CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 4 agosto 2021
640.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
Pag. 12

SEDE CONSULTIVA

  Mercoledì 4 agosto 2021. — Presidenza del presidente Mario PERANTONI. – Interviene, in videoconferenza, il sottosegretario di Stato per la giustizia, Francesco Paolo Sisto.

  La seduta comincia alle 16.15.

Sui lavori della Commissioni.

  Mario PERANTONI, presidente, avverte che poiché nella odierna seduta in sede consultiva e in quella in sede referente limitatamente all'ordine del giorno per il quale non sono previste votazioni, ai deputati è consentita la partecipazione da remoto, in videoconferenza, secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento nelle riunioni del 4 novembre 2020.

  Gianluca VINCI (FDI), intervenendo sull'ordine dei lavori, con riguardo a tema del green pass, precisa che il Gruppo di Fratelli d'Italia vorrebbe avere indicazioni in relazione ad una programmazione precisa delle misure di contenimento della pandemia, Pag. 13che consentano una ripresa stabile e che impediscano la sospensione delle attività anche in caso di ripresa del contagio. Sollecita pertanto la messa in campo di tutti gli strumenti necessari tra i quali l'igienizzazione degli ambienti, il distanziamento sociale, l'utilizzo di mascherine, allo scopo di evitare ulteriori sospensioni.

  Mario PERANTONI, presidente, rileva che l'intervento del collega Vinci non riguarda l'ordine dei lavori ma il merito del provvedimento il cui esame non è stato ancora formalmente avviato dalla Commissione.

DL 105/2021: Misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 e per l'esercizio in sicurezza di attività sociali ed economiche.
C. 3223 Governo.
(Parere alla XII Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione avvia l'esame del provvedimento in titolo.

