CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 21 dicembre 2021
717.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
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SEDE REFERENTE

  Martedì 21 dicembre 2021. — Presidenza del presidente Mario PERANTONI.

  La seduta comincia alle 14.05.

Sui lavori della Commissione.

  Mario PERANTONI, presidente, avverte che, poiché nella seduta odierna non sono previste votazioni, ai deputati è consentita la partecipazione da remoto, in videoconferenza, secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento nella riunione del 4 novembre 2020.

Disciplina del rapporto di collaborazione professionale dell'avvocato in regime di monocommittenza.
C. 428 Gribaudo e C. 2722 D'Orso.
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Carla GIULIANO (M5S), relatrice, osserva che la Commissione avvia oggi l'esame delle proposte di legge Gribaudo C. 428 e D'Orso C. 2722, recanti la disciplina del rapporto di collaborazione professionale dell'avvocato in regime di monocommittenza. Fa presente che tali proposte, benché con modalità diverse, sono volte a disciplinare la collaborazione professionale esclusiva, cosiddetta monocommittenza, che un avvocato esercita nei confronti di un unico studio legale, indipendentemente dal fatto che si tratti di una società tra avvocati, di una associazione professionale o di uno studio che fa capo ad un singolo avvocato.
  La proposta C. 428 è infatti volta a rimuovere l'incompatibilità tra l'esercizio della professione di avvocato in monocommittenza e lo svolgimento di lavoro subordinato o parasubordinato, demandando al Ministro del lavoro e delle politiche sociali la disciplina, con propri decreti, della definizione dei parametri attraverso i quali determinare la natura della monocommittenza come lavoro subordinato, parasubordinato o autonomo. La proposta C. 2272 regolamenta invece, direttamente e con un approccio organico, il contratto di monocommittenza, quale collaborazione professionale dell'avvocato, non configurabile quale Pag. 51lavoro subordinato e del quale vengono disciplinati altresì gli aspetti previdenziali, fiscali e assicurativi.
  Prima di passare all'illustrazione dei contenuti delle proposte di legge in esame, rammenta che la professione di avvocato, attualmente regolamentata dalla legge 31 dicembre 2012, n. 247, si inquadra storicamente tra i lavori di tipo autonomo, il cui fondamento giuridico si rinviene nell'articolo 2222 del codice civile sui contratti d'opera. Secondo la definizione ivi contenuta il lavoratore autonomo è colui che dietro corrispettivo si impegna a compiere un'opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio, a favore di un terzo committente, al quale non è legato da vincolo di subordinazione.
  Ai sensi dell'articolo 18, comma 1, lettera d), della citata legge 31 dicembre 2012, n. 247, la professione di avvocato non è compatibile «con qualsiasi attività di lavoro subordinato anche se con orario di lavoro limitato». La professione forense non è neppure inquadrabile nell'ambito di una particolare fattispecie di lavoro parasubordinato, ovvero quello delle collaborazioni organizzate dal committente (di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, come modificato dal decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101, convertito con modificazioni dalla legge 2 novembre 2019, n. 128), che si concretano in prestazioni di lavoro prevalentemente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente, per l'espressa esclusione delle «collaborazioni prestate nell'esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi professionali» contenuta nel comma 2, lettera b), del medesimo articolo 2 del decreto legislativo n. 81 del 2015.
  Nel rinviare alla documentazione predisposta dagli uffici per una dettagliata descrizione dei contenuti dei provvedimenti in esame, fa presente che la proposta di legge C. 428 della collega Gribaudo è composta da due articoli, il primo dei quali interviene sulla citata legge 31 dicembre 2012, n. 247, che reca come detto la nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense, e in particolare sull'articolo 19, relativo alle eccezioni alle norme sulla incompatibilità stabilite dall'articolo 18 della medesima legge.
  Rammenta a tale proposito che l'articolo 18 stabilisce che la professione di avvocato è incompatibile, oltre che con qualsiasi attività di lavoro subordinato anche se con orario di lavoro limitato di cui alla citata lettera d): con qualsiasi altra attività di lavoro autonomo svolta continuativamente o professionalmente, escluse quelle di carattere scientifico, letterario, artistico e culturale, e con l'esercizio dell'attività di notaio (lettera a); con l'esercizio di qualsiasi attività di impresa commerciale svolta in nome proprio o in nome o per conto altrui (lettera b); con la qualità di socio illimitatamente responsabile o di amministratore di società di persone, aventi quale finalità l'esercizio di attività di impresa commerciale, in qualunque forma costituite, nonché con la qualità di amministratore unico o consigliere delegato di società di capitali, anche in forma cooperativa, nonché con la qualità di presidente di consiglio di amministrazione con poteri individuali di gestione (a meno che la società non abbia ad oggetto esclusivamente l'amministrazione di beni personali o familiari o si tratti di enti e consorzi pubblici o società a capitale interamente pubblico) (lettera c).Sono invece consentite l'iscrizione nell'albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, nell'elenco dei pubblicisti e nel registro dei revisori contabili o nell'albo dei consulenti del lavoro, e l'assunzione di incarichi di gestione e vigilanza nelle procedure concorsuali o in altre procedure relative a crisi di impresa. L'articolo 19 della medesima legge prevede un'eccezione all'incompatibilità per l'insegnamento o la ricerca in materie giuridiche presso le università, le scuole secondarie pubbliche o private parificate e le istituzioni e gli enti di ricerca e sperimentazione pubblici.
