CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 11 novembre 2020
469.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Politiche dell'Unione europea (XIV)
COMUNICATO
Pag. 237

SEDE CONSULTIVA

  Mercoledì 11 novembre 2020. — Presidenza del presidente Sergio BATTELLI.

  La seduta comincia alle 11.35.

DL 130/2020: Disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale.
C. 2727 Governo.
(Parere alla I Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in titolo.

  Piero DE LUCA (PD), relatore, ricorda che la Commissione è chiamata ad esaminare, ai fini del parere da rendere alla I Commissione Affari costituzionali, il disegno di legge che dispone la conversione in legge del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, recante disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici e ai locali di pubblico trattenimento e di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale.
  In via preliminare osserva che il provvedimento, che si compone di 16 articoli, delinea un mutamento significativo della strategia in materia di immigrazione, protezione internazionale e di politiche di integrazione, ed assolve in primo luogo l'obiettivo di recepire le osservazioni formulate dal Presidente della Repubblica in sede di emanazione del decreto-legge n. 113 del 2018 (c.d. decreto immigrazione e accoglienza) e di promulgazione della legge n. 77 del 2019, di conversione del decreto-legge n. 53 del 2019 (c.d. «decreto sicurezza bis»).
  Segnala che la relazione illustrativa osserva in proposito che il decreto-legge trae origine dalla necessità e urgenza di chiarire alcuni profili della vigente disciplina in materia di immigrazione per tenere conto dei principi costituzionali e di diritto internazionale operanti in materia, ponendo al contempo rimedio ad aspetti funzionali che hanno generato difficoltà applicative. Il rispetto degli obblighi costituzionali e internazionali, ivi compreso il diritto dell'Unione europea, costituisce, in tal senso, uno degli obiettivi principali del provvedimento, che si traduce, anzitutto, nella prima novella, disposta dall'articolo 1, comma 1, lettera) del decreto-legge, all'articolo 5, comma 6, del Testo unico dell'immigrazione (di cui al Dlgs. 286/98), volta a precisare che nell'adozione dei provvedimenti di rifiuto o revoca del permesso di soggiorno è sempre fatto salvo il rispetto degli obblighi costituzionali o internazionali dello Stato, laddove invece il testo del citato art. 5, comma 6, – introdotto DL n. 113/2018 – prevedeva che il rifiuto o la revoca del permesso di soggiorno potessero essere adottati sulla base di convenzioni o accordi internazionali, resi esecutivi in Italia, «quando lo straniero non soddisfi le condizioni di soggiorno applicabili in uno degli Stati contraenti». Ricorda che nella formulazione ancora antecedente al decreto-legge n. 113 del 2018, la disposizione prevedeva invece il riferimento al ricorrere di «seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano», inciso questo, come detto, abrogato dal decreto-legge del 2018, con ciò facendo venire meno l'ambito di discrezionalità nella valutazione dei «seri motivi» attribuita al questore.
  A tale ultimo proposito, per meglio inquadrare la questione, evidenzia in particolare che nell'emanare il primo decreto-legge «sicurezza», il Presidente della Repubblica inviava una lettera al Presidente del Consiglio dei ministri (in data 4 ottobre Pag. 2382018), rilevando, in via generale, come restassero «fermi gli obblighi costituzionali e internazionali dello Stato, pur se non espressamente richiamati nel testo normativo, e, in particolare, quanto direttamente disposto dall'art. 10 della Costituzione e quanto discende dagli impegni internazionali assunti dall'Italia». Rammenta al riguardo che l'articolo 10 della Carta costituzionale si sofferma sulla condizione giuridica dello straniero, prescrivendo per essa (al secondo comma) sia una riserva di legge, sia la conformità alle norme ed ai trattati internazionali e prevedendo al contempo (al terzo comma) che «lo straniero, al quale sia impedito nel suo Paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, abbia diritto all'asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge».
  Rileva che la riserva di legge affermata dal citato comma 3 dell'articolo 10 per il diritto all'asilo dello straniero non è stata seguita, ad oggi, da una specifica legge attuativa, ma la giurisprudenza ha affermato il carattere precettivo e la conseguente immediata operatività della disposizione costituzionale, la quale con sufficiente chiarezza delinea la fattispecie che fa sorgere in capo allo straniero il diritto di asilo. Sottolinea, peraltro, come vada tenuto presente che per lungo tempo l'Italia ha avuto una disciplina limitata solo al riconoscimento dello status di rifugiato – a seguito dell'adesione alla Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 – e solo a seguito della ratifica della Convenzione di Dublino del 15 giugno 1990 è intervenuta una normativa sulla determinazione dello Stato competente per l'esame di una domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri della Comunità europea.
  Sottolinea che a dare impulso ad una maggiore articolazione della disciplina normativa nazionale è stata proprio l'incidenza delle disposizioni comunitarie. Rammenta infatti come l'asilo, nelle sue varie articolazioni, sia una materia di competenza dell'Unione europea, la quale vi persegue una «politica comune», mediante un «sistema europeo comune di asilo» (articolo 78 del TFUE), laddove il termine «asilo», a seguito di un'evoluzione terminologica, è assimilabile nel linguaggio normativo dell'Unione europea alla «protezione internazionale», che, ricorda, può essere accordata sulla base di tre fattispecie: 1) il riconoscimento dello status di rifugiato, ossia la forma di protezione accordata a chi sia esposto nel proprio Paese ad atti di persecuzione individuale, configuranti una violazione grave dei suoi diritti fondamentali; 2) la protezione sussidiaria, accordata a chi, pur non oggetto di specifici atti individuali di persecuzione, correrebbe il rischio effettivo di subire un grave danno se ritornasse nel Paese di origine; 3) la protezione temporanea. Evidenzia che, mentre le prime due tipologie sono la specificazione di una medesima voce inerente alla «protezione internazionale» – dicitura ricorrente nei recenti atti normativi dell'Unione europea, intesi ad 'avvicinare' la disciplina di queste due diverse forme di protezione – la terza, ossia la protezione temporanea, è una procedura di carattere eccezionale che garantisce – nei casi di afflusso massiccio o di imminente afflusso massiccio di sfollati, provenienti da Paesi non appartenenti alla UE, che non possono rientrare nel loro Paese d'origine – una tutela immediata e temporanea, in particolare qualora sussista il rischio che il sistema d'asilo non possa far fronte a tale afflusso.
  A tale ultimo riguardo ricorda che, sino ad oggi, questa forma di protezione temporanea non ha ricevuto applicazione, atteso che nessuna decisione delle Istituzioni europee ha finora accertato il «massiccio afflusso» di sfollati che ne costituisce il presupposto e, non a caso, nel nuovo «Patto sulla migrazione e l'asilo» presentato a settembre 2020, la Commissione europea ha proposto di abrogare la direttiva 2001/55/CE e sostituirla con un regolamento che disciplini le situazioni di crisi e di forza maggiore. Fa notare che questo ultimo istituto di derivazione europea non va confuso con la distinta fattispecie dalla «protezione temporanea per motivi umanitari», che è solo di fonte interna all'ordinamento italiano, essendo stata introdotta dalla cd. Pag. 239legge Turco-Napolitano del 1998 e indi trasfusa nell'articolo 20 del Testo unico dell'immigrazione, a sua volta inciso dal citato il decreto-legge n. 113 del 2018, il quale ha soppresso la protezione per motivi umanitari come istituto generale, mantenendone tuttavia alcune enumerate e tipizzate forme di specifica applicazione (c.d. permessi di soggiorni speciali).
  Per riassumere e comprendere meglio la portata del decreto-legge in esame e le sue interrelazioni con l'ordinamento europeo, evidenzia come oggi il sistema della protezione dello straniero in Italia sia articolato su tre livelli: il riconoscimento dello status di rifugiato, la protezione sussidiaria e la protezione umanitaria; mentre le prime due forme di protezione trovano fonte diretta nelle normative internazionali ed europee (lo status di rifugiato nella citata Convenzione di Ginevra ratificata dall'Italia con legge n. 722/1954 e richiamata dalla direttiva 2011/95/UE; la protezione sussidiaria nella medesima direttiva 2011/95/UE), la predetta protezione umanitaria è un istituto riconducibile a previsioni dell'ordinamento interno: l'art. 6, paragrafo 4, della direttiva 115/2008/UE prevede infatti «la possibilità – non già l'obbligo – per gli Stati membri di estendere l'ambito delle forme di protezione tipiche sino a ricomprendere “motivi umanitari, caritatevoli o di altra natura”, rilasciando allo scopo un apposito permesso di soggiorno».
  Alla luce di tale disciplina sottolinea come, coerentemente, la Corte costituzionale – nella sentenza n. 194/2019 con la quale ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, 12 e 13 del decreto-legge n. 113/2018, promosse da alcune Regioni – abbia rilevato come con il predetto decreto-legge il legislatore nazionale sia intervenuto sull'istituto della «protezione umanitaria», senza incidere però sulla protezione dovuta in base a obblighi europei e internazionali, evidenziando inoltre come la «doverosa applicazione» del medesimo decreto «in conformità agli obblighi costituzionali e internazionali» – nonostante l'avvenuta abrogazione dell'esplicito riferimento agli stessi – possa «rivelare che il paventato effetto restrittivo rispetto alla disciplina previgente sia contenuto entro margini costituzionalmente accettabili».
  Ciò premesso, nel rinviare al dossier predisposto dagli uffici la disamina dettagliata del testo, procede ad esporre un quadro sintetico del provvedimento, al fine di evidenziarne i profili di maggiore interesse.
  Segnala che il decreto-legge, oltre a reintrodurre, come accennato, il riferimento esplicito al rispetto degli obblighi costituzionali o internazionali per l'adozione dei provvedimenti di rifiuto o revoca del permesso di soggiorno, è inteso in senso più ampio a riarticolare il sistema di prima accoglienza e di accoglienza dei richiedenti e dei titolari di protezione internazionale, per i beneficiari di protezione complementare e per i minori stranieri non accompagnati, nonché a introdurre nuove norme in materia di iscrizione anagrafica dello straniero e di cittadinanza, unitamente alla previsione di nuove norme di carattere penale e al rafforzamento delle misure di tutela della sicurezza e dell'incolumità pubblica.
  In particolare, segnala che l'articolo 1, comma 1, lettera b) dispone, per alcune tipologie di permessi di soggiorno, la convertibilità in permessi di lavoro, ampliandone quindi il novero. La successiva lettera c) sopprime la previsione del Testo unico immigrazione sul procedimento per la limitazione o il divieto di ingresso, transito, sosta di navi nel mare territoriale per motivi di sicurezza pubblica o di contrasto di violazioni delle leggi sull'immigrazione, mentre la lettera d) sopprime le disposizioni sulla multa a seguito della violazione del divieto di ingresso, transito o sosta nelle acque territoriali italiane nonché sulla confisca ed eventuale distruzione dell'imbarcazione, previste dal decreto-legge 53 del 2019; in entrambi i casi le norme soppresse sono sostituite da una specifica disciplina recata dall'art. 1, comma 2 del decreto-legge in esame, su cui si soffermerà oltre.