  Carla GIULIANO (M5S), relatrice, fa presente che la Commissione è chiamata ad esaminare, ai fini dell'espressione del prescritto parere alla Commissione Affari sociali, il disegno di legge C. 3223 di conversione in legge del decreto-legge 23 luglio 2021, n. 105, recante misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 e per l'esercizio in sicurezza di attività sociali ed economiche.
  Segnala preliminarmente che il decreto-legge in esame si pone in rapporto di successione e consequenzialità rispetto ad una serie normativa di decreti-legge che ha posto misure restrittive a fini di contenimento dell'epidemia da Covid-19, a partire dal marzo 2020. Il quadro degli interventi necessari a fronteggiare l'emergenza derivante dalla diffusione della pandemia è stato infatti definito in primo luogo da un insieme di decreti-legge che stabiliscono la cornice ordinamentale delle misure adottabili per la gestione dell'emergenza (in particolare i decreti-legge n. 19 del 2020 e n. 33 del 2020, come successivamente integrati e modificati) e di decreti del Presidente del Consiglio dei ministri che attuano le disposizioni dei decreti-legge, modulandole in relazione all'andamento epidemiologico.
  Nel rinviare alla documentazione predisposta dagli uffici per una dettagliata descrizione dei contenuti del provvedimento, composto da 14 articoli ed un allegato, in questa sede, si sofferma in particolare sui profili di competenza della Commissione Giustizia.
  Segnala in primo luogo che l'articolo 1 del decreto-legge in esame, in considerazione del rischio sanitario connesso al protrarsi della diffusione degli agenti virali da COVID-19, proroga al 31 dicembre 2021 lo stato di emergenza nazionale e detta una serie di misure urgenti allo scopo di fronteggiare l'attuale fase di emergenza epidemiologica nonché per consentire l'esercizio in sicurezza di attività sociali ed economiche. La proroga è collegata a quella disposta al successivo articolo 2 che estende al 31 dicembre 2021 la possibilità di adottare provvedimenti di contenimento dell'emergenza all'interno della cornice normativa fissata dai decreti-legge n. 19 del 2020, con riferimento alla tipizzazione delle misure restrittive, e n. 33 del 2020, con riferimento alla definizione delle specifiche aree del territorio nazionale su cui applicare tali misure, corrispondentemente a specifici parametri in base ai quali valutare l'evolversi dei dati epidemiologici. Il comma 2 dell'articolo 2 dispone inoltre una serie di modifiche all'articolo 1 del sopra richiamato decreto-legge n. 33 del 2020, al fine di aggiornare i parametri in base ai quali si determina il colore delle regioni per l'applicazione di misure differenziate rispetto a quelle valide per la generalità del territorio nazionale tenendo conto – anche questa volta, ma a percentuali modificate rispetto alla normativa previgente di seguito esaminata – del parametro dell'incidenza dei contagi rispetto alla popolazione complessiva e del tasso di occupazione dei posti letto in area medica e in terapia intensiva.
  L'articolo 3, comma 1, inserendo l'articolo 9-bis nel decreto-legge n. 52 del 2021 opera, con efficacia dal 6 agosto 2021, una Pag. 14revisione dei fini e degli ambiti per i quali è richiesta la certificazione verde COVID-19. In particolare, viene subordinato al possesso di una certificazione verde COVID-19, in corso di validità, l'accesso ai seguenti servizi e ambiti: servizi di ristorazione svolti da qualsiasi esercizio per il consumo al tavolo, se al chiuso; spettacoli aperti al pubblico, eventi e competizioni sportivi; musei, altri istituti e luoghi della cultura (costituiti oltre che dai musei dalle biblioteche, dagli archivi, dalle aree o parchi archeologici, dai complessi monumentali) e mostre; piscine, centri natatori, palestre, sport di squadra, centri benessere, anche se ubicati all'interno di strutture ricettive e, in ogni caso, limitatamente alle attività al chiuso; sagre, fiere, convegni e congressi; centri termali, parchi tematici e di divertimento; centri culturali e centri sociali e ricreativi, limitatamente alle attività al chiuso e con esclusione dei centri educativi per l'infanzia; quest'ultima esclusione comprende anche i centri estivi e le attività di ristorazione inerenti ai medesimi centri educativi; attività di sale gioco, sale scommesse, sale bingo e casinò (anche se svolte all'interno di locali adibiti ad attività differente); concorsi pubblici.
  Come previsto dal comma 2 del nuovo articolo 9-bis, le nuove disposizioni si applicano nell'intero territorio nazionale, non soltanto in zona bianca, ma anche in zona arancione e rossa, laddove i servizi e le attività citati siano consentiti alle condizioni previste per le singole zone.
  Ai sensi del comma 3, dalle nuove disposizioni sono esclusi i soggetti che in ragione dell'età non rientrino nella campagna vaccinale contro il COVID-19 e quelli per i quali un'idonea certificazione medica attesti l'incompatibilità della vaccinazione in oggetto con il proprio stato di salute. Viene demandata ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato di concerto con i Ministri della salute, per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale e dell'economia e delle finanze, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, l'individuazione delle specifiche tecniche per la gestione in modalità digitale delle certificazioni in esame, al fine di assicurare, contestualmente alla verifica digitale, la protezione dei dati personali in esse contenuti. Nelle more dell'emanazione di tale decreto, possono essere utilizzate le certificazioni in formato cartaceo. Il comma 4 dell'articolo 9-bis stabilisce che i titolari o i gestori dei servizi e delle attività sono tenuti a verificare che l'accesso ai medesimi servizi e attività avvenga nel rispetto delle suddette nuove disposizioni. Il Ministro della salute, con propria ordinanza, può definire eventuali misure necessarie in fase di attuazione delle norme. Vengono poi dettate dal comma 2 dell'articolo 3 del decreto-legge in esame alcune norme di coordinamento delle disposizioni introdotte con l'articolo 9 del citato decreto-legge n. 52 del 2021, in materia di certificazioni verdi-COVID-19.
  Con specifico riguardo ai profili di competenza della Commissione Giustizia, segnala che la lettera f) del comma 1 dell'articolo 4 stabilisce la disciplina sanzionatoria per la violazione dei nuovi obblighi in materia di impiego delle certificazioni verdi Covid-19, introdotti dall'articolo 3 del provvedimento in esame. Più nel dettaglio la lettera f), numero 1, modifica il comma 1 dell'articolo 13 del decreto-legge n. 52 del 2021, recante misure urgenti per la graduale ripresa delle attività economiche e sociali nel rispetto delle esigenze di contenimento della diffusione dell'epidemia da COVID-19 al fine di estendere l'ambito di applicazione della disciplina sanzionatoria ivi prevista anche ai nuovi obblighi testè introdotti.
  Rammenta a tale proposito che l'articolo 13 del decreto-legge n. 52 del 2021 reca la disciplina sanzionatoria delle violazioni e prevede tanto sanzioni amministrative pecuniarie, per la violazione delle disposizioni sul contenimento del contagio, quanto sanzioni penali, per le falsità in atti relative alle certificazioni verdi COVID-19. In particolare si prevede che alle condotte di violazione delle misure di contenimento del contagio si applichi l'articolo 4 del decreto-legge n. 19 del 2020. Tale articolo, al comma 1, prevede infatti che, salvo che il fatto costituisca reato, chiunque violi le misure di contenimento previste dal decreto Pag. 15 del Presidente del consiglio dei ministri, da ordinanze del Ministro della salute o da provvedimenti delle regioni, nonché da atti posti in essere per ragioni di sanità in forza di poteri attribuiti dalla legge, sia soggetto alla sanzione amministrava pecuniaria del pagamento di una somma da 400 a 1.000 euro. La sanzione è aumentata fino a un terzo (da 533 a 1.333 euro) se la violazione avviene con l'utilizzo di un veicolo. In base al comma 2 del medesimo articolo 4 del decreto-legge n. 19 del 2020, si applica altresì la sanzione amministrativa accessoria della chiusura dell'esercizio o dell'attività da 5 a 30 giorni per le violazioni che riguardano specifiche attività ricreative, commerciali o professionali. All'atto dell'accertamento delle violazioni di cui al comma 2, l'organo accertatore può disporre subito, in via cautelare, e per un periodo non superiore a 5 giorni, la chiusura provvisoria dell'attività o dell'esercizio, «ove necessario per impedire la prosecuzione o la reiterazione della violazione». Tali giorni di chiusura saranno poi scomputati dalla sanzione accessoria effettivamente irrogata (comma 4). Ai sensi del comma 5, se l'illecito amministrativo è reiterato, la sanzione amministrativa pecuniaria è raddoppiata (da 800 a 2.000 euro) e la sanzione accessoria interdittiva è applicata nella misura massima (30 giorni). Secondo la formulazione testuale, la sanzione aggravata è prevista «in caso di reiterata violazione della disposizione di cui al comma 1».
  La lettera f) del comma 1 dell'articolo 4, al numero 1, aggiungendo un ulteriore periodo all'articolo 13 del decreto-legge n. 52, introduce l'ulteriore sanzione accessoria della chiusura dell'esercizio o dell'attività da uno a dieci giorni che ricorre nel caso in cui il titolare o il gestore dell'esercizio o della attività abbia violato reiteratamente (dopo due violazioni commesse in giornate diverse) l'obbligo di verificare che l'accesso ai servizi e alle attività avvenga nel rispetto delle prescrizioni.
  Il numero 2 della medesima lettera f) interviene sul comma 2 dell'articolo 13 del decreto-legge n. 52 precisando che le sanzioni penali trovano applicazione con riguardo alle condotte aventi ad oggetto le certificazioni verdi COVID-19 in formato digitale o analogico. In particolare, quando per attestare una condizione di avvenuta vaccinazione, di avvenuta guarigione o di effettuazione di un test dall'esito negativo, saranno commesse condotte di contraffazione o alterazione di documenti, anche informatici, sarà attestato il falso o sarà semplicemente usato un atto falso, troveranno applicazione, a seconda dei diversi casi, le pene previste dai seguenti articoli del codice penale (articolo 476 c.p., Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici; articolo 477 c.p., Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in certificati o autorizzazioni amministrative; articolo 479 c.p., Falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici; articolo 480 c.p., Falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in certificati o in autorizzazioni amministrative; articolo 481 c.p., Falsità ideologica in certificati commessa da persone esercenti un servizio di pubblica necessità; articolo 482 c.p., Falsità materiale commessa dal privati; articolo 489 c.p., Uso di atto).
  L'articolo 6 proroga fino al 31 dicembre 2021 i termini delle disposizioni legislative di cui all'allegato A del decreto-legge in esame. Si prevede che all'attuazione delle disposizioni legislative in oggetto si provveda con le risorse disponibili autorizzate a legislazione vigente.
  Con riguardo ai profili di competenza della Commissione Giustizia, segnala a tale proposito che: il numero 1 dell'allegato A, che proroga ulteriormente dal 31 luglio 2021 l'efficacia delle disposizioni recate dall'articolo 17-bis, commi 1 e 6, del decreto-legge n. 18 del 2020 relative al trattamento dei dati personali necessari all'espletamento delle funzioni attribuite nell'ambito dell'emergenza epidemiologica; il numero 4 dell'allegato A che proroga ulteriormente (dal 31 luglio 2021) l'efficacia delle disposizioni previste per assicurare la sicurezza e la funzionalità dello svolgimento delle diverse attività istituzionali della Corte dei conti nel rispetto delle misure di prevenzione e contrasto alla diffusione del COVID-19; il numero 7 dell'allegato A che proroga Pag. 16le disposizioni di cui all'articolo 106, comma 7, del decreto-legge n. 18 del 2020 applicabili alle assemblee sociali tenute entro il 31 dicembre 2021; il numero 11 dell'allegato A che proroga ulteriormente (dal 31 luglio 2021) l'efficacia delle disposizioni recate l'articolo 6, comma 4, del decreto-legge n. 22 del 2020, in materia di svolgimento degli esami di Stato di abilitazione all'esercizio delle professioni e dei tirocini professionalizzanti e curriculari con riguardo ad alcune professioni; il numero 19 dell'allegato A, che, in luogo del termine del 31 luglio 2021 finora previsto, proroga la disciplina che consente nel processo tributario lo svolgimento delle udienze pubbliche e camerali e delle camere di consiglio con collegamento da remoto, previa autorizzazione, con decreto motivato, del presidente della Commissione tributaria provinciale o regionale; il numero 20 dell'allegato A che proroga – in luogo del termine del 31 luglio 2021 finora previsto – la disciplina che consente di concedere al condannato ammesso al regime di semilibertà licenze di durata superiore nel complesso ai 45 giorni l'anno (previsti dall'articolo 52 OP), salvo che il magistrato di sorveglianza ravvisi gravi motivi ostativi alla concessione della misura. Le disposizioni richiamate dal numero 20 dell'Allegato A sono quelle di cui all'articolo 28 del decreto-legge n. 137 del 2020 prorogate sino al 31 luglio 2021 dall'articolo 11-quaterdecies del decreto-legge n. 52 del 2021; il numero 21 dell'allegato A che proroga – in luogo del termine del 31 luglio 2021 finora previsto – la disciplina che consente di concedere ai condannati permessi premio, anche in deroga ai limiti temporali previsti dalla disciplina vigente (articolo 30-ter dell'ordinamento penitenziario). La previsione resta inapplicabile ai soggetti condannati per una serie di gravi delitti; il numero 22 dell'allegato A che proroga – in luogo del termine del 31 luglio 2021 finora previsto – la disciplina che consente di eseguire la pena detentiva non superiore a 18 mesi, anche se parte residua di maggior pena, presso il domicilio, in deroga alla legge n. 199 del 2010, salve eccezioni per alcune categorie di reati o di condannati. L'esecuzione domiciliare si accompagna all'applicazione di procedure di controllo mediante i cosiddetti braccialetti elettronici. Si tratta della proroga delle disposizioni di cui all'articolo 30 del decreto-legge n. 137 del 2020, già prorogate sino al 31 luglio 2021 dall'articolo 11-quaterdecies del decreto-legge n. 52 del 202. Segnala inoltre che l'articolo 7, volto a prorogare, dal 31 luglio 2021 al 31 dicembre 2021, l'efficacia delle disposizioni speciali che disciplinano l'esercizio dell'attività giurisdizionale durante l'emergenza sanitaria. Si tratta di previsioni relative allo svolgimento dei processi civili e penali nonché (per il richiamo dell'articolo 23, comma 10 del decreto-legge n. 137 del 2020) dei procedimenti relativi agli arbitrati rituali e alla magistratura militare. Una disposizione transitoria esclude l'applicabilità di specifici profili della disciplina emergenziale alle udienze civili e penali già fissate per la trattazione tra il 1° agosto e il 30 settembre 2021. In particolare, in base al comma 1, per quanto riguarda il processo civile, continueranno ad applicarsi fino alla fine dell'anno le seguenti disposizioni: articolo 221, comma 3, del decreto-legge n. 34 del 2020, in base al quale è obbligatorio deposito telematico da parte del difensore di ogni atto e dei documenti che si offrono in comunicazione, con riguardo ai procedimenti civili, contenziosi e di volontaria giurisdizione; ciò evidentemente solo negli uffici che hanno già la disponibilità del servizio di deposito telematico. In relazione alle medesime controversie, gli obblighi di pagamento del contributo unificato, nonché l'anticipazione forfettaria, connessi al deposito degli atti con le modalità telematiche, sono assolti con sistemi telematici di pagamento. Resta ferma la possibilità, per il capo dell'ufficio, di autorizzare il deposito con modalità non telematica quando i sistemi informatici del dominio giustizia non siano funzionanti e sussista un'indifferibile urgenza; articolo 221, comma 4, del decreto-legge n. 34 del 2020, ai sensi del quale le udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti (e dunque quando non siano essenziali le parti) possono essere sostituite dal Pag. 17deposito telematico di note scritte. In particolare, la disposizione prorogata prevede la possibilità di procedere con lo scambio e il deposito telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni e la successiva adozione fuori udienza del provvedimento del giudice. Sono scanditi i tempi della comunicazione da parte del giudice delle modalità telematiche ed è data possibilità alle parti di chiedere comunque la trattazione orale; articolo 221, comma 5, del decreto-legge n. 34 del 2020, che prevede la possibilità di procedere al deposito telematico di atti e documenti da parte degli avvocati nei procedimenti civili innanzi alla Corte di Cassazione e conseguentemente di assolvere all'obbligo di pagamento del contributo unificato con modalità telematiche; articolo 221, commi 6 e 7, del decreto-legge n. 34 del 2020, in base ai quali è possibile la partecipazione da remoto alle udienze civili dei difensori e delle parti su loro richiesta e sono disciplinate le conseguenti modalità di partecipazione (postazioni, contraddittorio, termine per il deposito dell'istanza, comunicazione alle parti delle modalità del collegamento, verbalizzazione). È inoltre possibile la trattazione da remoto dell'udienza civile, con il consenso delle parti, quando non debbano presenziarvi soggetti diversi dai difensori, dalle parti e dagli ausiliari del giudice. L'udienza è tenuta con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l'effettiva partecipazione delle parti. Prima dell'udienza il giudice dispone la comunicazione ai procuratori delle parti e al pubblico ministero, se è prevista la sua partecipazione, del giorno, dell'ora e delle modalità del collegamento; articolo 221, comma 8, del decreto-legge n. 34 del 2020, in base al quale il consulente tecnico d'ufficio può giurare in forma scritta e con deposito telematico, in alternativa al giuramento in udienza pubblica; articolo 23, comma 6, del decreto-legge n. 137 del 2020, in forza del quale le udienze civili in materia di separazione consensuale dei coniugi e di revisione delle condizioni di divorzio possono essere sostituite dal deposito telematico di note scritte. Affinché ciò sia possibile, la disposizione richiede che le parti: rinuncino espressamente all'udienza almeno 15 giorni prima della data fissata per il suo svolgimento; confermino le conclusioni rassegnate nel ricorso; confermino di non aver intenzione di giungere a una conciliazione; articolo 23, comma 7. del decreto-legge n. 137 del 2020, che prevede la possibilità per Il giudice di partecipare alle udienze da remoto collegandosi da un luogo diverso dall'ufficio giudiziario. Per quanto la formulazione della disposizione deroghi a una norma relativa alle udienze civili, si ritiene che essa sia riferibile alle udienze da remoto sia civili che penali; articolo 23, comma 8-bis (primo, secondo, terzo e quarto periodo), del decreto-legge n. 137 del 2020, che disciplina il c.d. giudizio cartolare in Cassazione consentendo la trattazione in camera di consiglio, senza l'intervento del procuratore generale e dei difensori delle parti, salvo che la discussione orale sia espressamente richiesta, dei ricorsi civili proposti in Cassazione per la trattazione in pubblica udienza. La richiesta di discussione orale deve essere formulata per iscritto almeno 25 giorni prima dell'udienza e deve essere trasmessa alla cancelleria a mezzo di posta elettronica certificata. In assenza di tale richiesta, dunque, la trattazione avviene per tabulas nel rispetto di specifiche scansioni temporali; articolo 23, comma 9, del decreto-legge n. 137 del 2020 che consente di assumere mediante collegamenti da remoto le deliberazioni collegiali in camera di consiglio, considerando il luogo dal quale si collega il giudice, qualunque esso sia, camera di consiglio a tutti gli effetti di legge; articolo 23, comma 9-bis, del decreto-legge n. 137 del 2020 in base al quale il cancelliere può rilasciare in forma di documento informatico la formula esecutiva dei titoli giudiziali (articolo 475 c.p.c.), previa istanza da depositarsi sempre con modalità telematica. Per quanto riguarda il processo penale, il comma 1 dell'articolo 7 proroga fino al 31 dicembre 2021 l'efficacia delle seguenti disposizioni: articolo 23, comma 2, del decreto-legge n. 137 del 2020, in base al quale alcuni atti delle indagini preliminari possono essere compiuti tramite collegamenti da remoto. In particolare, il pubblico ministero e la polizia giudiziaria Pag. 18 possono avvalersi di tali collegamenti per compiere atti che richiedono la partecipazione dell'indagato, della persona offesa, del difensore, di consulenti, di esperti o di altre persone, nei casi in cui la presenza fisica di costoro metta a rischio le esigenze di contenimento della diffusione del virus COVID-19. Il giudice può procedere, mediante i suddetti collegamenti da remoto anche all'interrogatorio della persona sottoposta a misura cautelare personale. L'individuazione e regolazione dei collegamenti da remoto è rimessa ad un provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia; articolo 23, comma 8, del decreto-legge n. 137 del 2020, che prevede la trattazione in camera di consiglio, con modalità da remoto, dei procedimenti penali in Cassazione, senza l'intervento del procuratore generale e dei difensori delle altre parti, salvo che il ricorrente richieda espressamente la discussione orale (primo periodo). La richiesta di discussione orale deve venire dal difensore abilitato al patrocinio in Cassazione almeno 25 giorni prima dell'udienza e deve essere trasmessa alla cancelleria a mezzo di posta elettronica certificata. In assenza di tale richiesta, la trattazione avviene per tabulas (quinto periodo). Entro i 15 giorni che precedono l'udienza, il procuratore generale formula le sue richieste, spedendole alla cancelleria della Corte per posta elettronica certificata (secondo periodo); la cancelleria inoltra tali richieste, con posta elettronica certificata, ai difensori delle altre parti; entro i 5 giorni che precedono l'udienza, i difensori delle parti possono formulare e inviare, per posta elettronica certificata, le proprie conclusioni (terzo periodo); la Corte può deliberare da remoto e non si applica l'articolo 615 c.p.p. sulla lettura del dispositivo in udienza (quarto periodo). Il dispositivo è comunicato alle parti; articolo 23, comma 9, del decreto-legge n. 137 del 2020, che consente di assumere mediante collegamenti da remoto le deliberazioni collegiali in camera di consiglio, considerando il luogo dal quale si collega il giudice, qualunque esso sia, camera di consiglio a tutti gli effetti di legge confermando il divieto di svolgimento da remoto delle udienze di discussione finale; articolo 23-bis, commi da 1 a 4, del decreto-legge n. 137 del 2020, in base al quale nel giudizio penale di appello la decisione può essere assunta sulla base di un giudizio cartolare, che si svolge in camera di consiglio, con modalità da remoto e senza la partecipazione di PM e difensori delle parti. Le modalità semplificate di trattazione non si applicano in caso di rinnovazione dibattimentale e quando le parti facciano richiesta scritta di trattazione orale (commi 1, 3 e 4). La disposizione scandisce i termini per la formulazione delle richieste da parte del PM e per gli adempimenti della cancelleria e dei difensori (comma 2); articolo 23-bis, comma 7, del decreto-legge n. 137 del 2020, in base al quale il procedimento semplificato – giudizio cartolare, che si svolge in camera di consiglio, con modalità da remoto e senza la partecipazione di PM e difensori delle parti – si applica anche ai procedimenti di impugnazione dei provvedimenti di applicazione di misure di prevenzione personali (articolo 10 del decreto legislativo n. 159 del 2011) e patrimoniali (articolo 27 del decreto legislativo n. 159 del 2011); articolo 24 del decreto-legge n. 137 del 2020 che prevede misure di semplificazione per le attività di deposito di atti, documenti e istanze nella fase del processo penale inerente alla chiusura delle indagini preliminari (articolo 415-bis c.p.p.), stabilendo che lo stesso avvenga esclusivamente mediante il portale del processo penale telematico. Il deposito si considera tempestivo quando è eseguito entro le ore 24 del giorno di scadenza. Per tutti gli altri atti, documenti e istanze viene consentito il deposito con valore legale tramite PEC, presso gli indirizzi PEC degli uffici giudiziari destinatari, indicati in apposito provvedimento, nel quale si individueranno anche le specifiche tecniche relative ai formati degli atti e le ulteriori modalità di invio. È inoltre introdotta una specifica disciplina relativa al deposito tramite PEC degli atti di impugnazione. Sono inoltre prorogate fino al 31 dicembre 2021 le seguenti disposizioni relative ai detenuti: articolo 221, comma 10, del decreto-legge n. 34 del 2020, Pag. 19in forza del quale negli istituti penitenziari e negli istituti penali per minorenni i colloqui dei detenuti, internati e imputati con i congiunti o con altre persone sono svolti a distanza, ove possibile, mediante apparecchiature e collegamenti di cui dispone l'amministrazione penitenziaria e minorile, o mediante corrispondenza telefonica. Questa disposizione, peraltro, si applica solo su richiesta dell'interessato o quando la misura è indispensabile per salvaguardare la salute delle persone detenute o internate; articolo 23, comma 4, del decreto-legge n. 137 del 2020, ai sensi del quale la partecipazione a tutte le udienze di detenuti, internati, persone in stato di custodia cautelare, fermate o arrestate avviene – ove possibile – mediante videoconferenza o collegamenti da remoto, applicate, in quanto compatibili le disposizioni sulla partecipazione del procedimento a distanza di cui all'articolo 146-bis c.p.p.
  È poi prorogato fino al 31 dicembre 2021 l'articolo 23, comma 10, del decreto-legge n. 137 del 2020, in base al quale le disposizioni che regolano il processo civile e penale nel periodo emergenziale si applicano anche – in quanto compatibili – ai procedimenti relativi agli arbitrati rituali e alla magistratura militare.
  Il comma 2 dell'articolo 7 detta una disciplina transitoria volta ad escludere l'applicazione di alcune disposizioni emergenziali ai procedimenti civili e penali per i quali l'udienza di trattazione sia stata già fissata tra il 1° agosto 2021 e il 30 settembre 2021. In tali casi non troveranno applicazione le previsioni relative a: trattazione in camera di consiglio, con modalità da remoto, dei procedimenti in Cassazione tanto penali quanto civili; trattazione in camera di consiglio, con modalità da remoto, dei giudizi penali di appello; trattazione in camera di consiglio, con modalità da remoto, dei procedimenti di impugnazione dei provvedimenti di applicazione di misure di prevenzione personali e patrimoniali.
  In conclusione, con riferimento alla questione al trattamento dei dati personali, chiede di acquisire il provvedimento di avvertimento in merito ai trattamenti effettuati relativamente alla certificazione verde per COVID-19 prevista dal decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52. Considerata l'ampiezza dei temi affrontati dal provvedimento, essendo presumibile che la votazione del prescritto parere avverrà nella giornata di domani, chiede ai colleghi di farle pervenire eventuali rilievi e osservazioni entro la giornata odierna.

