CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 13 aprile 2022
779.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
Pag. 15

COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

  Mercoledì 13 aprile 2022. — Presidenza del presidente Alberto STEFANI.

  La seduta comincia alle 15.40.

Modifica all'articolo 71 del codice del Terzo settore, di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, in materia di compatibilità urbanistica dell'uso delle sedi e dei locali impiegati dalle associazioni di promozione sociale per le loro attività.
C. 1059-A.
(Parere alla VIII Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole con condizione).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

  Alberto STEFANI, presidente, rileva come il Comitato permanente per i pareri sia chiamato ad esaminare, ai fini del parere alla VIII Commissione Ambiente, la proposta di legge C. 1059-A, recante modifica all'articolo 71 del codice del Terzo settore, di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, in materia di compatibilità urbanistica dell'uso delle sedi e dei locali impiegati dalle associazioni di promozione sociale per le loro attività.

  Stefano CECCANTI (PD), relatore, ricorda preliminarmente che la VIII Commissione ha iniziato l'esame in sede referente della proposta di legge C. 1059 Foti nella seduta del 3 aprile 2019 e lo ha concluso nella seduta del 7 aprile 2021, deliberando di conferire mandato al relatore a riferire in senso contrario all'Assemblea. Nella seduta del 12 ottobre 2021 l'Assemblea ha deliberato il rinvio in Commissione della proposta di legge; nel corso dell'ulteriore esame in sede referente, successivo al rinvio, non sono state apportate modifiche al testo del provvedimento.
  In sintesi, la proposta di legge, che si compone di un solo articolo, costituito da un solo comma, è volto ad escludere, per le associazioni di promozione sociale che svolgono (anche occasionalmente) attività di culto, l'applicazione della normativa di favore prevista, dall'articolo 71, comma 1, del Codice del Terzo settore di cui al decreto legislativo n. 117 del 2017, per il cambio di destinazione d'uso dei locali utilizzati come sedi degli enti del terzo settore.
  Al fine di comprendere il quadro normativo in cui si inserisce l'intervento normativo, rileva come il predetto articolo 71, comma 1, del decreto legislativo n. 117 del 2017 dispone che «le sedi degli enti del Terzo settore e i locali in cui si svolgono le relative attività istituzionali, purché non di tipo produttivo, sono compatibili con tutte le destinazioni d'uso omogenee previste dal decreto del Ministero dei lavori pubblici 2 aprile 1968 n. 1444 e simili, indipendentemente dalla destinazione urbanistica». Al di fuori di tale disciplina di favore, invece, il mutamento di destinazione d'uso di un immobile è considerato urbanisticamente rilevante (indipendentemente dal fatto che avvenga con o senza opere a tanto preordinate) e, come tale, necessita quindi di un titolo edilizio abilitativo.
  Solo il cambio di destinazione d'uso fra categorie edilizie omogenee non necessita di permesso di costruire (in quanto non incide sul carico urbanistico), mentre, allorché lo stesso intervenga tra categorie edilizie funzionalmente autonome e non omogenee, si integra in questa ipotesi una modificazione edilizia con effetti incidenti sul carico urbanistico, con conseguente assoggettamento al regime del permesso di costruire, e ciò, indipendentemente dall'esecuzione di opere.
  L'articolo 23-ter del decreto del Presidente della Repubblica 380 del 2001 (Testo unico in materia edilizia) dispone che «salva diversa previsione da parte delle leggi regionali, costituisce mutamento rilevante della destinazione d'uso ogni forma di utilizzo dell'immobile o della singola unità immobiliare diversa, da quella originaria, ancorché non accompagnata dall'esecuzione di opere edilizie, purché tale da comportare l'assegnazione dell'immobile o dell'unità immobiliare considerati ad una diversa categoria funzionale tra quelle sotto elencate: a) residenziale; a-bis) turistico-ricettiva; b) Pag. 16produttiva e direzionale; c) commerciale; d) rurale».
  Il richiamo alle leggi regionali recato dal citato articolo 23-ter tiene conto del disposto dell'articolo 10 del medesimo testo unico, ove, tra l'altro, si assoggettano a permesso di costruire «gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino modifiche della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d'uso» e si dispone che «le regioni stabiliscono con legge quali mutamenti, connessi o non connessi a trasformazioni fisiche, dell'uso di immobili o di loro parti, sono subordinati a permesso di costruire o a segnalazione certificata di inizio attività». Lo stesso articolo, al comma 3, dispone che «le regioni possono altresì individuare con legge ulteriori interventi che, in relazione all'incidenza sul territorio e sul carico urbanistico, sono sottoposti al preventivo rilascio del permesso di costruire».
  A titolo esemplificativo, segnala come la legge regionale della Lombardia n. 12 del 2005 («Legge per il governo del territorio»), all'articolo 52, comma 3-bis, stabilisca che i mutamenti di destinazione d'uso di immobili, anche non comportanti la realizzazione di opere edilizie, finalizzati alla creazione di luoghi di culto e luoghi destinati a centri sociali, sono assoggettati a permesso di costruire. Si tratta quindi di una disposizione che estende, anche al di fuori delle zone A (definite dall'articolo 2 del decreto ministeriale n. 1444/1968), quanto previsto dal citato articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001. Segnala, inoltre, come la citata legge regionale lombarda (n. 12 del 2005), come modificata dalla legge regionale n. 2 del 2015, preveda, all'articolo 70, alcuni principi in materia di edificazione dei luoghi di culto delle confessioni diverse da quella cattolica. Le nuove norme si applicano alle confessioni religiose che hanno stipulato un'intesa con lo Stato, nonché in virtù della riformulazione derivante dalla sentenza della Corte costituzionale n. 63 del 2016, agli enti delle altre confessioni religiose.
  Con la citata sentenza, la Corte costituzionale ha giudicato costituzionalmente illegittimi i requisiti previsti per gli enti delle confessioni religiose prive di intesa con lo Stato («presenza diffusa, organizzata e consistente a livello territoriale e un significativo insediamento nell'ambito del comune nel quale vengono effettuati gli interventi disciplinati dal presente capo» e «relativi statuti esprimono il carattere religioso delle loro finalità istituzionali e il rispetto dei principi e dei valori della Costituzione»).
  Osserva inoltre come il mutamento di destinazione di edifici al fine di un loro utilizzo quali luoghi di culto sia stato oggetto di numerose pronunce giurisprudenziali volte, da un lato, a definire le caratteristiche in presenza delle quali l'edificio è da ritenersi destinato ad attività di culto, e, dall'altro, a considerare l'aspetto autorizzativo del citato mutamento di destinazione.
  Secondo il Consiglio di Stato (sentenza n. 683 del 2011) «emerge come le deroghe al piano regolatore comunale non possano essere di tale entità da elidere le esigenze di ordine urbanistico sottese al piano e, in particolare, non possano legittimare eccezioni alle destinazioni di zona, sulle quali si fonda la struttura concettuale stessa del piano regolatore generale nelle scelte fondanti sull'uso del territorio. Appare quindi corretto affermare che anche i permessi in deroga debbano osservare tali principi e sono quindi legittimi nella misura in cui si allineano alle destinazioni d'uso ammesse dal piano regolatore all'interno delle singole zone». Sul punto richiama anche la recente sentenza del T.A.R. Veneto n. 91 del 27 gennaio 2015, ove si legge che «occorre distinguere il caso di [...] esercizio di un'attività associativa all'interno di un capannone industriale-artigianale, nel quale si svolgono, privatamente e saltuariamente, preghiere religiose, attività espressione dello ius utendi del proprietario ed inidonea a comportare l'assegnazione dell'unità immobiliare ad una diversa categoria funzionale, da altri e ben diversi casi di mutamenti di Pag. 17destinazione d'uso suscettibili, per l'afflusso di persone o di utenti, di creare centri di aggregazione (chiese, moschee, centri sociali, ecc.) aventi come destinazione principale o esclusiva l'esercizio del culto religioso o altre attività con riflessi di rilevante impatto urbanistico, che richiedono la verifica delle dotazioni di attrezzature pubbliche rapportate a dette destinazioni (si veda la sentenza del Consiglio di Stato n. 5778/2011)».
  Nella sentenza n. 34812 del 17 luglio 2017, la Corte di cassazione ha ricordato che «è stato chiarito (richiama la sentenza della Sezione 3, n. 5712 del 13/12/2013, e le successive sentenze conformi, tra cui Sezione 3, n. 39897 del 24/06/2014, e Sezione 3, n. 26455 del 05/04/2016, citate) che il mutamento di destinazione d'uso senza opere è attualmente assoggettato alla S.C.I.A., purché intervenga nell'ambito della stessa categoria urbanistica, mentre è richiesto il permesso di costruire per le modifiche di destinazione che comportino il passaggio di categoria o, se il cambio d'uso sia eseguito nei centri storici, anche all'interno di una stessa categoria omogenea. Dunque deve ritenersi consentita la modifica di destinazione d'uso funzionale che non comporti una oggettiva modificazione dell'assetto urbanistico ed edilizio del territorio e non incida sugli indici di edificabilità, che non determini, cioè, un aggravio del carico urbanistico, inteso come maggiore richiesta di servizi cosiddetti secondari, come ad esempio gli spazi pubblici destinati a parcheggio e le esigenze di trasporto, smaltimento di rifiuti e viabilità (si veda la sentenza della Sezione 3, n. 24852 del 8/5/2013), derivante dalla diversa destinazione impressa al bene. Per quanto riguarda la destinazione a luogo di culto, la stessa non è astrattamente incompatibile con le categorie funzionali di cui all'articolo 23-ter decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, e cioè quella residenziale, quella turistico-ricettiva, quella produttiva e direzionale, quella commerciale e quella rurale, in quanto può coesistere con tali destinazioni, a condizione che non determini l'assegnazione dell'immobile a una diversa categoria funzionale tra quelle suddette e non comporti, ancorché tale destinazione non sia accompagnata dalla esecuzione di opere edilizie, un aggravio del carico urbanistico nel senso anzidetto. In linea generale, osserva che l'attività di culto non rientra in alcuna delle suddette categorie funzionali, sicché il suo svolgimento, di per sé, non determina l'assegnazione dell'immobile a una di esse diversa da quella originaria, salvo che ciò venga in concreto accertato, unitamente, ai fini della configurabilità del reato di cui all'articolo 44, lettera a), decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, all'aggravio del carico urbanistico (cfr., in proposito, Sez. 3, n. 4943 del 17/01/2012, Bittesini, Rv. 251984; Sez. 3, n. 19378 del 15/03/2002, Catalano, Rv. 221951; Sez. 3, n. 26209 del 30/04/2003, Censullo, Rv. 225515)».
  Per quanto attiene al rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, rileva come la proposta di legge incida su un profilo rientrante nella materia «governo del territorio», che l'articolo 117, terzo comma, della Costituzione attribuisce alla competenza legislativa concorrente tra Stato e regioni. Al riguardo segnala come il «nucleo duro» della disciplina del governo del territorio sia rappresentato dai profili tradizionalmente appartenenti all'urbanistica e all'edilizia (si vedano le sentenze n. 303 e n. 362 del 2003).
  Al tempo stesso, all'indomani della riforma, la Corte ha messo in evidenza come la materia vada ben oltre questi aspetti, affermando che il governo del territorio «comprende, in linea di principio, tutto ciò che attiene all'uso del territorio e alla localizzazione di impianti e attività» (si veda la sentenza n. 307 del 2003). L'ambito disciplinato dal Testo unico in materia edilizia è ricompreso per giurisprudenza costante nella competenza concorrente in materia di «governo del territorio» (sentenze n. 196 del 2004, n. 362 e n. 303 del 2003; sentenza n. 233 del 2015). In questo settore, la Corte ha da sempre annoverato molteplici disposizioni dello stesso testo unico tra i principi fondamentali del «governo del territorio» (ex plurimis, sentenze n. 282, n. 272, n. 231 e n. 67 del 2016, Pag. 18n. 259 e n. 167 del 2014, n. 64 del 2013 e n. 309 del 2011).
  Secondo la giurisprudenza costituzionale, sono da considerarsi, tra gli altri, principi fondamentali della legislazione dello Stato le disposizioni che definiscono le categorie di interventi edilizi, perché è in conformità a queste ultime che è disciplinato il regime dei titoli abilitativi, con riguardo al procedimento e agli oneri, nonché agli abusi e alle relative sanzioni, anche penali (sentenza n. 309 del 2011).
  Degna di nota è anche la sentenza n. 63 del 2016 della Corte costituzionale, con la quale è stata censurata la legittimità costituzionale di alcune disposizioni della legge regionale lombarda n. 12 del 2005 (introdotte dalla successiva legge regionale n. 2 del 2015). Secondo la Corte la normativa regionale illustrata, in quanto disciplina la pianificazione urbanistica dei luoghi di culto, attiene senz'altro al «governo del territorio», cosicché, riguardata dal punto di vista materiale, rientra nelle competenze regionali concorrenti, ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, Cost. (ex plurimis, sentenze n. 272, n. 102 e n. 6 del 2013). Nondimeno, la valutazione sul rispetto del riparto di competenze tra Stato e Regioni, richiede di tenere conto, oltre che dell'oggetto, anche della ratio della normativa impugnata e di identificare correttamente e compiutamente gli interessi tutelati, nonché le finalità perseguite (ex plurimis, sentenze n. 140 del 2015, n. 167 e n. 119 del 2014). Il legislatore regionale, nell'esercizio delle sue competenze, qual è quella in materia di «governo del territorio» che qui viene in rilievo, non può mai perseguire finalità che esorbitano dai compiti della Regione. Da questo punto di vista occorre ribadire che la legislazione regionale in materia di edilizia del culto «trova la sua ragione e giustificazione – propria della materia urbanistica – nell'esigenza di assicurare uno sviluppo equilibrato ed armonico dei centri abitativi e nella realizzazione dei servizi di interesse pubblico nella loro più ampia accezione, che comprende perciò anche i servizi religiosi» (sentenza n. 195 del 1993). In questi limiti soltanto la regolazione dell'edilizia di culto resta nell'ambito delle competenze regionali. Non è, invece, consentito al legislatore regionale, all'interno di una legge sul governo del territorio, introdurre disposizioni che ostacolino o compromettano la libertà di religione, ad esempio prevedendo condizioni differenziate per l'accesso al riparto dei luoghi di culto. Poiché la disponibilità di luoghi dedicati è condizione essenziale per l'effettivo esercizio della libertà di culto, un tale tipo di intervento normativo eccederebbe dalle competenze regionali, perché finirebbe per interferire con l'attuazione della libertà di religione, garantita agli articoli 8, primo comma, e 19, della Costituzione, condizionandone l'effettivo esercizio.
  Pertanto, una lettura unitaria dei principi costituzionali sopra richiamati porta a concludere che la Regione è titolata, nel governare la composizione dei diversi interessi che insistono sul territorio, a dedicare specifiche disposizioni per la programmazione e realizzazione di luoghi di culto; viceversa, essa esorbita dalle sue competenze, entrando in un ambito nel quale sussistono forti e qualificate esigenze di eguaglianza, se, ai fini dell'applicabilità di tali disposizioni, impone requisiti differenziati, e più stringenti, per le sole confessioni per le quali non sia stata stipulata e approvata con legge un'intesa ai sensi dell'articolo 8, terzo comma, della Costituzione.
  Assume, inoltre, rilievo (con riferimento al regime delle destinazioni d'uso degli immobili) il limite esterno alla materia «governo del territorio» derivante dalla materia della sicurezza, di competenza esclusiva statale ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera h), della Costituzione. Ciò in quanto, se nel governo del territorio rientrano gli usi ammissibili del territorio e la localizzazione di impianti o attività, ne restano esclusi i profili legati alla sicurezza degli edifici.
  Alla luce della finalità della proposta di legge in esame, può assumere anche rilievo il quadro costituzionale delle garanzie della libertà religiosa, definito dagli articoli 8, primo comma, 19 e 20 della Costituzione.
  In particolare, l'articolo 19 della Costituzione prevede che «tutti hanno diritto di Pag. 19professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda, e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume», mentre l'articolo 20 della Costituzione dispone che «il carattere ecclesiastico e il fine di religione d'una associazione od istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative, né di speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività».
  Rileva in materia anche la giurisprudenza costituzionale sul principio di laicità, che la Corte costituzionale annovera tra i principi supremi dell'ordinamento costituzionale. Tale principio supremo trova fondamento negli articoli 2, 3, 7, 8, 19 e 20 della Costituzione, ed implica la garanzia dello Stato per la salvaguardia della libertà di religione, in regime di pluralismo confessionale e culturale. In tale quadro, la Corte costituzionale ha ricordato (nella sentenza n. 195 del 1993) come la realizzazione dei servizi religiosi ha per effetto di rendere concretamente possibile, e comunque di facilitare, le attività di culto, che rappresentano un'estrinsecazione del diritto fondamentale ed inviolabile della libertà religiosa espressamente enunciata nell'articolo 19 della Costituzione.
  Più di recente, la Corte costituzionale ha ribadito (con la sentenza n. 67 del 2017) come l'ordinamento repubblicano sia contraddistinto dal principio di laicità, da intendersi, secondo l'accezione che la stessa giurisprudenza costituzionale ne ha dato (sentenze n. 63 del 2016, n. 508 del 2000, n. 329 del 1997, n. 440 del 1995, n. 203 del 1989), non come indifferenza dello Stato di fronte all'esperienza religiosa, bensì come tutela del pluralismo, a sostegno della massima espansione della libertà di tutti, secondo criteri di imparzialità. [...] Altresì consolidato è il principio per cui la disponibilità di spazi adeguati ove «rendere concretamente possibile, o comunque [...] facilitare, le attività di culto» (sentenza n. 195 del 1993) rientra nella tutela di cui all'articolo 19 della Costituzione, il quale riconosce a tutti il diritto di professare la propria fede religiosa, in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitare in pubblico o in privato il culto, con il solo limite dei riti contrari al buon costume (sentenza n. 63 del 2016).
  Da ultimo, con la sentenza n. 254 del 2019 la Corte costituzionale ha sottolineato che «la libertà di culto si traduce anche nel diritto di disporre di spazi adeguati per poterla concretamente esercitare (sentenza n. 67 del 2017) e comporta perciò più precisamente un duplice dovere a carico delle autorità pubbliche cui spetta di regolare e gestire l'uso del territorio (essenzialmente le regioni e i comuni): in positivo – in applicazione del citato principio di laicità – esso implica che le amministrazioni competenti prevedano e mettano a disposizione spazi pubblici per le attività religiose; in negativo, impone che non si frappongano ostacoli ingiustificati all'esercizio del culto nei luoghi privati e che non si discriminino le confessioni nell'accesso agli spazi pubblici (sentenze n. 63 del 2016, n. 346 del 2002 e n. 195 del 1993)». Nella medesima pronuncia la Corte (punto 6.3 del considerato in diritto) pone in evidenza il carattere assoluto della previsione, giudicata incostituzionale, dell'articolo 72, comma 2, della legge regionale della Lombardia n. 12 del 2005 (che subordinava l'installazione di qualsiasi attrezzatura religiosa all'esistenza del piano delle attrezzature religiose) in ragione del fatto che essa riguardava «indistintamente (ed esclusivamente) tutte le nuove attrezzature religiose, a prescindere dal loro carattere pubblico o privato, dalla loro dimensione, dalla specifica funzione cui sono adibite, dalla loro attitudine a ospitare un numero più o meno consistente di fedeli, e dunque dal loro impatto urbanistico, che può essere molto variabile e potenzialmente irrilevante».
  Formula quindi una proposta di parere favorevole con una condizione (vedi allegato 1).

