ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN COMMISSIONE 7/00527

scarica pdf
Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 333 del 17/11/2014
Abbinamenti
Atto 7/00450 abbinato in data 19/11/2014
Atto 7/00500 abbinato in data 19/11/2014
Atto 7/00521 abbinato in data 19/11/2014
Approvazione risoluzione conclusiva
Atto numero: 8/00088
Firmatari
Primo firmatario: BORDO FRANCO
Gruppo: SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Data firma: 17/11/2014
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
ZACCAGNINI ADRIANO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 17/11/2014


Commissione assegnataria
Commissione: XIII COMMISSIONE (AGRICOLTURA)
Stato iter:
27/11/2014
Partecipanti allo svolgimento/discussione
INTERVENTO PARLAMENTARE 19/11/2014
SANI LUCA PARTITO DEMOCRATICO
ZANIN GIORGIO PARTITO DEMOCRATICO
GAGNARLI CHIARA MOVIMENTO 5 STELLE
ROMANINI GIUSEPPE PARTITO DEMOCRATICO
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 27/11/2014
ZANIN GIORGIO PARTITO DEMOCRATICO
CAON ROBERTO LEGA NORD E AUTONOMIE
BORDO FRANCO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
GAGNARLI CHIARA MOVIMENTO 5 STELLE
 
PARERE GOVERNO 27/11/2014
CASTIGLIONE GIUSEPPE SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI)
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 19/11/2014

DISCUSSIONE IL 19/11/2014

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 19/11/2014

DISCUSSIONE IL 27/11/2014

ATTO MODIFICATO IN CORSO DI SEDUTA IL 27/11/2014

ACCOLTO IL 27/11/2014

PARERE GOVERNO IL 27/11/2014

APPROVATO (RISOLUZIONE CONCLUSIVA) IL 27/11/2014

CONCLUSO IL 27/11/2014

Atto Camera

Risoluzione in commissione 7-00527
presentato da
BORDO Franco
testo di
Lunedì 17 novembre 2014, seduta n. 333

