CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 16 giugno 2021
607.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (II e VIII)
COMUNICATO
Pag. 13

SEDE REFERENTE

  Mercoledì 16 giugno 2021. — Presidenza del presidente della VIII Commissione, Alessia ROTTA. – Intervengono, da remoto, i sottosegretari alla transizione ecologica, Ilaria Fontana, e alla giustizia, Francesco Paolo Sisto.

  La seduta comincia alle 15.45.

Modifiche al codice civile in materia di classificazione e regime giuridico dei beni, nonché definizione della nozione di ambiente.
C. 1744 D'Ippolito.
(Esame e rinvio).

  Le Commissioni iniziano l'esame del provvedimento in titolo.

  Giuseppe D'IPPOLITO (M5S), relatore per la VIII Commissione, in qualità di relatore per la VIII Commissione, riferisce sulle prime tre disposizioni dalla proposta di legge in esame, lasciando alla collega della Commissione Giustizia l'illustrazione dei successivi articoli della proposta di legge.
  I primi tre articoli sono accomunati dalla esigenza di dare maggiore risalto nel nostro ordinamento alla tutela dell'ambiente, declinandone le caratteristiche generali. A tal riguardo, nella relazione illustrativa viene opportunamente evidenziato come la proposta di legge in esame effettui l'ambizioso tentativo di introdurre nell'ordinamento nazionale la nozione di «ambiente».
  Anche alla luce del rilievo che tale bene giuridico assume in tutte le politiche settoriali, sia interne che sovranazionali, appare estremamente singolare che resista questa grave lacuna del nostro ordinamento. Infatti, pur essendo menzionato in Costituzione, non si rinviene nell'attuale panorama legislativo una vera e propria definizione di questo concetto, neppure nel cosiddetto codice dell'ambiente, ovvero nel decreto legislativo n. 152 del 2006, che viene integrato dal testo in esame.
  Da un lato, quindi, l'articolo 1 integra il citato decreto n. 152 proprio al fine di chiarire che la disciplina da esso recata è attuativa anche dell'articolo 117 della Costituzione che, come noto reca nella sua ultima formulazione – alla lettera s) del secondo comma – affida allo Stato la legislazione esclusiva nella materia della «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali».
  Dall'altro lato, la definizione di ambiente è esplicitata all'articolo 2 che, novellando anch'esso il decreto n. 152 del 2006, si riferisce «al sistema di relazioni Pag. 14tra i fattori antropici, naturalistici, chimico-fisici, climatici, paesaggistici, architettonici, culturali, agricoli ed economici». L'articolo in commento reca anche un'elencazione non esaustiva degli elementi che possono essere ricompresi in tale ambito, elenco che si riferisce al patrimonio naturalistico (paesaggi, bacini idrici, parchi, fauna e flora, eccetera) ma anche a concetti come il suono e gli odori, nonché ad attività umane come l'agricoltura e le pratiche agricole.
  Il comma 2 dispone che i beni compresi nella definizione di ambiente appartengono alla categoria dei beni comuni, ovvero nella nuova classificazione di beni introdotta nel codice civile da questa medesima proposta di legge, sulle cui caratteristiche fa presente che riferirà la collega relatrice della Commissione Giustizia.
  L'articolo 3 inserisce nel cosiddetto codice dell'ambiente una nuova disposizione (articolo 3-septies) che aggiunge ai principi sulla produzione del diritto ambientale già previsti dagli articoli 3-bis e seguenti quello di non regressione: nell'esercizio delle proprie potestà e competenze, le pubbliche amministrazioni rispettano il principio di non regressione, in base al quale la protezione dell'ambiente, garantita dall'ordinamento internazionale e dall'Unione europea, dalle disposizioni legislative e regolamentari, nonché dalla giurisprudenza nazionale e della Corte di giustizia dell'Unione europea, può solo essere oggetto di un costante miglioramento, tenendo conto delle conoscenze scientifiche e tecniche disponibili.
  Conclusivamente, evidenzia che il 9 giugno scorso il Senato ha approvato in prima lettura all'unanimità la proposta di legge costituzionale n. 83, che modifica la Carta costituzionale proprio per specificare agli articoli 9, 41 e 117 come la tutela dell'ambiente – unitamente alla tutela degli ecosistemi e della biodiversità – costituisca un bene fondamentale per il nostro sistema giuridico e valoriale. Ritengo che tale circostanza renda ancora più evidente la necessità di promuovere una definizione legislativa della nozione di ambiente.
  Lascia quindi la parola alla collega Cristina per l'illustrazione delle modifiche e integrazioni al Codice civile disposte dagli articoli da 4 a 8.

