CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 4 maggio 2022
789.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
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COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

  Mercoledì 4 maggio 2022. — Presidenza del vicepresidente Fausto RACITI. – Interviene la sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri Deborah Bergamini.

  La seduta comincia alle 14.35.

Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e alla legge 21 aprile 2011, n. 62, in materia di tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori.
C. 2298 e abb.
(Parere alla II Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

  Fausto RACITI, presidente, rileva come il Comitato permanente per i pareri sia chiamato a esaminare, ai fini del parere alla II Commissione Giustizia, la proposta Pag. 8di legge C. 2298 e abbinate, recante modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e alla legge 21 aprile 2011, n. 62, in materia di tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori.

  Conny GIORDANO (M5S), relatrice, illustrando il contenuto del provvedimento, che si compone di 4 articoli, rileva come l'articolo 1 apporti alcune modifiche al codice di procedura penale.
  In particolare, il comma 1, modificando il quarto comma dell'articolo 275 del codice di procedura penale, incide sul divieto di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere per donna incinta o madre di prole di età non superiore a 6 anni con lei convivente (ovvero padre, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole).
  Nella formulazione vigente della disposizione tale divieto non ha natura assoluta, in quanto può venire meno a fronte della sussistenza di «esigenze cautelari di eccezionale rilevanza».
  In merito ricorda che secondo la giurisprudenza di legittimità, la ratio del divieto legislativo di applicazione della misura cautelare carceraria, in presenza di minori di età inferiore ai sei anni, risiede nella necessità di salvaguardare la loro integrità psicofisica, dando prevalenza alle esigenze genitoriali ed educative su quelle cautelari (entro i limiti precisati), garantendo così ai figli l'assistenza della madre, in un momento particolarmente significativo e qualificante della loro crescita e formazione (Corte di cassazione, sezione VI penale, 23 giugno – 1 settembre 2015, n. 35806; Corte di cassazione, sezione VI penale, 30 aprile – 4 luglio 2014, n. 29355; Corte di cassazione, sezione I penale, 12 dicembre 2013 – 31 gennaio 2014, n. 4748; Corte di cassazione, sezione V penale, 15 – 27 febbraio 2008, n. 8636).
  Anche la Corte costituzionale, con sentenza n. 17 del 2017, ha sottolineato come il divieto di applicazione della misura cautelare carceraria, in presenza di minori di età inferiore ai sei anni, sia «frutto del giudizio di valore operato dal legislatore, il quale stabilisce che, nei termini e nei limiti ricordati, sulla esigenza processuale e sociale della coercizione intramuraria deve prevalere la tutela di un altro interesse di rango costituzionale, quello correlato alla protezione costituzionale dell'infanzia, garantita dall'articolo 31 della Costituzione (sentenze n. 239 del 2014 e n. 177 del 2009; ordinanza n. 145 del 2009)».
  In ordine alla nozione delle esigenze cautelari «di eccezionale rilevanza» idonee, dunque, a superare la cogenza del divieto di disporre o di mantenere la custodia cautelare in carcere, secondo l'interpretazione giurisprudenziale esse si distinguono dalle normali esigenze cautelari per l'intensità delle stesse, che deve essere tale da far ritenere insostituibile la misura carceraria, attesa l'esistenza di puntuali e specifici elementi dai quali emerga un «non comune, spiccato, allarmante rilievo» dei pericoli di cui all'articolo 274 del codice di procedura penale (in questo senso Cassazione, Sezione IV, 16 giugno 2005, n. 34218).
  La Corte di cassazione, I sezione penale, con sentenza n. 47861 del 2012 ha stabilito il principio secondo cui: «La eccezionale rilevanza delle esigenze cautelari richiesta dall'articolo 275 comma 4 c.p.p. per disporre o mantenere, nei confronti di madre di bambino in tenera età con lei convivente, la misura della custodia cautelare in carcere, nell'ipotesi in cui la misura custodiale sia stata applicata ai sensi dell'articolo 274, comma 1, lettera c) c.p.p. sussiste se il concreto pericolo di commissione di gravi delitti della stessa specie di quelli per cui si procede sia elevatissimo, così da permettere una prognosi di sostanziale certezza in ordine al fatto che l'indagata, se sottoposta a misure cautelari diverse dalla custodia in carcere, continuerebbe a commettere i predetti delitti».
  Inoltre la Cassazione penale, sezione II, con sentenza n. 48999 del 2019, ha ritenuto che le eccezionali esigenze sono ravvisabili nella «serialità di comportamenti nel compiere reati contro il patrimonio, documentati da precedenti penali e di polizia», nonché «nella professionalità manifestata da alcune modalità della condotta, nella assenza di qualsiasi reddito da cui desumere che la commissione di reati contro il patrimonio fosse la sua fonte di Pag. 9sostentamento, ed infine nella circostanza che l'indagata fosse inserita in ambienti delinquenziali strutturati».
  Altra sentenza ha ritenuto che la sussistenza delle esigenze cautelari di «eccezionale rilevanza» debbono risultare da «concreti, specifici ed attuali elementi indiziari e debbono essere indicative dell'esistenza di un oggettivo pericolo che deriverebbe alla comunità dallo stato di libertà del soggetto» (Corte di Cassazione sezione VI, 23.2.2017).
  Anche la giurisprudenza costituzionale ha evidenziato in numerose occasioni la speciale rilevanza dell'interesse del figlio minore a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, ed ha riconosciuto che tale interesse è complesso e articolato in diverse situazioni giuridiche, che trovano riconoscimento e tutela sia nell'ordinamento costituzionale interno, il quale demanda alla Repubblica di proteggere l'infanzia, favorendo gli istituti necessari a tale scopo (ai sensi dell'articolo 31, secondo comma, della Costituzione), sia nell'ordinamento internazionale, nel quale l'articolo 3, comma 1, della Convenzione sui diritti del fanciullo, e l'articolo 24, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell'UE qualificano come «superiore» l'interesse del minore, stabilendo che in tutte le decisioni relative ad esso, adottate da autorità pubbliche o istituzioni private, tale interesse deve essere considerato «preminente»: precetto, questo, che assume una pregnanza particolare quando si discuta dell'interesse del bambino in tenera età a godere dell'affetto e delle cure materne (sentenze n. 17 del 2017, n. 239 del 2014, n. 7 del 2013 e n. 31 del 2012).
  La Corte ha specificato che l'elevato rango dell'interesse del minore a fruire in modo continuativo dell'affetto e delle cure materne, tuttavia, non lo sottrae in assoluto ad un possibile bilanciamento con interessi contrapposti, pure di rilievo costituzionale, quali sono quelli di difesa sociale, sottesi alla necessaria esecuzione della pena inflitta al genitore in seguito alla commissione di un reato. Tale bilanciamento, in via di principio, è rimesso alle scelte discrezionali del legislatore e può realizzarsi attraverso regole legali che determinano, in astratto, i limiti rispettivi entro i quali i diversi principi possono trovare contemperata tutela (sentenza n. 17 del 2017).
  In tale contesto la modifica apportata dal comma 1 dell'articolo 1 della proposta di legge è volta a escludere sempre la custodia cautelare in carcere della donna incinta o della madre di prole di età inferiore a 6 anni con lei convivente (ovvero del padre, qualora sia deceduta o impossibilitata ad assistere la prole).
  In questi casi, infatti, ai sensi della lettera a), se sussistono esigenze cautelari di eccezionale rilevanza la custodia cautelare deve essere obbligatoriamente disposta presso un istituto a custodia attenuata per detenute madri (ICAM).
  Inoltre, in base alla lettera b), quando l'imputato sia l'unico genitore di una persona affetta da disabilità grave (ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge n. 104 del 1991) con lui convivente, ovvero quando l'altro genitore sia impossibilitato a dare assistenza al figlio e non vi siano parenti idonei a farlo entro il quarto grado, la custodia cautelare in carcere è consentita solo se sussistono esigenze cautelari di eccezionale rilevanza (situazione equiparata a quella dell'imputato ultrasettantenne).
  Per coordinamento con la modifica introdotta all'articolo 275 del codice di procedura penale, il comma 2 dell'articolo 1 della proposta di legge in esame abroga l'articolo 285-bis del codice di procedura penale, che oggi consente al giudice di disporre l'applicazione della misura cautelare in istituto a custodia attenuata per detenute madri. La novella all'articolo 275 del codice di procedura penale ha infatti imposto al giudice – in presenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza – di disporre la custodia in un ICAM, non potendo ricorrere alla custodia in carcere.
  In sintesi, quindi, dal combinato disposto delle modifiche apportate dai commi 1 e 2:

   sarà sempre vietata la custodia cautelare in carcere per detenute madri con prole di età inferiore ai 6 anni;

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   ove sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza il giudice dovrà disporre la custodia cautelare in un istituto a custodia attenuata per detenute madri (ICAM).

  Il comma 3 interviene sull'articolo 293 del codice di procedura penale, che disciplina le modalità esecutive delle misure cautelari, inserendovi i due nuovi commi 1-quater e 1-quinquies.
  Al riguardo, la proposta di legge:

   introduce l'obbligo per gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria incaricati di eseguire la misura cautelare, i quali rilevino la sussistenza di una delle ipotesi di divieto di applicazione della custodia in carcere di cui all'articolo 275, comma 4, di darne atto nel verbale di arresto unitamente ad ogni indicazione fornita dal destinatario della misura in ordine alla sussistenza dei suddetti presupposti. In tal senso, il verbale dovrà essere trasmesso al giudice che ha emesso il provvedimento restrittivo prima del trasferimento della persona indagata nell'istituto di pena (nuovo comma 1-quater);

   prevede, nei predetti casi, la possibilità per il giudice di disporre la sostituzione della misura cautelare con altra meno grave o la sua esecuzione con modalità meno gravose anche prima dell'ingresso dell'indagato nell'istituto di pena (nuovo comma 1-quinquies).

  Il comma 4 interviene sull'articolo 656 del codice di procedura penale, il quale disciplina l'esecuzione delle condanne definitive, aggiungendovi un nuovo comma 4-quinquies. Al riguardo si prescrive che:

   l'autorità che cura l'esecuzione della sentenza debba immediatamente avvisare il magistrato di sorveglianza della sussistenza di ipotesi di possibile rinvio obbligatorio della pena ai sensi dell'articolo 146 del codice penale (sul quale interviene l'articolo 2 della proposta di legge in esame);

   il magistrato di sorveglianza, verificata la sussistenza dei presupposti del rinvio della pena, possa ordinare il differimento dell'esecuzione o, se la protrazione della detenzione può cagionare grave pregiudizio al condannato, la liberazione del detenuto, fino alla decisione del tribunale, al quale trasmette immediatamente gli atti (secondo quanto previsto dall'articolo 684, comma 2, del codice di procedura penale).

