CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 1 dicembre 2020
484.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Lavoro pubblico e privato (XI)
COMUNICATO
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ATTI DELL'UNIONE EUROPEA

  Martedì 1° dicembre 2020. — Presidenza della presidente Debora SERRACCHIANI.

  La seduta comincia alle 13.15.

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a salari minimi adeguati nell'Unione europea.
(COM(2020) 682 final).
Documento di lavoro dei servizi della Commissione – Sintesi della relazione sulla valutazione d'impatto.
(SWD(2020) 246 final).
(Esame congiunto, ai sensi dell'articolo 127, comma 1, del Regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame congiunto dei provvedimenti in oggetto.

  Debora SERRACCHIANI, presidente, avverte che la Commissione avvia oggi l'esame degli atti europei in titolo.
  Ricorda che, ai sensi dell'articolo 127, comma 2, del Regolamento, l'esame può eventualmente concludersi con l'approvazione di un documento finale, in cui la Commissione esprime il proprio avviso sull'opportunità di possibili iniziative da assumere in relazione a tali atti.
  Invita, quindi, la relatrice, onorevole Segneri, a svolgere la relazione introduttiva.

  Enrica SEGNERI (M5S), relatrice, rileva preliminarmente che l'introduzione di un salario minimo, nelle intenzioni della Commissione, costituisce una delle principali misure per l'attuazione del Pilastro europeo dei diritti sociali, che, al principio 6, fa appunto riferimento a retribuzioni minime adeguate. Esse sono fondamentali per garantire ai lavoratori dell'Unione europea condizioni di vita e di lavoro adeguate, come pure per costruire società ed economie eque e resilienti, conformemente all'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite e ai relativi obiettivi di sviluppo sostenibile. Pertanto, come specificato nelle premesse della proposta di direttiva, la convergenza tra gli Stati membri in questo settore contribuisce alla promessa di una prosperità condivisa nell'Unione. Ciò consentirebbe di migliorare l'equità del mercato del lavoro dell'UE, di stimolare miglioramenti della produttività e di promuovere il progresso economico e sociale. Infatti, la concorrenza nel mercato Pag. 54unico, oltre a basarsi su innovazione e miglioramenti della produttività, non può prescindere da standard sociali elevati.
  La fissazione di un livello minimo di retribuzione, infatti, assicura una vita dignitosa ai lavoratori, contribuisce a sostenere la domanda interna, rafforza gli incentivi al lavoro e riduce la povertà lavorativa e le disuguaglianze nella fascia più bassa in termini di distribuzione salariale. La tutela garantita dal salario minimo promuove inoltre la parità di genere, poiché tra i lavoratori che percepiscono un salario pari o vicino al salario minimo le donne risultano più numerose degli uomini.