  Di particolare, rileva, è poi la lettera e) del medesimo comma 1, che estende l'ambito di applicazione del divieto di espulsione, ampliando la previsione (inserita dalla Pag. 240legge n. 110 del 2017, la quale ha introdotto il delitto di tortura nell'ordinamento italiano) circa il divieto di respingimento o espulsione o estradizione di una persona verso uno Stato, qualora esistano fondati motivi di ritenere che lì rischi di essere sottoposta a tortura, anche alla luce di violazioni sistematiche e gravi di diritti umani perpetrate in quello Stato. Tale divieto di espulsione viene ora esteso ai fondati motivi che inducano a ravvisare un rischio di «trattamenti inumani e degradanti», benché non in misura tale da configurare la tortura, assicurando in tal modo una piena conformità all'articolo 3 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950 e resa esecutiva dalla legge 4 agosto 1955, n. 848.
  Segnala inoltre che viene introdotto il divieto di espulsione anche qualora esistano fondati motivi di ritenere che l'allontanamento dal territorio nazionale comporti una «violazione al diritto al rispetto della propria vita privata e familiare» – a meno che depongano in senso contrario ragioni di sicurezza nazionale o di salute e sicurezza pubblica. Evidenzia, al riguardo, come in tale ultimo caso ciò che viene a rilevare sia non già l'approdo in uno Stato terzo, ritenuto gravemente pericoloso per la incolumità e dignità personale, bensì «l'allontanamento dal territorio nazionale», ritenuto gravemente lesivo di un radicamento, per il quale si deve tenere contro «della natura e della effettività dei vincoli familiari dell'interessato, del suo effettivo inserimento sociale in Italia, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale nonché dell'esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese d'origine». Rimarca che questa nuova fattispecie di divieto di espulsione, connessa al rischio di violazione del diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, è inedita nel dispositivo del Testo unico dell'immigrazione, ancorché presente negli orientamenti giurisprudenziali, e reca una formulazione che richiama quanto disposto dall'articolo 8 della CEDU; in tal senso essa può essere considerata coerente con la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo in materia di limiti ai provvedimenti di rimpatrio, oltre che con la giurisprudenza elaborata dalla Corte di cassazione sul tema, a partire dalla sentenza della I sezione civile n. 4455 del 23 febbraio 2018.
  Evidenzia che nelle suddette ipotesi, la medesima lettera e) prevede che lo straniero per il quale valga il divieto di espulsione ed al quale non sia accordata la protezione internazionale, ottenga un permesso di soggiorno per «protezione speciale», rilasciato dal questore previo parere della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale; questa tipologia di permesso è già disciplinata dall'articolo 32, comma 3, del decreto legislativo n. 25 del 2008 (recante «Attuazione della direttiva 2005/85/CE recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato») , e la novella in oggetto appare dunque volta a operare un raccordo normativo di cerniera tra tale previsione ed il Testo unico dell'immigrazione. Segnala, infine, che la medesima lettera e) estende il divieto di espulsione anche agli stranieri che versano in «gravi condizioni psico-fisiche o derivanti da gravi patologie», laddove la norma previgente (introdotta dal decreto-legge n. 113 del 2018) fa riferimento solo alle condizioni di salute «di particolare gravità».
  Rileva che le successive lettere f), g), h) e i) del comma 1 recano disposizioni relative ad alcuni permessi speciali di soggiorno previsti dal Testo unico dell'immigrazione: per calamità; per motivi di lavoro del ricercatore; per minori stranieri non accompagnati al compimento della maggiore età; per cure mediche. Per quanto concerne in particolare il permesso di soggiorno per minori stranieri non accompagnati, al compimento del diciottesimo anno d'età, segnala che lettera h) «ripristina» due ultimi periodi del comma 1-bis dell'articolo 32 del testo unico immigrazione, i quali erano stati abrogati dal decreto-legge n. 113 del 2018, reintroducendo in tal modo la previsione che il mancato rilascio del Pag. 241parere da parte del Comitato per i minori stranieri «non» possa legittimare il rifiuto del rinnovo del permesso di soggiorno, nonché la previsione dell'applicazione a tale procedimento del silenzio assenso.
  Per quanto concerne il comma 2 dell'articolo 1, ricorda, come accennato, che esso interviene sulla disciplina relativa alla possibilità di limitazione o divieto di transito e di sosta delle navi mercantili nel mare territoriale quando ricorrano motivi di ordine e sicurezza pubblica ovvero quando si concretizzano, limitatamente alle violazioni delle leggi di immigrazione vigenti, le condizioni della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare di Montego Bay del 1982. La nuova disciplina sostituisce quella introdotta nel TU immigrazione (art. 11) dal decreto-legge n. 53 del 2019 (c.d. decreto sicurezza-bis). Rispetto a tale previsione si dispone in particolare che il provvedimento di limitazione o divieto possa riguardare il transito e la sosta delle navi, senza più fare riferimento all'ingresso delle medesime; è al contempo disposta l'esclusione per le operazioni di soccorso immediatamente comunicate al centro di coordinamento competente e allo Stato di bandiera ed effettuate nel rispetto delle indicazioni della competente autorità per la ricerca e soccorso in mare, emesse in base agli obblighi derivanti dalle convenzioni internazionali in materia di diritto del mare, nonché dello statuto dei rifugiati. Nei casi di inosservanza del divieto o del limite posto la pena della multa è da euro 10.000 ad euro 50.000 (che si aggiunge alla reclusione fino a due anni già prevista per le violazioni all'art. 83 Cod. nav.). Sono contestualmente oggetto di abrogazione le previsioni inserite dal predetto decreto-legge 53 del 2019 agli articoli 11 e 12 del TU immigrazione che prevedevano, in particolare, una sanzione amministrativa da 150.000 euro a 1.000.000 euro, la responsabilità solidale dell'armatore con il comandante e la confisca obbligatoria della nave utilizzata nel caso di violazione del provvedimento di divieto o limitazione di ingresso, transito o sosta delle navi; ricorda al riguardo che la disciplina sanzionatoria ora abrogata era stata oggetto dei rilievi contenuti nella lettera inviata, contestualmente alla promulgazione della legge n. 53 del 2019 di conversione del cosiddetto «decreto sicurezza-bis», dal Presidente della Repubblica ai Presidenti delle Camere e al Presidente del Consiglio dei ministri, nella quale il Presidente Mattarella ha rilevato la necessità di assicurare un'adeguata proporzionalità tra sanzioni e comportamenti.
  Segnala altresì, come di particolare interesse per le competenze della Commissione, le disposizioni introdotte dall'articolo 2, che interviene sulla procedura di esame delle domande di protezione internazionale, sulla relativa decisione e sulle procedure di impugnazione, attraverso alcune modifiche al decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25 di attuazione della direttiva 2005/85/CE, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato.
  In tale ambito vengono riscritte in chiave di maggiore conformità alla disciplina europea le norme relative all'esame prioritario, per istanze manifestamente fondate o presentate da persone vulnerabili, e alla procedura accelerata, che ricorre quando si possa presumere un uso strumentale della domanda da parte di richiedenti sottoposti a procedimento penale o condannati, anche con sentenza non definitiva, per reati che costituiscono causa di diniego dello status di rifugiato o di esclusione dalla protezione sussidiaria; per evitare l'uso strumentale della domanda, in tali casi è peraltro previsto il trattenimento dei richiedenti protezione internazionale negli appositi centri e strutture per il rimpatrio.
  In particolare, sottolinea che viene modificata la procedura di esame prioritario e di esame accelerato delle domande di riconoscimento della protezione internazionale, prevedendo, tra l'altro, che le domande presentate da richiedenti per i quali è stato disposto il trattenimento in uno hotspot o in un centro di permanenza per i rimpatri e delle domande presentate da cittadini provenienti da un Paese di origine sicuro, fermo restando l'esame con procedura accelerata, non siano più esaminate in via prioritaria. Inoltre, rientrano nella procedura Pag. 242 accelerata le domande presentate da persona sottoposta a procedimento penale, o condannata con sentenza anche non definitiva, per gravi reati. I minori stranieri non accompagnati sono esclusi dall'applicazione della procedura accelerata delle domande. Nel contempo si prevede che non si applichi ai richiedenti portatori di esigenze particolari (quali minori, disabili, anziani) la disciplina in materia di domande manifestatamente infondate. In caso di domanda di asilo reiterata in fase di esecuzione di un provvedimento di allontanamento, questa non viene più considerata automaticamente inammissibile ma è comunque esaminata dalla commissione territoriale entro tre giorni. Viene inoltre portata da uno a due anni la durata del permesso di soggiorno per protezione speciale rilasciato, a determinate condizioni, a coloro cui è stata respinta la domanda di protezione internazionale.
  Infine, rileva che s'interviene sulla disciplina delle controversie sulle decisioni di riconoscimento della protezione internazionale e, in particolare, sulle ipotesi di sospensione dell'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato, prevedendo, tra l'altro, che il provvedimento di sospensione dell'esecuzione della decisione, adottato per gravi motivi, debba essere emanato dal tribunale in composizione collegiale e che la mancata sospensione dell'efficacia esecutiva nell'ipotesi di reiterazione di identica domanda si applichi in presenza di una seconda decisione di inammissibilità.
  Sottolinea come di particolare interesse appaiano anche le disposizioni volte ad assicurare il pieno rispetto della dignità dello straniero di cui all'articolo 3, che al comma 1 e al comma 4, lettera a), dispone in merito alle modalità del trattenimento dello straniero in procinto di essere allontanato dal territorio nazionale, riconoscendo in particolare, allo straniero trattenuto, alcune facoltà, come ad esempio quella di essere tempestivamente informato dei diritti derivanti dal procedimento di convalida del decreto di trattenimento in una lingua a lui conosciuta (ovvero, se non sia possibile, in lingua francese, inglese o spagnola) e la libertà di corrispondenza anche telefonica con l'esterno. Si prevede inoltre un ordine di priorità nell'effettuazione del trattenimento dello straniero di cui non è possibile eseguire con immediatezza l'espulsione o il respingimento alla frontiera per coloro che siano considerati una minaccia per l'ordine e la sicurezza pubblica o che siano stati condannati, anche con sentenza non definitiva, per specifici reati individuati dalla norma, nonché per coloro che siano cittadini di Paesi terzi con i quali sono vigenti accordi di cooperazione o altre intese in materia di rimpatrio, o che provengano da essi. (comma 1, lettera c), n. 2). Fa presente che la relazione illustrativa del disegno di legge indica che tale previsione è volta ad assicurare il trattenimento dei soggetti più pericolosi, in caso di insufficiente disponibilità di posti nei centri di permanenza per il rimpatrio.
  Segnala in particolare che la lettera c), numero 3, del comma 1 dispone circa la durata massima del trattenimento dello straniero all'interno del centro di permanenza per i rimpatri, che viene ridotta a novanta giorni (anziché centottanta), ripristinando così la durata massima del trattenimento antecedente al decreto-legge n. 113 del 2018, prevedendone però la prorogabilità per altri trenta giorni, qualora lo straniero sia cittadino di un Paese con cui l'Italia abbia sottoscritto accordi in materia di rimpatri. La stessa previsione circa la durata massima del trattenimento «pre-espulsivo» è stabilita, dal comma 2, lettera b), numero 2), per il trattenimento dello straniero richiedente protezione internazionale, in corso di verifica della sua identità e nazionalità.,