  L'articolo 2 modifica il codice penale con riguardo alla disciplina dei casi di differimento obbligatorio e facoltativo della pena (di cui agli articoli 146 e 147 del codice penale) nei confronti di condannate madri.
  Al riguardo ricorda che l'articolo 146 del codice penale, al primo comma, numero 2), obbliga il giudice al differimento dell'esecuzione della pena se deve aver luogo nei confronti di madre di prole di età inferiore ad un anno, sempre che non sia venuta meno la responsabilità genitoriale ai sensi dell'articolo 330 del codice civile. Il differimento è invece previsto come facoltativo dall'articolo 147, primo comma, numero 3), del codice penale, nell'ipotesi in cui una pena restrittiva della libertà personale debba essere eseguita nei confronti di madre di prole di età tra uno e tre anni.
  Ricorda, inoltre, che l'articolo 47-ter, comma 1-ter, dell'ordinamento penitenziario disciplina l'istituto della cosiddetta detenzione domiciliare in deroga, prevedendo che quando potrebbe essere disposto il rinvio obbligatorio o facoltativo dell'esecuzione della pena ai sensi degli articoli 146 e 147 del codice penale, il tribunale di sorveglianza, anche se la pena supera il limite per l'applicazione della detenzione domiciliare, possa disporre l'applicazione della stessa, stabilendone un termine di durata, che può essere prorogato. L'esecuzione della pena prosegue durante la detenzione domiciliare.
  In rapporto ad un beneficio obbligatorio, quale il rinvio dell'esecuzione della pena nei casi di cui all'articolo 146 del codice penale (al più sostituibile con la detenzione domiciliare ai sensi dell'articolo 47-ter, comma 1-ter, dell'ordinamento penitenziario), la Corte costituzionale ha affermato che il pericolo di una strumentalizzazione della maternità «è adeguatamentePag. 11 bilanciato dalla circostanza che il secondo comma dello stesso articolo 146 del codice penale prevede espressamente, tra le condizioni ostative alla concessione del differimento dell'esecuzione della pena e tra quelle di revoca del beneficio, la dichiarazione di decadenza della madre dalla potestà sul figlio (che, ai sensi dell'articolo 330 c.c., può essere pronunciata quando il genitore viola o trascura i doveri ad essa inerenti con grave pregiudizio del figlio) nonché l'abbandono o l'affidamento del figlio ad altri» (così l'ordinanza della Corte costituzionale 8 maggio 2009, n. 145).
  In particolare, il comma 1 dell'articolo 2 interviene sul rinvio obbligatorio della pena, apportando le seguenti modifiche:

   consentendo il rinvio obbligatorio della pena in caso di prole di età inferiore a un anno anche al condannato padre, qualora la madre del bambino sia deceduta o comunque impossibilitata a prendersene cura e non ci siano parenti idonei entro il quarto grado;

   aggiungendo il rinvio obbligatorio della pena quando il figlio abbia meno di 3 anni di età e sia affetto da disabilità grave. In tale ipotesi, il rinvio opera nei confronti della condannata madre nonché del condannato padre, qualora la madre del bambino sia deceduta o comunque impossibilitata a prendersene cura e non ci siano parenti idonei entro il quarto grado;

   coordinando la disposizione che esclude il differimento quando il genitore (non più solo la madre ma, eventualmente, anche il padre) sia dichiarato decaduto dalla responsabilità genitoriale.

  Il comma 2 interviene sull'articolo 147 del codice penale, in merito al rinvio facoltativo della pena, estendendo l'istituto attualmente previsto per la madre di prole di età inferiore a 3 anni anche al padre, qualora la madre del bambino sia deceduta o comunque impossibilitata a prendersene cura e non vi siano parenti idonei entro il quarto grado.
  L'articolo 3, comma 1, interviene sull'ordinamento penitenziario (di cui alla legge n. 354 del 1975) con riguardo all'istituto della detenzione domiciliare di cui all'articolo 47-ter e della detenzione domiciliare speciale di cui all'articolo 47-quinquies.
  In particolare, la lettera a) modifica l'articolo 47-ter dell'ordinamento penitenziario, che attualmente consente che la pena della reclusione non superiore a 4 anni (anche se costituente parte residua di maggior pena) possa essere espiata:

   presso il domicilio ovvero in case famiglia protette dalla condannata incinta o madre di prole di età inferiore a 10 anni con lei convivente (alla lettera a);

   presso il domicilio dal condannato padre di prole di età inferiore a 10 anni, quando la madre sia deceduta o altrimenti assolutamente impossibilitata a dare assistenza ai figli (alla lettera b).

  In tali ipotesi la lettera a) del comma 1 restringe la discrezionalità del giudice imponendo la detenzione domiciliare a meno che non sussista il concreto pericolo della commissione di ulteriori delitti; anche in tal caso, l'alternativa alla detenzione domiciliare non sarà il carcere, ma l'istituto a custodia attenuata.
  Inoltre, la lettera b) del comma 1 interviene sull'istituto della detenzione domiciliare speciale (di cui all'articolo 47-quinquies dell'ordinamento penitenziario) che attualmente consente, anche al di fuori dei limiti di pena di cui all'articolo 47-ter, la detenzione domiciliare alla madre di prole di età inferiore a 10 anni (alla quale è equiparato il padre, in assenza della madre), quando non sussiste il concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti e il condannato abbia già scontato un terzo della pena ovvero 15 anni in caso di ergastolo.
  Anche in questo caso, il provvedimento esclude il carcere, prevedendo per il condannato la detenzione domiciliare oppure – in caso di concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – l'istituto della custodia attenuata.
  Ricorda che l'articolo 47-quinquies, comma 1-bis, della citata legge n. 354 del Pag. 121975 è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo – per violazione dell'articolo 31, secondo comma, della Costituzione – limitatamente alle parole «Salvo che nei confronti delle madri condannate per taluno dei delitti indicati nell'articolo 4-bis,» (sentenza n. 76 del 2017).
  Secondo la Corte costituzionale, la disposizione censurata impediva in assoluto alle predette condannate, anche laddove si fosse verificata la condizione della collaborazione con la giustizia, di espiare la frazione iniziale di pena detentiva secondo le modalità agevolate ivi previste (presso un istituto a custodia attenuata, o, ricorrendone le condizioni, nel domicilio o presso luoghi di cura, assistenza o accoglienza), introducendo un automatismo preclusivo dell'accesso a un istituto, come la detenzione domiciliare speciale, primariamente volto alla salvaguardia del rapporto della madre condannata con il minore in tenera età. Secondo la Corte, lungi dal costituire bilanciamento di contrapposti interessi di rilievo costituzionale, tale preclusione assoluta – non consentendo al giudice di verificare la sussistenza in concreto, nelle singole situazioni, delle esigenze di difesa sociale sottese alla necessaria espiazione della pena detentiva da parte delle madri di minori infradecenni condannate per uno dei reati inclusi nell'elenco dell'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario – pretermette e sacrifica totalmente l'interesse del minore ad instaurare un rapporto quanto più possibile «normale» con la madre, nonché la stessa finalità di reinserimento sociale della condannata (non estranea alla detenzione domiciliare speciale, quale misura alternativa alla detenzione). In base al ragionamento della Corte, affinché il preminente interesse del minore possa restare recessivo di fronte alle esigenze di protezione della società dal crimine, la legge deve consentire che la sussistenza e la consistenza di queste ultime siano verificate in concreto, e non già sulla base di automatismi che impediscono al giudice ogni margine di apprezzamento delle singole situazioni. Non si è quindi in presenza di un bilanciamento tra principi – e di una ragionevole regola legale – se il legislatore, impedendo al giudice di verificare in concreto, nelle singole situazioni, la sussistenza e consistenza delle esigenze di difesa sociale sottese alla necessaria esecuzione della pena inflitta al genitore, introduce un automatismo basato su presunzioni insuperabili, il quale comporta il totale sacrificio dell'interesse del minore (sentenza n. 239 del 2014).
  Infine, nella citata sentenza n. 76 del 2017, la Corte sottolinea come la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'articolo 47-quinquies, comma 1-bis, dell'ordinamento penitenziario, limitatamente alle parole «Salvo che nei confronti delle madri condannate per taluno dei delitti indicati nell'articolo 4-bis,» non metta in pericolo le esigenze di contrasto alla criminalità organizzata, dal momento che, da un lato, lo stesso comma 1-bis affida al prudente apprezzamento del giudice l'accesso della condannata alla detenzione nella propria abitazione o in altro luogo di privata dimora, ovvero di cura, assistenza o accoglienza, condizionandolo all'insussistenza di un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti o di fuga, e, dall'altro, rientrando l'istituto in oggetto tra le misure alternative alla detenzione, ai condannati per uno dei delitti di cui all'articolo 4-bis della legge n. 354 del 1975 resta pur sempre applicabile il complesso ed articolato regime previsto da tale disposizione per la concessione dei benefici penitenziari, in base, però, alla ratio della sentenza n. 239 del 2014, secondo la quale la mancata collaborazione con la giustizia non può ostare alla concessione di un beneficio primariamente finalizzato a tutelare il rapporto tra la madre e il figlio minore.
  L'articolo 4 interviene sulla legge n. 62 del 2011 (recante modifiche al codice di procedura penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, e altre disposizioni a tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori).
  In particolare, il comma 1 incide sulla disciplina dell'individuazione delle case famiglia protette, sostituendo il comma 2 dell'articolo 4 della citata legge n. 62 con Pag. 13due nuovi commi (2 e 2-bis), volti a prevedere:

   l'obbligo (e non più la facoltà) per il Ministro della giustizia di stipulare con gli enti locali convenzioni volte a individuare le strutture idonee a essere utilizzate come case famiglia protette; a tal fine i comuni devono riconvertire e utilizzare prioritariamente immobili di proprietà comunale purché idonei, utilizzando i fondi disponibili;

   l'obbligo per i comuni, ove siano presenti case famiglie protette, di adottare i necessari interventi per consentire il reinserimento sociale delle donne una volta espiata la pena detentiva, avvalendosi a tal fine dei propri servizi sociali.

  Il comma 2 dell'articolo 4 della proposta di legge, aggiungendo un nuovo comma 1-bis nell'articolo 5 della legge n. 62 del 2011, prevede che alla copertura degli oneri derivanti dalla realizzazione delle case famiglia protette, si provveda a valere sulle disponibilità della cassa delle ammende di cui all'articolo 4 della legge n. 547 del 1932.
  In tale contesto ricorda che la legge di bilancio 2021 (al comma 322) ha istituito, nello stato di previsione del Ministero della giustizia, un apposito fondo, dotato di 1,5 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio (2021-2023), al fine di garantire il finanziamento dell'accoglienza di genitori detenuti con bambini al seguito in case-famiglia protette ai sensi dell'articolo 4 della legge n. 62 del 2011, ed in case-alloggio per l'accoglienza residenziale dei nuclei mamma-bambino. Entro due mesi dall'entrata in vigore della legge di bilancio, il Ministro della giustizia, con decreto, da adottarsi di concerto con il Ministro dell'economia e sentita la Conferenza unificata, provvede al riparto delle risorse tra le regioni. La definizione dei criteri e delle modalità di ripartizione è demandata allo stesso decreto ministeriale.
  Per quanto attiene al rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, rileva come il provvedimento sia prevalentemente riconducibile alla materia «ordinamento penale», attribuito alla competenza legislativa esclusiva statale ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione.
  Formula quindi una proposta di parere favorevole (vedi allegato 1).

  Il Comitato approva la proposta di parere formulata dalla relatrice.