  L'esigenza di introdurre uno stimolo a unificare le condizioni minime in termini salariali nasce dalla constatazione, esplicitata dalle medesime premesse, di un aumento costante della forbice tra salari bassi e salari alti, conseguenza del rimodellarsi dei mercati del lavoro, sotto la spinta della globalizzazione e della digitalizzazione, che ha portato all'aumento di forme di lavoro atipiche, caratterizzate, specie nel settore dei servizi, da bassi salari e basse qualifiche, non raggiunte dalla copertura sindacale.
  Secondo la Commissione, la percentuale di persone che si trovano in condizioni di povertà pur avendo un lavoro è aumentata, tra il 2007 e il 2018, dall'8,3 al 9,4 per cento del totale della forza lavoro dell'UE. In termini statistici, la povertà lavorativa colpisce maggiormente i soggetti con basso grado di istruzione, le donne, le famiglie monoparentali e quelle numerose, i lavoratori a tempo parziale o a tempo determinato, i lavoratori autonomi.
  A tutto ciò va ad aggiungersi la drammatica crisi economico-sociale generata dall'epidemia di COVID-19, che ha colpito e sta colpendo in modo particolare i settori caratterizzati da un'elevata percentuale di lavoratori a basso salario (pulizie; commercio al dettaglio; sanità e assistenza sanitaria; lavoratori agricoli).
  La situazione nell'Unione europea è molto variegata, dal momento che in sei Stati membri il salario minimo è fissato dalla contrattazione collettiva, mentre in ventuno Stati membri esso è fissato per legge. Tuttavia, i salari minimi legali nazionali sono inferiori al 60 per cento del salario mediano o al 50 per cento del salario medio in quasi tutti gli Stati membri in cui sono previsti salari minimi legali nazionali e alcuni gruppi specifici di lavoratori sono esclusi dalla tutela garantita dai salari minimi legali nazionali. Infine, negli Stati membri che fanno affidamento sulla contrattazione collettiva, alcuni lavoratori non sono coperti dalla tutela garantita dal salario minimo fornita dai contratti collettivi. Infine, la maggioranza (quasi il 60 per cento a livello dell'UE) dei lavoratori che percepiscono un salario minimo è costituita da donne.
  Come risulta dai dati, la media del salario minimo nell'UE è troppo bassa e insufficiente ad assicurare un'esistenza dignitosa ai lavoratori che li percepiscono, come dimostrano i dati forniti dalla Commissione. Va precisato che la proposta della Commissione non obbliga gli Stati membri a introdurre salari minimi legali, né fissa un livello comune dei salari minimi, ma prevede una risposta differente a seconda della situazione normativa esistente a livello nazionale, distinguendo a seconda che i vari ordinamenti prevedano o meno salari minimi legali. Essa, infatti, si limita a stabilire prescrizioni minime a livello dell'Unione, in particolare per garantire una migliore adeguatezza dei salari minimi legali (ove esistenti), anche mediante la definizione di criteri stabili e chiari per determinarli e aggiornarli e un maggiore coinvolgimento delle parti sociali per la loro definizione; promuovere la contrattazione collettiva in tutti gli Stati membri, in particolare in quelli in cui la copertura della contrattazione collettiva è inferiore al 70 per cento dei lavoratori.

