CAMERA DEI DEPUTATI
Lunedì 6 settembre 2021
650.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (IX e XI)
COMUNICATO
Pag. 3

SEDE REFERENTE

  Lunedì 6 settembre 2021. — Presidenza della presidente della XI Commissione, Romina MURA. – Interviene la sottosegretaria di Stato per il lavoro e le politiche sociali, Tiziana Nisini.

  La seduta comincia alle 15.05.

DL 103/2021: Misure urgenti per la tutela delle vie d'acqua di interesse culturale e per la salvaguardia di Venezia, nonché disposizioni urgenti per la tutela del lavoro.
C. 3257 Governo, approvato dal Senato.
(Esame e rinvio).

  Le Commissioni iniziano l'esame del provvedimento in titolo.

  Romina MURA, presidente, avverte che, come stabilito dagli Uffici di presidenza, integrati dai rappresentanti dei gruppi, di ciascuna Commissione, nella seduta odierna si svolgerà l'esame preliminare del provvedimento, che sarà introdotto dalle relazioni dei relatori.

  Andrea ROMANO (PD), relatore per la IX Commissione, dichiara di riferire per la Commissione trasporti sul disegno di legge C. 3257, di conversione del decreto-legge n. 103 del 2021, inerente al transito delle navi nella zona lagunare di Venezia e ad altri profili, sui quali preannunzia che riferirà invece la collega Murelli della Commissione lavoro.
  L'argomento dell'ingresso delle grandi navi nelle acque veneziane – come noto – è oggetto, tuttora, di un confronto molto forte, perché si tratta di un tema enorme, complicato e straordinariamente impegnativo, per via della minaccia che le «grandi navi» rappresentano per Venezia. Un tema su cui la politica italiana ha acceso i riflettori da anni, nella comune consapevolezza che sia indispensabile trovare una soluzione capace di rispondere al contempo a due esigenze insopprimibili: da un lato l'esigenza di salvaguardare una città che è patrimonio insostituibile dei veneziani, di tutto il nostro Paese e dell'intera umanità; dall'altro l'esigenza di salvaguardare la portualità veneziana, che è parte insopprimibile della storia e dell'identità della città di Venezia ma anche dell'intero sistema portuale italiano. Un sistema che se fosse privato del polo veneziano, o se vedesse quel polo marginalizzato, ricaverebbe danni inaccettabili sotto il profilo del nostro interesse nazionale, della nostra capacità commerciale, Pag. 4 dei livelli occupazionali dell'area veneziana e della stessa forza delle nostre infrastrutture.
  L'urgenza di rispondere a queste due esigenze muove da un assunto condiviso da tutta la politica italiana, ormai da anni: difendere Venezia da un gigantismo navale che non solo è estraneo alla storia e alla natura di quella città, ma che rappresenta una minaccia per la salvaguardia di quell'ineguagliabile patrimonio culturale, artistico che Venezia rappresenta. Su questo, afferma, siamo tutti d'accordo, e lo siamo da anni. E lo siamo senza aspettare la riproposizione per certi versi violenta dell'emergenza «grandi navi» che la cronaca ci ripropone periodicamente: com'è avvenuto ad esempio nel luglio 2019, quando una enorme nave da crociera, la Costa Deliziosa, rischiò di sbattere contro Riva Sette Martiri sollevando una nuova ondata di indignazione.
  Rispetto a questo obiettivo condiviso, rispetto all'indignazione che progressivamente richiama l'attenzione del mondo sulla minaccia che il gigantismo navale rappresenta per la storia e per il futuro di Venezia, il provvedimento che oggi discutiamo compie un passo avanti significativo: avviare finalmente la transizione verso una soluzione che protegga Venezia da quella minaccia, senza mettere a repentaglio la forza economica e commerciale del polo portuale veneziano.