Ratifica ed esecuzione del Trattato tra la Repubblica italiana e la Repubblica francese per una cooperazione bilaterale rafforzata.
C. 3423 Governo.
(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

  Fausto RACITI, presidente e relatore, rileva come il Comitato permanente per i pareri sia chiamato a esaminare, ai fini del parere alla III Commissione Affari esteri, il disegno di legge C. 3423, recante ratifica ed esecuzione del Trattato tra la Repubblica italiana e la Repubblica francese per una cooperazione bilaterale rafforzata.
  Segnala preliminarmente come la sottoscrizione del Trattato di cui si propone la ratifica (cosiddetto «Trattato del Quirinale») si ponga nella cornice del rilancio del processo d'integrazione europea con l'affermazione di una dimensione franco-italiana, accanto al lungo e collaudato sodalizio franco-tedesco (emblematizzato dal Trattato dell'Eliseo del 1963, siglato dal generale de Gaulle e dal cancelliere Adenauer), quali fulcri della stabilità e del rilancio del disegno comunitario. La cooperazione franco-tedesca risultava nel mondo successivo alla Seconda Guerra Mondiale un'assoluta necessità per la sicurezza dell'Europa e la credibilità dell'Alleanza atlantica ed implicava il superamento del plurisecolare contrasto tra la Francia e la Germania. All'atto della creazione delle Comunità europee, nel 1957, le relazioni tra Roma e Parigi, invece, non sembrava potessero rivestire un'importanza paragonabile a quello tra Parigi e Berlino, fatta salva Pag. 14la rilevanza del nostro Paese dal punto di vista geostrategico, economico e demografico.
  L'uscita del Regno Unito dall'Unione europea ha profondamente modificato l'equilibrio dei rapporti tra i principali Stati membri, rilanciando il ruolo di fulcro della Francia, paese storicamente legato ai valori giuridico-politici della tradizione liberaldemocratica, membro permanente del Consiglio di sicurezza dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, dotato di un'autonoma forza di dissuasione nucleare.
  Il rilancio della dimensione franco-italiana come cooperazione bilaterale all'interno dell'Unione europea ha quindi acquisito nuovo interesse, mentre Parigi mirava a consolidare ulteriormente l'asse con la Germania, con un nuovo trattato, emblematicamente sottoscritto ad Aquisgrana, il 22 gennaio 2019, dal Presidente Macron e dalla Cancelliera Merkel, che ha introdotto una clausola di reciproca assistenza armata in caso di aggressione, similmente a quella delineata all'interno dell'Alleanza atlantica, ed al quale si aggiungono convenzioni sia ancora in ambito militare sia di sicurezza interna. Il Trattato di Aquisgrana ha sicuramente costituito un riferimento importante per la redazione del Trattato del Quirinale, pur con tutte le ovvie differenze rispetto al sistema franco-tedesco costruitosi a partire dal 1963, anche se vi sono alcuni elementi qualificanti dell'accordo italo-francese, a partire dallo spazio riservato alle questioni agricole e agroalimentari, con un'attenzione specifica alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d'origine.
  Questa ripresa di rapporti si è progressivamente orientata alla stipula di un nuovo accordo quadro franco-italiano, la cui prospettiva peraltro era stata già avanzata informalmente dal Capo di Stato francese nel settembre 2017 a margine del vertice bilaterale di Lione.
  La convergenza circa l'opportunità di stipulare un accordo-quadro nasce dalla constatazione di come, nonostante l'oggettiva interconnessione economica ed i fortissimi legami di carattere storico, politico, culturale e linguistico, i rapporti tra Italia e Francia si siano mantenuti su un piano di asimmetria, anche a causa della mancanza di processi di dialogo istituzionalizzati, capaci di dare continuità ai rapporti bilaterali al di là di oscillazioni squisitamente politiche, e di come sia necessario porre rimedio a tale mancanza, accentuando il carattere interstatuale della cooperazione reciproca, ponendola così maggiormente al riparo da oscillazioni contingenti.
  La tendenza alla stipula del Trattato del Quirinale è stata inoltre favorita dall'emergere di recenti convergenze un tempo non prevedibili, come ad esempio quelle sulle scelte politiche da operare per la stabilizzazione del contesto libico, sull'accettazione delle richieste italiane di consegna degli ex terroristi riparati in Francia grazie alla nota dottrina Mitterrand, e soprattutto sulla forte iniziativa per l'emissione di debito europeo onde reperire parte dei fondi per finanziare i piani nazionali di rilancio dopo la pandemia da COVID-19.
  Nell'ambito di questo forte rilancio delle relazioni italo-francesi si colloca la conclusione, il 29 novembre 2021, del Protocollo di cooperazione parlamentare, sottoscritto a Parigi dai presidenti della Camera dei deputati, Roberto Fico, e dell'Assemblée Nationale, Richard Ferrand.
  Passando ad illustrare il contenuto del Trattato, che consta di un preambolo e di 12 articoli, sottolinea come la portata degli enunciati dei 12 articoli sia assai ampia, come normalmente si riscontra negli accordi quadro: l'estensione concreta della cooperazione che con il Trattato si vuole rafforzare dipenderà dai singoli progetti e momenti di collaborazione. In proposito rileva come non risultino ancora disponibili per la consultazione gli Allegati al Trattato, nei quali presumibilmente si potranno rinvenire impegni più specifici. Nell'illustrazione dei contenuti del Trattato si è ritenuto comunque opportuno evidenziare in modo particolare i meccanismi istituzionali di cooperazione che vengono previsti.
  Diversi e interessanti spunti sono contenuti nel preambolo, a partire dal riconoscimento del comune legame tra Italia e Francia in rapporto al Mediterraneo, nonché in relazione ai principi fondamentali Pag. 15della Carta delle Nazioni Unite e del Trattato sull'Unione europea. Richiamando il comune impegno dei due Stati a favore dell'unità europea, anche in ragione del fatto che Italia e Francia sono tra i Paesi fondatori, si afferma l'indispensabilità dei progressi dal punto di vista economico, sociale e ambientale. In tal contesto Italia e Francia ribadiscono altresì la loro volontà di rafforzare la difesa europea come elemento peculiare dell'apparato di deterrenza e difesa dell'Alleanza atlantica.
  Oltre all'attenzione verso il Mediterraneo, incluse le questioni inerenti alla sua preservazione ecologica, Italia e Francia evidenziano come anche le problematiche dell'Arco alpino, particolarmente interessato dal riscaldamento climatico, necessitano di una stretta cooperazione tra i due Paesi.
  Riconoscendo l'opportunità di collocare in un'ottica di cittadinanza europea un progresso nella reciproca conoscenza delle rispettive società civili, in particolare tra i giovani, come anche l'importanza della cooperazione tra i rispettivi Parlamenti nell'ottica di un rafforzamento della diplomazia parlamentare, i due Stati contraenti dichiarano l'obiettivo di assicurare a tutti i livelli una cornice più stabile alle relazioni istituzionali bilaterali già esistenti, riconoscendo il ruolo centrale del Vertice intergovernativo annuale come fulcro della volontà di concertazione bilaterale in tutti i settori.
  L'articolo 1 concerne la cooperazione franco-italiana in materia di affari esteri.
  Ai sensi del comma 1, le Parti si impegnano a sviluppare una sinergia tra le rispettive azioni a livello internazionale, onde stabilire posizioni comuni anche – qualora possibile – nei consessi internazionali cui partecipa una delle due Parti.
  L'esplicazione concreta, ai sensi del comma 2, di tale impegno risiede nella creazione di meccanismi stabili di consultazioni, tanto a livello politico quanto a livello di alti funzionari, particolarmente nei casi di crisi o alla vigilia di importanti scadenze internazionali. In quest'ottica, si organizzeranno regolari consultazioni dei rispettivi Ministeri degli affari esteri, in particolare al livello dei Segretari generali, dei Direttori politici e dei Direttori responsabili per gli affari europei, per gli affari globali e per le diverse aree geografiche del mondo. Verranno altresì promosse forme di cooperazione strutturata tra le rispettive missioni diplomatiche in paesi terzi e presso le principali organizzazioni internazionali. Verranno poi attuate iniziative di formazione congiunta per i diplomatici italiani e francesi, aprendo anche a momenti di scambio dei medesimi.
  Per ciò che concerne il Mediterraneo, in base al comma 3, le Parti rafforzano il coordinamento su tutte le questioni che abbiano impatto sulla sicurezza, sullo sviluppo socioeconomico, sulla pace e la tutela dei diritti umani nella regione, incluso il contrasto allo sfruttamento della migrazione irregolare. Sempre nell'ambito mediterraneo, Italia e Francia promuovono un utilizzo giusto e sostenibile delle risorse energetiche, dando impulso possibilmente ad un comune approccio europeo nelle politiche relative al Nord Africa e al Medioriente.
  Ai sensi del comma 4, per quanto più specificamente riguarda l'insieme del continente africano, Italia e Francia si impegnano al rafforzamento delle relazioni dell'Unione europea e dei singoli Stati membri con il continente africano, ponendo particolare attenzione al Nord Africa, al Sahel ed al Corno d'Africa.
  Sul più ampio scenario internazionale, in base al comma 5, le Parti si impegnano a regolari consultazioni e a favorire lo sviluppo di un comune approccio europeo nei riguardi dei principali alleati e concorrenti sul piano internazionale, con particolare riguardo alla dimensione multilaterale di una governance globale.
  Secondo il comma 6, nel campo commerciale Roma e Parigi collaborano a spingere la politica dell'Unione europea verso l'obiettivo di un sistema di scambi internazionali equo e sostenibile, rafforzando allo stesso tempo in Europa la dimensione industriale e l'autonomia strategica.
  L'articolo 2 è dedicato alle questioni di sicurezza e difesa.Pag. 16
  Le Parti, al comma 1, si impegnano a promuovere la cooperazione e gli scambi tra le proprie forze armate, nonché relativamente ai materiali di difesa, sviluppando altresì sinergie sul piano operativo in tutti gli scenari di incontro dei rispettivi interessi strategici. Si specifica in merito che le Parti agiscono nello spirito di un rafforzamento delle capacità dell'Europa della difesa, onde consolidare il pilastro europeo della NATO e che contribuiscono altresì alle missioni internazionali di gestione delle crisi con un coordinamento dei propri sforzi.
  Secondo il comma 2, l'Italia e la Francia si impegnano a tenere, in aggiunta agli incontri bilaterali istituzionalizzati nel settore della difesa, regolari consultazioni all'interno del Consiglio italo-francese di difesa e sicurezza, cui partecipano i rispettivi Ministri di settore oltre ai vertici delle due diplomazie.
  A norma dei commi 3 e 4 le due Parti agiscono per un rafforzamento della cooperazione tra le rispettive industrie della difesa, promuovendo alleanze di carattere strutturale, facilitando inoltre l'attuazione di progetti comuni a livello tanto bilaterale quanto multilaterale, volti alla costituzione di alleanze industriali in specifici settori militari; nonché di progetti congiunti nell'ambito della Cooperazione Strutturata Permanente europea (PESCO), con il sostegno del Fondo europeo per la difesa.
  A norma del comma 5, nel settore spaziale Italia e Francia miglioreranno la propria cooperazione, in particolare la capacità operative a fini di sicurezza e difesa, promuovendo lo sviluppo di una cultura strategica europea in questo settore cruciale del futuro.
