CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 9 settembre 2021
653.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
COMUNICATO
Pag. 30

ATTI DEL GOVERNO

  Giovedì 9 settembre 2021. — Presidenza del presidente Luigi MARATTIN. —Interviene la sottosegretaria di Stato per l'economia e le finanze Maria Cecilia Guerra.

  La seduta comincia alle 14.40.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2020/262 che stabilisce il regime generale delle accise (rifusione).
Atto n. 276.
(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del Regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo.

  Luigi MARATTIN, presidente, avverte che per la seduta odierna è consentita la partecipazione da remoto in videoconferenza dei deputati e del rappresentante del Governo, secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento nella riunione del 4 novembre scorso.

  Alessandro CATTANEO (FI), relatore, avverte che la Commissione Finanze è chiamata ad esaminare – ai fini del parere da rendere al Governo – lo schema di decreto legislativo di attuazione della direttiva (UE) 2020/262, che stabilisce il regime generale delle accise. La delega per l'adozione del presente provvedimento è contenuta nella legge di delegazione europea 2019-2020 (Legge n. 53 del 2021), senza previsione di specifici criteri di delega.
  Il termine per l'espressione del parere da parte della Commissione Finanze sullo schema in esame è fissato al 14 settembre 2021. Poiché tale data è successiva al 31 agosto 2021 (termine per l'esercizio della delega, ai sensi dell'articolo 31 della legge n. 234 del 2012), il termine per l'esercizio Pag. 31della delega è posticipato al 30 novembre 2021.
  Ricorda preliminarmente che la direttiva (UE) 2020/262 rifonde e abroga, a decorrere dal 13 febbraio 2023, la direttiva 2008/118/CE, relativa al regime generale delle accise, e mira in generale ad armonizzare le condizioni per la riscossione delle accise, al fine di garantire il corretto funzionamento del mercato interno.
  Rammenta inoltre che i prodotti sottoposi ad accisa sono:

   prodotti energetici ed elettricità;

   alcol e bevande alcoliche;

   tabacchi lavorati.

  Sulla base della considerazione che ai fini del corretto funzionamento del mercato interno è necessario che la nozione di accisa e le condizioni della sua esigibilità siano uguali in tutti gli Stati membri, la direttiva (UE) 2020/262 precisa che i prodotti sono soggetti ad accisa all'atto della loro fabbricazione, compresa l'estrazione, nel territorio dell'Unione, o della loro importazione o ingresso irregolare nel territorio dell'Unione e che l'accisa diviene esigibile al momento e nello Stato membro dell'immissione in consumo (articolo 6).
  L'articolo 7 della direttiva individua il debitore dell'accisa divenuta esigibile, mentre l'articolo 9 prevede che, in caso di irregolarità durante i movimenti di prodotti sottoposti ad accisa in regime di sospensione, l'accisa dovrà essere pagata nello Stato membro nel cui territorio si è verificata l'irregolarità che porta all'immissione in consumo o, se non è possibile stabilire dove si è verificata l'irregolarità, nello Stato membro in cui l'irregolarità è stata rilevata.
  L'articolo 11 individua alcune ipotesi di esenzione dal pagamento dell'accisa, in relazione all'utilizzo al quale sono destinati i prodotti.
  Ricorda poi che, fatta salva la direttiva in oggetto, spetta agli Stati membri stabilire le norme interne in materia di fabbricazione, trasformazione, detenzione e magazzinaggio dei prodotti sottoposti ad accisa (articolo 14).
  La fabbricazione, la trasformazione, la detenzione e il magazzinaggio dei prodotti sottoposti ad accisa in regime di sospensione di accisa hanno luogo in un deposito fiscale, la cui apertura ed esercizio sono subordinati all'autorizzazione delle autorità competenti dello Stato membro in cui è situato il deposito (articolo 14).
  Prima della loro immissione in consumo i prodotti sottoposti ad accisa possono circolare nell'Unione in sospensione dall'accisa, soltanto sotto la scorta di un documento amministrativo elettronico (articolo 20).
  Se i prodotti sottoposti ad accisa immessi in consumo nel territorio di uno Stato membro sono trasportati verso il territorio di un altro Stato membro per esservi consegnati per scopi commerciali o per essere utilizzati, essi sono sottoposti ad accisa nello Stato membro di destinazione. I prodotti sottoposti ad accisa possono essere trasportati solo da uno speditore certificato a un destinatario certificato (articolo 33).
  Per quanto riguarda le vendite a distanza, la direttiva prevede la possibilità di consentire allo speditore di nominare un rappresentante fiscale, stabilito nello Stato membro di destinazione, quale debitore dell'accisa (articolo 44).
  La direttiva armonizza inoltre le norme relativamente:

   alla distruzione e la perdita dei prodotti soggetti ad accisa (articoli 6 e 45);

   al certificato di esenzione per i prodotti che circolano in regime di sospensione dall'accisa e beneficiano dell'esenzione dal pagamento (articolo 12);

   all'esonero dalla garanzia per i movimenti di prodotti energetici attraverso condutture fisse (articolo 17).

  Passando ad illustrare in dettaglio il contenuto dello Schema, segnala innanzitutto che questo reca numerose e consistenti modifiche al Testo unico delle accise Pag. 32– TUA, di cui al decreto legislativo n. 504 del 1995.
  L'articolo 1, comma 1, lettera a), modifica in più parti l'articolo 1 del TUA, che contiene le definizioni rilevanti.
  In sintesi, oltre a interventi di coordinamento, sono introdotte le seguenti definizioni:

   prodotti non unionali, come definiti dal Codice doganale dell'Unione, la cui individuazione è derivata, a contrario, dalla categoria delle merci unionali;

   ingresso irregolare di prodotti sottoposti ad accisa. Tale definizione è funzionale all'individuazione del momento in cui si deve considerare sorta l'obbligazione tributaria in materia di accisa sui medesimi prodotti e del soggetto tenuto al pagamento del tributo;

   destinatario certificato e speditore certificato;

   e-DAS, ovvero il documento di accompagnamento elettronico semplificato.