  L'articolo 1 della proposta di legge, al comma 1, aggiunge a tale articolo 19 il nuovo comma 3-bis, al fine di introdurre un'ulteriore deroga al regime delle incompatibilità.Pag. 52
  Si stabilisce pertanto che l'incompatibilità non si verifica per gli avvocati che svolgono attività di lavoro dipendente o parasubordinato in via esclusiva presso lo studio di un altro avvocato, un'associazione professionale ovvero una società tra avvocati o multidisciplinare, purché l'attività svolta sia esclusivamente riconducibile all'attività propria della professione forense. Come stabilito dal medesimo comma, all'avvocato si applicano le norme del contratto collettivo nazionale di lavoro di riferimento. Nel caso in cui i contratti collettivi nazionali di lavoro applicabili al committente non contengano disposizioni in materia di compenso, il nuovo comma 3-bis prevede che quest'ultimo sia comunque proporzionato alla quantità e alla qualità della prestazione da eseguire, avendo riguardo all'impegno temporale richiesto da essa e alla retribuzione prevista dal contratto collettivo nazionale di lavoro applicabile al committente con riferimento alle figure professionali di competenza e di esperienza analoghe a quelle dell'avvocato. Come rilevato dalla relazione illustrativa della proposta di legge in esame, l'eliminazione dell'incompatibilità introdotta dall'articolo 1, nel risolvere la situazione di precarietà di molti avvocati, garantendo loro il giusto riconoscimento e la giusta tutela legislativa, impone tuttavia di affrontare altri problemi a essa connessi. Nella relazione illustrativa si fa riferimento in particolare alla questione della previdenza e alla ripartizione del relativo carico contributivo tra avvocato datore di lavoro e avvocato dipendente, al diritto di esclusiva e alla definizione stessa di avvocato dipendente, parasubordinato o collaboratore autonomo, anche al fine di mantenere inalterata la natura di professione intellettuale, indipendente e liberale. Per risolvere tali questioni, il successivo articolo 2 della proposta di legge demanda ad appositi decreti del Ministro del lavoro e delle politiche sociali: l'introduzione dell'obbligo da parte della Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense di determinare gli importi e le modalità di versamento della contribuzione per gli avvocati con contratto di lavoro subordinato o parasubordinato. Tale contribuzione dovrà essere posta per almeno i due terzi a carico del datore di lavoro che, in qualità di sostituto d'imposta, è tenuto a effettuare le operazioni di conguaglio fiscale e previdenziale tenendo conto di tutti i redditi riconducibili al rapporto di lavoro in essere ovvero dei diversi rapporti di lavoro avuti dall'avvocato dipendente o parasubordinato nel corso dell'anno, qualora esistenti, e applicando il principio dell'automaticità delle prestazioni; la definizione di parametri in base ai quali considerare una monocommittenza come lavoro subordinato o come lavoro parasubordinato, ovvero come lavoro autonomo, utilizzando indicatori quali la durata temporale del rapporto, la presenza di una postazione fissa presso il datore di lavoro o il committente, la partecipazione ai risultati economici dell'attività, la previsione e l'eventuale indennizzo di clausole di esclusività. Come previsto dall'articolo 2, tali decreti sono emanati entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, a seguito del confronto con le parti sociali, con il Consiglio nazionale forense, con l'Organismo congressuale forense, con la Cassa a nazionale di previdenza e assistenza forense, ciascuno per le proprie competenze, e con le associazioni forensi riconosciute o non riconosciute come più rappresentative a livello nazionale dal Congresso nazionale forense.
  Nel passare ad illustrare il contenuto della proposta di legge D'Orso C. 2722, fa presente che la stessa si compone di 13 articoli volti a definire le caratteristiche della disciplina del rapporto di collaborazione professionale dell'avvocato in regime di monocommittenza. In particolare, l'articolo 1 precisa che oggetto del provvedimento è la disciplina della collaborazione professionale dell'avvocato in regime di monocommittenza resa, in via continuativa e prevalente, se non esclusiva, in favore di un altro avvocato, di un'associazione professionale o di una società tra avvocati a fronte della corresponsione, da parte di tali soggetti, di un compenso con cadenza preferibilmente mensile, fisso o variabile (comma 1). Il comma 2 chiarisce che siffatta collaborazione deve essere resa nell'esercizioPag. 