  I commi 6 e 7 concernono l'impegno delle Parti a rafforzare gli esistenti scambi di personale militare e relative attività di formazione e addestramento congiunti, facilitando altresì il transito o lo stazionamento delle forze armate dell'altra Parte contraente sul proprio territorio.
  L'articolo 3 contiene disposizioni in materia di affari europei.
  Ai sensi del comma 1, l'Italia e la Francia si impegnano in particolare per lo sviluppo dell'autonomia strategica europea.
  In base al comma 2, si consultano regolarmente ad ogni livello onde formulare posizioni comuni prima dei principali appuntamenti europei.
  A norma del comma 3, in materia economica e fiscale, Italia e Francia rafforzeranno il coordinamento nei principali settori della politica economica, promuovendo altresì meccanismi di convergenza fiscale utili alla lotta contro ogni forma di concorrenza aggressiva, e al fine di formulare regole adatte alle sfide della digitalizzazione.
  Nel campo sociale, ai sensi del comma 4, le Parti favoriranno la trasparenza del processo decisionale europeo e la partecipazione dei cittadini ad esso, nell'ottica di una sempre maggiore democratizzazione delle istituzioni europee, cui contribuisce anche il dibattito intellettuale tra le rispettive società civili.
  Sul piano più prettamente istituzionale, a norma del comma 5, Italia e Francia, pur nel quadro previsto dai vigenti Trattati dell'Unione europea, favoriranno un più ampio ricorso al sistema della maggioranza qualificata per l'assunzione di decisioni nel Consiglio dell'Unione europea, superando almeno in alcune materie la regola dell'unanimità.
  L'articolo 4 concerne le politiche migratorie, nonché i settori della giustizia e degli affari interni.
  In base al comma 1, le Parti si impegnano a lavorare insieme per una riforma della politica migratoria e d'asilo europea.
  Ai sensi del comma 2, Italia e Francia si impegnano a sostenere una politica migratoria e di asilo europea e politiche di integrazione in base ai principi di responsabilità e di solidarietà tra gli Stati membri, con piena attenzione alle peculiarità dei flussi migratori verso le rispettive frontiere marittime e terrestri, nell'ambito di partenariati con i paesi terzi di origine e di transito dei migranti. I Ministeri degli affari esteri e dell'interno di Roma e Parigi istituiscono a tale scopo un meccanismo di concertazione rafforzata con riunioni periodiche su migrazioni e asilo.
  Ai sensi del comma 3, le due Parti contraenti rafforzano la cooperazione bilateralePag. 17 e a livello europeo nella lotta contro le minacce criminali transnazionali, particolarmente contro il terrorismo: in quest'ottica Italia e Francia valutano la possibilità di una partecipazione congiunta agli strumenti europei esistenti. Verrà altresì intensificata la cooperazione transfrontaliera tra le forze dell'ordine italiane e francesi, mirando alla creazione di un'unità operativa mista capace di sostenere le forze dell'ordine nella gestione di grandi eventi e nel loro contributo alle missioni internazionali di polizia. A tal fine si prevede l'istituzione di un foro di concertazione periodica a livello di Ministri dell'interno o di Direttori generali dei rispettivi Dicasteri, in materia di sicurezza.
  Il comma 4 prevede altresì lo svolgimento di azioni di assistenza tecnica e di formazione per le forze dell'ordine dei Paesi terzi interessati dalla minaccia terroristica o dall'espansione della criminalità organizzata.
  Ai sensi del comma 5, verrà altresì intensificata la cooperazione italo-francese in materia di protezione civile e nella prevenzione e gestione di catastrofi naturali o di incidenti industriali: Italia e Francia contribuiranno altresì allo sviluppo del meccanismo unionale europeo di protezione civile.
  Per quanto concerne la collaborazione tra le rispettive amministrazioni giudiziarie, ai sensi del comma 6, Italia e Francia opereranno per un approfondimento di essa, nonché per una facilitazione dello scambio delle informazioni pertinenti. Verrà a tale scopo istituito un foro di consultazione regolare tra i rispettivi Ministeri della giustizia, che potrà anche formulare approcci condivisi sulle questioni europee nel settore giudiziario.
  Il comma 7 prevede che le Parti assicurino un coordinamento costante nel rispetto delle autorità giudiziarie, nel settore dell'assistenza giudiziaria in materia penale e della consegna delle persone.
  Ai sensi del comma 8, si prevede anche un programma di incontri regolari tra magistrati e operatori del diritto, nonché scambi di funzionari e magistrati e attività comuni di formazione.
  Il comma 9 prevede sforzi congiunti italo-francesi nella lotta contro i contenuti terroristici in rete, come anche contro l'incitamento all'odio e alla radicalizzazione. Le due Parti contraenti favoriranno il ricorso a mezzi operativi di sequestro e confisca nei casi di traffici illeciti di beni culturali e di criminalità ambientale.
  Ai sensi del comma 10, regolari incontri tra le rispettive forze dell'ordine si svolgeranno al fine di analizzare le questioni di interesse comune e individuare buone prassi nell'applicazione degli strumenti di cooperazione di polizia. Anche in riferimento alle forze dell'ordine saranno favoriti gli scambi di agenti e funzionari e le attività di formazione comune.
  L'articolo 5 riguarda la cooperazione economica, industriale e digitale.
  Oltre alla collaborazione tra i rispettivi operatori economici, le due Parti, in base al comma 1, si impegnano a facilitare gli investimenti reciproci e promuovono progetti congiunti per lo sviluppo di startup, piccole, medie e grandi imprese, in un'ottica di strategie comuni sui mercati internazionali e nel quadro di un'Europa sociale.
  Ai sensi del comma 2, le Parti favoriscono l'attuazione di un'ambiziosa politica industriale.
  Ai sensi del comma 3, il rafforzamento della sovranità e della transizione digitale europea viene riconosciuto dalle Parti come prioritario nella loro cooperazione, soprattutto nei settori strategici quali le nuove tecnologie, la cybersecurity, l'intelligenza artificiale, la digitalizzazione dei pagamenti e il calcolo quantistico. Italia e Francia si impegnano altresì ad operare per una migliore regolamentazione a livello europeo ed internazionale del settore digitale e del cyberspazio.
  Il comma 4 prevede l'intensificazione della collaborazione italo-francese tra i rispettivi servizi di coordinamento contro le frodi e tra le rispettive amministrazioni fiscali.
  Il comma 5 istituisce un Foro di consultazione tra i Ministeri competenti per l'economia, le finanze e lo sviluppo economico, da riunire con cadenza annuale a Pag. 18livello ministeriale onde assicurare un dialogo permanente sulle politiche macroeconomiche e sulle politiche industriali.
  Ai sensi del comma 6, al fine di facilitare la migliore attuazione delle disposizioni di tale articolo, le amministrazioni competenti promuovono lo scambio di funzionari.
  L'articolo 6 si occupa dello sviluppo sociale, sostenibile e inclusivo. Sulla scia degli impegni presi dai capi di Stato e di governo dell'UE nel Vertice sociale di Porto del 7 maggio 2021, Italia e Francia affermano di voler cooperare per il rafforzamento della dimensione sociale dell'Unione europea e per l'attuazione del piano d'azione sul pilastro europeo dei diritti sociali.
  A tale scopo, ai sensi del comma 1, si impegnano a organizzare una consultazione annuale per lo scambio di buone pratiche e la preparazione di progetti e posizioni comuni.
  Ai sensi del comma 2, le Parti contraenti si adoperano altresì per sostenere gli strumenti multilaterali relativi allo sviluppo sostenibile, a partire dall'Agenda 2030 dell'ONU, nonché dagli accordi di Parigi in ordine ai cambiamenti climatici. Italia e Francia si impegnano inoltre a contribuire al raggiungimento della neutralità climatica europea entro il 2050, e si consultano regolarmente sui dossier multilaterali più importanti materia ambientale climatica.
  Ai sensi del comma 3, verrà altresì favorita l'integrazione della dimensione ambientale in tutte le politiche, valorizzando anche la relativa mobilitazione giovanile e di altri soggetti privati. Di non minore importanza gli sforzi congiunti italo-francesi per accelerare l'azione a favore dell'adattamento al cambiamento climatico.
  In base al comma 4, le Parti cooperano per accelerare la decarbonizzazione in tutti i settori, sviluppando le energie rinnovabili e promuovendo l'efficienza energetica.
  Ai sensi del comma 5, Italia e Francia cooperano inoltre a livello bilaterale e in ambito europeo per una riduzione delle emissioni prodotte dai trasporti, sviluppando modelli di mobilità puliti e sostenibili. A tal fine si terrà, alternativamente in Francia e in Italia, un dialogo strategico sul trasporti a livello dei Ministri competenti.
  Ai sensi del comma 6, Italia e Francia si impegnano a lavorare congiuntamente per raggiungere obiettivi globali sulla biodiversità.
  Inoltre, ai sensi del comma 7, i due Paesi concordano per fare del Mediterraneo un mare ecologicamente sostenibile – in questo caso con particolare riguardo alla zona marittima particolarmente vulnerabile del Mediterraneo nord-occidentale.
  Anche nel settore agricolo e agroalimentare le due Parti, ai sensi del comma 8, concerteranno i loro sforzi a livello europeo per la sostenibilità e la transizione del settore, garantendo la sovranità alimentare dell'Unione europea anche mediante misure di lotta agli sprechi alimentari. Il contrasto alla deforestazione costituirà altresì un settore di cooperazione italo-francese, come anche la promozione a tutti i livelli delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche registrate nell'UE.
  A norma del comma 9, l'Italia e la Francia sostengono la cooperazione tra le rispettive aree protette e i rispettivi parchi terrestri e marini.
  Sono previste, ai sensi del comma 10, consultazioni regolari tra i Ministeri competenti dei due Paesi per l'applicazione dell'insieme delle disposizioni dell'articolo 6 in commento.
  Riguardo alla cooperazione nel campo dello spazio, ai sensi dell'articolo 7, Roma e Parigi, ai sensi del comma 1, inquadrano la loro collaborazione nella costruzione dell'Europa dello spazio, dimensione chiave dell'autonomia strategica e dello sviluppo economico dell'Europa.
  La cooperazione bilaterale, ai sensi del comma 2, si collocherà in particolare nell'ambito delle attività dell'Agenzia spaziale europea.
  A norma del comma 3, per quanto concerne la messa in orbita di satelliti Italia e Francia sostengono la preferenza per i lanciatori istituzionali europei Ariane e Vega, e riaffermano il loro sostegno alla base europea di lancio di Kourou. Le due Parti intendono altresì incoraggiare la cooperazionePag. 19 industriale per quanto riguarda l'esplorazione e l'osservazione della Terra, le telecomunicazioni, la navigazione per mezzo di apparati satellitari.
  Nell'articolo 8, relativo all'istruzione, formazione, ricerca e innovazione, le Parti, a norma del comma 1, riconoscono a tali settori un ruolo fondamentale nelle relazioni bilaterali e nel comune progetto europeo, impegnandosi a favorire la mobilità tra Italia e Francia in tutti questi settori, specialmente attraverso il programma europeo Erasmus+.
  Ai sensi del comma 2, al fine di favorire il reciproco apprendimento delle rispettive lingue e la loro diffusione le Parti realizzano azioni di promozione linguistica anche mediante il sostegno all'insegnamento della lingua italiana in Francia e della lingua francese in Italia. Pertanto, particolare attenzione verrà prestata alla formazione ed alla mobilità dei docenti e degli studenti che intendano dedicarsi all'insegnamento.
