6,2 miliardi. Di questi, 2,5 miliardi sono già stati spesi. L'opera è stata appaltata per circa l'80 per cento e realizzata per il 25 per cento. L'entrata in esercizio è prevista per il 2023;
    Genova è più lunga di quanto Milano è larga: in questo momento è spezzata sull'asse tra est ed ovest. Il rischio è che il crollo del Morandi, in una rete infrastrutturale già debolissima e sovraccarica prima del crollo, spinga investitori e committenti a dirottare capitali e disdire ordini. Secondo uno studio del 2009, 7 milioni di veicoli ogni anno transitavano sul ponte, ossia oltre 70 mila al giorno, di cui circa 2.000 TIR. Sul ponte Morandi passava l'80 per cento del traffico legato al porto. Il 95 per cento delle merci, nella città ligure, è movimentato su gomma;
    il porto di Genova è il più importante del Mediterraneo, il secondo in Europa dopo Rotterdam. È il luogo nel quale si combatte la battaglia dei flussi mercantili europei e la permanenza del nostro paese ai vertici della manifattura continentale, subito dopo la Germania. Il porto movimenta ogni anno 2 milioni di container e 69 milioni di tonnellate di merci. Conta 36.000 dipendenti che salgono a 50.000 se si considera l'indotto. Il PIL di Genova vale l'1,5 per cento di quello nazionale, il volume d'affari del solo sistema portuale genovese, vale 10 miliardi. Il sistema portuale eroga un gettito di 6 miliardi di euro all'anno tra Iva e accise. Il trasporto passeggeri attraverso il porto è di 4,2 milioni l'anno, di cui 1,7 milioni solo per le crociere;
    il nostro Paese realizza circa il 60 per cento del suo interscambio commerciale via mare, e la percentuale sale ad oltre il 90 per cento verso e dai Paesi dell'area mediterranea. Nel 2017, il traffico merci totale dei porti italiani ha superato il mezzo miliardo di tonnellate. Il sistema portuale Genova-Savona da solo ne ha intermediato 69 milioni di tonnellate, cioè il 14 per cento. Rapportato alla quota via mare del totale dell'interscambio commerciale italiano nel 2017, pari a circa 850 miliardi di euro sommando import ed export, il primo ordine di grandezza che se ne deduce è che il sistema portuale Genova-Savona da solo pesa per un valore di quasi 75 miliardi annui di merci sbarcate e imbarcate;
    nel 2016 Prometeia ha effettuato una valutazione complessiva dell'impatto economico delle attività portuali, diretto, indiretto e indotto. Tale impatto è stato stimato per il 48 per cento sulla sola Liguria, al 19 per cento per la Lombardia, al 10 per cento per il Piemonte, al 6 per cento per l'Emilia Romagna, al 4 per cento per la Toscana e il Veneto, al 2 per cento per il Lazio. A fronte delle ricordate 50 mila unità di lavoro generate nel territorio ligure, i complessivi effetti a livello nazionale totalizzavano secondo Prometeia ben 122 mila unità di lavoro. Quanto sopra esposto dimostra il ruolo sistemico della portualità regionale al servizio dell’import-export italiano, nonché, più in generale, l'indissolubile legame tra il rilancio di Genova e lo sviluppo dell'intero Nord Ovest. E per questi motivi che la riflessione su quanto accaduto a Genova non può essere relegata all'ambito della mera solidarietà ma rappresenta un pezzo dello sviluppo italiano;
    con il passare dei giorni iniziano a palesarsi sull'economia genovese gli effetti collaterali, per nulla marginali, della tragedia. Nel 2017 il porto di Genova ha avuto un incremento del 5 per cento della movimentazione di container, ma per il 2018 l'Autorità portuale ha già previsto un rallentamento con perdite fino al 10 per cento del traffico. Vuol dire 500 milioni di euro in meno per il fisco e il rischio concreto che le rotte internazionali privilegino Rotterdam e Amburgo;
    il crollo del Ponte Morandi non ha solo paralizzato Genova. Rischia anche di avere effetti sistemici sulla logistica italiana. Le compagnie Mersk e Msc, che rappresentano il 35 per cento del traffico container di Genova, hanno lanciato l'allarme. Le operazioni subiranno pesanti ritardi ed è probabile che ci saranno costi extra in relazione alle strade alternative che la merce dovrà percorrere. Il problema è soprattutto economico: tutte le alternative al ponte crollato hanno un prezzo ed è la competitività del porto a rischiare di doverlo pagare. Le imprese portuali si attendono una maggiorazione di costi di diverse centinaia di migliaia di euro in più al mese. Se dovranno aprirsi, come è probabile, anche a turni notturni avranno un 20-25 per cento di costi in più. Alla numerose imprese che si trovano nella «zona rossa» impossibilitate ad aprire per inagibilità, si aggiungono infatti centinaia di esercizi commerciali a ridosso dell'area off-limits che vedono crollare la clientela;