  Mirella CRISTINA (FI), relatrice per la II Commissione, nel proseguire nell'illustrazione del provvedimento, fa presente che i successivi articoli da 4 a 8 recano modifiche al codice civile.
  In particolare, sottolinea che l'articolo 4 interviene sulla nozione di bene, di cui all'articolo 810 del codice civile, che apre il Capo I, dedicato ai beni in generale e, con esso, il Libro III Della proprietà. La novella introdotta dall'articolo in esame è volta a valorizzare la dimensione funzionale dei beni, specificando che la nozione di bene comprende sia le cose materiali che quelle immateriali e che oggetto di diritti non sono più le cose ma le utilità derivanti dalle stesse. In proposito, rammenta che la dottrina prevalente concorda circa la validità e l'autonomia sistematica della categoria dei beni immateriali, pur evidenziando come essa ricomprenda fattispecie molto differenti come i diritti della personalità, i diritti di credito, le opere dell'ingegno e le invenzioni industriali, l'impresa intesa come attività. Beni immateriali tradizionali sono innanzitutto le opere dell'ingegno, ossia i frutti dell'attività creativa letteraria o artistica, oggetto del diritto di autore secondo l'articolo 2575, autonomamente disciplinate dalla legge n. 633 del 1941 sul diritto d'autore. Beni immateriali sono anche le invenzioni industriali ex articolo 2584 ossia le creazioni intellettuali realizzate nell'esercizio dell'attività economica, che determinano in capo al soggetto la proprietà industriale dei beni prodotti, purché dotati dei requisiti di originalità, novità e riproducibilità. Tra i beni immateriali si annoverano ora anche le banche dati e bene immateriale dotato di autonoma tutela è considerato anche il software, espressamente disciplinato dalla citata legge sul diritto d'autore, a seguito della modifica introdotta con il decreto legislativo n. 518 del 1992, che ha profondamente modificato e integrato l'articolo 1 della legge sul diritto d'autore.
  Evidenzia che l'articolo 5 della proposta in esame introduce un nuovo comma all'articolo 812 del codice civile che reca la Pag. 15disciplina della distinzione tra beni immobili e beni mobili. Rammento che attualmente beni mobili e beni immobili possono essere appartenenti alle categorie di beni pubblici e beni privati a seconda del soggetto titolare degli stessi. Con la novella in esame si introduce, accanto ai beni pubblici e ai beni privati, la nuova categoria dei beni comuni la cui definizione e la cui disciplina è contenuta nel nuovo articolo 812-bis introdotto nel codice civile dall'articolo 6 della proposta in esame.
  Sottolinea che il citato articolo 6 introduce, oltre all'articolo 812-bis codice civile, relativo ai beni comuni, anche gli articoli 812-ter (beni pubblici), 812-quater (disposizioni comuni ai beni pubblici) e 812-quinquies (beni privati). Con riguardo alla definizione di beni comuni, il nuovo articolo 812-bis individua come tali quelli le cui utilità sono funzionali all'esercizio dei diritti fondamentali della persona umana e alla salvaguardia dell'ambiente. Come già ricordato dal collega D'Ippolito, relatrice per la VIII Commissione, secondo quanto espressamente previsto dall'articolo 2 della proposta in esame, appartengono alla categoria dei beni comuni – tra gli altri – i beni compresi nella definizione di ambiente, così come introdotta dal medesimo articolo 2. L'articolo 812-bis, inoltre, stabilisce, con riguardo alla titolarità dei beni comuni, che la stessa possa essere attribuita a persone giuridiche pubbliche o a privati. In proposito, rammenta che la nozione di bene comune è stata recepita per la prima volta a livello giurisprudenziale con la sentenza n. 3665 del 2011 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione. In tale sentenza la Corte ha sottolineato come oggi non sia più possibile limitarsi, in tema di individuazione dei beni pubblici e collettivi, all'esame della sola normativa codicistica, ma bisogna necessariamente riferirsi anche alle norme costituzionali che, pur non contemplando alcuna definizione dei beni pubblici, e non ponendo in essere alcun tipo di classificazione o tassonomia al riguardo, comunque stabiliscono una serie di principi rilevanti. In questo modo, partendo dagli articoli 2, 9 e 42 della Costituzione e dalla loro diretta applicabilità, le Sezioni Unite hanno avuto modo di affermare che il principio della tutela della personalità e del suo corretto svolgimento all'interno dello Stato sociale, si realizza «... anche nell'ambito del “paesaggio”, con specifico riferimento non solo ai beni costituenti, per classificazione legislativa-codicistica, il demanio e il patrimonio oggetto della “proprietà” dello Stato, ma anche riguardo a quei beni che, indipendentemente da una preventiva individuazione da parte del legislatore, per loro intrinseca natura o finalizzazione risultano, sulla base di una compiuta interpretazione dell'intero sistema normativo, funzionali al perseguimento e al soddisfacimento degli interessi della collettività». La stessa Corte invita a «...guardare al tema dei beni pubblici oltre una visione prettamente patrimoniale-proprietaria per approdare ad una prospettiva personale-collettivistica. Ciò comporta che ... più che allo Stato-apparato, quale persona giuridica pubblica individualmente intesa, debba farsi riferimento allo Stato-collettività, quale ente esponenziale e rappresentativo degli interessi della cittadinanza (collettività) e quale ente preposto alla effettiva realizzazione di questi ultimi». In conseguenza di ciò la Corte supera la tradizionale dicotomia «beni pubblici-beni privati», modellata sull'individuazione della titolarità giuridica del bene, per valorizzarne invece anche la relativa funzione sociale e gli interessi collettivi che i singoli beni possono soddisfare. Pertanto, concludono le Sezioni Unite, «... là dove un bene immobile, indipendentemente dalla titolarità, risulti per le sue intrinseche connotazioni, in particolar modo quelle di tipo ambientale e paesaggistico, destinato alla realizzazione dello Stato sociale come sopra delineato, detto bene è da ritenersi, al di fuori dell'ormai datata prospettiva del dominium romanistico e della proprietà codicistica, “comune” vale a dire, prescindendo dal titolo di proprietà, strumentalmente collegato alla realizzazione degli interessi di tutti i cittadini».
  Ricorda che l'articolo 812-bis, inoltre, specifica che, in ogni caso, deve essere garantita la fruizione collettiva dei beni comuni a prescindere dalla titolarità degli Pag. 16stessi, demandando tuttavia l'individuazione dei limiti e delle modalità della fruizione stessa a successive norme di rango primario ed introduce specifiche disposizioni che riguardano esclusivamente i beni comuni la cui titolarità sia in capo a persone giuridiche pubbliche. Per tali beni si prevede: la collocazione «fuori commercio»; la gestione da parte di soggetti pubblici garantendo la partecipazione della comunità secondo i limiti e le modalità fissati da successiva norma di rango primario; la circolazione nei soli casi previsti dalla legge. L'articolo 812-bis demanda dunque a un successivo intervento legislativo l'individuazione di elementi sostanziali della disciplina dei beni comuni a titolarità pubblica, quali i limiti e la modalità della partecipazione della comunità alla gestione dei beni, sia la definizione dei casi in cui il bene può circolare. Peraltro, la proposta non contiene alcun riferimento alla disciplina dei beni comuni a titolarità privata. L'articolo 812-bis, inoltre, demanda a un successivo intervento legislativo il coordinamento della disciplina dei beni comuni con quella degli usi civici. Infine, ricorda che il nuovo articolo 812-bis in esame prevede specifiche disposizioni per la tutela giurisdizionale dei beni comuni e stabilisce, in particolare: il riconoscimento a chiunque del diritto di agire giurisdizionalmente per la tutela dei diritti connessi alla salvaguardia e alla fruizione dei beni comuni; la legittimazione dello Stato in via esclusiva all'esercizio dell'azione di danni arrecati al bene comune, salvi i casi di legittimazione per la tutela di altri diritti e di interessi; la legittimazione dello Stato all'azione per la riversione dei profitti; è demandata a futuro intervento con norma di rango primario la definizione dei presupposti e delle modalità di esercizio di tale azione.