  Il Comitato approva la proposta di parere formulata dal relatore.

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Disciplina dell'ippicoltura e delega al Governo per l'adozione di disposizioni volte allo sviluppo del settore.
Nuovo testo C. 2531.
(Parere alla XIII Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

  Alberto STEFANI, presidente, in sostituzione del relatore, Iezzi, impossibilitato a partecipare alla seduta odierna, rileva come il Comitato permanente per i pareri è chiamato a esaminare, ai fini del parere alla XIII Commissione (Agricoltura), la proposta di legge C. 2531 Gadda, recante disciplina dell'ippicoltura e delega al Governo per l'adozione di disposizioni volte allo sviluppo del settore, come risultante dagli emendamenti approvati nel corso dell'esame in sede referente.
  Evidenzia quindi come, nel corso dell'esame in sede referente, sia stata soppressa la disposizione che recava una delega al Governo per lo sviluppo dell'ippicoltura, disposizione a cui tuttavia fa ancora riferimento il titolo del provvedimento, che andrebbe dunque modificato in sede di coordinamento formale.
  Passando ad esaminare il contenuto del provvedimento, che si compone di tre articoli, l'articolo 1 definisce cosa debba intendersi per ippicoltura. Più nel dettaglio, ai sensi del comma 1, si prevede che le attività dell'ippicoltura interessano tutti gli equidi, sia destinati alla produzione di alimenti per il consumo umano sia non destinati alla produzione di alimenti.
  Tali attività, ai sensi del comma 2, riguardano l'allevamento, la riproduzione, la gestazione, la nascita e lo svezzamento degli equidi, svolte in forma imprenditoriale, e sono considerate agricole ai sensi dell'articolo 2135 del codice civile.
  Inoltre, ai sensi del comma 3, sono considerate connesse all'attività agricola le seguenti attività:

   l'esercizio e la gestione di stazioni di fecondazione, l'assistenza e la gestione della produzione del seme;

   la doma, l'addestramento, l'allenamento, la custodia e il ricovero dei cavalli;

   la valorizzazione e la promozione delle razze, autoctone e non autoctone;

   la gestione e il mantenimento degli equidi, anche qualora siano di proprietà di soggetti terzi non allevatori, a prescindere dall'età degli stessi equidi;

   la promozione delle tecniche di ippicoltura, tirocini e attività formative in collaborazione con istituti scolastici e allevamenti e le cliniche veterinarie;

   la promozione e l'insegnamento delle attività di mascalcia (cioè delle attività ferratura dello zoccolo degli animali).

  Ai sensi del comma 4, la formazione in materia di discipline equestri, nonché l'assistenza tecnica nel settore dell'allevamento e delle competizioni equestri e ippiche, sono attività di prestazione di servizi utili allo sviluppo del settore agricolo e dell'intera filiera della ippicoltura.
  In base al comma 5, alle attività di ippicoltura si applicano le disposizioni fiscali e previdenziali vigenti previste per il settore agricolo.
  Ai sensi del comma 6, alla cessione e vendita degli equidi si applica l'aliquota IVA ridotta del 10 per cento.
  Il comma 7 prevede che gli operai assunti a tempo indeterminato o determinato dalle imprese che esercitano attività di ippicoltura sono considerati, ai fini previdenziali e assistenziali, lavoratori agricoli dipendenti.
  Il comma 8 stabilisce il divieto di destinare alla filiera alimentare gli equidi impiegati a scopo sociale o terapeutico.
  L'articolo 2 prevede la clausola di salvaguardia, stabilendo che le disposizioni della proposta di legge sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione, anche con riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.Pag. 21
  L'articolo 3 prevede la clausola di copertura finanziaria per gli oneri derivanti dall'articolo 1, pari a 5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2021.
  Per quel che attiene al rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, rileva come il provvedimento, pur attenendo all'ippicoltura, ne reca la disciplina ai fini civilistici, fiscali e previdenziali, risultando pertanto riconducibile alle materie «sistema tributario dello Stato», «ordinamento civile» e «previdenza sociale», attribuite alla competenza legislativa esclusiva statale ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettere e), l), o) della Costituzione.
  Per quanto riguarda invece l'ippicoltura come disciplina zootecnica, ricorda che la Corte costituzionale, nella sentenza n. 173 del 2014 ha sostenuto che: «il significato corrente del termine “zootecnia” richiama indubbiamente l'attività diretta all'allevamento e allo sfruttamento degli animali “produttivi”, cioè idonei a fornire all'uomo un'utilità di natura economica»; e che «ciò è confermato dal rilievo che l'attività zootecnica è stata sempre considerata, proprio in tema di riparto di competenze tra Stato e regioni, come inscindibile dalla materia dell'“agricoltura” – di competenza residuale regionale ai sensi dell'articolo 117, quarto comma, della Costituzione – ed anzi come un settore, un aspetto particolare di questa» (sentenza n. 123 del 1992).
  La Corte ha, viceversa, ritenuto che al paradigma della «tutela della salute», materia ascrivibile alla competenza concorrente di cui al terzo comma dell'articolo 117 della Costituzione, sono riconducibili gli obiettivi di tutela igienico-sanitaria e di sicurezza veterinaria (sentenza n. 222 del 2003).
  Formula quindi una proposta di parere favorevole (vedi allegato 2).

  Il Comitato approva la proposta di parere formulata dal relatore.

  La seduta termina alle 15.45.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO
DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  Mercoledì 13 aprile 2022.

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 15.45 alle 16.15.

RELAZIONI AL PARLAMENTO

  Mercoledì 13 aprile 2022. — Presidenza del presidente Giuseppe BRESCIA. – Interviene il sottosegretario di Stato per l'interno Ivan Scalfarotto.

  La seduta comincia alle 16.15.

Relazione sullo stato di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), riferita all'anno 2021.
Doc. CCLXIII, n. 1.
(Seguito esame, ai sensi dell'articolo 124 del regolamento, e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 6 aprile 2022.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, ricorda che nell'ultima seduta di esame si era convenuto di rinviare la discussione della Relazione, al fine di consentire al Governo di approfondire il contenuto della proposta di risoluzione formulata dalla relatrice, Baldino, e della proposta di risoluzione presentata dal gruppo Fratelli d'Italia.
  Rammenta che tale ultima risoluzione sarà posta in votazione dopo la risoluzione formulata dalla relatrice, per le parti non eventualmente precluse o assorbite.