  Per quanto concerne i sistemi di istruzione italiano e francese, ai sensi del comma 3, le Parti finalizzano la cooperazione in tali campi alla costruzione dello Spazio europeo dell'istruzione, incoraggiando la mobilità giovanile specialmente per la formazione professionale, in un'ottica di apprendimento permanente. Italia e Francia si impegnano inoltre per una educazione allo sviluppo sostenibile e alla cittadinanza globale con specifici programmi di cooperazione bilaterale.
  Per quanto riguarda l'istruzione superiore, ai sensi del comma 4, Italia e Francia finalizzano anche in questo settore la loro collaborazione alla costruzione dello Spazio europeo dell'istruzione superiore: in questo quadro spicca la collaborazione interuniversitaria, con un dialogo strutturato tra i competenti organismi italiano e francese e la collaborazione mediante l'Università italo-francese.
  È previsto lo svolgimento di un incontro a cadenza biennale tra i Ministeri responsabili per l'istruzione superiore, con la partecipazione degli attori universitari principali, che saranno coinvolti anche nella partecipazione al progetto delle Università europee. I programmi di scambio di studenti e personale accademico in ogni settore saranno favoriti, come anche i doppi titoli, i titoli congiunti e i dottorati in co-tutela.
  Il comma 5 concerne l'incremento di attrattività dell'Unione europea nel campo della ricerca, con una piena utilizzazione di quanto offerto dal programma quadro Horizon Europe e l'incremento allo sviluppo della mobilità dei ricercatori. Anche in questo campo si darà una dimensione istituzionale alla collaborazione, con un incontro interministeriale biennale al quale parteciperanno attori universitari ed altri attori pubblici e privati del settore della ricerca e dell'innovazione.
  Ai sensi del comma 6, i ministri competenti per l'istruzione, l'istruzione superiore, l'innovazione e la ricerca avvieranno consultazioni annuali al fine di dare attuazione alle disposizioni del presente articolo.
  L'articolo 9 tratta della cooperazione nei settori della cultura, dei giovani e della società civile.
  In base al comma 1 i due Stati s'impegnano a promuovere la vicinanza dei loro popoli e il comune sentimento di appartenenza europea mediante gli scambi all'interno della società civile e la mobilità dei giovani, specialmente all'interno di programmi europei – tra cui si cita la Strategia europea per la gioventù e il Dialogo strutturato europeo. Tali iniziative saranno coordinate all'interno della Commissione mista prevista dall'Accordo culturale bilaterale italo-francese del 1949.
  Verrà inoltre organizzato un Consiglio franco-italiano della gioventù a margine della suddetta Commissione mista. Sarà anche istituito un Programma di volontariato italo-francese (Servizio civile italo-francese), sulla base di una cooperazione tra gli enti governativi incaricati dei rispettivi programmi nazionali. Il Servizio civile italo-francese potrà essere eventualmente collegato al Corpo europeo di solidarietà.
  Ai sensi del comma 2, verrà inoltre rafforzata la cooperazione tra istituzioni culturali e artisti dei due Paesi, anche mediante scambi di esperienze, mobilità delle persone e formazione.Pag. 20
  In base al comma 3, le Parti sostengono iniziative congiunte per proteggere e valorizzare il patrimonio culturale materiale e immateriale, tanto a livello europeo quanto a livello internazionale. Verrà poi favorito il ricorso ai programmi, meccanismi e fondi speciali dell'Unione europea finalizzati a fronteggiare le calamità naturali e i disastri che colpiscono il patrimonio culturale. Italia e Francia favoriranno altresì l'azione in seno al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per l'attuazione della risoluzione 2347 del 2017 sulla protezione del patrimonio culturale nel corso di conflitti, con particolare sostegno all'azione dell'UNESCO in questo campo.
  Secondo il comma 4, la collaborazione tra Italia e Francia si estenderà agli ambiti dell'industria culturale e creativa, accompagnando altresì l'evoluzione digitale del settore: verranno facilitate le coproduzioni di opere culturali, in particolare cinematografiche, audiovisive e sceniche, nonché la possibilità della loro distribuzione attraverso una piattaforma comune. Saranno altresì facilitate le collaborazioni nei settori del design, dell'architettura e della moda, partecipando alle principali manifestazioni di livello internazionale. Anche la traduzione di opere letterarie nelle rispettive lingue riceverà impulso.
  Ai sensi del comma 5, i Ministri competenti nei due paesi per la cultura e la gioventù avviano consultazioni annuali per individuare progetti di comune interesse e curarne i seguiti. Le Parti si impegnano altresì a convocare annualmente la Commissione mista, prevista dall'articolo 10 dell'Accordo culturale italo-francese del 1949.
  L'articolo 10 riguarda la cooperazione transfrontaliera. In particolare, le Parti, in base al comma 1, s'impegnano a sostenere i progetti di integrazione tra le collettività frontaliere dei due Paesi, coerenti con uno sviluppo sostenibile e con la coesione europea. Particolare attenzione sarà prestata alla cooperazione frontaliera in materia di sanità e di interventi di soccorso.
  Ai sensi del comma 2, l'Italia e la Francia si adopereranno per adottare ulteriori normative intese ad eliminare gli ostacoli alla cooperazione frontaliera, inclusa la creazione di comuni servizi pubblici in diversi settori. Sarà inoltre interesse prioritario delle Parti il dialogo tra Pubbliche amministrazioni e Parlamenti dei due Paesi nella trasposizione del diritto europeo, che deve essere tale da evitare pregiudizio per gli scambi e i contatti tra collettività frontaliere in conseguenza di possibili differenze nelle rispettive legislazioni nazionali.
  Il comma 3 dispone che le Parti approfondiscano la loro cooperazione in materia di sicurezza, in particolare attraverso scambi di personale e favorendo la realizzazione di operazioni comuni o coordinate.
  Aspetto preminente della cooperazione frontaliera, ai sensi del comma 4, sarà lo sviluppo sempre più integrato di una rete di trasporti ferroviari, stradali e marittimi, con particolare riguardo, in ragione degli aspetti ambientali, alla mobilità ferroviaria transalpina. Speciale rilievo rivestiranno in quest'ambito le Conferenze intergovernative settoriali.
  Ai sensi del comma 5, per quanto concerne gli aspetti linguistici, le Parti favoriranno la formazione di soggetti bilingue nelle regioni frontaliere.
  Secondo il comma 6, le Parti studiano congiuntamente le evoluzioni dello spazio frontaliero, mettendo in rete i loro organismi di osservazione territoriale.
  In base al comma 7, poi, un Comitato di cooperazione frontaliera, presieduto dai Ministri competenti delle due Parti riunirà rappresentanti delle autorità locali, delle collettività frontaliere, degli organismi di cooperazione competenti, dei parlamentari e delle amministrazioni centrali. Il Comitato, da riunire almeno una volta l'anno, sarà competente a proporre progetti di cooperazione frontaliera in tutti i settori delle politiche pubbliche, curandone gli aspetti pattizi, legislativi o regolamentari. Salvaguardando le competenze delle autorità nazionali rispettive, il Comitato potrà riunirsi a richiesta di una delle Parti anche in caso di una crisi suscettibile di incidere sui due lati del confine.
  Di particolare importanza è il quadro istituzionale della nuova cooperazione italo-francese delineato nell'articolo 11, che introduce disposizioni assai rilevanti, le quali Pag. 21delineano il sistema istituzionale che dovrà dare concretezza alla nuova cooperazione tra Roma e Parigi.
  In particolare, ai sensi del comma 1, verrà organizzato un Vertice intergovernativo annuale nel quale si farà il punto sull'attuazione del Trattato del Quirinale e verranno esaminate le questioni prioritarie di reciproco interesse. Se possibile, ai margini di tale Vertice verranno anche tenute le riunioni di coordinamento e di concertazione di livello ministeriale previste nei precedenti articoli del Trattato. I Ministri competenti presenteranno un resoconto dei lavori.
  Ai sensi del comma 2, verrà altresì redatto un programma di lavoro (che tra l'altro è allegato alla relazione illustrativa del provvedimento) volto a precisare gli obiettivi della cooperazione bilaterale tra Italia e Francia: il programma sarà periodicamente riesaminato e, ove necessario, adattato a nuovi obiettivi fissati d'intesa tra i due Paesi.
  Ai sensi del comma 3, un membro di Governo di uno dei due Paesi prende parte, almeno una volta per trimestre e in alternanza, al Consiglio dei ministri dell'altro Paese.
  Il comma 4 istituisce a livello dei Segretari generali dei rispettivi Ministeri degli affari esteri un Comitato strategico paritetico – da riunire annualmente prima del Vertice intergovernativo – responsabile dell'attuazione del Trattato e del programma di lavoro. Il Comitato definirà le strategie e le azioni comuni, in collegamento con gli altri Ministeri coinvolti, e potrà formulare raccomandazioni sull'attuazione degli impegni assunti nel quadro del Trattato.
  Per quanto concerne le Pubbliche amministrazioni dei due Paesi, in base al comma 5, verranno effettuati scambi di funzionari e attività di formazione congiunte.
  Il comma 6 prevede l'organizzazione di incontri regolari e progetti comuni, con particolare riguardo ad esempio alla digitalizzazione e all'evoluzione dell'organizzazione del lavoro, nonché alla parità di genere.
  In base al comma 7, l'Accordo sarà attuato nel rispetto del diritto internazionale applicabile e degli obblighi derivanti dall'appartenenza di entrambe le Parti all'Unione europea.
  L'articolo 12 contiene le disposizioni finali relative al Trattato, prevedendo anzitutto, al comma 1, che eventuali divergenze o controversie sull'interpretazione o applicazione del Trattato saranno risolte amichevolmente tramite negoziati diretti tra le Parti.
  Ai sensi del comma 2, ciascuna Parte notifica all'altra la conclusione delle procedure interne per l'entrata in vigore del Trattato.
  Ai sensi del comma 3, il Trattato avrà durata indeterminata, ma ciascuna delle due Parti potrà denunciarlo per via diplomatica, e con effetto sei mesi dopo la data di ricezione della denuncia. Peraltro, tale denuncia non pregiudicherà diritti e obblighi delle due Parti derivanti dai progetti avviati nel quadro del Trattato.
  Ai sensi del comma 4, il testo del Trattato medesimo potrà essere emendato o integrato per iscritto con il mutuo consenso delle Parti.
  Per quanto riguarda il contenuto del disegno di legge di ratifica, che si compone di 4 articoli, gli articoli 1 e 2 contengono, rispettivamente, l'autorizzazione alla ratifica e l'ordine di esecuzione.
  L'articolo 3, nel porre una clausola di invarianza finanziaria, specifica che le amministrazioni pubbliche interessate provvedono all'attuazione del provvedimento in esame con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
  L'articolo 4 dispone l'entrata in vigore del provvedimento il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
  Al testo del Trattato è allegato il programma di lavoro italo-francese, riguardo all'articolo 11 comma 2.
  Per quanto concerne il rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, rileva come il provvedimento sia riconducibile nell'ambito della materia «politica estera e rapporti internazionali dello Pag. 22Stato», riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera a), della Costituzione.
  Formula quindi una proposta di parere favorevole (vedi allegato 2).