  La Commissione legittima la sua iniziativa sulla base dell'articolo 153, paragrafo 1, lettera b), del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), il quale stabilisce che l'Unione sostiene e completa l'azione degli Stati membri nel settore delle condizioni di lavoro, ritenendo i salari, compresi quelli minimi, una componente fondamentale delle condizioni di lavoro. Pag. 55
  L'articolo 153, paragrafo 5, proibisce inoltre l'adozione di iniziative dell'Unione in materia di retribuzioni, divieto che è stato interpretato dalla Corte di giustizia come avente ad oggetto tutte le misure che incidano direttamente sulla determinazione delle retribuzioni negli Stati membri. Pertanto, alle istituzioni europee sembra preclusa qualsiasi misura volta ad armonizzare il livello dei salari minimi in tutta l'UE o a stabilire un meccanismo uniforme per la fissazione dei salari minimi.

  La Commissione europea afferma tuttavia che la proposta non incide, se non indirettamente, sulla quantificazione delle retribuzioni nell'Unione, limitandosi a porre condizioni utili affinché i salari minimi siano fissati a livelli adeguati in tutti gli Stati membri, tramite la contrattazione collettiva o iniziative legislative, e affinché ne sia assicurato il rispetto e l'applicazione efficace.
  Si ricorda a tale proposito che, ai sensi dell'articolo 288, paragrafo 3, del TFUE, le direttive pongono in capo agli Stati membri obblighi giuridici di risultato, rimanendo riservata alla loro discrezionalità la selezione della forma e dei mezzi necessari a darvi attuazione, purché questi risultino idonei a realizzare l'effettiva efficacia delle disposizioni della direttiva e siano adottati entro il termine di recepimento.
  La proposta di direttiva, pertanto, punta a fornire un quadro di riferimento entro il quale i singoli Stati possano determinare il livello di salario minimo garantito con lo strumento della contrattazione collettiva o della norma di legge, nel pieno rispetto della specificità dei sistemi nazionali, delle competenze nazionali nonché dell'autonomia e della libertà contrattuale delle parti sociali. La proposta è, inoltre, concepita in modo tale da salvaguardare l'accesso al lavoro e da tenere conto delle conseguenze sulla creazione di posti di lavoro e sulla competitività, anche per quanto riguarda le PMI. La direttiva proposta, si legge nelle premesse, prevede flessibilità sufficiente per tenere conto degli sviluppi economici e sociali, comprese le tendenze in termini di produttività e occupazione.
  Come ha rilevato il Governo nella relazione, trasmessa ai sensi dell'articolo 6, comma 5, della legge n. 234 del 2012, la presente direttiva non impone a Stati come l'Italia, nei quali la tutela garantita dal salario minimo sia fornita esclusivamente mediante contratti collettivi, l'obbligo di introdurre un salario minimo legale né di rendere i contratti collettivi universalmente applicabili.
  La proposta di direttiva intende favorire la fissazione a un livello «adeguato» delle retribuzioni minime dei lavoratori dell'Unione, per garantire loro uno standard di vita dignitoso, attraverso la costruzione di un quadro di contesto che rispetti le tradizioni nazionali e le libertà delle parti sociali.
  Infatti, essa ha l'intento «di migliorare le condizioni di vita e di lavoro nell'Unione» e istituisce, dunque, «un quadro per la determinazione di livelli adeguati di salari minimi e l'accesso dei lavoratori alla tutela garantita dal salario minimo, sotto forma di salari determinati da contratti collettivi o di un salario minimo legale, laddove esistente».
  Anche se la direttiva specifica che «nessuna disposizione della presente direttiva può essere interpretata in modo tale da imporre agli Stati membri nei quali la determinazione dei salari sia garantita esclusivamente mediante contratti collettivi l'obbligo di introdurre un salario minimo legale o di rendere i contratti collettivi universalmente applicabili», essa tuttavia vuole sollecitare gli Stati membri ad adottare misure volte a promuovere «lo sviluppo e il rafforzamento della capacità delle parti sociali di partecipare alla contrattazione collettiva sulla determinazione dei salari a livello settoriale o intersettoriale» nonché il potenziamento di «negoziazioni costruttive, significative e informate sui salari tra le parti sociali».
  La proposta di direttiva, dunque, sembra andare nella direzione della fissazione di un salario minimo «adeguato» e lo strumento adottato per tale obiettivo potrà essere la legge o il contratto collettivo.
  Anche se la soluzione adottata dalla Commissione non sempre appare semplice Pag. 56– lasciando aperta l'individuazione dello strumento e dei parametri – e nonostante tali rilievi, meritevoli di approfondimenti vista la delicatezza del tema, in chiave negoziale l'iniziativa sembra contare sul favore, tra gli altri, di Italia, Spagna e Francia, mentre altri Stati membri, in particolare alcuni nordici, condividerebbero gli obiettivi ma non la forma della proposta, poiché avrebbero preferito una mera raccomandazione, dunque uno strumento di soft law.