  Il Sottosegretario Ivan SCALFAROTTO chiede di rinviare ulteriormente l'esame della Relazione, al fine di consentire ai competenti uffici della Presidenza del Consiglio di svolgere i necessari approfondimenti sulle risoluzioni presentate.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame a una seduta che sarà convocata per la giornata di martedì 19 aprile.

  La seduta termina alle 16.20.

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SEDE CONSULTIVA

  Mercoledì 13 aprile 2022. — Presidenza del presidente Giuseppe BRESCIA. – Interviene il sottosegretario di Stato per l'interno Ivan Scalfarotto.

  La seduta comincia alle 16.20.

Documento di economia e finanza 2022.
Doc. LVII, n. 5, Annesso e Allegati.
(Parere alla V Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, rileva come la Commissione sia chiamata a esaminare, in sede consultiva, ai fini del parere alla V Commissione Bilancio, il Documento di economia e finanza 2022 (Doc. LVII, n. 5, Annesso e allegati).
  Avverte che il parere sul Documento dovrà essere espresso entro il pomeriggio di martedì 19 aprile prossimo, atteso che esso sarà discusso in Assemblea nella seduta di mercoledì 20 aprile prossimo.
  Da quindi la parola al relatore, Ceccanti, per l'illustrazione del Documento e la formulazione di una proposta di parere, che è già stata anticipata informalmente a tutti i componenti della Commissione nella mattinata odierna

  Stefano CECCANTI (PD), relatore, ricorda preliminarmente che il Documento di economia e finanza (DEF) costituisce il principale documento di programmazione della politica economica e di bilancio. Esso traccia, in una prospettiva di medio-lungo termine, gli impegni, sul piano del consolidamento delle finanze pubbliche, e gli indirizzi, sul versante delle diverse politiche pubbliche, adottati dall'Italia per il rispetto del Patto di Stabilità e Crescita europeo (PSC). Il DEF si colloca al centro del processo di coordinamento ex ante delle politiche economiche degli Stati membri dell'UE, il cosiddetto Semestre europeo. Il Semestre europeo fornisce un quadro, temporalmente scandito, per la gestione delle varie tappe della strategia di coordinamento delle politiche economiche tra i paesi dell'UE.
  Il DEF, secondo l'articolo 10 della legge di contabilità (legge n. 196 del 2009), si compone di tre sezioni e di una serie di allegati.
  La prima sezione espone lo schema del Programma di Stabilità, che deve contenere tutti gli elementi e le informazioni richiesti dai regolamenti dell'Unione europea e, in particolare, dal nuovo Codice di condotta sull'attuazione del Patto di stabilità e crescita, con specifico riferimento agli obiettivi di politica economica da conseguire per accelerare la riduzione del debito pubblico. La sezione espone gli obiettivi e il quadro delle previsioni economiche e di finanza pubblica per il triennio successivo; l'indicazione degli obiettivi programmatici per l'indebitamento netto, per il saldo di cassa e per il debito delle PA, articolati per i sottosettori della PA, accompagnata anche da un'indicazione di massima delle misure attraverso le quali si prevede di raggiungere gli obiettivi. Ciò anche ai fini di dar conto del rispetto del percorso di avvicinamento all'obiettivo di medio termine (OMT), qualora si sia verificato uno scostamento dall'obiettivo medesimo. La sezione contiene, inoltre, le previsioni di finanza pubblica di lungo periodo e gli interventi che si intende adottare per garantirne la sostenibilità.
  La seconda sezione «Analisi e tendenze della finanza pubblica» riporta, principalmente, l'analisi del conto economico e del conto di cassa delle amministrazioni pubbliche nell'anno precedente; le previsioni tendenziali a legislazione vigente, almeno per il triennio successivo, dei flussi di entrata e di uscita del conto economico e del saldo di cassa; l'indicazione delle previsioni a politiche invariate per i principali aggregati del conto economico della PA riferite almeno al triennio successivo; le informazioni di dettaglio sui risultati e sulle previsioni dei conti dei principali settori di spesa, con particolare riferimento a quelli relativi al pubblico impiego, alla protezione Pag. 23sociale e alla sanità, al debito delle amministrazioni pubbliche ed al relativo costo medio, nonché all'ammontare della spesa per interessi del bilancio dello Stato correlata a strumenti finanziari derivati; le informazioni, infine, sulle risorse destinate allo sviluppo delle aree sottoutilizzate, con evidenziazione dei fondi nazionali addizionali.
  La terza sezione reca lo schema del Programma Nazionale di riforma (PNR) che, in coerenza con il Programma di Stabilità, contiene gli elementi e le informazioni previsti dai regolamenti dell'Unione europea e dalle specifiche linee guida per il Programma nazionale. In tale ambito sono indicati:

   lo stato di avanzamento delle riforme avviate, con indicazione dell'eventuale scostamento tra i risultati previsti e quelli conseguiti;

   gli squilibri macroeconomici nazionali e i fattori di natura macroeconomica che incidono sulla competitività;

   le priorità del Paese, con le principali riforme da attuare, i tempi previsti per la loro attuazione e la compatibilità con gli obiettivi programmatici indicati nel Programma di stabilità;

   i prevedibili effetti delle riforme proposte in termini di crescita dell'economia, di rafforzamento della competitività del sistema economico e di aumento dell'occupazione.

  Passando quindi a illustrare il contenuto del DEF 2022, rileva come la Sezione I si articoli in 6 capitoli, relativi, rispettivamente, al quadro complessivo e alla politica di bilancio, al quadro macroeconomico, all'indebitamento netto e al debito pubblico, sensitività e sostenibilità delle finanze pubbliche, alle azioni intraprese e alle linee di tendenza, nonché agli aspetti istituzionali delle finanze pubbliche. Vi è quindi un'appendice che descrive gli effetti netti della manovra di finanza pubblica sull'indebitamento netto della PA.
  In questa prima Sezione si evidenzia come, dopo la forte contrazione registrata nel 2020 a causa della pandemia, il PIL mondiale sia cresciuto sopra ai livelli pre-crisi nel corso del 2021, grazie soprattutto alla crescente disponibilità dei vaccini contro il COVID-19.
  Nel quadro complessivo della politica di bilancio, infatti, si rileva che nel 2021 l'Italia ha conseguito un forte recupero del prodotto interno lordo e un notevole miglioramento della finanza pubblica. Il prodotto interno lordo (PIL) è cresciuto del 6,6 per cento in termini reali, dopo l'eccezionale caduta del 9,0 per cento registrata nel 2020 in connessione con lo scoppio della pandemia. L'indebitamento netto della Pubblica amministrazione (PA) è sceso al 7,2 per cento del PIL, dal 9,6 per cento del 2020. Grazie alla sostenuta crescita del prodotto in termini nominali (7,2 per cento), il rapporto tra debito pubblico e PIL a fine 2021 è sceso al 150,8 per cento, dal picco del 155,3 per cento toccato nel 2020. Tuttavia, dopo la notevole ripresa registrata nei due trimestri centrali del 2021, negli ultimi mesi dell'anno scorso il ritmo di crescita del PIL è stato rallentato dalla quarta ondata dell'epidemia da Covid-19, da carenze di materiali e componenti, nonché dall'impennata dei prezzi del gas naturale e dell'energia elettrica, che peraltro avevano già registrato forti aumenti a partire dalla tarda primavera.
  Nel primo bimestre di quest'anno gli indicatori del ciclo internazionale si sono indeboliti, pur rimanendo moderatamente positivi.
  Le prospettive legate al protrarsi della fase di rialzo dei mercati finanziari si sono dunque indebolite negli ultimi mesi del 2021, sia, in un primo momento, a causa delle aspettative di politiche monetarie maggiormente restrittive, in connessione con l'innesco di tendenze inflazionistiche; sia, in un secondo momento, in ragione delle instabilità geopolitiche emerse già nel mese di gennaio man mano che si concretizzava il rischio di un'invasione dell'Ucraina da parte della Russia.
  In Italia, l'impatto del rialzo dei prezzi energetici sui costi delle imprese e sui bilanciPag. 24 familiari si è aggravato, sebbene gli interventi finanziati dalla Legge di bilancio 2022 e da successivi provvedimenti del Governo lo abbiano ridotto di oltre un quarto per quanto riguarda il primo semestre del 2022. A gennaio, la produzione dell'industria e delle costruzioni ha segnato una decisa battuta d'arresto, mentre il tasso di inflazione segnava nuovi rialzi, in Italia così come negli altri Paesi europei.
  Il forte impulso inflazionistico proveniente dall'energia e dalle materie prime ha anche causato una revisione al rialzo delle aspettative di mercato sulla futura politica monetaria della Banca Centrale Europea (BCE). Di conseguenza, i tassi di interesse hanno registrato aumenti significativi e il differenziale di rendimento tra i titoli di Stato italiani e il Bund si è ampliato.
  Su questo già complesso quadro economico, a fine febbraio si è quindi inserito l'attacco militare della Russia all'Ucraina.
  Tale instabilità, acuitasi a seguito dell'esplosione della guerra, ha determinato significative revisioni al ribasso non solo degli indici azionari, ma più in generale di tutti gli elementi di rischio che agiscono sullo scenario globale. Come evidenziato dal DEF, l'economia internazionale è chiamata a fronteggiare una forte inflazione sul fronte delle materie prime con possibili interruzioni nelle catene di approvvigionamento. Inoltre, gli effetti del conflitto potrebbero condurre ad una maggiore fragilità dei mercati emergenti, all'estromissione dell'undicesima economia mondiale dai canali commerciali e finanziari e ad un'ulteriore volatilità nei mercati.
  Le implicazioni della crisi in Ucraina potrebbero influire negativamente, inoltre, sul percorso di normalizzazione della politica monetaria intrapreso da numerose banche centrali dopo l'orientamento espansivo consolidatosi nel biennio 2020-2021, finalizzato al contrasto delle conseguenze economiche negative della crisi pandemica.
  Il mutato contesto internazionale ha indotto l'OCSE a rivedere al ribasso le stime sulla crescita globale nel suo Rapporto intermedio di marzo 2022.
  Tra i principali rischi economici di grave entità rilevati dall'OCSE rientra la cessazione delle esportazioni di energia della Russia verso l'UE. Fino a qualche tempo fa, la Russia forniva infatti all'Europa oltre il 40 per cento delle sue importazioni di gas naturale, fonte di energia fondamentale per il riscaldamento e per la produzione di energia elettrica. L'impatto di una rapida riduzione o interruzione degli approvvigionamenti dalla Russia, pur di difficile quantificazione, sarebbe fortemente negativo, a causa delle limitate possibilità di rinvenire fonti alternative di approvvigionamento energetico sui mercati mondiali a breve termine, nonché della scarsità delle riserve di gas naturale. La guerra ha messo in evidenza, dunque, l'importanza di ridurre al minimo la dipendenza dalla Russia per alcune importazioni essenziali, in particolare al fine di garantire la sicurezza energetica e agevolare la transizione verso un'economia verde.
  In questo contesto di grande incertezza, la fiducia delle famiglie italiane, già in fase di lieve discesa da ottobre, è dunque scesa marcatamente in marzo a causa della guerra in Ucraina. In particolare, le famiglie sono risultate assai più pessimiste sulle prospettive economiche dell'Italia e meno orientate a effettuare acquisti di beni durevoli, mentre la loro valutazione sulle proprie condizioni economiche non è sensibilmente peggiorata. Il peggioramento della fiducia delle imprese secondo l'indagine congiunturale Istat è risultato più contenuto, con un moderato calo per l'industria manifatturiera e dei servizi e un peggioramento più sensibile del commercio al dettaglio. Nelle costruzioni, invece, l'indice di fiducia ha toccato un nuovo massimo sebbene un'elevata quota di imprese riporti pressioni al rialzo sui prezzi. Gli investimenti nel 2021 hanno registrato un aumento notevole (17 per cento). Gli investimenti in costruzioni hanno sperimentato l'incremento più ampio (22,3 per cento), sostenuto anche dai provvedimenti governativi a favore del settore, seguiti da quelli in macchinari e attrezzature (19,5 per cento). L'aumento degli investimenti nelle costruzioni si è accompagnato all'andamento positivo dei volumi di compravendita e alla crescita dei prezzi delle abitazioni.Pag. 25
  Per quanto riguarda le prospettive dell'economia italiana e il quadro tendenziale, lo scenario a legislazione vigente esposto nel DEF 2022 riflette un quadro economico fortemente condizionato dall'incertezza sull'evoluzione del conflitto tra Russia e Ucraina e dal conseguente aumento dei prezzi delle materie prime e dalle oscillazioni osservate nei mercati finanziari.
  Come già rilevato, prima del conflitto – sottolinea il DEF – l'economia italiana era attesa in forte ripresa anche nel 2022, grazie al miglioramento del quadro sanitario, alle politiche fiscali espansive e alle condizioni finanziarie favorevoli.
  Tuttavia, già sul finire dell'anno erano emersi segnali di indebolimento della ripresa.
  I dati più recenti sugli indicatori di fiducia fanno emergere ulteriori segnali di rallentamento legati all'insorgere del conflitto. Le sopraggiunte tensioni internazionali hanno innescato un'ulteriore accelerazione dei prezzi delle commodity energetiche e alimentari, giunti a livelli eccezionalmente elevati, il cui impatto su imprese e famiglie si è aggravato, nonostante i provvedimenti adottati dal Governo per il contenimento dei costi. Secondo i dati preliminari dell'Istat, i prezzi al consumo a marzo risultano in crescita tendenziale del 6,7 per cento secondo l'indice nazionale (NIC), dal 5,7 per cento di febbraio, e del 7,0 per cento secondo l'IPCA.
  Dopo l'incremento congiunturale dello 0,6 per cento della crescita registrato dal PIL nel quarto trimestre del 2021, ci si attende ora una contrazione del PIL dello 0,5 per cento nel primo trimestre di quest'anno, attribuibile principalmente a una contrazione del valore aggiunto dell'industria.
  Per il secondo trimestre si prevede una moderata ripresa della crescita del PIL, trainata principalmente dai servizi, che beneficerebbero delle riaperture a partire dalla primavera, con la fine dello stato di emergenza.
  Tuttavia, il DEF segnala che, nonostante si stimi anche un rimbalzo della produzione industriale a febbraio, nell'indagine Istat di marzo le aspettative delle imprese manifatturiere su ordinativi e produzione denotano un netto peggioramento, il che denota rischi al ribasso per il secondo trimestre.
  Il DEF 2022, in particolare, mette in evidenzia l'andamento negativo della produzione industriale che, dopo la flessione di dicembre (-1,1 per cento rispetto al mese precedente), ha registrato una forte caduta a gennaio (-3,4 per cento rispetto a dicembre), che porta l'indice destagionalizzato a collocarsi 1,9 punti percentuali al di sotto dei livelli pre-crisi pandemica.
  A fronte di questi andamenti congiunturali dovuti al peggioramento del quadro internazionale, le prospettive di crescita dell'economia appaiono oggi più deboli e assai più incerte di quanto ipotizzato a settembre ed anche a inizio anno.
  Anche in conseguenza di un livello di partenza del PIL trimestrale più elevato a fine 2021 rispetto a quanto stimato a settembre 2021, e considerando l'impatto economico del conflitto e delle sanzioni imposte nei confronti della Russia, la previsione tendenziale di crescita in termini reali del PIL per il 2022 viene rivista al 2,9 per cento, al ribasso di 1,8 punti percentuali rispetto al 4,7 per cento prospettato nello scenario programmatico della NADEF del settembre scorso.
  La previsione del PIL per il 2023 scende in confronto alla NADEF, al 2,3 per cento rispetto al 2,8 per cento previsto a settembre 2021, a seguito delle ripercussioni delle tensioni economiche ed internazionali in corso; mentre per il 2024 si prevede solo una lieve riduzione, dall'1,9 per cento all'1,8 per cento rispetto alla previsione della NADEF.
  La previsione per il 2025 viene posta all'1,5 per cento, seguendo l'approccio secondo cui il tasso di crescita su un orizzonte a tre anni converge verso il tasso di crescita «potenziale» dell'economia italiana. Quest'ultimo, ipotizzando l'attuazione del programma di investimenti e riforme previsto dal PNRR, è cifrato all'1,4 per cento.
  La revisione al ribasso della previsione per il 2022 – si spiega nel DEF – è dovuta Pag. 26essenzialmente al peggioramento delle variabili esogene della previsione.
  Risultano infatti riviste al ribasso le previsioni di crescita sia del commercio mondiale sia delle importazioni dei partner commerciali dell'Italia. In aggiunta, va considerato l'impatto specifico dei minori flussi di commercio bilaterale tra Italia e Russia dovuti alla situazione bellica e alle sanzioni.
  Incidono negativamente sul nuovo quadro previsionale anche i livelli più elevati attesi dei prezzi delle materie prime e dell'energia e dei tassi di interesse. Anche il tasso di cambio ponderato dell'euro risulta meno competitivo, sebbene l'euro resti debole nei confronti del dollaro.
  Nel quadro macroeconomico programmatico per gli anni 2022 e successivi, il Governo dichiara di confermare gli obiettivi (previsti dalla NADEF) del deficit di 5,6 per cento del PIL nel 2022, di 3,9 per cento nel 2023, 3,3 per cento nel 2024. Per il 2025 il nuovo obiettivo di deficit è fissato al 2,8 per cento del PIL.
  Le proiezioni più favorevoli del rapporto deficit/PIL (indebitamento netto) a legislazione vigente per il 2022 (5,1 per cento di PIL) consentono un margine di circa 0,5 punti percentuali di PIL che il Governo dichiara di voler utilizzare per finanziare un nuovo provvedimento.
  Con il nuovo decreto-legge preannunciato nel mese di aprile saranno ripristinati i fondi di bilancio utilizzati a parziale copertura del decreto-legge n. 17 del 2022 (riguardante, tra l'altro, misure per il contenimento dei costi dell'energia elettrica e del gas naturale), con un onere di finanza pubblica pari a 4,5 miliardi.
  Le restanti risorse saranno destinate ai seguenti interventi:

   l'incremento dei fondi per le garanzie sul credito;

   l'aumento delle risorse necessarie a coprire l'incremento dei prezzi delle opere pubbliche;

   ulteriori interventi per contenere i prezzi dei carburanti e il costo dell'energia;

   ulteriori misure necessarie per assistere i profughi ucraini e per alleviare l'impatto economico del conflitto in corso in Ucraina sulle aziende italiane;

   sostegno al sistema sanitario e ai settori maggiormente colpiti dall'emergenza pandemica.

  Si prevede che con il suddetto intervento la crescita del PIL reale salirà al 3,1 per cento nel 2022 (+0,2 rispetto al tendenziale) e al 2,4 per cento nel 2023 (+0,1). Le maggiori risorse stanziate, rivolte a famiglie e imprese, contribuiranno ad aumentare rispetto allo scenario tendenziale gli investimenti dello 0,3 per cento e i consumi delle famiglie di circa 0,1 punti percentuali nel 2022 corso. Nel 2023 i consumi delle famiglie nel quadro macroeconomico programmatico cresceranno del 2,1 per cento (in linea con il quadro tendenziale) e gli investimenti fissi lordi totali del 5,5 per cento (di 0,4 punti percentuali in più rispetto allo scenario tendenziale).
  Lo scenario programmatico del DEF prevede un maggior numero di occupati e un minor tasso di disoccupazione rispetto al quadro tendenziale, che si attesta al 8,1 per cento nel 2023, per poi ridursi ulteriormente all'8,0 per cento nel 2024 e al 7,9 per cento nel 2025. Le previsioni di crescita del PIL per il 2024 e il 2025 rimangono sostanzialmente invariate rispetto a quelle riportate nello scenario a legislazione vigente. Per il resto, le differenze fra scenario programmatico e tendenziale risultano limitate in quanto il differenziale di deficit è ampio nel 2022, ma si riduce nel prossimo triennio fino a sostanzialmente annullarsi nel 2024-2025.
  Il DEF analizza poi, come di consueto, diversi scenari di rischio per le principali variabili esogene della previsione, fra cui la possibilità di una recrudescenza della pandemia, di rialzi dei tassi di interesse e di apprezzamento del tasso di cambio dell'euro superiori a quanto ipotizzato nel quadro tendenziale, evidenziando uno scenario di rischio legato alla guerra in Ucraina ed in particolare all'eventualità che un ulteriore inasprimento delle sanzioni porti Pag. 27all'interruzione degli afflussi di gas e petrolio dalla Russia. Nella simulazione più sfavorevole, i risultati mostrano una caduta del PIL, in confronto allo scenario tendenziale, di 2,3 punti percentuali nel 2022 e 1,9 nel 2023. Pertanto, la crescita del PIL in termini reali nel 2022 sarebbe pari a 0,6 per cento e nel 2023 a 0,4 per cento.
  Per quanto riguarda i profili di competenza della Commissione Affari costituzionali, nel Programma nazionale di riforma 2022 il Governo individua quattro priorità di azione per modernizzare e rendere più efficiente e competente la pubblica amministrazione, anche in risposta alle sfide poste dal PNRR, che affida alla PA il compito di gestire un ingente ammontare di risorse e al contempo di contribuire a formulare le riforme strategiche per il Paese.
  Le quattro direttrici del percorso sono:

   il miglioramento dei meccanismi di accesso e delle procedure di selezione in modo da favorire il ricambio generazionale;

   la semplificazione di norme e procedure;

   la qualificazione e la riqualificazione delle risorse umane;

   la digitalizzazione.

  Si tratta delle riforme a cui, negli ultimi anni, le istituzioni europee hanno invitato l'Italia a dare priorità. In particolare, la Raccomandazione n. 3 del Consiglio europeo per il 2019 – riprendendo sostanzialmente quanto già previsto nelle omologhe Raccomandazioni per il 2017 e 2018 – invitava l'Italia a migliorare l'efficienza della pubblica amministrazione, in particolare investendo nelle competenze dei dipendenti pubblici, accelerando la digitalizzazione e aumentando l'efficienza e la qualità dei servizi pubblici locali.
  Lungo la stessa linea direttrice, nelle Raccomandazioni 2020 il Consiglio aveva invitato l'Italia ad adottare provvedimenti, nel 2020 e nel 2021, volti a realizzare «un'infrastruttura digitale rafforzata per garantire la fornitura di servizi essenziali» (Raccomandazione n. 3) e a «migliorare [...] il funzionamento della pubblica amministrazione» (Raccomandazione n. 4), nella considerazione che «un'amministrazione pubblica efficace è cruciale per garantire che le misure adottate per affrontare l'emergenza e sostenere la ripresa economica non siano rallentate nella loro attuazione.»
  Nelle Raccomandazioni del 2 giugno 2021 il Consiglio dell'Unione europea ha invitato l'Italia a dare priorità agli investimenti sostenibili e propizi per la crescita, sostenendo in particolare la transizione digitale, nonché la transizione verde; a privilegiare le riforme strutturali di bilancio che contribuiranno al finanziamento delle priorità delle politiche pubbliche e alla sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche.
  Per quanto concerne l'accesso alla pubblica amministrazione e la qualificazione delle risorse umane, dopo aver evidenziato la necessità di dar vita ad un ricambio generazionale del personale della pubblica amministrazione, il Governo evidenzia le misure adottate al fine di migliorare e semplificare i meccanismi di accesso e le procedure di selezione del suddetto personale, nonché di allineare le competenze alle esigenze di una amministrazione moderna, investendo su qualificazione e riqualificazione delle risorse umane.
  Tra le misure attuative di tali obiettivi, previsti nel PNRR, il Documento ricorda, in particolare:

   la riforma del pubblico impiego e la revisione dei meccanismi di accesso e reclutamento del personale, adottati rispettivamente con il decreto-legge n. 80 e con il decreto-legge n. 44 del 2021, che verranno completate nel primo semestre 2022;

   l'attivazione, dal 23 novembre 2021, del nuovo Portale di reclutamento della Pubblica amministrazione «inPA»;

   il reclutamento di 2.800 funzionari per il Mezzogiorno, la cui disciplina è stata dettata con il decreto-legge n. 44 del 2021;

   il conferimento di 1.000 incarichi di collaborazione a professionisti ed esperti, Pag. 28per il supporto agli enti territoriali nella gestione delle procedure complesse connesse all'attuazione del PNRR, la cui disciplina è dettata dal decreto-legge n. 80 del 2021;

   la possibilità per i comuni, che realizzano gli interventi previsti dal PNRR, di assumere con contratto a tempo determinato personale (con qualifica non dirigenziale) in possesso di specifiche professionalità per un periodo anche superiore a 36 mesi, ma non eccedente la durata di completamento del PNRR stesso e comunque non oltre il 31 dicembre 2026, ex articolo 31-bis del decreto-legge n. 152 del 2021;

   la presentazione del Piano strategico «Ri-formare la PA», diretto a migliorare la formazione dei dipendenti pubblici, anche al fine di sostenere le transizioni previste dal PNRR.