  Emanuele PRISCO (FDI) dichiara il voto contrario del suo gruppo sulla proposta di parere formulata dal relatore, rilevando come il provvedimento di cui si propone la ratifica, il cosiddetto «Trattato del Quirinale», sia stato negoziato e concluso dal Governo all'insaputa del Parlamento e non sia improntato a un rapporto paritario, dal momento che agli impegni assunti dall'Italia, ad esempio per quanto riguarda il transito da un Paese all'altro degli immigrati, non corrispondono analoghi e reciproci impegni della controparte francese.
  Sottolinea quindi come i rapporti tra l'Italia e gli altri Paesi dell'Unione europea dovrebbero essere sviluppati nell'ottica della costruzione di una politica estera e di difesa comune a livello europeo e non invece con accordi che di fatto pongono il nostro Paese in una condizione non paritaria.

  Fausto RACITI, presidente e relatore, rileva come in questa sede il Comitato permanente per i pareri non sia chiamato a pronunciarsi sul merito del provvedimento.

  Il Comitato approva la proposta di parere formulata del relatore.

Interventi per la prevenzione e la lotta contro l'AIDS e le epidemie infettive aventi carattere di emergenza.
C. 1972 e abb.
(Parere alla XII Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole con osservazioni).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

  Fausto RACITI, presidente, rileva come il Comitato permanente per i pareri sia chiamato a esaminare, ai fini del parere alla XII Commissione Affari sociali, la proposta di legge C. 1972 e abb., recante interventi per la prevenzione e la lotta contro l'AIDS e le epidemie infettive aventi carattere di emergenza.

  Igor Giancarlo IEZZI (LEGA), relatore, in linea generale segnala come la proposta di legge C. 1972 sia finalizzata a revisionare ed aggiornare la disciplina in materia di prevenzione e lotta contro l'AIDS, contenuta nella legge 5 giugno 1990 n. 135 («Programma di interventi urgenti per la prevenzione e la lotta contro l'AIDS»), di cui l'articolo 9, comma 2, del provvedimento in esame dispone l'abrogazione.
  Passando a illustrare il contenuto del provvedimento, che si compone di 9 articoli, l'articolo 1 aggiorna e consolida i contenuti dell'articolo 1 della legge n. 135 del 1990.
  In particolare, allo scopo di contrastare la diffusione delle infezioni da HIV, il comma 1 autorizza, in conformità con gli impegni assunti dall'Italia in ambito internazionale, l'attuazione di una serie di interventi, definiti e specificati dal Piano di cui al comma 2:

   a) interventi di carattere pluriennale relativi a: prevenzione, informazione, ricerca, sorveglianza epidemiologica e sostegno dell'attività degli enti del Terzo settore, incluse le imprese sociali, iscritti nel Registro unico nazionale del Terzo settore; si prevede che tali interventi siano attuati con le modalità previste (e soggette a periodico aggiornamento) dal Piano nazionale di interventi contro l'HIV, l'AIDS, e le infezioni e malattie a trasmissione sessuale di cui al comma 2;

   b) interventi di prevenzione e promozione della salute mediante attività di screening per il conseguimento di diagnosi precoce, da svolgersi in ambito ospedaliero e territoriale, in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, nonché mediante campagne di informazione nelle scuole, promosse dal Ministero della salute, di concerto con quello dell'istruzione, a beneficio delle fasce anagrafiche più esposte (la lettera è stata inserita nel corso dell'esame in sede referente);

Pag. 23

   c) manutenzione e adeguamento delle strutture di ricovero per malattie infettive delle aziende ospedaliere, delle aziende ospedaliere universitarie e degli IRCCS pubblici, compresi le attrezzature e gli arredi, inclusi i reparti di pediatria che accolgono bambini con infezione da HIV – previsione aggiunta nel corso dell'esame in sede referente – anche attraverso la realizzazione di ambulatori e spazi per attività diurne, il potenziamento delle attività ambulatoriali e ambulatoriali complesse – previsione aggiunta nel corso dell'esame in sede referente – e l'adeguamento e potenziamento dei laboratori di virologia, microbiologia e immunologia ad essi connessi;

   d) potenziamento degli organici relativi al personale sanitario e socio-sanitario delle strutture di cui alla lettera c), nel rispetto della programmazione regionale ed aziendale del personale, nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente e nel rispetto dei vincoli di spesa del personale (la lettera è stata così modificata nel corso dell'esame in sede referente: il testo originario del provvedimento, tra l'altro, si riferiva al mantenimento e non al potenziamento degli organici);

   e) attività di formazione e di aggiornamento professionale obbligatoria indirizzata al personale dei reparti di ricovero per malattie infettive e degli altri reparti che ricoverano ammalati di AIDS, da svolgersi nell'ambito delle attività di Educazione continua in medicina (ECM), con assegnazione di crediti formativi;

   f) potenziamento dei servizi territoriali delle aziende sanitarie locali, anche presso gli istituti penitenziari, per la prevenzione e il trattamento delle infezioni e delle malattie a trasmissione sessuale, nonché adeguamento dei medesimi servizi territoriali alle esigenze sanitarie emergenti e al potenziamento dei servizi di prevenzione, assistenza, trattamento e cura adottando un approccio integrato, personalizzato e con l'ausilio di equipe multidisciplinari;

   g) incremento della qualità dell'assistenza nella riorganizzazione della medicina territoriale rivolta ai pazienti affetti da malattia da HIV/AIDS mediante un percorso diagnostico, terapeutico e assistenziale che abbia come finalità: la personalizzazione delle terapie con risorse adeguate; un modello di presa in carico del paziente basato sull'approccio collaborativo tra gli specialisti e il medico di medicina generale, che tenga conto del progressivo invecchiamento della popolazione HIV e della maggiore prevalenza di comorbidità (la lettera è stata inserita nel corso dell'esame in sede referente);

   h) rafforzamento delle funzioni dell'Istituto superiore di sanità (ISS) in materia di sorveglianza, raccolta di dati epidemiologici di tutti i servizi pubblici, a contratto o accreditati con il Servizio sanitario nazionale o svolti in regime di sussidiarietà orizzontale, favorendo in tal modo la realizzazione di un nuovo sistema di sorveglianza unificato HIV-AIDS in cui la segnalazione sia effettuata mediante una scheda di raccolta dati informatizzata ed unificata a livello nazionale; lo scopo è quello di garantire l'integrazione della segnalazione di una nuova diagnosi HIV con quella di AIDS in un'unica piattaforma nazionale per l'inserimento dei dati che ne tuteli la sicurezza e ne garantisca l'aggiornamento in tempo reale (tale previsione è stata integrata nel corso dell'esame referente: il testo originario del provvedimento si riferiva soltanto al rafforzamento delle funzioni dell'ISS);

   i) incentivazione di strategie di prevenzione e screening per HIV e infezioni sessualmente trasmesse su modello community-based, implementate anche dagli enti del Terzo settore in contesti non sanitari, includendo anche l'attività di prevenzione, esecuzione e comunicazione dell'esito dei test rapidi di screening da parte di operatori non appartenenti alle professioni sanitarie adeguatamente formati, anche in collaborazione con le strutture del servizio sanitario nazionale (la lettera è stata aggiunta nel corso dell'esame in sede referente);

   l) incentivazione della distribuzione anche gratuita degli strumenti di prevenzionePag. 24 riconosciuti come efficaci dalle agenzie internazionali e dalle linee guida nazionali ed internazionali, in particolare per le popolazioni maggiormente esposte alla malattia, anche mediante la distribuzione dei farmaci innovativi da parte delle farmacie di comunità o direttamente da parte delle strutture sanitarie (la lettera è stata inserita nel corso dell'esame in sede referente);

   m) previsione di corsi di informazione e prevenzione rivolti a studenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado, da includere nei curriculum scolastici, relativamente alle tematiche dell'HIV, delle infezioni sessualmente trasmesse e della salute sessuale (la lettera è stata inserita nel corso dell'esame in sede referente);

   n) utilizzo di strumenti di prevenzione anche farmacologici, secondo indicazione medica, per le persone maggiormente a rischio di infezione (la lettera è stata inserita nel corso dell'esame in sede referente);

   o) potenziamento della ricerca di base, clinica e farmacologica sulle infezioni e malattie da HIV e a trasmissione sessuale anche mediante l'individuazione di specifiche risorse e linee di indirizzo (la lettera è stata inserita nel corso dell'esame in sede referente);

   p) adozione di iniziative di contrasto alle discriminazioni nei confronti delle persone affette da HIV o AIDS, anche mediante campagne di sensibilizzazione (la lettera è stata inserita nel corso dell'esame in sede referente).