  Evidenzia che il comma 2, lettera a), del medesimo articolo 3 disciplina l'iscrizione nell'anagrafe della popolazione residente del richiedente protezione internazionale al quale sia stato rilasciato il permesso di soggiorno per richiesta asilo (o la ricevuta attestante la presentazione della richiesta di protezione internazionale), al quale si dispone altresì venga rilasciata una carta d'identità (valida solo sul territorio nazionale, di durata triennale); in proposito ricorda che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 186 del 9 luglio 2020, ha dichiarato Pag. 243 l'illegittimità della normativa introdotta dall'articolo 13 del decreto-legge n. 113 del 2018, che precludeva l'iscrizione anagrafica per i richiedenti asilo, per violazione dell'articolo 3 della Costituzione, sia poiché la norma censurata non agevolava il perseguimento delle finalità di controllo del territorio dichiarate dal decreto-legge, sia per irragionevole disparità di trattamento, perché rendeva ingiustificatamente più difficile ai richiedenti asilo l'accesso ai servizi che siano anche ad essi garantiti.
  Sottolinea che la lettera b) del medesimo comma 2, in combinato disposto con il comma 3, oltre a prevedere, come accennato, la riduzione a novanta giorni del termine di trattenimento dello straniero mediante una novella dell'articolo 6 del decreto legislativo n. 142 del 2015 di attuazione della direttiva 2013/33/UE, reca altresì una integrazione delle fattispecie al cui ricorrere debba invece essere disposto il trattenimento dello straniero richiedente protezione internazionale, prevendo che esso operi «anche» allorché ricorrano le condizioni per il diniego dello status di rifugiato (enumerate dall'articolo 12, comma 1, lettere b) e c) del decreto legislativo n. 251 del 2007, di attuazione della direttiva 2004/83/CE) o di esclusione dalla protezione sussidiaria (enumerate dall'articolo 16 del medesimo decreto legislativo n. 251): in entrambi i casi si tratta di condizioni attinenti alla pericolosità del soggetto o alla commissione di reati gravi. Si prevede, inoltre, che il trattenimento operi altresì allorché si abbia da parte del richiedente asilo la presentazione di domanda reiterata in fase di esecuzione di un provvedimento di allontanamento o quando la pericolosità per l'ordine e la sicurezza sia desumibile da condanne – anche con sentenza non definitiva – per i reati la cui commissione sia causa di diniego dello status di rifugiato e di esclusione dalla protezione sussidiaria. Segnala, in ogni caso, come ai sensi del comma 3 tale estensione dei casi di trattenimento del richiedente protezione internazionale non viga incondizionatamente, nel senso che la sua applicazione è circoscritta alla disponibilità di posti nei centri di permanenza per il rimpatrio o nelle strutture diverse ed idonee previste dal decreto-legge n. 113 del 2018.
  Infine, ricorda che i commi 4 e 5 recano ulteriori importanti innovazioni, tra cui figura anche l'istituzione di uno specifico strumento di reclamo in base al quale lo straniero in condizioni di trattenimento può rivolgere istanze o reclami al Garante nazionale ed ai garanti regionali e locali dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale. Segnala al riguardo che tale innovazione normativa (art. 3, comma 4, lett. b)) è riconducibile alle conclusioni della sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo del 1° settembre 2015 – ricorso n. 16483/12 (causa Khlaifia) – che prevedeva una condanna per l'Italia in relazione all'assenza di un tale strumento di impugnazione. Parimenti meritevole appare inoltre la previsione del comma 5, che interviene sulle attribuzioni del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale prevedendo che lo stesso possa formulare specifiche raccomandazioni all'amministrazione interessata, qualora ravvisi la fondatezza delle istanze formulate da soggetti trattenuti nei centri di permanenza per i rimpatri o nelle strutture di primo soccorso e accoglienza.
  Tra le ulteriori disposizioni di interesse della Commissione menziona infine quelle di cui all'articolo 4, che revisionano l'impianto complessivo del sistema di accoglienza dei migranti sul territorio, riformando le disposizioni riguardanti il Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e minori stranieri non accompagnati (SIPROIMI, in precedenza SPRAR), con la definizione del nuovo «Sistema di accoglienza e integrazione» (SAI).
  Evidenzia come la materia assuma rilievo poiché, come è noto, il sistema di accoglienza dei migranti nel territorio italiano, articolato in prima e seconda accoglienza, è disciplinato dal decreto legislativo n. 142/2015, adottato in attuazione delle direttive europee 2013/32/UE e 2013/33/UE. Successivamente, al sistema sono state apportate alcune integrazioni e modifiche dapprima dal D.L. 13/2017, poi dalla L. Pag. 244n. 47/2017 sui minori stranieri non accompagnati e dal D.Lgs. n. 220/2017, mentre nell'attuale legislatura il più volte citato D.L. 113/2018 ne ha riformato in parte l'impianto complessivo, modificando la tipologia di beneficiari del sistema di seconda accoglienza, la sua denominazione, nonché le modalità di accesso. La riforma del 2018, infatti, ha riservato i servizi di accoglienza degli enti locali ai titolari di protezione internazionale e ai minori stranieri non accompagnati (tutti i minori, indipendentemente dallo status di richiedente protezione internazionale), escludendo invece dalla possibilità di usufruire dei relativi servizi i richiedenti la protezione internazionale, i quali, a meno che non ricorrano le condizioni che necessitino il trattenimento nei Centri di permanenza per i rimpatri (CPR), possono accedere solo alle misure previste nell'ambito dei centri di prima accoglienza, facente capo alle Prefetture, rimanendo esclusi dal sistema dei Comuni. Peraltro, in deroga a questa normativa, con i DD.LL. n. 18 («cura Italia») e n. 34 del 2020 sono state disposte alcune misure relative all'accoglienza e alla tutela della salute degli immigrati in considerazione delle esigenze correlate allo stato di emergenza epidemiologica da Covid-19.
  Con le novelle disposte dall'articolo 4 in oggetto vengono dunque riscritti i principi fondamentali del sistema di accoglienza; in particolare, l'inserimento nelle strutture del Sistema di accoglienza e integrazione (Sai) viene ampliato, nei limiti dei posti disponibili, oltre che ai titolari di protezione internazionale e ai minori stranieri non accompagnati, ai richiedenti la protezione internazionale, che erano stati come detto esclusi dal D.L. 113 del 2018, nonché ai titolari di diverse categorie di permessi di soggiorno previsti dal TU immigrazione e ai neomaggiorenni affidati ai servizi sociali in prosieguo amministrativo. All'ampliamento dei destinatari corrisponde una diversificazione dei servizi del Sistema, che ora si articola in due livelli di prestazioni: il primo dedicato ai richiedenti protezione internazionale, il secondo a coloro che ne sono già titolari, con servizi aggiuntivi finalizzati all'integrazione. Le nuove disposizioni non mutano peraltro il quadro dei destinatari delle attività di c.d. prima accoglienza, che continuano ad essere svolte nei centri governativi ordinari e straordinari di cui agli articoli 9 e 11 del D.Lgs. 142/2015; sono invece ridefinite, per tali strutture, le condizioni materiali di accoglienza.
  Passando ad illustrare sinteticamente i restanti articoli del decreto legge, ricorda che l'articolo 5 è dedicato al tema dell'integrazione, prevedendo l'individuazione di percorsi specifici a supporto dei beneficiari del Sistema di accoglienza e integrazione, da avviare alla scadenza del periodo di accoglienza. Esso prevede quindi che per i beneficiari di misure di accoglienza accolti nel SAI siano avviati ulteriori progetti di integrazione a cura delle amministrazioni competenti e nei limiti delle risorse disponibili (comma 1). Sono altresì individuate alcune linee prioritarie d'intervento per l'aggiornamento del Piano nazionale di integrazione dei titolari di protezione internazionale per il biennio 2020-2021 (comma 2). In tale ambito il Tavolo di coordinamento nazionale per l'accoglienza e l'integrazione può formulare proposte per l'attivazione delle relative iniziative (comma 3), in relazione alle quali segnalo anche l'opportunità di formulare proposte per l'attivazione in tale ambito di fondi europei.
  Rileva che gli articoli da 6 a 10 recano disposizioni in materia di delitti commessi nei centri di permanenza per i rimpatri e modifiche al codice penale.
  Segnala in particolare che l'articolo 6 prevede anche con riguardo ai reati commessi in occasione o a causa del trattenimento in uno dei centri di permanenza per il rimpatrio o delle strutture di primo soccorso e accoglienza l'applicazione dell'istituto dell'arresto in flagranza differita. L'articolo 7 modifica l'art. 131-bis del codice penale, intervenendo sulla preclusione all'applicazione della causa di non punibilità per la «particolare tenuità del fatto» nelle ipotesi di resistenza, violenza, minaccia e oltraggio a pubblico ufficiale «quando il reato è commesso nei confronti di un pubblico ufficiale nell'esercizio delle proprie funzioni». L'articolo 8 interviene sull'articolo Pag. 245 391-bis del codice penale allo scopo di inasprire il regime sanzionatorio per chiunque agevoli, nelle comunicazioni con l'esterno, il detenuto sottoposto alle restrizioni di cui all'articolo 41-bis della legge sull'ordinamento penitenziario; è inoltre estesa l'applicabilità delle medesime pene anche al detenuto, che, sottoposto alle restrizioni di cui all'articolo 41-bis, comunica con altri in violazione delle prescrizioni imposte. L'articolo 9 inserisce nel codice penale il nuovo articolo 391-ter per punire con la reclusione da 1 a 4 anni chiunque mette a disposizione di un detenuto un apparecchio telefonico. La fattispecie si applica anche al detenuto che usufruisce del telefono e specifiche aggravanti sono previste quanto il reato è commesso da un pubblico ufficiale, un incaricato di pubblico servizio o un avvocato. L'articolo 10 modifica l'art. 588 del codice penale, che punisce il reato di rissa, inasprendone le pene.
  L'articolo 11 modifica gli articoli 13 e 13-bis del decreto-legge n. 14 del 2017, per ampliare l'ambito di applicazione delle misure del divieto di accesso ai locali pubblici e ai locali di pubblico trattenimento, che possono essere disposte dal questore, autorità di pubblica sicurezza, nei confronti di coloro che siano stati denunciati per specifici reati e per inasprire le sanzioni in caso di violazione dei suddetti divieti.
  L'articolo 12 prevede una serie di misure finalizzate ad implementare gli interventi per il contrasto dei reati di stupefacenti commessi attraverso l'utilizzo della rete internet.
  L'articolo 13 reca alcune modifiche alla disciplina sul Garante nazionale delle persone private della libertà personale, rimodulandone la denominazione e ridefinendone il ruolo di meccanismo nazionale di prevenzione della tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti. La disposizione inoltre proroga di due anni del mandato dell'attuale Garante nazionale.
  L'articolo 14 reca la clausola di neutralità finanziaria del provvedimento, prevedendo che esso non debba comportare costi aggiuntivi a carico della finanza pubblica, mentre l'articolo 15 introduce disposizioni transitorie finalizzate a stabilire l'applicazione di alcune modifiche introdotte con il decreto-legge in esame anche ai procedimenti in corso, nella fase sia amministrativa che giurisdizionale. L'articolo 16 dispone, infine, in ordine all'entrata in vigore del provvedimento.
  In conclusione, considerato, per quanto di competenza, che il provvedimento in esame appare conforme con la disciplina dell'Unione europea in materia di riconoscimento e revoca dello status di protezione internazionale e accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, nonché con le norme minime europee sull'attribuzione, a cittadini di Paesi terzi o apolidi, della qualifica del rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, e rilevato che esso, conformandosi anche alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, contempera diversi interessi ed esigenze al fine di assicurare un'azione coerente con il rispetto degli obblighi costituzionali e internazionali, preannuncia il suo orientamento ad esprimere un parere favorevole, che potrà peraltro essere confermato e arricchito all'esito dell'odierno dibattito.