  La lettera b) modifica l'articolo 2 del TUA in tema di presupposto dell'obbligazione d'accisa e sua esigibilità, in particolare aggiornando l'insieme delle fattispecie che determinano l'immissione in consumo dei prodotti stessi e dunque l'esigibilità dell'obbligazione tributaria.
  In particolare il punto 1) della lettera b) indica espressamente che anche l'ingresso irregolare nel territorio nazionale dei prodotti sottoposti ad accisa – l'introduzione cioè senza il rispetto delle disposizioni imperative in materia doganale – comporta la nascita dell'obbligazione tributaria in materia di accisa.
  Il punto 2) della lettera b) delinea le circostanze che, in caso di irregolarità, determinano l'esigibilità dell'accisa. In tale contesto è ribadito che il verificarsi di alcune condizioni, riguardanti i casi di confisca o di distruzione dei prodotti introdotti irregolarmente nel territorio dello Stato, estingue la pretesa tributaria.
  La lettera b), al punto 3), identifica i soggetti responsabili del pagamento dell'accisa al verificarsi di talune circostanze particolari durante il trasferimento dei prodotti in regime sospensivo da tale tributo.
  La lettera c) del comma 1 sostituisce integralmente l'articolo 4 del TUA, che disciplina l'abbuono dell'imposta in caso di perdite, distruzioni e cali.
  Rispetto all'attuale formulazione, con la disposizione in commento:

   sono delineate con maggior dettaglio le condizioni che, in caso di perdita irrimediabile o distruzione totale dei prodotti soggetti ad accisa, danno luogo all'abbuono del tributo al verificarsi del caso fortuito o della forza maggiore e si equiparano al caso fortuito e alla forza maggiore, oltre ai fatti imputabili al soggetto obbligato a titolo di colpa non grave, anche i fatti compiuti da terzi e non ascrivibili al soggetto obbligato a titolo di dolo o colpa grave;

   viene specificato che la perdita irrimediabile dei prodotti può essere totale o parziale;

   si aggiornano le disposizioni in materia di perdite, i cosiddetti cali, avvenute durante la circolazione dei prodotti in regime sospensivo.

  La lettera d) novella l'articolo 5 del TUA, che disciplina il regime del deposito fiscale dei prodotti soggetti ad accisa. Le norme proposte sono dirette a chiarire che l'autorizzazione all'esercizio di un deposito fiscale è circoscritta a quanto espressamente indicato nell'autorizzazione medesima e per specificare che il regime del deposito fiscale non può essere applicato ai prodotti non immessi in libera pratica nel territorio doganale dell'UE.
  Con la lettera e) sono sostituiti alcuni commi dell'articolo 6 del TUA, dedicato alla circolazione di prodotti sottoposti ad accisa in regime sospensivo.
  L'articolo 6 è modificato anzitutto per recepire nell'ordinamento nazionale la possibilità, introdotta dalla direttiva, per i prodotti soggetti ad accisa provenienti da un deposito fiscale o da uno speditore registrato e destinati ad essere esportati, di Pag. 33essere vincolati al regime di transito esterno, dopo essere stati svincolati dal regime doganale di esportazione. Con il regime di transito esterno si consente la circolazione delle merci provenienti da Paesi terzi sul territorio comunitario prima di aver assolto le formalità doganali.
  Viene introdotto un nuovo comma 7-bis dell'articolo 6 del TUA, con cui si chiarisce che l'attestazione circa la conclusione della circolazione in regime sospensivo dei prodotti sottoposti ad accisa deve essere fornita dall'Ufficio doganale di esportazione attraverso la compilazione della nota di esportazione, che attesta che i prodotti sono stati vincolati al regime di transito esterno.
  Ulteriori modifiche riguardano l'indicazione del formato telematico, in luogo di quello cartaceo, del documento che deve scortare le merci circolanti in regime sospensivo. Infine si stabilisce che le disposizioni dell'articolo 6 del TUA non si applichino ai prodotti non unionali sottoposti ad accisa, oltre che ai tabacchi da fiuto e da masticare.
  Il comma 1, lettera f), modifica l'articolo 8 del TUA, recante la disciplina relativa alla figura del destinatario registrato, ovvero dell'operatore – diverso dal titolare di deposito fiscale – che è autorizzato dall'Amministrazione finanziaria a ricevere prodotti sottoposti ad accisa in regime sospensivo, provenienti da un altro Stato membro o dal territorio dello Stato.
  Le modifiche proposte specificano che al destinatario registrato, oltre ad essere vietato di detenere e spedire prodotti in regime sospensivo, è altresì preclusa l'attività di fabbricazione e trasformazione dei prodotti sui quali non sia stata previamente pagata l'imposta. Si precisa poi che nel deposito del destinatario registrato non possono essere detenute merci terze (non unionali).
  La lettera g) inserisce l'articolo 8-bis nel TUA, che disciplina la nuova figura del destinatario certificato.
  Il destinatario certificato può movimentare prodotti sottoposti ad accisa immessi in consumo in uno Stato membro e trasportati verso un altro Stato membro per esservi consegnati per scopi commerciali. Può operare come destinatario certificato, previa autorizzazione, il soggetto che possiede già la qualifica di depositario autorizzato o di destinatario registrato. Sono previste norme particolari per i tabacchi lavorati.
  Le modifiche all'articolo 9 del TUA, introdotte dalla lettera h), sono volte ad adeguare la terminologia attualmente utilizzata in relazione ai documenti che devono essere emessi per consentire il trasferimento dallo speditore registrato di prodotti soggetti ad accisa.
  La lettera i) del comma 1 introduce un nuovo articolo 9-bis nel TUA per disciplinare la figura dello speditore certificato.
  Segnala che lo speditore certificato è la persona fisica o giuridica registrata presso le autorità competenti dello Stato membro di spedizione al fine di spedire prodotti sottoposti ad accisa – immessi in consumo nel territorio di uno Stato membro e successivamente trasportati verso il territorio di un altro Stato membro – verso un destinatario certificato di un altro Stato membro in cui sono consegnati per scopi commerciali. Non sono previsti requisiti soggettivi particolari per poter essere riconosciuto come speditore certificato, poiché il soggetto opera su prodotti per i quali l'accisa risulta essere stata già versata allo Stato; l'accisa verrà poi rimborsata dopo che sia stato provato l'avvenuto versamento dell'accisa nello Stato membro di destinazione.
  La lettera l) sostituisce integralmente l'articolo 10 del TUA, che disciplina la circolazione di prodotti già immessi in consumo in un altro Stato membro e consegnati per scopi commerciali nel territorio dello Stato italiano.
  Rispetto all'attuale formulazione, con la disposizione in commento:

   in aderenza a quanto previsto dalla direttiva, i prodotti devono essere inviati esclusivamente da uno speditore certificato a un destinatario certificato nazionale;

   la circolazione dei prodotti in questione deve avvenire a seguito dell'emissione dell'e-DAS, con attribuzione di uno Pag. 34specifico codice che individua univocamente il trasferimento dei prodotti in questione (codice unico di riferimento amministrativo semplificato);

   viene stabilito il momento di inizio e fine della circolazione dei prodotti già immessi in consumo in un altro Stato membro e consegnati per scopi commerciali nello Stato italiano, con previsioni specifiche per l'ipotesi in cui il trasferimento dei prodotti avvenga mediante l'uso di automezzi;

   sono introdotte disposizioni atte a disciplinare i casi in cui il sistema informatizzato sia indisponibile nello Stato membro di spedizione o al momento del ricevimento da parte del destinatario certificato nazionale;

   è esclusa l'applicazione delle disposizioni contenute nell'articolo 10 alle merci non unionali.