53 della professione intellettuale per la quale è necessaria l'iscrizione a un apposito albo professionale e la prestazione del collaboratore non deve avere alcun carattere di rapporto di lavoro subordinato. Il provvedimento non si applica alle pubbliche amministrazioni e al loro personale (comma 3) e le disposizioni contenute nello stesso non pregiudicano l'applicazione di clausole di contratto individuale più favorevoli per l'avvocato in regime di monocommittenza. L'articolo 2 disciplina la forma e il contenuto del contratto di collaborazione professionale tra l'avvocato in regime di monocommittenza e il soggetto committente, che deve essere stipulato in forma scritta, a pena di nullità, e deve includere, ai sensi del comma 1, ai fini della prova: indicazioni circa la durata, determinata o determinabile, del rapporto di collaborazione professionale; il compenso e i criteri per la sua determinazione, nonché i tempi e le modalità di pagamento dello stesso; la disciplina del rimborso delle spese; il periodo di prova da stabilire nel termine concordato tra le parti, durante il quale il rapporto potrà essere risolto da entrambe le parti senza obbligo di preavviso, fatto salvo il diritto del collaboratore alla percezione del compenso per le prestazioni effettuate; la pattuizione di un congruo periodo di preavviso per l'esercizio del diritto di recesso per entrambe le parti. Resterà ferma la libertà delle parti di stabilire un rinnovo automatico del rapporto contrattuale con obbligo di preavviso dell'eventuale diniego da comunicare almeno sei mesi prima della scadenza dello stesso. Infine, il comma 2 dispone che gli accordi verbali o quelli adottati in violazione delle disposizioni previste dal provvedimento saranno sostituiti di diritto da accordi conformi alla nuova disciplina.
  L'articolo 3 riguarda il compenso che deve essere corrisposto, con cadenza preferibilmente mensile, al collaboratore in regime di monocommittenza, che deve essere congruo e proporzionato alla quantità e alla qualità della prestazione d'opera professionale eseguita, secondo i criteri e i parametri minimi stabiliti con un decreto del Ministro della giustizia che dovrà essere emanato entro novanta giorni dall'entrata in vigore della legge. L'articolo 4 stabilisce al comma 1 che l'avvocato collaborare ha diritto al rimborso, per intero o in parte, delle spese per la formazione propedeutica al conseguimento e al mantenimento del titolo di avvocato specialista quando il conseguimento o il mantenimento del titolo sia richiesto dal committente ovvero sia con questi concordato. Inoltre, al comma 2 si dispone che l'avvocato in regime di monocommittenza ha, altresì, diritto al rimborso delle spese sostenute per eventuali incarichi afferenti al rapporto di collaborazione professionale e svolti su espressa richiesta e autorizzazione preventiva del soggetto committente. L'articolo 5, relativo agli obblighi dell'avvocato in regime di monocommittenza, prevede che l'avvocato in regime di monocommittenza si impegna a prestare l'opera in via continuativa ed esclusiva o prevalente, secondo le modalità e le indicazioni strategiche concordate con il soggetto committente, anche verbalmente e per ogni singolo incarico, nell'interesse del cliente affidatogli e nel rispetto delle regole poste dal codice deontologico forense. Durante la vigenza del contratto, l'avvocato in regime di monocommittenza si impegna a non svolgere qualsiasi attività che si pone, potenzialmente, in concorrenza con quella del soggetto committente. L'avvocato in regime di monocommittenza può assumere incarichi professionali da soggetti diversi dal committente con cui ha stipulato il contratto, con obbligo di immediata comunicazione al soggetto committente. In tale caso egli conserva i diritti previsti dal provvedimento. La violazione degli obblighi previsti dall'articolo 5 determina la risoluzione di diritto del contratto secondo le modalità previste dall'articolo 1456 del codice civile (clausola risolutiva espressa) con il conseguente venire meno di ogni obbligazione da parte del soggetto committente, fatto salvo l'obbligo di corrispondere il compenso dovuto per le prestazioni eseguite.
  L'articolo 6 dispone relativamente agli obblighi del committente e prevede, al comma 1, che questo si impegni a corrispondere all'avvocato in regime di monocommittenza il compenso e l'importo del Pag. 54rimborso delle spese, nel rispetto delle disposizioni della legge, nonché dei tempi e delle modalità stabiliti dal contratto stipulato tra le parti. Al comma 2 si prevede che il soggetto committente si impegna, altresì, ad agevolare l'opera dell'avvocato in regime di monocommittenza in ogni fase dell'esecuzione del rapporto, anche mediante la messa a disposizione dei beni strumentali destinati all'attività professionale del soggetto committente. L'avvocato collaboratore, ai sensi dell'articolo 7, è tenuto all'obbligo di riservatezza e a non divulgare, in alcun modo, a soggetti terzi, anche successivamente alla cessazione del rapporto, i dati e le informazioni riguardanti gli atti, le pratiche e i nominativi dei quali entrerà in possesso nello svolgimento dell'incarico e inerenti all'attività del soggetto committente. L'articolo 8, nel prevedere un patto di non concorrenza per il periodo successivo alla cessazione del contratto, stabilisce che lo stesso possa essere stipulato dalle parti, in forma scritta, durante la vigenza del rapporto contrattuale o all'atto della cessazione del contratto di collaborazione. Tale patto dovrà stipularsi secondo le modalità dell'articolo 2596 del codice civile, con la previsione dell'erogazione di un corrispettivo in favore del collaboratore. Il comma 2 stabilisce che il patto di non concorrenza ha una durata che non può superare i tre anni e ha ad oggetto l'obbligo di non sollecitazione dei clienti e degli altri collaboratori, nonché il divieto di utilizzazione delle informazioni apprese durante il rapporto di collaborazione relative allo studio del titolare e alla clientela. L'articolo 9, che reca la disciplina relativa al recesso e al preavviso, stabilisce che ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di collaborazione professionale prima della scadenza del termine, previo congruo preavviso dato nei termini e nei modi stabiliti dal contratto. Durante il periodo di preavviso ciascuna delle parti deve