  Alessandro GIGLIO VIGNA (LEGA) dichiarandosi, a nome del suo gruppo, dispiaciuto ma non stupito per l'indirizzo politico adottato con il provvedimento in esame, sottolinea che si limiterà a formulare osservazioni solo su alcuni punti, inerenti gli aspetti di valenza europea e internazionale del provvedimento stesso.
  Osserva che, dopo gli interventi adottati dal governo precedente, che hanno operato una regolamentazione dei flussi e hanno cercato di mettere dei limiti agli ingressi e, soprattutto, alle partenze dei migranti, l'attuale scelta di aprire i porti – poiché, a suo avviso, è di questo che si tratta – appare pericolosa sotto molteplici aspetti, non ultimo quello sanitario in questa fase.
  Sottolinea, inoltre, che l'apertura dei porti avrebbe l'effetto di aumentare le partenze, in quanto veicolerebbe un messaggio chiaro alle popolazioni del Nord Africa, del Sahel e dell'area sub sahariana, nel senso di indurre molti giovani africani a intraprendere Pag. 246 viaggi, che loro credono «della speranza», mentre il suo gruppo definisce «della morte» per i rischi che i migranti affrontano sia nel transito in Nord Africa, area politicamente molto instabile e pericolosa, che nell'attraversamento del Mediterraneo. Ricorda che solo una parte dei migranti scappa dalle guerre, per la maggior parte si tratta invece di migranti economici.
  Segnala, inoltre, le implicazioni per la sicurezza, in considerazione del legame tra i fenomeni malavitosi e le organizzazioni che lucrano dai «viaggi della morte», nonché delle connessioni con il terrorismo islamico, come dimostrano i recenti eventi. Esprime, pertanto, disapprovazione per l'eccessivo ammorbidimento delle sanzioni nei confronti delle navi che non rispettano la normativa, che si configurerebbero ora come multe di importo irrilevante.
  Evidenzia inoltre il rifiuto sostanziale opposto dall'Europa di fronte all'esigenza di una redistribuzione, tema che periodicamente si fa finta di voler affrontare, ma senza una volontà effettiva di accettare il principio secondo cui chi sbarca in un paese europeo sbarca nell'UE. Ricorda che su questo aspetto a volte si taccia la Lega di essere il partito che ha firmato il trattato di Dublino, ma rammenta che allora si era in una fase diversa, che vedeva un momento di pace per le migrazioni, mentre ora è un momento di emergenza.
  In ultimo richiama l'attenzione sul tema della credibilità internazionale dell'Italia, che dovrebbe interessare tutti i gruppi politici. Ricorda, infatti, che una parte della maggioranza, che oggi vota queste modifiche che smantellano i «decreti sicurezza» adottati dal precedente Governo, faceva parte del precedente Governo. Tale cambiamento di posizione, a suo avviso, lede la credibilità non solo di questo Governo e del partito che ha cambiato idea, ma del Paese intero.