  Venendo più dettagliatamente al contenuto della proposta, e rimandando comunque per ulteriori approfondimenti alla documentazione predisposta dagli uffici, rileva che essa consta di quattro Capi e diciannove articoli.
  Il Capo I (articoli 1-4) reca le disposizioni generali. L'articolo 1 definisce l'oggetto della direttiva, cioè quello di istituire un quadro a livello dell'Unione per la determinazione di livelli adeguati di salari minimi e per l'accesso dei lavoratori alla tutela garantita dal salario minimo, sotto forma di salari determinati da contratti collettivi o di un salario minimo legale, laddove esistente.
  L'articolo 2 chiarisce l'ambito di applicazione della direttiva, che comprende i lavoratori che hanno un contratto di lavoro o un rapporto di lavoro quali definiti dal diritto, dai contratti collettivi o dalle prassi in vigore in ciascuno Stato membro, tenendo conto della giurisprudenza della Corte di giustizia dell'UE. A giudizio della Commissione, tale approccio consente di contrastare il rischio che dall'ambito di applicazione della direttiva stessa resti escluso un numero crescente di lavoratori atipici, quali i lavoratori domestici, i lavoratori a chiamata, i lavoratori intermittenti, i lavoratori con voucher, i falsi lavoratori autonomi, i lavoratori tramite piattaforma digitale, i tirocinanti e gli apprendisti.
  L'articolo 3 contiene le definizioni di una serie di termini e nozioni necessari per interpretare le disposizioni della direttiva, mentre l'articolo 4 mira ad aumentare la copertura della contrattazione collettiva, imponendo tra l'altro agli Stati membri in cui la copertura della contrattazione collettiva non raggiunge almeno il 70 per cento dei lavoratori di prevedere un quadro per la contrattazione collettiva e di istituire un piano d'azione per promuoverla, che deve essere reso pubblico e notificato alla Commissione europea.
  Il Capo II (articoli 5-8) concerne i salari minimi legali e si applica solo agli Stati membri in cui sono previsti salari minimi legali. Si impone a tali Stati membri di adottare le misure necessarie a garantire una loro migliore adeguatezza, anche mediante la definizione di criteri stabili e chiari per determinarli e aggiornarli e un maggiore coinvolgimento delle parti sociali per la loro definizione.
  I criteri nazionali devono comprendere almeno il potere d'acquisto dei salari minimi, tenuto conto del costo della vita e dell'incidenza delle imposte e delle prestazioni sociali, il livello generale dei salari lordi e la loro distribuzione, il tasso di crescita dei salari lordi e l'andamento della produttività del lavoro.
  Il Capo III (articoli 9-12) reca le disposizioni orizzontali. L'articolo 9 prevede che, nell'esecuzione degli appalti pubblici e dei contratti di concessione, gli operatori economici (compresa la successiva catena di subappalto) siano tenuti a conformarsi ai salari applicabili stabiliti dalle contrattazioni collettive e ai salari minimi legali, laddove esistenti.
  L'articolo 10 concerne l'istituzione di un sistema efficace di monitoraggio e raccolta dei dati per tutti gli Stati membri, anche mediante relazioni annuali degli Stati membri alla Commissione, unitamente a un dialogo strutturato.
  L'articolo 11, fatte salve le forme specifiche di ricorso e risoluzione delle controversie previste, ove applicabili, dai contratti collettivi, impone, tra l'altro, agli Stati membri di garantire ai lavoratori, compresi quelli il cui rapporto di lavoro è terminato, l'accesso a una risoluzione efficace e imparziale delle controversie e il diritto di ricorso, compreso il diritto a una compensazione adeguata, in caso di violazione dei loro diritti relativi ai salari minimi legali o alla tutela garantita dal salario minimo, fornita dai contratti collettivi. Pag. 57
  L'articolo 12 impone agli Stati membri di prevedere sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive in caso di violazioni delle disposizioni nazionali che istituiscono la tutela garantita dal salario minimo.
  Il Capo IV (articoli 13-19) reca le disposizioni finali.
  Secondo la Commissione, l'adozione della proposta comporterà salari minimi più elevati in circa la metà degli Stati membri e in alcuni Stati membri l'aumento dei salari minimi legali potrebbe essere superiore al 20 per cento. Inoltre, l'aumento dei salari minimi fino al 60 per cento del salario mediano o al 50 per cento del salario medio comporterebbe una riduzione del 10 per cento delle disuguaglianze salariali e della povertà lavorativa e una riduzione media del 5 per cento circa del divario retributivo di genere.

  Debora SERRACCHIANI, presidente, poiché nessuno chiede di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 13.25.