  Ciro MASCHIO (FDI) chiede di sapere se il termine di domani per l'espressione del prescritto parere sia tassativo e soprattutto se sia stato concordato in una qualche sede formale. Considerato che il decreto-legge in esame non sarà convertito prima della imminente pausa estiva, ritiene che la votazione del prescritto parere possa essere rinviata, anche in considerazione del fatto che il provvedimento necessita di uno studio approfondito in ragione della delicatezza e della numerosità degli argomenti affrontati. Nel rilevare che molte sono le questioni oggetto di riflessione anche tra le forze politiche che sostengono la maggioranza, ribadisce che la previsione della votazione del parere nella giornata di domani sarebbe comprensibile soltanto se fosse imminente la discussione del decreto-legge da parte dell'Assemblea. Rileva invece che, come a tutti noto in analogia a quanto avvenuto in occasione della conversione di altri decreti-legge, il provvedimento in esame sarà discusso in Assemblea a distanza di tempo dalla sua adozione e quindi quando verosimilmente la situazione, o per le mutate condizioni sanitarie o per le probabili contraddizioni all'interno della maggioranza, sarà molto diversa da quella attuale. Da ultimo, nel sottolineare che interviene sull'ordine dei lavori, e non sul merito del provvedimento, si riserva successivamente di approfondire tutti gli aspetti relativi al contenuto dello stesso.

  Mario PERANTONI (M5S), presidente, nel concordare con il collega Maschio sulla natura del suo intervento, propone, in assenza di obiezioni, di rinviare la decisione circa la data di espressione del parere a una riunione dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, che Pag. 20intende convocare al termine delle sedute previste per la giornata odierna. Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 16.40.

SEDE REFERENTE

  Mercoledì 4 agosto 2021. — Presidenza del presidente Mario PERANTONI. – Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia, Francesco Paolo Sisto.

  La seduta comincia alle 16.40.

Istituzione di corti d'appello e di sezioni distaccate di corti d'appello.
C. 768 Colletti, C. 820 Grimoldi, C. 2054 Perantoni e C. 3213 Turri.
(Esame e rinvio).

  La Commissione avvia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Mario PERANTONI (M5S), presidente, avverte che, come convenuto in sede di Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, la Commissione inizia oggi l'esame delle proposte di legge C. 768 Colletti, C. 820 Grimoldi, C. 2054 Perantoni e C. 3213 Turri recanti istituzioni di corti d'appello e di sezioni distaccate di corti d'appello.

  Andrea COLLETTI (MISTO-L'A.C'È), relatore, intervenendo da remoto, ricorda che le quattro proposte di legge all'esame della Commissione intervengono, con modalità e finalità diverse, sulla geografia giudiziaria di specifiche corti d'appello. In particolare, la proposta di legge Colletti C. 768 mira a istituire, nel distretto di corte d'appello de L'Aquila, la sezione distaccata di Pescara, la proposta di legge Grimoldi C. 820 ad istituire la corte d'appello di Monza, la proposta di legge Perantoni C. 2054 a trasformare l'attuale sezione distaccata della corte di appello di Cagliari, con sede a Sassari, nella corte di appello di Sassari, mentre la proposta di legge Turri C. 3213 ad istituire la corte d'appello di Verona. Rammenta che i distretti di corte d'appello, che sono attualmente 26 (Ancona, Bari, Bologna, Brescia, Cagliari, Caltanissetta, Campobasso, Catania, Catanzaro, Firenze, Genova, L'Aquila, Lecce, Messina, Milano, Napoli, Palermo, Perugia, Potenza, Reggio Calabria, Roma, Salerno, Torino, Trento, Trieste, Venezia) non sono stati coinvolti dalla revisione della geografia giudiziaria del 2012 e che solo 3 distretti di corte d'appello hanno una sezione distaccata (Sassari è sezione distaccata della corte d'appello di Cagliari; Taranto della corte d'appello di Lecce e Bolzano della corte d'appello di Trento).
  Nel passare ad esaminare il contenuto delle singole proposte di legge al nostro esame, fa presente che la proposta di legge a mia prima firma C. 768, recante «Istituzione in Pescara della sezione distaccata della Corte d'appello dell'Aquila» interviene sul distretto di Corte d'appello di L'Aquila. Sottolineo che, quando entrerà in vigore, anche per questo distretto di corte d'appello, la riforma della geografia giudiziaria prevista dal decreto legislativo n. 155 del 2012, i tribunali del distretto di L'Aquila saranno solo Chieti, L'Aquila, Pescara e Teramo, ed i loro circondari coincideranno con il territorio delle rispettive province (ad eccezione del comune di Valle Castellana che, in provincia di Teramo fa invece parte del circondario del tribunale di Ascoli Piceno, corte di appello di Ancona). La proposta di legge C. 768 istituisce, all'interno del distretto di corte d'appello di L'Aquila, la sezione distaccata di Pescara, con giurisdizione sul circondario dei tribunali di Pescara e Chieti (in attesa dell'entrata in vigore della riforma della geografia giudiziaria, la giurisdizione riguarderà i tribunali di Pescara, Chieti, Lanciano e Vasto). Ciò al fine di «avvicinare» la sede della corte d'appello ai cittadini che risiedono sulla costa abruzzese, che al momento soffrono il disagio di dover raggiungere, soprattutto nei mesi invernali, la sede di L'Aquila. In particolare, l'articolo 1 della proposta istituisce la sezione distaccata e demanda a un decreto del Ministro della Pag. 21giustizia il compito di «riorganizzare la competenza territoriale della giurisdizione della sezione distaccata», anche al fine di «potervi includere cause la cui competenza risulta a carico della provincia di Teramo». Analogamente dovrà provvedere il Ministro attribuendo alla sezione distaccata di Pescara del Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo la giurisdizione sui ricorsi attualmente di competenza del TAR con sede a L'Aquila, relativi ad atti della provincia di Teramo. Come detto, la provincia di Teramo corrisponde sostanzialmente al circondario del Tribunale di Teramo che, in base al comma 1 dell'articolo 1, dovrebbe continuare a fare riferimento alla sede di corte d'appello di L'Aquila. Gli articoli 2 e 3 demandano ad un decreto del Ministro della giustizia sia il compito di determinare l'organico della nuova sezione distaccata di corte d'appello che quello di definire la data di entrata in funzione della suddetta sezione; entrambi gli adempimenti dovranno essere effettuati entro 6 mesi dall'entrata in vigore della legge. L'articolo 4 contiene la disciplina transitoria relativa alla trattazione di controversie civili e penali già pendenti al momento dell'entrata in vigore della riforma, anche con riferimento alle questioni devolute al tribunale per i minorenni che, a norma dell'articolo 49 dell'ordinamento giudiziario, prevede un tribunale per i minorenni in ogni sede di corte d'appello o di sezione distaccata di corte di appello.
  Per quanto concerne la proposta di legge Grimoldi C. 820, fa presente che la stessa interviene sul distretto di corte d'appello di Milano, per creare la nuova corte d'appello di Monza. Ricorda che, attualmente, nel territorio della regione Lombardia insistono due distretti di corte d'appello: quello di Brescia, al quale appartengono i circondari dei tribunali di Bergamo, Brescia, Cremona e Mantova e quello di Milano, articolato nei circondari di tribunale di Busto Arsizio, Como, Lecco, Lodi, Milano, Monza, Pavia, Sondrio e Varese. In considerazione dell'elevata popolazione del distretto di Milano, e del conseguente elevato contenzioso, la proposta di legge sottrae alla corte d'appello di Milano la giurisdizione sui tribunali di Monza, Lecco Como e Sondrio, collocati nel quadrante nord-est della regione Lombardia, per ricondurli alla nuova corte d'appello di Monza. In particolare, l'articolo 1 istituisce la corte d'appello e ne delinea la giurisdizione, demandando a un decreto del Ministro della giustizia il compito di apportare le conseguenti variazioni alle tabelle allegate all'ordinamento giudiziario. Gli articoli 2 e 3 demandano, altresì, al Ministro della giustizia, entro 6 mesi dall'entrata in vigore della legge, il compito di determinare l'organico della nuova corte d'appello e di stabilire la data di inizio funzionamento della nuova corte d'appello. L'articolo 4 delinea la disciplina transitoria, escludendo il transito alla competenza della nuova corte d'appello per le controversie civili nelle quali siano già state precisate le conclusioni e per i procedimenti penali per i quali sia stato emesso il decreto che dispone il giudizio.
  Con riferimento alla proposta di legge Perantoni C. 2054, fa presente che la stessa interviene sul distretto di corte d'appello di Cagliari. Attualmente l'ambito territoriale della regione Sardegna coincide con il distretto di corte d'appello di Cagliari. Per effetto della legge n. 219 del 1990 in tale corte d'appello è stata istituita la sezione distaccata di Sassari, con giurisdizione sui circondari dei tribunali di Sassari, Nuoro e Tempio Pausania. La stessa legge del 1990 ha altresì istituito a Sassari una sezione della corte d'appello di Cagliari in funzione di corte d'assise d'appello, nella cui circoscrizione sono compresi i circoli della corte d'assise di Sassari e della corte d'assise di Nuoro (quest'ultima istituita dalla legge n. 199 del 1983). Rammenta, inoltre, che la revisione della geografia giudiziaria di cui al decreto legislativo n. 155 del 2012 ha comportato in Sardegna la soppressione di tutte le sezioni distaccate di tribunale e di molti uffici del giudice di pace. La proposta di legge, che si compone di 3 articoli, mira a trasformare l'attuale sezione distaccata della corte di appello di Cagliari, con sede a Sassari e giurisdizione sui circondari dei tribunali di Nuoro, Sassari e Tempio Pausania, nella corte di appello di Sassari, con giurisdizione sui medesimi tribunali. In particolare, Pag. 22 l'articolo 1 della proposta istituisce a Sassari la procura generale della Repubblica presso la corte di appello e la corte di assise di appello (con giurisdizione sui circoli della corte d'assise di Sassari e Nuoro), e provvede alla determinazione delle piante organiche del personale di magistratura e amministrativo mutuandole dall'attuale dotazione della sezione distaccata. Senza soluzione di continuità, è previsto che i procedimenti pendenti presso la sezione distaccata di Sassari proseguano dinanzi ai medesimi magistrati, per essere definiti dalla corte d'appello di Sassari. A conferma della sostanziale invarianza della geografia giudiziaria, l'articolo 2 prevede che l'attuazione della legge non determini nuovi oneri per la finanza pubblica. L'articolo 3 prevede, al comma 1, l'entrata in vigore della riforma trascorsi 180 giorni dalla pubblicazione della legge in Gazzetta Ufficiale. Il comma 2 stabilisce che il Consiglio superiore della magistratura, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge, deve provvedere alla nomina del presidente della corte di appello di Sassari e del procuratore generale della Repubblica presso la medesima corte di appello, con la decorrenza prevista dal comma 1, mentre il comma 3 prevede che entro 6 mesi dovrà essere costituito il consiglio giudiziario del nuovo distretto, con decorrenza dall'entrata in vigore della legge.
  Relativamente alla proposta di legge Turri C. 3213, osserva che essa, all'articolo 1, istituisce la corte d'appello di Verona, con giurisdizione sul territorio compreso nel circondario dei tribunali di Bassano del Grappa, di Rovigo, di Verona e di Vicenza e prevede che il Ministro della Giustizia, con proprio decreto, apporti le necessarie modifiche alle tabelle A e B annesse all'ordinamento giudiziario conseguenti all'istituzione della nuova corte d'appello. Faccio presente che – come si legge nella relazione illustrativa – il Veneto ha oggi un'unica sede di corte d'appello, a Venezia, con un contenzioso giudiziario rilevantissimo che determina un sovraccarico di tale corte e che impedisce una rapida e efficiente amministrazione della giustizia, con il progressivo dilatarsi dei tempi di decisione. Su tale presupposto la proposta di legge prevede «una più ponderata distribuzione territoriale degli uffici giudiziari nella regione Veneto volta ad assicurare una celere ed efficiente amministrazione della giustizia in favore di tutti i cittadini e del sistema giuridico in generale». Gli articoli 2 e 3 demandano, altresì, al Ministro della giustizia, entro 6 mesi dall'entrata in vigore della legge, il compito di determinare l'organico della nuova corte d'appello e di stabilire la data di inizio funzionamento della nuova corte d'appello. L'articolo 4 prevede, alla data di inizio del funzionamento della corte d'appello di Verona, a devoluzione d'ufficio alla cognizione di tale corte degli affari pendenti davanti alle corti d'appello rientranti, ai sensi del provvedimento in esame, nella competenza per territorio della corte d'appello di Verona.

