CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 28 ottobre 2020
460.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
Pag. 14

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

  Mercoledì 28 ottobre 2020. — Presidenza del presidente Giuseppe BRESCIA. – Interviene il viceministro dell'Interno Vito Claudio Crimi.

  La seduta comincia alle 13.45.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, avverte che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

5-04851 Fornaro: Sulle attività dei movimenti di estrema destra volte ad alimentare la tensione sociale e a favorire atti di violenza e vandalismo nel quadro dell'emergenza Covid.

  Federico FORNARO (LEU) illustra l'interrogazione in titolo, rilevando come da tempo le cronache segnalino la presenza di gruppi dell'estrema destra e neofascisti in scontri e violenze. Il 23 ottobre 2020, uno di questi, Forza Nuova, ha rivendicato la sua presenza in azioni vandaliche e di intimidazione verso i giornalisti a Napoli e Roma. Al riguardo osserva come i movimenti di estrema destra si organizzano sul web, in particolare sui social, per infiltrarsi nelle manifestazioni organizzate dalle categorie colpite dalla crisi Covid. Al riguardo rileva che su Telegram è presente la «Rete dei patrioti», movimento di estrema destra che raggruppa diversi movimenti e circoli locali, ispirati al neofascismo, razzismo e nazionalismo, al quale hanno aderito ventinove sigle, presenti in Lombardia, Veneto, Campania, Puglia, Sicilia e Calabria. Il loro manifesto è diviso in otto punti: dalla creazione dello «Stato nuovo», fino alle «Forze armate, baluardo della Patria e dell'interesse nazionale».
  A Roma l'estrema destra sta tentando di porsi a capo del movimento no-mask. Durante il lockdown una decina di militanti di Forza nuova hanno cercato di forzare il divieto di movimento, presentandosi a piazza Santa Maria Maggiore, dove sono stati fermati dalla Digos. Negli ultimi mesi i movimenti dell'estrema destra e del neofascismo sono stati presenti alle manifestazioni organizzate dai gruppi contrari alle misure di contenimento della pandemia. Considera pertanto evidente una strategia di questi movimenti per alimentare la tensione sociale e favorire atti di violenza e vandalismo oltre a infrangere le norme in atto per il contenimento della pandemia.
  In proposito ricorda che in passato è stato possibile pervenire allo scioglimento di organizzazioni che a parere dell'interrogante presentano analogie con i movimenti in questione, come Ordine nuovo (nel 1973) e Avanguardia Nazionale (nel 1976).
  In tale contesto l'interrogazione chiede quali iniziative la Ministra interrogata intenda adottare per quanto di competenza, per monitorare con la massima attenzione e prevenire le azioni di questi gruppi le cui azioni e ideologia li pongono al di fuori dei princìpi costituzionali.

  Il Viceministro Vito Claudio CRIMI risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 1).

  Federico FORNARO (LEU), nel ringraziare il rappresentante del Governo per la Pag. 15risposta, che giudica puntuale, fa notare che l'interrogazione – la quale non intende certamente mettere in discussione la libertà di manifestare il proprio dissenso, che giudica assolutamente legittima e da salvaguardare – mira a segnalare una preoccupante evoluzione nell'azione di certi gruppi dell'estrema destra, che sembra ispirata da una logica che ricorda esperienze del passato, essendo mirata all'elaborazione di una strategia eversiva contro lo Stato. Ritiene emblematiche, da questo punto di vista, alcune affermazioni pubbliche rese dal segretario di Forza Nuova, che sembrano evocare una vera e propria dichiarazione di guerra contro lo Stato.
  Ritiene importante, dunque, tornare a sollecitare il Governo a monitorare con attenzione la situazione e a valutare se non vi siano le condizioni per giungere allo scioglimento di certe organizzazioni di tipo eversivo, così come avvenne nei confronti di Ordine nuovo nel 1973 e di Avanguardia Nazionale nel 1976, che presentavano analogie con le organizzazioni richiamate nell'interrogazione.

5-04852 Sisto e Vietina: Sulle modalità di svolgimento delle riunioni dei consigli comunali, delle giunte e delle commissioni a seguito delle disposizioni contenute nel DPCM 24 ottobre 2020.

  Simona VIETINA (FI) illustra l'interrogazione in titolo, di cui è cofirmataria, osservando che nel DPCM del 24 ottobre 2020, recante ulteriori misure per il contrasto e il contenimento dell'emergenza COVID-19, tra le varie misure intraprese, l'articolo 1 comma 9, lettera o), stabilisce che «nell'ambito delle pubbliche amministrazioni le riunioni si svolgano in modalità a distanza, salvo la sussistenza di motivate ragioni; è fortemente raccomandato svolgere anche le riunioni private in modalità a distanza».
  Rileva come sul punto, stante l'assenza di linee guida e di chiarimenti in merito, si stia generando una notevole confusione nelle amministrazioni comunali circa le modalità di svolgimento dei consigli comunali, delle giunte e delle commissioni. Al riguardo ricorda il decreto-legge n. 18 del 2020, all'articolo 73, comma 1, prevede che i consigli comunali, che non abbiano regolamentato modalità di svolgimento delle sedute in videoconferenza, possono riunirsi secondo tali modalità, nel rispetto di criteri di trasparenza e tracciabilità previamente fissati dal Presidente del consiglio, [...] purché siano individuati sistemi che consentano di identificare con certezza i partecipanti.
  Rileva come il Ministero dell'interno, Dipartimento per gli affari interni e territoriali, con parere dell'11 giugno 2020 ha precisato che «se è vero che il legislatore non ha imposto alcun obbligo ai consigli comunali di riunirsi in modalità da remoto, è altresì vero che è data la facoltà ad essi di decidere se riunirsi in tale modalità per tutta la durata dell'emergenza pandemica. Pertanto, spetta all'autonomia dei consigli stessi decidere in ordine alla opportunità di tornare a riunirsi in presenza prima della cessazione dello stato di emergenza e fermo restando il rispetto del distanziamento sociale previsto dalle normative emergenziali attualmente vigenti».
  In tale contesto l'interrogazione chiede se il Ministro interrogato, in considerazione di quanto riportato in premessa, non intenda fornire gli opportuni chiarimenti in merito alle modalità di svolgimento dei consigli comunali, delle giunte e delle commissioni.

  Il Viceministro Vito Claudio CRIMI risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 2).

  Simona VIETINA (FI) prende atto con soddisfazione come il Governo non ritenga che nell'espressione «riunioni delle pubblicazioni amministrazioni» rientrino quelle degli organi collegiali di governo degli enti locali, dal momento che sarebbe stato inconcepibile imporre in tal caso l'obbligo di riunione a distanza per organi democratici, per consentire le sedute dei quali, a suo avviso, occorre semplicemente incrementare le condizioni di sicurezza.
  Reputa, in ogni caso, che le considerazioni svolte dal rappresentante del Governo – a proposito della possibilità di far svolgere Pag. 16 certi riunioni in presenza, nel rispetto delle regole di distanziamento – debbano stimolare una seria riflessione circa certe scelte assunte di recente dall'Esecutivo in carica nell'attuale situazione di emergenza epidemiologica. Considera infatti paradossale che si consenta di lavorare in presenza solo in alcuni casi e non in altri, ricordando, ad esempio, che si è imposta la chiusura di certi esercizi pubblici operanti in alcuni settori, determinando un grave danno ad aziende che avevano fatto il possibile per adeguare le proprie strutture ai protocolli previsti per l'emergenza sanitaria.
  Si chiede, peraltro, chi ristorerà tali imprese, incluse quelle ancora aperte, sulle quali ritiene ricadranno inevitabilmente le conseguenze di certe decisioni. Sarebbe stato invece necessario, a suo avviso, implementare certe misure di sicurezza, ad esempio velocizzando il tracciamento dei contagi ed aumentando i controlli sanitari, piuttosto che imporre chiusure che si ripercuoteranno negativamente su lavoratori e imprese.

5-04853 Iezzi ed altri: Sull'utilizzo come luogo di culto islamico e come scuola araba di un locale sito nello stabile di via Ricciarelli 43 a Milano.