    appare dunque assolutamente opportuno separare il procedimento di revoca della concessione avviato con la lettera inviata dal Governo ad ASPI, un atto giuridico complesso (tra l'altro, specificando la giusta causa, questa sarà definita al termine della indagine della magistratura), dalla necessità di procedere ad una ricostruzione la più rapida possibile del passaggio sul Polcevera, individuando in tale ambito, al di là della successiva definizione delle responsabilità, i soggetti in grado di procedere più rapidamente al processo di ricostruzione, con le risorse già messe a disposizione, sia pure associati, partecipati o diretti tramite gli enti strumentali dello Stato che sono stati individuati in questi giorni;
    il Commissario all'emergenza, il governatore Giovanni Toti e il sindaco di Genova Marco Bucci, coadiuvati da un pool di esperti, stanno facendo ogni possibile sforzo, affinché il crollo del ponte non si trasformi in una catastrofe economica per la città e di conseguenza per il Paese. Tuttavia sin dai primi giorni della tragedia, da più parti è stata avanzata la necessità di una normativa urgente o di una legge speciale per Genova. In tale provvedimento, oltre alle misure che sono normalmente adottate in caso di calamità naturali, è opportuno inserire, oltre ad interventi di sostegno alla città, interventi volti ad annullare il differenziale competitivo che si è generato con il crollo del ponte ed in particolare:
     creazione di una «zona logistica speciale» per le strutture del Porto di Genova o estensione della normativa speciale prevista per i porti del SUD dal decreto-legge n. 91 del 2017;
     revisione di agevolazioni fiscali, ivi compreso l'abbattimento dell'IVA, credito di imposta e sgravi a favore delle imprese operanti in ambito portuale;
     riduzione delle tasse di ancoraggio per le navi e delle accise sui prodotti energetici per i mezzi operativi dei terminal;
     investimenti mirati in logistica e contributi per investimenti nell'area portuale;
     misure di sostegno agli interventi posti in essere o in corso di realizzazione da parte del Comune di Genova e della Regione, per realizzare una viabilità alternativa nell'area interessata dal crollo e per decongestionare il traffico cittadino;
     contributi al trasporto su ferro e al rafforzamento del trasporto pubblico;
     interventi a sostegno dell'occupazione, nonché detrazioni fiscali per le aziende sul reddito da lavoro dipendente;
     finanziamento imprese danneggiate per i danni diretti e indiretti, nonché esenzione in tutto o in parte dai tributi nazionali e locali per le imprese collocate in «zona rossa o limitrofe a questa»;
     interventi per la ricostruzione e la riqualificazione delle aree urbane limitrofe al ponte;
     introduzione in deroga al codice degli appalti per le procedure di affidamento dei lavori per gli interventi di ricostruzione del Ponte Morandi e delle infrastrutture della città di Genova, con previsione di affidamenti diretti per velocizzare la ricostruzione;
     nomina di un Commissario straordinario, che non può che coincidere con il Commissario all'emergenza (soluzione, peraltro, caldeggiata di comune accordo da Regione e Comune di Genova, al fine di semplificare le pratiche amministrative e di evitare ogni possibile contenzioso tra Governo centrale e istituzioni locali) e attribuzione al Commissario straordinario dei poteri commissariali necessari a realizzare la fase di demolizione e ricostruzione. Costituzione di una struttura Commissariale dotata di personale e mezzi idonei;
     deroga ai limiti assunzionali per gli Enti locali territoriali interessati dall'emergenza, per il reclutamento di personale a tempo determinato nel periodo di durata dell'emergenza, con funzioni di protezione civile, di polizia locale e di supporto all'emergenza;
     aumento della percentuale di gettito IVA riversata dallo Stato alle Autorità portuali liguri, ad oggi pari al 4/5 per mille, fino ad una percentuale almeno pari al 3 per cento,