   La XIII Commissione,
   premesso che:
    nel corso degli ultimi quarant'anni le politiche agricole in Italia e in Europa si sono distinte per essere state eccessivamente intensive sul piano della coltivazione e della gestione delle terre, oltre ad essere state «stimolanti» per l'uso eccessivo di fertilizzanti chimici e, a non prevedere per tempo modelli di zootecnia sostenibile che tenessero in debito conto delle esternalità negative (concentrazione intensiva di bestiame su distese di ridotta entità, inquinamento idrico risultante dallo spandimento e dallo scarico di deiezioni del bestiame, ecc.), ponendo in essere gli opportuni accorgimenti di contrasto e mitigazione. Questa situazione ha favorito e contribuito all'inquinamento da nitrati delle acque sotterranee e superficiali;
    il legislatore europeo si è dotato di una normativa di settore con cui proteggere la qualità delle acque in Europa e, nel 1991 ha emanato la direttiva 91/676/CEE del Consiglio, conosciuta come «Direttiva Nitrati»;
    la «direttiva nitrati» venne emanata anche perché il contenuto di nitrati nell'acqua era in aumento esponenziale ed era già elevato rispetto alle norme fissate nella Direttiva 75/440/CEE del Consiglio, concernente la qualità delle acque superficiali destinate al consumo umano;
    la direttiva 91/676/CEE del Consiglio, recepita dal decreto legislativo n. 152 del 2006 a cui è seguito il decreto ministeriale del 7 aprile 2006 che fissa i criteri e le norme tecniche generali per la disciplina regionale dell'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, obbliga gli Stati membri a individuare le cosiddette «zone vulnerabili da nitrati», ZVN, di origine agricola, le quali zone sono caratterizzate da acque già inquinate o che potrebbero diventare tali in assenza di interventi adeguati. In queste zone le misure devono garantire che, per ciascuna azienda agro-zootecnica, il quantitativo di effluente zootecnico distribuito sul terreno all'anno, compreso quello depositato dagli animali stessi, non superi un apporto pari a 170 kg di azoto per ettaro. Il limite per le zone non vulnerabili è di 340 kg di azoto per ettaro. Inoltre, gli Stati devono definire e applicare nelle zone vulnerabili appositi «Programmi d'Azione» che regolamentino l'utilizzazione agronomica degli effluenti d'allevamento e l'impiego dei fertilizzanti minerali e organici contenenti azoto;
    dal 2005 le misure previste dalla «direttiva nitrati» costituiscono parte integrante di uno dei criteri di gestione obbligatori, CGO, della «condizionalità», principio secondo il quale le aziende agricole possono beneficiare degli aiuti comunitari derivanti dalla politica agricola comune, PAC, a condizione appunto che rispettino una serie di impegni come: la corretta gestione agronomica dei terreni, la salvaguardia dell'ambiente, la sanità pubblica, la salute degli animali e delle piante e il benessere degli animali;
    gli impegni da osservare si suddividono in:
   a) criteri di gestione obbligatori, indicati come «Atti» (sono disposizioni che derivano dall'applicazione di direttive o regolamenti comunitari);
   b) buone condizioni agronomiche e ambientali, BCAA, indicate come «Norme» (sono regole stabilite a livello nazionale per garantire il raggiungimento degli obiettivi fissati dall'Unione Europea in materia di mantenimento della sostanza organica del suolo, di difesa dall'erosione e il mantenimento degli ecosistemi);
    la legislazione nazionale con il decreto ministeriale del 19 aprile 1999 (codice di buona pratica agricola – CBPA), il decreto legislativo 152 del 2006 e il decreto ministeriale 7 aprile 2006 ha dettato regole comuni alle regioni per il recepimento della «Direttiva nitrati». In base alla normativa nazionale, alle regioni è demandato il compito di designare le «zone vulnerabili da nitrati» e redigere i relativi «programmi d'azione»;
    con la riforma della politica agricola comune il rispetto delle norme obbligatorie derivanti dall'applicazione della «direttiva nitrati», rientrando nel quadro delle misure della «condizionalità», è un importante strumento a disposizione delle regioni per sostenere gli agricoltori, nel rispetto dei nuovi obblighi derivanti dall'applicazione della «direttiva nitrati», e, con i programmi di sviluppo rurale, si definiscono le linee operative di intervento che le regioni intendono attuare sul proprio territorio a sostegno di un sistema agricolo sostenibile, competitivo e multifunzionale;
    gli Stati Membri possono sottoporre alla Commissione europea una richiesta di deroga, previo parere del «Comitato Nitrati», al limite massimo di 170 chilogrammi per ettari/anno di azoto da effluenti zootecnici nelle ZVN;