  Igor Giancarlo IEZZI (LEGA) illustra la sua interrogazione, osservando come presso lo stabile sito in via Ricciarelli n. 43 a Milano, ormai da alcuni mesi, un locale che si trova nel piano seminterrato del fabbricato, venga utilizzato da persone estranee al condominio come «scuola araba» e «luogo di culto islamico».
  Come riferito dettagliatamente in uno dei tanti esposti dei condomini, inviati, tra gli altri, anche al Prefetto di Milano, alla fine del mese di giugno 2020, da un giorno all'altro, gli stessi hanno cominciato a notare nel locale seminterrato persone estranee allo stabile che comunicavano tra loro in lingua araba, intenti a sistemare il locale seminterrato con la posa di tappeti, i quali riferivano dell'intento di aprire al suo interno una «scuola araba per bambini» e dell'avvenuta locazione del locale a tale scopo. Qualche giorno dopo, nonostante i richiami dell'amministrazione sul mancato rispetto del regolamento condominiale, venne dato inizio ad attività all'interno del locale e da allora è cominciato il via vai continuo di estranei, sia adulti sia bambini, tutti i giorni e ad ogni ora, mentre in serata con l'uso di tendaggi a limitazione della vista si sentono ancora oggi distintamente cori in lingua araba e capita di intravedere raggruppamenti consistenti di uomini in preghiera. Secondo la normativa in vigore il locale in questione non ha infatti i requisiti per essere adibito a «scuola» o «luogo di culto» ed anzi, in quanto locale seminterrato, è fatto espressamente divieto di destinarlo a tali usi.
  Sotto il profilo della sicurezza considera evidente che l'ingresso e la circolazione incessante di estranei nel cortile condominiale ad ogni ora del giorno e della notte espone i condomini residenti a rischi per la propria incolumità e per la propria salute, stante i continui assembramenti all'interno e nelle immediate vicinanze del locale, in palese contrasto con le disposizioni dettate per il contenimento dell'emergenza epidemiologica da Covid-19. Nonostante le numerose segnalazioni al riguardo, tuttavia ancora oggi viene consentito l'uso di tale locale a luogo di culto e scuola islamica, in palese contrasto con la normativa vigente.
  In tale contesto l'interrogazione chiede quali iniziative abbia già avviato o intenda assumere il Ministro interrogato nell'immediato, per quanto di competenza, al fine di risolvere la situazione venutasi a creare all'interno dello stabile di via Ricciarelli a Milano, con particolare riguardo al ripristino dello stato dei luoghi e al rispetto della normativa vigente, nonché per verificare se sussistano collegamenti con organizzazioni di estremismo e integralismo islamico.

  Il Viceministro Vito Claudio CRIMI risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 3).

  Igor Giancarlo IEZZI (LEGA), nel replicare, pur ringraziando il rappresentante del Governo per la risposta fornita, fa notare che permangono dubbi forti circa la Pag. 17situazione di sicurezza e legalità dello stabile indicato nell'interrogazione, facendo pensare che sussistano ancora rischi per gli abitanti di quei luoghi. Fa notare infatti che non è stata fornita alcuna risposta certa il rispetto delle norme da parte dell'associazione operante in quell'edificio, essendo peraltro ancora al vaglio delle autorità la sussistenza dei relativi permessi in relazione alla destinazione d'utilizzo di quel locale seminterrato, che risulta attualmente adibito a «scuola» o «luogo di culto» – peraltro frequentato anche da bambini – in violazione delle normative vigenti.
  Dopo aver rilevato altresì che rimane incertezza circa la presenza di eventuali collegamenti con organizzazioni di estremismo e integralismo islamico, ritiene inammissibile che certi soggetti dediti all'insegnamento del Corano possano operare in simili condizioni, soprattutto in un periodo storico come quello attuale, caratterizzato dall'emergenza sanitaria.
  Auspica, dunque, che oltre ai controlli, si proceda a un intervento diretto delle autorità e delle forze dell'ordine, ricordando, peraltro, che delle scuole coraniche Milano non conserva un buon ricordo, alla luce di esperienze passate che condussero a serie problematiche di sicurezza.

5-04854 Ceccanti ed altri: Sull'infiltrazione della criminalità organizzata, di frange di ultras e di gruppi di estrema destra nelle manifestazioni di protesta contro le misure di prevenzione della pandemia da Sars-Cov-2.

  Carmelo MICELI (PD), in qualità di cofirmatario, illustra l'interrogazione in titolo, facendo notare come le misure restrittive adottate con l'obiettivo di contenere la curva di aumento dei contagi da Sars-Cov-2, il cui andamento è molto preoccupante in Italia e in tutti i Paesi europei, stiano provocando ovunque difficili conseguenze di ordine economico e sociale. Osserva peraltro come nel nostro Paese tali misure sono sempre state accompagnate da provvedimenti di sostegno e, anche per quanto riguarda l'ultimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 ottobre 2020, il Governo garantirà, ai settori colpiti, aiuti diretti e immediati sui conti correnti. Rileva, tuttavia, come sia evidente e comprensibile la sofferenza di chi deve chiudere la propria attività, di chi ha paura per il proprio lavoro, di chi non riesce più ad arrivare alla fine del mese e ha il diritto a rappresentare pacificamente il proprio dissenso.
  Contestualmente all'annuncio delle nuove misure, si sono svolte in varie piazze d'Italia, a cominciare da Napoli, ma anche in altre città, da Torino a Roma, Salerno e Catania, manifestazioni che spesso sono sfociate nella violenza. Già nell'ultimo rapporto semestrale della Direzione investigativa antimafia era stato del resto evidenziato che «le organizzazioni criminali hanno tutto l'interesse a fomentare episodi di intolleranza urbana, strumentalizzando la situazione di disagio economico per trasformarla in protesta sociale, specie al Sud. Parallelamente, le organizzazioni si stanno proponendo come welfare alternativo a quello statale, offrendo generi di prima necessità e sussidi di carattere economico».
  Osserva come, nel corso delle varie manifestazioni sfociate in violenza, parrebbe che le bande che hanno attaccato le forze dell'ordine siano riconducibili a gruppi infiltrati che fanno capo ad organizzazioni criminali o a frange estremiste di ultras e di gruppi politici dell'estrema destra, con la volontà di cavalcare e sfruttare, anche in modo organizzato, tali legittime manifestazioni di protesta, da parte di gruppi che invitano a violare le leggi e a sovvertire lo Stato di diritto. Sottolinea in merito come lo Stato debba impedire il caos e difendere il diritto di chi vuole manifestare in piazza pacificamente senza infiltrazioni da parte di chi vuole strumentalmente cavalcare la disperazione con scopi eversivi.
  In tale contesto l'interrogazione chiede al Ministro interrogato elementi conoscitivi circa gli scontri avvenuti nelle piazze all'indomani dell'adozione delle misure restrittive e quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, affinché le legittime manifestazioni di dissenso non diventino ostaggio della criminalità organizzata, di frange di ultras e gruppi di estrema Pag. 18destra finalizzati a far degenerare l'emergenza sociale in un problema di ordine e sicurezza pubblica.

  Il Viceministro Vito Claudio CRIMI risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 4).

  Carmelo MICELI (PD), nel ringraziare il rappresentante del Governo, si dichiara rassicurato dalla sua risposta, che testimonia la massima attenzione del Governo rispetto ai fenomeni descritti nell'interrogazione in titolo.
  Nel ritenere che il diritto di manifestare il proprio pensiero sia sacro, fa notare come, proprio a difesa di coloro che legittimamente e in forme democratiche esprimono il proprio dissenso, occorre evitare che tali manifestazioni siano oggetto di strumentalizzazione da parte di organizzazioni criminali, che ambiscono a sostituirsi allo Stato nell'erogazione di certe prestazioni. Dopo aver osservato che tale scenario è stato prospettato anche nella recente relazione semestrale elaborata dalla Direzione investigativa antimafia, manifesta la sua preoccupazione che il disagio sociale venga utilizzato strumentalmente da male intenzionati, ricordando ad esempio, anche certi episodi verificatisi a Palermo, dove alcuni gruppi avevano progettato di compiere veri e propri assalti, fortunatamente sventati, ai danni di taluni ipermercati.
  Si dichiara comunque convinto che l'impegno profuso dalle forze dell'ordine, anche in chiave preventiva, nonché l'azione del Governo riusciranno ad imporre la prevalenza dello Stato sulle organizzazioni criminali, assicurando adeguate risposte alla collettività.

5-04855 Marco Di Maio: Sul mantenimento dei distaccamenti di polizia stradale di Rocca San Casciano nella provincia di Forlì-Cesena e di Lugo di Romagna nella provincia di Ravenna.

  Marco DI MAIO (IV) illustra l'interrogazione in titolo, rilevando come, a seguito della presentazione del «Piano di razionalizzazione della specialità» e secondo notizie di stampa, risulta che i distaccamenti di polizia stradale di Rocca San Casciano e Lugo sarebbero prossimi alla chiusura. Tale decisione sarebbe apparentemente motivata, nel caso di Lugo, dal fatto che il distaccamento risulterebbe ubicato «in aree in cui la viabilità non riveste più interesse strategico per la Polizia Stradale».
  Rileva tuttavia come il distaccamento di Rocca San Casciano sia collocato in un'importante arteria come la strada statale 67 che collega la Romagna con Firenze, tratto stradale nel quale i dati sull'incidentalità non sono da sottovalutare e la soppressione di tale reparto sarebbe un grave danno per la prevenzione e la sicurezza stradale in tutta la Vallata del Montone. Ricorda che già nel 2016 era stata proposta la chiusura del distaccamento, in quanto era necessario trovare una nuova sede per il reparto, ma che il comune di Rocca San Casciano, per risolvere il problema, ha ristrutturato e concesso un immobile di sua proprietà in comodato gratuito per l'allocazione del distaccamento della polizia statale; conseguentemente nel giugno del 2019 il reparto si è trasferito in tali locali, senza alcun per il Ministero dell'interno.
  Segnala quindi come il 19 febbraio 2020 la Camera abbia approvato all'unanimità degli ordini del giorno che impegnano il Governo a valutare l'opportunità di differire l'adozione definitiva del già citato piano di riorganizzazione. Successivamente, il 4 marzo 2020 il Ministero dell'interno, rispondendo a un'interrogazione in Commissione in materia a sua firma, ha assicurato che starebbe valutando di continuare a mantenere, nei presìdi sopra indicati, un'operatività che consenta alle questure competenti per territorio di poter disporre di un punto di riferimento ove raccogliere le istanze in materia di polizia amministrativa e di immigrazione. Evidenzia quindi come durante l'emergenza pandemica, entrambi i presìdi citati abbiano svolto una fondamentale funzione di riferimento per tantissimi cittadini e pertanto si ritiene che debbano mantenere lo stato di distaccamento. Fa notare infatti come la chiusura di tali presidi rappresenterebbe un ulteriore indebolimento per un territorio che, ad oggi, resiste a fatica contro problematiche Pag. 19 di varia natura, rammentando che a difesa dei presìdi si sono espressi in maniera unitaria e trasversale tutte le forze politiche e istituzionali del territorio interessato.
  In tale contesto l'interrogazione chiede se il Ministro interrogato intenda mantenere i presìdi di polizia stradale di Rocca San Casciano e quello di Lugo di Romagna – che considera punti di riferimento imprescindibili in quelle aree – per la tutela della sicurezza e dell'ordine pubblico dei territori interessati.

