CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 25 giugno 2020
395.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
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SEDE REFERENTE

  Giovedì 25 giugno 2020. — Presidenza del presidente Giuseppe BRESCIA. — Interviene il Sottosegretario di Stato per la Giustizia Vittorio Ferraresi.

  La seduta comincia alle 14.25.

Norme per l'attuazione della separazione delle carriere giudicante e requirente della magistratura.
C. 14 cost. di iniziativa popolare.

(Seguito esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 15 giugno 2020.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, segnala che, secondo quanto convenuto in Commissione, ha chiesto al Presidente della Camera di differire di una settimana dell'avvio della discussione in Assemblea sulla proposta di legge costituzionale C. 14 di iniziativa popolare, recante «Norme per l'attuazione della separazione delle carriere giudicante e requirente della magistratura», inizialmente prevista a partire da lunedì 29 giugno prossimo.

  Francesco Paolo SISTO (FI), relatore, si augura che il rinvio dell'avvio della discussione in Assemblea sia di una sola settimana e serva effettivamente ai gruppi, soprattutto di maggioranza, per maturare una posizione ponderata e consapevole sul merito del provvedimento.
  Sarebbe inaccettabile, a suo avviso, se dietro a tale decisione si celasse la volontà della maggioranza di differire sine die l'esame di una proposta di legge di iniziativa popolare.
  Riterrebbe infatti contraddittorio che proprio il gruppo del M5S, che si è sempre speso, a parole, a favore del massimo coinvolgimento dei cittadini nella vita politica, ostacolasse l'esame di tale proposta, ricordando che lo stesso Sottosegretario Fraccaro, in passato, aveva rilevato la necessità di prevedere un regime preferenziale per l'esame parlamentare di tale tipo di proposte di legge.
  Invita dunque i presentatori degli emendamenti volti a sopprimere i diversi articoli della proposta, a ritirarli, agevolando così la conclusione dell’iter in Commissione e rinviando all'esame in Assemblea la discussione sugli aspetti di merito più delicati del provvedimento. Chiede che i gruppi esprimano chiaramente la loro posizione sulla proposta da lui testé formulata.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, in risposta al deputato Sisto, dopo aver fatto notare che il suo gruppo non ha modificato il proprio orientamento su certi argomenti, ricorda che in I Commissione sinora è sempre stato garantito il massimo spazio di discussione alle proposte di iniziative popolare, fermo restando il legittimo articolarsi della dialettica parlamentare tra gruppi di maggioranza ed opposizione.

  Stefano CECCANTI (PD) ritiene che la proposta formulata dal deputato Sisto meriti un'adeguata riflessione da parte dei gruppi, affinché sia possibile definire compiutamente le rispettive posizioni sul merito del provvedimento, in vista del prosieguo Pag. 8dell'esame nella prossima settimana.

  Francesco Paolo SISTO (FI), relatore, si augura che il Presidente della Commissione rappresenti al Presidenza della Camera le esigenze emerse dal dibattito odierno in Commissione affinché venga rispettata la tempistica per l'inizio in Assemblea dell'avvio della discussione del provvedimento o quantomeno venga individuata, nella prossima riunione della Conferenza dei presidenti dei gruppi, una data certa e prossima.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, ritiene che il rinvio di una settimana dell'avvio della discussione in Assemblea possa consentire ai gruppi di approfondire le questioni in gioco, chiarendo le rispettive posizioni, anche in vista della definizione delle modalità di prosecuzione dell’iter. Considera dunque opportuno rinviare alla prossima settimana il prosieguo dell'esame, facendo notare che sarà sua cura rappresentare al Presidente della Camera le esigenze prospettate dai gruppi, nel rispetto della tempistica prevista per l'avvio dell'esame in Assemblea e in vista di una sollecita e positiva conclusione dell’iter.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.30.

INDAGINE CONOSCITIVA

  Giovedì 25 giugno 2020. — Presidenza del presidente Giuseppe BRESCIA. – Intervengono il sottosegretario di Stato per la Giustizia Vittorio Ferraresi e il sottosegretario di Stato per l'Interno Matteo Mauri.

  La seduta comincia alle 14.30.

Indagine conoscitiva in materia di transizione digitale della pubblica amministrazione.
(Deliberazione).

  Giuseppe BRESCIA, presidente, propone, sulla base di quanto convenuto in sede di Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, della Commissione, ed essendo stata acquisita l'intesa con il Presidente della Camera ai sensi dell'articolo 144, comma 1, del Regolamento, di deliberare lo svolgimento di un'indagine conoscitiva in materia di transizione digitale della pubblica amministrazione. L'indagine conoscitiva si concluderà entro sei mesi e si svolgerà sulla base del programma predisposto (vedi allegato).

  La Commissione approva la proposta del Presidente.

  La seduta termina alle 14.35.

ATTI DEL GOVERNO

  Giovedì 25 giugno 2020. — Presidenza del presidente Giuseppe BRESCIA. — Intervengono il sottosegretario di Stato per la Giustizia Vittorio Ferraresi e il sottosegretario di Stato per l'Interno Matteo Mauri.

  La seduta comincia alle 14.35.

Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento per il riordino del Banco nazionale di prova per le armi da fuoco portatili e per le munizioni commerciali.
Atto n. 180.

(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, ricorda che la Commissione è chiamata a esaminare, ai fini del parere al Governo, lo schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento per il riordino del Banco nazionale di prova per Pag. 9le armi da fuoco portatili e per le munizioni commerciali (Atto n. 180). Segnala che il termine per l'espressione del parere è fissato al 10 luglio prossimo.

  Maurizio CATTOI (M5S), relatore, rileva preliminarmente come il Banco nazionale di prova per le armi da fuoco portatili e per le munizioni commerciali sia un ente pubblico (con sede in Gardone Val Trompia) istituzionalmente preposto alla classificazione, prova e controllo della rispondenza alle norme tecniche e di legge, delle armi e delle munizioni.
  Le sue attività principali consistono nella prova delle armi (sulle armi che abbiano superato la prova, esso appone i punzoni riportati in un'apposita tabella), nel controllo delle munizioni commerciali, nello svolgimento di prove balistiche speciali (balistica interna, esterna e terminale).
  Oltre a questi compiti istituzionali, il Banco svolge altre attività complementari, quali le prove di resistenza balistica di giubbetti, elmetti, vetri anti-proiettili, serramenti e blindature in genere, sia per le Forze di Polizia sia per le aziende produttrici nonché per gli istituti di vigilanza privata.
  Le funzioni che il Banco esercita, per la loro rilevanza pubblica (a tutela della sicurezza), motivano l'attrazione alla sfera pubblicistica dell'ente, nonostante la sua originaria natura di consorzio.
  Esso è sottoposto alla vigilanza del Ministero dello sviluppo economico (ferme restando competenze loro proprie del Ministero della difesa e del Ministero dell'interno).
  Peraltro il Banco opera senza oneri per il bilancio dello Stato, in regime di autofinanziamento (con i proventi dei servizi resi) ed è soggetto a contabilità di tipo civilistico.
  Al personale si applica la disciplina privatistica, circa lo stato giuridico ed il trattamento economico (le attuali posizioni organizzative del Banco Nazionale di Prova annoverano 1 dirigente, 14 impiegati e 55 operai con contratto collettivo nazionale di lavoro appartenente all'industria metalmeccanica privata).
  Non è incluso nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione e ha autonomia statutaria ed organizzativa.
  Segnala quindi come lo schema di decreto in esame sia stato predisposto in forza dell'articolo 1, comma 174, della legge n. 124 del 2017, il quale prevede che con regolamento da emanarsi ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988 sia definita – entro centottanta giorni (dall'entrata in vigore della stessa legge n. 124) – la disciplina di organizzazione del Banco.
  Tale riorganizzazione è tenuta a rispettare:
   i princìpi e criteri direttivi di cui al comma 634 dell'articolo 2 della legge n. 244 del 2007;
   il principio dell'adeguata rappresentanza dei settori produttivi interessati negli organi dell'ente.

