CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 21 aprile 2022
783.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
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COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

  Giovedì 21 aprile 2022. — Presidenza del vicepresidente Fausto RACITI. – Interviene il sottosegretario di Stato per l'interno Ivan Scalfarotto.

  La seduta comincia alle 13.45.

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Disposizioni per la promozione del lavoro e dell'imprenditoria femminile nel settore dell'agricoltura, delle foreste, della pesca e dell'acquacoltura.
Testo unificato C. 2049 e abb.
(Parere alla XIII Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole con osservazioni).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

  Fausto RACITI, presidente, rileva come il Comitato permanente per i pareri sia chiamato ad esaminare, ai fini del parere alla XIII Commissione Agricoltura, il testo unificato delle proposte di legge C. 2049 e abbinate, recante disposizioni per la promozione del lavoro e dell'imprenditoria femminile nel settore dell'agricoltura, delle foreste, della pesca e dell'acquacoltura, quale risultante dalle proposte emendative approvate nel corso dell'esame in sede referente.

  Lucia AZZOLINA (M5S), relatrice, illustra il contenuto del testo unificato, che si compone di 10 articoli.
  L'articolo 1 stabilisce l'oggetto e le finalità del provvedimento. Più in dettaglio, il comma 1 indica che la proposta di legge reca disposizioni per il settore dell'agricoltura, delle foreste, della pesca e dell'acquacoltura, al fine di promuovere il lavoro e l'imprenditoria femminile, eliminare le criticità esistenti, contrastare le disparità salariali e le discriminazioni di genere, nonché di monitorare l'impatto di genere delle misure adottate nel settore in oggetto.
  Il comma 2 prevede che «con decreto» siano recepite le norme necessarie a dare attuazione alla direttiva 2010/41/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 7 luglio 2010, sull'applicazione del principio di parità di trattamento fra gli uomini e le donne che esercitano una attività autonoma e che abroga la direttiva 86/613/CEE del Consiglio.
  Riguardo alla formulazione del comma 2, segnala l'opportunità di specificare la natura del decreto previsto e il soggetto chiamato ad adottarlo.
  L'articolo 2 disciplina, ai commi 1 e 2 il Piano nazionale annuale finalizzato alla realizzazione e al finanziamento di interventi per la promozione del lavoro e dell'imprenditoria femminile nel settore dell'agricoltura, delle foreste, della pesca e dell'acquacoltura. Tale Piano è redatto con cadenza triennale e sulla base di dati aggiornati sulle condizioni di vita e di lavoro delle donne nelle aree rurali, con particolare attenzione alle aree interne e disagiate e all'agricoltura multifunzionale.
  Gli altri interventi che il Piano dovrà contenere sono:

   tutelare la maternità e la genitorialità;

   potenziare l'offerta formativa e l'aggiornamento professionale;

   contrastare e prevenire fenomeni di molestia e violenza di genere tutelare la salute soprattutto per quelle attività che si svolgono in condizioni climatiche difficili;

   potenziare i servizi di trasporto pubblico;

   rafforzare l'assistenza sanitaria nei territori rurali e costieri periferici;

   contrastare i fenomeni di intermediazione illecita di manodopera e di sfruttamento del lavoro femminile;

   promuovere l'installazione e l'utilizzo della banda larga e ultralarga nelle zone rurali;

   favorire l'economia agricola e ittica circolare;

   incentivare l'aggregazione dell'offerta agricola anche attraverso il sostegno e la creazione di reti di imprese femminili;

   promuovere la partecipazione delle donne all'impresa agricola familiare;

   garantire la piena ed effettiva partecipazione femminile e le pari opportunità di leadership a tutti i livelli del processo Pag. 40decisionale nella vita politica, economica e pubblica delle aree rurali;

   istituire borse di studio in favore degli studenti che discutono una tesi di laurea in materie attinenti alle finalità del Piano;

   riconoscere il ruolo del coniuge coadiuvante nella gestione delle imprese agricole a gestione familiare;

   agevolare l'accesso al credito;

   armonizzare e semplificare la normativa in materia doganale e di riscossione delle accise in favore dei produttori certificati con marchi di qualità di vini o di spiriti e quelli delle strade del vino riconosciute.