  Il Viceministro Vito Claudio CRIMI risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 5).

  Marco DI MAIO (IV), replicando, sollecita nuovamente il Governo a prendere seriamente in considerazione la scelta di mantenere i distaccamenti di polizia stradale di Rocca San Casciano e Lugo, che ritiene svolgano una funzione essenziale a favore dei cittadini e delle imprese, soprattutto in un periodo di emergenza come quello attuale.
  Giudica dunque importante, anche dal punto di vista psicologico, non dare la percezione che si intenda sguarnire un territorio, chiudendo presidi indispensabili, soprattutto per quelle località più piccole lontane dai centri urbani, nei quali le forze dell'ordine sono chiamate allo svolgimento di compiti che spesso fuoriescono dalla loro missione ordinaria.

5-04856 Prisco ed altri: Sulle misure per tutelare il personale delle Forze di polizia da aggressioni in occasione del servizio prestato presso centri di accoglienza o istituti penitenziari.

  Emanuele PRISCO (FDI), anche ricollegandosi al contenuto di altre interrogazioni svolte nella seduta odierna, fa presente, anzitutto, come il suo gruppo condanni ogni forma di violenza messa in atto da formazioni parapolitiche o presunte tali, a prescindere dal loro colore politico, esprimendo inoltre piena solidarietà alle forze dell'ordine per le aggressioni di recente subite.
  Illustra, quindi, la sua interrogazione, rilevando come nelle ultime settimane giungano notizie di aggressioni a poliziotti nel centro di accoglienza di Isola Capo Rizzuto, a Crotone, dove, tra l'altro, è da registrarsi una carenza di organica imbarazzante, in quanto un solo poliziotto deve vigilare su oltre 80 migranti presenti nella struttura e la scorsa settimana il poliziotto di turno è stato travolto e ferito dalla fuga di massa organizzata dagli immigrati. Osserva che la stessa cosa è avvenuta nel centro di Siculiana, in provincia di Agrigento, con un poliziotto ferito e portato in ospedale a seguito di una rissa tra migranti tunisini e il loro contestuale tentativo di fuga.
  Considera altresì preoccupante la situazione nelle carceri, dove gli immigrati detenuti creano gli stessi problemi, che vanno ad aggiungersi a quelli già presenti per sovraffollamento e carenza di organico addetto al controllo, con continue aggressioni perpetrate a danno degli agenti di polizia penitenziaria.
  Sottolinea quindi come sia necessario proteggere gli agenti di pubblica sicurezza e di polizia penitenziaria, messi in pericolo da un'immigrazione senza controllo ancora più inaccettabile per l'emergenza Covid-19, e fare in modo che possano fronteggiare le aggressioni attraverso efficienti dotazioni. Ritiene, inoltre, sia utile prendere consapevolezza della necessità di impiegare più risorse per il comparto e più personale, adeguandoli al numero sempre crescente dei migranti ammassati nelle strutture.
  In tale contesto l'interrogazione chiede quali iniziative il Governo intenda intraprendere per tutelare gli agenti, consentendo loro di svolgere il loro lavoro in sicurezza e mediante il potenziamento delle dotazioni strumentali e regole d'ingaggio più efficaci.

  Il Viceministro Vito Claudio CRIMI risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 6).

  Emanuele PRISCO (FDI) si dichiara insoddisfatto della risposta fornita dal rappresentante del Governo, osservando come, Pag. 20a parte le buone intenzioni dichiarate anche in quest'occasione, permangono gravi preoccupazioni rispetto alla situazione complessiva in cui sono costrette a operare le forze dell'ordine.
  Sarebbero invece necessarie risposte chiare e precise, riguardanti, ad esempio, un piano di potenziamento degli organici o lo sblocco della sperimentazione degli strumenti di autodifesa, tra i quali richiama il Taser, che risulta ancora inutilizzato. Fa notare altresì che sarebbe indispensabile l'avvio di una negoziazione per la modifica di alcune convenzioni internazionali, nella prospettiva di facilitare, attraverso l'erogazione di aiuti economici, il rimpatrio nel Paese d'origine di taluni soggetti detenuti e già condannati, in armonia con gli impegni assunti in una risoluzione recentemente approvata dalla Commissione Affari esteri.
  Rileva, in conclusione, come le forze dell'ordine si aspettino ben altre risposte, che appaiono allo stato molto lontane, considerata l'inerzia del Governo su tali aspetti.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, dichiara concluso lo svolgimento delle interrogazioni all'ordine del giorno.

  La seduta termina alle 14.30.

RISOLUZIONI

  Mercoledì 28 ottobre 2020. — Presidenza del presidente Giuseppe BRESCIA. – Interviene il viceministro dell'Interno Vito Claudio Crimi.

  La seduta comincia alle 14.30.

7-00534 Elisa Tripodi: Iniziative per modificare la disciplina che attribuisce le funzioni prefettizie nella Regione Valle d'Aosta al Presidente della Regione.
(Seguito della discussione e conclusione – Approvazione).

  La Commissione prosegue la discussione della risoluzione, rinviata il 27 ottobre 2020.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, ricorda che nella precedente seduta di discussione la presentatrice dell'atto di indirizzo ne aveva illustrato il contenuto.

  Il Viceministro Vito Claudio CRIMI esprime l'orientamento favorevole del Governo sul dispositivo della risoluzione in oggetto.

  Emanuele PRISCO (FDI) esprime talune perplessità sulla risoluzione in titolo, ritenendo che essa proponga una soluzione approssimativa ad una problematica che, apparendo complessa e delicata, richiederebbe, piuttosto, una visione più organica e di sistema. Si augura, in ogni caso, che le soluzioni che saranno individuate, sulla scia di tale atto d'indirizzo, siano considerate di natura eccezionale e non producano effetti di carattere generale, dal momento che, altrimenti, si rischierebbe di incedere strutturalmente su funzioni che fanno capo a organi di diverso livello istituzionale.

  Elisa TRIPODI (M5S) si dichiara perplessa rispetto a talune considerazioni svolte dal deputato Prisco, non comprendendone peraltro appieno la portata.
  Precisa che con la risoluzione in discussione si intende semplicemente avviare un percorso di interlocuzione con la regione Valle d'Aosta, nel pieno rispetto della sua autonomia, alla luce dell'evidente sovrapposizione di ruoli derivante dall'attribuzione di diverse funzioni ad un'unica figura di vertice della regione, che potrebbe, a suo avviso, esporre a rischi di sicurezza gli stessi cittadini di quei territori. Ringraziando il Governo per la valutazione positiva espressa sull'atto di indirizzo, ritiene dunque sia opportuno iniziare a ragionare, d'intesa con l'amministrazione regionale, circa l'individuazione di possibili soluzioni che portino ad un'adeguata separazione di ruoli rispetto all'esercizio di certe funzioni pubbliche.

  Igor Giancarlo IEZZI (LEGA) preannuncia il voto contrario del suo gruppo sulla risoluzione in discussione, facendo notare come essa rischi di incidere negativamente Pag. 21sull'autonomia di una Regione a statuto speciale, intaccando le funzioni di organi di vertice. Rivolgendosi, in particolare, al gruppo del Partito democratico, invita i suoi componenti a riflettere seriamente sulle conseguenze che tale atto d'indirizzo potrebbe produrre, ricordando come lo stesso Partito democratico abbia sostenuto le istanze delle forze autonomiste di quei territori, che, a suo avviso, rischiano di essere messe in discussione seriamente dal contenuto di tale risoluzione.

  Stefano CECCANTI (PD) ritiene che l'opposizione stia drammatizzando eccessivamente il contenuto dell'atto di indirizzo, dal momento che la risoluzione, a prescindere dal caso concreto e al di fuori di qualsiasi visione politica di parte, pone una problematica generale, che, richiamando la concentrazione di più funzioni in un'unica figura di vertice di un ente locale, suggerisce di porre rimedio a quella che appare una evidente sovrapposizione di ruoli istituzionali.
  Evidenzia, peraltro, come l'atto d'indirizzo non imponga alcunché, proponendo piuttosto di avviare un percorso di confronto tra Stato e regione, mirato all'individuazione di soluzioni condivise, in un ambito pattizio che si confà pienamente all'autonomia riconosciuta alla Regione Valle d'Aosta.

  La Commissione approva la risoluzione in titolo.

  La seduta termina alle 14.35.

COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

  Mercoledì 28 ottobre 2020. — Presidenza del vicepresidente Fausto RACITI.