  Per quanto concerne la semplificazione, il Governo ricorda che la semplificazione amministrativa è considerata una riforma trasversale abilitante l'attuazione del PNRR.
  Interventi mirati sono previsti nel secondo asse di intervento della componente 1 della Missione 1, dedicato alle misure di modernizzazione della pubblica amministrazione (M1C1.2). In particolare, alla semplificazione amministrativa il Piano dedica un investimento e un'azione di riforma, recanti risorse complessivamente pari a 717,8 milioni di euro.
  In base alle attese del PNRR l'investimento e l'azione di riforma perseguono i seguenti obiettivi specifici:

   ridurre i tempi per la gestione delle procedure, con particolare riferimento a quelle che prevedono l'intervento di una pluralità di soggetti, quale presupposto essenziale per accelerare gli interventi cruciali nei settori chiave per la ripresa;

   liberalizzare, semplificare (anche mediante l'eliminazione di adempimenti non necessari), reingegnerizzare e uniformare le procedure, quali elementi indispensabili per la digitalizzazione e la riduzione di oneri e tempi per cittadini e imprese;

   digitalizzare le procedure amministrative per edilizia e attività produttive, per migliorare l'accesso per cittadini e imprese e l'operatività degli Sportelli Unici per le Attività Produttive e per l'Edilizia (SUAP e SUE);

   monitorare gli interventi per la misurazione della riduzione degli oneri e dei tempi, al fine di assicurarne la rapida implementazione a tutti i livelli amministrativi e la corretta informazione ai cittadini.

  Per quanto riguarda lo stato di attuazione dei progetti del PNRR in materia di semplificazione, la Relazione del Governo del 23 dicembre 2021 ha dato conto dei risultati raggiunti nel primo semestre di attuazione in relazione ai primi 51 obiettivi previsti dal Piano, di cui tre concernenti la semplificazione (M1C1 – 52, 53 e 54). Ulteriori dettagli sui progetti in via di realizzazione sono stati illustrati, nell'ambito dell'esame della Relazione, nel corso dell'audizione del 10 marzo 2022 del Ministro per la pubblica amministrazione, Renato Brunetta, presso le Commissioni riunite Affari costituzionali e Lavoro.
  In relazione alle misure necessarie al rafforzamento della macchina amministrativa e alla semplificazione per la gestione del PNRR, il Governo evidenzia, in primo luogo, che nel corso del 2021 sono state adottate alcune procedure direttamente collegate all'attuazione del piano.
  Nell'ambito della semplificazione delle procedure amministrative per l'attuazione del PNRR, la normativa primaria attuata con il decreto-legge n. 77 del 2021 ha introdotto:

   modifiche alla legge 7 agosto 1990, n. 241, finalizzate a rafforzare il silenzio assenso e i poteri sostitutivi per accelerare anche le procedure del PNRR, agli articoli da 61 a 63;

   semplificazione della disciplina sulla Valutazione di impatto ambientale (VIA) e la Valutazione ambientale strategica (VAS) prevista dalla parte seconda del Codice dell'ambiente, agli articoli da 17 a 29;

Pag. 29

   semplificazioni delle procedure di autorizzazione per le energie rinnovabili, agli articoli 32 e seguenti, e della disciplina per fruire del cosiddetto «Superbonus», all'articolo 33;

   semplificazioni in materia di opere pubbliche, la cui realizzazione dovrà rispettare una tempistica stringente anche in considerazione del fatto che le opere stesse sono indicate nel PNRR o incluse nel Fondo complementare, agli articoli 44 e seguenti.

  Successivamente, il decreto-legge n. 152 del 2021 ha proseguito l'adozione di misure di semplificazione necessarie per un'efficace attuazione del PNRR, con particolare riferimento:

   alle procedure di approvazione del Contratto di programma tra MIMS e RFI al fine di ridurre i tempi di realizzazione degli investimenti ferroviari, all'articolo 5;

   agli interventi relativi alle infrastrutture ferroviarie e all'edilizia giudiziaria, all'articolo 6;

   alla presentazione dei progetti di nuove attività nelle Zone economiche speciali (ZES), all'articolo 11;

   ai requisiti di eleggibilità per l'accesso, da parte degli studenti universitari e delle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM), alle borse di studio, all'articolo 12;

   alla realizzazione di alloggi e residenze per gli studenti universitari, all'articolo 15;

   alla digitalizzazione dei servizi delle pubbliche amministrazioni, all'articolo 27;

   all'attuazione dei progetti di digitalizzazione della logistica, all'articolo 30;

   al procedimento di programmazione del sistema del servizio civile universale, all'articolo 40.

  Segnala inoltre che il disegno di legge recante la legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021, attualmente all'esame del Senato (A.S. 2469), all'articolo 23, delega il Governo ad adottare, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi per procedere ad una nuova ricognizione dei regimi amministrativi delle attività private e alla loro semplificazione mediante eliminazione delle autorizzazioni e degli adempimenti non necessari.
  In secondo luogo, nel DEF 2022 si riferisce che è in corso la definizione delle modalità attuative della riforma per la semplificazione e la standardizzazione delle procedure nell'ambito dell'Agenda per la semplificazione 2020-2023 adottata in attuazione del decreto-legge n. 76 del 2020, ed è stata avviata la mappatura dei procedimenti.
  In proposito, si ricorda che il PNRR prevede lo screening dei procedimenti amministrativi, identificandone i regimi di esercizio, e la conseguente semplificazione dei procedimenti, mediante eliminazione delle autorizzazioni non giustificate da motivi imperativi di interesse generale, estensione dei meccanismi di silenzio-assenso ove possibile o adottando gli strumenti di SCIA o della mera comunicazione.
  Nel dettaglio, si prevede l'attuazione completa del processo di ridefinizione/semplificazione (inclusa l'entrata in vigore degli atti attuativi) di 200 procedimenti che interessano cittadini e imprese entro il 2024 e di 50 ulteriori procedimenti che interessano cittadini entro il 2025. Le procedure semplificate devono riguardare i seguenti settori:

   certificazioni digitali dell'anagrafe;

   certificati di stato civile online;

   notifiche digitali e identità digitale;

   certificazione liste di leva;

   domicilio digitale dei cittadini;

   deleghe per l'accesso ai servizi online.

Pag. 30

  Entro il secondo trimestre del 2026 si prevede di completare lo screening dei regimi procedurali esistenti, unitamente alla loro ulteriore semplificazione, per un totale di 600 procedimenti critici. L'azione si concluderà con la pubblicazione del repertorio delle procedure e dei relativi regimi amministrativi sul sito istituzionale del Ministero competente.
  Infine, il Governo annuncia che entro la prima metà del 2022 è prevista la creazione di un portale in cui pubblicare i dati relativi alla durata delle procedure per tutte le amministrazioni.
  In merito, si fa presente che nel corso dell'audizione svolta il 10 marzo 2022 dinanzi alle Commissioni riunite I e XI della Camera, il Ministro per la pubblica amministrazione Brunetta ha riferito che sono allo studio anche misure normative per l'ulteriore riduzione dei termini generali di conclusione dei procedimenti fissati dalla legge n. 241 del 1990, accompagnata da monitoraggi automatizzati dei tempi e dal supporto, a questo fine, dei 1.000 esperti in forza alle Regioni per sostenere le riforme di semplificazione.
  Ulteriori misure riguarderanno le garanzie di massima trasparenza su ogni passaggio dei procedimenti amministrativi e di responsabilizzazione dei dirigenti, con l'attivazione di un sistema di premialità per chi rispetta i tempi.
  Per quanto riguarda la digitalizzazione, rileva come la trasformazione digitale del Paese è tra gli obiettivi centrali del Programma nazionale di riforma 2022. La strategia digitale, anche attraverso il PNRR, dovrà portare nel lungo periodo l'Italia tra i Paesi più avanzati nell'utilizzo del digitale. Inoltre, il sostegno degli investimenti digitali consentirà il rafforzamento della competitività internazionale delle imprese italiane.
  In questo quadro un ruolo fondamentale è svolto dalla digitalizzazione delle pubbliche amministrazioni, che a sua volta costituisce uno dei pilastri del più ampio processo di modernizzazione delle funzioni pubbliche anch'esso centrale nel PNR.
  Gli strumenti per la transizione digitale recati nel PNR si inseriscono nel solco del percorso programmatico contenuto nella Strategia nazionale per le competenze digitali (maggio 2020) volta ad accrescere le competenze digitali dei cittadini in sintonia con il 2030 Digital Compass: the European Way for the Digital Decade, la nuova strategia per la trasformazione digitale dell'Unione Europea.
  Nelle Raccomandazioni del 2 giugno 2021 il Consiglio dell'Unione europea ha invitato l'Italia a dare priorità agli investimenti sostenibili e propizi per la crescita, sostenendo in particolare la transizione digitale, nonché la transizione verde; a privilegiare le riforme strutturali di bilancio che contribuiranno al finanziamento delle priorità delle politiche pubbliche e alla sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche.
  In precedenza, nelle Raccomandazioni specifiche all'Italia del 20 luglio 2020, il Consiglio dell'Unione europea ha invitato l'Italia ad adottare provvedimenti, volti a realizzare «un'infrastruttura digitale rafforzata per garantire la fornitura di servizi essenziali» (Raccomandazione n. 3) e a «migliorare [...] il funzionamento della pubblica amministrazione» (Raccomandazione n. 4), nella considerazione che «un'amministrazione pubblica efficace è cruciale per garantire che le misure adottate per affrontare l'emergenza e sostenere la ripresa economica non siano rallentate nella loro attuazione.»
  Il Governo, nel Programma nazionale di riforma 2022, sottolinea che con l'adozione del Piano nazionale di ripresa e resilienza il Paese si sia dotato di uno strumento strategico per il raggiungimento dei target digitali europei.
  Nel PNR si ricorda che il 27 per cento delle risorse totali del PNRR sono dedicate alla transizione digitale che si basa su due assi principali:

   infrastrutture e connettività a banda ultra-larga;

   trasformazione della pubblica amministrazione in chiave digitale.

  I due assi di intervento dovranno coinvolgere tutta la popolazione garantendo a Pag. 31tutti i cittadini l'accesso ad una «vita digitale equa e sicura», che comprende tra l'altro l'obiettivo di raggiungere entro il 2026 del 100 per cento delle famiglie e imprese con le reti a banda ultra-larga.
  Per quanto riguarda la transizione digitale della pubblica amministrazione, il PNR si sofferma su alcuni dei principali interventi del PNRR da realizzarsi entro il 2026, quali:

   l'investimento relativo alle «Competenze digitali di base», con uno stanziamento di 195 milioni per il Servizio civile digitale e le Reti di servizi di facilitazione digitale;

   la sicurezza cibernetica, cui il PNRR destina ingenti risorse per l'attuazione della disciplina del Perimetro di sicurezza nazionale e per l'Agenzia per la cyber-sicurezza nazionale, istituita con il decreto-legge n. 82 del 2021;

   gli strumenti di identità digitale, con il raddoppio entro il 2026 della loro diffusione e con un uso regolare da parte del 70 per cento della popolazione;

   la costruzione della piattaforma cloud della pubblica amministrazione per il passaggio di almeno il 75 per cento delle pubbliche amministrazioni al cloud (in proposito si ricorda che è in corso la gara per la realizzazione del Polo strategico nazionale, l'infrastruttura cloud nazionale);

   l'erogazione dei servizi pubblici online (almeno l'80 per cento dei servizi).

  Ricorda che la digitalizzazione delle pubbliche amministrazioni è la prima delle due aree di intervento della componente 1 «Digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella PA» compresa nella Missione 1 «Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo» del PNRR.
  Nell'ambito della digitalizzazione delle pubbliche amministrazioni il PNRR prevede ulteriori interventi, tra i quali:

   l'abilitazione e facilitazione al cloud per le pubbliche amministrazioni locali, con l'obiettivo di garantire la migrazione dei dati e delle applicazioni delle predette amministrazioni verso un'infrastruttura cloud sicura;

   lo sviluppo della Piattaforma Digitale Nazionale Dati (PDND), che consentirà alle amministrazioni di scambiarsi le informazioni secondo il principio dell'once only;

   la digitalizzazione delle grandi amministrazioni centrali quali Ministero dell'Interno, Ministero della giustizia, Ministero della difesa, Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS), Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), Consiglio di Stato e Guardia di finanza;

   la razionalizzazione ed accelerazione della procedura di appalto per l'acquisto delle risorse ITC.