  Ai sensi del comma 3 le modalità di adozione del Piano sono stabilite con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro per le pari opportunità e la famiglia, con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro del turismo, previa intesa in sede di Conferenza Unificata.
  Il medesimo comma 3 indica che il Piano nazionale, predisposto dall'Ufficio per la promozione dell'imprenditoria e del lavoro femminile nel settore dell'agricoltura, delle foreste, della pesca e dell'acquacoltura, è approvato con decreto del Ministro per le politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro del turismo e per la sua adozione sono stanziate risorse pari a 12 milioni di euro a decorrere dal 2022.
  L'articolo 3 prevede l'istituzione dell'Ufficio per la promozione dell'imprenditoria e del lavoro femminile nel settore dell'agricoltura, delle foreste, della pesca e dell'acquacoltura, da attuarsi con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con una dotazione finanziaria pari a 300 mila euro annui a decorrere dall'anno 2022.
  Evidenzia come all'Ufficio siano state assegnate funzioni di monitoraggio, indagine ed elaborazione di misure in materia di lavoro (retribuzioni, progressioni di carriera, rispetto delle norme sulla maternità, lavoro irregolare, molestie e violenza sui luoghi di lavoro) e di imprenditoria femminile. Inoltre, l'Ufficio provvede allo scambio di informazioni con organismi regionali e con l'Unione europea e rende accessibili informazioni sulla normativa vigente, finanziamenti, bandi nazionali e regionali.
  Si prevede altresì che l'Ufficio si consulti periodicamente con le organizzazioni datoriali, sindacali e associative delle donne impegnate a diverso titolo nel mondo agricolo e agroalimentare e si avvalga della collaborazione del CREA e dell'ISMEA per la predisposizione del rapporto annuale sulla condizione dell'imprenditoria e del lavoro femminile, che viene trasmesso al Parlamento ed alle regioni.
  Il comma 2 prevede che all'Ufficio siano attribuite anche le competenze dell'Osservatorio nazionale per l'imprenditoria e il lavoro femminile in agricoltura istituito dal decreto ministeriale del 13 ottobre 1997.
  Riguardo alla formulazione del comma 2, segnala l'opportunità di precisare se il predetto Osservatorio debba intendersi conseguentemente soppresso.
  L'articolo 4, al fine di favorire la costituzione e l'aggregazione di imprese a conduzione femminile nel settore dell'agricoltura, della silvicoltura, dell'itticoltura e dell'acquacoltura reca, ai commi 1 e 2, alcune modifiche alla normativa sugli incentivi all'autoimprenditorialità e all'autoimpiego per l'imprenditoria giovanile, di cui al comma 1, articolo 4, del decreto legislativo n. 185 del 2000, e a quella sulle agevolazioni per nuove imprese a tasso zero, Smart & Start e Digital Transformation di cui al comma 3, articolo 29, del decreto-legge n. 34 del 2019.
  Inoltre, il comma 3 prevede l'istituzione di un apposito Fondo con una dotazione pari a 15 milioni di euro.
  Tali disposizioni, ai sensi del comma 5, saranno attuate con un regolamento adottato con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per le pari opportunità e la famiglia, entro sessanta giorni Pag. 41dalla data di entrata in vigore del provvedimento.
  L'articolo 5 reca disposizioni per garantire l'attuazione del principio della parità di genere, sia in sede di rinnovo delle cariche di enti e società non quotate controllate dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, sia con modifiche al Regolamento concernente la parità di accesso agli organi di amministrazione e di controllo nelle società, costituite in Italia, controllate da pubbliche amministrazioni, ai sensi dell'articolo 2359, primo e secondo comma, del codice civile, non quotate in mercati regolamentati nonché alle disposizioni relative alle cariche nei consorzi di tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche protette.
  In particolare, il comma 1 prevede che il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali assicuri il principio dell'equilibrio tra i sessi, in sede di rinnovo delle cariche di enti e società non quotate controllate dallo stesso Ministero, disponendo che il riparto degli amministratori da eleggere sia effettuato secondo modalità tali da garantire che il genere meno rappresentato ottenga almeno un terzo dei componenti di ciascun organo. A tal fine, si prevede che il Ministro emani entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge un proprio decreto per dare piena attuazione a tali disposizioni (alle quali gli enti strumentali e le società controllate non quotate devono poi adeguarsi entro i successivi dieci mesi).
  Il comma 2 autorizza il Governo a modificare, entro un mese dall'entrata in vigore della legge, il Regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 251 del 2012, al fine di prevedere che il rispetto della composizione degli organi sociali sia sempre assicurato, sopprimendo conseguentemente il limite di efficacia della disposizione ai tre mandati consecutivi a partire dal primo rinnovo successivo alla data di entrata in vigore dello stesso Regolamento, nonché al fine di estendere i compiti di monitoraggio e vigilanza sull'applicazione della normativa (già previsti per il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro delegato per le pari opportunità) altresì al Ministro competente.
  Il comma 3 prevede che qualora la composizione del consiglio di amministrazione dei consorzi di tutela risultante dall'elezione non rispetti il criterio dell'equilibrio tra i sessi nel riparto degli amministratori, si possa applicare la procedura del Regolamento ai sensi della quale il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro delegato per le pari opportunità può diffidare la società a ripristinare l'equilibrio tra i generi entro sessanta giorni e, in caso di ulteriore inottemperanza alla diffida, fissare un nuovo termine di sessanta giorni ad adempiere, con l'avvertimento che, decorso inutilmente detto termine, ove la società non provveda, i componenti dell'organo sociale interessato decadono e si provvede alla ricostituzione dell'organo nei modi e nei termini previsti dalla legge e dallo statuto.
  Il comma 4 prevede che il riconoscimento da parte del Ministero dei consorzi di tutela costituiti fra i soggetti inseriti nel sistema di controllo della denominazione sia subordinato, tra gli altri, all'adozione di uno statuto che preveda che il riparto degli amministratori da eleggere sia effettuato in base a un criterio che assicuri l'equilibrio tra i sessi.
  Il comma 5 sopprime il riferimento ai tre mandati consecutivi nella norma che prevede l'adeguamento degli statuti dei consorzi di tutela, al fine di assicurare il principio dell'equilibrio tra i sessi nel riparto degli amministratori da eleggere senza limiti temporali.
  Il comma 6 prevede che il Ministero per le politiche agricole alimentari e forestali, nelle nomine di propria competenza negli enti e negli organi da esso partecipati nonché nella scelta dei propri consulenti e dei componenti dei comitati di consulenza, di ricerca e di studio costituiti al suo interno, assicuri l'applicazione del principio dell'equilibrio tra i sessi, almeno nella misura di un terzo (da computare sul numero complessivo delle designazioni o delle nomine effettuate nel corso dell'anno).
  Il comma 7 prevede che il Ministero per le politiche agricole alimentari e forestali, Pag. 42le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano assicurino un'adeguata rappresentanza di genere in tutti gli organismi di monitoraggio e di partenariato impegnati nella redazione, nel monitoraggio e nella valutazione dei Piani Nazionali e Regionali dei settori dell'agricoltura, delle foreste, della pesca e dell'acquacoltura.
  Il comma 8 prevede che con regolamento adottato mediante decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le Regioni, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, siano stabilite le modalità di attuazione delle disposizioni dell'articolo.
  Riguardo alla formulazione del comma 8, segnala l'opportunità di specificare a quali commi dell'articolo il regolamento dovrebbe dare attuazione, nonché di prevedere il coordinamento tra tale regolamento e il decreto ministeriale previsto dal comma 1 dell'articolo medesimo.
  L'articolo 6 prevede l'istituzione della Giornata nazionale del lavoro femminile in agricoltura, il 15 ottobre di ogni anno, in corrispondenza della Giornata internazionale delle donne rurali, istituita dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite con la risoluzione 62/136 del 18 dicembre 2007.
  L'articolo 7 riconosce la qualifica di coadiuvante dell'impresa di pesca e acquacoltura al familiare che presta in modo continuativo la sua attività di lavoro nell'impresa ittica.
  L'articolo 8 prevede il rifinanziamento del Fondo rotativo per favorire lo sviluppo dell'imprenditoria femminile in agricoltura con una dotazione finanziaria pari a 15 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2022.
  L'articolo 9 reca la clausola di salvaguardia, stabilendo che le disposizioni della proposta di legge siano applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione, anche con riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.
  L'articolo 10 reca la copertura finanziaria degli oneri determinati dal provvedimento.
  Con riferimento al rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, rileva come il provvedimento appaia riconducibile alle materie «tutela della concorrenza» e «sistema tributario dello Stato», attribuite alla competenza legislativa statale esclusiva ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, e «ordinamento civile», attribuita alla competenza legislativa statale esclusiva ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, che appaiono prevalenti, e alla materia «agricoltura», attribuita alla competenza residuale regionale, ai sensi dell'articolo 117, quarto comma, della Costituzione.
  In proposito, ricorda che, nella sentenza n. 83 del 2018, la Corte costituzionale ha dichiarato che rientrano nella competenza esclusiva statale della tutela della concorrenza le agevolazioni concesse in favore dell'imprenditoria femminile. Sul punto la Corte afferma che «l'intervento statale è dunque diretto a sostenere il livello degli investimenti (che si assume non ottimale) di una particolare categoria di operatori professionali, accrescendo in tal modo la competitività complessiva del sistema. La finalità di stimolare l'espansione in tutti i segmenti di mercato delle imprese a conduzione o a prevalente partecipazione femminile, e l'ammontare delle risorse impiegate rappresentano sicuri elementi sintomatici del livello nazionale dello strumento normativo in esame, che deve essere pertanto ricondotto alla materia “tutela della concorrenza”, intesa nell'anzidetto profilo dinamico e promozionale». Tenendo conto che la tutela della concorrenza, attesa la sua natura trasversale, funge da limite alla disciplina che le regioni possono dettare nelle materie di competenza concorrente o residuale (sentenze n. 38 del 2013 e n. 299 del 2012; da ultimo, sentenza n. 165 del 2014): nel caso richiamato la Corte conclude nel senso che «è precluso alla regione introdurre una disciplina derogatoria della regola statale».Pag. 43
  A fronte di questo intreccio di competenze, il provvedimento già prevede alcune forme di coinvolgimento del sistema delle autonomie territoriali.
  In particolare:

   il comma 3 dell'articolo 2 prevede che le modalità di adozione del Piano nazionale di interventi per la promozione del lavoro e dell'imprenditoria femminile nel settore dell'agricoltura, delle foreste, della pesca e dell'acquacoltura siano stabilite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro per le pari opportunità e la famiglia, con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro del turismo, previa intesa in sede di Conferenza Unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;

   il comma 8 dell'articolo 5 prevede la previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le Regioni per l'adozione – con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge – del regolamento con cui sono stabilite le modalità di attuazione delle disposizioni per l'attuazione del principio di parità di genere di cui al medesimo articolo;

   il comma 3 dell'articolo 8 prevede la previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano per l'adozione del decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, con cui sono definiti i criteri e le modalità di erogazione delle risorse del fondo rotativo per lo sviluppo dell'imprenditoria femminile nell'agricoltura.

  In tale contesto segnala l'esigenza di prevedere ulteriori forme di coinvolgimento del sistema delle autonomie territoriali; in particolare, al comma 5 dell'articolo 4 rileva l'opportunità di stabilire forme di coinvolgimento delle Regioni, ad esempio prevedendo l'intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le Regioni, ai fini dell'adozione del regolamento – con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per le pari opportunità e la famiglia, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge – con cui sono stabilite le modalità di attuazione delle disposizioni per favorire la costituzione e l'aggregazione di imprese a conduzione femminile nel settore dell'agricoltura, della silvicoltura, dell'itticoltura e dell'acquacoltura recate dal medesimo articolo.
  Formula quindi una proposta di parere favorevole con osservazioni (vedi allegato 1).