  Piero DE LUCA (PD), in risposta alle valutazioni espresse dal deputato Giglio Vigna, osserva che il provvedimento in esame pone rimedio a un vulnus creato dai due «decreti sicurezza» adottati dal precedente Governo, i quali hanno violato i principi in tema di diritti umani fondamentali sanciti sia dalla Convenzione internazionale dei diritti dell'uomo che dalla Costituzione italiana, minando al contempo anche la sicurezza del Paese. Il divieto di iscrizione all'anagrafe per i richiedenti asilo poneva, infatti, a suo avviso, le persone che facevano richiesta di protezione in una posizione di limbo di irregolarità ex lege inammissibile. Tale situazione creava altresì insicurezza e rallentamenti anche per le istituzioni deputate a valutare le richieste di protezione.
  Quanto alla necessità di una diversa regolamentazione in sede europea del tema dell'immigrazione, nell'esprimere apprezzamento per il riconoscimento della responsabilità della Lega nell'avere approvato, con il regolamento di Dublino, tale disciplina sbagliata, sottolinea che l'attuale Ministro dell'interno sta lavorando intensamente per modificarla, mentre il suo predecessore non si presentò a difendere gli interessi del Paese in sede di riesame dell'accordo di Dublino.
  Ribadisce il giudizio del suo gruppo sui «decreti sicurezza», che ritiene sbagliati e inefficaci, avendo generato trentamila immigrati irregolari in più. Ricorda, peraltro, che tali decreti sono stati oggetto dei rilievi formulati dal Presidente della Repubblica in sede di emanazione dei provvedimenti e, successivamente, dalla Corte costituzionale.

  Emanuela ROSSINI (MISTO-MIN.LING.) esprime apprezzamento per il provvedimento in esame, che consente di modificare una normativa problematica e ripristinare anche una maggiore coerenza con l'atteggiamento nei confronti dei paesi europei. Sottolinea la maggiore tutela offerta dal provvedimento in esame ai minori non accompagnati e l'importanza che tale tema riveste anche sotto l'aspetto della sicurezza. Si tratta, infatti, di una fascia di età che, se non tutelata, rischia di essere preda di organizzazioni, che esprimono la cultura della violenza e della rivendicazione, o di organizzazioni mafiose. Rileva, inoltre, che la registrazione anagrafica dei richiedenti asilo agevolerà l'inserimento dei minori.

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  Sergio BATTELLI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Nuove norme in materia di illeciti agro-alimentari.
Nuovo testo C. 2427 Governo.
(Parere alla II Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in titolo.