  Inoltre, gli investimenti nella connettività a banda larga, che possono contare su 6,7 miliardi stanziati dal PNRR, costituiscono il vettore della digitalizzazione del Paese con l'obiettivo di portare la connettività su tutto il territorio nazionale, inclusi scuole, ospedali, periferie urbane, piccoli centri e le isole.
  Proseguendo nell'esame dei profili di competenza della I Commissione, per quanto riguarda le politiche per le pari opportunità, nel DEF viene ricordata la presentazione, nel corso del 2021, della prima Strategia nazionale per la parità di genere 2021-2026 – in linea con l'omonima Strategia europea 2020-2025 – e il nuovo Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne, oltre all'istituzione, con la legge di Bilancio per il 2022, di una Cabina di regia interistituzionale contro la violenza sessuale e di genere e di un Osservatorio nazionale per l'integrazione delle politiche per la parità di genere
  Ai fini dell'Obiettivo 5 dell'Agenda 2030 (Uguaglianza di genere ed empowerment delle donne) viene ricordato come la posizione dell'Italia nel percorso di avvicinamento all'Obiettivo 5 ha registrato un peggioramento per alcune dimensioni, seppure Pag. 32bilanciato da segnali di avanzamento nel tasso di partecipazione delle donne alla vita politica ed economica.
  È, infatti, in aumento il numero delle donne che presiede consigli regionali (al 22 per cento) e la quota femminile negli organi di amministrazione delle società italiane quotate in borsa ha raggiunto il 39 per cento alla fine del 2020.
  A fronte di questi progressi, nel 2020, sono aumentate le donne vittime di violenza. Le disuguaglianze di genere continuano a caratterizzare l'accesso al mercato del lavoro, con maggiori difficoltà per le donne con figli, la cui situazione è peggiorata durante la pandemia, e gli squilibri sono marcati anche per quanto riguarda la ripartizione delle cure domestiche. Nella consapevolezza di dover colmare diversi gap, viene ricordato come l'azione del Governo si sia svolta su più fronti, tra cui il rifinanziamento del Fondo per le pari opportunità.
  Sono poi ricordate le misure adottate dirette alla riduzione dei divari di genere e alla conciliazione tra vita privata e lavorativa, richiamando altresì la Relazione al Parlamento sul bilancio di genere 2021 che fornisce i dati sulle norme e le politiche pubbliche per promuovere la parità di genere.
  Il DEF ricorda altresì come le politiche per l'inclusione dei cittadini migranti o con background migratorio si inseriscono nella cornice europea del nuovo Patto sulla migrazione e l'asilo e del Piano d'azione per l'integrazione e l'inclusione 2021-2027, e con l'asse strategico «Inclusione sociale» e la Missione 5 «Coesione e inclusione» del PNRR.
  Si preannuncia che il Governo intende proseguire l'impegno contro il lavoro sommerso e lo sfruttamento dei migranti, diffusi in diversi settori, e promuovere misure a favore del lavoro dignitoso e della cultura della legalità, l'inserimento socio-lavorativo e l'autonomia di migranti particolarmente vulnerabili, come richiedenti asilo, titolari di protezione internazionale, speciale o temporanea, minori stranieri non accompagnati, vittime di tratta, di sfruttamento o di violenza di genere.
  Sono previste azioni per favorire la partecipazione e l'inclusione socio-lavorativa delle donne migranti, vittime di una doppia penalizzazione per genere e status. In generale, si intende valorizzare il pieno potenziale dei giovani stranieri in età scolastica e dei cittadini migranti nell'accesso al mercato del lavoro, anche declinando su questa sfida il Piano Nazionale Nuove Competenze e il Programma GOL e promuovere la partecipazione dei migranti alla vita sociale e culturale, per contrastare discriminazioni e marginalizzazione, e promuovere nella cittadinanza un'informazione qualificata per i migranti e sulle migrazioni.
  Rileva, infine, come a completamento della manovra di bilancio 2023-2025, il Governo abbia previsto 20 disegni di legge collegati alla decisione di bilancio. I seguenti disegni di legge collegati investono i profili di competenza della I Commissione:

   «Disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata di cui all'articolo 116, comma 3, della Costituzione»;

   «revisione del Testo Unico dell'ordinamento degli enti locali».

  Formula quindi una proposta di parere favorevole con un'osservazione (vedi allegato 3).

  Emanuele PRISCO (FDI), nel rilevare l'esigenza di aggiornare il contenuto del PNRR alla luce delle evoluzioni intervenute nel contesto politico ed economico internazionale, ritiene che il parere sul DEF debba essere espresso solo dopo aver concluso l'esame, ancora in corso da parte della Commissione, della Relazione sullo stato di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), riferita all'anno 2021.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad una seduta che sarà convocata per la giornata di martedì 19 aprile prossimo, nel corso della quale si procederà alla votazione della proposta di parere formulata dal relatore.

  La seduta termina alle 16.30.

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SEDE REFERENTE

  Mercoledì 13 aprile 2022. — Presidenza del presidente Giuseppe BRESCIA. – Interviene il sottosegretario di Stato per l'interno Ivan Scalfarotto.

  La seduta comincia alle 16.30.

Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza.
Testo unificato C. 105 Boldrini, C. 194 Fitzgerald Nissoli, C. 221 La Marca, C. 222 La Marca, C. 717 Polverini, C. 920 Orfini, C. 2269 Siragusa, C. 2981 Sangregorio e C. 3511 Ungaro.
(Seguito esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 5 aprile 2022.

  Giuseppe BRESCIA, presidente e relatore, rileva come la Commissione prosegua oggi l'esame, in sede referente, del testo unificato delle proposte di legge C. 105 Boldrini, C. 194 Fitzgerald Nissoli, C. 221 La Marca, C. 222 La Marca, C. 717 Polverini, C. 920 Orfini, C. 2269 Siragusa, C. 2981 Sangregorio e C. 3511 Ungaro, recante Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza.
  Comunica che i deputati Ungaro, Pezzopane, Sangregorio e Longo sottoscrivono gli emendamenti Siragusa 1.11 e La Marca 1.10 e 1.597 e che il deputato Ungaro sottoscrive anche l'emendamento Siragusa 1.6.
  Comunica inoltre che il deputato Carè sottoscrive gli emendamenti La Marca 1.10 e 1.597
  Avverte che si passerà ora all'espressione del parere sulle proposte emendative ammissibili.
  Osserva preliminarmente che, oltre alla proposta di accantonamento di diverse proposte emendative, formulerà un parere contrario sulle proposte emendative che, pur non essendo estranee alla materia della cittadinanza, si pongono al di fuori del perimetro più specifico dello ius scholae, formulando invece un invito al ritiro delle altre proposte emendative, che, pur rientrando in tale ambito, coinvolgono altre valutazioni politiche di merito non ritenute condivisibili.
  Dispone l'accantonamento degli identici emendamenti Siragusa 1.12, Baldino 1.13, Marco Di Maio 1.14 e Ceccanti 1.15, degli emendamenti D'Ettore 1.28, Calabria 1.30, 1.641 e 1.31, Montaruli 1.35, Ceccanti 1.58, degli identici emendamenti Ceccanti 1.56 e Baldino 1.57, degli emendamenti Ceccanti 1.60, 1.61 e 1.62, Sarro 1.81 e 1.91, Calabria 1.100, Tonelli 1.115, Sarro 1.117, Baldino 1.118, degli identici emendamenti Montaruli 1.119 e Calabria 1.120, degli emendamenti D'Ettore 1.124, Calabria 1.148, Fogliani 1.151, Iezzi 1.160, Ceccanti 1.240, degli identici emendamenti Magi 1.242 e Baldino 1.243, degli emendamenti Ceccanti 1.262, Di Muro 1.263, Ceccanti 1.338, degli identici emendamenti Fornaro 1.339 e Magi 1.340, degli emendamenti Siragusa 1.474, Marco Di Maio 1.475, degli identici emendamenti Fornaro 1.502, Magi 1.503 e Baldino 1.504, degli identici emendamenti Marco Di Maio 1.505 e Ceccanti 1.342, degli emendamenti Marco Di Maio 1.358, Baldino 1.631 e 1.632, Fornaro 1.633, Magi 1.634, Baldino 2.51, Siragusa 2.59 e dell'articolo aggiuntivo Ceccanti 2.01.
  Invita, invece, al ritiro degli emendamenti Siragusa 1.6, Ungaro 1.7, Magi 1.8, Marco Di Maio 1.9, Corneli 1.155, Marco Di Maio 1.298, Siragusa 1.343, 1.344 e 1.345, Boldrini 2.52, Magi 2.53, precisando che altrimenti il parere è contrario.
  Esprime infine, parere contrario su tutte le altre proposte emendative.

  Il Sottosegretario Ivan SCALFAROTTO intende fornire preliminarmente indicazioni sui criteri adottati per i pareri sulle proposte emendative che si accinge a esprimere. Trattandosi, infatti, di una proposta di legge di iniziativa parlamentare su una materia nella quale la maggioranza ha posizioni eterogenee, il Governo ritiene di non esprimere una propria posizione, rimettendosi alla Commissione sulle singole proposte, ad eccezione di quelle che potrebbero presentare incertezze applicative o difformità interpretative, in relazione alle quali, Pag. 34pertanto, inviterà al ritiro, esprimendo altrimenti parere contrario. In ogni caso, nel corso dell'esame delle proposte emendative, si dichiara disponibile a fornire ulteriori chiarimenti sulla posizione che il Governo intende assumere.

  Igor Giancarlo IEZZI (LEGA), intervenendo sull'ordine dei lavori, ritiene che quello del Sottosegretario sia un intervento politico, a cui i deputati devono potere rispondere.

  Giuseppe BRESCIA, presidente e relatore, osserva che il Sottosegretario si è limitato a illustrare i criteri di giudizio adottati, allo scopo di rendere chiare le ragioni che sottendono i pareri che si accinge a esprimere.

  Edoardo ZIELLO (LEGA), concordando con le osservazioni del deputato Iezzi, sottolinea la natura politica dell'intervento del Sottosegretario Scalfarotto.

  Il Sottosegretario Ivan SCALFAROTTO si rimette alla Commissione sugli identici emendamenti Meloni 1.1 e Iezzi 1.2, sugli emendamenti Di Muro 1.3, Siragusa 1.6, Fogliani 1.16, Meloni 1.18, Fogliani 1.19, Di Muro 1.20, Tonelli 1.21, Iezzi 1.24, Magi 1.34, sugli identici emendamenti Montaruli 1.38 e Tonelli 1.39 sugli emendamenti Ravetto 1.45, Siragusa 1.48, Ravetto 1.51, Montaruli 1.52, Stefani 1.53, Ziello 1.54, Iezzi 1.55, Tonelli 1.78, Boldrini 1.106, Fogliani 1.107 e 1.110, Di Muro 1.123, Stefani 1.125, Invernizzi 1.126, Bordonali 1.127 e 1.133, Marco Di Maio 1.142, Forciniti 1.153, Di Muro 1.223, Ziello 1.225, Di Muro 1.244, Bordonali 1.268, sugli identici emendamenti Ziello 1.269 e Montaruli 1.270, sugli emendamenti Di Muro 1.274, Iezzi 1.275, Ravetto 1.276, Montaruli 1.277, Ravetto 1.278, Stefani 1.279, Ziello 1.280, Bordonali 1.281, Di Muro 1.282, Fogliani 1.283 e 1.284, Iezzi 1.285, Invernizzi 1.286, Ravetto 1.287, Stefani 1.288 e 1.289, Iezzi 1.299, Invernizzi 1.305, Bordonali 1.320, Fogliani 1.328, Iezzi 1.329, Invernizzi 1.330, Fogliani 1.399, Di Muro 1.400 e 1.401, Siragusa 1.343, Invernizzi 1.402, Fogliani 1.404, Tonelli 1.405, Bordonali 1.406, Di Muro 1.411, Bordonali 1.412 e 1.413, Ziello 1.414, Di Muro 1.415, Tonelli 1.417, Bordonali 1.418, Di Muro 1.419, Ravetto 1.420, Ziello 1.436, Tonelli 1.437, Stefani 1.439, Ravetto 1.440, Invernizzi 1.441, Iezzi 1.442, Fogliani 1.443, Di Muro 1.445, Bordonali 1.444, Iezzi 1.461, Magi 1.471, Iezzi 1.513, Bordonali 1.501, Siragusa 1.344 e 1.345, Di Muro 1.561, sugli identici emendamenti Montaruli 1.346 e Stefani 1.347, sugli identici emendamenti Montaruli 1.359 e Invernizzi 1.360, sugli emendamenti Ravetto 1.381, Ziello 1.382, sugli identici emendamenti Montaruli 1.388 e Invernizzi 1.389, sugli emendamenti Montaruli 1.393, Di Muro 1.635, Invernizzi 1.637, Fogliani 1.638, sugli identici emendamenti Prisco 2.1 e Ziello 2.2, sugli emendamenti Di Muro 2.8, Bordonali 2.17, Fogliani 2.18, Tonelli 2.19, Di Muro 2.20, Ravetto 2.39, Invernizzi 2.40, Stefani 2.41, Ravetto 2.42, Fogliani 2.49, Bordonali 2.60, Iezzi 2.61, Fogliani 2.62, Invernizzi 2.63, Stefani 2.64, Ravetto 2.65 e Fogliani 2.67.
  Formula, quindi, un invito al ritiro, esprimendo altrimenti parere contrario, sulle restanti proposte emendative che non siano state accantonate.