  Il Comitato approva la proposta di parere formulata dalla relatrice.

Norme per la valorizzazione e la promozione dei prodotti agricoli e alimentari a chilometro zero e di quelli provenienti da filiera corta.
C. 183-B, approvata dalla Camera e modificata dal Senato.
(Parere alla XIII Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

  Fausto RACITI, presidente e relatore, rileva come il Comitato permanente per i pareri sia chiamato ad esaminare, ai fini del parere alla XIII Commissione Agricoltura, la proposta di legge C. 183 – B, approvata dalla Camera e modificata dal Senato, recante norme per la valorizzazione e la promozione dei prodotti agricoli e alimentari a chilometro zero e di quelli provenienti da filiera corta.
  Ricorda in primo luogo che il Comitato ha già esaminato in prima lettura il provvedimento, esprimendo su di esso, nella seduta dell'11 ottobre 2018, parere favorevole con un'osservazione, la quale è stata recepita nel corso del successivo iter.Pag. 44
  Nell'illustrare più dettagliatamente le parti del provvedimento modificate dal Senato, rileva come la proposta di legge, come modificata dall'altro ramo del Parlamento, si componga ora di 8 articoli.
  L'articolo 1, modificato dal Senato definisce, al comma 1, le finalità del provvedimento, che consistono:

   nella valorizzazione e promozione dei prodotti agricoli e alimentari a chilometro zero e di quelli provenienti da filiera corta (il Senato è intervenuto su tale comma – oltre che nel successivo articolo 2, comma 1 –, operando la soppressione delle parole «o utile» dopo le parole «a chilometro zero»);

   nel favorire il consumo dei predetti prodotti;

   nel garantire un'adeguata informazione al consumatore sulla loro origine e specificità.