  La medesima disposizione della legge n. 124 del 2017 ha abrogato il decreto del Presidente della Repubblica n. 222 del 2010, recante il regolamento di organizzazione del Banco, che era stato adottato ai sensi della legge finanziaria del 2008 (legge n. 244 del 2007), disponendo che nelle more dell'emanazione del nuovo regolamento, si applichi all'ente il decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato 17 maggio 2001, di approvazione del regolamento interno amministrativo e tecnico del Banco.
  I richiamati princìpi e criteri direttivi dell'articolo 2, comma 634, della legge n. 244 del 2007, il quale ha previsto l'adozione di regolamenti con i quali provvedere al riordino, alla trasformazione o alla soppressione e messa in liquidazione di enti ed organismi pubblici statali nonché di strutture pubbliche statali o partecipate dallo Stato, anche in forma associativa, si connettevano ad un procedimento «taglia-enti», al quale il Banco non è stato (infine) sottoposto. Pertanto solo in Pag. 10parte assai circoscritta quei princìpi sono qui applicabili, limitatamente ad una riorganizzazione dell'ente (quanto alla razionalizzazione degli organi), la quale, essendo già dettata con normativa secondaria, a rigore non richiederebbe un'ulteriore autorizzazione legislativa.
  Invece assume specifica rilevanza ai fini dello schema di decreto l'altro principio dettato dal citato comma 174 della legge n. 124, relativo all'adeguata rappresentanza, negli organi dell'ente, dei settori produttivi interessati.
  Passando ad esaminare nel dettaglio il contenuto del provvedimento, il quale non modifica sostanzialmente la disciplina delle funzioni del Banco, incidendo piuttosto, per alcuni riguardi, sulla sua governance, rileva come l'articolo 1 ricalchi l'analogo articolo contenuto nell'ormai abrogato decreto del Presidente della Repubblica n. 222 del 2010, per quanto concerne sia la sede legale (sita in Gardone Val Trompia) sia la vigilanza del Ministero dello sviluppo economico – ferme le competenze del Ministero della difesa (per la vigilanza tecnica sulle prove delle armi e munizioni) e del Ministero dell'interno (per il controllo circa l'osservanza delle disposizioni vigenti di pubblica sicurezza in materia di fabbricazione ed importazione di armi da fuoco e delle munizioni da sparo).
  L'articolo 2 disciplina i compiti del Banco. Quanto alla determinazione delle funzioni del Banco, non si registrano variazioni (se non marginali di formulazione lessicale) rispetto al decreto del Presidente della Repubblica n. 222 del 2010.
  Dunque, ai sensi dei commi 2 e 3, il Banco:
   esercita il controllo tecnico della rispondenza delle armi e delle munizioni alle norme e regole tecniche ed alle vigenti disposizioni normative;
   esercita gli altri compiti attribuitigli dall'ordinamento;
   svolge attività e servizi tecnici, coerenti con le attività istituzionali sopra ricordate, affidati mediante convenzioni a titolo oneroso da amministrazioni ed organismi pubblici o privati;
   può stipulare, per lo svolgimento di attività di particolare rilievo attinenti ai propri compiti istituzionali, accordi di collaborazione con titolari di licenze ai sensi del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (di cui al regio decreto n. 773 del 1931) o con amministrazioni, enti, associazioni ed altre persone giuridiche pubbliche o private, nazionali o internazionali.

  Lo schema di decreto, ai commi da 4 a 6, reca inoltre ulteriori previsioni (non comprese nel decreto del Presidente della Repubblica n. 222) relative:
   al luogo di sottoposizione a prova delle armi da fuoco portatili, che – si prevede – il Banco può effettuare presso lo stabilimento di produzione, previo accordo con l'impresa interessata, qualora l'impresa stessa disponga – e metta a esclusiva e completa disposizione del Banco – di locali attrezzati, distinti dallo stabilimento di produzione, ritenuti idonei allo scopo (a giudizio insindacabile del Banco) sulla base di criteri stabiliti dal Banco medesimo con regolamento interno, e ferma restando la responsabilità esclusiva in capo al Banco delle prove eseguite: tale regolamento può disciplinare anche modalità e limiti di utilizzo di personale dello stabilimento di produzione, in affiancamento a quello del Banco;
   all'acquisizione e conservazione (con oneri a carico del Banco) presso l'Istituto poligrafico e Zecca dello Stato dei punzoni-tipo occorrenti per il marchio delle armi;
   alla comunicazione sul sito internet del Banco dell'entrata in vigore delle decisioni della Commissione internazionale permanente per la prova delle armi da fuoco portatili (CIP) di cui alla Convenzione di Bruxelles del 1o luglio 1969, ratificata e resa esecutiva con legge n. 993 del 1973 (relativa al riconoscimento reciproco tra Stati della punzonatura delle armi).

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  L'articolo 3 concerne l'autonomia statutaria, organizzativa e finanziaria del Banco.
  Rimane fermo il rispetto dei princìpi associativi originari e dei compiti di rilevanza pubblica attribuiti al Banco, così come rimangono ferme, al comma 2, le modalità di deliberazione dello statuto, da parte dell'assemblea dei partecipanti, a maggioranza dei due terzi dei componenti, su proposta del consiglio di amministrazione.
  L'approvazione dello statuto permane sottoposta all'approvazione del Ministero dello sviluppo economico, d'intesa con il Ministero della difesa e con il Ministero dell'economia e delle finanze (in luogo del Ministero dell'interno, non più previsto come partecipe della vigilanza sul Banco, dietro richiesta del medesimo Ministero, conseguente all'avvenuta soppressione del Catalogo nazionale delle armi).
  Ai sensi del comma 3 lo statuto determina:
   le competenze degli organi dell'ente;
   i criteri generali di organizzazione dei lavori assembleari;
   l'articolazione organizzativa interna del Banco (è invece espunta, rispetto al decreto del Presidente della Repubblica n. 222, la previsione secondo cui lo statuto determina le modalità di designazione ai partecipanti all'Assemblea).

  In base al comma 3 lo statuto prevede l'adozione di regolamenti interni – da approvarsi dal consiglio di amministrazione – in varie materie:
   criteri e modalità per la designazione del direttore generale in relazione a requisiti di professionalità e onorabilità;
   gestione del personale;
   definizione delle aree di responsabilità delle strutture interne;
   definizione di assetti organizzativi delle strutture amministrative e tecniche e dei relativi compiti gestionali e tecnici;
   criteri e modalità per la stipula di accordi e convenzioni.

  Tra tali materie, viene ad aggiungersi (rispetto al dettato del decreto del Presidente della Repubblica n. 222) la disciplina dei servizi tecnici.
  L'articolo 4 concerne gli organi del Banco. Nell'enumerazione degli organi, di cui al comma 1, permangono (rispetto al decreto del Presidente della Repubblica n. 222) il presidente, l'assemblea dei partecipanti, il consiglio di amministrazione e il collegio dei revisori dei conti, mentre si aggiunge il comitato tecnico.
  Permane inoltre, al comma 2, l'esclusione di compensi per i componenti dell'assemblea e del consiglio di amministrazione, mentre si aggiunge tal esclusione per i componenti del comitato tecnico.
  Resta altresì ferma, al comma 3, la previsione che demanda all'assemblea la determinazione dei compensi del presidente e dei revisori dei conti (tale determinazione rimane vincolata ai criteri fissati dalla direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 9 gennaio 2001, recante «Fissazione dei criteri per la determinazione dei compensi dei componenti di organi di amministrazione e di controllo degli enti e organismi pubblici»).
  Rispetto al decreto del Presidente della Repubblica n. 222 del 2010, non sono riprodotte nello schema di decreto alcune previsioni, attinenti a vincoli nonché alla razionalizzazione di spesa complessiva di funzionamento degli organi.
  L'articolo 5 riguarda il presidente del Banco, che è nominato dall'assemblea tra suoi componenti, diversamente dal decreto del Presidente della Repubblica n. 222, il quale prevedeva che il presidente fosse nominato dal consiglio di amministrazione tra i suoi componenti, e che resta in carica quattro anni.
  Il presidente è di diritto presidente del consiglio di amministrazione, ha la rappresentanza legale del Banco ed esercita i seguenti poteri:
   a) convoca l'assemblea (previsione assente nel decreto del Presidente della Repubblica Pag. 12n. 222) nonché il consiglio di amministrazione;
   b) dà esecuzione alle delibere del consiglio (previsione assente nel decreto del Presidente della Repubblica n. 222);
   c) in caso di urgenza, provvede alle deliberazioni di competenza del consiglio di amministrazione, da sottoporre a ratifica nella prima seduta successiva del consiglio.

  L'articolo 6 disciplina l'assemblea dei partecipanti, che ai sensi del comma 1 è costituita da 11 componenti, di cui:
   un rappresentante del Ministero dello sviluppo economico;
   un rappresentante del Ministero della difesa;
   un rappresentante per la Camera di commercio di Brescia;
   un rappresentante per il Comune di Brescia;
   un rappresentante per il Comune di Gardone Val Trompia;
   tre rappresentanti dei produttori delle armi – due dei produttori industriali; uno dei produttori artigiani;
   tre rappresentanti dei produttori di munizioni – uno dei produttori industriali; uno dei produttori artigiani; uno dei produttori industriali di componenti di munizioni.

  Ai sensi del comma 2 l'assemblea resta in carica quattro anni ed è presieduta dal presidente (previsione assente nel decreto del Presidente della Repubblica n. 222).
  Rispetto al decreto del Presidente della Repubblica n. 222, il predetto comma 2 dello schema di decreto dà maggiore articolazione (ed estensione) alle competenze dell'assemblea.
  Soprattutto, lo schema attribuisce all'assemblea:
   l'elezione e nomina dei componenti del consiglio di amministrazione, del presidente, del comitato tecnico;
   la designazione di un componente del collegio dei revisori);
   la determinazione dei compensi (pur nei limiti delineati dall'articolo 4 dello schema) del presidente e del collegio dei revisori.