  Ciro MASCHIO (FDI) ricorda che, come preannunciato per le vie brevi, ha presentato una proposta di legge relativa all'istituzione della corte d'appello di Verona, di cui chiede sin d'ora l'abbinamento. Nel rilevare che si è in procinto di sospendere i lavori per l'imminente pausa estiva, chiede al presidente se abbia un orientamento in merito all'articolazione dell'esame delle proposte di legge in questione, al fine di poter valutare se intervenire già in questa sede sul contenuto delle proposte di legge oggi all'attenzione della Commissione.

  Giusi BARTOLOZZI (MISTO), approfittando della presenza del rappresentante del Governo, fa presente che le tre proposte di legge all'esame della Commissione sono volte a istituire sezioni distaccate delle corti d'appello nei territori di appartenenza dei rispettivi presentatori. Ritiene che invece, in un'ottica di rivisitazione generale del tema, sarebbe utile acquisire dal Governo dati e informazioni in materia di geografia giudiziaria con riferimento alle corti d'appello e alle sezioni distaccate nelle diverse regioni, anche in considerazione delle esigenze dei territori. Ritiene infatti che tali informazioni possano essere utili ai deputati anche ai fini della predisposizione di emendamenti.

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  Cosimo Maria FERRI (IV), nel dichiararsi d'accordo con la collega Bartolozzi, rammenta che a suo tempo si era reso promotore di una proposta di legge volta ad istituire una sezione distaccata di corte d'appello anche a Lucca. Nel sottolineare la serietà del tema, fa presente altresì che in materia di revisione della geografia giudiziaria sono stati fatti passi avanti e che non è facile tornare indietro. Nel sottolineare inoltre la centralità del tema dell'appello soprattutto in relazione alla riforma del processo penale appena approvata dalla Camera, ritiene che la II Commissione si debba occupare della questione tantopiù se si considera che in tema di prescrizioni si registrano percentuali molto elevate nel secondo grado di giudizio. Nel rilevare a titolo esemplificativo che la corte d'appello di Napoli vanta un tempo medio di due mila giorni per l'istruzione del procedimento, a fronte dei duecento giorni della corte d'appello di Firenze, ritiene che il Ministero della giustizia abbia fallito nel monitoraggio di tali situazioni pur avendo a disposizione molti strumenti di verifica. Nel rammentare che l'allora ministro Bonafede aveva avanzato una proposta condivisibile relativa alle piante organiche e flessibili della quale ignora gli sviluppi, sollecita la Commissione Giustizia a dare il proprio contributo al Ministero attraverso una proposta organica di revisione delle corti d'appello. Nel sottolineare a tale scopo l'importanza di acquisire tutti i dati disponibili, ricorda altresì che ad inizio legislatura si era concordato di istituire diversi comitati permanenti tra i quali uno dedicato proprio alla geografia giudiziaria. Ne sollecita pertanto la costituzione, ipotizzando in subordine anche il ricorso a una indagine conoscitiva o ad altri strumenti istruttori, nella convinzione comunque che nel giro di qualche mese la Commissione potrebbe quindi arrivare a produrre una proposta in materia di corti d'appello. Nel ritenere che proposte finalizzate all'istituzione di singole sezioni di corti d'appello possano rivelarsi un boomerang, invita i presentatori a lavorare insieme al fine di predisporre costruttivamente un testo da sottoporre all'attenzione del Ministero.

  Mario PERANTONI, presidente, nel sottolineare che l'incardinamento delle proposte di legge in esame ha consentito almeno di avviare un dibattito fin ad oggi non considerato, rilevando la trasversalità e l'importanza del tema, rammenta che l'intergruppo parlamentare sulla geografia giudiziaria ha presentato una proposta organica caratterizzata da una visione nazionale. Accoglie quindi con favore il suggerimento del collega Ferri volto a utilizzare un metodo costruttivo per affrontare la questione.

  Carla GIULIANO (M5S), nel ribadire quanto già dichiarato dal presidente, fa presente che l'intergruppo parlamentare sulla geografia giudiziaria ha prodotto una proposta di legge a prima firma Scutellà sottoscritta da tutte le forze politiche che è il risultato di un lavoro certosino di cui occorre tenere conto.

  Giusi BARTOLOZZI (MISTO) chiede alla collega Giuliano se in tale occasione siano stati acquisiti i necessari dati dal Ministero della giustizia, ritenendoli una base di partenza indispensabile per affrontare la questione.

  Mario PERANTONI, presidente, nel far presente che nel corso dei lavori dell'intergruppo sono stati acquisiti i contributi delle circoscrizioni dei tribunali che non recano i dati relativi alle corti d'appello, ritiene che si possano comunque integrare le informazioni a disposizione.

  Luca Rodolfo PAOLINI (LEGA), nel concordare con le considerazioni del collega Ferri, ritiene che la politica rischi di farsi superare dai burocrati se, in luogo della produzione di un contributo organico, si concentra sull'istituzione di singole sezioni di corti d'appello. Ritiene dunque indispensabile svolgere un ragionamento serio che tenga conto, da un lato, delle opportunità offerte dagli strumenti digitali, e, dall'altro, della questione dell'efficienza dei diversi uffici. Sollecita pertanto una proposta parlamentare che abbia una portata ampia e un respiro nazionale.

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  Mario PERANTONI, presidente, nel ritenere che la questione possa essere approfondita in sede di Ufficio di presidenza, ritiene che possa essere presa in considerazione anche la costituzione di un comitato ristretto dedicato all'argomento.

  Walter VERINI (PD), ferma restando l'importanza del dibattito in corso e delle singole iniziative presentate, sottolineando l'esigenza di evitare un provvedimento analogo ai decreti «mille proroghe», invita a capovolgere l'impostazione, chiedendo al sottosegretario Sisto di fornire alla Commissione Giustizia un bilancio dell'applicazione della riforma del 2013 sulla geografia giudiziaria. Ritiene infatti che tale documento dovrebbe essere attentamente valutato e solo dopo tale valutazione si potrà prendere in considerazione la questione della riduzione del numero delle sezioni di corte d'appello come già autorevolmente ipotizzato in questi anni. Pertanto, nell'invitare i colleghi a fare un discorso deduttivo e non induttivo, sollecita una preventiva verifica dell'attuazione della riforma e una successiva valutazione delle migliori modalità di intervento. Rammenta da ultimo sul tema le indicazioni provenienti dall'Unione europea che in più occasioni hanno chiesto al nostro Paese la riduzione degli uffici giudiziari.

  Ciro MASCHIO (FDI), nel condividere l'utilità di acquisire dal Ministero della giustizia dati che possano costituire una base di riflessione in Commissione, rileva comunque la necessità di procedere rapidamente sottolineando nel contempo la natura non campanilistica delle proposte di legge in esame, che nascono invece dalla consapevolezza della maggiore penalizzazione di alcuni territori rispetto ad altri

  Giusi BARTOLOZZI (MISTO), in relazione alle considerazioni del collega Maschio, fa presente che l'acquisizione dei dati da parte del Ministero non richiede un tempo eccessivo dal momento che le informazioni in materia di entrate, uscite e sopravvenuti sono detenute dal Consiglio giudiziario del singolo distretto e specificamente dalla Commissione flussi, nonché gestite a livello centrale dal Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria del Ministero della giustizia.

  Mario PERANTONI, presidente, alla luce del dibattito sin qui svolto, propone di richiedere al Ministero della giustizia, ai sensi dell'articolo 79, comma 5, del Regolamento, una relazione analitica recante dati e informazioni sulle diverse corti d'appello in Italia.

  La Commissione approva quindi la proposta del presidente di richiedere al Ministero della giustizia, ai sensi dell'articolo 79, comma 5, del Regolamento, una relazione analitica recante dati e informazioni sulle diverse corti d'appello in Italia.

  Andrea COLLETTI (MISTO-L'A.C'È), relatore, intervenendo da remoto, ritiene che si possa affrontare il tema della geografia giudiziaria in un'ottica diversa, che vede spostarsi sul territorio, non gli avvocati e i fascicoli, ma i giudici.

  Mario PERANTONI (M5S), presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, nel rilevare l'esigenza di approfondire il tema, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Accesso ai benefici penitenziari per i condannati per reati c.d. ostativi, di cui all'articolo 4-bis della legge sull'ordinamento penitenziario.
C. 1951 Bruno Bossio, C. 3106 Ferraresi e C. 3184 Del Mastro Delle vedove.
(Esame e rinvio).

