CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 14 aprile 2021
567.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giunta per le autorizzazioni
COMUNICATO
Pag. 9

DELIBERAZIONI IN MATERIA D'INSINDACABILITÀ

  Mercoledì 14 aprile 2021. — Presidenza del presidente Andrea DELMASTRO DELLE VEDOVE.

  La seduta comincia alle 9.

Richiesta di deliberazione pervenuta dal tribunale di Cosenza nell'ambito di un procedimento penale nei confronti della deputata Vincenza Bruno Bossio (procedimento n. 1156/2017 RGNR – n. 2326/17 RG GIP) (doc. IV-ter, n. 18).
(Esame e rinvio).

  Andrea DELMASTRO DELLE VEDOVE, presidente, ricorda che l'ordine del giorno reca l'esame di una richiesta di deliberazione in materia d'insindacabilità che scaturisce da un procedimento penale nei confronti della deputata Vincenza Bruno Bossio, pendente presso il tribunale di Cosenza (procedimento n. 1156/2017 RGNR – n. 2326/17 RG GIP) (Doc. IV-ter, n. 18). Si tratta di una richiesta pervenuta dall'autorità giudiziaria il 21 giugno 2019, sulla quale ha affidato l'incarico di relatore al deputato Eugenio Saitta.
  Invita quindi il relatore a illustrare la questione alla Giunta.