  Inoltre, la materia delle «linee programmatorie generali delle attività», come recitava il decreto del Presidente della Repubblica n. 222, su cui l'assemblea delibera, è precisata dallo schema di decreto attribuendo all'assemblea l'approvazione del piano triennale di attività e dei suoi aggiornamenti annuali, nonché del bilancio consuntivo e preventivo.
  Osserva a tale ultimo riguardo come l'articolo 7, comma 2, lettera d), dello schema di decreto attribuisca l'approvazione del bilancio preventivo annuale al consiglio d'amministrazione.
  Permangono invariate (rispetto al dettato del decreto del Presidente della Repubblica n. 222), quali materie di competenza della deliberazione assembleare:
   l'adozione dello statuto e delle sue modificazioni;
   l'articolazione del Banco in sezioni o sedi in località dove l'industria delle armi assume una particolare rilevanza, previa proposta del consiglio di amministrazione;
   le questioni sottoposte dal presidente (anche su richiesta di oltre la metà dei consiglieri di amministrazione);
   le questioni attribuite espressamente dallo statuto.

  Non figura la previsione, invece presente nel decreto del Presidente della Repubblica n. 222, della «promozione di forme collaborative tra il Banco ed altri organismi pubblici e privati» – competenza che l'articolo 7 dello schema di decreto trasferisce al consiglio di amministrazione.
  L'articolo 7 disciplina il consiglio di amministrazione. Rispetto al dettato del decreto del Presidente della Repubblica n. 222, il comma 1 non muta né il numero Pag. 13dei componenti, pari a cinque (incluso il presidente), né la durata del suo mandato, pari a quattro anni.
  Muta invece, in parte, la provenienza dei componenti: infatti a fianco di due rappresentanti dei produttori – uno di armi, uno di munizioni, i quali permangono nella previsione dello schema – il decreto del Presidente della Repubblica n. 222 prevedeva tre rappresentanti ministeriali (uno ciascuno per i Ministeri dello sviluppo economico, dell'interno, della difesa): lo schema di decreto mantiene un rappresentante del Ministero dello sviluppo economico, mentre gli altri due sono da scegliersi tra i rappresentanti del Ministero della difesa, della Camera di commercio di Brescia, del Comune di Brescia e del Comune di Gardone Val Trompia.
  Sul punto segnala come il parere del Consiglio di Stato suggerisca di mantenere la riserva di un posto in rappresentanza del Ministero dell'interno.
  Quanto alle competenze del consiglio di amministrazione, anche a tale proposito (come per le competenze dell'assemblea) lo schema imprime una maggiore determinazione a quanto nel decreto del Presidente della Repubblica n. 222 atteneva genericamente ad obiettivi programmatici.
  In particolare, ai sensi del comma 2 spetta al consiglio d'amministrazione la predisposizione del piano triennale di attività e degli aggiornamenti annuali, da sottoporre all'assemblea.
  Così come spetta la predisposizione del bilancio preventivo annuale (corredato dalla relazione del collegio dei revisori) e del bilancio consuntivo (così come della relazione sull'andamento della gestione).
  Osserva in merito come lo schema di decreto faccia riferimento alla «approvazione» del bilancio preventivo annuale da parte del consiglio d'amministrazione, laddove l'articolo 6, comma 2, lettera c), attribuisce l'approvazione del bilancio preventivo all'assemblea dei partecipanti.
  Non era invece presente nel dettato del decreto del Presidente della Repubblica n. 222 la competenza consiliare circa la determinazione delle tariffe per le prove, peraltro da sottoporre al Ministero dello sviluppo economico.
  Come ricordato in precedenza, viene inoltre attribuita al consiglio d'amministrazione (anziché all'assemblea, com'era nel decreto del Presidente della Repubblica n. 222) la promozione di forme collaborative tra il banco ed altri «organismi» pubblici e privati.
  Permane la previsione della competenza consiliare sulla verifica dell'attuazione dei programmi, nonché sugli atti organizzativi interni (anche attinenti alla gestione del personale).
  È aggiunta (rispetto al dettato del decreto del Presidente della Repubblica n. 222) la previsione di una competenza del consiglio di amministrazione a deliberare sui regolamenti interni (oltre che sulle questioni attribuite espressamente dallo statuto).
  L'articolo 8 ha per oggetto il commissario straordinario, prevedendo che, in caso di accertata impossibilità di funzionamento degli organi di amministrazione, ovvero di gravi irregolarità o illegittimità degli atti adottati dal consiglio, il Ministro dello sviluppo economico può nominare, per un periodo non superiore ad un anno, un commissario straordinario per l'esercizio dei poteri spettanti al presidente e al consiglio di amministrazione.
  Al commissario straordinario è corrisposta un'indennità, con oneri a carico del bilancio del Banco, determinata con decreto del Ministro dello sviluppo economico.
  In merito alla previsione relativa all'indennità commissariale, segnala come il parere del Consiglio di Stato suggerisca di inserire la clausola «nel rispetto dei limiti di legge».
  L'articolo 9, in tema di collegio dei revisori dei conti, reca disposizioni che sostanzialmente non innovano (se non per la previsione che per ciascun membro effettivo sia nominato un supplente) la disciplina posta dal decreto del Presidente della Repubblica n. 222. Pertanto, il collegio dei revisori dei conti – nominato con Pag. 14decreto del Ministro dello sviluppo economico – si compone di tre membri, designati:
   uno dall'assemblea;
   uno dal Ministero dello sviluppo economico;
   uno, con funzioni di presidente, dal Ministero dell'economia e delle finanze.

  Ai sensi dei commi 2 e 3 il collegio resta in carica quattro anni e i suoi componenti possono essere confermati una sola volta; la sua funzione è esercitare il controllo di regolarità amministrativa e contabile del Banco.
  L'articolo 10, che non ha corrispettivo nel decreto del Presidente della Repubblica n. 222, ha per oggetto il comitato tecnico – nominato dall'assemblea tra i propri componenti – prevedendo che esso eserciti funzioni consultive sulle questioni tecniche attinenti l'attività del Banco.
  Ai sensi del comma 2 il comitato dura in carica quattro anni ed è composto da cinque componenti, che eleggono al loro interno il presidente. Tra i componenti devono essere ricompresi i rappresentanti dei Ministeri dello sviluppo economico e della difesa.
  L'articolo 11 concerne il direttore generale del Banco. In merito rispetto al decreto del Presidente della Repubblica n. 222 permane, al comma 1, la previsione secondo cui esso è nominato con decreto del Ministro dello sviluppo economico, sentito il Ministro della difesa (viene meno il Ministero dell'interno), su «proposta» (anziché «designazione») del consiglio di amministrazione.
  Al provvedimento di nomina accede un contratto di lavoro a tempo determinato, la cui forma e requisiti sono disciplinati dallo statuto.
  Restano altresì invariate, ai commi da 2 a 4, le previsioni secondo cui il direttore generale:
    è l'unico titolare di licenza di pubblica sicurezza per la detenzione di armi comuni, licenza di fabbricazione di cartucce commerciali e da guerra e di collezione di armi da guerra;
   propone al consiglio di amministrazione la nomina dei responsabili di settore;
    è il responsabile della gestione del Banco;
   assicura la funzionalità dell'ente e la continuità dell'esercizio dei relativi compiti di istituto;
   partecipa (senza diritto di voto) alle riunioni del consiglio di amministrazione, svolgendo le funzioni di segretario.

  Si aggiungono (rispetto al decreto del Presidente della Repubblica n. 222) le previsioni, di cui ai commi 5 e 6, secondo le quali il direttore generale partecipa alle riunioni del comitato tecnico (al presidente del quale egli può chiederne la convocazione) ed è membro di diritto della delegazione italiana presso la Commissione internazionale permanente per la prova delle armi da fuoco portatili (CIP) di cui alla Convenzione di Bruxelles del lo luglio 1969.
  L'articolo 12 disciplina le fonti di finanziamento del Banco, ricalcando senza variazioni il decreto del Presidente della Repubblica n. 222, salva la previsione di cui al comma 3, secondo cui eventuali utili debbano essere reinvestiti nelle attività del Banco.
  Si ribadisce dunque, al comma 1, il principio che il Banco opera senza oneri a carico dello Stato, finanziando le proprie attività mediante:
   a) contributi e tariffe determinate ai sensi dall'articolo 3 della legge n. 186 del 1960;
   b) corrispettivi per prestazioni di servizi;
   c) rendite del patrimonio;
   d) donazioni, lasciti e liberalità, previa accettazione deliberata dal consiglio di amministrazione;Pag. 15
   e) eventuali altre entrate.