  Le modifiche apportate dalla lettera m) riguardano l'articolo 10-bis del TUA, che contiene altre disposizioni relative alla circolazione di prodotti già immessi in consumo in un altro Stato membro, al solo fine di escludere l'applicazione delle disposizioni in esso contenute ai prodotti non unionali.
  La lettera n) del comma 1 novella l'articolo 10-ter del TUA che disciplina i casi di irregolarità che si verifichino durante il trasferimento, tra Paesi dell'UE, di prodotti sottoposti ad accisa che risultino aver già pagato il tributo in uno Stato membro, ma che sono destinati ad essere consumati nel territorio dello Stato italiano.
  La lettera o) del comma 1 modifica l'articolo 11 del TUA, in materia di prodotti sottoposti ad accisa i quali, immessi in consumo in un altro Stato membro, sono acquistati da privati per il proprio consumo nel territorio nazionale, allo scopo di adeguarne la terminologia alla direttiva 262/2020/UE ed escludere l'applicazione delle disposizioni in esso contenute ai prodotti non unionali sottoposti ad accisa.
  Con la lettera p) è integralmente sostituito l'articolo 12 del TUA che contiene disposizioni in materia di deposito e circolazione – nel territorio nazionale – dei prodotti per i quali il debito di imposta in materia di accisa sia stato già assolto.
  Con le modifiche proposte sono aggiornate le disposizioni dell'articolo 12, stabilendo che i prodotti in questione possano circolare sul territorio nazionale solo a seguito dell'emissione di un documento di accompagnamento analogo a quello previsto per il trasferimento intraunionale di prodotti già immessi in consumo in uno Stato membro, ovvero l'e-DAS.
  Le lettere q), r) e s) modificano rispettivamente gli articoli 17, 23 e 28 del TUA, con finalità di aggiornamento e coordinamento.
  La lettera t) sostituisce l'articolo 37 del TUA, recante disposizioni in materia di semplificazione amministrativa per i produttori di vino.
  La lettera u) modifica l'articolo 47 del TUA al fine di adeguare quanto in esso contenuto al dettato della direttiva, con riferimento ai cali che si possono verificare durante il trasferimento dei prodotti in regime sospensivo.
  Infine la lettera v) corregge un errore materiale di rinvio normativo contenuto nell'articolo 56 del TUA.
  L'articolo 2 dello schema stabilisce che i riferimenti normativi alla direttiva 2008/118/CE – in via di abrogazione – rinvenibili nelle norme tributarie in materia di accisa siano sostituiti da quelli alla nuova direttiva 2020/262/UE.
  L'articolo 3, comma 1, stabilisce che le disposizioni introdotte all'articolo 1 siano efficaci a decorrere dal 13 febbraio 2023, in aderenza a quanto espressamente stabilito dalla direttiva oggetto di recepimento, ad eccezione di quanto previsto dal punto 1) della lettera d), e dalla lettera v), che sono applicabili dalla data di entrata in vigore dello schema di decreto legislativo in esame.
  Il comma 2 dell'articolo 3 consente l'utilizzo del documento DAS cartaceo fino al 31 dicembre 2023, in aderenza a quanto espressamente stabilito dall'articolo 54 della direttiva.
  Si dichiara infine disponibile a valutare qualsiasi contributo che dovesse pervenire Pag. 35dai colleghi e dai soggetti interessati all'applicazione della normativa.

  Luigi MARATTIN, presidente, rammenta che il termine per l'espressione del parere parlamentare sul presente atto, così come sugli altri schemi di decreto legislativo assegnati alla Commissione all'inizio dello scorso mese di agosto, scadrà nel corso della prossima settimana. Chiede pertanto alla rappresentante del Governo di concedere un maggior lasso di tempo alla Commissione per l'espressione dei pareri di propria competenza.

  La sottosegretaria Maria Cecilia GUERRA dichiara la disponibilità del Governo ad attendere i pareri della Commissione anche oltre il termine fissato, auspicando in ogni caso che l'iter degli atti possa concludersi entro la fine del corrente mese.

  Luigi MARATTIN, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2018/1910 che modifica la direttiva 2006/112/CE per quanto concerne l'armonizzazione e la semplificazione di determinate norme nel sistema d'imposta sul valore aggiunto di imposizione degli scambi tra Stati membri.
Atto n. 283.
(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del Regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo.

  Giulio CENTEMERO (Lega), relatore, avverte che la Commissione Finanze è chiamata ad esaminare – ai fini del parere da rendere al Governo – lo schema di decreto legislativo di attuazione della direttiva (UE) 2018/1910, che modifica la direttiva 2006/112/CE per quanto concerne l'armonizzazione e la semplificazione di determinate norme nel sistema d'imposta sul valore aggiunto di imposizione degli scambi tra Stati membri. La delega per l'adozione del presente provvedimento è contenuta nella legge di delegazione europea 2019-2020, legge n. 53 del 2021, senza previsione di specifici criteri di delega.
  Il termine per l'espressione del parere da parte della Commissione Finanze sullo schema in esame è fissato al 14 settembre 2021. Poiché tale data è successiva all'8 agosto 2021 (termine per l'esercizio della delega, ai sensi dell'articolo 31 della legge n. 234 del 2012), il termine per l'esercizio della delega è posticipato all'8 novembre 2021.
  La direttiva (UE) 2018/1910 introduce, a decorrere dal 1° gennaio 2020, modifiche alla disciplina IVA delle operazioni transfrontaliere, con riguardo al ruolo del numero di identificazione IVA nell'ambito dell'esenzione delle cessioni intracomunitarie, al regime di call-off stock e alle operazioni a catena. Tale direttiva avrebbe dovuto essere recepita nell'ordinamento nazionale entro il 31 dicembre 2019 (articolo 2 della direttiva stessa); poiché detto termine è scaduto senza che siano state comunicate alla Commissione le misure per il recepimento completo è stata avviata nei confronti dell'Italia la procedura di infrazione 2020/0070, allo stadio di messa in mora ex articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
  Passando a illustrare il contenuto della direttiva oggetto di recepimento, evidenzia che il punto 1 dell'articolo 1 disciplina il regime del call-off stock, che è uno schema negoziale diffuso negli scambi transnazionali di beni e che condivide alcuni elementi con il contratto estimatorio (di cui all'articolo 1556 del codice civile): il venditore trasferisce uno stock di beni presso un deposito situato in un altro Stato membro, a disposizione di un acquirente conosciuto, e tale acquirente diventa il proprietario dei beni all'atto della loro estrazione dal deposito. In ogni caso l'accordo prevede una condizione sospensiva, e cioè rinvia il trasferimento della proprietà al momento del prelievo o allo scadere del termine concordato tra le parti per la restituzione. Dal punto di vista fiscale la direttiva dispone che tali operazioni, quando hanno luogo tra due soggetti passivi, sono considerate – a determinate condizioni – una cessione Pag. 36esente nello Stato membro di partenza e un acquisto intracomunitario nello Stato membro di arrivo.
  Il punto 4 dell'articolo 1 impone al soggetto passivo che trasferisce beni nell'ambito del regime di call-off stock di tenere un apposito registro che consente alle autorità fiscali di verificare la corretta applicazione di tale articolo. Analoga prescrizione è imposta al soggetto passivo destinatario.
  Il punto 2 dell'articolo 1 disciplina le cosiddette operazioni a catena, ovvero cessioni successive di beni oggetto di un unico trasporto intracomunitario. La norma è volta a imputare la circolazione intracomunitaria dei beni a una sola delle cessioni. Pertanto, ai sensi del nuovo articolo 36-bis della direttiva 2006/112/CE, cosiddetta Direttiva IVA, qualora lo stesso bene sia successivamente ceduto e sia spedito o trasportato da uno Stato membro a un altro direttamente dal primo cedente all'ultimo acquirente nella catena, la spedizione o il trasporto sono imputati unicamente alla cessione effettuata nei confronti dell'operatore intermedio. Tale disposizione non si applica se la spedizione o il trasporto sono imputati unicamente alla cessione di beni effettuata dall'operatore intermedio se quest'ultimo ha comunicato al cedente il numero di identificazione IVA attribuitogli dallo Stato membro a partire dal quale i beni sono spediti o trasportati.
  Il punto 3 dell'articolo 1 riguarda le cessioni intracomunitarie esenti di beni. Con la norma in esame, l'inserimento del numero di identificazione IVA dell'acquirente nel sistema di scambio di informazioni sull'IVA (VIES), assegnato da uno Stato membro diverso da quello in cui ha inizio il trasporto dei beni, diventa – oltre alla condizione di trasporto dei beni al di fuori dello Stato membro di cessione – una condizione sostanziale per l'applicazione dell'esenzione da imposta, anziché un requisito formale.
  Infine il punto 5 dell'articolo 1 modifica la disciplina degli elenchi riepilogativi delle cessioni intracomunitarie, dettagliandone il contenuto.
  In particolare, ai sensi delle nuove norme, l'elenco riepilogativo presentato dal soggetto passivo identificato ai fini dell'IVA deve includere:

   gli acquirenti identificati ai fini dell'IVA cui ha ceduto dei beni alle condizioni previste per l'esenzione delle cessioni intracomunitarie;

   le persone identificate ai fini dell'IVA cui ha ceduto dei beni che gli sono stati ceduti tramite gli acquisti dei beni intracomunitari di cui all'articolo 42 della direttiva IVA (acquisti assoggettati all'IVA);

   i soggetti passivi e gli enti non soggetti passivi identificati ai fini dell'IVA cui ha prestato servizi, diversi dai servizi esenti da IVA nello Stato membro in cui la prestazione è imponibile, per i quali il destinatario dei servizi è debitore dell'imposta.

  Passando all'esame dello schema di decreto legislativo di recepimento della direttiva (UE) 2018/1910, evidenzia che l'articolo 1 modifica in più punti il decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331.
  In particolare la lettera a) dell'articolo 1, comma 1, introduce un nuovo articolo 38-ter, che disciplina gli acquisti di beni effettuati nel territorio dello Stato secondo il regime semplificato e armonizzato del sopra illustrato call-off stock.
  Il nuovo articolo 38-ter stabilisce che il soggetto passivo che trasferisce beni della sua impresa da un altro Stato membro al territorio dello Stato non effettua un acquisto intracomunitario al ricorrere di tre condizioni che devono verificarsi congiuntamente:

   a) i beni sono spediti o trasportati nel territorio dello Stato dal soggetto passivo, o da un terzo che agisce per suo conto, per essere ivi ceduti, in una fase successiva e dopo il loro arrivo, a un altro soggetto passivo che ha il diritto di acquistarli in conformità a un accordo preesistente tra i due soggetti passivi;

   b) il soggetto passivo che spedisce o trasporta i beni non ha stabilito la sede Pag. 37della propria attività economica né dispone di una stabile organizzazione nello Stato;

   c) il soggetto passivo destinatario della cessione è identificato ai fini IVA nello Stato e la sua identità e il numero di identificazione attribuito dallo Stato sono noti al soggetto passivo nel momento in cui ha inizio la spedizione o il trasporto.

  Al ricorrere di tali condizioni, l'acquisto intracomunitario si considera effettuato dal soggetto passivo destinatario dei beni, o dal soggetto che lo ha sostituito, purché questi, entro dodici mesi dall'arrivo dei beni nello Stato, ne acquisti la proprietà, circostanza che si realizza, in linea di massima, con il prelievo dei beni dal magazzino.
  La lettera b) dell'articolo 1, comma 1, modifica l'articolo 41 del richiamato decreto-legge n. 331 del 1993, al fine di chiarire che requisito sostanziale della cessione intracomunitaria non imponibile è la comunicazione al cedente, da parte del cessionario, del numero di identificazione IVA assegnatogli da un altro Stato Membro e la compilazione, da parte del cedente, dell'elenco riepilogativo delle cessioni intracomunitarie.
  La lettera c) dell'articolo 1, comma 1, introduce due nuovi articoli al predetto decreto-legge. In particolare con il nuovo articolo 41-bis, con formulazione simmetrica al nuovo articolo 38-bis, vengono disciplinate le cessioni intracomunitarie in regime di call-off stock e sono in particolare chiarite le condizioni in base alle quali il cedente che trasferisce i beni della sua impresa dallo Stato ad un altro Stato membro per venderli in tale Stato, successivamente al loro arrivo, ad un soggetto passivo già individuato nel contratto, effettua una cessione intracomunitaria.
  Il nuovo articolo 41-ter, per evitare che l'applicazione di criteri diversi tra gli Stati membri possa determinare una doppia imposizione o la non imposizione delle operazioni, individua la cessione, tra quelle della cosiddetta catena, che deve considerarsi come cessione intracomunitaria non imponibile.
  Infine la lettera d) dell'articolo 1, comma 1, modifica in più punti l'articolo 50 del suddetto decreto-legge n. 331 del 1993, che disciplina gli obblighi connessi agli scambi intracomunitari.
  Al riguardo segnala che viene soppresso il comma 1 del citato articolo 50, il cui contenuto è trasfuso nell'articolo 41, comma 2-ter (si veda la lettera b) dell'articolo 1, comma 1).
  Il comma 2 dell'articolo 50 viene modificato ai fini di coordinamento.
  Viene poi inserito all'articolo 50 un nuovo comma 5-bis, che, per l'annotazione dei trasferimenti dei beni in regime di call-off stock, istituisce un apposito registro, il quale dovrà riportare le informazioni indicate dall'articolo 54-bis del regolamento (UE) di esecuzione n. 282/2011.
  Viene infine integrato il comma 6 dell'articolo 50, al fine di prevedere l'obbligo di inserire nell'elenco riepilogativo delle cessioni intracomunitarie anche il numero di identificazione IVA dell'acquirente dei beni in regime di call-off stock, nonché le eventuali modifiche del contratto.
  L'articolo 2 dello schema reca la clausola di invarianza finanziaria, mentre l'articolo 3 dispone che lo schema entri in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

  Luigi MARATTIN, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.50.

RELAZIONI AL PARLAMENTO

  Giovedì 9 settembre 2021. — Presidenza del presidente Luigi MARATTIN. —Interviene la sottosegretaria di Stato per l'economia e le finanze Maria Cecilia Guerra.

  La seduta comincia alle 14.50.

Relazione del Ministro dell'economia e delle finanze sui criteri per la revisione del meccanismo di controllo e di discarico dei crediti non riscossi.
Doc. XXVII, n. 25.
(Esame, ai sensi dell'articolo 124, comma 2, del Regolamento, e rinvio).