  Eugenio SAITTA (M5S), relatore, riferisce che il documento in titolo riguarda un procedimento penale pendente presso il Tribunale di Cosenza, originato da una denuncia-querela nei confronti della deputata Vincenza Bruno Bossio, da parte di Leonardo Sacco, legale rappresentante della Misericordia di Isola di Capo Rizzuto, ente gestore del Centro d'accoglienza per richiedenti asilo (CARA) di Sant'Anna di Isola di Capo Rizzuto (KR), per il reato di diffamazione di cui all'art. 595, secondo e terzo comma, del codice penale. La richiesta è pervenuta in data 21 giugno 2019 dal Tribunale di Cosenza – Ufficio GIP-GUP, dopo che il giudice per le indagini preliminari, con ordinanza del 13 giugno 2019, ha ritenuto infondata l'eccezione di insindacabilità ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione sollevata dall'indagata e ha sospeso il procedimento, disponendo la trasmissione di copia degli atti alla Camera dei deputati. La domanda riguarda il post pubblicato sulla pagina Facebook dell'on. Bruno Bossio in data 5 luglio 2015 con il seguente contenuto: «Guardate chi usa le porcherie di Pollichieni per attaccarmi: il capo del Cara di Crotone, er Buzzi de noantri. Onorata di tanta attenzione! Ancora non ho finito di indagare su come gestisci gli immigrati. Verrò presto a farti visita». Tale post farebbe riferimento al precedente, pubblicato dal querelante, con Pag. 10il quale egli aveva condiviso l'articolo della testata corrieredellacalabria.it dal titolo «Rimborsopoli. Ecco perché si può parlare di Adamopoli», concernente il marito dell'on. Bruno Bossio, Nicola Adamo. Nel testo pubblicato dalla deputata Bruno Bossio, il querelante Sacco rilevava contenuti diffamatori e minacciosi nei suoi confronti. La diffamazione discenderebbe dall'accostamento del querelante alla figura di Salvatore Buzzi, arrestato nell'inchiesta cd. «Mafia capitale» in relazione anche alla gestione dei centri di accoglienza degli immigrati; la minaccia dall'espressione «verrò presto a farti visita», giudicata dal Sacco una «esplicita minaccia» di iniziative ispettive, nella qualità di deputata o anche di componente della Commissione parlamentare antimafia, ispirate da «personalismo e non da esigenze istituzionali e, come tali, espressione di una illegittima strumentalizzazione del ruolo per finalità private». Leonardo Sacco ha sporto quindi, in data 25 luglio 2015, denuncia-querela contro la deputata Bruno Bossio per i reati di diffamazione e di minaccia.
  Dagli atti presenti nel fascicolo trasmesso alla Camera dei deputati emergono anzitutto le seguenti circostanze: il pubblico ministero della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Crotone ha ravvisato la propria incompetenza territoriale per il reato di diffamazione e chiesto l'archiviazione della denuncia, non rilevando gli estremi della minaccia nell'espressione «verrò presto a farti visita» profferita da un parlamentare, che «non assume connotati che lascerebbero temere condotte antigiuridiche»; il giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Crotone ha disposto la restituzione degli atti per incompetenza territoriale su entrambe le ipotesi delittuose, individuando la competenza del Tribunale di Cosenza, luogo di residenza e domicilio dell'indagata; il pubblico ministero della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cosenza ha chiesto due volte l'archiviazione sia per il reato di minaccia sia per quello di diffamazione, rilevando per quest'ultimo, in un primo momento, che non fosse possibile per «il comune lettore dirigere la portata lesiva» delle affermazioni della deputata Bruno Bossio «verso il Sacco Leonardo non essendoci alcun riferimento alla sua persona» e, successivamente, che le frasi «critiche» espresse dall'on. Bruno Bossio «possono essere identificate come espressione dell'esercizio di critica politica»; il giudice delle indagini preliminari presso il Tribunale di Cosenza ha ritenuto invece fondata la querela per il delitto di cui all'art. 595, comma terzo, del codice penale in relazione all'espressione «il capo del Cara di Crotone, er Buzzi de noantri», da egli qualificata come «oggettivamente offensiva», rilevando che non possano sussistere dubbi con l'identificazione del destinatario dell'offesa, vale a dire il «capo del CARA di Crotone», che all'epoca dei fatti era il querelante, in quanto legale rappresentante dell'ente Misericordia di Isola Capo Rizzuto, soggetto gestore del Centro di accoglienza dei richiedenti asilo di S. Anna di Isola Capo Rizzuto.