    tale richiesta deve essere supportata da circostanziate informazioni agro-zootecniche e ambientali derivanti dai dati di monitoraggio pregressi e attuali, che dimostrino come l'elevazione dei quantitativi di azoto (in genere fino a 250 chilogrammi per ettari/anno) non compromettano lo stato qualitativo delle acque sotterranee e superficiali;
    la concessione della deroga consente alle aziende agricole che vi accedono di distribuire quantitativi maggiori di 170 chilogrammi per ettari/anno di azoto da effluenti sulla totalità o parte dei propri terreni. Per poter avvalersi della deroga, ciascuna azienda deve dimostrare di attuare i riparti colturali, le pratiche agronomiche e le prescrizioni strutturali richieste e garantire, di concerto con la Regione, un adeguato piano di monitoraggio dei quantitativi di azoto nei suoli aziendali soggetti a deroga;
    all'Italia è stata concessa la deroga fino al 31 dicembre 2015 per le regioni Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte e Veneto (decisione di esecuzione della Commissione 2011/721/UE del 3 novembre 2011). Tale deroga ha innalzato la soglia al limite di 250 chilogrammi d'azoto per ettaro l'anno nelle aree vulnerabili delle predette regioni, imponendo criteri molto rigidi attinenti all'assorbimento dei nitrati da parte dei terreni, nonché l'adozione di macchinari appropriati al fine di separare il materiale solido da quello liquido, la messa a coltura di varietà a lungo ciclo vegetativo e la realizzazione di doppi raccolti;
    il comma 7-ter, dell'articolo 36 del decreto-legge n. 179 del 2012 (Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese) dispone che: «... entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano in conformità all'Accordo concernente l'applicazione della Direttiva del Consiglio delle Comunità Europee n. 91/676/CEE del 12 dicembre 1991 relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole, procedono all'aggiornamento delle zone vulnerabili da nitrati di origine agricola, anche sulla base dei criteri contenuti nel medesimo Accordo. Qualora le regioni e le province autonome, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, non abbiano provveduto ai sensi del precedente periodo, il Governo esercita il potere sostitutivo secondo quanto previsto dall'articolo 8 della legge del 5 giugno 2003, n. 131...»;
    le regioni e le province autonome a tutt'oggi, non hanno proceduto all'aggiornamento delle zone vulnerabili da nitrati di origine agricola;
    all'Istituto superiore per la protezione ambientale, ISPRA è stato assegnato il monitoraggio completo del territorio nazionale al fine di accertare le fonti di inquinamento da nitrati;
    da un recente rapporto illustrato ai Ministri dell'agricoltura e dell'ambiente, nonché alle regioni del nord Italia, relativamente alle responsabilità che ha l'agricoltura di inquinare le falde acquifere con i nitrati di origine zootecnica, vi è da parte dell'ente la constatazione che «...l'impatto interessa non più del 10 per cento delle superfici, tranne in Piemonte dove il tasso sale al 19 per cento...». Secondo l'ISPRA, dunque, «... non può essere attribuita prevalentemente al settore zootecnico la responsabilità del processo di contaminazione da nitrati alle sorgenti...». Lo studio rimette in discussione il limite dei 170 chili di azoto per ettaro che si possono ogni anno distribuire nelle zone vulnerabili. Le mappe attuali delle zone a rischio ambientale risalgono al 2006 mentre fino al prossimo anno gli allevamenti, che ne faranno richiesta potranno usufruire della deroga;
    occorre una interpretazione aggiornata dell'applicazione della deroga al limite di 170 chili di azoto per ettaro all'anno, che consideri l'evoluzione intervenuta nei sistemi di gestione e trattamenti dell'effluente di allevamento nel corso del quasi quarto di secolo che ormai contraddistingue la vita della direttiva stessa;
    sarebbe opportuno prendere atto che sono oggi disponibili processi di trattamento dell'effluente di allevamento (esempio digestione anaerobica più separazione spinta) che lo rendono nella pratica agronomica equiparabile ai fertilizzanti di sintesi. Serve, in particolare, considerare che le tecniche di gestione che vengono messe in atto per rendere possibile la sostituzione del concime chimico con l'effluente trattato, risultano anche ampiamente migliorative del complessivo impatto ambientale sia per quanto riguarda le acque, ma soprattutto per quanto riguarda le emissioni in atmosfera;