Pag. 38

  La Commissione inizia l'esame della relazione in oggetto.

  Luigi MARATTIN, presidente, avverte che per la seduta odierna è consentita la partecipazione da remoto in videoconferenza dei deputati e del rappresentante del Governo, secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento nella riunione del 4 novembre scorso.

  Massimo UNGARO (IV), relatore, intervenendo anche a nome del relatore Fragomeli, illustra i contenuti della Relazione al Parlamento avente ad oggetto «Criteri per la revisione del meccanismo di controllo e di discarico dei crediti non riscossi», della quale la Commissione avvia l'esame nella seduta odierna.
  La citata relazione è stata presentata ai sensi dell'articolo 4, comma 10, del decreto-legge 22 marzo 2021, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 maggio 2021, n. 69, che recita che ai fini di una «ridefinizione della disciplina legislativa dei crediti di difficile esazione e per l'efficientamento del sistema della riscossione, il Ministro dell'economia e delle finanze, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, trasmette alle Camere una relazione contenente i criteri per procedere alla revisione del meccanismo di controllo e di discarico dei crediti non riscossi per le conseguenti deliberazioni parlamentari».
  Il documento, pur snello, fornisce un quadro approfondito del sistema attuale della riscossione e di alcune criticità che l'Agenzia delle entrate – Riscossione ha rilevato nell'attuale modalità di funzionamento della stessa, con l'indicazione di alcune proposte per il superamento delle problematiche descritte.
  Come segnalato nella premessa, la prima parte del documento si concentra sulla genesi, le cause e l'attuale consistenza del cosiddetto magazzino dei crediti attualmente in carico all'Agenzia delle entrate – Riscossione, che – sia in termini di complessivo valore, sia in termini di volumi di crediti da gestire – è in progressiva crescita e ha raggiunto dimensioni che l'Agenzia ritiene non più sostenibili e gestibili senza una soluzione strutturale.
  Sono successivamente prospettate alcune proposte volte a razionalizzare e rendere più efficaci le procedure di riscossione. Al di là del merito delle proposte, di seguito illustrate, è comunque apprezzabile la chiarezza con cui sono delineate alcune incongruenze alla base delle proposte di correzione della disciplina.
  Anche con riferimento al sistema di remunerazione dell'agente della riscossione – basato sull'aggio di riscossione e sui rimborsi forfettari delle spese sostenute per la notifica della cartella e per le procedure di recupero – il documento mette in luce come l'attuale sistema di riscossione, interamente rimesso a soggetti pubblici, appaia ormai scarsamente coerente con la disciplina vigente, suggerendo anche di valutare l'opportunità di ricondurre interamente alle competenze dell'Agenzia delle entrate anche l'attività di riscossione, da esercitarsi tramite una struttura specializzata ma non da un soggetto giuridico distinto, come d'altronde avviene nei principali Paesi europei.
  Sempre in coerenza con l'assetto attuale della riscossione viene infine dedicata una specifica attenzione all'esigenza di superare le procedure (strutturate in relazione a rapporti giuridici che vedevano, fino al 2006, il coinvolgimento di soggetti concessionari esterni alla pubblica amministrazione nell'attività di riscossione, e per l'esattezza 36 società per azioni e due rami d'azienda bancari) per il discarico per inesigibilità del credito, che contribuiscono non poco alle attuali dimensioni del magazzino.
  Ritiene opportuno premettere che il passaggio dalla gestione privata della riscossione a quella centralizzata ha prodotto nel ventennio 2000-2020 un miglioramento significativo della riscossione (dai 3 miliardi medi annui nel periodo di gestione tramite concessionari, ai 10,9 miliardi nel periodo successivo alla costituzione di Agenzia delle entrate – Riscossione). È inoltre significativo che oltre un terzo dei crediti riscossi siano stati affidati all'agente nell'anno stesso o in quello precedente. Pag. 39
  Ciononostante l'agente della riscossione lamenta come al 31 dicembre 2020 siano in capo all'agente stesso 999 miliardi di euro affidati dagli enti creditori, pur al netto di crediti fiscali e sanzioni variamente annullati con successivi atti normativi. Peraltro di tali importi, secondo quanto riportato nel documento, il 40 per cento del totale (401 miliardi di euro circa) appare di difficile recuperabilità (152,2 miliardi di euro sono dovuti da soggetti interessati da procedure concorsuali, 133,1 miliardi di euro da persone decedute e imprese cessate, 115,8 miliardi da nullatenenti, in base ai dati presenti nell'Anagrafe tributaria). Un altro 45 per cento (445 miliardi di euro circa) è riferito a contribuenti nei confronti dei quali l'Agente della riscossione ha già svolto azioni esecutive e/o cautelari che non hanno consentito il recupero integrale dell'attuale loro debito. Della quota restante di crediti presenti nel magazzino, 52,6 miliardi di euro, 5 per cento del totale residuo, presentano una sospensione dell'attività di riscossione per provvedimenti di autotutela emessi dagli enti creditori in forza di sentenze dell'autorità giudiziaria o, ancora, perché gli importi residui rientrano tra le quote oggetto degli istituti di definizione agevolata in corso, 15,7 miliardi di euro sono oggetto di rateizzazione in corso e, infine, i restanti 84,6 miliardi di euro risultano comprensivi anche di posizioni per le quali, in ragione di previsioni normative a tutela dei contribuenti, sono inibite, o limitate, per l'agente della riscossione le azioni di recupero.
  Interessanti anche gli importi da riscuotere e il numero di crediti affidati, costituenti il suddetto magazzino: 225 milioni di crediti, contenuti in 137 milioni di atti. In massima parte i crediti sono per importi modesti (il 78 per cento dei crediti, oltre 178 milioni, ha importo inferiore a mille euro e pur quantitativamente rilevantissimi, da un punto di vista degli importi complessivi concernono appena il 5,6 per cento del magazzino) mentre il 64 per cento del valore dei crediti residui si concentra in appena 875.000 crediti (lo 0,4 per cento) superiori ai 100.000 euro. La restante parte (48 milioni di crediti, per un valore di 307 miliardi di carico residuo, si riferiscono a crediti tra 1.000 e 100.000 euro).
  Peraltro i crediti affidati annualmente all'agente (pari in media a circa 29,4 milioni di crediti) sono per lo più di importo inferiore a 5.000 euro (24,5 milioni di euro, pari all'83,4 per cento del totale, inferiori a 1.000 euro e 3,5 milioni di euro di crediti, pari al 12 per cento del totale tra 1.000 e 5.000 euro). Al 95,4 per cento dei crediti corrisponde tuttavia una quota del carico pari a meno del 20 per cento. Nel documento si segnala come l'entità degli accertamenti su base annuale sia superiore all'attuale effettiva possibilità di recupero da parte dell'agente della riscossione.
  Significativo anche il numero di contribuenti coinvolti: 18 milioni, di cui 3 milioni di persone giuridiche e 15 milioni di persone fisiche. Infine la distribuzione temporale dei crediti è più o meno equamente divisa tra crediti affidati fino al 2010, crediti affidati tra il 2011 e il 2015 e crediti affidati successivamente al 2015.
  Si precisa peraltro che quasi il 90 per cento degli 8 milioni di contribuenti che sono destinatari ogni anno di cartelle di pagamento, avvisi di addebito e avvisi di accertamento esecutivi, risulta già avere avuto iscrizioni: tale elemento, sottolinea il documento, rileva l'alta recidività dei contribuenti che non regolarizzano il proprio debito nella fase antecedente l'inizio del processo di riscossione gestito dall'agente della riscossione. Sia l'entità del magazzino, sia l'arretrato fiscale italiano generato ogni anno purtroppo rappresentano di gran lunga il dato peggiore in Europa.
  Viene rilevato come alcune delle misure di riduzione del magazzino dei crediti, come le varie forme di definizione agevolata, abbiano inciso sul numero delle pendenze, ma che le stesse non sono state sufficienti a risolvere strutturalmente le problematiche.
  In particolare l'agente lamenta come alla creazione del magazzino in essere contribuiscano fattori prettamente normativi e procedurali.
  Si segnalano in particolare l'impegnativa serie di notificazioni che dilatano i Pag. 40tempi di avvio dell'azione di riscossione, quali ad esempio la necessità, decorso un anno dalla notifica della cartella pagamento, di far precedere l'azione esecutiva dall'invio al debitore di un nuovo atto di intimazione al pagamento del debito, che a sua volta perde efficacia, trascorso un anno dalla data di notifica, con conseguente necessità di notificare un nuovo atto prima di avviare le procedure esecutive di recupero; per i crediti di importo inferiore a 1.000 euro, di sollecitare il contribuente al pagamento e di dover attendere 120 giorni dall'invio di un apposito «preavviso» prima che l'agente della riscossione possa intraprendere azioni esecutive, ad esempio il pignoramento; per i crediti contenuti negli avvisi di accertamento esecutivo, di inviare al debitore uno specifico avviso di presa in carico, con il quale lo si informa dell'avvenuto passaggio «formale» dell'incarico di riscossione dall'ente creditore all'agente della riscossione, il quale, peraltro, non può procedere ad esecuzione forzata – salvo casi di fondato pericolo per la riscossione – nei successivi 180 giorni all'affidamento del credito da riscuotere.
  Tali adempimenti, stando al documento, assorbono buona parte della capacità operativa dell'agente della riscossione, dilatando la tempistica di avvio dell'azione di recupero e riducendone, dal punto di vista del contribuente, la relativa deterrenza.
  Il secondo profilo che cagiona l'accumulo di arretrati nel magazzino risiede nella mancanza di una prassi di cancellazione dei debiti arretrati e ormai inesigibili.