  Francesca GALIZIA (M5S), relatrice, ricorda che la Commissione è chiamata ad esaminare, ai fini del parere da rendere alla II Commissione Giustizia, il nuovo testo, come risultante al termine dell'esame degli emendamenti, del disegno di legge del Governo recante «Nuove norme in materia di reati agroalimentari», presentato alla Camera il 6 marzo 2020.
  Segnala che il testo riprende in larga parte i contenuti del progetto di riforma del diritto sanzionatorio agroalimentare elaborato dalla Commissione istituita nel 2015 (XVII legislatura) presso l'ufficio legislativo del Ministero della Giustizia, ed è volto a rielaborare la struttura delle fattispecie incriminatrici poste a tutela degli interessi tradizionalmente tutelati in materia alimentare (la salute pubblica e i delitti contro l'industria e il commercio), per adeguare la disciplina punitiva al cambiamento del sistema di produzione, trasformazione e vendita di beni alimentari; inoltre, esso è diretto all'individuazione di strumenti idonei a contrastare fenomeni particolarmente gravi di frode alimentare, che si manifestano attraverso condotte illecite svolte in forma stabile e organizzata nell'ambito delle attività d'impresa.
  Evidenzia che, per perseguire tali obiettivi, il disegno di legge, che si compone di 13 articoli, reca una serie di modifiche al codice penale a tutela dell'incolumità e della salute pubblica, intervenendo sui delitti di comune pericolo contro la salute pubblica e la sicurezza delle acque, degli alimenti e dei medicinali e introducendo diverse nuove fattispecie di reato, tra le quali l'importazione, l'esportazione, il commercio, il trasporto, la vendita o distribuzione di alimenti, medicinali o acque pericolosi (nuovo art. 440-bis), l'omesso ritiro di alimenti, medicinali o acque pericolosi (art. 440-ter), la diffusione di informazioni commerciali ingannevoli pericolose per la salute pubblica (art. 440-quater), nonché la previsione di una nuova fattispecie di «Disastro sanitario» (art. 445-bis.), che prevede la pena della reclusione da sei a diciotto anni.
  Sottolinea in particolare che l'articolo 2 reca specifiche modifiche al codice penale a tutela del commercio di prodotti alimentari, introducendo uno specifico Capo in materia di delitti contro il patrimonio agro-alimentare e disciplinando alcune nuove fattispecie incriminatrici in materia di «Agropirateria» (art. 517-quater.1), Frode nel commercio di alimenti (art. 517-sexies), Commercio di alimenti con segni mendaci (art. 517-septies), disciplinando altresì le circostanze aggravanti e le ulteriori pene accessorie.
  Rileva altresì che il disegno di legge reca modifiche al codice di procedura penale e alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del medesimo codice, tra le quali si prevede anche la destinazione a scopi benefici dei prodotti alimentari confiscati per la distribuzione gratuita a persone bisognose, a enti territoriali o ad altri enti pubblici o associazioni che hanno compiti assistenziali.
  Per quanto concerne i profili di competenza della Commissione, che reputa assai limitati trattandosi di disciplina penale, si limita a segnalare l'articolo 5, che modifica la disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche (di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231), attraverso l'integrazione del catalogo dei «reati presupposto» e la previsione di uno specifico modello organizzativo di gestione e controllo finalizzato alla prevenzione dei reati agroalimentari. In tale ambito evidenzia in particolare che il comma 1 inserisce l'articolo 6-bis al citato D.lgs 231/01, che prevede l'adozione di un modello di organizzazione e gestione aziendale per tutti gli enti che operano nei settori di attività di cui all'articolo 3 del Regolamento (CE) Pag. 248n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 gennaio 2002, ovvero che svolgono una tra le attività connesse alle fasi di produzione, trasformazione e distribuzione degli alimenti. Ricorda in proposito che il citato regolamento europeo stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l'Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare. Tra le definizioni contenute nell'articolo 3 qui rilevano, in particolare, quelle di impresa alimentare ed operatore alimentare, quest'ultimo inteso come la persona fisica o giuridica responsabile di garantire il rispetto delle disposizioni della legislazione alimentare nell'impresa alimentare posta sotto il suo controllo.
  Rileva, inoltre, che i commi 3 e 4 del citato nuovo articolo 6-bis prevedono peraltro alcune semplificazioni alla struttura del modello organizzativo a favore delle micro, piccole e medie imprese che operano nel settore agro-alimentare, per l'individuazione delle quali viene richiamato l'art. 5 della legge 11 novembre 2011, n. 180 (c.d. statuto delle imprese), che, al comma 1, lettera a), rinvia a sua volta alle definizioni recate dalla raccomandazione della Commissione europea 2003/361/CE del 6 maggio 2003, dove sono fissati i limiti relativi al numero di dipendenti ed al fatturato annuo (o, alternativamente, al bilancio netto).
  Rileva che il predetto articolo 3 del regolamento (CE) n. 178/2002 è richiamato anche al comma 1, lettera a), dell'articolo 6 del disegno di legge, per circoscrivere all'impresa alimentare l'intervento normativo ivi disposto per facilitare l'individuazione del soggetto penalmente responsabile degli illeciti in campo alimentare nell'ambito dell'organizzazione aziendale.
  Tra le altre disposizioni di interesse della Commissione segnala, infine, l'articolo 8, che riscrive l'articolo 2 del decreto legislativo n. 190 del 2006, trasformando l'illecito amministrativo ivi contemplato per la violazione degli obblighi di rintracciabilità degli alimenti in contravvenzione. Il nuovo reato punisce con la pena dell'ammenda da euro 600 a 6.000 gli operatori del settore alimentare e dei mangimi che impediscono, ostacolano o comunque non consentono agli organi di controllo la ricostruzione della rintracciabilità degli alimenti di cui all'articolo 18 del già citato Regolamento (CE) n. 178/2002, che disciplina anche uno degli aspetti più importanti della sicurezza alimentare, ossia la «rintracciabilità», definita come «la possibilità di ricostruire e seguire il percorso di un alimento, di un mangime, di un animale destinato alla produzione alimentare o di una sostanza destinata o atta ad entrare a far parte di un alimento o di un mangime attraverso tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione».
  Evidenzia che l'articolo 18 del Regolamento, richiamato dalla norma, stabilisce l'obbligo da parte degli operatori di predisporre un sistema di tracciabilità degli alimenti o degli animali destinati alla produzione alimentare lungo tutta la catena del valore (par. 1). La finalità della rintracciabilità alimentare è fare in modo che ciò che entra nella catena alimentare (mangimi, animali vivi destinati al consumo umano, alimenti, ingredienti, additivi ecc.) conservi traccia della propria storia, seguendone l'intero percorso dalle materie prime fino alla erogazione al consumatore finale. A tal fine gli operatori devono disporre di sistemi e di procedure che consentano di mettere a disposizione delle autorità competenti che le richiedano le informazioni circa i fornitori (par. 2) e le imprese alle quali hanno fornito i propri prodotti (par.3), e in ogni caso tutti gli alimenti o i mangimi immessi sul mercato europeo devono essere adeguatamente etichettati o identificati per agevolarne la rintracciabilità, mediante documentazione o informazioni pertinenti secondo i requisiti previsti in materia da disposizioni più specifiche (par.4).
  Infine, segnala che disposizioni di interesse sono rinvenibili nell'articolo 9, che introduce tre nuovi articoli nel decreto legislativo 23 maggio 2016, n. 103, recante «Disposizioni sanzionatorie per la violazione del regolamento (UE) n. 29/2012 relativo alle norme di commercializzazione dell'olio di oliva e del regolamento (CEE) n. 2568/91 relativo alle caratteristiche degli Pag. 249 oli di oliva e degli oli di sansa d'oliva, nonché ai metodi ad essi attinenti.»
  In particolare, segnala l'articolo 1-bis – introdotto dalla lettera a) del comma 1 – che interviene nella classificazione degli oli di oliva e di sansa di oliva provvedendo ad allineare le categorie di tali oli con le designazioni e le definizioni previste dall'allegato VII, parte VIII, del Regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante l'organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli.
  Ricorda in proposito che l'impiego delle designazioni e delle definizioni degli oli di oliva e degli oli di sansa di oliva è obbligatorio per la commercializzazione di tali prodotti nell'Unione e nel commercio con i Paesi terzi, sempre che sia compatibile con le norme internazionali vincolanti. Il citato Allegato fornisce quindi tali definizioni e designazioni, prevedendo che possano essere commercializzati al dettaglio solo l'olio extravergine di oliva, l'olio di oliva vergine, l'olio di oliva e l'olio di sansa di oliva.
  Conseguentemente, il nuovo articolo 1-ter che s'intende introdurre nel citato D.lgs 103/2016 prevede il divieto, assistito dalla relativa sanzione, di vendere, detenere per la vendita o mettere comunque in commercio per il consumo alimentare una serie di categorie di oli di oliva e di sansa di oliva privi dei requisiti di processo e di prodotto prescritti dalle norme dell'Unione europea per la denominazione indicata nell'etichetta o nei documenti commerciali, precisando che le denominazioni prescritte dalla normativa dell'Unione europea devono essere indicate nei documenti commerciali.
  Parimenti, si dispone il divieto di vendere, detenere per la vendita o ad altri fini commerciali o mettere comunque in commercio per il consumo alimentare gli oli di oliva vergini non ancora classificati ai sensi del predetto regolamento (UE) n. 1308/2013.
  Conclusivamente, non ravvisando motivi ostativi all'ulteriore corso del disegno di legge e rilevato che la nuova disciplina sanzionatoria potrà risultare funzionale all'attuazione, anche nel settore agroalimentare, dei principi e delle strategie del Green Deal, propone di esprimere sullo stesso un nulla osta.

  Sergio BATTELLI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Norme per il sostegno della ricerca e della produzione dei farmaci orfani e della cura delle malattie rare.
Nuovo testo C. 164 Paolo Russo e abb.
(Parere alla XII Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in titolo.