  Si tratta, dichiara di credere, della strada giusta per chiudere la stagione dell'indignazione (necessaria ma insufficiente), avviare la transizione verso la soluzione più efficace, porre le basi perché quella soluzione sia realizzata rapidamente e in via definitiva; superando una volta per tutte la minaccia del gigantismo navale senza alcun danno per il futuro economico e commerciale di Venezia, del Veneto e di tutto il nostro Paese.
  La relazione governativa al disegno di legge di conversione evoca la necessità di bilanciare due insiemi di interessi, come spesso accade con il nostro inestimabile patrimonio culturale.
  Da un lato, c'è l'esigenza della conservazione e della tutela delle città e delle loro bellezze, cui si aggiungono – in questo caso – la sicurezza delle acque e la stabilità dell'insediamento stesso di Venezia (che è patrimonio UNESCO, come pure la relazione governativa non manca di ricordare).
  Dall'altro, vi sono le ragioni della fruizione e della valorizzazione, cui si associano anche la libertà di circolazione e d'impresa e lo sviluppo economico (non si può dimenticare che Venezia – dopo Roma – è, in termini quantitativi, la seconda destinazione turistica italiana e che il Veneto è la prima regione per presenze turistiche annuali).
  La scorsa primavera il Parlamento è stato impegnato nella conversione del decreto-legge n. 45 del 2021, il cui articolo 3 prevedeva lo svolgimento di un concorso di idee per l'elaborazione di proposte e di progetti di fattibilità tecnica ed economica volti alla realizzazione e alla gestione di punti di attracco fuori dalle acque protette della laguna di Venezia utilizzabili dalle navi adibite al trasporto passeggeri di stazza lorda superiore a 40.000 tonnellate e dalle navi portacontenitori adibite a trasporti transoceanici, anche tenendo conto delle risultanze di eventuali studi esistenti.
  Il decreto-legge in esame, come modificato dal Senato, si compone di 9 articoli, gli ultimi due dei quali inerenti, rispettivamente, alla copertura finanziaria degli articoli 1 e 2 e all'entrata in vigore.
  Le disposizioni del disegno di legge restano orientate – rispettando in larga parte l'impianto originario del provvedimento adottato dal Governo – su 3 versanti.
  In via di sintesi, il primo è – dunque – quello degli articoli 1 e 2, che ineriscono alla limitazione del transito delle grandi navi nella laguna di Venezia.
  A tal fine, le vie urbane d'acqua Bacino di San Marco, Canale di San Marco e Canale della Giudecca di Venezia sono dichiarate monumento nazionale, ai sensi del decreto legislativo n. 42 del 2004 (Codice dei beni culturali) e vi è fatto divieto di transito per le imbarcazioni che abbiano una delle seguenti caratteristiche: stazza lorda superiore a 25.000 GT; lunghezza dello scafo al galleggiamento superiore a 180 metri; altezza della linea di galleggiamento Pag. 5 (air draft) superiore a 35 metri, con esclusione delle navi a propulsione mista vela – motore; impiego di combustibile in manovra con contenuto di zolfo uguale o superiore allo 0.1 per cento.
  Il comma 3 dell'articolo 1 prevede una compensazione, per un importo complessivo di 30 milioni di euro per il 2021, per le compagnie di navigazione (specialmente quelle crocieristiche) per le perdite dovute al sopravvenuto divieto di transito e a tal fine istituisce un apposito fondo nello stato di previsione del MIMS. Il fondo è volto anche a compensare il gestore dei terminal di approdo interessati dal divieto di transito e i soggetti esercenti i servizi connessi all'attività dei medesimi terminal; a tal fine sono stanziati 5 milioni di euro per il 2021 e 22,5 milioni per il 2022.
  Il comma 4, secondo le modifiche approvate dal Senato, incrementa di 5 milioni di euro per l'anno 2021 e di 10 milioni di euro per l'anno 2022 il Fondo sociale per occupazione e formazione al fine di assicurare un sostegno economico al reddito, ove non sia possibile fare ricorso agli strumenti già previsti a legislazione vigente, dei lavoratori impiegati in attività incise dal divieto di transito citato.