  Preliminarmente sono evidenziate nel documento con chiarezza alcune categorie di contribuenti nei confronti dei quali diviene remota o sostanzialmente impossibile la riscossione in ragione delle relative posizioni personali: si tratta in particolare di soggetti con procedura concorsuale chiusa, soggetti deceduti senza eredi, soggetti nullatenenti o con solo la prima casa d'abitazione. Per tali soggetti (una volta accertata rigorosamente la sussistenza di tali condizioni soggettive), si propone un meccanismo di discarico automatico nell'ambito di una possibile riforma dell'attuale disciplina dell'inesigibilità, con conseguentemente cancellazione dalle scritture patrimoniali degli enti creditori. Un caso particolare concerne le sanzioni per violazioni del Codice della strada in capo a soggetti deceduti (non esigibili).
  Per i soggetti nullatenenti tuttavia la Relazione segnala che non è stata considerata la presenza di eventuali rapporti di tipo finanziario intestati al soggetto debitore, per cui per tali contribuenti – che in qualche caso hanno persino piani di rateazione in corso – il discarico va adeguatamente ponderato con la necessità di dimensionare i correlati effetti negativi sul gettito della riscossione a mezzo ruolo.
  Analoga esigenza si pone per coloro che sono titolari solo di prima casa d'abitazione.
  Tali contribuenti complessivamente sono il 24 per cento di quelli presenti nel magazzino, risultano destinatari del 19 per cento delle cartelle per un carico contabile residuo pari al 34 per cento del totale.
  Per quanto riguarda invece la disciplina normativa della cancellazione dei debiti inesigibili il documento ne sottolinea l'incoerenza con l'attuale sistema di riscossione (che è gestito da un soggetto pubblico) derivante dal fatto che il complesso delle regole di controllo risalgono al 1999 quando la riscossione era affidata a soggetti concessionari privati.
  Tra le varie difficoltà segnalate nel documento (anche connesse ad interventi a tutela dei contribuenti che hanno limitato i poteri dell'agente in modo anche superiore a quanto avvenga in altri Paesi europei) appare evidente la problematica per l'agente della riscossione di dimostrare, secondo l'attuale normativa, a ciascuno degli enti creditori (circa 13.000 tra erario, INPS, INAIL, Ministeri, regioni, comuni e casse di previdenza) e per ciascun credito affidato, di non aver tralasciato nessuna delle possibili attività potenzialmente idonee al recupero del credito e, quindi, di aver posto in essere ogni utile iniziativa nei confronti di ogni singolo contribuente iscritto a ruolo, sulla base delle informazioni rilevate nelle banche dati accessibili all'agente della riscossione. Pag. 41
  La Relazione rileva la scarsa coerenza, in un sistema integralmente gestito da soggetti pubblici, di tale impostazione, senza considerare da un lato il carico che un numero così rilevante di potenziali azioni giudiziarie produrrebbe sul sistema della giustizia tributaria (la cui lentezza è peraltro stigmatizzata nel documento) e dall'altro la necessità per l'agente stesso di realizzare, secondo il documento, circa 12,7 milioni di accessi presso l'Anagrafe dei rapporti finanziari per verificare la presenza di informazioni utili alle procedure di pignoramento dei conti correnti e/o dei rapporti finanziari e, quindi, il relativo avvio in maniera indifferenziata per tutti i crediti. A ciò si aggiunge la tematica della prescrizione dei crediti, su cui vi sono orientamenti giurisprudenziali differenziati.
  L'ultimo paragrafo del documento formula alcune proposte volte a risolvere i problemi sopra delineati sulla base di una disciplina nuova dell'inesigibilità dei crediti, precisando che non appare una soluzione praticabile il mero assoggettamento dell'attività di riscossione alla normativa di contabilità di Stato relativa agli agenti contabili, che non sarebbe – a quanto risulta dal documento – adeguata ad una gestione massiva delle azioni di recupero dei crediti pubblici.
  In tale ambito l'ipotesi di riforma dell'inesigibilità che viene delineata nel documento è estremamente dettagliata e prevede anche che le attività di riscossione siano organizzate in termini di pianificazione.
  Si prevede infatti che, una volta consegnato dall'ente creditore il carico da riscuotere, l'agente della riscossione avvii le attività di competenza e, in assenza di regolarizzazione del debito da parte del contribuente, effettui le azioni di recupero coattivo secondo un piano annuale adeguato alla sua capacità operativa e predisposto sulla base di principi di efficacia, efficienza, economicità e imparzialità. Tale piano potrebbe essere inserito nell'atto aggiuntivo alla Convenzione tra il Ministero dell'economia e delle finanze e l'Agenzia delle entrate, previsto dall'articolo 1, comma 13, del decreto-legge n. 193 del 2016. Solo una volta decorso un congruo periodo di tempo dall'affidamento, ovvero cinque anni (quindi, con un perimetro anche più esteso di quello dei tre anni previsto dal decreto legislativo n. 112 del 1999), i crediti non riscossi potrebbero essere automaticamente discaricati dal cosiddetto magazzino – senza oneri amministrativi a carico degli enti creditori in termini di verifica dell'effettiva inesigibilità – evitando così l'accumulo di quote prive di concrete aspettative di riscossione. La proposta individua anche i compiti di vigilanza e controllo da attribuire al Ministero dell'economia e delle finanze e dettaglia i passaggi procedurali per il discarico a regime nonché con riferimento al magazzino pregresso (rispetto a quali il documento formula due ipotesi alternative, una che prevede il discarico automatico al 2025 e una che scagliona il discarico automatico dei crediti tra il 2023 e il 2026 a seconda della relativa anzianità).
  La parte conclusiva del documento contiene infine diverse ulteriori proposte di riforma per una modernizzazione del sistema della riscossione. In linea di principio le proposte di riforma, come indicato dal documento, sono ispirate dall'obiettivo di realizzare una vera e propria «rivoluzione manageriale», che metta l'Agente in condizione di superare un approccio meramente formale puntando ad una gestione del processo di riscossione interamente orientata ai principi di efficienza ed efficacia.
  In estrema sintesi le proposte, con riguardo alle problematiche sopra delineate, sono dirette a intervenire sui profili normativi concernenti:
  la disciplina della banca dati dei rapporti finanziari, posto che l'attuale regime giuridico impedisce tanto all'Agenzia delle entrate – Riscossione quanto all'Agenzia delle entrate di sapere in anticipo quali conti correnti siano capienti. Sarebbe invece opportuno, secondo il documento. avere accesso a tali informazioni per evitare «pignoramenti al buio». L'attuale disciplina (articolo 11 del decreto-legge n. 201 del 2011) prevede infatti solo l'obbligo di comunicazione di informazioni strettamente necessarie ai fini dei controlli fiscali e non Pag. 42anche di quelle necessarie ai fini dell'erogazione dei servizi fiscali (ad esempio, erogazione di rimborsi o contributi) o della riscossione dei crediti iscritti a ruolo. Il documento auspica invece che anche tali finalità possano essere ricomprese nell'obbligo citato (cosa che potrebbe consentire anche un maggiore aggiornamento dei dati relativi alle giacenze sui conti correnti);
  l'utilizzabilità da parte di Agenzia delle entrate – Riscossione della banca dati della fatturazione elettronica, oggi nella sola disponibilità di Agenzia delle entrate, per avviare in modo mirato, procedure presso terzi tese a contrastare la cosiddetta evasione da riscossione, anche prevedendo dei temperamenti per evitare un utilizzo eccessivamente invasivo dello strumento;
  la revisione (da uno a due anni) del termine di efficacia della notifica della cartella e dell'avviso di intimazione per le conseguenti attività di esecuzione;
  il superamento del meccanismo della remunerazione dell'agente della riscossione (mediante «aggio», fissato oggi al 6 per cento, e rimborsi «forfettari» dei diritti di notifica della cartella di pagamento e delle spese per le procedure di recupero) il cui regime è rimasto quello dell'epoca in cui la riscossione era effettuata da concessionari privati e rispetto al quale la Corte costituzionale, in una recentissima pronuncia, ha messo in discussione il fondamento alla luce del nuovo assetto della riscossione. Nel documento si propone di porre a carico della fiscalità generale i costi della riscossione (così come nei diversi Paesi europei);
  la revisione dell'attuale disciplina delle diverse forme di rateizzazione dei debiti iscritti a ruolo a carico dei contribuenti, che, secondo quanto prevede il documento appaiono oggi prive di coerenza sistematica rendendo da una parte strutturali alcuni dei recenti interventi di maggior favore per il contribuente (ora a validità temporanea), e dall'altra prevedendo l'impossibilità per il debitore di essere nuovamente riammesso alla rateizzazione per gli stessi debiti per i quali il beneficio è venuto meno a seguito del mancato pagamento di un numero di rate assai elevato (ad esempio 10 rate mensili). Ciò al fine di evitare che le azioni di recupero messe in atto dall'agente della riscossione, nel caso di decadenza del contribuente dalla rateizzazione, possano essere continuamente interrotte da una successiva richiesta di riammissione all'istituto;
  la disciplina relativa alla determinazione degli interessi che vengono liquidati a carico dei cittadini per i loro debiti verso l'erario e degli interessi corrisposti dalla pubblica amministrazione per debiti di quest'ultima verso i cittadini e le imprese al fine di riallineare gli interessi nel caso in cui lo Stato sia creditore o debitore.
  Un'ulteriore evoluzione dell'attuale sistema della riscossione nazionale, secondo il documento, dovrebbe infine riguardare la maggiore integrazione tra Agenzia delle entrate e Agenzia delle entrate – Riscossione, che potrebbe portare a una possibile definitiva incorporazione di quest'ultima all'interno di Agenzia delle entrate, con vantaggi organizzativi quali la semplificazione della governance, l'unicità dell'interlocutore tra Stato e cittadino, il rafforzamento degli obiettivi orientati alla riscossione delle imposte e la condivisione e l'integrazione delle banche dati.