rispettare gli obblighi previsti dal contratto stesso. Resta salvo il diritto di ciascuna parte di risolvere il contratto per inadempimento ai sensi dell'articolo 1453 del codice civile. I termini di preavviso considerati congrui per l'esercizio del recesso da parte del committente sono, ai sensi del comma 2, di tre mesi per i contratti di durata inferiore a 5 anni e di sei mesi per quelli di durata superiore ai 5 anni. Se il recesso viene esercitato dall'avvocato collaboratore i termini sono ridotti alla metà, così come sono ridotti alla metà qualora il committente receda a causa della mancata comunicazione, da parte del collaboratore, dell'assunzione di incarichi professionali presso altri soggetti. Il mancato rispetto di tali termini comporta l'obbligo della parte recedente di corrispondere un importo a titolo di indennità sostitutiva del periodo di preavviso. L'avvocato in regime di monocommittenza non ha diritto alla percezione del trattamento di fine rapporto nel caso di risoluzione o di scadenza del rapporto di collaborazione mentre la normativa vigente in materia di licenziamenti individuali e collettivi, comprensiva delle tutele poste a garanzia del lavoratore, non trova applicazione per i suddetti rapporti di collaborazione. L'articolo 10 reca disposizioni relative ai casi di gravidanza, adozione, malattia e infortunio. In particolare, il comma 1 prevede che sussistendo tali casi con indisponibilità continuativa per un periodo non superiore a centottanta giorni, il rapporto contrattuale rimanga sospeso, senza erogazione del corrispettivo e, che durante tale periodo, il collaboratore possa essere sostituito dal soggetto committente con un altro avvocato. Le parti possono concordare per iscritto, al momento del verificarsi della maternità, adozione, malattia o infortunio, la concessione di un ulteriore periodo di indisponibilità che non comporti il diritto di recesso da parte del soggetto committente. Il comma 2 prevede che, decorsi i centottanta giorni, eventualmente prorogati, qualora l'indisponibilità del collaboratore permanga, il committente può recedere con obbligo di corresponsione dell'indennità sostitutiva del diritto al preavviso. In caso inoltre di gravidanza e di adozione, la durata del rapporto è prorogata per un periodo di centottanta giorni, salva più favorevole disposizione del contratto individuale, mentre in caso di malattie con indisponibilità non continuativa, il comma 4 prevede che si applichino gli articoli 1463 Pag. 55e 1464 del codice civile. L'articolo 11 detta norme in materia di oneri fiscali, previdenziali e assicurativi. In particolare, il comma 1 inquadra il rapporto di collaborazione professionale dell'avvocato in regime di monocommittenza nella prestazione d'opera intellettuale regolata dagli articoli 2222 e seguenti del codice civile. Ai sensi del comma 2, all'atto dell'erogazione del compenso o degli acconti, il committente opera come sostituto d'imposta, provvedendo alle ritenute fiscali secondo la normativa vigente in materia, ove lo imponga il regime fiscale del collaboratore. Con riferimento ai compensi percepiti dall'avvocato in regime di monocommittenza, il comma 3 li assoggetta ai contributi previdenziali da versare alla Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense, ponendoli per un terzo a carico del committente e per due terzi a carico del collaboratore. Il soggetto committente, al quale il versamento compete per intero, è tenuto ad operare la trattenuta della quota spettante all'avvocato in regime di monocommittenza all'atto dell'erogazione. L'articolo 12 conferma che resta in vigore l'incompatibilità tra la professione di avvocato e qualsiasi attività svolta sotto forma di lavoro subordinato stabilita dall'articolo 18, comma 1, lettera d), della legge n. 247 del 2012. La disposizione richiama inoltre le disposizioni dell'articolo 348 del codice penale sull'esercizio abusivo di una professione, che si applicano nei casi in cui per lo svolgimento di una determinata professione venga richiesta dallo Stato una specifica abilitazione come nel caso dell'esercizio della professione di avvocato. Infine, l'articolo 13, che reca le disposizioni transitorie e finali, prevede al comma 1 che le prestazioni d'opera intellettuale dell'avvocato in regime di monocommittenza svolte durante il rapporto contrattuale con il soggetto committente valgono ai fini e agli effetti dell'ammissione al corso per l'iscrizione all'Albo speciale per le giurisdizioni superiori e del raggiungimento dei requisiti per l'acquisizione e per il mantenimento del titolo di avvocato specialista. A tali fini, il Governo entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge dovrà adeguare la normativa vigente (comma 2). Il comma 3 dispone che la proposta in esame si applichi anche ai rapporti insorti prima della sua entrata in vigore: in tal caso le parti sono tenute a stipulare un contratto di collaborazione entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, in mancanza del quale si applicano comunque le disposizioni inderogabili in essa previste.
  In conclusione, nel ringraziare le colleghe Gribaudo e D'Orso per essersi fatte promotrici dell'iniziativa legislativa, ritiene importante che si garantisca adeguata regolamentazione e tutela in favore di molti giovani professionisti che da tempo attendono tale intervento. A tale proposito rammenta che, secondo quanto riportato nell'ultimo rapporto del Censis, commissionato dalla Cassa forense, sono circa 30.000 gli avvocati in condizione di precariato. Auspica pertanto che con la collaborazione di tutte le forze politiche si garantisca alle proposte di legge un iter il più veloce possibile.