  La seduta comincia alle 14.35.

Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi legati al sesso, al genere, all'orientamento sessuale e all'identità di genere.
Emendamenti testo unificato C. 107 e abb.-A.
(Parere all'Assemblea).
(Esame e conclusione – Parere).

  Il Comitato prosegue l'esame degli emendamenti.

  Fausto RACITI, presidente, osserva come il Comitato permanente per i pareri sia chiamato a esaminare, ai fini del parere all'Assemblea, il fascicolo n. 3 degli emendamenti al testo unificato delle proposte di legge C.107-569-868-2171-2255-A, recante misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi legati al sesso, al genere, all'orientamento sessuale e all'identità di genere.

  Stefano CECCANTI (PD), relatore, rileva come gli emendamenti trasmessi non presentino profili problematici per quanto riguarda il riparto di competenze legislative tra Stato e Regioni ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione: pertanto propone di esprimere su di essi nulla osta.

  Nessun altro chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta del relatore.

Ratifica ed esecuzione degli emendamenti allo Statuto istitutivo della Corte penale internazionale, ratificato ai sensi della legge 12 luglio 1999, n. 232.
C. 2332 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

  Fausto RACITI, presidente, in sostituzione della relatrice, Baldino, impossibilitata a partecipare alla seduta odierna, osserva come il Comitato permanente per i pareri sia chiamato a esaminare, ai fini del parere alla III Commissione Affari esteri, il disegno di legge C. 2332, approvato dal Senato, recante ratifica ed esecuzione degli emendamenti allo Statuto istitutivo della Corte penale internazionale, ratificato ai Pag. 22sensi della legge 12 luglio 1999, n. 232, adottati a Kampala il 10 e l'11 giugno 2010.
  Per quanto riguarda il contenuto degli emendamenti di cui si propone la ratifica – rispetto ai quali relazione illustrativa del disegno di legge peraltro constata con realismo la problematicità dell'applicazione concreta degli emendamenti oggetto di esame – segnala come esso consista nella ratifica da parte dell'Italia di modifiche allo Statuto della Corte penale internazionale incentrate soprattutto sulla definizione del crimine di aggressione.
  Ricorda al riguardo come sin dalla definizione dello Statuto della Corte, nella Conferenza di Roma del 1998, il dibattito sulla non immediata applicabilità delle sanzioni contro il crimine di aggressione sia stato centrale, evidenziando l'estrema delicatezza politica della questione. L'assise di Kampala del 2010 pose fine sul piano giuridico a quell'insufficienza, mettendo a punto emendamenti concernenti tanto la definizione esaustiva del crimine di aggressione quanto le condizioni di operatività della Corte nel perseguimento di esso.
  Ricorda altresì che la Corte penale internazionale è un tribunale chiamato a giudicare i responsabili di crimini particolarmente efferati, che riguardano la Comunità internazionale nel suo insieme, come il genocidio, i crimini contro l'umanità, i crimini di guerra e il crimine di aggressione.
  La Corte è dotata di un proprio Statuto, stipulato a Roma il 17 luglio del 1998, che definisce in dettaglio la giurisdizione e il funzionamento di questo tribunale. In particolare, lo Statuto costituisce lo strumento normativo primario per disciplinare le finalità, la struttura ed il funzionamento della Corte penale internazionale; esso individua i principi posti alla base dell'attività giurisdizionale in materia e disciplina le procedure di cooperazione tra la Corte e gli Stati ai fini dello svolgimento di atti di indagine sul territorio di uno Stato nonché il ruolo degli Stati nell'esecuzione delle pene irrogate dalla Corte.
  Lo Statuto, entrato in vigore il 1° luglio 2002, inserisce il genocidio (articolo 6), i crimini contro l'umanità (articolo 7) ed i crimini di guerra (articolo 8) nella competenza della CPI. La CPI è la prima giurisdizione penale sovranazionale indipendente, permanente e con competenza non retroattiva. A differenza dei due tribunali ad hoc istituti degli anni Novanta (per la ex-Jugoslavia e per il Ruanda), la Corte non è un organo delle Nazioni Unite, ma un soggetto autonomo, dotato di una propria personalità giuridica internazionale.
  La Corte è composta da 18 giudici, scelti tra persone in possesso dei requisiti di nomina ai più alti uffici giudiziari nei paesi di provenienza
  L'Assemblea degli Stati parti è composta da un rappresentante per ciascun Paese membro e, oltre al potere di eleggere giudici e Procuratore, ha importanti compiti nell'amministrazione e nella gestione finanziaria della struttura. Essa ha poi ha anche un'importante funzione nel procedimento di revisione dello Statuto, perché può approvare modifiche da sottoporre poi alla ratifica degli Stati membri.
  L'Italia ha ratificato l'atto costitutivo di questa nuova giurisdizione internazionale ai sensi della legge n. 232 del luglio 1999 (attualmente lo Statuto è stato ratificato da 123 Stati), mentre le norme di adeguamento dell'ordinamento interno alle disposizioni recate dallo Statuto – in assenza delle quali era impossibile cooperare con la Corte, ad esempio consegnandole i presunti responsabili di gravi crimini internazionali che in Italia avessero cercato rifugio – sono state adottate con la legge n. 237 del 2012.
  La legge n. 115 del 2016, ha provveduto a modificare l'articolo 3 della legge n. 654 del 1975, in materia di contrasto e repressione dei crimini di genocidio, crimini contro l'umanità e crimini di guerra, onde recepire la definizione di essi risultante dallo Statuto della CPI.
  Il primo emendamento di cui si propone la ratifica, adottato a Kampala, in Uganda, il 10 giugno 2010, consiste nell'aggiunta di tre fattispecie alla lettera e) del paragrafo 2 dell'articolo 8 dello Statuto, il quale concerne i crimini di guerra e stabilisce al, paragrafo 1, la competenza della CPI a giudicare in materia, specialmente quando essi siano stati commessi all'interno di un piano o di un disegno politico, ovvero nell'ambito Pag. 23 di una serie di crimini analoghi perpetrati su larga scala.
  Il predetto emendamento prevede l'inserimento, alla lettera e) del paragrafo 2 dell'articolo 8, di tre ulteriori comportamenti che costituiscono gravi violazioni del diritto dei conflitti armati non internazionali: si tratta:

   (xiii) dell'impiego di veleni o di armi contenenti veleni;

   dell'impiego (xiv) di gas asfissianti o velenosi, come anche di tutti i liquidi, materiali o dispositivi ad effetto analogo;

   dell'impiego (xv) di pallottole capaci di espandersi o appiattirsi nel corpo umano, come ad esempio pallottole non completamente rivestite o recanti incisioni.

  Allo stato attuale, l'emendamento è stato ratificato da 38 Stati membri della CPI ed è entrato in vigore il 26 settembre 2012.
  L'altro emendamento di cui si propone la ratifica, adottato nel 2010 a Kampala, prevede, al punto 1, l'abrogazione del paragrafo 2 dell'articolo 5 dello Statuto, il quale enumera i crimini di competenza della Corte Penale Internazionale, tra i quali il crimine di aggressione: in relazione a quest'ultimo il paragrafo 2, oggetto di abrogazione prevede, che la Corte avrebbe esercitato il proprio potere giurisdizionale successivamente alla definizione del crimine di aggressione, e solo allora avrebbe anche stabilito le condizioni per l'esercizio del proprio potere giurisdizionale, il tutto in conformità con le disposizioni al riguardo della Carta dell'ONU.
  La ratio dell'abrogazione del paragrafo 2 sembra dunque correlata al carattere transitorio di esso, tanto più nel momento in cui il predetto emendamento, al punto 2, introduce inoltre nello Statuto della Corte un nuovo articolo 8-bis, dedicato proprio alla definizione del crimine di aggressione. Allo stato attuale 39 Stati hanno provveduto alla ratifica di tale emendamento.
  Il nuovo articolo 8-bis definisce, al comma 1, il crimine di aggressione quale pianificazione, preparazione, inizio o esecuzione di un atto di aggressione di uno Stato ad un altro, che per le sue proporzioni e gravità costituisce una manifesta violazione della Carta delle Nazioni Unite: nella definizione del crimine di aggressione rientra il fatto che esso sia perpetrato da persone al vertice dello Stato che aggredisce, in grado di controllare o dirigere l'azione politica o militare di detto Stato.
  Il comma 2 del nuovo articolo 8-bis precisa ulteriormente la definizione del crimine di aggressione di cui al comma 1, definendo atto di aggressione l'atto che implica l'uso della forza armata da parte di uno Stato contro la sovranità, l'integrità territoriale o l'indipendenza politica di un altro Stato, ovvero l'uso della forza armata in ogni altro modo che contraddica la Carta delle Nazioni Unite.
  In accordo con la risoluzione dell'Assemblea generale dell'ONU n. 3314 del 14 dicembre 1974, il comma 2 qualifica poi come atti di aggressione, vi sia stata o meno una dichiarazione di guerra, una serie di comportamenti di seguito enumerati:

   l'invasione da parte delle Forze armate di uno Stato del territorio di un altro Stato, ovvero qualsiasi tipo di occupazione militare, ancorché temporanea, che risulti da tale invasione, oppure qualsiasi annessione con la forza del territorio dell'altro Stato o di parti di esso;

   il bombardamento o comunque l'uso di qualsiasi tipo di arma da parte delle forze armate di uno Stato contro il territorio di un altro Stato;

   il blocco navale dei porti o delle coste di uno Stato da parte delle forze armate di un altro Stato;

   un attacco da parte delle forze armate di uno Stato contro il territorio, il mare territoriale o le forze aeree o navali di un altro Stato;

   l'utilizzo delle forze armate di uno Stato, che si trovino nel territorio di un altro Stato con l'accordo di esso, in violazione delle condizioni previste dall'accordo, Pag. 24 ovvero qualunque estensione della loro presenza in tale territorio oltre la scadenza prevista nell'accordo;

   il comportamento di uno Stato che consenta a che il proprio territorio sia usato da un altro Stato per perpetrare un atto di aggressione contro uno Stato terzo;

   l'invio da parte di uno Stato – o comunque con il suo sostanziale coinvolgimento – di bande armate, truppe irregolari o mercenari che pongano in essere atti di forza armata nei confronti di un altro Stato tali, per la loro gravità, da ricadere nelle categorie in precedenza menzionate.