  Si ribadisce altresì, al comma 2, che le tariffe per le prove siano stabilite dal Ministro dello sviluppo economico, su proposta del consiglio di amministrazione del Banco – e per le munizioni, previo parere della Commissione per il rilascio e la revoca delle autorizzazioni e per la decisione dei ricorsi di cui all'articolo 8 della legge n. 509 del 1993, relativa al controllo sulle munizioni commerciali per uso civile.
  La determinazione delle tariffe è condotta sulla base del costo economico del servizio, determinato dal costo tecnico e della quota delle spese generali ad esso imputabile (tale previsione ripete quanto statuito dal citato articolo 3 della legge n. 186 del 1986).
  L'articolo 13 interviene sulla gestione finanziaria e del personale. Quanto alla gestione finanziaria, il comma 1 ribadisce (rispetto al decreto del Presidente della Repubblica n. 222) che il Banco provvede all'autonoma gestione delle spese secondo la vigente normativa prevista dal codice civile, e che l'esercizio finanziario ha inizio il 1o gennaio e termina il 31 dicembre di ciascun anno.
  Riguardo al personale, il comma 2 ribadisce che i rapporti di lavoro dei dipendenti sono disciplinati dalle disposizioni civilistiche (libro V, titolo II, capo I del codice civile) e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, nonché dai contratti collettivi di lavoro.
  È altresì ribadito, al comma 3, il divieto di attendere a mansioni o disimpegnare incarichi incompatibili con le funzioni esercitate presso il Banco e, in particolare, di svolgere attività connesse con l'industria ed il commercio delle armi e delle munizioni.
  L'articolo 14 prevede la vigilanza sul Banco del Ministero dello sviluppo economico, che, ai sensi del comma 1, approva i seguenti atti deliberativi:
   lo statuto e le sue modificazioni (d'intesa con i Ministri dell'economia e della difesa);
   i piani di attività deliberati dall'assemblea;
   il bilancio preventivo e il bilancio consuntivo (sentito il Ministero dell'economia e delle finanze, come si viene ad aggiungere rispetto al decreto del Presidente della Repubblica n. 222);
   la determinazione dei contributi e delle tariffe;
   la partecipazione a consorzi, società ed associazioni;
   l'istituzione di sezioni locali del Banco;
   i compensi del presidente e dei componenti del collegio dei revisori dei conti;
   i regolamenti interni (sentito il Ministero della difesa, qualora abbiano natura tecnica);
   il regolamento di amministrazione e contabilità (sentito il Ministero dell'economia e delle finanze).

  Salvo qualche modifica formale, rimane invariato in merito l'assetto già previsto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 222.
  Resta altresì fermo, al comma 2, il meccanismo del silenzio assenso ministeriale (salvo che per le deliberazioni incidenti sullo statuto), con un termine per l'esecutività di sessanta giorni (anziché novanta giorni come nel decreto del Presidente della Repubblica n. 222) dalla data di ricezione presso il Ministero (il quale può sospendere il termine per una sola volta, per una pari durata).
  Ove non intenda approvare gli atti, il Ministero dello sviluppo economico ne dispone l'annullamento, ovvero il rinvio per il riesame.
  Al comma 4 si prevede (come già nell'articolo 14, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica n. 222) che il Banco presenti semestralmente al Ministero vigilante una relazione sullo svolgimento dei compiti d'istituto, anche con riguardo «al processo di riordino e contenimento delle spese».
  Osserva peraltro come tale ultima previsione si riconnettesse, nell'ambito del decreto del Presidente della Repubblica Pag. 16n. 222, a disposizioni (contenute nell'articolo 4) prescriventi una razionalizzazione o comunque criteri per delimitare la spesa complessiva del Banco o degli organi, le quali non sono riprese nello schema di decreto in esame.
  L'articolo 15 reca le disposizioni transitorie, prevedendo, al comma 1, che gli organi del Banco siano costituiti entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore del regolamento.
  Ai sensi del comma 2 il nuovo statuto del Banco è deliberato dall'assemblea, su proposta del consiglio di amministrazione, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del regolamento.
  Secondo il comma 3, in caso di mancata costituzione dell'assemblea o mancata deliberazione del nuovo statuto, è nominato (con decreto del Ministro dello sviluppo economico) un commissario straordinario per i relativi adempimenti.
  In base al comma 4 il consiglio di amministrazione ed il presidente in carica alla data di entrata in vigore del regolamento restano in carica fino all'insediamento del nuovo consiglio di amministrazione (fatto salvo il caso degli inadempimenti che diano adito alla nomina del commissario straordinario).
  L'articolo 16 reca clausola di invarianza finanziaria (già presente nel decreto del Presidente della Repubblica n. 222), mentre l'articolo 17 dispone talune abrogazioni.
  Tra queste, figura l'abrogazione del regio decreto n. 2121 del 1924 (recante il regolamento «sull'obbligatorietà della prova delle armi da fuoco portatili»), emanato in applicazione del decreto-legge n. 3152 del 1923, il quale è stato poi sostituito dalla legge n. 186 del 1960, cui ha fatto seguito il regolamento contenuto nel decreto del Presidente della Repubblica 28 ottobre 1964.
  Rileva come il regolamento recato dal regio decreto n. 2121 del 1924 sia da ritenersi già abrogato, implicitamente, per la ricordata successione normativa (come segnala il parere espresso dal Consiglio di Stato sullo schema di decreto).
  Le altre abrogazioni disposte dall'articolo riguardano:
   gli articoli 8, 9, 12 e 15 del regio decreto n. 20 del 1910;
   l'articolo 2 della legge n. 186 del 1960;
   gli articoli da 1 a 9 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1612 del 1964;
   l'articolo 10, comma 2, della legge n. 509 del 1993.

  In merito a tali abrogazioni segnala come esse fossero già previste dal decreto del Presidente della Repubblica n. 222 del 2010. Sebbene il predetto decreto del Presidente della Repubblica n. 222 sia stato poi abrogato dalla legge n. 124 del 2017, si fa presente come l'abrogazione di una norma abrogativa non determini di per sé – in assenza di elementi che indichino una diversa volontà del legislatore da ultimo intervenuto – la reviviscenza delle norme abrogate (secondo quanto chiarito dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 13 del 2012): pertanto tale articolo dello schema parrebbe «inutilmente sopprimere ciò che è già stato abrogato», come rileva il parere del Consiglio di Stato, il quale ne suggerisce dunque l'espunzione.
  Si riserva quindi di formulare una proposta di parere nella prossima settimana.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 34, recante misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati.
Atto n. 181.

(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto.

Pag. 17

  Giuseppe BRESCIA, presidente, rileva come la Commissione sia chiamata a esaminare, ai fini del parere al Governo, lo schema di decreto del Presidente della Repubblica recante modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 34, recante misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati (Atto n. 181).
  Ricorda che il termine per l'espressione del parere è fissato al 7 luglio 2020, prorogabile di ulteriori 10 giorni.