  Gian Mario FRAGOMELI (PD), relatore, ad integrazione di quanto illustrato dal relatore Ungaro, ritiene opportuno soffermarsi su alcune specifiche questioni, meritevoli a suo avviso di adeguato approfondimento da parte della Commissione.
  Osserva quindi che il primo argomento, che costituisce l'obiettivo della relazione e dell'eventuale conseguente intervento riformatore, è riassumibile nei 225 milioni di singoli crediti da riscuotere presenti nel magazzino fiscale. Una mole enorme e praticamente non gestibile da parte dell'agente della riscossione.
  Quindi, entrando nel merito delle caratteristiche del magazzino, rileva il forte peso dei crediti di importo superiore a 100.000 euro che sono stati meno interessati e ridotti dalle definizioni agevolate, di stralcio e di annullamento che hanno avuto ad oggetto crediti di importo inferiore. A tal proposito sottolinea che qualsiasi forma di cancellazione o discarico dei crediti presenti Pag. 43 nel magazzino dovrà tener conto dei conseguenti effetti sulla finanza pubblica.
  Un ulteriore tema che intende affrontare è di natura strutturale e si indirizza alla riforma della riscossione dei crediti. Rileva che sono emesse annualmente 16 milioni di cartelle, corrispondenti a 8 milioni di contribuenti. Si registra al riguardo un altissimo tasso di recidività dei contribuenti (pari a circa il 90 per cento) e un bassissimo tasso di estinzione del debito (il 20 per cento in tempi brevi e il 25 per cento con rateizzazione entro il quinquennio).
  A tali dati corrisponde una scarsa performance sul versante della riscossione, in particolare se comparata ad altri Paesi europei; cita a titolo di esempio Irlanda e Regno Unito che raggiungono percentuali di riscossione prossime al 90 per cento. Ciò dovrebbe indurre a una seria riflessione sia riguardo alla struttura organizzativa della riscossione (monistica e non dualistica), sia riguardo alla normativa e agli strumenti per aggredire il patrimonio del debitore.
  Segnala quindi un ulteriore aspetto, sempre di natura strutturale, riguardante gli strumenti dell'Agenzia delle entrate – Riscossione. Riterrebbe necessario, in materia di verifiche mediante interrogazione delle banche dati, passare da una modalità puntuale ad una modalità massiva, sia per meglio definire i caratteri di inesigibilità ed evitare l'attivazione di procedure di pignoramento di esito incerto, sia per ottimizzare l'impiego delle risorse umane dell'Agenzia.
  Sempre con riferimento agli strumenti a disposizione dell'Agenzia per aggredire i patrimoni, ritiene opportuno un approfondimento circa la possibilità di introdurre verifiche massive periodiche – così come avviene per l'Anagrafe tributaria sulle proprietà immobiliari e di beni mobili registrati – anche sull'Anagrafe dei rapporti finanziari per le giacenze sui conti correnti, attualmente previste a cadenza annuale.
  In ultimo, condividendo molti aspetti connessi ai processi di semplificazione delle procedure legate all'attività di riscossione, si dichiara tuttavia restio in merito all'opportunità di ridurre alcuni obblighi di natura burocratica a carico dell'agente della riscossione, come ad esempio in tema di notifiche. Ritiene infatti che detti adempimenti rappresentano una forma di garanzia e di tutela per cittadini e imprese.
  Concludendo, osserva che i punti sopra indicati riguardano aspetti non solo di natura tecnica ma anche di rilievo politico, sui quali la Commissione dovrebbe a suo parere confrontarsi. Si tratta di questioni di particolare delicatezza che, in qualità di capogruppo del PD, intende affrontare nella consapevolezza dell'impatto che il tema dell'adempimento degli obblighi fiscali ha sulla vita dei contribuenti e sull'opinione pubblica del Paese.