    andrebbe in particolare recepito il fatto che le minori perdite riguardino l'ambiente nel suo complesso, quindi anche l'aria, non ricompresa nelle dirette previsioni della direttiva (che si preoccupa solo della qualità delle acque) quindi, va superata l'impostazione monotematica della direttiva, con una interpretazione che inquadri il tema dei «nitrati» nella complessiva gestione dell'azoto anche nei confronti delle emissioni in atmosfera (ammoniaca);
    il processo di trattamento tramite digestione anaerobica, ad esempio, abbinato a una gestione conservativa ed efficiente del prodotto che ne deriva (c.d. digestato) rende possibile nel suo complesso una gestione sensibilmente meno impattante rispetto ad una applicazione secondo i dettami classici della direttiva (distribuzione di minore quantità di azoto ma in maniera che ne consente una più efficiente utilizzazione da parte delle colture);
    occorre prendere atto della sempre maggiore diffusione di nuove tecnologie, come il trattamento degli effluenti di allevamento, che mettono a disposizione nuovi strumenti per ridurre l'inquinamento e consentono di derogare al limite di 170 kg di azoto per ettaro all'anno, applicando contemporaneamente criteri gestionali (stoccaggio e distribuzione) più efficienti rispetto a quelli oggi consentiti e ammessi dalla stessa direttiva;
    sarebbe auspicabile l'introduzione di una caratterizzazione degli effluenti trattati che, in presenza di efficienze gestionali elevate (>80 per cento e di percentuali di azoto ammoniacale rilevanti (es. >70 per cento), di fatto equiparabili per gli effetti all'uso di concime minerale, consenta di non limitare l'impiego di effluente entro il limite di 170 chilogrammi di azoto per ettaro all'anno, introducendo la previsione del rispetto del bilancio dell'azoto in relazione all'asportazione delle colture. La caratterizzazione va accompagnata da comportamenti virtuosi nella gestione dell'effluente trattato (superiori agli attuali standard imposti dalla direttiva) che garantiscono minori perdite nelle acque (sotterranee e superficiali), diminuiscono le probabilità di eutrofizzazione e, soprattutto, tengono contemporaneamente in considerazione anche la prevenzione degli impatti sulle emissioni in atmosfera (ammoniaca e gas climalteranti);
    la proposta di una più moderna e attuale interpretazione della deroga, consentirebbe di porre rimedio a una situazione oggettivamente penalizzante proprio per coloro i quali volessero introdurre una maggiore efficienza nella gestione;
    anche sotto il profilo della discriminazione della concorrenza, appare configurarsi una possibile disparità di trattamento nell'ammissione del fertilizzante chimico rispetto a un diversa più penalizzante considerazione dell'effluente trattato che abbia caratteristiche equiparabili (esempio contenuto di azoto nella stessa forma minerale);
    il 5 agosto il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, unitamente col Ministro dell'Ambiente, i rappresentati delle regioni e delle organizzazioni di categoria, hanno partecipato al tavolo tecnico in merito all'attuazione della «direttiva nitrati». Nell'incontro è stata esaminata l'ultima versione del decreto interministeriale, «Criteri e norme tecniche generali per la disciplina regionale dell'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento e delle acque reflue, nonché per la produzione e l'utilizzazione agronomica del digestato». Il decreto si sofferma su alcuni punti di rilevante importanza quali: la suddivisione del digestato in agro-zootecnico e agroindustriale; le condizioni per la sua assimilazione ai fertilizzanti di origine chimica; l'uso delle produzioni agricole dedicate da immettere negli impianti di digestione anaerobica; la possibilità di utilizzare metodi alternativi al limite di spandimento di 340 kg per ettaro di azoto nelle zone vulnerabili;
    il decreto interministeriale è stato trasmesso alla Conferenza Stato-regioni per l'espressione dell'intesa che dovrebbe esserci nella seduta del 27 novembre 2014,

impegna il Governo:

   nel semestre di presidenza italiana dell'Unione europea a promuovere l'apertura di un tavolo con la Commissione europea al fine di ridiscutere l'impianto della «direttiva nitrati», n. 91/676/CEE, la quale necessita di una ridefinizione attualizzata della questione, alla luce dell'evoluzione del contesto temporale e tecnologico;
   ad esercitare il potere sostitutivo, secondo quanto previsto dall'articolo 8 della legge n. 131 del 2003, al fine di aggiornare il quadro complessivo delle zone vulnerabili da nitrati di origine agricola.
(7-00527) «Franco Bordo, Zaccagnini».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

inquinamento d'origine agricola

inquinamento idrico

protezione delle acque