  Il punto 3 dell'emendamento inserisce altresì, dopo l'articolo 15 dello Statuto – dedicato ai poteri e all'attività del Procuratore della Corte Penale Internazionale – un nuovo articolo 15-bis, concernente l'esercizio della giurisdizione in ordine al crimine di aggressione, sotto le specie della segnalazione da parte di uno Stato ovvero di propria iniziativa. L'emendamento entra in vigore solo per gli Stati parte che l'hanno ratificato (al momento 39).
  Il nuovo articolo 15-bis, al comma 1, prevede che la Corte possa esercitare la giurisdizione sui crimini di aggressione su segnalazione di uno Stato parte al Procuratore di una situazione nella quale appare la possibilità che uno o più di tali reati siano stati commessi; ovvero su iniziativa dello stesso Procuratore, in seguito a proprie indagini su uno o più di tali crimini.
  Il comma 2 del nuovo articolo 15-bis stabilisce che condizione limitativa della procedibilità per la Corte penale nei confronti di crimini di aggressione è che questi siano stati commessi non prima di un anno dopo la ratifica o l'accettazione degli emendamenti del 2010 da parte di trenta Stati parti.
  Il comma 3 fissa poi un'ulteriore condizione limitativa all'esercizio della giurisdizione della Corte sui crimini di aggressione, ovvero la soggezione della Corte ad una decisione da adottare dopo il 1° gennaio 2017 da una maggioranza di Stati parti dello Statuto della CPI, maggioranza identica a quella richiesta per l'adozione di emendamenti allo Statuto medesimo.
  Il comma 4 prevede che la Corte possa esercitare la giurisdizione su un crimine di aggressione scaturito da un atto di aggressione commesso da uno degli Stati Parti dello Statuto della CPI, a meno che quello Stato non abbia preventivamente dichiarato di non accettare tale giurisdizione della Corte. Tale dichiarazione, peraltro, potrà essere ritirata in ogni momento.
  Per quanto invece concerne uno Stato che non sia parte dello Statuto della CPI, il comma 5 stabilisce che la giurisdizione della Corte non potrà essere esercitata, in ordine a crimini di aggressione, qualora commessi da cittadini di quello Stato o sul suo territorio.
  I commi da 6 a 8 riguardano i rapporti tra l'attività giurisdizionale della Corte e del Procuratore e le determinazioni del Consiglio di sicurezza dell'ONU. In particolare il comma 6, laddove il Procuratore ritenga esservi un ragionevole fondamento per iniziare un'investigazione in ordine a crimini di aggressione, procederà anzitutto ad accertare se il Consiglio di sicurezza non abbia adottato una decisione su un atto di aggressione commesso dallo Stato interessato. In questo contesto, il Procuratore comunicherà al Segretario generale dell'ONU in merito alla situazione innanzi alla Corte, compresi informazioni e documenti pertinenti. In base al comma 7, accertata l'esistenza di una decisione in materia del Consiglio di sicurezza, il Procuratore potrà procedere con l'investigazione su un crimine di aggressione. Peraltro, ai sensi del comma 8 se non risulta che tale decisione sia stata adottata nei sei mesi dopo la comunicazione al Segretario generale dell'ONU, il Procuratore potrà procedere con l'investigazione, purché vi sia l'autorizzazione della Sezione preliminare e purché il Consiglio di sicurezza non abbia deciso diversamente.
  Il comma 9 salvaguarda i risultati investigativi della Corte Penale Internazionale nei confronti di un atto di aggressione la cui individuazione sia stata operata da un organo esterno alla Corte stessa. Pag. 25
  D'altra parte il comma 10 del nuovo articolo 15-bis non pregiudica quanto previsto sull'esercizio della giurisdizione in ordine alle altre categorie di crimini di cui all'articolo 5 dello Statuto.
  Il punto 4 dell'emendamento introduce nel testo dello Statuto un nuovo articolo 15-ter, in ordine all'esercizio della giurisdizione sui crimini di aggressione nei rapporti con il Consiglio di sicurezza dell'ONU.
  In base al comma 1 del nuovo articolo 15-ter, la Corte può esercitare la giurisdizione sui crimini di aggressione conformemente all'articolo 13, paragrafo b) dello Statuto, ove si prevede che «il Consiglio di Sicurezza, nell'ambito delle azioni prevedute dal capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite, segnala al Procuratore una situazione nella quale uno o più di tali crimini appaiono essere stati commessi».
  In base al comma 2 la Corte può esercitare la giurisdizione, in questo ambito, solo riguardo ai crimini di aggressione commessi non prima di un anno dopo la ratifica o l'accettazione degli emendamenti del 2010 da parte di 30 Stati Parti.
  Inoltre, ai sensi del comma 3, la Corte eserciterà la giurisdizione sui crimini di aggressione subordinatamente a una decisione da adottare dopo il 1° gennaio 2017 da una maggioranza di Stati Parti identica a quella prevista per l'adozione di emendamenti allo Statuto. Anche in questo caso vengono salvaguardati i risultati investigativi della Corte Penale Internazionale nei confronti di un atto di aggressione la cui individuazione sia stata operata da un organo esterno alla Corte stessa; nonché quanto previsto sull'esercizio della giurisdizione in ordine alle altre categorie di crimini di cui all'articolo 5 dello Statuto.
  Il punto 5 dell'emendamento inserisce un nuovo paragrafo 3-bis nell'articolo 25 dello Statuto, concernente la responsabilità penale individuale: in particolare, il paragrafo 3 stabilisce le fattispecie in base alle quali una persona risulta responsabile e può essere punita per un reato di competenza della Corte. A tali fattispecie il nuovo paragrafo 3-bis aggiunge l'applicabilità dell'articolo 25, per quanto concerne gli specifici crimini di aggressione, esclusivamente a persone che si trovino in posizioni tali da esercitare un effettivo controllo o un'effettiva direzione politica o militare nello Stato interessato.
  Il punto 6 dell'emendamento sostituisce la prima frase del paragrafo 1 dell'articolo 9 dello Statuto, il quale riguarda la funzione e le modifiche degli elementi costitutivi dei crimini: la sostituzione della prima frase prende atto dell'inserzione del nuovo articolo 8-bis nello Statuto.
  Il punto 7 dell'emendamento sostituisce la parte iniziale del paragrafo 3 dell'articolo 20, il quale contiene la clausola ne bis in idem con riferimento ai giudicati della Corte Penale Internazionale: anche in questo caso la sostituzione mira a recepire l'inserzione del nuovo articolo 8-bis nello Statuto della CPI.
  Quanto al contenuto del disegno di legge di ratifica, che si compone di 3 articoli, l'articolo 1 autorizza la ratifica degli emendamenti allo Statuto istitutivo della CPI adottati a Kampala il 10 e 11 giugno 2010, l'articolo 2 contiene l'ordine di esecuzione relativo a tali emendamenti, conformemente all'articolo 121 dello Statuto della CPI, mentre l'articolo 3 prevede l'entrata in vigore della legge di autorizzazione alla ratifica per il giorno successivo a quello della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
  Per quel che concerne il rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, rileva come il provvedimento si inquadri nell'ambito della materia «politica estera e rapporti internazionali dello Stato», demandata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera a), della Costituzione.
  Formula, quindi, una proposta di parere favorevole (vedi allegato 7).

  Nessun altro chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere formulata dal relatore.

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Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla coproduzione cinematografica (rivista), con Allegati.
C. 1766 Governo.
(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

  Fausto RACITI, presidente, osserva come il Comitato permanente per i pareri sia chiamato a esaminare, ai fini del parere alla III Commissione Affari esteri, il disegno di legge C. 1766, recante ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla coproduzione cinematografica (rivista), con Allegati, fatta a Rotterdam il 30 gennaio 2017.