  Il comma 2 prevede che le regioni e gli enti locali potranno adottare le iniziative di loro competenza per la valorizzazione di detti prodotti.
  Il comma 3 specifica che dall'attuazione dell'articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
  L'articolo 2, modificato dal Senato, reca le definizioni di termini utilizzati dal provvedimento.
  Il comma 1, lettera a), con riferimento ai prodotti agricoli e alimentari a chilometro zero rinvia, per l'individuazione dei prodotti agricoli, a quelli elencati nell'Allegato I del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, mentre, per i prodotti alimentari, fa riferimento a quanto previsto dall'articolo 2 del regolamento (CE) n. 178 del 2002.
  Tali prodotti si considerano a chilometro zero quando provengono da luoghi di produzione e di trasformazione della materia prima agricola (o delle materie prime agricole primarie) posti a una distanza non superiore a 70 chilometri dal luogo di vendita, o comunque provenienti dalla stessa provincia del luogo di vendita, secondo la modifica apportata dal Senato, dal luogo di consumo in caso di servizi di ristorazione. Sono compresi anche i prodotti della pesca nelle acque interne e lagunari, provenienti da punti di sbarco posti a una distanza non superiore a 70 chilometri di raggio dal luogo di vendita, o dal luogo di consumo del servizio di ristorazione, catturati da imbarcazioni iscritte nei registri degli Uffici marittimi delle Capitanerie di Porto competenti per i punti di sbarco e da imprenditori ittici iscritti nel registro delle licenze di pesca tenuti presso le province competenti.
  Ai sensi del comma 1 lettera b), sono prodotti agricoli e alimentari nazionali (la parola «nazionali» è stata aggiunta dal Senato) provenienti da filiera corta i prodotti la cui commercializzazione è caratterizzata dall'assenza di intermediari commerciali o dalla presenza di un solo intermediario tra produttore e consumatore finale.
  L'articolo 3 prevede che lo Stato, le regioni e gli enti locali possono prevedere misure per favorire l'incontro diretto tra produttori e i soggetti gestori, pubblici e privati, della ristorazione collettiva.
  L'articolo 4, modificato dal Senato, disciplina la vendita dei prodotti agricoli e alimentari a chilometro zero e di quelli provenienti da filiera corta.
  Il comma 1, introdotto dal Senato, stabilisce che i comuni riservano almeno il 30 per cento del totale dell'area destinata al mercato (e, per la pesca, delle aree prospicienti i punti di sbarco) agli imprenditori agricoli esercenti la vendita diretta dei prodotti agricoli e alimentari a chilometro zero o a filiera corta.
  Il comma 2, prevede che, in caso di apertura di mercati agricoli di vendita diretta, i comuni possano riservare agli imprenditori agricoli che vendono prodotti a chilometro zero o a filiera corta appositi spazi all'interno delle aree del mercato. In tale ambito il Senato ha inserito un ultimo periodo, il quale riconosce agli stessi imprenditori agricoli la possibilità di realizzare tipologie di mercati riservati alla vendita diretta dei predetti prodotti agricoli.Pag. 45
  Il comma 3 specifica che le regioni e gli enti locali, previa intesa con le associazioni di rappresentanza del commercio e della grande distribuzione, possono favorire la destinazione di particolari aree all'interno dei supermercati destinate alla vendita di tali prodotti.
  L'articolo 5, modificato dal Senato, prevede l'istituzione dei loghi «chilometro zero» e «filiera corta».
  In particolare, il comma 1 statuisce che con decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali – da adottarsi entro novanta giorni dall'entrata in vigore del provvedimento, di concerto con il Ministro dell'Economia e delle Finanze e con quello dello Sviluppo Economico e sentita la Conferenza Unificata – siano istituiti il logo «chilometro zero» e il logo «filiera corta». Spetta allo stesso decreto definire le condizioni e le modalità di attribuzione del logo, le modalità di verifica e attestazione della provenienza territoriale, gli adempimenti relativi alla tracciabilità, nonché le modalità con cui fornire una corretta informazione al consumatore.
  Il comma 2 chiarisce che il logo è esposto nei luoghi di vendita diretta, nei mercati, negli esercizi commerciali o di ristorazione o di somministrazione (secondo la modifica apportata dal Senato) e all'interno dei locali, in spazi espositivi appositamente dedicati. Può essere pubblicato in piattaforme informatiche di acquisto o distribuzione che forniscono i prodotti oggetto della proposta di legge in esame.
  Il comma 3 precisa, inoltre, che il logo non può essere apposto sui prodotti, sulle loro confezioni e su qualsiasi imballaggio utilizzato per la vendita.
  L'articolo 6, modificato dal Senato, disciplina la promozione dei prodotti a chilometro zero e provenienti da filiera corta nella ristorazione collettiva. A tale fine si interviene sull'articolo 144 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici), sostituendone il primo comma. Viene previsto, quindi, che per i servizi di ristorazione la valutazione dell'offerta tiene conto, della qualità dei prodotti alimentari, con particolare riferimento a quella di prodotti biologici, tipici e tradizionali e di prodotti a denominazione protetta e indicazione geografica tipica, del rispetto delle disposizioni ambientali in materia di green economy, dei criteri ambientali minimi pertinenti, della qualità della formazione degli operatori e della provenienza da operatori dell'agricoltura biologica e sociale.
  La modifica apporta dal Senato consiste nella soppressione del riferimento del criterio di premialità: nel testo approvato dalla Camera era stato previsto che l'utilizzo dei prodotti a chilometro zero o provenienti da filiera corta venisse considerato, a parità di offerta, criterio di premialità rispetto agli altri prodotti di qualità, quali i prodotti biologici, tipici o tradizionali, i prodotti a denominazione protetta e quelli provenienti dall'agricoltura sociale.
  In merito ai criteri premiali da attribuirsi ai prodotti a chilometro zero e da filiera corta nell'ambito degli appalti pubblici, ricorda che la Corte costituzionale, nella recente sentenza n. 31 del 9 marzo 2021, nel dichiarare l'illegittimità costituzionale della legge della Regione Toscana n. 75 del 2019 – recante «Norme per incentivare l'introduzione di prodotti a chilometro zero provenienti da filiera corta nelle mense scolastiche» nella parte in cui essa fonda la premialità sulla mera riconducibilità dei prodotti al territorio regionale –, ha ritenuto – conformemente a quanto previsto dall'articolo 95, comma 13, del codice dei contratti pubblici, che ha recepito il principio di matrice comunitaria che subordina il premio all'impatto positivo di un prodotto – che l'attribuzione del punteggio premiale, in sede di gare pubbliche, è legittimo allorché è giustificato da un impatto positivo di un prodotto sulla salute o sull'ambiente.
  Il medesimo articolo 6 stabilisce, inoltre, che è fatto salvo quanto previsto dall'articolo 4, comma 5-quater del decreto-legge n. 104 del 2013, il quale prevede che, per l'affidamento e la gestione dei servizi di refezione scolastica e di fornitura di alimenti e prodotti agroalimentari agli asili nido, alle scuole dell'infanzia, alle scuole primarie, alle scuole secondarie di primo e di secondo grado e alle altre strutture pubblichePag. 46 che abbiano come utenti bambini e giovani fino a diciotto anni di età, i relativi soggetti appaltanti devono prevedere che sia garantita un'adeguata quota di prodotti agricoli, ittici e agroalimentari provenienti da sistemi di filiera corta e biologica e comunque a ridotto impatto ambientale e di qualità, nonché l'attribuzione di un punteggio per le offerte di servizi e forniture rispondenti al modello nutrizionale denominato «dieta mediterranea», consistente in un'alimentazione in cui prevalgano i prodotti ricchi di fibre, in particolare cereali integrali e semintegrali, frutta fresca e secca, verdure crude e cotte e legumi, nonché pesce, olio extravergine d'oliva, uova, latte e yogurt, con una limitazione nel consumo di carni rosse e zuccheri semplici.
  È altresì fatto salvo l'articolo 6, comma 1, della legge n. 141 del 2015, il quale stabilisce che le istituzioni pubbliche che gestiscono mense scolastiche e ospedaliere possono accordare, nelle gare concernenti i relativi servizi di fornitura, criteri di priorità per l'inserimento di prodotti agroalimentari provenienti da operatori dell'agricoltura sociale.
  L'articolo 7, modificato dal Senato, reca le disposizioni sanzionatorie. Nel dettaglio, il comma 1 statuisce che, chiunque utilizzi le definizioni previste all'articolo 2 o i loghi di cui all'articolo 5 in maniera non conforme al provvedimento è punito con una sanzione amministrativa pecuniaria da 1.600 euro a 9.500 euro (la modificata operata dal Senato consiste in una definizione più puntuale della condotta illecita).
  I commi da 2 a 5, aggiunti dal Senato, introducono ulteriori disposizioni volte a disciplinare le sanzioni. In particolare, il comma 2 affida alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano le funzioni di controllo e di irrogazione delle stesse sanzioni.
  Il comma 3 prevede che i proventi derivanti dall'attività sanzionatoria di cui al comma 2 sono versati sui rispettivi conti di tesoreria.
  Il comma 4 stabilisce poi che, limitatamente ai prodotti della pesca e dell'acquacoltura, la competenza per le attività di controllo e accertamento delle infrazioni spetta al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, che si avvale, a tal fine, del Corpo delle capitanerie di porto.
  Il comma 5 prevede che i proventi derivanti dalle sanzioni irrogate ai sensi del comma 4 sono versati su apposito capitolo dello stato di previsione dell'entrata.
  L'articolo 8, comma 1, prevede l'abrogazione del comma 2 dell'articolo 11 della legge n. 159 del 2017, disponendo al riguardo che ogni riferimento a tale disposizione debba intendersi riferito a quanto previsto dall'articolo 2, comma 1, lettere a) e b) della proposta di legge in esame. Si tratta della legge sui piccoli comuni e, in particolare, della disposizione che fornisce una definizione di «prodotti agricoli e alimentari provenienti da filiera corta» e di «prodotti agricoli e alimentari a chilometro utile».
  I commi 2 e 3 prevedono la clausola di salvaguardia, ai sensi della quale le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano applicano le disposizioni della presente legge nei limiti dei rispettivi statuti e delle loro norme di attuazione, e stabiliscono la possibilità, per le regioni statuto speciale e per le province autonome di Trento e Bolzano, di istituire i loghi in forma bilingue.
  Per quanto attiene al rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, rileva come la proposta di legge incida sia sulla materia «tutela della concorrenza», assegnata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, sia sulla materia «alimentazione», attribuita alla competenza concorrente tra Stato e Regioni dall'articolo 117, terzo comma, della Costituzione.
  Nella proposta vi sono inoltre disposizioni riguardanti la vendita al dettaglio dei prodotti alimentari, afferenti alla materia del commercio, attribuita alla competenza residuale delle Regioni, sulla quale si registra un'abbondante produzione normativa regionale.
  A fronte di questo intreccio di competenze, il provvedimento già prevede alcune forme di coinvolgimento del sistema delle autonomie territoriali. In particolare, il Pag. 47comma 1 dell'articolo 5 prevede il parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo n. 281 del 1997, nel procedimento di adozione del decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, da adottare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dello sviluppo economico entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento, con il quale sono istituiti il logo «chilometro zero» e il logo «filiera corta» per i prodotti agricoli e alimentari.
  Con riferimento al comma 1 dell'articolo 4, il quale dispone che i comuni riservano agli imprenditori agricoli e agli imprenditori della pesca e dell'acquacoltura marittima e delle acque interne, singoli o associati in cooperative, esercenti la vendita diretta dei prodotti agricoli e alimentari almeno il 30 per cento del totale dell'area destinata al mercato e, per la pesca, delle aree prospicienti i punti di sbarco, merita richiamare la sentenza n. 245 del 2013 della Corte costituzionale. Tale sentenza ha dichiarato l'illegittimità costituzionale, per violazione dell'articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, dell'articolo 51, comma 1, della legge della Regione Liguria n. 23 del 2011, che disponeva, in attesa dell'adozione dei criteri per l'assegnazione dei posteggi sulle aree pubbliche (ad opera della Giunta regionale in conformità ad un'intesa in sede di Conferenza unificata), l'applicazione dei previgenti criteri regionali (articolo 30, comma 4, della legge regionale n. 1 del 2007). La Corte ha dapprima richiamato la sentenza n. 98 del 2013, in cui si è sottolineato che «la direttiva n. 2006/123/CE – pur ponendosi, in via prioritaria, finalità di liberalizzazione delle attività economiche (...) – consente, comunque, di porre dei limiti all'esercizio della tutela di tali attività, nel caso che questi siano giustificati da motivi imperativi di interesse generale (come quelli derivanti dalla scarsità delle risorse naturali, che determina la necessità della selezione tra i diversi candidati)», così come previsto, in termini generali, dagli articoli 14, 15 e 16 del decreto legislativo di attuazione n. 59 del 2010. L'articolo 70, comma 5, del suddetto decreto legislativo consente, a sua volta, espressamente di derogare alle regole dettate per tale regime autorizzatorio, proprio nel caso della regolamentazione del commercio al dettaglio su aree pubbliche, prevedendo che, con intesa in sede di Conferenza unificata, siano individuati, senza discriminazioni basate sulla forma giuridica dell'impresa, i criteri per il rilascio e il rinnovo della concessione dei posteggi per l'esercizio del commercio su aree pubbliche. La normativa nazionale è stata considerata «“indiscutibilmente riconducibile alla materia 'tutela della concorrenza' (che si attua anche attraverso la previsione e la correlata disciplina delle ipotesi in cui viene eccezionalmente consentito di apporre dei limiti all'esigenza di tendenziale massima liberalizzazione delle attività economiche: sentenza n. 291 del 2012)”»; pertanto, posto che «è alla competenza esclusiva dello Stato che spetta tale regolamentazione, ex articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione», sono stati giudicati «inibiti alle Regioni interventi normativi diretti ad incidere sulla disciplina dettata dallo Stato, finanche in modo meramente riproduttivo della stessa (sentenze n. 18 del 2013, n. 271 del 2009, n. 153 e n. 29 del 2006)». Nel caso di specie, si è osservato che il suddetto articolo 70, comma 5, stabilisce che, «attraverso lo strumento dell'intesa, si adottino (anche in deroga) non solo i criteri per il rilascio e il rinnovo della concessione dei posteggi, ma anche le disposizioni per il passaggio tra il vecchio ed il nuovo regime (con ciò individuando espressamente, nella medesima sede partecipata, il luogo ove adottare la normativa transitoria, da intendersi quale ordinario strumento teleologicamente diretto a regolamentare i rapporti pendenti in caso di successione delle leggi nel tempo)». La norma impugnata è stata così ritenuta illegittima, perché al modello prefigurato dal legislatore statale ha contrapposto «autonomamente scelte unilaterali del legislatore regionale, prese al di fuori di ogni procedimento partecipativo». Peraltro, in data 5 luglio 2012 è intervenuta l'intesa in sede di Conferenza unificata, Pag. 48espressamente adottata in attuazione della citata disciplina nazionale.
  Quanto al rispetto degli altri principi costituzionali, in relazione alla previsione di elementi identificativi di provenienza geografica e caratteristiche dei prodotti (loghi, marchi, e così via) va tenuto conto dell'evoluzione della giurisprudenza costituzionale e della Corte di Giustizia dell'Unione europea.
  In talune occasioni la giurisprudenza costituzionale ha dichiarato illegittime previsioni normative che autorizzassero l'indicazione di un marchio di origine, in quanto in contrasto con gli articoli da 34 a 36 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e, quindi, con l'articolo 117, primo comma, della Costituzione (richiama ad esempio le sentenze n. 86 e n. 191 del 2012 e n. 66 del 2013, n. 292 del 2013).
  In particolare, nella sentenza n. 86 del 2012 la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità della norma della Regione Marche n. 7 del 2011 che ha introdotto un marchio «di origine e di qualità», denominato «Marche Eccellenza Artigiana (MEA)», sottolineando il rilievo centrale che, nella disciplina del mercato comune delle merci, ha il divieto di restrizioni quantitative degli scambi e di misure di effetto equivalente, concernente sia le importazioni, sia le esportazioni. La Corte ha in particolare evidenziato che la giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea ha elaborato una nozione ampia di «misura di effetto equivalente», nozione riassunta nel principio secondo cui «ogni normativa commerciale degli Stati membri che possa ostacolare direttamente o indirettamente, in atto o in potenza, gli scambi intracomunitari va considerata come una misura di effetto equivalente a restrizioni quantitative». Coerentemente con questi principi, la Corte, «constatata quanto meno la possibilità della norma censurata di produrre effetti restrittivi sulla libera circolazione delle merci tra Stati membri, ne ha dichiarato l'incostituzionalità». In maniera analoga, con la sentenza n. 191 del 2012 è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale della legge della Regione Lazio n. 9 del 2011 (Istituzione dell'elenco regionale Made in Lazio – Prodotto in Lazio) evidenziando che «gli articoli da 34 a 36 del TFUE – che, nel caso in esame, rendono concretamente operativo il parametro dell'articolo 117 della Costituzione – vietano agli Stati membri di porre in essere restrizioni quantitative, all'importazione ed alla esportazione, “e qualsiasi misura di effetto equivalente”».
  Al tempo stesso, la Corte di Giustizia dell'UE ha affermato la compatibilità con il diritto UE di indicazioni di origine dei prodotti se riferite a specifici prodotti e se finalizzate alla valorizzazione delle identità territoriali e dell'origine quando tali elementi assumano particolare rilievo per le caratteristiche intrinseche del prodotto (sentenza 18 novembre 2003 e sentenza 7 novembre 2000).
  Da ultimo, nella Comunicazione della Commissione europea recante «Guida agli articoli da 34 a 36 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE)», si ribadisce che «le norme nazionali che impongono l'indicazione dell'origine del prodotto sul prodotto stesso o sull'etichettatura costituiscono una misura di effetto equivalente contraria all'articolo 34 TFUE. La Corte ha infatti statuito che le norme nazionali sull'indicazione obbligatoria dell'origine possono indurre i consumatori ad acquistare prodotti nazionali a scapito di prodotti equivalenti originari di altri Stati membri. Tali norme hanno secondo la Corte l'effetto di rendere più difficile lo sbocco in uno Stato membro della produzione degli altri Stati membri». Al tempo stesso, nella predetta Comunicazione si evidenzia che «la Corte ha statuito che gli Stati membri sono competenti a stabilire regimi di qualità dei prodotti agricoli messi in commercio sul loro territorio e possono subordinare l'uso di denominazioni di qualità al rispetto di tali regimi. Detti regimi e denominazioni non possono tuttavia essere legati alla localizzazione nel territorio nazionale del processo di produzione dei prodotti in questione, bensì dovrebbero unicamente dipendere dal possesso delle caratteristiche obiettive intrinseche che danno ai prodotti la qualità richiesta dalla legge», specificando che «la Corte ha accettato i regimi di qualità stabiliti nel dirittoPag. 49 nazionale se questi consentono l'importazione e la commercializzazione dei prodotti provenienti da altri Stati membri, recanti le rispettive denominazioni, anche nel caso di denominazioni simili, analoghe o identiche a quelle previste dalla normativa nazionale».
  Formula quindi una proposta di parere favorevole (vedi allegato 2).