  Il comma 2 dispone che gli interventi previsti dal comma 1 siano definiti e specificati nel Piano di interventi contro l'HIV, l'AIDS e le infezioni e malattie a trasmissione sessuale. Il Piano, predisposto dal Comitato tecnico sanitario, sezione per la lotta contro l'HIV, l'AIDS e le infezioni e malattie a trasmissione sessuale, di cui all'articolo 7, comma 1, è adottato con decreto del Ministro della salute, sentito il Consiglio superiore di sanità, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni. Esso ha durata triennale e può essere aggiornato nel corso del triennio.
  Il comma 3 – inserito nel corso dell'esame in sede referente prevede che il Piano, nel definire gli interventi di cui al comma 1, tenga in considerazione le caratteristiche e le necessità ed i bisogni specifici dei pazienti in età pediatrica e delle loro famiglie.
  Il comma 4 fornisce la cornice normativa per l'organizzazione dei servizi per il trattamento a domicilio delle persone affette da HIV o AIDS e patologie correlate.
  In particolare, esso prevede che le Regioni dettino indirizzi alle aziende sanitarie locali, per assicurare la funzionalità e l'adeguatezza dei servizi per l'assistenza territoriale e il trattamento a domicilio delle persone affette da HIV o AIDS e patologie correlate, finalizzati a garantire idonea e qualificata assistenza nei casi in cui, superata la fase del ricovero, sia possibile la prosecuzione della cura presso il domicilio dei pazienti con l'obiettivo di garantire una buona qualità della vita correlata allo stato di salute. Il trattamento a domicilio è eseguito mediante il servizio di assistenza domiciliare integrata (ADI), in accordo con le indicazioni terapeutiche e assistenziali fornite dalla struttura di ricovero per malattie infettive che ha in cura il paziente. Il servizio di cura domiciliare assicura la partecipazione all'assistenza del medico di medicina generale o del pediatra di libera scelta, e la collaborazione, quando possibile, e in via residuale, del personale infermieristico e tecnico dei servizi territoriali o di enti del Terzo settore, incluse le imprese sociali, iscritti nel Registro unico nazionale del Terzo settore. L'assistenza e il trattamento possono essere attuati in forma residenziale o semiresidenziale presso centri idonei e residenze collettive o case alloggio, con il ricorso ai medesimi soggetti accreditati a tal fine.
  Le modalità di accreditamento e le forme di convenzione sono definite con decreto del Ministro della salute, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni. Con il Pag. 25medesimo decreto vengono definite le modalità di controllo sul rispetto dei contenuti degli accordi contrattuali e l'attivazione di un sistema per monitorare le attività erogate e gli esiti di cura, la formazione e rotazione del personale addetto al controllo nonché l'apparato sanzionatorio che contempli anche la revoca e la sospensione in caso di mancato rispetto delle previsioni contrattuali sulla tipologia e la qualità delle prestazioni- tale ultima previsione è stata inserita nel corso dell'esame referente.
  Il comma 5, inserito nel corso dell'esame in sede referente, attribuisce alle regioni il compito di favorire ed assicurare la co-programmazione e realizzazione di strategie di prevenzione e screening per HIV e infezioni sessualmente trasmesse su modello community-based. Tali strategie vengono implementate dagli enti del Terzo settore attivi nella prevenzione delle citate patologie in contesti non sanitari, sulla base degli indirizzi forniti dal Ministero della salute. Tra esse è compresa l'attività di prevenzione, esecuzione e comunicazione dell'esito dei test rapidi di screening da parte di operatori non appartenenti alle professioni sanitarie, adeguatamente formati, anche in collaborazione con le strutture del Servizio sanitario nazionale.
  Il comma 6, inserito anch'esso nel corso dell'esame in sede referente, prevede che le regioni assicurino la presenza, almeno nei capoluoghi di provincia, di centri unitari per lo screening, la prevenzione e la cura gratuite dell'HIV e delle altre infezioni a trasmissione sessuale, oltre che per la promozione della salute sessuale, anche in collaborazione con gli enti del Terzo settore.
  Il comma 7 prevede che gli spazi per l'attività di ospedale diurno siano funzionalmente aggregati alle unità operative di degenza, nel rapporto di un posto di assistenza a ciclo diurno per ogni cinque posti di degenza ordinari, equivalenti per fabbisogno e standard di personale. Nel caso in cui gli spazi per l'attività di ospedale diurno non siano stati istituiti, le aziende sanitarie locali realizzano, negli ospedali e nelle strutture ambulatoriali, posti di assistenza a ciclo diurno, collegati funzionalmente ai reparti per malattie infettive.
  Per quanto riguarda l'adeguamento degli organici nelle singole regioni e province autonome, si conferma, al comma 8, quanto già stabilito dalla legge n. 135 del 1990, ovvero viene data facoltà di realizzare l'adeguamento degli organici anche in reparti diversi da quelli di ricovero per malattie infettive, a condizione che gli stessi siano impegnati prevalentemente nell'assistenza ai casi di infezione da HIV e di AIDS (per oggettive e documentate condizioni epidemiologiche, e in osservanza dei piani regionali).
  Il comma 9 reca disposizioni finanziarie.
  L'articolo 2, inserito nel corso dell'esame in sede referente, al comma 1 garantisce programmi di screening oncologici gratuiti allo scopo di contrastare la diffusione delle infezioni da Human Papilloma Virus (HPV) mediante attività di prevenzione e cura.
  Resta fermo quanto disposto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 di aggiornamento dei Livelli Essenziali di Assistenza (cosiddetti «nuovi LEA»), che ha confermato, fra le prestazioni a carico del Servizio sanitario nazionale, la vaccinazione anti-HPV, offerta gratuitamente e attivamente già a partire dal 2007-2008, alle bambine nel dodicesimo anno di età (undici anni compiuti). Il Piano nazionale di prevenzione vaccinale 2017-2019 ha successivamente introdotto la vaccinazione gratuita anche per i maschi a partire dalla coorte dei nati nel 2006. Dal 2017, pertanto, il vaccino contro il Papilloma virus è offerto gratuitamente a tutti i soggetti, femmine e maschi, nel corso del dodicesimo anno di età (vale a dire dopo il compimento dell'undicesimo).
  Per quanto riguarda la prevenzione secondaria, affidata agli screening, il comma 2 demanda la definizione dei criteri e delle modalità per l'attuazione dei programmi gratuiti di screening oncologici a un decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, da Pag. 26adottare entro sessanta giorni dall'entrata in vigore del provvedimento in esame.
  A questo proposito, il comma 3, al fine di raggiungere gli obiettivi di copertura vaccinale anti-HPV definiti nel Piano nazionale della prevenzione vaccinale 2017-2019, pari al 95 per cento di copertura per i ragazzi e le ragazze nel dodicesimo anno di età, prevede la promozione di campagne di informazione e di sensibilizzazione, soprattutto in ambito scolastico.
  Per tale finalità, ai sensi del comma 4, il Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'istruzione e nel rispetto dell'autonomia scolastica, favorisce l'inserimento, tra gli indirizzi della programmazione annuale delle scuole secondarie di primo e secondo grado, dei progetti volti a una più adeguata formazione sulle malattie sessualmente trasmissibili e sulla prevenzione dei relativi tumori.
  L'articolo 3, inserito nel corso dell'esame in sede referente, al comma 1 impegna i servizi sanitari regionali a individuare presso ogni regione e provincia autonoma un centro regionale pediatrico di riferimento, dotato di strutture e di personale dedicati alla presa in carico dei minorenni affetti da HIV o da AIDS e delle loro famiglie.
  Resta fermo quanto previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 sui cosiddetti «nuovi LEA» che, all'articolo 57, garantisce alle persone con infezione da HIV/AIDS le prestazioni sanitarie e socio-sanitarie ospedaliere, ambulatoriali, domiciliari, semiresidenziali e residenziali previste dalla legge n. 135 del 1990 e dal Progetto obiettivo AIDS dell'8 marzo 2000.
  Il comma 2 impegna il Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, a stabilire, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, i requisiti delle strutture dedicate alla cura dei minorenni affetti da HIV e da AIDS e i criteri per l'adeguamento dell'organico pediatrico, sia medico sia infermieristico, ad esse assegnato, assicurando la presenza di un'equipe multidisciplinare in ambito pediatrico che comprenda anche uno psicologo.
  Ai sensi del comma 3, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento, il Ministro della salute, con proprio decreto, sentito il Consiglio superiore di sanità, emana specifiche linee guida sull'utilizzo della terapia antiretrovirale e sulla gestione diagnostico-clinica dei minorenni affetti da infezione da HIV o da AIDS, distinguendo tra neonati, bambini e adolescenti. Le linee guida devono indicare anche i servizi per il trattamento a domicilio dei minorenni affetti da HIV o da AIDS e delle eventuali patologie correlate. Sul punto osserva che nel 2017 sono state messe a punto le Linee guida italiane sull'utilizzo dei farmaci antiretrovirali e sulla gestione diagnostico-clinica delle persone con infezione da HIV-1 con lo scopo di fornire indicazioni utili al governo clinico della patologia.
  Il comma 4 fornisce indicazioni sul trattamento a domicilio del minorenne affetto da HIV o da AIDS, chiarendo che il pediatra di libera scelta deve collaborare e coordinarsi con il centro regionale pediatrico di riferimento che ha in cura il paziente nonché con i servizi sanitari e sociosanitari territoriali.
  Il comma 5 impegna i Ministeri della salute e dell'università e della ricerca, nonché le regioni e le province autonome, a promuovere – nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica – progetti di ricerca indipendenti per lo studio dell'infezione da HIV e da AIDS nei minorenni.
  Il comma 6 prevede che con decreto del Ministro della salute, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento, sia istituito l'Osservatorio nazionale sulle malattie infettive pediatriche e ne definisce i compiti. Il Ministro della salute trasmette annualmente alle Camere una relazione sull'attività svolta dall'Osservatorio.
  Il comma 7 istituisce, presso il Ministero della salute, il Registro italiano per le infezioni da HIV in pediatria. Con regolamento, da adottare ex articolo 17, comma 1, della legge n. 400 del 1988, su proposta Pag. 27del Ministro della salute, acquisito il parere del Garante per la protezione dei dati personali, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, sono stabiliti i dati che possono essere raccolti nel registro, le modalità relative al loro trattamento, nonché le ulteriori disposizioni attuative.
  Il comma 8 demanda a un decreto del Ministero della salute, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, l'individuazione di linee guida per l'accoglienza dei minorenni con malattie infettive o sospette di esserlo esclusivamente in aree pediatriche dedicate, adatte all'assistenza specifica e ai bisogni del minore e dotate di personale medico e infermieristico pediatrico con specifiche competenze infettivologiche.
  L'articolo 4, modificato nel corso dell'esame in sede referente, reca previsioni in materia di personale, stabilendo che si provveda mediante le procedure concorsuali di cui al decreto legislativo n. 165 del 2001 al mantenimento dei livelli di dotazione organica adeguati alle esigenze di cura e alla copertura di posti vacanti di personale sanitario e socio-sanitario nelle strutture di ricovero per malattie infettive, nelle strutture ambulatoriali, nelle strutture di continuità assistenziale funzionalmente connesse e nei laboratori. In caso di emergenze sanitarie di carattere infettivo, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale possono ricorrere a selezioni pubbliche integrative straordinarie, nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia.
  Il comma 2 impegna le aziende sanitarie locali a organizzare corsi di formazione e di aggiornamento professionale, altresì garantiti al personale sanitario e socio sanitario, ospedaliero e territoriale anche se non operante nei reparti ospedalieri per malattie infettive o per il trattamento di pazienti con HIV o AIDS.
  Il comma 3 precisa che le regioni predispongono corsi di formazione e di aggiornamento per gli operatori del Terzo settore non appartenenti alle professioni sanitarie, anche in collaborazione con le strutture del Servizio sanitario nazionale, con le università e con gli stessi enti del Terzo settore, nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
  L'articolo 5, modificato nel corso dell'esame in sede referente, al comma 1 prevede che il Ministero della salute e le regioni assicurino che in ogni capoluogo di provincia sia garantito almeno un punto di accesso gratuito e anonimo al test HIV.
  Il comma 2 prevede l'obbligo per gli operatori sanitari che, nell'esercizio della loro professione, vengono a conoscenza di un caso di infezione da HIV, con o senza AIDS, di adottare tutte le misure necessarie per la tutela della riservatezza della persona assistita, come peraltro previsto per le altre patologie croniche.
  Il comma 3 unifica il sistema di sorveglianza epidemiologica nazionale dei casi di infezione da HIV e di AIDS, mantenendo le garanzie di tutela della riservatezza dei dati personali.
  In materia di consenso informato e non discriminazione, i commi 4, 5, 6 e 7 confermano quando disposto in materia dalla legge n. 135 del 1990.
  L'articolo 6 prevede, al comma 1, il divieto per i datori di lavoro pubblici e privati di svolgere indagini volte ad accertare l'esistenza di uno stato di sieropositività nei dipendenti o in persone prese in considerazione per l'instaurazione di un rapporto di lavoro, facendo peraltro salvo quanto previsto dal testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010, e dal codice dell'ordinamento militare di cui alla legge n. 2 del 2015.
  Si richiama, sul tema, la circolare del Ministero della salute e del Ministero del lavoro del 12 aprile 2013, in materia di «Tutela della salute nei luoghi di lavoro: Sorveglianza sanitaria – Accertamenti preassuntivi e periodici sieropositività HIV – Condizione esclusione divieto effettuazione», ai sensi della quale il test HIV non può essere richiesto indiscriminatamente a tutti i lavoratori. Eventuali norme specifiche di settore, che richiedano l'accertamento della negatività all'HIV come condizione di idoneità ad uno specifico servizio (ad esempio presso le forze militari), devono essere motivatePag. 28 da un'effettiva condizione di rischio nei confronti di terzi. Per evitare possibili abusi, tale rischio deve essere verificabile, avvalorato dalle conoscenze scientifiche più avanzate e valutato caso per caso anche in relazione alla qualifica professionale e alle condizioni di salute del singolo lavoratore.
  Il comma 2 prevede che le norme antidiscriminatorie previste dal comma 7 dell'articolo 5 si estendano anche in caso di forme preselettive e preassuntive.
  Il comma 3 sancisce il divieto di accesso ai dati sanitari dei dipendenti da parte del datore di lavoro, nei limiti della normativa vigente in materia di sicurezza sul lavoro e di tutela della privacy.
  Il comma 4 reca disposizioni in materia di sanzioni per la violazione dei divieti previsti dall'articolo, rinviando all'articolo 5 della legge n. 300 del 1970 (cosiddetto «statuto dei lavoratori»), il quale configura uno specifico reato contravvenzionale.
  L'articolo 7, sostituito nel corso dell'esame in sede referente, istituisce presso il Ministero della salute la Sezione per la lotta contro l'HIV, l'AIDS e le infezioni e malattie a trasmissione sessuale del Comitato tecnico sanitario.
  Questa nuova sezione è composta da:

   rappresentanti delle professioni sanitarie e sociali in ambito HIV e relative comorbidità;

   rappresentanti degli enti di Terzo settore, o che comunque perseguano, senza scopo di lucro, finalità civiche, solidaristiche o di utilità sociale, con comprovata esperienza in attività di prevenzione, screening, cura dell'HIV o supporto delle persone con HIV e delle popolazioni chiave sul territorio.