  Laura RAVETTO (LEGA), dopo avere segnalato un errore materiale riguardante il testo del suo emendamento 1.149, ritiene che sarebbe stato preferibile che il Sottosegretario Scalfarotto avesse motivato i pareri espressi con riferimento alle singole proposte emendative. Infatti, la discrezionalità o l'incertezza applicativa è un principio che non ritiene sia applicabile a tutte le proposte emendative su cui il Governo ha espresso un invito al ritiro. A titolo di esempio, infatti, la previsione di due cicli scolastici, prevista dal suo emendamento 1.109, non presenta, a suo avviso, alcun margine di discrezionalità né si presta ad ambiguità interpretative. Pertanto, poiché quello espresso dal Sottosegretario è un giudizio politico, che dimostra mancanza di rispetto per le opinioni diverse dalle sue, auspica che, nel prosieguo dei lavori, egli voglia piuttosto attenersi alla massima imparzialità.

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  Giuseppe BRESCIA, presidente e relatore, ricorda alla deputata Ravetto che il Sottosegretario Scalfarotto si è detto disponibile a fornire tutti gli elementi di chiarimento che saranno eventualmente richiesti nel corso dell'esame delle singole proposte emendative.

  Igor Giancarlo IEZZI (LEGA), dopo essersi scusato per l'intemperanza dei suoi interventi precedenti, tiene a ribadire che il relatore, che è anche il Presidente della Commissione, non solo si è già espresso in maniera netta contro le proposte emendative contrarie al testo, ma è arrivato addirittura a insultare i presentatori. È, pertanto, evidente che manca il necessario clima di dialogo tra le forze politiche, essendo in dubbio l'imparzialità di chi dovrebbe garantire il corretto andamento dei lavori. Del resto, è sintomatico di tale atteggiamento di preclusione il fatto che lo stesso relatore abbia espresso un parere contrario solo sulle proposte emendative presentate dalla Lega, limitandosi a invitare al ritiro delle proposte da lui non condivise presentate dagli altri gruppi politici.
  Esprime, quindi, il suo rammarico perché il metodo improntato alla collaborazione e al dialogo proficuamente adottato su altri temi non sembra possa essere utilizzato anche su questo argomento, in relazione al quale, al contrario, registra una netta chiusura, che si augura che non sia condivisa dagli altri colleghi.
  Venendo, quindi, al merito dei pareri espressi dal rappresentante del Governo, ritiene che questi rappresentino esclusivamente l'opinione del Sottosegretario Scalfarotto, in quanto non sono il frutto del confronto non solo con i colleghi del Governo ma anche con le forze di maggioranza. Gli stessi criteri da lui adottati sono di natura politica. Infatti, ad esempio, se la natura discriminatoria di una proposta fosse stata oggettivamente riconoscibile, il presidente non avrebbe potuto ammetterla.
  In ogni caso, poiché il Sottosegretario ribadisce la natura tecnica dei pareri da lui espressi, chiede la trasmissione alla Commissione di una vera e propria relazione tecnica esplicativa, allo scopo di agevolare i lavori sulle proposte emendative. Si tratta di una richiesta che dimostra la volontà della Lega, sicuramente contraria al provvedimento, di discutere nel merito e di consentire il confronto tra i gruppi.
  Ricorda quindi che, proprio per avere garanzia circa il corretto svolgimento dei lavori, il suo gruppo si è appellato al Presidente Fico e auspica, pertanto, che ogni gruppo abbia la possibilità di esprimersi e che chi è responsabile del corretto andamento dei lavori deponga ogni arroganza e consenta l'esame di tutte le proposte emendative, anche quelle di contenuto ostruzionistico.

  Giuseppe BRESCIA, presidente e relatore, dopo avere ricordato che il Presidente Fico, in risposta alle doglianze avanzate dal gruppo della Lega, ha dato atto della correttezza del procedimento seguito, nonché del suo comportamento, sottolinea di avere formulato l'invito al ritiro solo delle proposte volte ad ampliare il perimetro del provvedimento.

  Edoardo ZIELLO (LEGA), intervenendo sull'ordine dei lavori, rileva l'opportunità che, al fine di consentire un voto consapevole da parte dei commissari, il rappresentante del Governo chiarisca il significato della decisione di rimettersi alla Commissione o di invitare al ritiro di proposte emendative. In particolare, chiede che venga chiarito se la rimessione alla Commissione esprima un orientamento favorevole del Governo.
  Ritiene infatti tali chiarimenti necessari ai fini della serena prosecuzione dei lavori, anche per cancellare l'ombra delle affermazioni rese dal Presidente Brescia al quotidiano Avvenire, secondo le quali gli emendamenti presentati dalla Lega avrebbero carattere ostruzionistico o addirittura oltraggioso.

  Il Sottosegretario Ivan SCALFAROTTO fa presente di aver già chiarito il senso e il criterio ispiratore dei pareri da lui espressi.

  Giuseppe BRESCIA, presidente e relatore, avverte che la Commissione passerà Pag. 36ora alla discussione e alla votazione delle proposte emendative.

  Gianni TONELLI (LEGA), intervenendo sull'ordine dei lavori, rileva come la delicatezza della materia sia tale da richiedere un dibattito approfondito e un'adeguata riflessione e si associa alle considerazioni del deputato Iezzi, rilevando come il parere reso dal Sottosegretario Scalfarotto non possa essere considerato espresso a nome dell'intero Governo.

  Giuseppe BRESCIA, presidente e relatore, rileva come, dovendosi procedere alla discussione e alla votazione delle proposte emendative, non possano essere consentiti in questa fase ulteriori interventi sull'ordine dei lavori su temi che siano già stati oggetto di discussione e che siano già risolti.

  Gianni TONELLI (LEGA) rileva come il rappresentante del Governo si sia espresso a titolo personale e sia portatore di una specifica visione politica sul tema oggetto del provvedimento in esame. Osserva come ciò ponga un problema politico all'interno della maggioranza e ricorda come nella maggioranza medesima, in considerazione della sua natura di maggioranza di unità nazionale, vi fosse un'intesa per non affrontare argomenti divisivi. Sottolinea come tale problema all'interno della maggioranza venga creato proprio dalla parte politica che in questo periodo accusa ingiustamente la Lega di creare difficoltà al Governo. Chiede, infine, che il rappresentante del Governo chiarisca le motivazioni dei pareri resi.

  Giuseppe BRESCIA, presidente e relatore, rileva come sarà possibile affrontare tutte le questioni di merito nel corso dell'esame delle proposte emendative.

  Flavio DI MURO (LEGA), intervenendo sull'ordine dei lavori, osserva come non sia stata data risposta alle questioni poste dal deputato Ziello e stigmatizza il modo in cui il Presidente Brescia svolge il duplice ruolo di Presidente e relatore, anche alla luce delle affermazioni rese nella sua recente intervista al quotidiano Avvenire, nelle quali egli ha espresso valutazioni politiche.

  Edoardo ZIELLO (LEGA) chiede di parlare per richiamo al Regolamento.

  Giuseppe BRESCIA, presidente e relatore, rileva come il deputato Iezzi abbia chiesto di intervenire prima del deputato Ziello.

  Igor Giancarlo IEZZI (LEGA) ricorda come gli interventi per richiamo al Regolamento abbiano la priorità.

  Giuseppe BRESCIA, presidente e relatore, rileva come spetti alla Presidenza dirigere la discussione e invita il deputato Iezzi a svolgere il proprio intervento, sottolineando come alle questioni regolamentari poste la Presidenza abbia già dato risposta.

  Igor Giancarlo IEZZI (LEGA) critica le modalità con le quali si sta procedendo e stigmatizza l'atteggiamento, a suo giudizio inaccettabile, di indifferenza nei confronti delle posizioni dissenzienti. Sottolinea nuovamente come il Sottosegretario Scalfarotto abbia espresso un parere a nome del Governo senza tuttavia aver consultato gli altri membri del Governo medesimo e le altre forze politiche della maggioranza e denuncia quello che considera un atteggiamento di stizza nei confronti della sua parte politica.
  Passando a illustrare il suo emendamento 1.2, identico all'emendamento Meloni 1.1, rileva come esso sia volto a sopprimere l'articolo 1 del provvedimento in esame, in quanto tale articolo rappresenta il tentativo, già compiuto nella precedente Legislatura, di scardinare un meccanismo di trasmissione della cittadinanza che fa parte della cultura giuridica del nostro Paese.
  Ritiene quindi che il provvedimento in esame sia inopportuno, inutile e pericoloso, e osserva come esso divida le forze politiche della maggioranza affrontando un tema che non può certamente essere considerato Pag. 37prioritario in un momento di notevole difficoltà per il Paese, nel quale le famiglie italiane sono appena uscita dall'emergenza derivante dalla pandemia, nel corso della quale sono state adottate misure restrittive particolarmente incisive anche nella sfera del lavoro e della vita privata, e si trovano ad affrontare una situazione di grave difficoltà economica derivante dalla guerra in Ucraina.
  Ritiene che le forze politiche che sostengono il provvedimento in esame non si rendano conto delle difficoltà che le famiglie italiane stanno attraversando in questo momento, a fronte delle quali viene proposta una legge sulla cittadinanza di cui non si comprende l'urgenza e che viene esaminata dalla Commissione con precedenza rispetto ad altri argomenti che, a suo avviso, dovrebbero essere considerati prioritari, quali le proposte di legge in materia di quorum per la validità delle elezioni comunali, in vista delle prossime consultazioni amministrative, e le proposte di legge in favore delle vittime del dovere.
  Rileva come il provvedimento in esame sia inutile e ispirato da motivazioni ideologiche che non tengono conto delle ricadute pratiche della disciplina che si intende introdurre.
  Stigmatizza inoltre il fatto che, nel motivare l'intervento legislativo, ci si rifugi dietro l'asserita esigenza di tutelare i bambini, osservando come ai bambini stranieri residenti nel nostro Paese sia già oggi garantita, come è doveroso, la possibilità di svolgere il proprio percorso scolastico, di praticare attività sportiva, di fruire dall'assistenza sociale e sanitaria e come, dunque, i bambini stranieri abbiano le stesse opportunità che hanno i bambini cittadini italiani. Ritiene, dunque, che il provvedimento abbia in realtà lo scopo di favorire non tanto i bambini, i quali sono già tutelati, come è giusto che sia, bensì i loro genitori, in quanto è del tutto evidente che una volta concessa la cittadinanza italiana ai minori diventerebbe impossibile allontanare dal territorio nazionale i loro genitori. Considerato che si stima che i minori che potrebbero fruire del provvedimento in esame siano circa un milione, osserva come con il provvedimento medesimo si impedirebbe l'espulsione di due milioni di cittadini stranieri e ritiene che questo sia lo scopo principale che viene perseguito, vale a dire una sanatoria generalizzata e l'introduzione surrettizia dello ius soli.
  Osserva quindi come tra le motivazioni addotte a sostengo del provvedimento vi sia quella di consentire ai minori stranieri che praticano attività sportive di partecipare alle competizioni nelle rappresentanze nazionali italiane, sottolineando al riguardo come si tratti di un'esigenza condivisibile, ma che, riguardando poche centinaia di persone, può essere soddisfatta con iniziative specifiche.

  Edoardo ZIELLO (LEGA), intervenendo per un richiamo al Regolamento, fa notare che l'articolo 8, comma 2, del Regolamento prevede che il Presidente, tra l'altro, diriga la discussione e chiarisca il significato del voto. Non comprende, dunque, come sia possibile che non venga fornita una motivazione adeguata su certe modalità di espressione del parere del Governo su talune proposte emendative.
  Dopo aver fatto notare che il rappresentante del Governo ha motivato alcuni suoi pareri non favorevoli sulla base di una loro presunta valenza discriminatoria, non comprende come possano essere considerate tali alcune proposte emendative della Lega, come ad esempio l'emendamento Ravetto 1.168, che richiede semplicemente il superamento di una prova orale consistente in un colloquio sulla cultura italiana.

  Giuseppe BRESCIA, presidente e relatore, ribadisce come la questione regolamentare, già posta in precedenza, sia stata ampiamente discussa e risolta, facendo notare che la Presidenza ha fornito al riguardo tutte le necessarie delucidazioni.

  Augusta MONTARULI (FDI) illustrando l'emendamento Meloni 1.1, di cui è cofirmataria, fa notare che esso mira a sopprimere l'articolo 1, dal momento che si ritiene che il provvedimento in titolo, così come formulato, rechi disposizioni irricevibili. Ritiene infatti inaccettabile che si Pag. 38preveda il riconoscimento della cittadinanza senza previamente verificare la sussistenza di requisiti fondamentali, che attestino la volontà di far parte di un sistema democratico.
  Fa quindi notare che si è dinnanzi ad una proposta normativa che cela in sé l'intenzione di introdurre, in forme mascherate, lo ius soli, rilevando come non sussista alcuna emergenza in materia di cittadinanza, dal momento che l'Italia è uno dei primi Paesi in Europa per quanto concerne il riconoscimento della cittadinanza agli stranieri. Ritiene che la reale volontà sia dunque quella di individuare una scorciatoia, non tanto per tutelare i minori coinvolti, quanto per riconoscere la cittadinanza ai loro genitori.
  Osserva che il suo gruppo, in subordine, è disponibile a confrontarsi nel merito, nel tentativo di migliorare tale provvedimento, discutendo le proposte emendative del suo gruppo che mirano quantomeno a formulare delle soluzioni alternative, ad esempio prevedendo che i minori completino tutti i cicli di studi. Ritiene infine ingiusto che un tema così delicato venga affrontato a fine Legislatura con modalità accelerate, chiedendosi per quale ragione i gruppi di maggioranza, tra i quali richiama il gruppo del M5S, decidano solo ora di affrontare tale questione.