  La Commissione avvia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Mario PERANTONI (M5S), presidente e relatore, in qualità di relatore, procede quindi all'illustrazione delle abbinate proposte di legge. Fa presente che la Commissione avvia oggi l'esame delle abbinate proposte di legge C. 1951 Bruno Bossio e C. 3106 Ferraresi, in materia di accesso ai benefici penitenziari per i condannati per reati cosiddetti ostativi, di cui all'articolo Pag. 254-bis della legge sull'ordinamento penitenziario (legge 26 luglio 1975, n. 354), che non collaborino con la giustizia.
  Rammenta che l'articolo 4-bis è stato introdotto nell'ordinamento penitenziario dal decreto-legge n. 152 del 1991, e immediatamente modificato – dopo le stragi di Capaci e di via D'Amelio – dal decreto-legge n. 306 del 1992. La disposizione ha subito nel tempo ricorrenti modifiche ed è stata oggetto di numerose sentenze di illegittimità costituzionale. La peculiare ratio di tale disciplina è quella di differenziare il trattamento penitenziario dei condannati per reati di criminalità organizzata o altri gravi delitti, dal trattamento dei condannati «comuni», subordinando l'accesso alle misure premiali e alternative previste dall'ordinamento penitenziario a determinate condizioni.
  In particolare, il comma 1 dell'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario elenca una serie di delitti indicati come ostativi: delitti commessi per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell'ordine democratico mediante il compimento di atti di violenza; associazione di tipo mafioso ex articolo 416-bis e 416-ter del codice penale e delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dallo stesso articolo ovvero al fine di agevolare l'attività di tali associazioni; riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù (articolo 600 del codice penale); induzione o sfruttamento della prostituzione minorile (articolo 600-bis, primo comma, del codice penale); produzione e commercio di materiale pornografico minorile (articolo 600-ter, commi primo e secondo, del codice penale); tratta di persone (articolo 601 del codice penale); acquisto e alienazione di schiavi (articolo 602 del codice penale); violenza sessuale di gruppo (articolo 609-octies del codice penale); sequestro di persona a scopo di estorsione (articolo 630 del codice penale); delitti relativi all'immigrazione clandestina (articolo 12 del testo unico sull'immigrazione); associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri (articolo 291-quater del testo unico sulle dogane); associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope (articolo 74 del testo unico sugli stupefacenti). Da ultimo, per effetto della legge n. 3 del 2019 (cosiddetta legge Spazzacorrotti), al catalogo di reati ostativi sono stati aggiunti taluni delitti contro la pubblica amministrazione: peculato (articolo 314 c.p.); concussione (articolo 317 c.p.); corruzione per l'esercizio della funzione (articolo 318 c.p.); corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio (articolo 319 c.p.); corruzione in atti giudiziari (articolo 319-ter c.p.); induzione indebita a dare o promettere utilità (articolo 319-quater c.p.); corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio (articolo 320 c.p.); istigazione alla corruzione (articolo 322 c.p.); delitti di cui all'articolo 322-bis c.p. per le ipotesi di reato di cui sopra ivi richiamate (il richiamo all'articolo 322-bis c.p. va riferito ai delitti di concussione, induzione indebita a dare o promettere utilità, corruzione e istigazione alla corruzione di membri delle Corti internazionali o degli organi delle Comunità europee o di assemblee parlamentari internazionali o di organizzazioni internazionali e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri). L'espiazione di una condanna relativa a tali delitti consente la concessione delle misure dell'assegnazione al lavoro all'esterno, dei permessi premio e delle misure alternative alla detenzione previste dal capo VI dell'ordinamento penitenziario, esclusa la liberazione anticipata, solo nei casi in cui tali detenuti e internati collaborino con la giustizia a norma dell'articolo 58-ter dell'ordinamento penitenziario o a norma dell'articolo 323-bis, secondo comma, del codice penale. Per effetto dell'articolo 2 del citato decreto-legge n. 152 del 1991 il regime restrittivo per l'accesso ai benefici penitenziari, previsto all'articolo 4-bis, si estende anche al regime della liberazione condizionale.
  Si tratta, come ha specificato la Corte costituzionale di una «disposizione speciale, di carattere restrittivo, in tema di concessione dei benefici penitenziari a determinate categorie di detenuti o internati, che si presumono socialmente pericolosi unicamente in ragione del titolo di reato per il quale la detenzione o l'internamento Pag. 26sono stati disposti» (sentenza n. 239 del 2014).
  Per i sopra elencati delitti, in caso di assenza di collaborazione con la giustizia vige la presunzione assoluta di immanenza dei collegamenti: l'assenza di un'utile collaborazione fa presumere l'attualità dei collegamenti e, conseguentemente, l'immanenza della pericolosità sociale, senza che la magistratura di sorveglianza possa valutare il percorso rieducativo intrapreso dal condannato durante l'esecuzione della pena. La Corte Costituzionale, nella sentenza n. 239 del 2014, ha precisato che la disciplina poggia sulla presunzione legislativa che la commissione di determinati delitti dimostri l'appartenenza dell'autore alla criminalità organizzata, o il suo collegamento con la stessa, e costituisca, quindi, un indice di pericolosità sociale incompatibile con l'ammissione del condannato ai benefici penitenziari extramurari. La scelta di collaborare con la giustizia viene correlativamente assunta come la sola idonea a rimuovere l'ostacolo alla concessione dei benefici indicati, in ragione della sua valenza «rescissoria» del legame con il sodalizio criminale. Per contro, la mancata collaborazione con la giustizia fonda la presunzione assoluta che i collegamenti con l'organizzazione criminale siano mantenuti ed attuali, ricavandosene la permanente pericolosità del condannato, con conseguente inaccessibilità ai benefici penitenziari normalmente disponibili agli altri detenuti.
  Il comma 1-bis dell'articolo 4-bis, per gli stessi reati sopra elencati, prevede il superamento del divieto di ammissione ai benefici – purché siano stati acquisiti elementi tali da escludere l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva – altresì nelle due ipotesi di cosiddetta collaborazione impossibile o irrilevante e cioè nel caso di impossibilità di un'utile collaborazione con la giustizia determinata dalla limitata partecipazione al fatto criminoso, accertata nella sentenza di condanna, ovvero dall'integrale accertamento dei fatti e delle responsabilità, operato con sentenza irrevocabile, e nel caso in cui, anche se la collaborazione che viene offerta risulti oggettivamente irrilevante, nei confronti dei medesimi detenuti sia stata applicata la circostanza attenuante dell'avvenuto risarcimento del danno (articolo 62, numero 6, del codice penale), oppure quella della minima partecipazione al fatto (articolo 114 del codice penale) ovvero se il reato è più grave di quello voluto (articolo 116, secondo comma, del codice penale).
  Con riguardo al procedimento per la concessione dei benefici, si prevede (commi 2 e 3 dell'articolo 4-bis) che il magistrato di sorveglianza o il tribunale di sorveglianza: debba acquisire dettagliate informazioni tramite il comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica competente in relazione al luogo di detenzione del condannato; decida trascorsi 30 giorni dalla richiesta delle informazioni; tale termine è prorogato di ulteriori 30 giorni al fine di acquisire elementi ed informazioni da parte dei competenti organi centrali, quando il suddetto comitato comunica al giudice di ritenere che sussistano particolari esigenze di sicurezza ovvero che i collegamenti potrebbero essere mantenuti con organizzazioni operanti in ambiti non locali o extranazionali.
  Inoltre, si prevede (comma 3-bis) che i benefici penitenziari non possono essere concessi ai detenuti ed internati per delitti dolosi quando il Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo o il Procuratore distrettuale comunichi, d'iniziativa o su segnalazione del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica competente in relazione al luogo di detenzione o internamento, l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata. In tal caso non si applicano le procedure ordinarie (di cui ai sopra descritti commi 2 e 3).
  Il comma 1-ter dell'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario contiene un ulteriore elenco di delitti in relazione ai quali i benefici e le misure alternative possono essere concessi, purché siano stati acquisiti elementi tali da escludere la sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva. In questi casi la preclusione dell'accesso ai benefici non si fonda su un automatismo, ma sul vaglio della magistratura. Ai fini della concessione Pag. 27 dei benefici per tali delitti il magistrato di sorveglianza o il tribunale di sorveglianza decide infatti acquisite dettagliate informazioni dal questore. In ogni caso il giudice decide trascorsi 30 giorni dalla richiesta delle informazioni (comma 2-bis dell'articolo 4-bis).
  Il comma 1-quater riguarda i casi di condannati detenuti o internati per alcuni tipi di reato, in relazione ai quali i benefici penitenziari possono essere concessi solo sulla base dei risultati dell'osservazione scientifica della personalità condotta collegialmente per almeno un anno anche con la partecipazione degli esperti in psicologia, servizio sociale, pedagogia, psichiatria e criminologia clinica.
  Con riguardo all'accesso ai benefici penitenziari per detenuti «non collaboranti», rammento che, nelle più recenti pronunce, la Corte costituzionale, nel ribadire il contrasto con il principio di uguaglianza delle presunzioni legislative assolute, laddove esse siano arbitrarie e irrazionali e non rispondenti ai dati di esperienza generalizzati riassunti nelle formula «id plerumque accidit» (sentenza n. 57 del 2013), ha conseguentemente affermato la necessità di attribuire al giudice il potere di valutare gli elementi del caso concreto per potere compiere una prognosi ragionevole circa l'idoneità di un determinato beneficio penitenziario a far proseguire il detenuto nel suo percorso di reinserimento (sentenze n. 466 del 1999, 355 del 2006 e 189 del 2010). Con particolare riguardo all'articolo 4-bis, comma 1, dell'ordinamento penitenziario e alla preclusione assoluta di accesso al permesso premio (non degli altri benefici penitenziari indicati dalla stessa norma) da parte dei condannati – a pena perpetua oppure a pena temporanea – per i reati cosiddetti ostativi, con la sentenza n. 253 del 2019 la Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di tale articolo «nella parte in cui non prevede che – ai detenuti per i delitti di cui all'articolo 416-bis del codice penale e per quelli commessi avvalendosi delle condizioni previste dallo stesso articolo ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni in esso previste – possano essere concessi permessi premio anche in assenza di collaborazione con la giustizia..., allorché siano stati acquisiti elementi tali da escludere, sia l'attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata, sia il pericolo del ripristino di tali collegamenti». La Corte ha, altresì, esteso in via consequenziale, la dichiarazione di incostituzionalità dell'articolo 4-bis, comma 1, dell'ordinamento giudiziario anche ai detenuti per tutti gli altri delitti elencati nella norma. Con la medesima sentenza la Corte ha sottolineato anche come la presunzione dell'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata (e della mancata rescissione dei collegamenti stessi), così come prevista dall'articolo 4-bis, sia assoluta: non può essere superata se non dalla collaborazione stessa ed è proprio questo carattere assoluto a risultare in contrasto con gli articoli 3 e 27, terzo comma, della Costituzione. La Corte afferma che non è la presunzione in sé ad essere illegittima, non essendo irragionevole presumere che il condannato che non collabora abbia legami con l'associazione di appartenenza, purché la presunzione sia relativa e possa essere vinta da prova contraria, così rimanendo nei limiti di una scelta costituzionalmente compatibile con gli obiettivi di prevenzione sociale e di risocializzazione della pena.
  Nella recente ordinanza n. 97 del 2021 la Corte ha inoltre affrontato la questione del cosiddetto ergastolo ostativo, ossia della preclusione all'accesso al beneficio della liberazione condizionale per il condannato all'ergastolo per delitti di contesto mafioso, che non collabori utilmente con la giustizia. In merito alla collaborazione con la giustizia, la Corte, dopo aver ricordato la propria giurisprudenza (sentenze n. 253 del 2019 e n. 306 del 1993) e l'importanza della collaborazione, che mantiene il proprio valore positivo, riconosciuto dalla legislazione premiale vigente, ha sottolineato l'incompatibilità con la Costituzione delle norme che individuano nella collaborazione stessa «l'unica possibile strada, a disposizione del condannato all'ergastolo, per accedere alla liberazione condizionale», in contrasto con la funzione rieducativa della pena, ai sensi dell'articolo 27, terzo comma, della Costituzione. Allo stesso Pag. 28tempo la Corte ha posto l'accento sul carattere «apicale» della normativa sottoposta al suo giudizio nel quadro del contrasto alle organizzazioni criminali. L'equilibrio complessivo di tale normativa, secondo la Corte, verrebbe messo a rischio da un intervento meramente demolitorio, con grave pregiudizio per le esigenze di prevenzione generale e di sicurezza collettiva a fronte del «pervasivo e radicato fenomeno della criminalità mafiosa». Si tratta di scelte di politica criminale che appartengono, ad avviso della Corte, alla discrezionalità legislativa, in quanto destinate a fronteggiare la perdurante presunzione di pericolosità ma non costituzionalmente vincolate nei contenuti, e che eccedono perciò i poteri della Corte stessa. Nel ribadire che l'intervento di modifica di questi aspetti deve essere, in prima battuta, oggetto di una più complessiva, ponderata e coordinata valutazione legislativa, la Corte ha concluso che «esigenze di collaborazione istituzionale» impongono di disporre il rinvio del giudizio e di fissare una nuova discussione delle questioni di legittimità costituzionale in esame, alla data del 10 maggio 2022, dando così al Parlamento «un congruo tempo per affrontare la materia».
  Rammenta inoltre che sulle problematiche sollevate dalla giurisprudenza costituzionale, che richiama ampiamente i principi già elaborati dalla Corte europea per i diritti dell'uomo in materia di «ergastolo ostativo», ha preso posizione anche la Commissione d'inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, che il 20 maggio 2020 ha approvato una relazione sull'istituto di cui all'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario e sulle conseguenze derivanti dalla citata sentenza n. 253 del 2019 della Corte costituzionale. La Commissione ha sottolineato in particolare la necessità di individuare nuove soluzioni normative e di sollecitare un intervento del legislatore sulla disciplina dell'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario.
  Passando all'illustrazione delle proposte di legge al nostro esame, segnala che la proposta C. 1951 della collega Bruno Bossio, composta di un solo articolo, è volta ad estendere la possibilità di concedere i benefici penitenziari ai condannati per un reato cosiddetto ostativo, anche in assenza della collaborazione prescritta dal comma 1 dell'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario.
  A tal fine si interviene sul comma 1-bis dell'articolo 4-bis per aggiungere la possibilità di accesso ai benefici anche in assenza di collaborazione quando, nel caso specifico – e dunque previa valutazione della magistratura di sorveglianza – sia accertato che la mancata collaborazione non esclude la sussistenza dei presupposti, diversi dalla collaborazione medesima, per la concessione dei benefici stessi (lettera a)). La proposta, quindi, nel confermare il presupposto generale, ovvero che devono essere «acquisiti elementi tali da escludere l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva», è volta a trasformare la presunzione della mancata rescissione dei collegamenti con la criminalità organizzata, che incombe sul detenuto non collaborante, da assoluta a relativa, in quanto superabile dalla valutazione del magistrato.
  La proposta inoltre inserisce nell'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario il nuovo comma 3-ter, volto a specificare la natura delle informazioni che la magistratura di sorveglianza deve acquisire al fine di escludere l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, presupposto per la concessione dei benefici (lettera b)). Con riguardo alle suddette informazioni, la proposta specifica che: le informazioni non devono contenere pareri sulla concessione dei benefìci, ma fornire elementi conoscitivi concreti e specifici fondati su circostanze di fatto espressamente indicate che dimostrino in maniera certa l'attualità di collegamenti dei condannati o internati con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva; gli eventuali pareri espressi dagli organi preposti non possono essere utilizzati nella motivazione della decisione del magistrato di sorveglianza.
  Il comma 2 dell'articolo 1 della proposta di legge C. 1951 incide sull'articolo 2 decreto-legge n. 152 del 1991, che – come anticipato – subordina l'accesso alla liberazione Pag. 29 condizionale per i condannati per reati di cui all'articolo 4-bis, commi 1, 1-ter e 1-quater alla sussistenza dei medesimi presupposti previsti dallo stesso articolo 4-bis per la concessione dei benefici penitenziari ivi indicati. Al riguardo, la proposta di legge inserisce il richiamo – da parte della disposizione sulla liberazione condizionale – al comma 1-bis dell'articolo 4-bis così come modificato dalla stessa proposta. In tal modo, anche per l'accesso alla liberazione condizionale la presunzione della mancata rescissione dei collegamenti con la criminalità organizzata, che incombe sul detenuto non collaborante, si trasformerebbe da assoluta a relativa.
  Quanto alla proposta di legge C. 3106 del collega Ferraresi, rileva che essa presenta un contenuto più ampio in quanto, oltre ad intervenire in materia di accesso ai benefici penitenziari per i detenuti condannati per i reati c.d. ostativi di cui all'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario, contiene disposizioni relative alla competenza della magistratura di sorveglianza in ordine ai procedimenti riguardanti i detenuti o gli internati sottoposti al regime previsto dall'articolo 41-bis, comma 2, del medesimo ordinamento penitenziario per delitti commessi per finalità di terrorismo, nonché per i delitti di associazione mafiosa nonché disposizioni relative alla liberazione condizionale. Nel dettaglio, l'articolo 1 della proposta di legge prevede una serie di modifiche all'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario. La lettera a) incide sul comma 1 di tale articolo, specificando che il regime differenziato per l'accesso ai benefici penitenziari per i condannati per i cosiddetti delitti ostativi, si applica anche quando – in caso di esecuzione di pene concorrenti – sia stata accertata dal giudice della cognizione o dell'esecuzione la connessione tra i reati la cui pena è in esecuzione, e i condannati abbiano già espiato la parte di pena relativa ai delitti indicati dalla norma. La lettera b) modifica invece il comma 1-bis dell'articolo 4-bis che, per gli specifici reati elencati al comma 1, prevede il superamento del divieto di ammissione ai benefici – purché siano stati acquisiti elementi tali da escludere l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva – nelle due ipotesi di c.d. collaborazione impossibile o irrilevante. La novella interviene per specificare che il superamento del divieto di ammissione ai benefici nelle due ipotesi sopra citate possa avvenire solo se gli elementi acquisiti siano tali da escludere «con certezza» non solo l'attualità di collegamenti ma anche il pericolo del ripristino dei collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva.