  Manfredi POTENTI (LEGA) ritiene che le proposte di legge in esame compiano una sorta di rivoluzione copernicana, introducendo nel nostro ordinamento una figura «ibrida» considerato che il rapporto di monocommittenza impedisce la qualificazione dell'attività come libera professione. Dichiarando di non avere alcuna posizione preconcetta rispetto alle soluzioni avanzate dalle proposte di legge in esame, di cui ha rapidamente scorso il contenuto, rileva tuttavia la necessità di riflettere attentamente sulla direzione dell'intervento normativo. Fa presente a titolo esemplificativo che per tali situazioni l'ordinamento spagnolo prevede che l'avvocato svolga la propria professione attraverso l'iscrizione a una sezione speciale dell'albo, caratterizzato da una disciplina specifica relativamente tra l'altro agli aspetti previdenziali. A tale proposito fa presente che, quanto alla posizione previdenziale degli avvocati con rapporti di monocommittenza, le proposte di legge in esame contengono misure generiche, quale tra l'altro la trattenuta da parte del cosiddetto datore di lavoro e il versamento alla cassa forense. Si domanda quindi se la richiamata rivoluzione copernicana Pag. 56rappresenti effettivamente la soluzione più adeguata per il problema degli avvocati, ovvero quello del sovrannumero rispetto alle esigenze del mercato. Nel rilevare inoltre come il fenomeno riguardi, oltre agli avvocati, anche altre figure di liberi professionisti in condizione di monocommittenza, che non vengono tuttavia tenuti in considerazioni nelle proposte di legge in esame, segnala la questione specifica degli avvocati di impresa. Ritiene infatti che essi siano particolarmente meritevoli di una tutela articolata, tanto più considerato che si tratta di professionisti con un elevato livello di specializzazione di cui le imprese si servono per operare in settori fortemente tecnici del mercato e la cui presenza fisica è necessariamente richiesta all'interno dell'azienda. Nel sottolineare come la citata soluzione spagnola sia volta a risolvere proprio tale specifica problematica, considerato che il novanta per cento delle situazioni di sostanziale lavoro dipendente riguarda proprio la citata categoria degli avvocati di impresa, evidenzia che nelle proposte di legge in esame si fa invece riferimento unicamente agli studi professionali. In conclusione rileva la necessità di comprendere se l'interesse della maggioranza nella sua interezza o di alcune forze trasversalmente sia quello di inquadrare l'avvocato anche come lavoratore dipendente oppure di lasciarlo in una specie di limbo, che le proposte di legge sembrano prefigurare, lasciando purtroppo irrisolte molte situazioni. Ritiene pertanto che tali problematiche possano essere sanate per via emendativa o attraverso la presentazione di una ulteriore proposta di legge da abbinare a quelle in esame, sulle quali manifesta la perplessità del suo gruppo.