  Elisa TRIPODI (M5S), relatrice, segnala anzitutto come la Convenzione di cui si propone la ratifica sostituisca la precedente Convenzione europea sulla coproduzione cinematografica del 2 ottobre 1992 (ratificata dall'Italia ai sensi della legge n. 596 del 1996), al fine di ammodernarla e adattarla alle nuove tecnologie e ai cambiamenti avvenuti nel settore cinematografico europeo e internazionale e di definire una cornice normativa che regoli le coproduzioni che coinvolgono almeno tre Stati diversi, garantendo a ciascuno di beneficiare degli aiuti economici e degli eventuali sgravi fiscali previsti dalla normativa nazionale. La Convenzione, ratificata da 19 Stati membri aderenti al Consiglio d'Europa, è entrata in vigore il 1° ottobre 2017.
  Per quanto riguarda il contenuto della Convenzione, essa è costituita da un breve preambolo, 24 articoli, suddivisi in tre capitoli, e due Allegati che sono parte integrante della Convenzione.
  Nell'ambito del Capitolo I, riguardante le Disposizioni generali, l'articolo 1 definisce lo scopo della Convenzione, che è quello di incoraggiare lo sviluppo della coproduzione cinematografica internazionale.
  L'articolo 2 delimita il campo di applicazione della Convenzione e prevede che si applichi ad almeno tre coproduttori risiedenti in tre parti differenti della Convenzione, cui potranno aggiungersi uno o più produttori non residenti nei paesi della Convenzione, la cui partecipazione non potrà superare il 30 per cento del costo totale della produzione;
  L'articolo 3 definisce i termini di «opera cinematografica», «coproduttori», «opera cinematografica coprodotta ufficialmente», «coproduzione multilaterale».
  Nell'ambito del Capitolo II, riguardante le Norme applicabili alle coproduzioni, l'articolo 4 prevede che le opere cinematografiche realizzate in coproduzione multilaterale fruiscano dei vantaggi accordati ai film di produzione nazionale, concordemente a quanto previsto dalle disposizioni in vigore in ciascuna Parte.
  L'articolo 5 stabilisce le modalità di ammissione al regime di coproduzione, le cui richieste devono essere approvate dalle autorità competenti le Parti, secondo quanto previsto dall'Allegato I. In particolare, il paragrafo 4 stabilisce che ogni Stato contraente designi l'Autorità competente.
  L'articolo 6 prevede le proporzioni dei rispettivi apporti dei coproduttori, stabilendo che la partecipazione minoritaria non possa essere inferiore al 5 per cento e quella maggioritaria non possa superare l'80 per cento. Nel caso che la Convenzione fungesse a accordo bilaterale tali limiti si intendono modificati al 10 per cento per la partecipazione minoritaria e al 90 per cento per quella maggioritaria.
  L'articolo 7 è relativo ai diritti dei coproduttori sull'opera prodotta.
  L'articolo 8 stabilisce che la partecipazione tecnica ed artistica di ciascun produttore debba essere effettiva e che il personale addetto alle riprese debba provenire dagli Stati contraenti la coproduzione.
  L'articolo 9, in deroga a quanto stabilito all'articolo 8, prevede che sia possibile includere una o più partecipazioni minoritarie – che possono essere limitate all'ambito finanziario – a condizione che ciascuna parte nazionale non sia inferiore al 10 per cento, né superiore al 25 per cento (paragrafo 1, comma a). Sarà inoltre possibile includere un coproduttore maggioritario che apporti una partecipazione tecnica ed artistica Pag. 27 effettiva per far sì che l'opera venga riconosciuta quale lavoro nazionale nel suo Paese.
  L'articolo 10 prevede che debba essere mantenuto un equilibrio negli scambi tra le Parti, sia per quanto riguarda l'ammontare degli investimenti, sia relativamente alle partecipazioni artistiche e tecniche delle opere realizzate in coproduzione.
  L'articolo 11 riguarda le facilitazioni che ciascuna Parte dovrà assicurare – nel quadro della legislazione vigente e degli obblighi internazionali – per l'ingresso, il soggiorno e i permessi di lavoro del personale che partecipa alla coproduzione, nonché relativamente all'importazione temporanea e alla riesportazione del materiale tecnico necessario alla produzione e alla distribuzione delle opere cinematografiche realizzate.
  L'articolo 12 stabilisce che le opere realizzate in coproduzione debbano essere presentate con l'indicazione dei Paesi produttori.
  L'articolo 13 riguarda l'esportazione delle opere realizzate.
  L'articolo 14 è relativo alle lingue e stabilisce che l'Autorità competente di una Parte possa esigere dal coproduttore ivi residente una versione finale dell'opera in una delle lingue di tale Parte.
  L'articolo 15 riguarda i Festival e prevede che – salvo accordi diversi tra i coproduttori – l'opera coprodotta sia presentata nei festival internazionali della Parte che detiene la partecipazione maggioritaria, oppure in caso di partecipazioni finanziarie paritetiche, dalla Parte che fornisce il regista.
  Nel quadro del Capitolo III, riguardante le Disposizioni finali, l'articolo 16 stabilisce che la Convenzione sostituisce la Convenzione europea sulla coproduzione cinematografica del 1992, la quale rimane peraltro in vigore fino a che la Parte aderente alla Convenzione del 1992 non abbia completato le procedure di ratifica.
  L'articolo 17 affida al Comitato di direzione del Fondo europeo di sostegno alla coproduzione e alla diffusione di opere cinematografiche e audiovisive Euroimages la responsabilità del monitoraggio e prevede altresì una procedura semplificata per eventuali emendamenti ai due Allegati, in considerazione del fatto che il passare del tempo potrà renderli obsoleti.
  L'articolo 18 stabilisce che la firma della Convenzione è aperta agli Stati membri del Consiglio d'Europa e degli altri Stati, Parti contraenti della Convenzione culturale europea.
  L'articolo 19 stabilisce l'entrata in vigore della Convenzione dopo un periodo di tre mesi dalla data in cui tre Stati, di cui almeno due membri del Consiglio d'Europa abbiano completato le procedure interne di ratifica.
  L'articolo 20 prevede che il Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa, dopo l'entrata in vigore della Convenzione, possa invitare qualsiasi Stato europeo non membro del Consiglio d'Europa, nonché l'Unione europea, ad aderire alla Convenzione.
  L'articolo 21 riguarda la clausola territoriale, mediante la quale ciascuno Stato può indicare il territorio o i territori di applicazione della Convenzione.
  L'articolo 22 prevede la possibilità di apporre una riserva con riguardo alle quote di partecipazione stabilite dall'articolo 9, paragrafo 1, lettera a).
  Gli articoli 23 e 24 riguardano la denuncia e le procedure di notifica della Convenzione.
  Per quanto riguarda il contenuto del disegno di legge di ratifica, esso si compone di quattro articoli: gli articoli 1 e 2 contengono, rispettivamente, l'autorizzazione alla ratifica e l'ordine di esecuzione dell'Accordo. L'articolo 3 contiene una clausola di invarianza finanziaria, per la quale dall'attuazione della legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Il comma 2 precisa che le amministrazioni pubbliche interessate provvedono all'attuazione di quanto previsto dalla Convenzione con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
  L'articolo 4 stabilisce l'entrata in vigore della legge il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Pag. 28
  Per quel che concerne il rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, rileva come il provvedimento si inquadri nell'ambito della materia «politica estera e rapporti internazionali dello Stato», riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera a), della Costituzione.
  Formula, quindi, una proposta di parere favorevole (vedi allegato 8).

  Nessun altro chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere formulata dalla relatrice.

Misure per contrastare il finanziamento delle imprese produttrici di mine antipersona, di munizioni e submunizioni a grappolo.
Esame C. 1813, approvata dal Senato, e abb.
(Parere alla VI Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole con condizione e osservazioni).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

  Fausto RACITI, presidente, osserva come il Comitato permanente per i pareri sia chiamato a esaminare, ai fini del parere alla VI Commissione Finanze, la proposta di legge C. 1813, approvata dal Senato, recante ratifica Misure per contrastare il finanziamento delle imprese produttrici di mine antipersona, di munizioni e submunizioni a grappolo.

  Elisa TRIPODI (M5S), relatrice, rileva come la proposta di legge C. 1813, approvata dal Senato il 30 aprile 2019 e adottata come testo base dalla VI Commissione Finanze, e l'abbinata proposta di legge C. 445 Fornaro, di contenuto sostanzialmente analogo, intervengano sulla disciplina vigente in materia di divieto di impiego, stoccaggio, produzione e trasferimento delle mine antipersona nonché sulle norme riguardanti la messa al bando delle munizioni a grappolo, al fine di vietare il finanziamento di imprese che producono o commercializzano mine antipersona e munizioni (o submunizioni) a grappolo (cosiddette «cluster»), e sanzionare le banche e gli altri soggetti operanti nel settore finanziario che svolgano tali attività.
  Ricorda che la proposta legislativa era giunta sino all'approvazione definitiva nella XVII legislatura, ma era stata poi rinviata alle Camere dal Presidente della Repubblica ai sensi dell'articolo 74 della Costituzione, con messaggio del 27 ottobre 2017, in quanto priva della cosiddetta «clausola di salvaguardia penale» per le condotte dolose di finanziamento poste in essere da soggetti qualificati, e perciò determinando, per la medesima condotta di finanziamento, due regimi punitivi diversi – l'uno penale, l'altro amministrativo – in ragione soltanto dell'incarico ricoperto dal soggetto agente nell'ambito di un intermediario abilitato o della natura del fruitore (società e non imprenditore individuale). In ragione degli «evidenti profili di illegittimità costituzionale» derivanti da tale disparità di trattamento, si chiedeva alle Camere un intervento in grado di assicurare la rilevanza penale delle condotte di assistenza finanziaria, da chiunque realizzate, alle attività proibite dalla proposta di legge.
  Per quanto riguarda la proposta di legge C. 1813, essa si compone di 7 articoli ed è sostanzialmente identica al testo approvato da entrambi i rami del Parlamento nella XVII legislatura, tranne che per i due seguenti aspetti:

   i divieti previsti dal provvedimento non sono applicabili alle attività espressamente consentite dalle Convenzioni internazionali pertinenti in materia (ai sensi del comma 2 dell'articolo 1);

   le sanzioni amministrative pecuniarie per la violazione dei divieti introdotti all'articolo 1 trovano applicazione solo quando le condotte non siano già sanzionate penalmente (ai sensi del comma 2 dell'articolo 6).