  Il Comitato approva la proposta di parere formulata dal relatore.

  La seduta termina alle 13.55.

RELAZIONI AL PARLAMENTO

  Giovedì 21 aprile 2022. — Presidenza del presidente Giuseppe BRESCIA. – Interviene il sottosegretario di Stato per l'interno Ivan Scalfarotto.

  La seduta comincia alle 13.55.

Relazione sullo stato di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), riferita all'anno 2021.
Doc. CCLXIII, n. 1.
(Seguito esame, ai sensi dell'articolo 124, comma 2, del regolamento, e conclusione – Approvazione delle risoluzioni n. 8-00166 e n. 8-00167).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 20 aprile 2022.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, informa che la relatrice, Baldino, ha riformulato la risoluzione a sua prima firma, aderendo alle richieste di riformulazione avanzate dalla rappresentante del Governo nella seduta del 19 aprile scorso.
  Fa presente che anche il deputato Prisco ha riformulato la risoluzione a sua prima firma, aderendo a sua volta alle richieste di riformulazione avanzate dalla rappresentante del Governo.
  Segnala che le risoluzioni, come riformulate, saranno poste in votazione, prima la risoluzione presentata dalla relatrice, poi la risoluzione presentata dal gruppo Fratelli d'Italia.

  La Commissione approva la risoluzione presentata dalla relatrice Baldino, come riformulata, che assume il numero 8-00166 (vedi allegato 3).

  Vittoria BALDINO (M5S), relatrice, dichiara l'astensione del suo gruppo sulla proposta di risoluzione a prima firma Prisco.

  La Commissione approva la risoluzione a prima firma Prisco, come riformulata, che assume il numero 8-00167 (vedi allegato 4).

  La seduta termina alle 14.

SEDE REFERENTE

  Giovedì 21 aprile 2022. — Presidenza del presidente Giuseppe BRESCIA. – Intervengono il sottosegretario di Stato per l'interno Ivan Scalfarotto e la sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri Maria Valentina Vezzali.

  La seduta comincia alle 14.