  Chiara GRIBAUDO (PD) ringrazia la Commissione Giustizia per aver voluto incardinare le proposte di legge in esame, rilevando come occorra prendere atto della condizione di precariato sperimentata da molti avvocati. Nel richiamarsi alle considerazioni del collega Potenti, ritiene che all'esempio della Spagna possa essere affiancato quello della Francia dove gli avvocati che si trovano in un sostanziale rapporto di lavoro subordinato rispetto al titolare dello studio professionale sono definiti «sans papier». Nel considerare indispensabile intervenire al fine di far cessare una diffusa pratica di abuso, che condanna al precariato soprattutto le giovani generazioni, ritiene che ciò possa essere fatto raggiungendo un punto di equilibrio tra le varie proposte. Cogliendo i suggerimenti del collega Potenti, rilevato che per le altre libere professioni esiste già una forma di regolamentazione, ritiene sia giunto il momento di discutere della condizione degli avvocati che svolgono la propria attività con un rapporto di sostanziale lavoro subordinato, in conseguenza delle storture di un mercato eccessivamente liberalizzato. Si dichiara da ultimo convinta che sarà possibile raggiungere un accordo al rialzo, per sanare la situazione.

  Luca Rodolfo PAOLINI (LEGA), pur apprezzando l'intendo della collega Gribaudo, ritiene necessario valutare attentamente il provvedimento. In particolare, sottolinea come i dati appena citati relativi ad altri Stati spesso risultino viziati da un elemento oggettivo in quanto il sistema legale in tali Stati è molto differente da quello italiano. Evidenzia che in Italia la grande maggioranza degli studi legali è costituita da piccole realtà che con l'approvazione di una norma come quella prevista dal provvedimento si troverebbero costrette a non consentire più a nessun giovane di svolgere presso il proprio studio la pratica legale. Rileva infatti come la capacità di svolgere la professione di avvocato non si possa dedurre esclusivamente dal voto di laurea ma che questa si manifesta nel corso dell'attività di praticantato. Si domanda, quindi, cosa accadrebbe – se tale tipo di attività avesse un inquadramento di carattere semidipendente – qualora al termine del periodo di collaborazione esclusiva il titolare dello studio legale ritenesse di non voler rinnovare il contratto. Oltre al contenzioso che tale situazione potrebbe determinare, sottolinea come per molti studi legali sarebbe difficile anche garantire uno stipendio a questi giovani. Ritiene pertanto che tale tipo di preoccupazioni potrebbe far desistere molti avvocati dalla disponibilità a far svolgere la pratica legale presso Pag. 57il proprio studio legale. Nel sottolineare pertanto come la Commissione debba valutare attentamente il provvedimento per circoscriverne bene l'ambito e per stabilire, una volta per tutte, se l'avvocato sia un libero professionista o invece un lavoratore dipendente, sottolinea in proposito di non avere dubbi circa la prima ipotesi. Si chiede inoltre cosa accadrebbe qualora l'avvocato dipendente ricevesse un cliente privato, evidenziando come nella prassi attuale gli studi consentono ai praticanti di utilizzare il proprio nome e sottolineando come nel mondo forense il nome dello studio legale sia fondamentale per fare carriera. Precisa quindi che attualmente il vero compenso dell'attività di praticantato consiste nella formazione professionale di livello che lo studio assicura. Teme inoltre che la disciplina potrebbe indurre i titolari dello studio legale ad assumere, in luogo di giovani italiani, avvocati provenienti da altri Stati dell'Unione europea nei quali non esiste una normativa simile a quella disciplinata dalle proposte di legge in esame oppure a concedere una minima partecipazione alle quote dello stesso per sottrarsi dall'obbligo di assunzione. Rilevando quindi che il tema in esame è molto complesso, invita i colleghi a valutarne attentamente le implicazioni, evidenziando che il provvedimento impatterà sulla vita professionale di alcune centinaia di migliaia di persone.