  Fa presente che l'articolo 812-ter ridisegna la disciplina dei beni pubblici, superando le attuali categorie di beni demaniali e beni patrimoniali. In particolare, tale nuovo articolo, distingue i beni di titolarità pubblica a seconda della loro finalità, individuando le seguenti tre categorie: beni ad appartenenza pubblica necessaria; beni pubblici sociali; beni pubblici fruttiferi. In particolare, il secondo comma dell'articolo 812-ter definisce beni ad appartenenza pubblica necessaria quelli che soddisfano interessi generali fondamentali, la cui cura discende dalle prerogative dello Stato e degli enti pubblici territoriali; la proposta fornisce un elenco a carattere non esaustivo, includendovi le opere destinate alla difesa; le spiagge e le rade; le reti stradali, autostradali e ferroviarie; lo spettro delle frequenze; gli acquedotti; i porti e gli aeroporti di rilevanza nazionale e internazionale. Con riguardo al regime di circolazione, la disposizione specifica che i beni ad appartenenza pubblica necessaria non sono né usucapibili né alienabili e che la loro circolazione può avvenire soltanto tra lo Stato e gli altri enti pubblici territoriali. Con riguardo alla tutela giurisdizionale, la titolarità dell'azione inibitoria e di quella risarcitoria è attribuita allo Stato e agli enti pubblici territoriali; ai medesimi enti è attribuita la titolarità di poteri di tutela in via amministrativa nei casi e secondo le modalità per la cui definizione si rinvia ad un successivo provvedimento legislativo.
  Evidenzia che la seconda categoria di beni pubblici individuata dal terzo comma del nuovo articolo 812-ter è quella dei beni pubblici sociali, definiti come quelli le cui utilità essenziali sono destinate a soddisfare bisogni corrispondenti a diritti civili e sociali della persona. Anche in questo caso la proposta fornisce un elenco a carattere non esaustivo, includendovi le case dell'edilizia residenziale pubblica, gli edifici pubblici adibiti a ospedali, gli istituti di istruzione e gli asili nido; le reti locali di servizio pubblico. Sottolineo che la categoria dei beni pubblici sociali ricalca solo in parte quella dei beni appartenenti al patrimonio indisponibile dello Stato, delle province e dei comuni. Con riguardo al regime di circolazione dei beni pubblici sociali, la proposta specifica che tali beni non sono usucapibili. Centrale rispetto alla disciplina dei beni pubblici sociali è la garanzia della destinazione pubblica con riguardo alla quale si dispone che: è in ogni caso fatto salvo il vincolo reale di destinazione pubblica; la circolazione dei beni è ammessa con mantenimento del vincolo; la cessazione Pag. 17 del vincolo è subordinata alla condizione che gli enti pubblici titolari del potere di rimuoverlo assicurino il mantenimento o il miglioramento della qualità dei servizi sociali erogati.
  Con riguardo infine alla tutela giurisdizionale dei beni pubblici sociali, ricorda che viene rinviata a successivo intervento legislativo l'individuazione: dei casi e delle modalità di esercizio della tutela giurisdizionale in via amministrativa da parte dello Stato e degli enti pubblici anche non territoriali; delle modalità e delle condizioni di tutela giurisdizionale dei beni pubblici sociali anche da parte dei destinatari delle prestazioni.
  Sottolinea che il quarto comma dell'articolo 812-ter, infine, prevede che rientrano nel novero dei beni pubblici, i beni pubblici fruttiferi. Si tratta di una categoria residuale comprendente tutti i beni pubblici non classificabili nelle precedenti categorie. Con riguardo al regime di circolazione si specifica che gli stessi: sono gestibili dalle persone giuridiche pubbliche con strumenti di diritto privato; sono alienabili solo quando siano dimostrati il venir meno della necessità dell'utilizzo pubblico dello specifico bene e l'impossibilità di continuarne il godimento in proprietà con criteri economici. Il nuovo articolo 812-quater, contiene alcune specifiche disposizioni comuni a tutti i beni pubblici. In particolare si stabilisce che tali beni: non possono formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano; possono essere utilizzati da parte di un soggetto privato a fronte del pagamento di un corrispettivo proporzionale ai vantaggi che può trarne l'utilizzatore individuato attraverso il confronto fra più offerte; nella valutazione delle offerte, anche in occasione del rinnovo, si deve in ogni caso tenere conto dell'impatto sociale e ambientale dell'utilizzazione; devono essere gestiti assicurando un'adeguata manutenzione e un idoneo sviluppo anche in relazione al mutamento delle esigenze di servizio.