  Leda VOLPI (M5S), relatrice, ricorda che la Commissione è chiamata oggi ad esaminare, ai fini del parere da rendere alla XII Commissione, il testo unificato recante «Norme per il sostegno della ricerca e della produzione dei farmaci orfani e della cura delle malattie rare» (AC 1317 Bologna e ab.), risultante dagli emendamenti approvati dalla Commissione di merito.
  Fa presente che per malattie rare (MR), secondo una definizione adottata in ambito comunitario, si fa riferimento a patologie eterogenee con una prevalenza nella popolazione inferiore a 5 casi ogni 10.000 abitanti, che comportano tuttavia difficoltà diagnostiche, onerosità del trattamento clinico ed esiti invalidanti. Le MR sono state identificate dall'Unione Europea, per le loro peculiarità, come materia sanitaria in cui è necessaria la promozione di azioni comuni per la condivisione delle conoscenze e per riunire risorse frammentate tra gli Stati Membri.
  Rammenta che diversi sono stati gli interventi comunitari in questa area a partire dal 1999, con la Decisione n. 1295/1999/CE con cui è stato adottato un programma d'azione comunitaria sulle malattie rare nel quadro dell'azione nel settore della sanità pubblica per gli anni 1999-2003, poi proseguito nelle successive programmazioni. Da ultimo, il terzo Programma dell'UE in materia di salute (2014-2020), sancito Pag. 250 con il Regolamento (UE) n. 282/2014, ha fatto espresso riferimento alla necessità di un sistema di reti di riferimento europee a favore dei pazienti le cui patologie richiedono cure altamente specialistiche e una particolare concentrazione di risorse o di competenze, come nel caso delle malattie rare, sulla base di criteri da definire nell'ambito della direttiva 2011/24/UE sull'applicazione dei diritti dei pazienti relativi all'assistenza sanitaria transfrontaliera. Contestualmente, le decisioni della Commissione europea (2014/286(UE) e 2014/287/UE) hanno stabilito criteri per l'istituzione e la valutazione di reti di riferimento europee per agevolare lo scambio di informazioni e competenze.
  Per quanto riguarda i farmaci orfani, vale a dire non distribuiti dall'industria farmaceutica per ragioni economiche, ma che tuttavia rispondono a un bisogno di salute pubblica, ricorda che il Regolamento (CE) n. 141/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio ha istituito una procedura comunitaria per la loro individuazione affidata a uno speciale Comitato per i medicinali orfani presso l'EMA (European Medicines Agency).
  Fa presente che anche in ambito nazionale è prevista una normativa di sostegno che prevede l'esenzione dalla partecipazione al costo delle prestazioni di assistenza sanitaria per i pazienti affetti dalle MR, individuate in un apposito elenco, recentemente ampliato dal DPCM del 12 gennaio 2017, di definizione dei nuovi LEA. E' inoltre istituita una Rete nazionale dedicata (Rete nazionale per la prevenzione, la sorveglianza, la diagnosi e la terapia delle malattie rare) costituita da centri di diagnosi e cura o presìdi ospedalieri deputati anche ad azioni di prevenzione e di sorveglianza (Registro nazionale delle malattie rare). Queste strutture sono peraltro chiamate a partecipare alle reti di riferimento europee che riuniscono centri specializzati di cure sanitarie e laboratori nei diversi Stati membri per la governance ed il coordinamento delle cure delle MR nell'Unione europea (ERN, European Reference Network).
  In questo contesto nazionale ed europeo, rileva che la proposta di legge in esame, composta di 16 articoli, interviene con la finalità di dettare le disposizioni dirette ad agevolare e a garantire la cura delle malattie rare, il loro aggiornamento periodico ai fini dei LEA, il coordinamento e il potenziamento della citata Rete nazionale per le malattie rare e, infine, il sostegno alla ricerca ed alla produzione dei farmaci orfani finalizzati alla terapia delle medesime malattie (articolo 1).
  Gli articoli 2 e 3 forniscono le definizioni inerenti alla materia in esame (malattie rare, ultra-rare, tumori rari e farmaci orfani), facendo esplicito riferimento alla normativa comunitaria. Gli articoli da 4 a 6 disciplinano le prestazioni previste per i pazienti di MR, che includono percorsi personalizzati di diagnosi, cura e assistenza, prestazioni di assistenza farmaceutica e prestazioni di sostegno per i pazienti con invalidità pari al 100 per cento, a valere su di un Fondo di solidarietà per le persone affette da malattie rare di cui si prevede l'istituzione nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Gli articoli da 7 a 10 disciplinano il funzionamento delle strutture deputate all'organizzazione e al coordinamento delle politiche nazionali e regionali in materia di malattie rare, nonché allo sviluppo della ricerca e alla gestione dei flussi informativi (Centro Nazionale, Comitato Nazionale e Rete per le malattie rare).
  Segnala che gli articoli da 11 e 12 provvedono al finanziamento e alla promozione delle attività di ricerca finalizzate alla cura delle malattie rare e allo sviluppo dei farmaci orfani. In particolare: l'articolo 11 incrementa il contributo a carico delle aziende farmaceutiche di un importo pari al 2 per cento delle loro spese di promozione rivolte al personale sanitario, destinando il relativo importo al finanziamento di studi sulle MR e sui farmaci orfani e altri trattamenti innovativi, nonché allo sviluppo di test per screening neonatale per diagnosi di malattie rare per le quali si dispone di una cura.
  Evidenzia in particolare l'articolo 12 che prevede un credito d'imposta in favore Pag. 251dei soggetti pubblici o privati, pari al 65 per cento delle spese sostenute per l'avvio e per la realizzazione di tali progetti di ricerca finalizzata allo sviluppo di protocolli terapeutici o alla produzione dei farmaci orfani. Il credito d'imposta è riconosciuto fino ad un importo massimo annuale di euro 200.000 per ciascun beneficiario, nel limite massimo complessivo di 10 milioni di euro annui a decorrere dal 2021. Osserva che tale ultima disposizione appare di interesse per la Commissione in quanto potrebbe ravvisarsi l'opportunità di inserire un richiamo al necessario rispetto della disciplina europea in materia di aiuti di Stato.
  Gli articoli 13 e 14 prevedono che il Ministero della salute, il Ministero dell'università e della ricerca e le regioni promuovono la ricerca indipendente sulle MR e attivino iniziative di formazione e informazione su tale tema. L'articolo 14 provvede in merito alla copertura degli oneri derivanti dal provvedimento, mentre l'articolo 15 reca la consueta clausola di rispetto degli statuti dei territori ad autonomia speciale.
  In conclusione, si riserva di formulare un parere in esito al dibattito in Commissione, preannunciando in ogni caso il suo orientamento favorevole su un testo che nelle sue finalità appare senz'altro meritevole di apprezzamento.

  Sergio BATTELLI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 12.15.

SEDE CONSULTIVA

  Mercoledì 11 novembre 2020. — Presidenza del presidente Sergio BATTELLI. – Interviene la sottosegretaria di Stato per gli affari europei, Laura Agea.

  La seduta comincia alle 15.30.

DL 130/2020: Disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale.
C. 2727 Governo.
(Parere alla I Commissione).
(Seguito dell'esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in titolo, rinviato nella odierna seduta antimeridiana.

  Piero DE LUCA (PD), relatore, formula una proposta di parere favorevole, nei termini riportati in allegato (vedi allegato 1).

  Sergio BATTELLI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, pone in votazione la proposta di parere favorevole formulata dal relatore.

  La Commissione approva la proposta di parere del relatore.

Nuove norme in materia di illeciti agro-alimentari.
Nuovo testo C. 2427 Governo.
(Parere alla II Commissione).
(Seguito dell'esame e conclusione – Nulla osta).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in titolo, rinviato nella odierna seduta antimeridiana.

  Francesca GALIZIA (M5S), relatrice, ribadisce la proposta di nulla osta già formulata nella precedente seduta.

  Sergio BATTELLI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, pone in votazione la proposta di nulla osta formulata dalla relatrice.

  La Commissione approva la proposta di nulla osta formulata dalla relatrice.

Pag. 252

Norme per il sostegno della ricerca e della produzione dei farmaci orfani e della cura delle malattie rare.
Nuovo testo C. 164 Paolo Russo e abb.
(Parere alla XII Commissione).
(Seguito dell'esame e conclusione – Parere favorevole con osservazione).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in titolo, rinviato nella odierna seduta antimeridiana.

  Leda VOLPI (M5S), relatrice, formula una proposta di parere favorevole con una osservazione, nei termini riportati in allegato (vedi allegato 2).

  Sergio BATTELLI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, pone in votazione la proposta di parere della relatrice.

  La Commissione approva la proposta di parere della relatrice.

  La seduta termina alle 15.35.

SEDE REFERENTE

  Mercoledì 11 novembre 2020. — Presidenza del presidente Sergio BATTELLI. – Interviene la sottosegretaria di Stato per gli affari europei, Laura Agea.

  La seduta comincia alle 15.35.

Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2019-2020.
C. 2757 Governo, approvato dal Senato.
Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea, riferita all'anno 2019.
Doc. LXXXVII, n. 3.
(Esame congiunto e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame congiunto dei provvedimenti in oggetto.