  Il comma 5 dispone che la competente Autorità di sistema portuale possa procedere alla revisione del piano economico-finanziario della concessione rilasciata al gestore del terminal di approdo.
  Ai sensi dell'articolo 2, il presidente dell'Autorità di sistema portuale del Mare Adriatico Settentrionale è nominato commissario straordinario per l'adozione delle misure conseguenti al nuovo regime di transito, che consistono in: a) realizzazione di punti di attracco temporanei non superiori a cinque nell'area di Marghera destinati anche alle navi adibite al trasporto passeggeri di stazza lorda pari o superiore a 25.000 GT; b) manutenzione dei canali esistenti; c) interventi accessori per il miglioramento dell'accessibilità nautica e della sicurezza della navigazione. Il presidente dell'Autorità di sistema, in questa funzione, potrà avvalersi di sub-commissari, in numero massimo di due.
  In base alle modifiche approvate dal Senato, l'esecuzione degli interventi dovrà avvenire previa valutazione di impatto ambientale, secondo quanto previsto dalla normativa in materia, garantendone la coerenza con le indicazioni del Piano morfologico ambientale della Laguna di Venezia, che dovrà essere aggiornato entro il 31 dicembre 2021.
  Il Senato ha inoltre inserito nel testo disposizioni relative all'efficacia giuridica dei progetti delle diverse opere nonché all'adempimento da parte del commissario straordinario di riferire al Ministero e, conseguentemente, al Parlamento sull'attività svolta.
  Sempre nell'ottica di bilanciamento e di compensazione, nel corso dell'esame al Senato è stato approvato un emendamento (ora comma 4-quater dell'articolo 2) volto ad accelerare la realizzazione degli interventi per la salvaguardia della Laguna di Venezia nell'intero territorio comunale e, pertanto, a ripartire, per gli anni dal 2020 al 2024, le risorse di cui al decreto-legge n. 32 del 2019 (il decreto-legge cosiddetto «sblocca cantieri»), già peraltro previste nella legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio per il 2018), per ciascun anno, nel modo seguente: euro 28.225.000 a Venezia; euro 5.666.666,66 a Chioggia; euro 1.775.000 a Cavallino-Treporti; euro 1.166.666,67 ciascuno a Mira e a Jesolo; euro 500.000 ciascuno a Musile di Piave, Campagna Lupia, Codevigo e Quarto d'Altino.
  Il Senato ha altresì approvato un emendamento (ora articolo 2-bis) che concede una tantum (per l'anno 2022) un credito d'imposta nella misura massima del 60 per cento dell'ammontare del canone dovuto per tale anno per le imprese concessionarie sui beni del demanio marittimo e della navigazione interna funzionali all'esercizio dell'attività di trasporto di passeggeri con navi minori in acque lagunari. L'onere finanziario è di 1 milione di euro per il 2022.
  Circa la quantificazione e la copertura finanziaria degli articoli 1 e 2, l'articolo 5 ravvisa le necessità finanziarie in complessivi 229,5 milioni di euro, secondo le modifiche apportate al Senato, così ripartiti negli anni: 42 milioni di euro per l'anno Pag. 62021, 40,5 milioni per il 2022, 15 milioni per il 2023, 42 milioni per il 2024, 55 milioni per il 2025; 35 milioni per il 2026. Il medesimo articolo 5 dispone che vi si provveda in parte sul FISPE (Fondo interventi strutturali di politica economica); in parte sul Fondo per esigenze indifferibili; e in parte riducendo lo stanziamento del Fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2021-2023, nell'ambito del programma Fondi di riserva e speciali, della missione «Fondi da ripartire», a seconda degli anni, sugli stati di previsione del MEF, del MIC, del MIMS e del Ministero del lavoro.
  Per ulteriori e più specifici ragguagli, rinvia alla documentazione predisposta dagli uffici.
  Per gli altri articoli, che concernono misure di sostegno al lavoro e all'impresa, lascia la parola alla collega Murelli, dell'XI Commissione.