Modifiche al testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, e alla legge 25 marzo 1993, n. 81, concernenti il computo dei votanti per la validità delle elezioni comunali e il numero delle sottoscrizioni per la presentazione dei candidati alle medesime elezioni.
C. 3144, approvata dal Senato.
(Seguito esame e conclusione).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 30 marzo 2022.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, ricorda che tutti i gruppi hanno rinunciato alla fissazione del termine per la presentazione degli emendamenti e informa che nella seduta di ieri la Commissione Bilancio, unica Commissione alla quale il provvedimentoPag. 50 è assegnato in sede consultiva, ha espresso parere favorevole sul provvedimento.
  Pertanto, nella seduta odierna si procederà alla votazione della proposta di conferire il mandato al relatore, Stefani, a riferire favorevolmente all'Assemblea sul provvedimento.

  Igor Giancarlo IEZZI (LEGA) dichiara il voto favorevole del suo gruppo sulla proposta di conferimento al relatore del mandato a riferire favorevolmente all'Assemblea ed esprime apprezzamento per l'accelerazione dell'iter, auspicando che tale accelerazione consenta l'approvazione definitiva del provvedimento in tempo utile per renderlo applicabile alle consultazioni elettorali previste per il 12 giugno prossimo.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, condivide la soddisfazione per la rapidità con la quale è stato possibile portare a conclusione l'esame del provvedimento.

  Emanuele PRISCO (FDI) dichiara il voto favorevole del suo gruppo sulla proposta di conferimento al relatore del mandato a riferire favorevolmente all'Assemblea e si associa alle considerazioni del deputato Iezzi, ricordando come anche il suo gruppo, al pari di tutti gli altri, abbia aderito alla proposta di rinunciare alla presentazione degli emendamenti, proprio al fine di consentire l'accelerazione dell'iter.

  La Commissione delibera di conferire al relatore, Stefani, il mandato a riferire favorevolmente all'Assemblea sul provvedimento.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, avverte che la Presidenza si riserva di nominare il Comitato dei nove sulla base delle indicazioni dei gruppi.

Modifica all'articolo 33 della Costituzione, in materia di attività sportiva.
C. 3531 cost., approvata dal Senato in prima deliberazione, C. 586 cost. Consiglio regionale delle Marche, C. 731 cost. Prisco, C. 1436 cost. Butti, C. 2998 cost. Versace, C. 3220 cost. Belotti e C. 3536 cost. Gagliardi.
(Esame e rinvio – Adozione del testo base) .

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Giuseppe BRESCIA, presidente e relatore, nell'avviare l'esame delle proposte di legge, segnala innanzitutto come il testo della proposta di legge costituzionale C. 3531, approvata dal Senato in prima deliberazione, costituisca la sintesi di sei differenti, ma convergenti, proposte di legge costituzionale presentate al Senato (S. 747 Iannone, S. 2262 Sbrollini, S. 2474 Biti, S. 2478 Augussori, S. 2480 Garruti e S. 2538 Gallone).
  Illustra quindi il contenuto della proposta di legge costituzionale C. 3531, che si compone di un unico articolo, essa aggiunge di un nuovo ultimo comma all'articolo 33 della Costituzione, stabilendo che la Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell'attività sportiva in tutte le sue forme.
  Rileva al riguardo come la scelta del verbo «riconosce» richiami, all'evidenza, la formula linguistica dell'articolo 2 della Carta costituzionale, lasciando trasparire la visione dell'attività sportiva come realtà «pre-esistente», in qualche senso «pre-giuridica», di cui la Repubblica è chiamata a prendere atto, offrendole al contempo tutela e promozione.
  In particolare, il riconoscimento del valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell'attività sportiva è declinato su tre direttrici, che fra loro non si pongono in rapporto gerarchico, bensì equiordinato e complementare.
  La collocazione all'articolo 33 ha reso preferibile indicare per primo il valore educativo, legato allo sviluppo e alla formazione della persona.
  A questo si affianca il valore sociale: lo sport, infatti, rappresenta spesso un fattore di aggregazione e uno strumento d'inclusione per individui o cerchie di soggetti in condizioni di svantaggio o marginalità del più vario genere, quali quelle di tipo socio-Pag. 51economico, etnico-culturale o fisico-cognitivo.
  Inoltre, sottolinea come lo sport abbia una innegabile correlazione con la salute, specie intesa nella sua più moderna concezione di benessere psico-fisico integrale della persona, anziché come mera assenza di malattia.
  Quanto alla scelta della locuzione da impiegare, precisa altresì che l'espressione «attività sportiva» è stata preferita a «sport» perché quest'ultimo, pur essendo un termine ormai entrato nella lingua italiana, è pur sempre una parola straniera, e quindi non è stato ritenuto opportuno inserirlo nella Costituzione.
  La formula secondo cui è riconosciuto il valore dell'attività sportiva «in tutte le sue forme» è volta a esplicitare che la norma abbraccia lo sport nella sua accezione più ampia (professionistico, dilettantistico, amatoriale, organizzato o non organizzato).
  Rammenta, infine, che il nuovo ultimo comma dell'articolo 33 della Costituzione deve essere letto in combinato disposto con l'articolo 114 della Costituzione, implicando il coinvolgimento di tutti gli enti costitutivi della Repubblica (Comuni, Province, Città metropolitane, Regioni, Stato), ciascuno secondo le rispettive competenze, nel riconoscimento dei valori dell'attività sportiva.
  Per quanto riguarda le proposte di legge costituzionale, abbinate alla proposta di legge approvata dal Senato, in quanto vertenti sulla medesima materia, esse presentano consonanze significative rispetto alla proposta di legge C. 3531.
  In particolare, la proposta di legge costituzionale C. 586, d'iniziativa del Consiglio regionale delle Marche, recante «Modifica all'articolo 33 della Costituzione, in materia di promozione e valorizzazione dello sport» aggiunge due nuovi commi nell'articolo 33.
  Il primo nuovo comma sancisce il principio secondo cui la Repubblica promuove lo sport nelle sue discipline e manifestazioni e ne sostiene la funzione civile, sociale, educativa e di tutela della salute.
  Il secondo nuovo comma prevede un riferimento alla valorizzazione dell'associazionismo sportivo nelle forme del volontariato.
  La proposta di legge costituzionale C. 1436 Butti, recante «Modifica all'articolo 9 della Costituzione, in materia di diritto all'esercizio dell'attività sportiva» differisce circa la scelta della sede della materia e la delimitazione del contenuto normativo.
  Segnala come la proposta di legge costituzionale C. 1436 preveda l'aggiunta di un nuovo comma alla fine dell'articolo 9 della Costituzione, preferendo quindi intervenire sui principi fondamentali, includendovi il diritto all'esercizio dell'attività fisica, e inserendo in tale ambito un riferimento all'articolo 32 della Costituzione, sancendo che il predetto diritto all'esercizio dell'attività fisica è considerato anche quale parte integrante del diritto fondamentale alla salute.
  Per quel che attiene alle altre proposte di legge costituzionale abbinate, esse si propongono di modificare l'articolo 32 della Costituzione, introducendovi il diritto all'attività sportiva come componente del diritto alla salute, differenziandosi per alcuni profili normativi e attuativi.
  Nello specifico, la proposta di legge C. 731 Prisco, recante «Modifica all'articolo 32 della Costituzione, in materia di promozione dell'accesso alla pratica sportiva», stabilisce che la tutela della salute si realizza anche mediante la promozione delle attività volte a impegnare e sviluppare le capacità psicomotorie della persona, sancendo in tale ambito il principio secondo cui la Repubblica agevola l'accesso alla pratica sportiva.
  La proposta di legge costituzionale C. 2998 Versace, recante «Modifiche all'articolo 32 della Costituzione in materia di diritto allo sport», inserisce un nuovo comma nel predetto articolo 32, il quale stabilisce che la Repubblica riconosce, promuove e tutela il diritto allo sport, esplicitando in tale ambito l'accezione educativa e sociale del predetto diritto allo sport, e garantisce le condizioni che agevolano e rendono effettivo l'accesso alla pratica sportiva e l'esercizio della stessa.Pag. 52
  La proposta di legge costituzionale C. 3220 Belotti, recante «Modifica all'articolo 32 della Costituzione, in materia di diritto allo svolgimento dell'attività sportiva e ricreativa», inserisce due nuovi commi nel predetto articolo 32.
  Il primo nuovo comma stabilisce che la Repubblica riconosce e favorisce il diritto allo svolgimento dell'attività sportiva e ricreativa.
  Il secondo nuovo comma prevede che la legge assicuri la realizzazione degli strumenti idonei a garantire l'esercizio libero e gratuito dell'attività sportiva e ricreativa.
  La proposta di legge C. 3536 Gagliardi, recante «Modifica all'articolo 32 della Costituzione, in materia di tutela dell'attività sportiva come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività», modifica la formulazione del primo comma del predetto articolo 32, aggiunge l'attività sportiva alla tutela della salute, configurando entrambi come fondamentali diritti dell'individuo e interessi della collettività.
  Per quanto riguarda il contesto normativo in cui si inserisce l'intervento legislativo, ricorda che, nel testo originale del 1948, la Costituzione non conteneva alcun riferimento all'attività sportiva. A tale esito concorsero verosimilmente due fattori: l'esperienza del fascismo, che dello sport aveva fatto uno dei principali strumenti di propaganda e veicolo della propria ideologia; le difficili condizioni economiche e sociali lasciate in eredità dal secondo conflitto mondiale.
  Di entrambi si trova eco nei lavori dell'Assemblea Costituente, dove peraltro il dibattito sullo sport fu marginale e per lo più incentrato sugli interventi pubblici tesi a garantire, tramite la realizzazione e manutenzione delle strutture necessarie, l'attività motoria e la salute dei giovani. In particolare, nella seduta del 19 aprile 1947, in sede di discussione su quello che sarebbe divenuto l'articolo 31, l'on. Giuliano Pajetta richiamava l'attenzione sul «problema dello sport inteso come garanzia di una gioventù sana che cresca forte nel nostro Paese. Non si tratta più di fare dello sport una preparazione per la guerra, o che la gente ragioni con i muscoli e con i piedi invece che con la testa; ma si tratta di prevenire le malattie che fanno strage nel nostro Paese».
  Gli unici riferimenti allo sport in fonti di rango costituzionale erano previsti, sin dalla loro approvazione e con disposizioni tutt'ora in vigore, da due Statuti speciali: quello del Trentino-Alto Adige (all'articolo 9, n. 11) che assegna alla potestà legislativa concorrente la materia «attività sportive e ricreative con i relativi impianti ed attrezzature»; quello del Friuli – Venezia Giulia (all'articolo 4, n. 14) che attribuisce alla potestà legislativa regionale primaria la materia «istituzioni sportive».
  È solo con la riforma del Titolo V, operata nel 2001, che lo sport trova ingresso in Costituzione, sia pur ai limitati fini del riparto di competenze legislative fra Stato e Regioni: l'articolo 117, comma terzo, infatti, annovera «l'ordinamento sportivo» fra le materie di competenza concorrente. Circa tale previsione, si è diffusamente osservato come la formula costituzionale non abbia inteso negare il principio consolidato dell'autonomia dell'ordinamento sportivo rispetto all'ordinamento statuale (Corte costituzionale, sentenza n. 49 del 2011) ma si tratta di orientamento risalente e condiviso anche nella giurisdizione ordinaria e amministrativa.
  Rileva una caratterizzazione analoga, per taluni profili, in alcuni atti normativi statali di trasferimento delle funzioni amministrative dallo Stato a Regioni ed enti locali (ad esempio, il decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977 o il decreto legislativo n. 112 del 1998, con riguardo ad attività promozionali, realizzazione e gestione d'impianti, finanziamenti). Sottolinea come solo di recente l'accesso alla pratica sportiva e la sua valenza sul piano educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico abbiano trovato ampio riconoscimento. Tra le disposizioni legislative vigenti in materia, segnala quelle della legge n. 107 del 2015. Nello specifico, la predetta legge intende:

   garantire nelle istituzioni scolastiche «il diritto all'esercizio della pratica sportiva quale insopprimibile forma di svolgimento della personalità del minore» (articolo 1, comma 369, lettera e);

Pag. 53

   incentivare «l'avviamento all'esercizio della pratica sportiva delle persone disabili mediante l'uso di ausili per lo sport» (articolo 1, comma 369, lettera a);

   perseguire il più generale obiettivo formativo del «potenziamento delle discipline motorie e dello sviluppo di comportamenti ispirati a uno stile di vita sano», anche con quote dedicate della dotazione organica di personale (articolo 1, comma 616).

  Rammenta al riguardo che il decreto-legge n. 185 del 2015, sul fronte dell'inclusione, ha istituto il fondo «Sport e Periferie», finalizzato al potenziamento dell'attività sportiva agonistica nazionale e dello sviluppo della relativa cultura in aree svantaggiate e zone periferiche urbane, con l'obiettivo di rimuovere gli squilibri economico-sociali e incrementare la sicurezza urbana (articolo 15). Successivamente, la legge n. 145 del 2018 (articolo 1, comma 629), ha trasformato la preesistente Coni Servizi s.p.a. in Sport e Salute s.p.a., ampliandone dotazioni e funzioni.
  Sul fronte politiche sanitarie, fra gli esempi recenti, segnala altresì che il 3 novembre 2021 è stato adottato, con Accordo Stato-Regioni, il documento recante le «Linee di indirizzo sull'attività fisica. Revisione delle raccomandazioni per le differenti fasce d'età e situazioni fisiologiche e nuove raccomandazioni per specifiche patologie», redatto dal Tavolo di lavoro per la promozione dell'attività fisica e la tutela della salute nelle attività sportive, istituito con Decreto del Ministro della salute 25 luglio 2019.
  In linea di continuità, la legge n. 234 del 2021 (legge di bilancio 2022) ha introdotto l'insegnamento dell'educazione motoria nella scuola primaria, nelle classi quarte e quinte, da parte di docenti forniti di idoneo titolo di studio: al dichiarato fine di promuovere nei giovani l'assunzione di comportamenti e stili di vita funzionali alla crescita armoniosa, alla salute, al benessere psico-fisico e al pieno sviluppo della persona, riconoscendo l'educazione motoria quale espressione di un diritto personale e strumento di apprendimento cognitivo.
  Da ultimo, il PNRR si è inserito trasversalmente rispetto a molti dei filoni tematici sopra delineati, stanziando per il settore 1 miliardo di euro.
  Auspica che l'iter possa procedere celermente, in modo da consentire l'approvazione della proposta di legge costituzionale in esame prime della conclusione della Legislatura, venendo incontro alle sollecitazioni in tal senso provenienti dal mondo dello sport e da tutte le forze politiche.

  Emanuele PRISCO (FDI) condivide l'esigenza di accelerare l'iter al fine di pervenire all'approvazione definitiva del provvedimento entro la conclusione della Legislatura, e in tale ottica dichiara fin d'ora la disponibilità del suo gruppo a rinunciare al termine per la presentazione degli emendamenti, auspicando che analoga disponibilità venga manifestata da tutti i gruppi.

  Igor Giancarlo IEZZI (LEGA), dichiara, a nome del suo gruppo, di rinunciare al termine per la presentazione degli emendamenti, al fine di pervenire all'approvazione del provvedimento in tempi celeri.

  Vittoria BALDINO (M5S), dichiara, a nome del suo gruppo, di rinunciare al termine per la presentazione degli emendamenti.

  Giuseppe BRESCIA, presidente e relatore, non essendovi ulteriori richieste di intervento, dichiara concluso l'esame preliminare e propone di adottare come testo base per il prosieguo dell'esame la proposta di legge C. 3531 cost., approvata dal Senato in prima deliberazione.

  La Commissione delibera di adottare come testo base per il prosieguo dell'esame la proposta di legge C. 3531 cost., approvata dal Senato in prima deliberazione.