  Franco VAZIO (PD) ritiene che il tema oggetto del provvedimento meriti una attenzione particolare. Evidenzia come sia indubbio che chi svolge l'attività di praticante procuratore lo faccia al fine di imparare il mestiere e sottolinea come le proposte di legge in discussione non si rivolgano a questi soggetti, bensì siano dirette a normare un fenomeno diffuso negli studi professionali dove giovani che hanno acquisito l'abilitazione professionale vengono indirizzati a prendere una partita iva e ad avere un solo cliente che è rappresentato dal titolare dello studio stesso. A suo avviso, costituisce una forzatura interpretativa il ritenere che questo avvocato sia un libero professionista. Sottolinea che una serie di criticità, come quelle già avanzate dai colleghi precedentemente intervenuti, dovranno essere necessariamente approfondite e ritiene che la Commissione avrà la possibilità di valutarle con la dovuta attenzione. Tuttavia, nel replicare al collega Paolini, sottolinea che in Italia si applicano le leggi italiane e non quelle straniere. A suo avviso la Commissione dovrà, da un lato, considerare l'interesse della categoria professionale legale a non affaticare o a non creare problemi nello svolgimento di una libera professione e, dall'altro, individuare il modo per evitare che certe situazioni possano essere sfruttate surrettiziamente dietro l'alone della libera professione per avvantaggiare chi ha una posizione dominante nei confronti di ragazzi neoabilitati che hanno studiato tanto e che hanno superato un esame professionale. Ribadisce pertanto la necessità di offrire dignità e certezza normativa a questa categoria.