  Giuseppe BRESCIA, presidente e relatore, ricorda che l'avvio dell'esame del provvedimento è piuttosto risalente, essendo avvenuto il 24 ottobre 2018.

  Marco BELLA (M5S) ritiene che il provvedimento in esame sia volto ad affrontare un'urgenza reale, che consiste nel riconoscere diritti fondamentali a milioni di persone, osservando che un soggetto è più disposto a contribuire al bene della collettività se è a sua volta rispettato dallo Stato.
  Fa infatti notare che i problemi principali per i soggetti stranieri, alla luce della disciplina vigente, sorgono dopo il raggiungimento della maggiore età, considerato che, da questo momento in poi, essi rischiano di diventare dei veri e propri «fantasmi», privi di diritti, con il pericolo di rimanere coinvolti nel lavoro nero e di entrare nel mondo dell'illegalità. Non comprende per quale ragione non si debba dunque decidere di rendere la vita meno problematica a tali soggetti, peraltro esposti al rischio dell'espulsione, facendo notare che esistono in Italia molti casi emblematici di soggetti che dopo tanti anni di lavoro, pur avendo superato i trent'anni ed avendo vissuto a lungo in Italia, risultano ancora privi della cittadinanza, scontando peraltro i ritardi della burocrazia.
  Osserva inoltre che intervenire in tale ambito aiuterebbe anche a risolvere il problema delle espulsioni, che spesso richiedono procedure complesse e lunghe.
  Richiamando alcune considerazioni svolte da alcuni deputati in relazione ad una presunta volontà di aiutare i genitori dei minori, ritiene che tale argomentazione sia priva di fondamento, in quanto tali genitori già potrebbero acquisire la cittadinanza dopo 10 anni di residenza ininterrotta, in base alla normativa vigente.
  Rivolgendosi infine a chi sostiene che in Italia vi siano altre urgenze, osserva che tale argomentazione sia posta strumentalmente, considerato che potrebbe essere sollevata in qualsiasi altra occasione, sulla base delle proprie ragioni di convenienza. Invita dunque i gruppi che non condividono tale provvedimento quantomeno a ritirare quelle proposte emendative palesemente ostruzionistiche, il cui contenuto appare privo di reale portata normativa, dal momento che non contribuiscono in alcun modo alla discussione di merito.

  Emanuele PRISCO (FDI) osserva come le proposte emendative in esame muovano dalla constatazione che il testo di cui esse propongono la soppressione ha lo scopo non tanto di introdurre lo ius culturae bensì lo ius soli, assecondando la volontà della sinistra di concedere la cittadinanza a chiunque sia nato in Italia, senza l'accertamento della sua effettiva integrazione nel nostro Paese.
  Ritiene che la vigente legge sulla cittadinanza sia pienamente adeguata e osserva come l'Italia sia il Paese in Europa che concede il maggior numero di cittadinanze per naturalizzazione. Rileva come il fatto Pag. 39che, in un momento di grave difficoltà per le famiglie italiane, si pensi alla modifica della legge sulla cittadinanza evidenzi che l'agenda della sinistra è totalmente distaccata dalla realtà.
  Osserva quindi come la cittadinanza italiana debba essere sentita e meritata e non possa derivare da un automatismo burocratico e rileva come alcune proposte emendative presentate dal suo gruppo vadano appunto in questa direzione.
  Ricorda come l'ordinamento vigente preveda quale principio generale lo ius sanguinis e soltanto in alcuni casi residuali, quali i figli di genitori ignoti, apolidi o che non possono acquistare la cittadinanza dei genitori, lo ius soli. Sottolinea come Fratelli d'Italia ritenga inderogabile che l'acquisto della cittadinanza per naturalizzazione derivi da un'esplicita dichiarazione di volontà resa direttamente dall'interessato, e non da altri soggetti. Osserva, infatti, come alcuni Paesi non consentano la doppia cittadinanza e come pertanto prevedere che l'acquisto della cittadinanza da parte del minore derivi da una manifestazione di volontà dei genitori comporti il rischio che, qualora i genitori decidano di fare rientro nel Paese di provenienza, i figli non abbiano più la cittadinanza di tale Paese a seguito dell'acquisto della cittadinanza italiana. Ritiene pertanto che non sia opportuno consentire l'acquisizione della cittadinanza da parte dei minori se non per nascita e come sia necessario prevedere che la richiesta di riconoscimento della cittadinanza possa essere presentata esclusivamente dall'interessato che abbia compiuto la maggiore età.
  Osserva, inoltre, come l'ordinamento vigente tuteli adeguatamente la posizione di chi ha presentato istanza di riconoscimento della cittadinanza, attraverso il rilascio di un permesso di soggiorno che consente la permanenza nel nostro Paese fino alla definizione del procedimento. Ricorda, quindi, l'inopportunità di alcuni interventi di modifica dei cosiddetti «decreti sicurezza», volti a cancellare le norme finalizzate a distinguere chi vuole effettivamente diventare cittadino italiano da chi cerca soltanto un modo surrettizio per rimanere in Italia. Rileva come il provvedimento in esame introduca uno ius scholae molto ampio, che ricomprende percorsi formativi che non possono essere considerati indicativi di una reale conoscenza della lingua e della cultura italiana, e sottolinea come Fratelli d'Italia, in un'ottica di riduzione del danno, abbia presentato alcune proposte emendative al riguardo.
  Ritiene che la materia debba essere affrontata in maniera più serena e con il contributo di tutte le forze politiche e stigmatizza il fatto che le forze politiche che dispongono di una maggioranza parlamentare tentino di imporre posizioni che non sono condivise dalla maggioranza degli italiani.
  Ritiene conclusivamente che vada mantenuto l'attuale impianto della legge sulla cittadinanza fondato sullo ius sanguinis e che possa peraltro essere preso in considerazione il criterio dello ius scholae quale garanzia della condivisione dei valori alla base della cittadinanza, ma in termini ben più rigorosi rispetto a quanto previsto dal provvedimento in esame.

  Giuseppe BRESCIA, presidente e relatore, invita i deputati a contenere la durata dei propri interventi, al fine di concludere i lavori entro le ore 19, come convenuto nell'odierna riunione dell'Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi.

  Cristian INVERNIZZI (LEGA) non comprende per quale ragione si richieda tanta tempestività nello svolgimento degli interventi, ritenendo paradossale che tale richiesta provenga da esponenti del gruppo M5S, che nella passata legislatura è ricorso a pratiche ostruzionistiche estreme.
  Richiamando quindi le considerazioni svolte dal deputato Bella, ritiene che non si possa chiedere ai membri del gruppo della Lega di rinunciare ad un ruolo che è proprio di qualsiasi parlamentare. Rivendica dunque il diritto del suo gruppo di manifestare il proprio dissenso rispetto ad un provvedimento ritenuto sbagliato, ricorrendo a tutti gli strumenti regolamentari a sua disposizione per difendere le proprie idee.Pag. 40
  Ritiene che il provvedimento in esame rappresenti il simbolo di una battaglia politica ed ideologica, facendo notare che in Italia non esiste alcuna emergenza in materia di riconoscimento della cittadinanza, dal momento che il nostro Paese è tra i primi in Europa per quanto riguarda la naturalizzazione degli stranieri. Ritiene ipocrita considerare un segnale di civiltà affrontare la questione della cittadinanza in tali termini, ovvero facendo credere che da tale riconoscimento deriverebbe il reale godimento di diritti fondamentali. Ricorda infatti che dal riconoscimento della cittadinanza deriva esclusivamente la possibilità di fruire di facoltà o diritti molto specifici, come ad esempio la possibilità per un atleta straniero di vestire la maglia della nazionale o di votare, osservando che il tema dell'integrazione richiama questioni più complesse, rispetto al quale le problematiche si pongono sia per i cittadini italiani sia per gli stranieri. Dopo aver richiamato il caso della Svizzera, citato come esempio virtuoso di integrazione degli stranieri, anche per quanto riguarda la normativa sul riconoscimento della cittadinanza, ritiene necessario evitare di illudere milioni di persone, invitando dunque a concentrarsi su un concetto di cittadinanza attiva.
  Fa inoltre notare che non ha senso prevedere il riconoscimento della cittadinanza laddove non sussistano effettivi requisiti, ritenendo che la previsione di un ciclo di istruzione di cinque anni non sia adeguata a garantire la reale integrazione di soggetti che spesso arrivano in Italia senza neanche conoscerne la lingua.
  Ritiene infine che tale tema dovrebbe essere affrontato con trasparenza ad inizio Legislatura da schieramenti che lo abbiano previamente inserito nel proprio programma politico o da un Governo che sia stato investito dai cittadini di tale compito, non potendolo certo fare un Governo tecnico che si è formato per affrontare tematiche emergenziali.

  Laura RAVETTO (LEGA) ritiene che il provvedimento in esame rappresenti lo strumento, per alcune forze politiche, di prevedere in maniera subdola il riconoscimento dello ius soli, facendo notare che si è fatto ricorso ad una soluzione di compromesso solamente per mascherare la reale volontà di perseguire un obiettivo più ampio.
  Dopo aver ricordato che l'Italia è uno dei Paesi più all'avanguardia nel riconoscimento della cittadinanza, osserva che, se l'obiettivo fosse realmente quello di porre rimedio alle lungaggini della burocrazia in materia, come richiamato da alcuni deputati, il suo gruppo sarebbe ben disponibile a discutere nel merito. Reputa invece che vi sia la volontà di affrontare la tematica con spirito demagogico, proponendo un intervento normativo formulato in modo generico, senza che vi sia una verifica della reale volontà del soggetto straniero di integrarsi nel Paese. Paventa dunque il rischio che si voglia in realtà prevedere il riconoscimento della cittadinanza in termini più estesi, consentendo di beneficiarne anche ai genitori dei minori coinvolti.

  Gianni TONELLI (LEGA), riservandosi di svolgere ulteriori considerazioni sul merito nel prosieguo della discussione, con riferimento all'intervento del deputato Bella dichiara di rispettare, pur non condividendole, le opinioni dal lui espresse, osservando come non abbia riscontrato un analogo atteggiamento di rispetto delle opinioni altrui nell'intervento del medesimo deputato Bella, il quale, invece di esprimere la sua verità, ha affermato di esprimere la verità.

  La Commissione respinge gli identici emendamenti Meloni 1.1. e Iezzi 1.2.

  Giuseppe BRESCIA, presidente e relatore, facendo seguito a quanto convenuto in sede di Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, della Commissione, rinvia il seguito dell'esame ad una seduta che sarà convocata per martedì 19 aprile prossimo.

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Modifica all'articolo 114 della Costituzione, in materia di ordinamento e poteri della città di Roma, capitale della Repubblica.
C. 1854 cost. Barelli, C. 2938 cost. Morassut, C. 2961 cost. Ceccanti e C. 3118 cost. Meloni.
(Seguito esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 23 giugno 2021.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, rileva come la Commissione riprenda oggi l'esame delle proposte di legge costituzionale C. 1854 Barelli, C. 2938 Morassut, C. 2961 Ceccanti e C. 3118 Meloni, recanti modifica all'articolo 114 della Costituzione, in materia di ordinamento e poteri della città di Roma, capitale della Repubblica
  Avverte che, come già chiarito in precedenza, essendosi concluso l'esame preliminare, l'esame delle proposte di legge costituzionale è stato disgiunto dall'esame delle proposte di legge ordinarie (C. 2893 Magi, C. 2923 De Angelis e C. 2931 Francesco Silvestri), recanti disposizioni in materia di ordinamento e poteri della città di Roma, capitale della Repubblica.
  Fa quindi presente che il Comitato ristretto, al termine di un lavoro protrattosi per diversi mesi, è giunto a definire una proposta di nuovo testo della proposta di legge costituzionale C. 1854 Barelli, che i relatori, Calabria e Ceccanti, proporranno di adottare come testo base per il prosieguo dell'esame.

  Stefano CECCANTI (PD), relatore, anche a nome della relatrice Calabria, formula una proposta di nuovo testo della proposta di legge C. 1854 (vedi allegato 4), che i relatori propongono di adottare come testo base.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad una seduta che, come convenuto in occasione dell'odierna riunione dell'Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, della Commissione, sarà convocata per martedì 19 aprile prossimo, nel corso della quale si procederà all'adozione del testo base.

  La seduta termina alle 19.05.

AVVERTENZA

  Il seguente punto all'ordine del giorno non è stato trattato:

SEDE REFERENTE

Modifiche al testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di circoscrizioni di decentramento comunale.
C. 1430 Bordonali e C. 2404 Topo.