  Sottolinea poi che nelle premesse dell'ordinanza del GIP di Cosenza si dà conto di un'interrogazione a risposta scritta presentata dalla deputata Bruno Bossio in data 26 marzo 2015 (nell'ordinanza è scritto per errore 2016), prima quindi della pubblicazione del post ritenuto diffamatorio. Rileva che il GIP ha considerato il fatto che il citato atto di sindacato ispettivo precede nel tempo quello che egli definisce «lo scritto diffamatorio», ma in proposito ha tuttavia ritenuto che «le pur circostanziate osservazioni critiche alla gestione del “CARA di Crotone” di cui all'interrogazione (...) non contengono alcun riferimento in relazione alla persona del legale rappresentante dell'Ente Misericordia di Isola Capo Rizzuto né, tantomeno, a collegamenti di questi con la criminalità organizzata di stampo mafioso» e che l'interrogazione «si sofferma su talune “criticità” relative al sovraffollamento del centro di accoglienza, a problematiche attinenti alla carenza di igiene, a carenze strutturali, alla insufficienza di personale, alle inettitudini professionali degli operatori, nonché ad inadempimenti contrattuali».
  Fa presente che, sempre nelle premesse all'ordinanza, si legge che «a seguito delle Pag. 11indagini ordinate dal sottoscritto decidente, il Presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, ha testualmente dichiarato quanto segue: “nel corso della XVII legislatura (...) non risultano atti formali o tipici prodotti dall'on. Vincenza Bruno Bossio, né risultano dichiarazioni, richieste o proposte, concernenti atti tipici dell'inchiesta parlamentare riferibili (...) alla ispezione avvenuta al centro di accoglienza richiedenti asilo ‘S. Anna’ di Isola di Capo Rizzuto (KR)”».
  Ritiene quindi opportuno svolgere due considerazioni su quanto riferito nelle premesse dell'ordinanza del GIP di Cosenza. La prima si riferisce alla comunicazione del Presidente della Commissione antimafia della presente XVIII legislatura, riassunta nell'ordinanza e allegata in copia al fascicolo degli atti trasmessi dal Tribunale di Cosenza alla Camera, sull'assenza di atti tipici dell'on. Bruno Bossio svolti nella medesima Commissione nel corso della XVII legislatura. In proposito rileva che, tra gli atti del fascicolo trasmesso alla Camera, vi è anche il resoconto dell'audizione del 20 ottobre 2015 in Commissione antimafia del prefetto Mario Morcone, allora a capo del dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno. Nel corso dell'audizione l'on. Bruno Bossio parlò del CARA di Sant'Anna di Isola di Capo Rizzuto, riferendosi in particolare alla società fornitrice del servizio di catering e ai suoi rapporti con una precedente società ai cui titolari era stato sospeso il certificato antimafia, e riferì di una visita da lei effettuata al CARA stesso, sostenendo che il sig. Sacco non avrebbe gradito la presenza di alcune persone che la accompagnavano.
  Precisa che l'audizione del prefetto Morcone ebbe luogo in una data successiva a quella di pubblicazione del post su Facebook e che gli interventi della deputata Bruno Bossio nel corso di quella audizione non possono perciò essere gli atti tipici alla base delle dichiarazioni poi oggetto di querela; rimarca però il fatto che la visita al CARA si svolse in una data precedente sia a quella dell'audizione sia a quella di pubblicazione del post.
  In merito alla questione se la visita di un parlamentare sia da considerare come atto tipico dell'attività parlamentare, osserva che: l'articolo 19 del decreto-legge n. 13 del 2017, convertito dalla legge n. 46 del 2017 – che ha stabilito che nei centri di permanenza per i rimpatri (ex CIE) si applicano le disposizioni di cui all'articolo 67 della legge 26 luglio 1975, n. 354, in base alla quale i parlamentari hanno diritto di accedere agli istituti penitenziari – è successivo alla vicenda che la Giunta è chiamata ad esaminare; i centri di accoglienza per richiedenti asilo (CARA) sono strutture diverse dagli ex CIE sebbene entrambe facenti parti del medesimo sistema di accoglienza e di identificazione dei migranti, come testimoniato dall'apposita Commissione monocamerale d'inchiesta istituita alla Camera nella scorsa legislatura, che si occupava delle condizioni di trattenimento dei migranti tanto nei CARA quanto negli ex CIE; il tema dell'accesso dei parlamentari alle strutture di accoglienza dei migranti si è posto indubbiamente anche in epoca anteriore alla vicenda in esame, basti pensare che la deliberazione sull'istituzione della citata Commissione monocamerale d'inchiesta è del 17 novembre 2014.
  Svolge quindi considerazioni in merito all'interrogazione n. 4-08566, presentata dall'on. Bruno Bossio in data precedente alla pubblicazione del post su Facebook, e alle valutazioni del GIP sul suo contenuto. Al riguardo rileva che nelle premesse dell'interrogazione, che contiene diversi rilievi critici concernenti la gestione del CARA di Isola di Capo Rizzuto, si dà conto di una visita al predetto centro effettuata il 22 maggio 2015 dalla parlamentare – accompagnata da altri esponenti politici tra cui un altro deputato – e sono citati un'inchiesta apparsa sulla testata «Repubblica.it» il 6 maggio 2014 e un articolo de «L'Espresso online» del 2 marzo 2015, che richiamava una precedente inchiesta della medesima testata.