  Osserva, infine, che l'articolo 6 della proposta di legge introduce anche il nuovo articolo 812-quinquies del codice civile che contiene una definizione residuale di beni privati, che sono i beni che non rientrano nelle categorie dei beni comuni e dei beni pubblici. L'articolo 7 della proposta di legge, in conseguenza dell'introduzione della nuova disciplina dei beni comuni e dei beni pubblici, abroga la disciplina attuale concernente: i beni appartenenti al demanio pubblico (articolo 822 e articolo 824 del codice civile), la loro condizione giuridica (articolo 823 del codice civile) e i diritti demaniali su beni altrui (articolo 825 del codice civile); i beni appartenenti al patrimonio dello Stato, delle province e dei comuni (articolo 826 del codice civile), i beni immobili vacanti (articolo 827 del codice civile), la loro condizione giuridica (articolo 828 del codice civile); il passaggio di beni dal demanio al patrimonio (articolo 829 del codice civile); i beni degli enti pubblici non territoriali (articolo 830 del codice civile). Fa presente che vengono quindi abrogati tutti gli articoli del Capo II (Dei beni appartenenti allo Stato, agli enti pubblici e agli enti ecclesiastici), con eccezione dell'articolo 831 che contiene la disciplina dei beni appartenenti agli enti ecclesiastici.
  Rileva, inoltre, che l'articolo 8 prevede alcune modifiche al codice civile, in funzione di coordinamento con la nuova classificazione introdotta dagli articoli 4-6. In particolare, la disposizione assoggetta al regime dei beni comuni le cose di proprietà privata, immobili e mobili, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnografico (modificando l'articolo 839 del codice civile). Come già ricordato, in base al nuovo articolo 812-bis del codice civile, anche per i beni comuni a titolarità privata deve essere garantita la fruizione collettiva. Spetterà alla legge determinarne le modalità. La disposizione sostituisce il riferimento ai beni demaniali con quello ai beni comuni per quanto riguarda: i terreni abbandonati dalle acque correnti, che insensibilmente si ritirano da una delle rive portandosi sull'altra (articolo 942 del codice civile, primo comma); i terreni abbandonati dal mare, dai laghi, dalle lagune e dagli stagni (articolo 942 del codice civile, terzo comma); le isole e unioni di terra che si formano nel letto dei fiumi o torrenti Pag. 18(articolo 945 del codice civile); il terreno (alveo) abbandonato dal fiume o dal torrente, che hanno formato un nuovo letto (articolo 946 del codice civile). Inoltre, modificando l'articolo 879 del codice civile, l'articolo 8 esclude che tutti i beni pubblici possano essere soggetti agli obblighi di vicinato ed alla comunione forzosa (oggi l'esclusione opera solo rispetto ai beni demaniali ed ai beni soggetti allo stesso regime). Infine, la disposizione interviene sull'articolo 1145 del codice civile, in base al quale il possesso delle cose di cui non si può acquistare la proprietà (cosiddetta res extra commercium, tipicamente i beni demaniali) è senza effetto. Rammento che il principio sancito dal primo comma dell'articolo 1145, esclude la configurabilità di un possesso ad usucapionem relativamente a tutti i beni demaniali o comunque soggetti al regime proprio del demanio pubblico. Si può, pertanto, configurare un possesso del privato utile all'usucapione solo nel caso in cui i suddetti beni cessino di essere demaniali (C. 4811/1992), anche per il solo tramite di una sdemanializzazione tacita (C. 4811/1992). La riforma: ammette nei rapporti tra privati la tutela possessoria, nelle forme dell'azione di spoglio, rispetto ai beni pubblici e ai beni comuni di titolarità pubblica (attualmente tale tutela è consentita per i beni appartenenti al demanio pubblico); consente l'azione di manutenzione in riferimento all'esercizio di facoltà che possono formare oggetto di attribuzioni amministrative. Ricordo che attualmente il terzo comma dell'articolo 1145 fa riferimento a concessioni amministrative e il mutamento lessicale pare determinato dall'abbandono della categoria dei beni demaniali.
  Da ultimo, fa presente che l'articolo 9 reca una clausola di invarianza finanziaria e che l'articolo 10 prevede che le modifiche al codice civile – di cui agli articoli da 4 a 8 della proposta – entrino in vigore decorsi 6 mesi dalla pubblicazione della legge in Gazzetta ufficiale. Presumibilmente tale termine dovrebbe consentire al legislatore di approvare la disciplina legislativa cui le modifiche al codice civile fanno ampiamente rinvio. Gli articoli da 1 a 3 della proposta, relativi alle modifiche al Codice dell'ambiente, sono invece destinati ad entrare in vigore dopo 15 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta.

  I sottosegretari Ilaria FONTANA e Francesco Paolo SISTO, collegati da remoto, si riservano di intervenire in una successiva seduta.

  Alessia ROTTA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 15.50.