  Sabrina DE CARLO (M5S), relatrice, segnala come lo schema di decreto sia stato adottato in attuazione dell'articolo 22 della legge n. 47 del 2017, recante disposizioni in materia di misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati, il quale prevede che, entro un mese dall'approvazione della medesima legge n. 47, si provvede all'adeguamento alle nuove norme dei regolamenti di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1999 (Regolamento recante norme di attuazione del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), e di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 9 dicembre 1999, n. 535 (Regolamento concernente i compiti del Comitato per i minori stranieri).
  L'articolo 22 non reca specifiche disposizioni in merito all’iter di adozione degli atti attuativi. In simili casi, come evidenziato anche dal Consiglio di Stato nel parere reso sullo schema di decreto in esame, in virtù del principio del contrarius actus le modifiche ad un atto vengono adottate mediante un nuovo atto emanato nel rispetto della fonte legislativa dell'atto che si intende modificare. Nel caso di specie, trattandosi di modificare il decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1999, adottato in attuazione dell'articolo 1, commi 6 e 7, del Testo unico dell'immigrazione, lo schema di decreto è emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge n. 400 del 1988 (i citati commi 6 e 7 dispongono infatti che il regolamento di attuazione è emanato ai sensi del suddetto articolo 17, comma 1, e che sullo stesso è acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari).
  Fa quindi presente che sullo schema sono stati acquisiti i pareri favorevoli della Conferenza Unificata e dell'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza, nonché il parere del Consiglio di Stato, nel quale si evidenzia che non risultano acquisiti i concerti di tutte le amministrazioni concertanti rispetto al decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1999.
  Passando a illustrare il contenuto dello schema di decreto, che si compone di due articoli, esso introduce alcune modifiche ed integrazioni al già citato decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1999, recante il regolamento di attuazione del Testo unico in materia di immigrazione, al fine di dare attuazione particolare alle novità introdotte dalla citata legge n. 47 del 2017 sulla disciplina relativa al rilascio dei permessi di soggiorno per i minori stranieri non accompagnati e alla conversione dei permessi di soggiorno al raggiungimento della maggiore età.
  Rammenta, in generale, che la legge n. 47 del 2017 ha introdotto una serie di misure per il rafforzamento dei diritti e delle tutele in favore dei minori, a partire dalle fasi di accoglienza.
  La legge n. 47, da un lato, introduce esplicitamente il divieto assoluto di respingimento alla frontiera dei minori stranieri non accompagnati, respingimento che non può essere disposto in alcun caso. Dall'altro, essa modifica la disciplina relativa al divieto di espulsione dei minori stranieri che, in base alla normativa vigente, può essere derogato esclusivamente per motivi di ordine pubblico e sicurezza dello Stato, stabilendo ulteriormente che, in ogni caso, il provvedimento di espulsione può essere adottato a condizione che non comporti «un rischio di danni gravi per il minore». È altresì specificato che la decisione del tribunale per i minorenni, che ha la competenza in materia, deve essere assunta tempestivamente e comunque nel termine di 30 giorni.Pag. 18
  In tema di accoglienza, la legge n. 47 del 2017 ha introdotto significative modifiche ed integrazioni alle disposizioni del decreto legislativo n. 142 del 2015 (cosiddetto «decreto accoglienza»), tra cui la disciplina di una articolata procedura di identificazione del minore, che costituisce il passaggio fondamentale per l'accertamento della minore età, da cui a sua volta dipende la possibilità di applicare le misure di protezione in favore dei minori non accompagnati. La legge ha completato il percorso già avviato con la legge di stabilità per il 2015 (legge n. 190 del 2014), in base al quale tutti i minori stranieri non accompagnati, richiedenti o non la protezione internazionale, hanno la possibilità di accedere ai servizi di accoglienza all'interno del Sistema di protezione dei titolari di protezione internazionale (SPRAR), ridenominato SIPROIMI.
  Per potenziare l'efficacia delle tutele nei confronti dei minori non accompagnati, la legge n. 47 del 2017 rende inoltre più celere l'attivazione delle indagini familiari del minore e introduce un criterio di preferenza dell'affidamento ai familiari rispetto al collocamento in comunità di accoglienza.
  Inoltre, è stata modificata la competenza dell'organo deputato ad adottare i provvedimenti di rimpatrio assistito, trasferendola dal Ministero del lavoro al Tribunale per i minorenni, che decide anche in merito ai provvedimenti di espulsione.
  Per favorire e promuovere gli istituti di assistenza e protezione dei minori in stato di abbandono (tutela e affidamento), la legge n. 47 ha assegnato agli enti locali il compito di sensibilizzare e formare affidatari per accogliere i minori, in modo da favorire l'affidamento familiare in luogo del ricovero in una struttura di accoglienza. Inoltre, si prevede, presso ogni Tribunale per i minorenni, l'istituzione da parte dei garanti regionali per l'infanzia e l'adolescenza di un elenco in modalità informatica di tutori volontari disponibili ad assumere la tutela di un minore straniero non accompagnato.
  Per implementare le attività di censimento e monitoraggio, la legge n. 47 ha previsto l'istituzione presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali del Sistema informativo nazionale dei minori stranieri non accompagnati (SIM), nel quale confluiscono le cartelle sociali dei minori non accompagnati, compilate dal personale qualificato che svolge il colloquio con il minore nella fase di prima accoglienza.
  Alcune disposizioni della legge sono poi finalizzate a rafforzare singoli diritti già riconosciuti ai minori non accompagnati.
  In particolare:
    è estesa la piena garanzia dell'assistenza sanitaria ai minori non accompagnati, prevedendo la loro iscrizione al Servizio sanitario nazionale, che la normativa previgente considerava obbligatoria solo per i minori in possesso di un permesso di soggiorno, anche nelle more del rilascio del permesso di soggiorno, dopo il ritrovamento a seguito della segnalazione (resta comunque garantita a tutti i minori la tutela della salute);
    è incentivata l'adozione di specifiche misure da parte delle istituzioni scolastiche e delle istituzioni formative accreditate dalle regioni idonee a favorire l'assolvimento dell'obbligo scolastico e formativo da parte dei minori;
   sono implementate le garanzie processuali e procedimentali a tutela del minore straniero, mediante la garanzia di assistenza affettiva e psicologica dei minori stranieri non accompagnati in ogni stato e grado del procedimento e il riconoscimento del diritto del minore di essere informato dell'opportunità di nominare un legale di fiducia, anche attraverso il tutore nominato o i legali rappresentanti delle comunità di accoglienza, e di avvalersi del gratuito patrocinio a spese dello Stato in ogni stato e grado del procedimento;
   si prevede una particolare tutela per i minori non accompagnati vittime di tratta.

  In tale contesto, l'articolo 10 della legge n. 47, con finalità di semplificazione, prevede Pag. 19che i minori stranieri non accompagnati possano ricevere, quando la legge dispone il divieto di respingimento o di espulsione, due tipi di permesso di soggiorno: il permesso per minore età e il permesso per motivi familiari.
  Il permesso di soggiorno per minore età (di cui all'articolo 10, comma 1, lettera a), della legge n. 47) è rilasciato al minore non accompagnato in quanto soggetto nei confronti del quale sono in generale vietati l'espulsione e il respingimento e dunque, tale permesso si può richiedere per il solo fatto di essere minorenni. Per espressa previsione della legge, il permesso per minore età può essere rilasciato su richiesta dello stesso minore, anche direttamente e anche prima della nomina del tutore; tale permesso conserva validità fino al compimento della maggiore età.
  In base alla legge, il permesso di soggiorno per motivi familiari (di cui all'articolo 10, comma 1, lettera b), della legge n. 47) può essere rilasciato in caso di minore straniero:
   sottoposto alla tutela di un cittadino italiano o di un cittadino straniero regolarmente soggiornante e convivente con il tutore;
   affidato a un cittadino italiano o a un cittadino straniero regolarmente soggiornante, ai sensi dell'articolo 4 della legge n. 184 del 1983;
   affidato «di fatto» a parente entro il quarto grado (fratello/sorella, nonno/a, zio/zia, cugino/a) ai sensi dell'articolo 9, comma 4, della legge n. 184 del 1983.

  Nell'operare tale semplificazione, la legge n. 47 ha, di fatto, superato la previsione relativa al permesso per integrazione sociale e civile del minore che era rilasciato ai sensi dell'articolo 32, commi 1-bis e 1-ter, del Testo unico dell'immigrazione ai minori ammessi a partecipare ad un progetto sociale e civile per un periodo di almeno due anni.
  Per quanto concerne le singole disposizioni dello schema di decreto, l'articolo 1 reca alcune modifiche ed integrazioni al citato decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1999, recante il Regolamento di esecuzione del Testo unico delle disposizioni in materia di immigrazione.
  Il cuore del provvedimento è rappresentato dalla lettera e) dell'articolo 1, la quale riscrive le lettere a) e a-bis) dell'articolo 28 del decreto del Presidente della Repubblica n. 394, elencando le due principali tipologie di permesso di soggiorno che possono essere rilasciate ai minori non accompagnati, con la finalità di adeguare la normativa regolamentare alle disposizioni già introdotte a seguito dell'entrata in vigore della richiamata legge n. 47.
  In dettaglio, il numero 1) della lettera e) sostituisce la lettera a) dell'articolo 28 del decreto del Presidente della Repubblica n. 394, prevedendo il rilascio del permesso di soggiorno per minore età, rinviando direttamente «ai casi di cui all'articolo 10, comma 1, lettera a), della legge n. 47/2017» e ribadendo che il permesso dura fino al compimento della maggiore età, salvo che ricorrano i presupposti per il rilascio per permesso per motivi familiari. Tale ultimo inciso, non presente nella legge n. 47 del 2017, ribadisce tuttavia il carattere residuale del permesso per minore età, che viene rilasciato qualora non possa essere rilasciato un altro titolo di soggiorno.
  Ricorda che, ai sensi dell'articolo 10, comma 1, lettera a), della legge n. 47 del 2017, in caso di minore straniero non accompagnato, rintracciato nel territorio nazionale e segnalato alle autorità competenti, il permesso di soggiorno per minore età è rilasciato, su richiesta dello stesso minore, direttamente o attraverso l'esercente la responsabilità genitoriale, anche prima della nomina del tutore ed è valido fino al compimento della maggiore età.
  Il numero 2) della medesima lettera e) sostituisce interamente la lettera a-bis) dell'articolo 28 del decreto del Presidente della Repubblica n. 394, senza tuttavia operare alcun rinvio espresso alle disposizioni della legge n. 47 del 2017, prevedendo il rilascio del permesso per motivi familiari al minore straniero non accompagnato, Pag. 20purché affidato, includendo in tale ipotesi anche l'affidamento cosiddetto «di fatto» ai sensi dell'articolo 9, comma 4, della legge n. 184 del 1983, ovvero sottoposto alla tutela di un cittadino italiano o di un cittadino straniero regolarmente soggiornante conviventi con il minore.
  Ricorda che, nella formulazione vigente, la lettera a-bis) dell'articolo 28 del decreto del Presidente della Repubblica n. 394 fa invece riferimento al permesso di soggiorno per integrazione sociale e civile del minore e al permesso di soggiorno per affidamento, che sono contestualmente eliminate per effetto di quanto previsto dalla legge n. 47 del 2017.
  La nuova formulazione della disposizione pare discostarsi da quella prevista dall'articolo 10, comma 1, lettera b), della legge n. 47 del 2017, ai sensi della quale il permesso per motivi familiari, viene rilasciato al:
   minore di quattordici anni affidato, anche in via «di fatto», e successive modificazioni, o sottoposto alla tutela di un cittadino italiano con lo stesso convivente;
   minore ultraquattordicenne affidato, anche in via «di fatto», e successive modificazioni, o sottoposto alla tutela di uno straniero regolarmente soggiornante nel territorio nazionale o di un cittadino italiano con lo stesso convivente.