  Giuseppe BRESCIA, presidente e relatore, prende atto che tutti i gruppi concordano di rinunciare alla fissazione del termine per la presentazione degli emendamenti; si riserva quindi di sollecitare alle Pag. 54Commissioni competenti in sede consultiva l'espressione del parere sul testo base.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta, che sarà convocata per la prossima settimana.

Modifiche al testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di circoscrizioni di decentramento comunale.
C. 1430 Bordonali e C. 2404 Topo.
(Seguito esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 20 aprile 2022.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, informa che non sono pervenuti ricorsi avverso il giudizio di inammissibilità dell'emendamento Pastorino 1.6 dichiarato nella seduta di ieri. Chiede quindi alla relatrice, Bordonali, come intenda procedere ai fini dell'esame delle proposte emendative.

  Simona BORDONALI (LEGA), relatrice, chiede di rinviare l'esame del provvedimento di due settimane, in quanto sono necessari alcuni approfondimenti ai fini dell'espressione dei pareri sulle proposte emendative.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, non essendovi obiezioni, ritiene di poter accogliere la richiesta della relatrice.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza.
Testo unificato C. 105 Boldrini, C. 194 Fitzgerald Nissoli, C. 221 La Marca, C. 222 La Marca, C. 717 Polverini, C. 920 Orfini, C. 2269 Siragusa, C. 2981 Sangregorio e C. 3511 Ungaro.
(Seguito esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 20 aprile 2022.

  Giuseppe BRESCIA, presidente e relatore, comunica che la deputata Ferro sottoscrive l'emendamento Meloni 1.18.
  Ricorda che l'esame delle proposte emendative continuerà a partire dall'emendamento Montaruli 1.17.

  Augusta MONTARULI (FDI), illustrando il suo emendamento 1.17, rileva come esso sia analogo al precedente emendamento Fogliani 1.16 e sia volto a sopprimere la lettera a) del comma 1 dell'articolo 1 del testo unificato, che costituisce una parte essenziale del provvedimento, sul quale Fratelli d'Italia ribadisce la propria netta contrarietà.
  Ricorda come Fratelli d'Italia, in un'ottica costruttiva, abbia presentato una formulazione alternativa del testo, attraverso la presentazione di uno specifico emendamento, sul quale tuttavia non si segnalano aperture da parte delle forze politiche che sostengono il testo.
  Ritiene certamente condivisibile l'esigenza di accelerare i tempi per l'esame delle richieste di concessione della cittadinanza, ma ritiene imprescindibile che la presentazione della richiesta sia riservata esclusivamente a coloro che abbiano compiuto la maggiore età, anche a tutela del richiedente, in quanto è necessaria la piena consapevolezza di tutte le implicazioni dell'ottenimento della cittadinanza italiana, a partire dalla perdita della cittadinanza del Paese di origine laddove la legge di tale Paese non consenta il possesso della doppia cittadinanza. Giudica, pertanto, del tutto inopportuna la previsione della possibilità di richiedere la cittadinanza prima del compimento della maggiore età.
  Sottolinea come il requisito della frequenza di un percorso formativo di cinque anni sia del tutto inadeguato alla verifica dell'effettiva integrazione del richiedente, in quanto la norma non specifica né il contenuto dei percorsi formativi richiesti, né la collocazione temporale del quinquennio. Ritiene, dunque, che debbano essere previsti requisiti molto più stringenti.Pag. 55
  Ricorda come l'obiezione di fondo mossa dalla sua parte politica rispetto al provvedimento in esame derivi dalla considerazione per cui la cittadinanza deve costituire il completamento di un percorso e deve pertanto essere preceduta da un'effettiva integrazione nella comunità nazionale e sottolinea come, per verificare l'effettività di tale integrazione, non possa certo essere considerato sufficiente un percorso formativo di cinque anni, non meglio specificato.
  Rileva come, da un lato, lo Stato debba fornire tutti gli strumenti possibili per favorire l'integrazione, ma come, dall'altro, la verifica dell'effettiva integrazione ai fini della concessione della cittadinanza debba avvenire in modo rigoroso. Ritiene quindi che il provvedimento in esame, non prevedendo tale rigorosa verifica dell'avvenuta integrazione, sia in realtà volto a introdurre uno ius soli mascherato.
  Alla luce di tali considerazioni, raccomanda l'approvazione del suo emendamento 1.17, ribadendo al tempo stesso la disponibilità al confronto, a partire dalle proposte emendative presentate dal suo gruppo, a condizione, tuttavia, che da parte dei sostenitori del provvedimento venga meno l'atteggiamento di pregiudiziale chiusura al dialogo finora manifestato.

  Igor Giancarlo IEZZI (LEGA) invita i gruppi a svolgere una riflessione – magari proprio in questo fine settimana, nel quale si augura che chi parteciperà a manifestazioni eviterà di sbandierare vessilli della NATO – al fine di comprendere che la cittadinanza non può rappresentare un presupposto rispetto all'integrazione dello straniero, ma dovrebbe essere il risultato finale di un percorso progressivo verso tale integrazione.
  Dopo aver ricordato che il caso di taluni Paesi, tra i quali richiama la Francia, è emblematico per quanto riguarda la non necessaria corrispondenza tra cittadinanza e integrazione, ribadisce che il suo gruppo è contrario a qualsiasi forma di discriminazione nei confronti dei minori stranieri, i cui diritti fondamentali peraltro risultano già ampiamente garantiti dal nostro ordinamento, ed è disponibile a confrontarsi nel merito qualora vi fosse realmente la volontà di superare, a favore di tutti, talune specifiche problematiche di natura concreta, ad esempio quelle determinate dalle lungaggini burocratiche, come nel caso a più riprese richiamato riguardante l'organizzazione difficoltosa dei viaggi all'estero per le scuole.
  Ritiene invece inaccettabile utilizzare strumentalmente l'argomento della tutela dei minori per perseguire il loro reale scopo, che è la naturalizzazione dei loro genitori, piuttosto che preoccuparsi delle vere emergenze del Paese.

  Edoardo ZIELLO (LEGA) preannuncia il voto favorevole del suo gruppo sull'emendamento Montaruli 1.17, esprimendo netta contrarietà rispetto a un provvedimento che non risponderebbe ad alcuna emergenza in materia di cittadinanza. Osserva, infatti, che l'Italia è ai primi posti per quanto riguarda i dati della naturalizzazione degli stranieri, ricordando che dal 2010 al 2019 le naturalizzazioni sono state circa un milione e 180 mila.
  Fa notare come il suo gruppo non esprima una posizione ideologica, ma intenda affrontare talune questioni in termini pratici, nel presupposto che nel Paese non esiste alcuna distinzione tra minori stranieri e minori italiani per quanto concerne il rispetto dei diritti fondamentali. Ritiene che il provvedimento in esame rischi di determinare una vera e propria emergenza immigrazione, che l'Italia non può permettersi, considerata la recente crisi internazionale.
  Dopo aver fatto notare che l'atteggiamento di certi gruppi appare divisivo ed ideologico, ritiene necessario affrontare le vere emergenze del Paese, come quelle nel campo economico ed energetico o come quelle attinenti alla sicurezza nelle città, tema sul quale ricorda, peraltro, come si sia tentato di smontare, sulla spinta di alcuni gruppi, la riforma messa in campo dall'ex Ministro dell'Interno Salvini.
  Svolgendo un'ultima considerazione, intende stigmatizzare ancora una volta l'atteggiamento del rappresentante del Governo nell'espressione dei pareri, che ritiene sia stato scorretto e poco rispettoso del ruolo del Parlamento, dal momento che Pag. 56avrebbe dovuto rimettersi alla Commissione su tutte le proposte emendative e non solo su alcune.

  La Commissione respinge l'emendamento Montaruli 1.17.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, rinvia il seguito dell'esame ad una seduta che sarà convocata per martedì 26 aprile prossimo.

  La seduta termina alle 14.30.