  La lettera c) inserisce nell'articolo 4-bis tre nuovi commi. Il nuovo comma 1-bis.1, con il quale si introduce la possibilità di accedere ai benefici penitenziari ai detenuti condannati alla pena dell'ergastolo (per i delitti c.d ostativi) anche in assenza di collaborazione, in presenza di specifiche condizioni consistenti nella dimostrazione: dell'integrale adempimento delle obbligazioni civili e delle riparazioni pecuniarie derivanti da reato o dell'assoluta impossibilità di tale adempimento; con il nuovo comma 1-bis.2 si specifica peraltro che in caso di condanna in solido, l'adempimento per le sole obbligazioni civili derivanti da reato si considera integrale con il pagamento di una quota dell'obbligazione proporzionata al numero degli obbligati; di elementi concreti, diversi e ulteriori rispetto alla mera dichiarazione di dissociazione dall'organizzazione criminale di eventuale appartenenza che consentano di escludere con certezza: l'attualità di elementi di collegamento con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva e con il contesto in cui il reato è stato commesso nonché il pericolo di ripristino dei suddetti collegamenti, tenendo conto delle circostanze personali ed ambientali. La disposizione specifica inoltre che, in ogni caso, il condannato deve giustificare e indicare le specifiche ragioni della mancata collaborazione.
  Con il nuovo comma 1-bis.3 si prevede invece che l'accesso ai permessi premio per i detenuti o internati condannati per uno dei reati ostativi di cui al comma 1 dell'articolo 4-bis in assenza di collaborazione possa essere concesso – sempre che ricorrano le predette condizioni relative all'adempimento Pag. 30 delle obbligazioni e all'esclusione dei collegamenti con la criminalità – anche a coloro che non sono condannati alla pena dell'ergastolo.
  La lettera d) incide invece sul comma 2 dell'articolo 4-bis che disciplina il procedimento per la concessione dei benefici penitenziari prevedendo che la magistratura di sorveglianza decida non solo sulla base delle relazioni della pertinente autorità penitenziaria ma, altresì, delle dettagliate informazioni acquisite per il tramite del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica competente. Mentre nella formulazione attuale della norma tale competenza è individuata tramite il luogo di detenzione del condannato, con la novella la competenza del comitato sarà individuata in relazione al luogo dove è intervenuta la condanna di primo grado e, se diverso, anche di quello competente in relazione al luogo di dimora abituale del condannato all'epoca dell'esecuzione della condanna. Ulteriore novella concerne la possibilità per il direttore dell'istituto penitenziario in cui il condannato è detenuto o internato di partecipare al comitato anche con modalità telematiche.
  La lettera e) detta una disciplina innovativa con riguardo alla disciplina del procedimento per la concessione dei benefici penitenziari e dei permessi premio per i detenuti non collaboranti condannati per reati c.d. ostativi (di cui ai nuovi commi 1-bis.1 e 1-bis.3 dell'articolo 4-bis), stabilendo – tramite l'inserimento dei due nuovi commi 2-ter e 2-quater nell'articolo 4-bis: l'obbligo per il giudice di sorveglianza, prima di decidere sull'istanza, di chiedere il parere del pubblico ministero presso il giudice che ha emesso la sentenza di primo grado o, se si tratta di condanne per i gravi delitti indicati dall'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale, del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto ove ha sede il giudice che ha emesso la sentenza di primo grado e del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo nonché l'obbligo di acquisire informazioni dalle direzioni degli istituti ove l'istante è detenuto; i pareri e le informazioni sono resi entro 30 giorni dalla richiesta, prorogabili di ulteriori 30 in ragione della complessità degli accertamenti; decorso il termine, il giudice decide anche in assenza dei pareri e delle informazioni richiesti; l'obbligo per il medesimo giudice, in caso di accoglimento dell'istanza di concessione dei benefìci nonostante il parere contrario dei predetti organi di illustrare gli specifici motivi di non adeguamento al parere, ovvero gli elementi che consentono di superare i motivi ostativi indicati nei pareri, tenendo conto anche del contenuto delle informazioni fornite dal comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica; l'inefficacia del provvedimento di accoglimento, anche parziale, dell'istanza del condannato nel caso di mancato rispetto dei suddetti obblighi da parte del giudice.
  La lettera f) modifica il comma 3 dell'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario per specificare che i termini per la decisione del giudice sull'istanza di concessione dei benefici (comma 2 dell'articolo 4-bis) e i termini per l'espressione dei pareri e delle informazioni (comma 2-ter dell'articolo 4-bis) sono prorogati di ulteriori 30 giorni quando sussistono particolari esigenze di sicurezza ovvero emergono collegamenti, anche solo potenziali, con organizzazioni operanti in ambiti non locali o a livello transnazionale. La differenza rispetto alla normativa vigente consiste nella soppressione della competenza del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica in ordine all'individuazione delle particolari esigenze di sicurezza e la possibilità di collegamenti con organizzazioni extra locali.
  Infine, la lettera g) modifica il comma 3-bis dell'articolo 4-bis, coordinandone il contenuto alle novelle alla disciplina relativa alla competenza del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica.
  L'articolo 2 della proposta di legge C. 3106 prevede una delega al Governo, da esercitarsi entro 6 mesi dall'entrata in vigore della legge, per la riforma della disciplina dei giudizi del magistrato e del tribunale di sorveglianza riguardanti i detenuti o gli internati sottoposti al regime previsto dall'articolo 41-bis, comma 2, dell'ordinamento penitenziario per delitti: commessi Pag. 31 per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell'ordine democratico mediante il compimento di atti di violenza; nonché per i delitti di associazione mafiosa cui all'articolo 416-bis c.p. o commessi avvalendosi delle condizioni previste dallo stesso articolo ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni in esso previste.
  Nell'esercizio della delega, il Governo dovrà prevedere (comma 2): l'accentramento presso il tribunale di sorveglianza di Roma, con il contestuale adeguamento della sua pianta organica, delle decisioni del magistrato e del tribunale di sorveglianza riguardanti i detenuti o internati sottoposti al regime previsto dall'articolo 41-bis, comma 2, per i predetti delitti (lettera a)); la competenza del tribunale di sorveglianza per le decisioni relative alle modalità esecutive del regime previsto dall'articolo 41-bis, comma 2, nonché per il provvedimento di differimento dell'esecuzione delle pene detentive nei casi di cui all'articolo 684, comma 2, del codice di procedura penale (lettera b).
  Con specifico riguardo ai procedimenti riguardanti i detenuti o internati sottoposti al regime previsto dall'articolo 41-bis, comma 2, per i delitti sopraindicati di terrorismo e associazione mafiosa, il Governo dovrà inoltre prevedere: la possibilità per il pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto ove ha sede il giudice che ha emesso la sentenza di primo grado o per il Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, di partecipare all'udienza (lettera c); l'attribuzione in merito alle impugnazioni altresì al pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto ove ha sede il giudice che ha emesso la sentenza di primo grado e al Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo (lettera d).
  Il comma 2 dell'articolo 2 prevede che, nella redazione dei decreti legislativi, il Governo tenga conto delle eventuali modificazioni della normativa vigente comunque intervenute fino al momento dell'esercizio della delega. I decreti legislativi devono contenere altresì le disposizioni necessarie al coordinamento con le altre norme legislative vigenti nella stessa materia. Il comma 3 dell'articolo 2 definisce invece la procedura per l'adozione dei decreti legislativi.
  Gli articoli 3 e 4 della proposta di legge introducono modificazioni alla disciplina della liberazione condizionale. In particolare, l'articolo 3 interviene sul decreto-legge n. 152 del 1991 per modificarne l'articolo 2, al fine di prevedere che alla misura si accompagni sempre la libertà vigilata e che, nell'ambito della stessa, sia imposto il divieto di frequentazione, anche occasionale, con soggetti condannati per gravi delitti di associazione a delinquere e terrorismo. In particolare, si interviene sul comma 1, con una modifica di carattere formale, per specificare che l'accesso alla liberazione condizionale è subordinato al ricorrere dei presupposti previsti dall'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario (lettera a); si inserisce il comma 1-bis per prevedere che, comunque, la misura della liberazione condizionale eventualmente concessa debba sempre essere affiancata dalla libertà vigilata (ex articolo 230, primo comma, n. 2, del codice penale), per tutto il tempo della pena inflitta, ovvero per 5 anni dalla data del provvedimento di liberazione condizionale, se trattasi di condannato all'ergastolo (ex articolo 177, secondo comma, del codice penale) e dal divieto di frequentazione, anche occasionale, di soggetti condannati per i gravi delitti di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale.
  L'articolo 4, comma 1, interviene sulla disciplina della liberazione condizionale contenuta nel codice penale, agli articoli 176 e 177, per prevedere che, in caso di condanna all'ergastolo per uno dei reati ostativi di cui al comma 1 dell'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario: il condannato può essere ammesso alla liberazione condizionale quando abbia scontato almeno 30 anni di pena, in luogo degli ordinari 26 (modifica dell'articolo 176, terzo comma, del codice penale) (lettera a); l'estinzione della pena e la revoca delle misure di sicurezza personali intervengono decorso tutto il tempo della pena inflitta oppure decorsi 10 anni dalla data del provvedimento Pag. 32 di liberazione condizionale, in luogo degli ordinari 5 anni (inserimento di un comma all'articolo 177 del codice penale) (lettera b).
  Dal combinato disposto degli articoli 3 e 4 si ricava che per i condannati all'ergastolo per reati ostativi la liberazione condizionale è accompagnata dalla libertà vigilata per 5 anni e che la misura della liberazione condizionale estingue la pena dopo 10 anni.
  L'articolo 4, comma 2, modifica l'articolo 58-quater dell'ordinamento penitenziario, in tema di divieto di concessione dei benefici penitenziari. In particolare, la novella interviene sul comma 4 della disposizione per prevedere che ai condannati all'ergastolo per uno dei reati ostativi di cui al comma 1 dell'articolo 4-bis possano essere concessi i benefici indicati dalla stessa norma solo dopo aver scontato almeno 26 anni di pena. La novella è inserita nel comma che preclude l'accesso ai benefici penitenziari per i condannati per sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione (articolo 289-bis del codice penale) e sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione (articolo 630 del codice penale), quando il reato abbia cagionato la morte del sequestrato, se non abbiano effettivamente espiato almeno i due terzi della pena irrogata o, nel caso dell'ergastolo, almeno ventisei anni.
  L'articolo 5, infine, prevede l'entrata in vigore della legge il giorno successivo alla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, senza vacatio legis.
  Con riferimento alla proposta di legge C. 3184 del collega Delmastro Delle Vedove, fa presente che essa si compone di due articoli, il primo dei quali introduce diverse modifiche all'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario. In primo luogo, con la lettera a) del comma 1 dell'articolo 1, è inserito un nuovo comma 1-sexies al fine di prevedere che ai detenuti o internati per uno dei delitti di cui al comma 1 del medesimo articolo 4-bis i richiamati benefici possano essere concessi, anche nei casi in cui essi non collaborino con la giustizia ovvero qualora non ricorrano le circostanze della sopra illustrata collaborazione cosiddetta impossibile o irrilevante, a condizione che sia fornita la prova dell'assenza di collegamenti attuali del detenuto o dell'internato con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva e dell'assenza del pericolo di ripristino dei medesimi collegamenti. In particolare, affinché il condannato possa accedere ai benefìci previsti dalla normativa vigente, occorre che egli dia prova del superamento della particolare pericolosità sociale, sia sotto il profilo delle caratteristiche personali, sia sotto il profilo della particolare gravità del reato commesso, avuto riguardo anche alla condotta carceraria e all'effettiva partecipazione al percorso rieducativo. A tale fine, ai sensi del nuovo comma 1-sexies, anche a riscontro delle allegazioni dell'istante, il magistrato di sorveglianza o il tribunale di sorveglianza acquisisce dettagliate informazioni in merito al perdurare della operatività del sodalizio criminale; al profilo criminale del detenuto o dell'internato e alla sua posizione all'interno dell'associazione; alla capacità eventualmente manifestata nel corso della detenzione di mantenere collegamenti con l'originaria associazione di appartenenza o con altre organizzazioni, reti o coalizioni anche straniere; alle ragioni della mancata collaborazione; alla sopravvenienza di nuove incriminazioni o significative infrazioni disciplinari; all'ammissione dell'attività criminale svolta e delle relazioni e rapporti intrattenuti; alla valutazione critica del vissuto in relazione al ravvedimento; alle disponibilità economiche del detenuto o dell'internato all'interno degli istituti penitenziari nonché a quelle dei suoi familiari; al tenore di vita e alla situazione patrimoniale del detenuto o dell'internato e dei suoi familiari; alla verifica che l'istante abbia già avviato percorsi di giustizia riparativa, anche di natura non economica; all'applicazione di una delle circostanze attenuanti previste dall'articolo 62, numero 6), del codice penale, anche qualora il risarcimento del danno sia avvenuto dopo la sentenza di condanna, e delle circostanze previste dall'articolo 114 o dall'articolo 116, primo comma, del citato codice penale; all'intervenuta adozione di provvedimenti patrimoniali e al loro stato Pag. 33di concreta esecuzione. La lettera b) del comma 1 dell'articolo 1 modifica il comma 2 dell'articolo 4-bis al fine di prevedere che, ai fini della concessione dei benefici, il magistrato di sorveglianza o il tribunale di sorveglianza decida una volta acquisite dettagliate informazioni dal procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto ove ha sede il tribunale che ha emesso la sentenza e, nel caso di detenuti sottoposti al regime previsto dall'articolo 41-bis, anche dal Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, dal comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica competente in relazione al luogo dove il detenuto intende stabilire la sua residenza e dal direttore dell'istituto penitenziario. Attualmente è previsto che le dettagliate informazioni richieste per la concessione dei benefici siano acquisite «per il tramite del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica competente in relazione al luogo di detenzione del condannato» e che al suddetto comitato provinciale possa essere chiamato a partecipare il direttore dell'istituto penitenziario in cui il condannato è detenuto. Viene inoltre soppresso il termine di 30 giorni dalla richiesta di informazioni previsto per la decisione del giudice. La lettera c) del comma 1 dell'articolo 1 sopprime analogamente il medesimo termine dei 30 giorni previsto dal comma 2-bis dell'articolo 4-bis per la decisione del giudice in relazione ai benefici da concedere ai detenuti ed internati per ulteriori delitti (di cui al citato comma 1-ter dell'articolo 4-bis). La lettera d) introduce nel citato articolo 4-bis il nuovo comma 2-ter che consente al magistrato di sorveglianza o al tribunale di sorveglianza di stabilire, con il provvedimento di concessione dei benefìci, ulteriori prescrizioni e limitazioni idonee a escludere il pericolo di ripristino di collegamenti con la criminalità organizzata o a impedire ai condannati di svolgere attività o di avere rapporti personali che possono portare al compimento di altri reati o al ripristino di rapporti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva. A tali fini il magistrato di sorveglianza o il tribunale di sorveglianza può disporre che il condannato non soggiorni in uno o più comuni, o soggiorni in un comune determinato, e che si adoperi in iniziative pubbliche di contrasto della criminalità organizzata. La lettera e) del comma 1 dell'articolo 1, sopprime il comma 3 dell'articolo 4-bis, il quale prevede che quando il comitato ritiene che sussistano particolari esigenze di sicurezza ovvero che i collegamenti potrebbero essere mantenuti con organizzazioni operanti in ambiti non locali o extranazionali, ne dà comunicazione al giudice. In tal caso, il termine per la decisione del giudice è prorogato di ulteriori trenta giorni al fine di acquisire elementi ed informazioni da parte dei competenti organi centrali. La lettera f) interviene sul comma 3-bis dell'articolo 4-bis, per introdurvi una modifica di natura formale nonché per stabilire che, ai fini della mancata concessione di taluni benefici, la comunicazione circa l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata provenga, oltre che dal Procuratore nazionale antimafia, dal procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto ove ha sede il tribunale che ha emesso la sentenza di condanna, in luogo del procuratore distrettuale previsto dalla norma vigente.
  L'articolo 2 della proposta di legge interviene invece sul comma 1 dell'articolo 2 del citato decreto-legge n. 152 del 1991, al fine di estendere all'istituto della liberazione condizionale la nuova disciplina stabilita, per le altre misure, dall'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario come modificato.
  In conclusione considerata la delicatezza del tema nonché le sollecitazioni provenienti dalla Corte costituzionale, propone di svolgere un ciclo di audizioni, fissando eventualmente il termine per l'indicazione dei soggetti da audire ai primi di settembre.