  Come si evince dalla lettera delle due disposizioni, la norma contenuta nella legge n. 47 del 2017 distingue tra minori infraquattordicenni e ultraquattordicenni, prevedendo il rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari ai minori di quattordici anni soltanto se affidati o sottoposti a tutela di un cittadino italiano convivente. Diversamente, lo schema in esame non sembra recepire tale distinzione prevista dalla legge n. 47, disponendo per tutti i minori la medesima disciplina, che presuppone ai fini del permesso di soggiorno per motivi familiari, la condizione di affidamento o tutela da parte sia di un cittadino italiano, sia di uno straniero regolarmente soggiornante, purché in entrambi i casi conviventi con il minore.
  Tale profilo è stato evidenziato nel parere reso dal Consiglio di Stato, in cui si evidenzia come la disposizione dello schema, nella parte in cui sostituisce la lettera a-bis) dell'articolo 28 del decreto del Presidente della Repubblica n. 394, vada riformulata per renderla aderente alla norma primaria (articolo 10, comma 1, lettera b), della legge n. 47 del 2017), in ossequio al principio di gerarchia delle fonti, che non consente alla fonte secondaria di contraddire la fonte primaria.
  In proposito, la relazione illustrativa allo schema di regolamento sottolinea la mancanza di rilievo concreto della distinzione tra minori di quattordici anni e minori ultraquattordicenni, «in quanto anche al minore di quattordici anni affidato ad un cittadino straniero è rilasciato un permesso di soggiorno individuale e non è più iscritto nel permesso di soggiorno dell'affidatario» per effetto dell'articolo 10 della legge europea 2015/2016 (legge n. 122 del 2016), che ha abrogato la disposizione che prevedeva l'iscrizione del minore di anni 14 nel permesso di soggiorno dell'affidatario straniero.
  Nel parere il Consiglio di Stato, preso atto del tenore della relazione, soggiunge che tale motivazione non consente di superare il contrasto tra previsione legislativa e previsione regolamentare, in primo luogo in quanto dalla modifica normativa non discenderebbero gli effetti dichiarati e soprattutto perché la legge 47 del 2017 è norma successiva alla citata legge n. 122 del 2016.
  Relativamente alle previsioni della lettera e), segnala pertanto l'opportunità di chiarire i presupposti per il rilascio del permesso di soggiorno in coerenza con le previsioni della legge n. 47 del 2017, di cui lo schema in esame costituisce attuazione, anche alla luce di quanto rilevato nel parere reso dal Consiglio di Stato.
  Con riferimento alle ulteriori modifiche al decreto del Presidente della Repubblica n. 394, la lettera a) dell'articolo 1 dello schema novella il comma 6 dell'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica Pag. 21n. 394 del 1999, che disciplina la documentazione necessaria ai fini della richiesta del permesso di soggiorno.
  La disposizione vigente esonera i richiedenti asilo e i destinatari di una protezione speciale o temporanea dall'obbligo di esibire il passaporto o un documento equipollente, nonché la documentazione, attestante la disponibilità dei mezzi per il ritorno nel Paese di provenienza.
  Con la modifica recata dalla lettera a) si propone di estendere tale disposizione anche ai minori stranieri non accompagnati, a fini del rilascio per permesso di soggiorno per età o per motivi familiari (mediante richiamo dell'articolo 28, comma 1, lettere a) e a-bis), come sostituite dalla lettera e) del comma in esame).
  In tal modo, si «normativizza» in parte quanto già previsto in due circolari ministeriali per il permesso di soggiorno per minore età, ai sensi delle quali tale permesso deve essere rilasciato dalla Questura anche se il minore è privo di passaporto o altro documento equipollente, in attuazione del principio del «superiore interesse del minore» sancito dall'articolo 3 della Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza (Circolari del Ministero dell'interno del 24 marzo 2017 e del 28 agosto 2017).
  La lettera b) sostituisce la lettera c-sexies) del comma 1 dell'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1999 che, nell'elenco dei motivi per i quali viene rilasciato il permesso di soggiorno, include «l'integrazione del minore, nei confronti dei minori che si trovino nelle condizioni di cui all'articolo 32, commi 1-bis e 1-ter, del testo unico».
  Tale previsione s'intende difatti superata con l'entrata in vigore della legge n. 47 del 2017, che, nel ridefinire le tipologie di permessi di soggiorno rilasciabili ai minori non accompagnati, ammette che nelle condizioni di cui all'articolo 32, commi 1-bis e 1-ter del Testo unico dell'immigrazione sia rilasciato al minore un permesso per minore età.
  Ai sensi della disposizione oggetto di modifica, il permesso di soggiorno per integrazione sociale e civile del minore (di cui all'articolo 28, comma 1, lettera a-bis), del decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1999, anch'esso modificato) è rilasciato in favore previo parere della Direzione generale del Ministero del lavoro.
  Rammenta che tale tipologia di permesso è stata introdotta dall'articolo 25 della legge n. 189 del 2002 e prevede che il permesso di soggiorno possa essere rilasciato al minore straniero non accompagnato che sia stato ammesso per un periodo non inferiore a due anni in un progetto di integrazione sociale e civile e che si trova sul territorio nazionale da non meno di tre anni (condizioni di cui al citato articolo 32, comma 1-bis e 1-ter, del Testo unico dell'immigrazione).
  La disposizione viene pertanto sostituita specificando che il permesso di soggiorno per integrazione è quello che viene rilasciato nei casi di cui all'articolo 13, comma 2, della legge n. 47 del 2017, ossia quando un minore straniero non accompagnato, al compimento della maggiore età, viene affidato ai servizi sociali, con decreto motivato del tribunale per i minorenni, in quanto pur avendo intrapreso un percorso di inserimento sociale, necessita di un supporto prolungato volto al buon esito di tale percorso finalizzato all'autonomia (cosiddetto «prosieguo amministrativo»).
  In questi casi, il tribunale per i minorenni può disporre l'affidamento ai servizi sociali, anche su richiesta di questi ultimi, comunque non oltre il compimento del ventunesimo anno di età.
  Con la lettera c) sono introdotte tre modifiche all'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1999, il quale disciplina in generale i casi di conversione dei permessi di soggiorno.
  Il numero 1) della lettera c), di coordinamento normativo, sopprime, al comma 1, lettera c), del citato articolo 14, il riferimento al permesso di soggiorno per integrazione civile e sociale, di cui si è già detto, come permesso che consentirebbe l'esercizio del lavoro subordinato e del lavoro autonomo.Pag. 22
  Ricorda che l'articolo 14, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 394 elenca le ipotesi in cui il permesso di soggiorno rilasciato per motivi di lavoro subordinato o di lavoro autonomo e per motivi familiari può essere utilizzato anche per le altre attività consentite allo straniero, anche senza conversione o rettifica del documento, per il periodo di validità dello stesso.
  Il numero 2) della lettera c) prevede, mediante l'inserimento di una lettera c-bis) nel richiamato articolo 14, comma 1, che il permesso di soggiorno per minore età e quello per motivi familiari (indicati mediante rinvio all'articolo 28, comma 1, lettere a) e a-bis), del decreto del Presidente della Repubblica n. 394) consentono di svolgere attività lavorativa e formativa finalizzata all'accesso al lavoro nel rispetto delle norme sul lavoro minorile.
  La disposizione specifica altresì che al compimento della maggiore età, trovano applicazione le disposizioni sulla conversione del permesso di soggiorno di cui all'articolo 32, commi 1 e 1-bis, del Testo unico dell'immigrazione.
  In merito ricorda che l'articolo 32, comma 1-bis, del Testo unico dell'immigrazione prevede che ai minori stranieri non accompagnati, una volta che abbiano raggiunto la maggiore età, può essere concesso il permesso di soggiorno sempre che non sia stata attivata nel frattempo la procedura di rimpatrio assistito.
  Le tipologie di permesso di soggiorno previste dalla legge sono le seguenti: studio; accesso al lavoro; lavoro subordinato; lavoro autonomo; cure mediche. Ad eccezione di quest'ultima tipologia, il rilascio del permesso di soggiorno è rilasciato al compimento della maggiore età: 1) a coloro che risultano affidati ad una famiglia o sottoposti a tutela, ovvero 2) ai minori stranieri non accompagnati che hanno partecipato ad un progetto di integrazione sociale e civile della durata di almeno 2 anni, gestito da un ente pubblico o privato riconosciuto.
  Affinché la questura decida in merito all'istanza di conversione del titolo di soggiorno è necessario il parere positivo della Direzione generale del Ministero del lavoro (in precedenza il Comitato per i minori stranieri) nelle ipotesi di cui al numero 1), ossia in cui a chiedere la conversione sia un minore che non ha partecipato ad un progetto di integrazione.
  In tema di misure di accompagnamento verso la maggiore età e di integrazione di lungo periodo, ricorda che sul punto era intervenuta anche la legge n. 47 del 2017 (all'articolo 13, comma 1), disponendo che il mancato rilascio del parere positivo da parte della Direzione Generale dell'Immigrazione e delle Politiche di integrazione del Ministero del Lavoro per la conversione del permesso di soggiorno dei minori stranieri al compimento del diciottesimo anno di età, non potesse legittimare il rifiuto del rinnovo del permesso. Si prevedeva altresì l'applicazione a tali procedimenti del silenzio assenso. Successivamente entrambe queste novità sono state abrogate dell'articolo 1, comma 1, lettera n-bis), del decreto-legge n. 113 del 2018.
  La domanda di conversione del permesso di soggiorno per minore età in permesso per studio, lavoro o attesa occupazione ai sensi dell'articolo 32 del Testo unico dell'immigrazione deve essere presentata alla Questura competente in base al domicilio del minore, 60 giorni prima del compimento dei 18 anni (in tal caso la domanda è presentata dal tutore) o comunque entro i 60 giorni successivi.
  Alla domanda devono essere allegati: la richiesta di parere inoltrata alla DG Immigrazione e la sua eventuale risposta; gli stessi documenti allegati alla richiesta di parere inviata alla DG Immigrazione.
  Il numero 3) della lettera c) integra la normativa regolamentare con la disciplina della conversione del permesso di soggiorno per richiesta di asilo rilasciato al minore non accompagnato: a tal fine, si aggiunge un comma 1-bis nell'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1999, prevedendo che il citato permesso può essere convertito in permesso di soggiorno per studio, lavoro o accesso al lavoro, ai sensi dell'articolo 32 del Testo unico dell'immigrazione, in caso Pag. 23di diniego della protezione internazionale, «anche dopo il raggiungimento della maggiore età».
  La disposizione è infatti finalizzata, come si evince anche esplicitamente dalla relazione illustrativa, ad evitare che la possibilità di conversione resti preclusa per i tempi di esame della domanda di protezione internazionale. Si prevede pertanto che la richiesta di conversione possa essere presentata entro termini compatibili con la procedura amministrativa o giurisdizionale relativa alla domanda. In particolare, la domanda è presentata entro trenta giorni che decorrono:
   dalla scadenza del termine dell'impugnazione del diniego della Commissione territoriale, ovvero;
   dalla notifica del decreto non impugnabile con cui l'autorità giudiziaria nega la sospensione del provvedimento impugnato, ovvero;
   dalla comunicazione del decreto di rigetto del ricorso.