  Non vi è dubbio che l'interrogante Bruno Bossio abbia mosso pesanti critiche alla gestione del CARA, rilevate anche dal GIP Pag. 12di Cosenza, il quale però non sembra avere posto attenzione agli altri aspetti sopra evidenziati: la visita dei parlamentari e il rinvio ad articoli di stampa online. Riferisce che l'inchiesta di Repubblica.it, che è ancora reperibile su internet, riguarda la gestione di diversi centri di accoglienza e si conclude con la seguente domanda: «infine, i soldi del pocket money, che nel solo Cara di Isola Capo Rizzuto ammontano a due milioni euro, stanziati dallo Stato e non erogati a chi ne aveva diritto, dove sono finiti?». Sottolinea che nell'articolo dell'Espresso on line del 2 marzo 2015, tuttora reperibile su internet come la precedente inchiesta del 26 febbraio 2015 della stessa testata, si riferisce che nei giorni precedenti si sarebbe verificata un'incetta nelle edicole di Crotone e Isola di Capo Rizzuto dell'ultimo numero dell'Espresso, segnalata dai lettori, che la attribuivano «alla presenza di una notizia “scomoda” che era stata pubblicata sul sito internet dell'Espresso il giovedì e che evidentemente qualcuno temeva potesse essere stata pubblicata anche sulla versione cartacea in edicola il giorno successivo»; la notizia «scomoda», prosegue l'articolo, sarebbe stata l'inchiesta del 26 febbraio 2015 che «ricostruisce punto per punto tutti gli affari delle Misericordie di Isola Capo Rizzuto». L'inchiesta in questione, intitolata «Centri di accoglienza, per la Misericordie Srl un impero da Isola Capo Rizzuto a Lampedusa», riferisce della composizione societaria della «Misericordia crotonese» e ne illustra le attività e le partecipazioni economiche; evidenzia che nell'inchiesta il sig. Sacco è citato come «Vicepresidente nazionale delle Misericordie con delega all'immigrazione» e «governatore dell'organizzazione di Isola Capo Rizzuto». Evidenzia inoltre che nella medesima inchiesta si dà conto di una lettera indirizzata dall'eurodeputata Laura Ferrara al prefetto di Crotone, nella quale si chiedeva «chi fornisce e controlla i beni erogati dall'ente gestore come “pocket money”» e si riferiva che «questo sistema, è apparso alla Ferrara “ai confini della legalità”». Rileva che la domanda con la quale si conclude l'inchiesta del quotidiano la Repubblica, che allude alla distrazione di fondi pubblici destinati al CARA il cui responsabile era il querelante, e la definizione di «ai confini della legalità» del sistema di erogazione del cosiddetto pocket money agli ospiti del medesimo CARA, contenuta nell'articolo dell'Espresso, sembrerebbero conferire all'interrogazione – che rimanda a tali fonti giornalistiche – un contenuto ulteriore rispetto a quello sintetizzato dal GIP nell'ordinanza. In conclusione, rileva che non si possa prescindere dalla valutazione dagli elementi testé illustrati per valutare se l'interrogazione in questione sia un atto presentato in sedi parlamentari proprie dalla deputata Bruno Bossio con un legame di tipo funzionale rispetto al post su Facebook che ha dato origine alla denuncia-querela.
  Segnala anche l'esistenza di un'altra interrogazione precedente alle affermazioni oggetto della querela del sig. Sacco. Si tratta dell'interrogazione a risposta scritta in commissione n. 5-03810, presentata il 16 ottobre 2014, nella quale è scritto che la gestione del CARA di Isola Capo Rizzuto «è stata già oggetto di controversie e perplessità sollevate dalla sottoscritta dopo una visita al centro conseguente alla documentata inchiesta giornalistica curata da Raffaella Cosentino e Alessandro Mezzaroma ed apparsa su Repubblica.it il 6 maggio 2014, con il titolo “Milioni sulla pelle dei rifugiati”» (si tratta sempre dell'inchiesta citata nell'interrogazione valutata dal GIP).
  Fa presente che resta, infine, da valutare se la visita effettuata al centro di accoglienza in data antecedente alla pubblicazione delle affermazioni ritenute diffamatorie possa essere considerato come atto tipico dell'attività parlamentare. Al riguardo, osserva che proprio la legge n. 140 del 2003 prevede, all'articolo 3, comma 1, che l'articolo 68, primo comma, della Costituzione si applica anche per ogni attività di ispezione, di divulgazione, di critica e di denuncia politica, connessa alla funzione di parlamentare, espletata anche fuori del Parlamento. Rileva, a tale proposito, che nel concetto di ispezione ben può rientrare la visita a un determinato luogo per prendere direttamente contezza del suo stato o di quanto vi avvenga, in via propedeutica alla Pag. 13presentazione di un atto tipico, così come poi effettivamente avvenuto nel caso in esame. Tanto premesso, si riserva di avanzare una proposta all'esito dell'audizione dell'interessata e del dibattito che ne seguirà.