  Giusi BARTOLOZZI (MISTO) anche su questo tema invita i componenti di tutti i gruppi politici a collaborare, rilevando come l'obiettivo comune, al netto dei singoli accorgimenti, sia quello di salvaguardare l'applicazione dell'articolo 41-bis. Rileva a tale proposito come la proposta di legge del collega Ferraresi proponga, a fianco di disposizioni immediatamente prescrittive, una Pag. 34norma di delega volta a prevedere l'accorpamento a livello centrale delle decisioni in materia di concessione dei benefici, sottraendole al singolo magistrato. Sollecita pertanto da parte dei colleghi, anche attraverso la costituzione di un comitato ristretto, lo stesso spirito di condivisione richiesto in materia di corti d'appello.

  Luca Rodolfo PAOLINI (LEGA), nel rammentare che la Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, ha affrontato il tema del regime di cui all'articolo 4-bis della legge n. 354 del 1975, propone di acquisire gli esiti delle audizioni svolte nonché la relativa relazione finale.

  Giulia SARTI (M5S), nel far presente di essere stata anticipata dal collega Paolini, tiene comunque a rammentare il lavoro svolto dal comitato presieduto dalla deputata Stefania Ascari, nonché la relazione sul regime di cui all'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario predisposta dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere. Con riguardo alle considerazioni della collega Bartolozzi, fa presente di condividere il contenuto della proposta di legge del deputato Ferraresi che con le norme di delega è volta ad evitare la difformità delle decisioni assunte dai diversi magistrati di sorveglianza, ritenendo che sia indispensabile rendere uniformi le interpretazioni relative ai medesimi istituti dell'ordinamento penitenziario. Nel rammentare che il tema centrale è naturalmente quello dell'applicazione dell'articolo 4-bis in combinato disposto con l'articolo 58-ter dell'ordinamento giudiziario, chiede che si possa sin d'ora verificare la disponibilità di alcuni soggetti istituzionalmente preposti al contrasto alla criminalità organizzata ad esser auditi all'inizio del mese di settembre. Sollecita pertanto i colleghi ad avviare subito una riflessione sul tema, fuori o dentro un eventuale comitato ristretto.

  Vincenza BRUNO BOSSIO (PD) rileva in primo luogo che le proposte di legge in esame muovono da una giustificazione fondamentale determinata dalle pronunce della Corte costituzionale in relazione all'applicazione dell'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario. Rammenta infatti che la Corte ha censurato la preclusione assoluta prevista dal citato articolo per chi non collabori con la giustizia, rilevando come tale disposizione impedisca ai magistrati di valutare l'effettiva condizione del detenuto e appaia in contrasto con il fine rieducativo della pena sancito dall'articolo 27 della Costituzione. Nel condividere i benefici concessi a chi dà prova di collaborazione, rileva tuttavia l'irragionevolezza di una punizione introdotta per principio per chi non collabora, senza una preventiva valutazione di ciò che è accaduto durante la permanenza in carcere del soggetto.

  Piera AIELLO (MISTO) si dichiara in disaccordo con la collega Bruno Bossio, sottolineando la necessità di valutare caso per caso l'applicazione del regime previsto dall'articolo 41-bis. Rammenta infatti la pericolosità di molti detenuti e condannati per mafia quali ad esempio gli esponenti della famiglia Graziano che si sono resi responsabili dell'uccisione tra l'altro dei magistrati Falcone e Borsellino e di don Puglisi e che continuano anche dal carcere ad esercitare il proprio dominio sui loro territori. Nel ritenere che intervenendo in tale materia si rischi di porsi contro l'interno mondo dell'antimafia, non volendo negare i diritti dei soggetti detenuti, rileva tuttavia la necessità di valutare attentamente i singoli casi. Da ultimo approfitta dell'occasione per sollecitare la ripresa dell'esame della proposta di legge in materia di testimoni di giustizia alla quale sono state già presentate proposte emendative che devono essere esaminate.

  Luca Rodolfo PAOLINI (LEGA), con riguardo alle considerazioni della collega Aiello, fa presente che la Corte costituzionale ha censurato la preclusione assoluta dall'accesso dei benefici prevista dall'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario. Precisa quindi che nulla vieta di sottoporre la questione dell'accesso ai benefici alla Pag. 35valutazione del magistrato, eventualmente con un surplus di motivazioni che tuttavia non presupponga l'automatismo del meccanismo di preclusione. Con riferimento alle sollecitazioni provenienti dall'Unione europea, ritiene che quest'ultima non sia consapevole del fatto che anche un solo giorno di presenza di un soggetto mafioso sul proprio territorio possa determinare un gravissimo rischio.

  Lucia ANNIBALI (IV), richiamandosi in particolare alla proposta della collega Sarti, invita a non accelerare i tempi dell'esame, ma a svolgere una accurata riflessione al fine di individuare con chiarezza l'obiettivo dell'intervento.

  Mario PERANTONI (M5S), presidente e relatore, nel proporre che l'indicazione dei soggetti da audire avvenga nei primi giorni dei mesi di settembre, fa presente che provvederà ad acquisire la documentazione della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie evocata dai colleghi.

  Giusi BARTOLOZZI (MISTO) rammenta che il Procuratore nazionale antimafia è stato già audito dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e che sarebbe opportuno acquisire gli esiti di tutte le audizioni svolte non secretate.