  Segnala a tale ultimo riguardo l'opportunità di specificare a quali soggetti ci si riferisca, oltre ai rappresentanti del Terzo settore.
  In proposito ricorda che l'articolo 8 della legge n. 135 del 1990 prevede il Comitato interministeriale per la lotta all'AIDS, organo successivamente soppresso dall'articolo 1, comma 21, della legge n. 537 del 1993. Le funzioni svolte dal Comitato sono state attribuite all'allora Ministro della sanità, ai sensi dall'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 373 del 1994, che le ha successivamente trasferite al Comitato tecnico sanitario, a sua volta istituito dal decreto del Presidente della Repubblica n. 44 del 2013. Tale Comitato, in seduta plenaria, è presieduto dal Ministro della salute o da suo delegato ed ha durata triennale. Le funzioni già esercitate da precedenti organismi operanti presso il Ministero della salute sono state trasferite a due sezioni del medesimo Comitato: alla Sezione per la lotta contro l'AIDS e alla Sezione del volontariato per la lotta contro l'AIDS.
  Considerato che esistono già queste due sezioni del Comitato dedicate all'AIDS, segnala l'opportunità di chiarire quale sia il loro rapporto con la nuova ulteriore sezione del Comitato istituita dalla disposizione.
  Più nel dettaglio, il comma 1 prevede che il numero dei componenti e i criteri di composizione siano stabiliti dal Ministro della salute garantendo equa rappresentanza a tutte le parti interessate, e la presenza di almeno due rappresentanti del Ministero della salute, di un rappresentante del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di un rappresentante del Ministero dell'istruzione, di un rappresentante dell'Istituto superiore di sanità e di un rappresentante delle regioni.
  Ai sensi del comma 2, la Sezione per la lotta contro l'HIV, l'AIDS e le infezioni e malattie a trasmissione sessuale del Comitato tecnico sanitario collabora all'attuazione del Piano nazionale di interventi contro l'HIV, l'AIDS e le infezioni e malattie a trasmissione sessuale e indica le misure necessarie per adattare gli interventi e le risorse finanziarie alle evoluzioni dell'epidemia da HIV, anche attraverso il raccordo costante con le Commissioni regionali per la lotta contro l'HIV, l'AIDS e le infezioni e malattie a trasmissione sessuale istituite dalle regioni, ai sensi del comma 3, per garantire la migliore attuazione del Piano nazionale di interventi. Le Commissioni regionali per la lotta contro l'HIV, l'AIDS e Pag. 29le infezioni e malattie a trasmissione sessuale sono costituite in modo analogo alla sezione del Comitato tecnico sanitario.
  Il comma 4 impegna il Governo a presentare una relazione annuale alle Camere sullo stato di attuazione del provvedimento e del Piano di interventi contro l'HIV, l'AIDS e le IST di cui all'articolo 1. Nella relazione il Governo dà altresì conto della diffusione di HIV, AIDS e infezioni e malattie a trasmissione sessuale tra i minori e della loro presa in carico da parte delle strutture sociosanitarie preposte.
  L'articolo 8 reca le disposizioni finanziarie.
  L'articolo 9 dispone, al comma 1, l'entrata in vigore del provvedimento il giorno successivo alla pubblicazione.
  Il comma 2 abroga la legge 5 giugno 1990, n. 135, ma fa salve le disposizioni adottate e le risorse finanziarie iscritte nel bilancio dello Stato ai sensi della suddetta legge.
  Per quanto attiene al rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, rileva come il provvedimento appaia riconducibile alle materie «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale», attribuita alla competenza legislativa esclusiva statale, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, e «tutela della salute», attribuita alla competenza concorrente tra Stato e regioni ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione.
  A fronte di questo intreccio di competenze, il provvedimento prevede, quali forme di coinvolgimento del sistema delle autonomie territoriali, l'intesa in sede di Conferenza Stato-regioni per l'adozione:

   all'articolo 1, comma 2, del decreto del Ministro della salute di adozione del Piano di interventi contro l'HIV, l'AIDS e le infezioni e malattie a trasmissione sessuale;

   all'articolo 1, comma 4, del decreto del Ministro della salute per l'accreditamento delle strutture di assistenza territoriale;

   all'articolo 2, comma 2, del decreto del Ministro della salute per lo svolgimento dei programmi di screening oncologici gratuiti contro il Papilloma Virus;

   all'articolo 3, comma 2, del provvedimento del Ministro della salute concernente i requisiti per le strutture dedicate alla cura dei minorenni;

   all'articolo 3, comma 7, del regolamento sul trattamento dei dati da inserire nel registro italiano per le infezioni da HIV in pediatria;

   all'articolo 3, comma 8, del decreto del Ministro della salute sull'accoglienza dei minorenni con malattie infettive.

  È poi prevista, all'articolo 7, comma 1, la partecipazione di un rappresentante delle regioni alla Sezione per la lotta contro l'HIV, l'AIDS e le infezioni e malattie a trasmissione sessuale del Comitato tecnico sanitario e, al comma 3 del medesimo articolo 7, l'istituzione di commissioni regionali.
  Dal punto di vista della formulazione del testo, rileva l'opportunità, con riferimento all'articolo 1, comma 2, e all'articolo 2, comma 2, di utilizzare l'espressione più corretta «previa intesa in sede di Conferenza» Stato-regioni anziché quella, meno precisa «d'intesa con la Conferenza» Stato-regioni.
  Formula quindi una proposta di parere favorevole con tre osservazioni (vedi allegato 3).

  Il Comitato approva la proposta di parere formulata del relatore.

  La seduta termina alle 14.50.

SEDE REFERENTE

  Mercoledì 4 maggio 2022. — Presidenza del presidente Giuseppe BRESCIA. – Interviene il sottosegretario di Stato per l'interno Nicola Molteni.

  La seduta comincia alle 14.55.

Pag. 30

Disposizioni per il coordinamento in materia di politiche integrate per la sicurezza e di polizia locale.
Nuovo testo unificato C. 242 Fiano, C. 255 Guidesi, C. 318 Rampelli, C. 451 Bordonali, C. 705 Polverini, C. 837 Sandra Savino, C. 1121 Vito e C. 1859 Brescia e Petizione n. 558.
(Seguito esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 21 dicembre 2021.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, avverte che sono state presentate circa 110 proposte emendative (vedi allegato 4). Chiede quindi alla relatrice, Bordonali, e al rappresentante del Governo, di procedere all'espressione del parere sulle proposte emendative, per poi rinviare le votazioni su di esse ad altra seduta.

  Il Sottosegretario Nicola MOLTENI rileva come il Governo sia nelle condizioni di poter esprimere il parere sulla maggior parte delle proposte emendative, ma ritiene opportuno chiedere di rinviare l'espressione del parere di alcuni giorni, al fine di compiere approfondimenti su alcuni aspetti sui quali sono state sollevate perplessità e riserve da parte delle organizzazioni sindacali della polizia locale, che si augura possano essere superate all'esito di ulteriori interlocuzioni.
  Coglie l'occasione per ribadire l'importanza del provvedimento in esame, che introduce una riforma del settore lungamente attesa, e proprio in considerazione della rilevanza del tema reputa necessario un ulteriore approfondimento, al fine di venire incontro, su alcuni specifici punti di disaccordo, alle istanze provenienti dal mondo della polizia locale.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, dopo aver ricordato che il seguito dell'esame del provvedimento è stato più volte rinviato e che si tratta di un intervento fortemente atteso dal settore, riterrebbe opportuno procedere all'espressione dei pareri anche solo su una parte degli emendamenti, eventualmente accantonando le proposte emendative sulle quali siano necessari ulteriori approfondimenti.

  Simona BORDONALI (LEGA), relatrice, ritiene che la proposta del rappresentante del Governo sia ragionevole e condivisibile, trattandosi di approfondire alcune delicate questioni di merito al fine di venire incontro alle esigenze manifestate dai rappresentanti della categoria coinvolta. Considera dunque utile rinviare di qualche giorno l'esame del provvedimento, in vista di una più ponderata espressione dei pareri sulle proposte emendative.

  Federico FORNARO (LEU) comprende le considerazioni e le sollecitazioni del Presidente ma ritiene che non si possa non prendere atto della concorde richiesta di un breve rinvio formulata dalla relatrice e dal rappresentante del Governo.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, concorda con il deputato Fornaro circa il fatto che non si possa non accogliere la richiesta formulata dai relatori e dal rappresentante del Governo.
  Ribadisce l'importanza del provvedimento e auspica che all'esito di tale ulteriore interlocuzione si possa sollecitamente pervenire all'espressione dei pareri e all'esame delle proposte emendative.

  Il Sottosegretario Nicola MOLTENI, dopo aver rilevato che il provvedimento in esame è da tempo atteso dal settore, ricorda che nel corso degli anni sono stati diversi i tentativi di riforma non portati a compimento, a testimonianza di quanto complesso e delicato sia il quadro in cui tale intervento si colloca.
  Ritiene, dunque, che un breve ulteriore supplemento di riflessione, anche attraverso una positiva interlocuzione con i rappresentanti della categoria, non possa che giovare, in vista della definizione di un testo il più possibile efficace e condiviso. Richiama infatti l'esigenza di un'attenta valutazione su tutti i profili affrontati dall'intervento legislativo, anche tenuto conto dei nuovi ambiti di competenza attribuiti alla polizia locale, a fronte di una normativaPag. 31 vigente, invece, particolarmente risalente.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta, avvertendo che la seduta sul provvedimento prevista per domani non avrà luogo.

  La seduta termina alle 15.05.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO
DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  Mercoledì 4 maggio 2022.

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 15.10 alle 15.20.

AVVERTENZA

  I seguenti punti all'ordine del giorno non sono stati trattati:

Disposizioni in materia di ordinamento e poteri della città di Roma, capitale della Repubblica.
C. 2893 Magi, C. 2923 De Angelis e C. 2931 Francesco Silvestri.

Modifiche al testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di circoscrizioni di decentramento comunale.
C. 1430 Bordonali e C. 2404 Topo.

Disposizioni in materia di impiego delle guardie giurate all'estero.
C. 1295 Lollobrigida, C. 1830 Galantino, C. 1869 Belotti e C. 2695 Pagani.