  Andrea DELMASTRO DELLE VEDOVE, presidente, sottolinea che dalla relazione svolta dal deputato Saitta emerge che prima della pubblicazione del post contestato erano state presentate due interrogazioni dall'on. Bruno Bossio sulla gestione del CARA di Isola di Capo Rizzuto e che, sempre prima della citata pubblicazione, vi era anche stata una ispezione, da parte della deputata, nel medesimo centro.

  Pietro PITTALIS (FI) rileva che dalla vicenda emergono aspetti meritevoli di approfondimento sotto ogni profilo; desta in particolare preoccupazione che, da parte di chi esercita funzioni giurisdizionali, sia stata ignorata una chiara prerogativa della deputata.

  Andrea DELMASTRO DELLE VEDOVE, presidente, auspica che la relazione della Giunta sul documento in titolo possa costituire l'occasione per definire il perimetro e l'estensione di fondamentali funzioni parlamentari. Comunica inoltre che provvederà, ai sensi dell'articolo 18 del Regolamento della Camera, a invitare l'interessata a fornire i chiarimenti che ritenga opportuni, personalmente in audizione innanzi alla Giunta o tramite l'invio di note difensive.

Comunicazioni del Presidente.

  Andrea DELMASTRO DELLE VEDOVE, presidente, comunica che, in data 9 aprile 2021, il Presidente della Camera ha trasmesso alla Giunta, per quanto di competenza, una lettera dell'avvocato Giampaolo Cicconi, in qualità di difensore dell'on. Vittorio Sgarbi, con la quale si chiede una pronuncia della Giunta sull'insindacabilità di opinioni espresse dal deputato Sgarbi. Nella lettera, l'avvocato Cicconi segnala che il giudice del tribunale di Macerata ha emesso in data 6 aprile 2021 sentenza di condanna del suo assistito in una causa civile che vedeva contrapposti l'on. Sgarbi e il sig. Alex Marini, consigliere della provincia di Trento iscritto al gruppo M5S. Riferisce che l'avvocato precisa che il giudice ha pronunciato la citata sentenza senza aver prima trasmesso gli atti alla Camera, malgrado la tempestiva eccezione sollevata dall'on. Sgarbi, il quale «aveva chiesto al tribunale di Macerata, ove avesse ritenuto infondata l'eccezione di cui all'art. 68, primo comma, della Costituzione, la trasmissione, in ogni caso, di tutti gli atti alla Camera dei deputati». Riferisce che il giudice ha così argomentato: è «palesemente infondato il richiamo all'art. 68 Cost., non avendo nel caso di specie l'attore manifestato opinioni nell'esercizio delle proprie funzioni di parlamentare». Sottolinea che appare palesemente erroneo che il giudice, ritenendo di non accogliere l'istanza di insindacabilità, non abbia trasmesso gli atti alla Camera, atteso che l'articolo 3, commi 4 e 5, della legge n. 140 del 2003 dispone che, qualora il giudice non ritenga di accogliere l'eccezione di applicabilità dell'articolo 68 della Costituzione formulata da una delle parti, debba sospendere il procedimento e trasmettere senza ritardo gli atti alla Camera di appartenenza del parlamentare.
  Il legale dell'on. Sgarbi chiede dunque che la Giunta per le autorizzazioni possa «con urgenza» mettere all'ordine del giorno la pronuncia sull'applicabilità della prerogativa di cui all'articolo 68 della Costituzione al caso da lui sollevato, «dovendo il suo assistito interporre appello avverso la citata sentenza». Osserva che quanto accaduto e segnalato dall'avvocato Cicconi appare essere una lesione di una prerogativa della Camera dei deputati, ma che, d'altra parte, affinché la Giunta per le autorizzazioni possa deliberare in merito alla insindacabilità delle opinioni espresse dal deputato Sgarbi, è necessario che vi sia in corso un procedimento giurisdizionale. Ricorda infatti che la richiesta di pronuncia in ordine alla insindacabilità può essere sottoposta alla Camera dal giudice oppure direttamente dal deputato, a norma dell'articolo 3, comma 7, della legge n. 140 del Pag. 142003, se «assume che il fatto per il quale è in corso un procedimento giurisdizionale di responsabilità nei suoi confronti» concerne i casi previsti dalla legge stessa. Pertanto, affinché la Giunta prima e l'Assemblea poi se ne occupino per deliberare sulla sussistenza o meno dell'insindacabilità delle affermazioni dell'on. Sgarbi appare necessario che lo stesso deputato, per il tramite del suo legale, interponga appello avverso la sentenza del tribunale di Macerata. In conclusione, poiché il deputato Sgarbi ha comunque annunciato l'intenzione di proporre appello, si riserva di trasmettere copia del resoconto della presente seduta all'on. Sgarbi, nonché all'avvocato Cicconi, invitandoli a rendere noto se l'appello sia già stato effettivamente presentato ovvero comunicare se e quando verrà presentato. Osserva che, in pendenza di un nuovo procedimento giudiziario, la Giunta potrà occuparsi della deliberazione sull'insindacabilità delle dichiarazioni contestate, sempre che anche il giudice di secondo grado non dovesse accogliere l'istanza di insindacabilità che certamente l'on. Sgarbi riproporrà nel nuovo grado di giudizio. Ricorda che la richiesta di deliberazione potrà in tal caso pervenire o per iniziativa del deputato interessato oppure, auspicabilmente, dell'autorità giudiziaria.