  Luigi MARATTIN, presidente, ringrazia i relatori per gli interventi svolti, che mettono in luce il rilievo dell'atto in discussione e la necessità che la Commissione dedichi ad esso un tempo congruo, concludendo il proprio esame – come peraltro convenuto in sede di Ufficio di Presidenza della Commissione – nell'arco di un paio di settimane, prima della presentazione al Parlamento della prossima legge di Bilancio. Invita quindi i colleghi ad intervenire, al fine di avviare già nella seduta odierna un primo confronto su temi di particolare importanza.

  Lucia ALBANO (FdI), riservandosi di intervenire ulteriormente nel prosieguo dell'esame del documento, esprime perplessità sulla possibilità di consentire all'agente della riscossione un accesso massivo all'archivio dei rapporti finanziari. Ritiene infatti che tale possibilità sarebbe in contrasto con la necessaria tutela della privacy e teme che potrebbe costituire un mezzo per autorizzare un'investigazione costante sui conti correnti degli italiani.

  Gian Mario FRAGOMELI (PD), relatore, rileva che già oggi è possibile svolgere accertamenti, attraverso l'Anagrafe tributaria, sugli immobili e sui beni mobili registrati dei contribuenti. Non vede pertanto quali problemi possano derivare dall'estendere tale possibilità ai conti correnti e ricorda peraltro che attualmente, attraverso l'Anagrafe dei rapporti finanziari, è Pag. 44possibile acquisire dati relativi alla consistenza dei depositi bancari, ma ciò avviene con notevole ritardo. A causa di tale ritardo l'agente della riscossione non è in grado di accertare preventivamente se i conti correnti da aggredire possano essere capienti. Propone pertanto di prevedere un maggior aggiornamento dell'Anagrafe dei rapporti finanziari.

  Luigi MARATTIN, presidente, prendendo atto dei rilievi avanzati dai colleghi, evidenzia come l'esame della Relazione possa articolarsi su diversi piani.
  Il documento reca innanzitutto alcune proposte puntuali – cita ad esempio il tema dell'aggio, o delle scelte riguardanti la gestione dell'Agenzia delle entrate – che per loro natura e portata possono essere affrontate e risolte, anche indipendentemente da interventi più strutturali, nell'ambito di un confronto tra le forze politiche che appare di più semplice percorso.
  Vi è però un ulteriore livello di confronto introdotto dal documento, che offre alla Commissione l'opportunità, assai più ambiziosa, di definire una riforma complessiva della riscossione; riforma che potrebbe inoltre essere ulteriormente arricchita dal processo di revisione strutturale del sistema fiscale che il Governo si accinge a presentare alle Camere.
  Occorre tuttavia, al fine di non sprecare tale occasione, avere presenti la diversa natura che caratterizza le proposte contenute nella relazione del Governo.
  Da un lato vi sono alcuni interventi che evocano aspetti che si potrebbero schematicamente definire il «volto cattivo» del Fisco. Si riferisce, ad esempio, alla attribuzione di strumenti di accesso più incisivi all'agente della riscossione, quale è la possibilità, testé richiamata dai colleghi, di acquisizione in tempi rapidi dei dati relativi ai conti correnti dei cittadini. Osserva peraltro, sul punto, di non comprendere per quale motivo non si dovrebbe consentire all'Agenzia delle entrate di verificare celermente le giacenze bancarie di un contribuente, mentre tale possibilità è già concessa per altri profili patrimoniali.
  Per altro verso, la Relazione suggerisce numerosi interventi che si rifanno invece al cosiddetto 'volto buono' del Fisco. Pensa alla possibile cancellazione, per centinaia di miliardi di euro, di debiti dei contribuenti, a nuove regole sullo stock di nuovi crediti, o a una disciplina della rateizzazione dei debiti fiscali più favorevole per i cittadini.
  Sebbene ritenga probabile che alcune forze politiche vorranno accogliere solo misure rientranti in una delle due categorie indicate, auspica che si possa pervenire ad un bilanciamento equilibrato e positivo tra i due versanti di intervento richiamati, al fine di costruire un compromesso politico – da intendersi nel senso nobile del termine – che sia efficace e non sprechi l'occasione che qui si offre di una vera e utile riforma del sistema della riscossione. Ritiene peraltro, in base a criteri di mero buon senso, che nel momento in cui si riordinano e razionalizzano le misure a tutela dei contribuenti, sia nello stesso tempo giustificato rimuovere alcuni limiti che ostacolano la proficua azione di recupero dei crediti da parte dell'agente della riscossione.
  Ribadisce in conclusione l'appello ad una proficua collaborazione tra i gruppi politici, analogamente a quanto avvenuto in occasione della stesura del documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sulla riforma del sistema fiscale, con l'auspicio di giungere all'approvazione di un atto di indirizzo equilibrato e condiviso.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 15.20.