  Mario PERANTONI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, facendo presente che sarà possibile svolgere sul provvedimento in discussione un esame approfondito, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Modifica all'articolo 58 del codice civile, in materia di dichiarazione di morte presunta dell'assente.
C. 685 Zanotelli e C. 3345 Ascari.
(Seguito esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 10 dicembre 2021.

  Mario PERANTONI, presidente, ricorda che nella precedente seduta il relatore, onorevole Manfredi Potenti, aveva illustrato i provvedimenti ed avverte che nella seduta odierna si procederà alla discussione generale. Nessuno chiedendo di intervenire, dichiara conclusa la discussione generale e propone di fissare il termine per la presentazione di eventuali proposte emendative alle ore 18 della giornata di domani, mercoledì 22 dicembre 2021.

  Anna Rita TATEO (LEGA) chiede se il termine per la presentazione di proposte Pag. 58emendative possa essere fissato successivamente alla pausa prevista per le festività natalizie.

  Manfredi POTENTI (LEGA), relatore, nel rammentare che si era convenuto di procedere celermente in ragione della esiguità della modifica al codice civile recata dal provvedimento in discussione, si rimette alla Commissione non rilevando tuttavia particolari questioni che potrebbero far richiedere tempi maggiori.

  Mario PERANTONI (M5S) sottolinea che il provvedimento prevede esclusivamente il dimezzamento da cinque a dieci anni del termine per poter instaurare il giudizio per la dichiarazione di morte presunta. Nell'evidenziare come il provvedimento possa essere ovviamente suscettibile di interventi dal punto di vista emendativo, fa presente che aveva proposto un termine stretto per la presentazione di emendamenti poiché il provvedimento reca un intervento minimale al codice civile. Verificata, quindi, la disponibilità da parte dei gruppi, fissa il termine per la presentazione degli emendamenti per le ore 18 di mercoledì 12 gennaio 2022.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.30.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO
DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  Martedì 21 dicembre 2021.

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 14.30 alle 14.55.