  Elena MURELLI (LEGA), relatrice per la XI Commissione, con riferimento alle disposizioni di competenza della XI Commissione, segnala che l'articolo 3 consente alle imprese con un numero di lavoratori dipendenti non inferiore a mille, che gestiscono almeno uno stabilimento industriale di interesse strategico nazionale, di accedere al trattamento di integrazione salariale con causale COVID-19 per una durata massima di ulteriori tredici settimane, fruibili fino al 31 dicembre 2021, nel limite di spesa di 21,4 milioni di euro nel 2021. Al riguardo, ricorda che per i trattamenti ordinari di integrazione salariale con causale COVID-19, che presuppongono la sospensione o la riduzione dell'attività lavorativa per eventi riconducibili all'emergenza epidemiologica, non è dovuto da parte del datore di lavoro alcun contributo addizionale. Ai sensi del comma 2, la fruizione del beneficio è condizionata alla preclusione per il medesimo periodo dell'avvio delle procedure di licenziamento collettivo e dei licenziamenti per giustificato motivo oggettivo. Per i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo sono altresì sospese le procedure in corso. Le preclusioni e le sospensioni non si applicano nei casi di cessazione dell'attività di impresa, di fallimento e di contratto collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro. In tale ultimo caso, come precisato dal comma 3, ai lavoratori spetta l'indennità di disoccupazione NASpI. Alla copertura degli oneri derivanti dal provvedimento, si provvede riducendo in misura corrispondente il Fondo sociale per occupazione e formazione. Come precisato dalla relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione, la norma interessa circa 4.000 lavoratori dipendenti da ILVA-Arcelor Mittal. Le modalità attuative della disposizione sono individuate dalla circolare INPS n. 125 del 9 agosto 2021.
  Il comma 4-bis reca l'autorizzazione all'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa Spa – Invitalia a sottoscrivere ulteriori apporti di capitale e ad erogare finanziamenti in conto soci, nel limite massimo di 705 milioni di euro, per assicurare la continuità del funzionamento produttivo dell'impianto siderurgico di Taranto della società ILVA Spa. Si segnala, in particolare, che la norma precisa che gli accordi sottoscritti da Invitalia per assicurare la continuità del funzionamento dell'impianto siderurgico rientrano tra le operazioni finanziarie a sostegno delle imprese e dell'occupazione, anche nel Mezzogiorno, disciplinate dall'articolo 1, comma 1, del decreto-legge n. 142 del 2019, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 5 del 2020. Agli oneri derivanti dalla disposizione si provvede a valere sulle risorse disponibili in conto residui destinate originariamente alla costituzione di una società di trasporto aereo, controllata direttamente dallo Stato o da una società a prevalente partecipazione pubblica, anche indiretta.
  Fa presente, poi, che la società Invitalia è, inoltre, autorizzata alla costituzione di una società, con capitale sociale determinato entro un limite massimo pari a 70 milioni di euro, al fine di condurre le analisi di fattibilità finalizzate alla realizzazione e alla gestione di un impianto per la produzione del cosiddetto acciaio preridotto. Alla società in questione non si applica Pag. 7 la disciplina sulle società a partecipazione pubblica, di cui al testo unico in materia di società a partecipazione pubblica di cui al decreto legislativo n. 175 del 2016.
  Rileva che l'articolo 3-bis, introdotto nel corso dell'esame presso il Senato della Repubblica, prevede la destinazione di 10 milioni di euro per l'anno 2021, nell'ambito delle risorse già stanziate per il programma denominato «Garanzia di occupabilità dei lavoratori» (GOL), in favore dell'accesso ai servizi di supporto per la ricollocazione professionale dei lavoratori dipendenti di aziende che siano state poste in procedura fallimentare o in amministrazione straordinaria o che siano stati collocati in cassa integrazione guadagni straordinaria per cessazione dell'attività aziendale. La definizione delle modalità attuative della disposizione è demandata a un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro trenta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