impegna il Governo:

   1) ad adottare urgenti iniziative per l'adozione di una legge speciale per Genova o a intervenire tramite un provvedimento il cui percorso parlamentare consenta la certezza di una rapida approvazione, sulla base delle diverse, possibili azioni indicate in premessa, agendo altresì in sede comunitaria affinché gli oneri dei suddetti interventi siano ricompresi nella valutazione dell'elasticità di bilancio da richiedere in quella sede;
   2) ad adottare ogni misura necessaria a consentire la rapida realizzazione di una struttura viaria che operi in sostituzione del viadotto sul Polcevera, sia in termini di modifica delle norme sugli appalti che di disapplicazione delle stesse in considerazione della estrema urgenza della sua realizzazione, sia per la città di Genova, sia per l'economia nazionale, individuando i soggetti che dovranno realizzarla non solo in base alla qualificazione, ma anche secondo criteri che consentano il sollecito avvio della ricostruzione;
   3) a rivedere il sistema delle concessioni in essere, tenuto conto delle problematicità esposte in premessa, anche mediante presentazione di una legge quadro sulla base dei principi della normativa UE con cui le stesse devono essere regolate, prevedendo l'inserimento di specifiche clausole a tutela e a salvaguardia dell'interesse nazionale, nonché l'assoluta trasparenza degli atti concessori, dei piani finanziari e di investimento e di ogni altro atto ad essi collegato e valutando la possibilità di rafforzare i poteri pubblici di controllo e di intervento (golden share), di introdurre disposizioni di maggior tutela per i cittadini e le imprese utenti, nonché di adeguare, ove possibile, la durata delle stesse alle esigenze di interesse pubblico;
   4) in ambito di revisione delle concessioni ad introdurre disposizioni che consentano di ridurre il costo dei pedaggi stradali per l'utenza, leghino gli incrementi dei pedaggi agli investimenti già effettuati, o comunque in fase di esecuzione, e limitino e sanzionino il contenzioso strumentale dei concessionari;
   5) in ambito di interventi di assistenza immediata alla popolazione ligure a seguito del crollo, adottare iniziative che tengano conto della proposta di legge (Atto Camera 769) in materia di «Agevolazioni tariffarie per assicurare il diritto alla mobilità dei residenti, dei lavoratori e degli studenti nella Liguria di ponente» con lo strumento più celere possibile;
   6) a rafforzare le strutture e i poteri di controllo e di intervento del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, valutando la possibilità di affidare gli stessi all'Autorità per la regolazione dei trasporti sui concessionari autostradali;
   7) a procedere ad una ricognizione sulle risorse comunitarie destinate al sistema dei trasporti al fine di verificare quante risorse sono ancora da assegnare e quante non sono impegnate in modo giuridicamente vincolante così da poter essere, se necessario, riprogrammate;
   8) ad agire in sede comunitaria al fine di ottenere lo scorporo degli investimenti in infrastrutture strategiche dai vincoli europei sui disavanzi pubblici (golden rule investimenti);
   9) a sbloccare le risorse nazionali e comunitarie già stanziate per la messa in sicurezza di ponti viadotti e gallerie e più in generale per la sicurezza della circolazione stradale, ivi comprese l'adozione di forme avanzate di monitoraggio elettronico per le strutture più problematiche in termini di utilizzo, valutando altresì la possibilità di escludere le spese per la messa in sicurezza delle infrastrutture pubbliche dei vincoli di bilancio che ne impediscono l'utilizzo da parte delle amministrazioni territoriali;
   10) a valutare l'adozione di uno specifico Piano, anche pluriennale, per la messa in sicurezza delle infrastrutture trasportistiche esistenti, con obbligo di referto annuale al Parlamento, nel quale oltre ad essere indicate le priorità operative siano individuate le risorse e siano previste misure, anche di modifica del codice degli appalti, volte a favorire la rapida cantierabilità delle opere. In tale ambito, ad incrementare le risorse suddette, valutando la possibilità di intervenire in sede comunitaria affinché gli oneri dei suddetti interventi siano ricompresi nella valutazione dell'elasticità di bilancio da richiedere in quella sede;
   11) ad avviare senza indugio la realizzazione della cosiddetta «Gronda», fondamentale per lo sviluppo commerciale della regione, nei tempi già stabiliti dal decreto del MIT del settembre 2017.
(6-00017) «Gelmini, Occhiuto, Mulè, Bagnasco, Cassinelli, Gagliardi, Bergamini, Sozzani, Baldelli, Germanà, Pentangelo, Rosso, Zanella, Cortelazzo, Casino, Giacometto, Labriola, Mazzetti, Ruffino, Lupi, Colucci, Tondo».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

rete di trasporti

infrastruttura dei trasporti

infrastruttura economica