  Ancora in tema di conversione del permesso, la lettera d) inserisce un nuovo articolo 14-bis nel decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1999, interamente dedicato alla disciplina del parere richiesto al Ministero del lavoro e delle politiche sociali per la conversione del permesso di soggiorno per minore età.
  In base al comma 2 del nuovo articolo 14-bis, alla richiesta di parere, che può essere presentata non prima di novanta giorni prima del compimento della maggiore età e non oltre sessanta giorni dalla scadenza del permesso di soggiorno, devono essere allegati, oltre ai documenti attestanti l'identità del richiedente, copia del permesso di soggiorno per minore età e la documentazione che attesta il percorso di integrazione svolto o in corso.
  Ai sensi del comma 3 del nuovo articolo 14-bis, fermo restando la valutazione caso per caso, ai fini del rilascio del parere del Ministero del lavoro, si tiene conto della durata della permanenza del minore nel territorio nazionale e dell'avvio di un percorso di integrazione.
  Il comma 4 del nuovo articolo 14-bis definisce inoltre quattro casi in cui non deve richiesto il parere del Ministero per la conversione del permesso di soggiorno del minore:
   per chi ha svolto il percorso di integrazione delineato dai commi 1-bis e 1-ter dell'articolo 32 del decreto legislativo n. 286 del 1998, ossia è presente nel territorio nazionale da almeno tre anni ed ha partecipato per almeno due anni ad un progetto di integrazione sociale e civile;
   per la conversione del permesso di soggiorno per motivi familiari;
   per i minori che al compimento della maggiore età sono titolari di un permesso di soggiorno di protezione internazionale.

  Il comma 5 del nuovo articolo 14-bis specifica che per i minori che al compimento della maggiore età sono affidati dal Tribunale per i minorenni ai servizi sociali per il proseguimento del percorso di inserimento sociale, il parere del Ministero del lavoro potrà essere richiesto al momento della conversione del permesso di soggiorno per integrazione in permesso di soggiorno per studio, lavoro o accesso al lavoro salvo che non siano trascorsi tre anni dall'ingresso nel territorio nazionale ed il cittadino straniero abbia partecipato per almeno due anni ad un progetto di integrazione.
  Ricorda che tale materia è oggi disciplinata dalle «Linee Guida dedicate al rilascio dei pareri per la conversione del permesso di soggiorno dei minori stranieri non accompagnati al raggiungimento della maggiore età», adottate dalla Direzione Generale dell'Immigrazione e delle Politiche di integrazione del Ministero dell'interno, con decreto direttoriale del 24 febbraio 2017, al fine di rendere uniforme sul territorio italiano l'attuazione dell'articolo 32, comma 1-bis, del Testo unico dell'Immigrazione, in particolare per quanto concerne il rilascio del parere positivo da parte della Direzione Generale dell'Immigrazione e delle Politiche di integrazione per la conversione del permesso di soggiorno Pag. 24dei minori stranieri non accompagnati al compimento del 18esimo anno di età.
  La disciplina contenuta nelle predette Linee guida è in larga parte sovrapponibile a quanto previsto dall'articolo 14-bis, che lo schema di regolamento intende introdurre. Per quanto di maggiore interesse, nelle Linee guida, fatta salva la necessità di valutare in concreto ogni situazione nel superiore interesse del minore, sono precisati i casi per i quali la richiesta di parere alla Direzione Generale dell'immigrazione e delle politiche di integrazione non deve essere inviata:
   per minori stranieri non accompagnati che risultino presenti in Italia da almeno tre anni, ammessi ad un progetto di integrazione sociale e civile per un periodo non inferiore a due anni;
   per minori stranieri affidati a parenti entro il 4o grado, anche se in possesso del permesso di soggiorno per minore età;
   per minori stranieri non accompagnati per i quali il Tribunale per i minorenni abbia ordinato il prosieguo amministrativo delle misure di protezione e di assistenza oltre il compimento del 18esimo anno di età;
   per minori stranieri non accompagnati che al compimento del 18esimo anno di età siano in possesso di un permesso di soggiorno per asilo, per protezione sussidiaria o per motivi umanitari.

  Segnala inoltre come, in merito alle previsioni del nuovo articolo 14-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 394 – e al rapporto con quanto stabilito dall'articolo 32 del Testo unico dell'immigrazione – il Consiglio di Stato, nel parere reso sullo schema di decreto in esame, abbia rilevato come «la previsione del comma 1 dell'articolo 14-bis dello schema regolamentare in esame risulta non compatibile con la fonte primaria espressamente richiamata alla quale intenderebbe dare attuazione». «Analoghe considerazioni attengono i commi 4 e 5 dell'articolo 14-bis».
  Il Consiglio di Stato ha infatti evidenziato come – per assicurare il rispetto del principio di gerarchia delle fonti – non possa essere permesso alla fonte regolamentare di generalizzare un parere obbligatorio e vincolante estendendolo a tutti i casi di rilascio di permesso di soggiorno al minore straniero non accompagnato, divenuto maggiorenne, per motivi di studio, accesso al lavoro, di lavoro subordinato o autonomo.
  In particolare le disposizioni del nuovo articolo 14-bis, da un lato (al comma 1) avrebbero l'effetto di generalizzare il parere del Ministero dell'interno, estendendolo a tutti i casi di domanda di conversione, mentre le citate norme del Testo unico limitano il parere ai casi di richiesta da parte dei minori stranieri affidati o sottoposti a tutela. Dall'altro, prevederebbero alcune deroghe alla necessità del parere che non sono contemplate dal Testo unico (ai commi 4 e 5).
  In tale contesto ricorda che l'articolo 32, comma 1-bis, del Testo unico dell'immigrazione testualmente dispone che il permesso di soggiorno di cui al comma 1 può essere rilasciato per motivi di studio, di accesso al lavoro ovvero di lavoro subordinato o autonomo, al compimento della maggiore età, ai minori stranieri non accompagnati, affidati ai sensi dell'articolo 2 della legge n. 184 del 1983, ovvero sottoposti a tutela, previo parere positivo del Comitato per i minori stranieri di cui all'articolo 33 del Testo unico, ovvero ai minori stranieri non accompagnati che siano stati ammessi per un periodo non inferiore a due anni in un progetto di integrazione sociale e civile gestito da un ente pubblico o privato che abbia rappresentanza nazionale e che comunque sia iscritto nel registro istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, ai sensi dell'articolo 52 del decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1999.
  Segnala l'opportunità di valutare le previsioni del comma 1 dell'articolo 14-bis dello schema di regolamento alla luce di quanto stabilito dall'articolo 32 del Testo unico dell'immigrazione, tenuto conto di quanto evidenziato nel parere del Consiglio Pag. 25di Stato e di quanto già disposto dalle richiamate Linee guida sulla materia.
  L'articolo 2, con finalità di «manutenzione normativa», sostituisce nel regolamento di attuazione del testo unico in materia di immigrazione ogni riferimento al «Comitato per i minori stranieri», soppresso articolo 12, comma 20, del decreto-legge n. 95 del 2012, sostituendolo con quello al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
  Ricorda, in proposito, che il Comitato per i minori stranieri, organismo statale istituito ai sensi dell'articolo 33 del decreto legislativo n. 286 del 1998 per garantire la tutela dell'effettivo esercizio dei diritti dei minori stranieri non accompagnati, è stato soppresso dal citato articolo 12, comma 20, del decreto – legge n. 95 del 2012, con conseguente trasferimento dei compiti da questo svolti alla Direzione Generale dell'Immigrazione e delle Politiche di Integrazione presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
  Rammenta al riguardo che l'articolo 33 del Testo unico aveva attribuito al Comitato per i minori stranieri compiti di vigilanza e coordinamento sulle modalità di soggiorno dei minori stranieri temporaneamente ammessi sul territorio dello Stato e funzioni di tutela dei relativi diritti. Il Comitato – disciplinato dal D.P.C.M. n. 535 del 1999 ed in conformità alle previsioni della Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva con legge 27 maggio 1991, n. 176 – svolgeva le seguenti attività, trasferite alla Direzione generale:
   compiti di impulso e di ricerca al fine di promuovere l'individuazione dei familiari dei minori;
   decisione in merito al provvedimento di rimpatrio assistito;
   censimento dei minori presenti non accompagnati.