  Segnala, poi, che l'articolo 3-ter, anch'esso introdotto nel corso dell'esame presso l'altro ramo del Parlamento, reca norme di interpretazione autentica della disciplina legislativa contenuta nella legge n. 199 del 2016 relativa agli accordi provinciali di riallineamento retributivo nel settore agricolo e ai relativi accordi aziendali di recepimento. In primo luogo, ai fini dell'accertamento della rappresentatività datoriale, il comma 1 prevede che il requisito della sottoscrizione con le stesse parti degli accordi aziendali di recepimento dei programmi di riallineamento si intenda soddisfatto anche qualora tali accordi aziendali siano sottoscritti dalla sola associazione imprenditoriale cui è iscritta l'azienda interessata e firmataria dell'accordo provinciale di riallineamento. Il comma 2 chiarisce che i medesimi accordi aziendali, purché sottoscritti entro il termine vigente del 17 ottobre 2001, possono recare anche un iniziale periodo di parziale riallineamento, con successiva integrazione anche dopo tale data, per la prosecuzione del riallineamento retributivo, da parte di un accordo sottoscritto prima dell'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Si specifica inoltre che il regime sanzionatorio si applica esclusivamente con riferimento a eventuali periodi non coperti dagli accordi aziendali di recepimento. Agli oneri derivanti dalla norma, pari a 0,9 milioni di euro per l'anno 2021 in termini di saldo netto da finanziare e a 1,3 milioni di euro per il medesimo esercizio in termini di fabbisogno e di indebitamento netto, si provvede mediante riduzione, per 1,3 milioni di euro per l'anno 2021, del Fondo sociale per occupazione e formazione.
  Osserva che l'articolo 4, non modificato nel corso dell'esame presso l'altro ramo del Parlamento, reca novelle all'articolo 43-bis del decreto-legge n. 109 del 2018, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 130 del 2018, al fine di prorogare al 2022 l'efficacia della disposizione che, per gli anni 2020 e 2021, ha previsto l'esonero dal pagamento delle quote di accantonamento del trattamento di fin rapporto relative alla retribuzione persa a causa della riduzione oraria o della sospensione dal lavoro e del contributo di licenziamento per le società sottoposte a procedura fallimentare o in amministrazione straordinaria che abbiano usufruito nell'anno precedente a quello di riferimento di un trattamento straordinario di integrazione salariale, ai sensi dell'articolo 44 del decreto-legge n. 109 del 2018. Tale trattamento è riconosciuto in presenza di accordi stipulati in sede governativa e in deroga ai limiti generali di durata dei trattamenti di integrazione salariale, nei casi in cui sia cessata l'attività produttiva dell'azienda e sussistano concrete prospettive di cessione dell'attività con conseguente riassorbimento occupazionale, oppure sia possibile realizzare interventi di reindustrializzazione del sito produttivo o specifici percorsi di politica attiva del lavoro, posti in essere dalla regione interessata. L'estensione temporale in oggetto è concessa nel limite di spesa complessivo di 16 milioni di euro per l'anno 2022, con oneri a carico del Fondo sociale per occupazione e formazione. Segnala, infine, che dalla relazione tecnica risulta Pag. 8che i lavoratori potenzialmente interessati dalla disposizione sono circa 3.000.

  Romina MURA, presidente, non essendoci richieste di intervento, dichiara concluso l'esame preliminare del provvedimento.
  Ricordato che il termine per la presentazione delle proposte emendative è fissato alle ore 17 di domani, martedì 7 settembre, rinvia il seguito dell'esame del provvedimento alla seduta convocata per le ore 9.10 della giornata di mercoledì 8 settembre.

  La seduta termina alle 15.25.