  Ricorda preliminarmente che, in relazione a ciascuno dei due tipi di armamento considerati, le mine antipersona e le munizioni e submunizioni cluster (o a grappolo), Pag. 29 il nostro ordinamento contiene già alcune discipline specifiche, anche sanzionatorie, adottate in attuazione di obblighi assunti in sede internazionale.
  In particolare, per quanto riguarda le mine antipersona, il fondamento normativo è la legge n. 374 del 1997, recante norme per la messa al bando delle mine antipersona, come modificata dalla legge n. 106 del 1999, di ratifica della Convenzione di Ottawa del 1997.
  La predetta Convenzione di Ottawa sul divieto di impiego, di stoccaggio, di produzione e di trasferimento delle mine antipersona e sulla loro distruzione, firmata da 127 paesi nel dicembre 1997, impegna le Parti a non usare, sviluppare, produrre, acquisire, accumulare riserve, conservare o trasferire mine antipersona, né ad aiutare, incoraggiare o indurre chiunque ad impegnarsi nelle suddette attività. La Convenzione impegna altresì le Parti a distruggere le scorte di mine che si trovino nella loro proprietà o possesso (vengono peraltro autorizzati la conservazione ed il trasferimento di un certo numero di mine antipersona per lo sviluppo di tecniche e l'addestramento per la bonifica e la distruzione) e ad adottare «tutte le misure giuridiche, amministrative e di altro tipo appropriate, incluso l'imposizione di sanzioni penali, per prevenire e sopprimere qualsiasi attività vietata».
  In particolare, l'articolo 1 della citata legge n. 374 del 1997 vieta l'uso a qualsiasi titolo di mine antipersona, vieta la ricerca e la produzione, la cessione a qualsiasi titolo e la detenzione delle mine e dei relativi diritti di brevetto.
  L'articolo 7 della legge n. 374 sanziona penalmente (con la reclusione da 3 a 12 anni e la multa da 258.228 a 516.456 euro) chiunque usa, fabbrica, vende, cede a qualsiasi titolo, esporta, importa, detiene mine antipersona o parti di esse, ovvero utilizza o cede, direttamente o indirettamente, diritti di brevetto o tecnologie per la fabbricazione, in Italia o all'estero, di mine antipersona o di parti di esse. La disciplina vigente, dunque, non punisce il finanziamento di imprese che svolgano tali attività vietate, nonostante la Convenzione di Ottawa obbligasse gli Stati contraenti a «non aiutare, incoraggiare od indurre comunque nessuno ad impegnarsi in qualsiasi attività vietata».
  Per quanto riguarda invece le cluster bombs, o munizioni a grappolo, il fondamento normativo è la legge n. 95 del 2011, con la quale è stata ratificata la Convenzione di Oslo del 2008 sulla messa al bando delle munizioni a grappolo.
  La predetta Convenzione di Oslo – adottata il 30 maggio 2008 – vieta l'uso, la detenzione, la produzione e il trasferimento di munizioni a grappolo e impone la distruzione degli stock esistenti. Sia nel processo negoziale sia nella sua sostanza, la Convenzione si è largamente ispirata alla Convenzione di Ottawa sul bando delle mine antipersona e dunque anche in questo caso gli Stati contraenti si impegnano a non aiutare, incoraggiare o indurre chiunque a impegnarsi nelle attività vietate.
  L'articolo 7 della legge n. 95 del 2011 sanziona penalmente (con la stessa pena prevista per le mine antiuomo: reclusione da 3 a 12 anni e multa da 258.228 a 516.456 euro) chiunque impiega, sviluppa, produce, acquisisce in qualsiasi modo, stocca, conserva o trasferisce, direttamente o indirettamente, munizioni a grappolo o parti di esse, ovvero assiste anche finanziariamente, incoraggia o induce altri ad impegnarsi in tali attività. La legge, dunque, punisce in questo caso anche il finanziamento. La pena può essere diminuita fino alla metà se il fatto è di particolare tenuità.
  Venendo al contenuto del provvedimento, l'articolo 1 delinea il quadro delle attività vietate e delle attività consentite.
  In particolare, il comma 1 prevede:

   al primo periodo, il divieto di finanziamento di imprese che producono, commercializzano o detengono mine antipersona, munizioni e submunizioni cluster; il divieto riguarda le società che realizzano tali attività in Italia o all'estero, direttamente o avvalendosi di società controllate o collegate: la disposizione ha portata innovativa per quanto riguarda le mine antipersona e ribadisce invece un divieto già Pag. 30espresso dalla legge n. 95 del 2011 per le munizioni a grappolo;

   al secondo periodo, il divieto di svolgere attività di ricerca tecnologica, di produzione, di commercializzazione, di cessione a qualsiasi titolo e di detenzione di munizioni e submunizioni cluster: la disposizione ha portata solo parzialmente innovativa (segnatamente per il profilo del divieto di svolgere ricerca tecnologica) rispetto a quanto già vietato dall'articolo 7 della legge n. 95 del 2011; per le mine antipersona non è necessario prevedere tale ultimo divieto, in quanto già previsto dall'articolo 1 della legge n. 374 del 1997.