  Svolgendo alcune considerazioni finali, fa notare che si tratta di un provvedimento che era atteso entro un mese dalla data di entrata in vigore della richiamata legge n. 47 del 2017, avvenuta il 6 maggio 2017. Rileva dunque che con circa tre anni di ritardo è stata finalmente disposta l'attuazione della norma, anche a seguito di alcune interrogazioni parlamentari e delle diverse sollecitazioni dell'Autorità Garante per l'Infanzia.
  Osserva quindi come l'atto in esame sia solo il primo dei tre provvedimenti attuativi previsti dalla legge n. 47 del 2017. Sono infatti attese anche le modifiche al DPCM n. 535 del 1999 (Regolamento concernente i compiti del comitato per i minori stranieri, a norma dell'articolo 33, commi 2 e 2-bis, del decreto legislativo n. 286 del 1998), previste anch'esse dall'articolo 22 della legge n. 47, e un nuovo decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri sulle procedure relative al primo colloquio con il minorenne a cura della struttura di accoglienza. Quest'ultimo atto, di fondamentale importanza, previsto dall'articolo 19-bis del decreto legislativo n. 142 del 2015, aggiunto dall'articolo 5 della legge n. 47, era atteso entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della predetta legge n. 47.
  Considerato che l'intervento normativo in esame è stato più volte sollecitato dall'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza, in quanto necessario per dare concreta attuazione alla legge n. 47 del 2017, e rendere operativo il sistema di protezione dei minori stranieri non accompagnati, ed avendo l'Italia ratificato nel 1991 la Convenzione di New York, ossia la Convenzione internazionale sui diritti dell'infanzia, che dispone quali siano gli obblighi degli Stati e della comunità internazionale nei confronti dell'infanzia, rileva che una rapida adozione di questo provvedimento porterebbe certamente a un avanzamento sul piano dei diritti delle persone di minore età.
  Osserva, in conclusione, come lo schema di regolamento stabilisca una serie di importanti modifiche al decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1999 che consentirebbero di tutelare più compiutamente i diritti dei minori non accompagnati e dei neomaggiorenni, superando Pag. 26quindi le disparità di trattamento e le prassi illegittime che, in assenza di chiare norme, sono purtroppo invalse in molte realtà.
  Auspica dunque che l'intervento normativo, seguendo l’iter previsto, possa giungere quanto prima alla sua adozione.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.45.

AUDIZIONI INFORMALI

  Giovedì 25 giugno 2020.

Audizione informale, in videoconferenza, dell'avvocato Gianpaolo Catanzariti, nell'ambito dell'esame delle proposte di legge C. 474 Nesci, C. 1512 Bruno Bossio e C. 1630 Santelli, recanti modifiche al testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di scioglimento dei consigli degli enti locali conseguente a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso.

  L'audizione informale è stata svolta dalle 14.45 alle 15.15.

Audizione informale, in videoconferenza, di Pierluigi Portaluri, professore ordinario di diritto amministrativo presso l'Università del Salento, nell'ambito dell'esame delle proposte di legge C. 474 Nesci, C. 1512 Bruno Bossio e C. 1630 Santelli, recanti modifiche al testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di scioglimento dei consigli degli enti locali conseguente a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso.

  L'audizione informale è stata svolta dalle 15.15 alle 15.35.

INDAGINE CONOSCITIVA

  Giovedì 25 giugno 2020. — Presidenza del vicepresidente Gianluca VINCI.

  La seduta comincia alle 15.35.

Indagine conoscitiva nell'ambito dell'esame della proposta di legge C. 2329 Brescia, recante «Modifiche al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e al testo unico di cui al decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, in materia di soppressione dei collegi uninominali e di soglie di accesso alla rappresentanza nel sistema di elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Delega al Governo per la determinazione dei collegi elettorali plurinominali».
Audizione in videoconferenza di Antonio Floridia, direttore dell'Osservatorio elettorale e del settore «Politiche per la partecipazione» della Regione Toscana.
(Svolgimento e conclusione).

  Gianluca VINCI, presidente, avverte che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
  Introduce, quindi, l'audizione.

  Antonio FLORIDIA, direttore dell'Osservatorio elettorale e del settore «Politiche per la partecipazione» della Regione Toscana, svolge una relazione sui temi oggetto dell'audizione.

  Gianluca VINCI, presidente, ringrazia il direttore Floridia per il suo intervento e dichiara quindi conclusa l'audizione.

Audizione in videoconferenza di Carlo Fusaro, professore di diritto elettorale e parlamentare presso l'Università di Firenze.
(Svolgimento e conclusione).

  Gianluca VINCI, presidente, avverte che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione Pag. 27diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
  Introduce, quindi, l'audizione.

  Carlo FUSARO, professore di diritto elettorale e parlamentare presso l'Università di Firenze, svolge una relazione sui temi oggetto dell'audizione.

  Svolge considerazioni e pone quesiti il deputato Stefano CECCANTI (PD), a cui risponde Carlo FUSARO, professore di diritto elettorale e parlamentare presso l'Università di Firenze.

  Gianluca VINCI, presidente, ringrazia il professor Fusaro per il suo intervento e dichiara quindi conclusa l'audizione.

Audizione in videoconferenza di Ksenija Dobrila, Presidente dell'Unione culturale economica slovena.
(Svolgimento e conclusione).

  Gianluca VINCI, presidente, avverte che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
  Introduce, quindi, l'audizione.

  Ksenija DOBRILA, Presidente dell'Unione culturale economica slovena, svolge una relazione sui temi oggetto dell'audizione.

  Gianluca VINCI, presidente, ringrazia la presidente Dobrila per il suo intervento e dichiara quindi conclusa l'audizione.

Audizione di Peter Močnik, Presidente della Slovenska skupnost.
(Svolgimento e conclusione).

  Gianluca VINCI, presidente, avverte che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
  Introduce, quindi, l'audizione.

  Peter MOCNIK, Presidente della Slovenska skupnost, svolge una relazione sui temi oggetto dell'audizione.

  Gianluca VINCI, presidente, ringrazia il presidente Močnik per il suo intervento e dichiara quindi conclusa l'audizione.

Audizione di Walter Bandelj, Presidente della Confederazione delle Organizzazioni Slovene e di Maurizio Tremul, Presidente dell'Unione italiana.
(Svolgimento e conclusione).

  Gianluca VINCI, presidente, avverte che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
  Introduce, quindi, l'audizione.

  Walter BANDELJ, Presidente della Confederazione delle Organizzazioni Slovene, e Maurizio TREMUL, Presidente dell'Unione italiana, svolgono relazioni sui temi oggetto dell'audizione.

  Gianluca VINCI, presidente, ringrazia il presidente Bandelj e il presidente Tremul per i loro interventi e dichiara quindi conclusa l'audizione.

Audizione di Stefano Passigli, già professore ordinario di Scienza della politica presso l'Università di Firenze.
(Svolgimento e conclusione).

  Gianluca VINCI, presidente, avverte che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la Pag. 28trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
  Introduce, quindi, l'audizione.

  Stefano PASSIGLI, già professore ordinario di Scienza della politica presso l'Università di Firenze, svolge una relazione sui temi oggetto dell'audizione.

  Svolge considerazioni e pone quesiti il deputato Francesco FORCINITI (M5S), a cui replica Stefano PASSIGLI, già professore ordinario di Scienza della politica presso l'Università di Firenze.

  Pone un ulteriore quesito il deputato Francesco FORCINITI (M5S), a cui risponde Stefano PASSIGLI, già professore ordinario di Scienza della politica presso l'Università di Firenze.

  Gianluca VINCI, presidente, ringrazia il professor Passigli per il suo intervento e dichiara quindi conclusa l'audizione.

  N.B.: Il resoconto stenografico della seduta è pubblicato in un fascicolo a parte.

  La seduta termina alle 17.40.

AVVERTENZA

  Il seguente punto all'ordine del giorno non è stato svolto:

COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica Italiana ed il Governo della Repubblica Democratica Socialista dello Sri Lanka sulla cooperazione nei campi della cultura, dell'istruzione, della scienza e della tecnologia
C. 2123 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alla III Commissione).

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