  Pietro PITTALIS (FI) rileva che nel caso in esame appare esservi stata una violazione di legge piuttosto grave.

  Eugenio SAITTA (M5S) precisa che, per quanto a suo conoscenza, il giudizio civile è stato iniziato dall'on. Sgarbi, il quale è stato poi condannato a seguito di domanda riconvenzionale da parte del convenuto.

  Alfredo BAZOLI (PD) fa presente, anche alla luce della precisazione del deputato Saitta, che nei procedimenti giudiziari in cui venga in rilievo l'applicazione di una prerogativa parlamentare vi è il rischio di una asimmetria processuale, di cui occorre tener conto, tra il deputato, in questo caso attore, e il comune cittadino, in questo caso convenuto, il quale può vedere opposta alla sua domanda riconvenzionale l'eccezione di insindacabilità da parte del deputato.

  Andrea DELMASTRO DELLE VEDOVE, presidente, sottolinea che, al di là di considerazioni di merito, vi è una questione di procedura; ricorda infatti che, per legge, il giudice avrebbe dovuto in ogni caso trasmettere gli atti alla Camera, a prescindere da chi fosse l'attore e chi il convenuto.

  Ingrid BISA (LEGA) ricorda che non è permesso, a un organo diverso dalla Camera, decidere sull'applicazione dell'articolo 68 della Costituzione. Rileva che, in entrambi i casi posti oggi all'attenzione della Giunta, la magistratura non ha rispettato il limite che la legge pone alla sua azione.

  Manuela GAGLIARDI (MISTO-C!-PP) concorda e prospetta in via generale l'esigenza di una valutazione sull'opportunità di un intervento nelle competenti sedi istituzionali per segnalare le criticità derivanti dal mancato rispetto delle prerogative parlamentari da parte della magistratura.

  Alfredo BAZOLI (PD) ritiene che i due casi oggi in esame presentino profili diversi. In particolare, per quanto riguarda il caso del deputato Sgarbi, occorre considerare adeguatamente che, ferme restando le considerazioni sul metodo, sul piano del merito viene in evidenza anche una questione già rilevata dalla Corte costituzionale, e cioè il rischio di disparità di trattamento delle posizioni processuali tra un deputato e un privato cittadino.

  Andrea DELMASTRO DELLE VEDOVE, presidente, osserva che la disparità paventata dall'on. Bazoli è in realtà una prerogativa sancita dalla Costituzione. Ribadisce che, in ogni caso, valutazioni analoghe a quelle testé svolte dall'on. Bazoli avrebbero potuto essere fatte in Giunta, se fosse pervenuta la richiesta di deliberazione sull'insindacabilità, oppure dal giudice nel merito, ma che, comunque, la Giunta avrebbe dovuto essere messa nelle condizioni di deliberare sulla insindacabilità, valutando Pag. 15anche la presenza di eventuali atti tipici dell'attività parlamentare dell'on. Sgarbi riferiti alla questione dedotta in giudizio; ribadisce che in nessun caso il giudice poteva decidere di non trasmettere gli atti.

  Silvia COVOLO (LEGA) osserva che, nei due casi oggi esaminati dalla Giunta, i giudici non si sono limitati a fare valutazioni che a loro non competevano, ma si sono del tutto sostituiti all'operato della Giunta. Nell'ordinanza sulla vicenda della deputata Bruno Bossio si potrebbe ravvisare persino un aspetto tendenzioso, volto a precostituire il giudizio della Giunta, che perciò andrebbe segnalato a chi di competenza. Per quanto riguarda la questione sollevata dal legale dell'on. Sgarbi, ritiene che, più che per proporre appello, vi possano essere i presupposti per la revocazione della sentenza: infatti il giudice ha l'obbligo di rivolgersi alla Camera in ogni caso, sia quando il deputato è l'attore sia quando è il convenuto. Evidenzia quindi il rischio di commistione tra il ruolo della giustizia e quello della politica, con effetti di grave lesione delle prerogative parlamentari.

  Andrea DELMASTRO DELLE VEDOVE, presidente, non essendovi ulteriori richieste di intervento, dichiara conclusa la seduta.

  La seduta termina alle 9.55.