  In merito rileva come non appaia del tutto chiara la finalità del comma 1, che replica nella sostanza un divieto già vigente, senza peraltro uniformare la disciplina dei divieti previsti per i due tipi di armi oggetto del provvedimento.
  In base alla formulazione del testo, tali divieti hanno efficacia erga omnes, non sono cioè dettati per una specifica categoria.
  Il comma 4 aggiunge che tali divieti «valgono per tutti gli intermediari abilitati», come definiti dall'articolo 2. Inoltre, la stessa disposizione vieta alle fondazioni e ai fondi pensione di investire il proprio patrimonio nelle attività di cui al comma 1.
  Segnala in merito l'opportunità di coordinare il contenuto del comma 1, che sembra introdurre un divieto di finanziamento per «chiunque», nello spirito delle Convenzioni internazionali, con il contenuto del comma 4, che sembra limitare tali divieti agli intermediari finanziari ed a fondazioni e fondi pensione.
  Il comma 2 specifica che i divieti non operano in relazione alle attività espressamente consentite dalle Convenzioni internazionali sulla messa al bando delle mine antipersona e delle munizioni cluster.
  Si tratta, presumibilmente, di consentire le attività di distruzione delle scorte, il trasporto ai fini di stoccaggio e la conservazione di alcuni campioni con finalità di addestramento degli operatori chiamati allo sminamento. Questa disposizione non era contenuta nel provvedimento approvato dalle Camere nella scorsa legislatura.
  Il comma 3 preclude alle società che producono, commercializzano o detengono mine antipersona, munizioni e submunizioni cluster di partecipare a bandi o programmi di finanziamento pubblico.
  L'articolo 2 reca le definizioni rilevanti ai fini dell'applicazione della disciplina.
  In particolare, la lettera a) del comma 1 definisce intermediari abilitati le società di intermediazione mobiliare (SIM) italiane, le banche italiane, le società di gestione del risparmio (SGR) italiane, le società di investimento a capitale variabile (SICAV), gli intermediari finanziari iscritti nell'elenco di cui all'articolo 106 del testo unico bancario (decreto legislativo n. 385 del 1993), ivi inclusi i confidi, le banche di Paesi membri dell'Unione europea, le imprese di investimento di Paesi membri dell'Unione europea, le banche extracomunitarie, gli agenti di cambio iscritti nel ruolo unico nazionale tenuto dal Ministero dell'economia e delle finanze, nonché le fondazioni di origine bancaria e i fondi pensione.
  La lettera b) definisce finanziamento ogni forma di supporto finanziario, tra cui – a titolo esemplificativo – la concessione di credito sotto qualsiasi forma, il rilascio di garanzie finanziarie, l'assunzione di partecipazioni, l'acquisto o la sottoscrizione di strumenti finanziari emessi dalle società indicate dalla proposta in esame, anche tramite società controllate.
  Per mina antipersona la lettera c) si riferisce a ogni ordigno o dispositivo corrispondente alle caratteristiche individuate dall'articolo 2, commi 1 e 2, della Convenzione di Ottawa. La norma specifica che si tratta di mine progettate in modo tale da esplodere quando si trovano in presenza, prossimità, o contatto di una persona, e la cui esplosione è suscettibile di rendere invalide, ferire o uccidere una o incapacitare una o più persone. Vengono escluse dalla definizione di mine antipersona le mine progettate in modo da esplodere quando si trovano in presenza, prossimità o contatto di un veicolo, quantunque dotate di un dispositivo che ne impedisca la manipolazione a fini di disinnesco (cosiddetto dispositivo anti-handling), e che perciò potrebbe Pag. 31colpire un artificiere eventualmente impegnato a rendere l'ordigno inoffensivo.
  La lettera d) reca la definizione di mina, intendendo per tale una munizione progettata per essere posta sotto, sopra o presso il terreno o qualsiasi altra superficie e per essere fatta esplodere dalla presenza, prossimità o contatto di una persona o veicolo.
  La lettera e) reca la definizione di munizioni e submunizioni cluster. In particolare, ai sensi dell'articolo 2 della Convenzione di Oslo, si tratta di ogni munizione convenzionale idonea a disperdere o rilasciare submunizioni esplosive ciascuna di peso inferiore a 20 chilogrammi, fatte salve le specifiche di esclusione indicate dalle lettere a), b) e c) del comma 2 del medesimo articolo 2 della Convenzione.
  La lettera f) individua gli organismi di vigilanza rilevanti ai sensi delle norme in esame (Banca d'Italia, Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni, Commissione di vigilanza sui fondi pensione e gli eventuali altri soggetti cui sia attribuita in forza della normativa vigente la vigilanza sull'operato degli intermediari abilitati.
  L'articolo 3 individua i compiti delle Autorità di vigilanza in relazione ai divieti posti dalle disposizioni in esame.
  In particolare, si prescrive che, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento, detti organismi emanino, di concerto tra loro, apposite istruzioni per l'esercizio di controlli rafforzati sull'operato degli intermediari abilitati, al fine di contrastare il finanziamento della produzione, utilizzo, assemblaggio, riparazione, promozione, vendita, distribuzione, importazione, esportazione, stoccaggio, detenzione o trasporto delle mine anti-persona, delle munizioni e submunizioni cluster e di loro singoli componenti).
  Nel medesimo termine, essi provvedono a istituire l'elenco delle società operanti nei settori individuati dall'articolo 1, comma 1 (relativi alle mine anti-persona, alle munizioni e submunizioni cluster), indicando l'ufficio responsabile della pubblicazione annuale del medesimo elenco.
  Nell'ambito dei compiti riguardanti l'Unità di informazione finanziaria per l'Italia (UIF), istituita presso la Banca d'Italia dal decreto antiriciclaggio (decreto legislativo n. 231 del 2007) i controlli dei flussi finanziari sono estesi alle imprese e alle società di cui all'articolo 1, comma 1.
  L'articolo 4 definisce i compiti degli intermediari i quali devono, entro novanta giorni dalla pubblicazione dell'elenco delle società operanti nei settori individuati dall'articolo 1, comma 1, escludere dai prodotti offerti ogni componente che costituisca supporto finanziario alle società incluse nell'elenco medesimo.
  L'articolo 5 reca, al comma 1, la disciplina delle verifiche dei divieti posti dalle norme in esame; in particolare, la Banca d'Italia può richiedere dati, notizie, atti e documenti agli intermediari abilitati e, se necessario, può effettuare verifiche presso la sede degli stessi.
  Il comma 2, inoltre, dispone che gli organismi di vigilanza provvedano, nell'ambito delle ispezioni e dei controlli a carico dei soggetti vigilati, anche a controlli specifici di valutazione dell'attività connessa alla funzione di compliance in relazione ai divieti di cui al provvedimento in esame.
  L'articolo 6 introduce sanzioni amministrative a carico degli intermediari abilitati e dei loro amministratori che non osservano i divieti previsti dall'articolo 1. Il complesso delle attività vietate in tale disposizione, che non attengono al mero finanziamento, ma comprendono anche la ricerca tecnologica, la produzione e la commercializzazione, dunque, è corredato da una sanzione amministrativa solo quando la violazione è commessa da intermediari abilitati. Peraltro, le attività non riconducibili al finanziamento paiono difficilmente imputabili agli intermediari finanziari, che però sono i soli destinatari delle sanzioni.
  In dettaglio, il comma 1 sanziona gli intermediari abilitati che violano i divieti di cui all'articolo 1, prevedendo l'applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria da 150.000 a 1.500.000 euro «per i casi di cui» all'articolo 5 del decreto legislativo n. 231 del 2001, sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche per i reati commessi nel loro interesse o a loro vantaggio. Pag. 32
  Il comma 2 sanziona invece, sempre per la violazione dei divieti di cui all'articolo 1, le persone fisiche che svolgono funzioni di amministrazione e di direzione degli intermediari abilitati o che, per loro conto, svolgono funzioni di controllo. A loro si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 50.000 a 250.000 euro, salvo che il fatto costituisca reato. Rammenta, infatti, che ai sensi dell'articolo 7 della legge n. 95 del 2011, è prevista la pena della reclusione per chiunque «assiste anche finanziariamente» colui che sviluppa, produce, acquisisce in qualsiasi modo, stocca, conserva o trasferisce, direttamente o indirettamente, munizioni a grappolo o parti di esse; la sanzione penale sarà applicabile ovviamente alle sole persone fisiche responsabili del reato (societas delinquere non potest). In assenza di un'analoga disposizione nella legge n. 374 del 1997 sulle mine antipersona, il finanziamento di tali attività – ora qualificato come illecito dall'articolo 1, comma 1, del provvedimento in esame – resta sprovvisto di sanzione (tanto penale quanto amministrativa) per tutti coloro che non sono intermediari finanziari.
  La clausola di salvaguardia penale, in virtù della quale la sanzione amministrativa si applica salvo che il fatto costituisca reato, rappresenta una novità rispetto al testo approvato nella XVII legislatura e intende dare riscontro alle criticità rilevate dal messaggio di rinvio alle Camere del Presidente della Repubblica del 27 ottobre 2017. Il Capo dello Stato, infatti, motivando la mancata promulgazione del provvedimento, evidenziava la mancanza di una clausola di salvaguardia penale, il che avrebbe implicato «in ragione del principio di specialità dell'illecito amministrativo posto dall'articolo 9 della legge n. 689 del 1981, l'effetto di privare di rilievo penale le condotte dolose di finanziamento poste in essere da soggetti qualificati, che risulterebbero sanzionabili solo in via amministrativa», sostanzialmente depenalizzando una condotta attualmente punita con la reclusione da 3 a 12 anni e con la multa da 258.228 a 516.456 euro quando il finanziamento riguardi imprese che producono munizioni a grappolo (articolo 7 della legge n. 95 del 2011).
  Il quadro sanzionatorio risultante dalla proposta di legge è dunque il seguente:

   il finanziamento di imprese produttrici di munizioni a grappolo (o cluster) è sempre, chiunque lo effettui, sanzionato penalmente (ai sensi dell'articolo 7 della legge n. 95 del 2011), ed è corredato di sanzione amministrativa quando l'illecito è commesso dagli intermediari abilitati (ai sensi dell'articolo 6 della proposta di legge C. 1813);

   il finanziamento di imprese produttrici di mine antipersona non è mai sanzionato penalmente, ma costituisce illecito amministrativo quando il fatto è commesso dai soli intermediari finanziari abilitati (ai sensi dell'articolo 6 della proposta di legge).

  Segnala quindi come al finanziamento di imprese che producono mine antipersona, da una parte, e al finanziamento di imprese che producono munizioni a grappolo, dall'altra parte, si applichi un quadro sanzionatorio penale diversificato.
  In proposito ricorda che l'articolo 9 della Convenzione di Ottawa sulle mine antipersona dispone che «Ciascuna Parte adotterà tutte le misure giuridiche, amministrative e di altro tipo appropriate, incluso l'imposizione di sanzioni penali, per prevenire e sopprimere qualsiasi attività vietata ad una Parte secondo la presente Convenzione intrapresa da persone o sul territorio nell'ambito della propria giurisdizione o controllo» e che l'articolo 9 della Convenzione di Oslo sulle munizioni a grappolo dispone che «Ciascuno Stato Parte adotta tutte le misure legislative, amministrative e di altra natura necessarie ai fini dell'attuazione della presente Convenzione, compresa l'imposizione di sanzioni penali per prevenire e reprimere qualsiasi attività vietata a uno Stato Parte ai sensi della presente Convenzione, che verrebbe svolta da individui, o su un territorio, posti sotto la sua giurisdizione o il suo controllo».
  Il comma 3 dell'articolo 6 associa all'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie Pag. 33 (sia nei confronti delle persone fisiche sia nei confronti delle persone giuridiche, in mancanza di specificazione) anche conseguenze di tipo interdittivo: è disposta infatti la perdita temporanea, per una durata non inferiore a due mesi e non superiore a tre anni, dei requisiti di onorabilità per i rappresentanti legali dei soggetti abilitati, delle società di gestione del mercato, nonché per i revisori e i promotori finanziari e, per i rappresentanti legali di società quotate, l'incapacità temporanea ad assumere incarichi di amministrazione, direzione e controllo nell'ambito di società quotate e di società appartenenti al medesimo gruppo di società quotate.
  L'articolo 7 concerne l'entrata in vigore del provvedimento, stabilita per il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
  Sotto il profilo del rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, rileva come il provvedimento sia riconducibile alla materia «tutela del risparmio e mercati finanziari», attribuita alla competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione.
  Formula, quindi, una proposta di parere favorevole con una condizione e due osservazioni (vedi allegato 9).

  Nessun altro chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere formulata dalla relatrice.

  La seduta termina alle 14.40.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO
DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  Mercoledì 28 ottobre 2020.

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 19.35 alle 19.50.