  Mario PERANTONI, presidente, nell'assicurare che tutti i documenti acquisibili saranno messi a disposizione dei colleghi della Commissione, fissa per il 3 settembre il termine per l'indicazione dei soggetti da audire da parte di ciascun gruppo. Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Disposizioni in materia di produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope nei casi di lieve entità.
C. 2160 Molinari, C. 2307 Magi e C. 2965 Licatini.
(Seguito esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 21 luglio 2021.

  Mario PERANTONI (M5S), presidente e relatore, ricorda che, in qualità di relatore, ha presentato una proposta di testo unificato da adottare come testo base, che oggi verrà posta in votazione. Chiede quindi se qualcuno intenda intervenire in sede di dichiarazione di voto.

  Roberto TURRI (LEGA), intervenendo sull'ordine dei lavori, come già ha avuto modo di rappresentare informalmente, chiede di rinviare la votazione, non avendo avuto modo di valutare il contenuto del testo unificato, dal momento che la Commissione Giustizia è stata impegnata nelle ultime settimane sulla riforma del processo penale.

  Alfredo BAZOLI (PD) ritiene che il testo unificato proposto dal presidente, al netto delle eventuali integrazioni e migliorie, rappresenti una buona base di partenza, dal momento che contempera i vari punti di vista espressi dalle proposte di legge all'esame della Commissione, con riguardo da un lato all'inasprimento delle sanzioni e dall'altro all'uso a scopo personale di sostanze stupefacenti. Nel sottolineare l'intenzione del Partito democratico di intervenire per modificare il testo, in particolare con riguardo alla disciplina della prevenzione, preannuncia tuttavia la disponibilità a procedere all'adozione del testo base nella giornata odierna. Propone infine che venga fissato un termine ampio per la presentazione delle proposte emendative al testo base.

  Eugenio SAITTA (M5S), nel comprendere le motivazioni del collega Turri, interviene per avanzare una proposta costruttiva. Rammentando che l'esame delle proposte di legge in questione dura da diversi anni e che è stato svolto un ampio ciclo di audizioni, invita i colleghi ad adottare come testo base il testo unificato proposto dal presidente, che a suo avviso rappresenta una efficace sintesi dei vari provvedimenti. Pag. 36Chiede comunque che venga fissato un ampio termine per la presentazione delle eventuali proposte emendative, al fine di venire incontro alle esigenze di tutti.

  Lucia ANNIBALI (IV) fa presente che anche il gruppo di Italia Viva ha aderito alla richiesta informale di rinvio della votazione avanzata nella giornata di ieri dal collega Turri. Ritiene infatti opportuno disporre di un tempo adeguato per la valutazione dei contenuti del testo unificato proposto dal presidente.

  Giusi BARTOLOZZI (MISTO) interviene sull'ordine dei lavori, ritenendo ragionevole la proposta avanzata dal collega Turri, considerato che il testo unificato proposto dal presidente, lungi dal rappresentare una soluzione di equilibrio, appare in antitesi rispetto al provvedimento presentato dalla Lega. Evidenzia pertanto l'opportunità di avere più tempo per riflettere sul tema, al fine di raggiungere una mediazione ragionevole e di svolgere un approfondimento adeguato della materia, rilevando come sul testo unico sulla droga siano state operate nel tempo ricorrenti modifiche.

  Federico CONTE (LEU), nel ritenere fondato il ragionamento della collega Bartolozzi, ritiene tuttavia che esso mantenga la sua validità anche se applicato ad una fase successiva all'adozione del testo base. Rileva infatti che la proposta avanzata dal presidente è ampia e generica e che a suo avviso non è possibile raggiungere un accordo preventivo su un testo diverso. Ritiene pertanto che la sintesi delle diverse posizioni si possa operare anche a posteriori, prevedendo a tal fine un ampio termine per la presentazione delle proposte emendative.

  Ciro MASCHIO (FDI) fa presente che, nel caso in cui si volesse procedere nella seduta odierna all'adozione del testo base, sarà necessario poter esaminare attentamente la proposta di testo unificato e svolgere una discussione approfondita sullo stesso, eventualmente tornando in Commissione anche dopo la conclusione dei lavori dell'Assemblea. Pertanto, pur rilevando l'eventuale paradosso di dedicare molte più ore al tema della droga, per quanto delicato, piuttosto che all'esame della riforma del processo penale, ribadisce l'intenzione di chiedere di intervenire con riguardo a tutti i temi sul tavolo. Ritiene al contrario che sia una proposta ragionevole quella di rinviare la votazione, al fine di valutare la possibilità di raggiungere su un altro testo una mediazione accettabile.

  Mario PERANTONI, presidente, precisa che la discussione generale sulle proposte in esame si è già svolta e che la sede attuale è quella delle dichiarazioni di voto.

  Martina PARISSE (CI) fa presente che anche il suo gruppo ha aderito alla richiesta di rinvio della votazione, rilevando come i membri della Commissione si siano concentrati nelle ultime settimane sulla riforma del processo penale, non avendo avuto pertanto il tempo necessario per svolgere una riflessione sul testo. Nel sottolineare che il testo unificato proposto dal presidente diverge sensibilmente da alcuni dei provvedimenti in esame, ribadisce la richiesta di rinviare il seguito dell'esame alla ripresa dei lavori dopo la pausa estiva.

  Riccardo MAGI (MISTO-A-+E-RI) rammenta che l'esame delle proposte di legge in tema di sostanze stupefacenti si protrae da un anno e mezzo e che si è svolto un ciclo di audizioni paragonabile per quantità e qualità a un'indagine conoscitiva. Nel riconoscere che le diverse proposte di legge presentano un approccio diverso, sottolinea tuttavia che esse si muovono nell'ambito ristretto dell'articolo 73 del testo unico sulla droga. Rammenta altresì che il deputato Morrone, in precedenza relatore sui provvedimenti in esame, ha rinunciato dopo una lunga attesa a proporre un testo base e che responsabilmente il presidente Perantoni si è assunto tale onere. Nel sottolineare inoltre che il testo unificato è a disposizione dei colleghi da ben quindici giorni e che alla discussione generale sono state dedicate due sedute, senza alcun contingentamento dei tempi, sollecita i colleghi Pag. 37a procedere all'adozione del testo base, in modo da consentire di entrare nel merito delle questioni poste. Precisa inoltre che il testo unificato proposto dal presidente, oltre ad introdurre alcuni inasprimenti di pena, in particolare con riguardo alla tutela dei minori, recepisce gli orientamenti delle Sezioni unite della Cassazione in materia di coltivazione domestica ad uso personale e della Corte costituzionale per i casi di lieve entità. A tale proposito ritiene che quest'ultimo approccio sia del tutto in linea con i capisaldi della riforma del processo penale, sulla base dei quali i fatti di lieve entità non devono necessariamente concludersi con l'esito del carcere. Pertanto, nel rilevare come il testo della Lega sia contrario a tale orientamento, dal momento che attribuisce ai casi di lieve entità una pena superiore rispetto ai fatti più gravi, ribadisce l'invito ai colleghi a discutere sul testo base, proponendo un termine ampio per la presentazione di proposte emendative.

  Michele SODANO (MISTO), nel ringraziare la Commissione per il lavoro sin qui svolto, precisando di partecipare alla seduta in sostituzione del collega Trizzino, ritiene che il testo unificato proposto dal presidente contemperi le istanze di tutti, dal momento che interviene in tema di inasprimento delle pene e contestualmente recepisce gli orientamenti della Corte di Cassazione e della Corte costituzionale. Si associa quindi alla proposta del collega Saitta di procedere nella seduta odierna all'adozione del testo base, concordando un termine ampio per la presentazione delle proposte emendative.

  Roberto TURRI (LEGA), rivolgendosi al collega Saitta, fa presente che non è sufficiente dichiarare di voler essere costruttivo, per dimostrarsi realmente tale. Con riguardo alle considerazioni dell'onorevole Magi circa la disponibilità della proposta di testo unificato, precisa che la Commissione Giustizia negli ultimi quindici giorni è stata impegnata nell'esame della riforma del processo penale. Pertanto, non entrando nel merito dei contenuti del testo unificato proposto, ritiene ragionevole il rinvio della votazione alla ripresa dei lavori dopo la pausa estiva.

  Eugenio SAITTA (M5S), nel chiedere scusa al collega Turri, precisa che la sua proposta intendeva essere effettivamente costruttiva dal momento che, in ragione della richiesta di un ulteriore tempo di riflessione, aveva ipotizzato un termine ampio per la presentazione degli emendamenti. Rileva inoltre come la sintesi operata dal presidente Perantoni, che si muove peraltro in un perimetro normativo molto ristretto, sia intervenuta dopo il fallimento del precedente relatore Morrone. Sottolinea inoltre come la Lega, nell'eventualità che non condivida alcuni dei contenuti del testo unificato proposto dal presidente, sia libera di avanzare qualsiasi proposta emendativa alla luce delle proprie sensibilità. Nel rilevare che il testo unificato proposto consta di soli quattro articoli e che il collega Turri è stato in grado di leggere in poche ore il contenuto delle molte proposte emendative, presentate dal Governo al disegno di legge sul processo penale, affinché potessero essere votate il giorno dopo, invita ad adottare il testo base e ad individuare un ampio termine per la presentazione delle proposte emendative.

  Martina PARISSE (CI), anche alla luce della natura dell'intervento del collega Magi, che ha parzialmente riguardato anche il merito dei provvedimenti, considera evidente il carattere divisivo del testo unificato proposto, richiamando la necessità di un rinvio della votazione, sollecitato da ben cinque gruppi politici.

  Walter VERINI (PD) ritiene che, nonostante la delicatezza del tema, i tempi siano maturi per l'esame della Commissione. Nel richiamarsi alle esigenze di approfondimento manifestate dal collega Maschio, dichiara di condividere la proposta dei colleghi Bazoli, Conte, Magi e Saitta rilevando come la maggioranza della Commissione si sia espressa in favore della votazione. Nel sottolineare che è prevista a breve la ripresa dei lavori dell'Assemblea e che una Pag. 38parte, per quanto minoritaria, della Commissione non vuole procedere alla votazione, propone di rinviare l'adozione del testo base alla giornata di domani, fissando poi un termine ampio per la presentazione delle proposte emendative. Rammenta da ultimo che adottare il testo base non significa accoglierlo in tutte le sue parti.

  Andrea CECCONI (M-MAIE-PSI-FE), con riguardo alla proposta del collega Verini, ricorda che a breve verrà posta la questione di fiducia sul decreto-legge n. 80 del 2021 all'esame dell'Assemblea e che di conseguenza nella giornata di domani i provvedimenti in sede referente non potranno essere esaminati dalle Commissioni. Pertanto rileva la necessità di convenire tutti insieme sulla necessità di procedere comunque alla votazione nella giornata di domani.

  Mario PERANTONI, presidente, con riguardo alle considerazioni del collega Cecconi, fa presente che la convocazione della Commissione sarà preclusa dalla posizione della questione di fiducia da parte del Governo, anche in caso di accordo fra tutti i gruppi. Rileva inoltre l'esigenza di rispettare entrambe le posizioni espresse nel corso del dibattito. A tale proposito fa presente che, in qualità di relatore riterrebbe preferibile procedere all'adozione del testo base nella seduta odierna, concedendo un tempo ampio per la presentazione delle proposte emendative. In considerazione però del suo ruolo di presidente, sottolinea la volontà di mantenere unita la Commissione, indipendentemente dal peso ponderale delle posizioni espresse. Nel sottolineare in particolare la posizione del gruppo di Fratelli d'Italia che ha preannunciato l'intenzione di approfondire il testo intervenendo in maniera consistente in sede di dichiarazione di voto, ritiene preferibile soprassedere alla prevista votazione. Preannuncia pertanto la convocazione per gli inizi di settembre di una seduta della Commissione dedicata all'adozione del testo base, augurandosi che la disponibilità manifestata dalla presidenza venga raccolta dai gruppi che oggi hanno chiesto di non procedere alla votazione. Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 17.35.

ATTI DEL GOVERNO

  Mercoledì 4 agosto 2021. — Presidenza del presidente Mario PERANTONI. — Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia, Francesco Paolo Sisto.

  La seduta comincia alle 17.45.

Schema di decreto ministeriale recante regolamento concernente modifiche al regolamento di cui al decreto del Ministro della giustizia 25 febbraio 2016, n. 47, recante disposizioni per l'accertamento dell'esercizio della professione forense.
Atto n. 261.
(Seguito esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto in titolo, rinviato nella seduta del 15 luglio 2021.

  Mario PERANTONI, presidente, nel rammentare che il termine per l'espressione del parere da parte della Commissione scadrà il 14 agosto prossimo, sostituendo il relatore impossibilitato a partecipare ai lavori della Commissione, formula una proposta di parere favorevole (vedi allegato).

  Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere favorevole formulata dal relatore.

  La seduta termina alle 17.50.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO
DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  L'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, si è riunito dalle 17.50 alle 17.55.