  Piero DE LUCA (PD), relatore sulla Legge di delegazione europea 2019-2020, ricorda che la Commissione avvia oggi l'esame del disegno di legge di delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2019-2020, approvato dal Senato il 29 ottobre 2020.
  Rammenta preliminarmente che il disegno di legge di delegazione europea rappresenta, insieme al disegno di legge europea, uno degli strumenti legislativi che assicurano il periodico adeguamento all'ordinamento dell'Unione europea, in base alle disposizioni di cui alla legge n. 234 del 2012 sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea. In particolare, l'articolo 30, comma 2, della citata legge n. 234 del 2012 specifica che con la legge di delegazione europea viene conferita al Governo la delega legislativa per dare attuazione alle direttive europee e alle decisioni quadro, nonché agli obblighi direttamente riconducibili al recepimento di atti legislativi europei. Ricorda, inoltre, che nell'ambito della cosiddetta «sessione comunitaria», disciplinata all'articolo 126-ter del Regolamento della Camera, la XIV Commissione esamina il disegno di legge in sede referente, mentre tutte le Commissioni permanenti dovranno esprimersi sul testo, per le parti di competenza, in sede consultiva.
  Segnala che, a seguito delle numerose modifiche approvate presso l'altro ramo del Parlamento, il disegno di legge consta di 29 articoli, che recano disposizioni di delega riguardanti il recepimento di 38 direttive europee inserite nell'allegato A, nonché l'adeguamento della normativa nazionale a 17 regolamenti europei. L'articolato contiene, inoltre, principi e criteri direttivi specifici per l'esercizio della delega relativa a 18 direttive.
  Ricorda, inoltre, che, nel corso dell'esame presso il Senato, è stato modificato il Titolo della legge in «Delegazione europea 2019-2020», al fine di inserirvi il riferimento all'anno in corso, e sono stati inseriti nove nuovi articoli, dal 21 al 29. Tali articoli riguardano l'uso delle informazioni finanziarie Pag. 253 nelle indagini (articolo 21), la riduzione dell'incidenza dei prodotti di plastica nell'ambiente (articolo 22), la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell'UE (articolo 23); la sostenibilità nel settore dei servizi finanziari (articolo 24), la cartolarizzazione (articolo 25), l'emissione di obbligazioni garantite (articolo 26), la vigilanza prudenziale sulle imprese di investimento (articolo 27), i requisiti minimi di formazione per la gente di mare (articolo 28) e l'uso di strumenti e processi digitali nel diritto societario (articolo 29).
  Inoltre, sono state inserite nell'Allegato A sei direttive, concernenti la vigilanza prudenziale, l'emissione di obbligazioni garantite, il sistema comune di imposta sul valore aggiunto, il sistema generale delle accise, gli obblighi per i prestatori di servizi di pagamento, il sistema comune d'imposta sul valore aggiunto per le piccole imprese. È stata, altresì, soppressa dal citato Allegato la direttiva relativa all'inclusione di alcune zone italiane nel territorio doganale dell'Unione, poiché già attuata dalla legge di bilancio 2020.
  Ricorda, inoltre, che, a causa dell'emergenza derivante dalla pandemia di COVID-19, le istituzioni dell'Unione europea hanno approvato alcune proposte legislative per differire i termini di trasposizione e/o attuazione di provvedimenti approvati in precedenza. In particolare, con riferimento agli atti di cui al disegno di legge di delegazione, sono stati approvati i seguenti atti: il regolamento (UE) 2020/561 del Parlamento europeo e del Consiglio, che ha rinviato di un anno, al 26 maggio 2021, l'applicazione del regolamento (UE) 2017/745 relativo ai dispositivi medici, il cui adeguamento alla normativa nazionale è disciplinato nell'articolo 15; la decisione (UE) 2020/2019 del Consiglio del 20 luglio 2020, che ha posticipato di sei mesi le date di recepimento e di applicazione di due direttive concernenti la normativa IVA applicabile alle vendite a distanza di beni. Inoltre, il regolamento (UE) 2020/873 del Parlamento europeo e del Consiglio ha modificato il regolamento (UE) 2019/876 (di cui all'articolo 10 del disegno di legge), al fine di inserirvi alcuni adeguamenti in risposta alla pandemia da COVID-19. Segnala, infine, che è stata presentata una proposta di regolamento che modifica il regolamento (UE) 2017/2402, che stabilisce un quadro generale per la cartolarizzazione e instaura un quadro specifico per cartolarizzazioni semplici, trasparenti e standardizzate per sostenere la ripresa dalla pandemia di COVID-19 (COM(2020)282).
  Passando al contenuto dell'articolato, segnala che esso copre una serie materie eterogene che spaziano sui seguenti temi: riordino della disciplina della fornitura dei servizi di media audiovisivi (articolo 3) e del diritto di autore (articoli 8 e 9); istituzione del codice europeo delle comunicazioni elettroniche (articolo 4); rafforzamento dei poteri dell'Autorità garante della concorrenza (articolo 6); regolamentazione dei rapporti tra imprese della filiera agricola e alimentare (articolo 7); promozione delle fonti di energia rinnovabili e regolamentazione del mercato elettrico (articoli 5, 12 e 19); regolamentazione del settore bancario e finanziario (articoli 10, 11 sui requisiti di solidità del settore bancario e sulla gestione delle crisi bancarie, articoli 13 e 16 e 24 sugli investitori finanziari, articolo 17 sui pagamenti transfrontalieri e sulle conversioni valutarie, articolo 25 sulle cartolarizzazioni, articolo 26 sulle obbligazioni garantite e articolo 27 sulla vigilanza e sui requisiti prudenziali per le imprese di investimento); sanità umana (articolo 15) e animale (articolo 14); cybersicurezza (articolo 18); previsione di un prodotto pensionistico individuale paneuropeo di previdenza complementare (PEPP) (articolo 20); riduzione dell'uso della plastica monouso (articolo 22); rafforzamento della tutela dei soggetti segnalanti violazioni del diritto europeo (whistelblowing) (articolo 23); definizione dei criteri per individuare le navi cui si applicano i requisiti minimi di formazione del personale navigante (articolo 28); uso di modalità telematiche per la costituzione di società a responsabilità limitata (articolo 29).
  Più in dettaglio, l'articolo 1 reca, come di consueto, la delega generale al Governo per dare attuazione alle direttive contenute Pag. 254nel citato allegato A, nel rispetto delle procedure e dei criteri direttivi generali stabiliti agli articoli 31 e 32 della legge n. 234 del 2012. La formulazione della norma è stata quest'anno integrata con il riferimento anche al rispetto dei criteri specifici di delega e con l'estensione della delega anche all'attuazione degli altri atti europei, come i regolamenti, indicati nell'articolato. Per quanto attiene ai termini, alle procedure, ai princìpi e ai criteri direttivi della delega, viene fatto rinvio, come di consueto, agli articoli 31 e 32 della legge 24 dicembre 2012, n. 234. Ricorda, in proposito, che, ai sensi dell'articolo 31 della legge 234, la delega deve essere esercitata entro il termine di quattro mesi antecedenti alla scadenza di ciascuna direttiva. Qualora la direttiva sia già scaduta, il termine della delega è di tre mesi, mentre se la direttiva non prevede alcun termine di recepimento, la delega è di dodici mesi dall' entrata in vigore della legge. Inoltre, qualora la direttiva non preveda alcun termine di recepimento, la delega scade al termine dei dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge. Rammento, inoltre, che tra i princìpi e criteri direttivi generali di delega elencati nell'articolo 32, figurano la semplificazione dei procedimenti, il coordinamento con le discipline vigenti, il divieto di gold plating (livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive), del divieto di trattamento più sfavorevole dei cittadini italiani rispetto a quelli degli altri Stati dell'UE, e della previsione di sanzioni penali solo per la tutela di interessi costituzionalmente protetti.
  Segnala come meritevole di attenzione la cosiddetta «clausola Covid», inserita al comma 1 nel corso dell'esame al Senato, secondo la quale, nell'adozione dei decreti legislativi, il Governo dovrà tenere altresì conto delle eccezionali conseguenze economiche e sociali derivanti dalla pandemia da Covid-19.
  La norma prevede, inoltre, che gli schemi di decreto legislativo siano sottoposti al parere delle competenti Commissioni parlamentari e che eventuali spese non contemplate dalla legislazione vigente che non riguardano l'attività ordinaria delle amministrazioni statali o regionali possano essere previste nei decreti legislativi attuativi esclusivamente nei limiti necessari per l'adempimento degli obblighi di attuazione dei medesimi provvedimenti. Riguardo alla copertura degli oneri derivanti dall'attuazione delle direttive, qualora non sia possibile farvi fronte con i fondi già assegnati alle competenti amministrazioni, si provvede a carico del Fondo per il recepimento della normativa europea, di cui all'articolo 41-bis della legge n. 234 del 2012. Inoltre, qualora in sede di conferimento della delega non sia possibile quantificare gli oneri finanziari, si può procedere in tal senso al momento dell'adozione dei singoli decreti legislativi, al fine di non ritardare l'attuazione delle direttive.
  L'articolo 2 prevede la consueta delega legislativa per l'adozione di disposizioni recanti sanzioni penali o amministrative per le violazioni di obblighi discendenti da precetti europei non trasfusi in leggi nazionali. Ricorda, al riguardo, che può trattarsi di direttive attuate in via regolamentare o amministrativa, quindi trasposte con fonti secondarie e, come tali, inidonee a istituire sanzioni penali, o anche di violazioni di regolamenti dell'Unione europea. La delega è conferita per gli atti pubblicati a partire dalla data di entrata in vigore della legge di delegazione europea 2019-2020, per i quali non siano già previste sanzioni. Sugli schemi di decreto legislativo adottati in virtù della delega conferita è prevista l'acquisizione del parere delle competenti Commissioni parlamentari.
  L'articolo 3 reca principi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2018/1808 sui servizi di media audiovisivi, mediante modifiche al Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici (decreto legislativo n. 177 del 2005). Segnala che la direttiva apre la strada a un contesto normativo più equo per il settore audiovisivo, compresi i servizi on demand e le piattaforme di condivisione video, rafforzando la tutela dei minori e la lotta contro l'incitamento all'odio, promuovendo le produzioni europee e garantendo l'indipendenza dell'Autorità di regolamentazione del settore. Al riguardo, ricorda che la norma Pag. 255è stata modificata nel corso dell'esame al Senato, nell'ottica di una maggiore tutela dei minori dai contenuti potenzialmente nocivi presenti sulla rete Internet, contro l'utilizzo dei media per la diffusione di fake news, per contenere il livello sonoro delle comunicazioni commerciali e per adeguare le disposizioni sanzionatorie.
  Più in dettaglio, tra i principi e criteri direttivi specifici individuati dalla norma, segnala: il riordino delle disposizioni del testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici (lettera a)); un'adeguata tutela della dignità umana e dei minori riguardo ai contenuti audiovisivi, con attribuzione dei relativi compiti, inclusi quelli di auto-regolamentazione e co-regolamentazione, all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni quale Autorità nazionale di regolamentazione di settore (lettera b)); la tutela dei consumatori di servizi di media audiovisivi anche mediante il ricorso a procedure di risoluzione extragiudiziale delle controversie e meccanismi di indennizzo in caso di disservizi, da affidare all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (lettera c)); il contenimento del livello sonoro delle comunicazioni commerciali, in accordo con le delibere dell'Autorità delle garanzie nelle comunicazioni (lettera f)). Segnala, inoltre, i seguenti criteri direttivi, a tutela dei minori: alla lettera g), la protezione dei minori da contenuti, anche pubblicitari, che possono arrecare danno al loro sviluppo fisico, mentale o morale, incluso il divieto di pubblicità relativa al gioco d'azzardo; alla lettera h), l'offerta, da parte dei fornitori di servizi di media audiovisivi, di informazioni adeguate sui contenuti che possano nuocere allo sviluppo fisico, mentale o morale dei minori, associandola ad una avvertenza acustica qualora i contenuti siano fruiti su dispositivi mobili; alla lettera i), la tutela dei minori dai contenuti, anche pubblicitari, non appropriati che accompagnano programmi per bambini o vi sono inclusi, relativi a prodotti alimentari o bevande, anche alcoliche, che contengono sostanze la cui assunzione eccessiva nella dieta generale non è raccomandata, nonché la previsione di idonee misure, anche di auto-regolamentazione e co-regolamentazione, tese a ridurre l'esposizione dei bambini alle comunicazioni commerciali audiovisive per tali bevande e prodotti alimentari. Infine, alla lettera n) si prevede l'aggiornamento dell'apparato sanzionatorio amministrativo già previsto dal testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, rispetto ai nuovi obblighi previsti dalla citata direttiva, sulla base dei principi di ragionevolezza, proporzionalità ed efficacia.
  L'articolo 4 contiene principi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2018/1972, che istituisce il Codice europeo delle comunicazioni elettroniche. Il Codice rifonde in un unico testo le quattro preesistenti direttive in materia di telecomunicazioni e stabilisce un quadro aggiornato della disciplina delle reti e dei servizi e i compiti delle autorità nazionali di regolamentazione, in vista dello sviluppo delle nuove reti 5G ad altissima velocità. Tra gli specifici criteri di delega segnala, in particolare: il riordino delle disposizioni del vigente Codice delle comunicazioni elettroniche (lettera a)); l'assegnazione delle nuove competenze all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM), quale Autorità nazionale indipendente di regolamentazione del settore, nonché ad altre autorità amministrative competenti, tra cui il Ministero dello sviluppo economico (lettera b)); l'introduzione di misure «di semplificazione» per lo sviluppo della connettività e per potenziare gli investimenti in reti a banda ultralarga «sia fisse che mobili» (lettera c)); il rispetto dei principi di concorrenza e di certezza dei tempi nelle procedure di assegnazione e rinnovo dei diritti di uso delle frequenze radiomobili(lettera c-bis)); la definizione di un regime autorizzatorio per l'uso delle frequenze utilizzate dalle tecnologie per l'Internet delle cose, come il Low Power Wide Area (LPWAN), nel rispetto del principio di proporzionalità, al fine di favorire lo sviluppo di progetti imprenditoriali innovativi (lettera c-ter)); la revisione dell'apparato sanzionatorio amministrativo e penale, già previsto dal codice delle comunicazioni elettroniche (lettera g)). Pag. 256
  L'articolo 5 reca princìpi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 (cd. RED II), sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili. Evidenzia che i principali principi e i criteri direttivi riguardano: una disciplina per l'individuazione delle aree idonee e non idonee per l'installazione di impianti a fonti rinnovabili; la semplificazione delle procedure autorizzative; la disciplina dell'autoconsumo e dei sistemi di accumulo; l'aggiornamento e il potenziamento dei meccanismi di sostegno alla produzione di energia da fonti rinnovabili e dei meccanismi di sostegno ai combustibili alternativi nei trasporti; la promozione della mobilità sostenibile e dell'utilizzo dell'idrogeno verde nell'industria siderurgica e chimica. Le medesime tematiche sono trattate anche agli articoli 12 e 19, relativi rispettivamente alla disciplina del mercato interno dell'energia elettrica e alla preparazione ai rischi nel settore dell'energia elettrica. Più in dettaglio, tra gli specifici criteri di delega, segnala quelli inerenti: la tutela paesaggistica e l'utilizzo preferenziale di capannoni industriali e parcheggi ai fini dell'istallazione degli impianti, tenendo altresì conto della disponibilità di infrastrutture di rete e della distribuzione della domanda; la semplificazione delle procedure abilitative, anche per la qualificazione degli installatori, e la loro attuazione secondo il principio della sussidiarietà verticale; la previsione di incentivi all'autoconsumo e alla costituzione delle «comunità di energia rinnovabile» (aventi lo scopo di offrire ai propri membri servizi energetici), fatta salva l'applicazione degli oneri generali di sistema; la promozione dell'uso di sistemi di accumulo, compresi quelli per l'alimentazione dei veicoli elettrici; il sostegno alla ricerca per la riduzione della quantità e della pericolosità dei rifiuti prodotti dai sistemi di accumulo dell'energia; la promozione dell'utilizzo energetico di biomasse legnose; il sostegno alla trasformazione ad uso plurimo di invasi, traverse e dighe esistenti, gli incentivi alla sostituzione di impianti obsoleti e all'accoppiamento delle fonti rinnovabili non programmabili con sistemi di accumulo; l'abrogazione del meccanismo dello scambio sul posto; la promozione dell'utilizzo delle risorse rinnovabili disponibili in mare; lo sviluppo degli accordi di compravendita di energia elettrica da fonti rinnovabili a lungo termine; lo sviluppo dei biocarburanti avanzati e dei carburanti derivanti da carbonio riciclato e idrogeno; l'esclusione, a partire dal 1° gennaio 2023, dagli obblighi di miscelazione al combustibile diesel con olio di palma o di soia; la promozione dell'utilizzo di energia elettrica rinnovabile per la ricarica di veicoli elettrici e, infine, la semplificazione amministrativa per la costruzione e l'esercizio delle infrastrutture di ricarica di veicoli elettrici.
  L'articolo 6 detta i principi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2019/1, in materia di mercato interno, che conferisce alle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri poteri di applicazione più efficaci, garantendo alle medesime autorità l'indipendenza, le risorse e i poteri di esecuzione e sanzione necessari per affrontare efficacemente gli accordi e le pratiche delle società che limitano la concorrenza all'interno della propria giurisdizione. Tra i principi e criteri direttivi specifici, in particolare, segnala i seguenti: apportare alla normativa vigente le modifiche e le integrazioni necessarie al coordinamento ordinamentale e, in particolare, alla disciplina nazionale in materia di tutela della concorrenza e del mercato di cui alla legge n. 287/1990 (lettera a)); stabilire che i poteri investigativi e decisori disciplinati dalla direttiva siano esercitati dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato anche in relazione alle fattispecie di esclusivo rilievo nazionale (lettera b)); modificare la citata legge n. 287 del 1990 al fine di consentire all'Autorità garante della concorrenza e del mercato di irrogare sanzioni e penalità di mora efficaci, proporzionate e deterrenti alle imprese che non ottemperino alle decisioni dell'Autorità o non si conformino all'esercizio dei suoi poteri istruttori (lettera c)); prevedere che l'Autorità garante della concorrenza e del mercato possa irrogare, entro i limiti edittali, sanzioni e penalità di mora efficaci, proporzionate e deterrenti alle persone fisiche che non adempiano alle richieste di Pag. 257informazioni e alla convocazione in audizione da parte dell'Autorità ovvero si sottraggano alle ispezioni domiciliari o le ostacolino (lettera d)); prevedere che l'Autorità garante della concorrenza e del mercato disponga di personale e risorse adeguate per lo svolgimento dei maggiori compiti previsti.
  L'articolo 7 detta i principi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2019/633, in materia di pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese della filiera agricola e alimentare, che introduce elementi di maggiore trasparenza, a beneficio della stessa filiera e dei consumatori finali. Tra i principi e criteri direttivi evidenzia in particolare quelli inerenti le autorità di vigilanza, ovvero, in dettaglio: la designazione dell'Ispettorato centrale per la tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF) quale Autorità nazionale di contrasto deputata alla vigilanza sulle disposizioni che disciplinano le relazioni commerciali in materia di prodotti agricoli, sull'applicazione delle disposizioni in esame e sull'applicazione delle relative sanzioni (lettera p)); la previsione che l'Autorità garante della concorrenza e del mercato provveda, d'ufficio o su segnalazione delle organizzazioni professionali, all'accertamento dei casi di pratiche commerciali sleali al di fuori dei casi previsti dalla direttiva in esame, assicurando la legittimazione ad agire in giudizio delle organizzazioni professionali (lettera t)). Segnala che, proprio con riferimento a tali due criteri direttivi, nel parere reso il 20 ottobre 2020 dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, si fa presente che la previsione di due distinte autorità di contrasto delle violazioni – alla lettera p), l'ICQRF, per le violazioni previste dalla direttiva (UE) 2019/633 e, alla lettera t), l'Autorità Garante per le violazioni «non incluse in tale perimetro» (che, a giudizio dell'Autorità, non sono sempre chiaramente identificabili), rischia di creare una notevole confusione, con possibili effetti negativi in termini di rapidità ed efficacia degli interventi. Pertanto, secondo l'Autorità, l'individuazione di un'unica autorità di contrasto appare costituire un'imprescindibile necessità al fine di evitare un rischio concreto di bis in idem nei confronti di eventuali comportamenti illeciti posti in essere dagli operatori del mercato. Il sopra citato parere si conclude con la richiesta, rivolta al legislatore, di «rivedere le proposte di attribuzione delle competenze in materia di applicazione della normativa in tema di rapporti commerciali e pratiche sleali nella filiera agroalimentare», designando la stessa Autorità garante come unica «autorità di contrasto» incaricata all'applicazione delle norme di cui alla citata direttiva (UE) 2019/633.
  Segnala inoltre i seguenti ulteriori criteri di delega: la definizione più dettagliata dei principi di buone pratiche commerciali di trasparenza, buona fede, correttezza, proporzionalità e reciproca correspettività a cui occorre attenersi nelle transazioni commerciali in esame (lettera b)); la previsione che i contratti di cessione dei prodotti agricoli e alimentari, ad eccezione di quelli conclusi con il consumatore e delle cessioni con contestuale consegna e pagamento del prezzo pattuito, siano stipulati obbligatoriamente in forma scritta e prima della consegna (lettera d)); la previsione che il pagamento oltre i termini indicati dalla direttiva, inquadrato come pratica commerciale vietata, si applichi alle pubbliche amministrazioni, in particolare a quelle scolastiche e sanitarie, o, quantomeno, si applichi il divieto di pagamento entro un termine superiore a sessanta giorni già previsto a legislazione vigente (lettera f)); la previsione di meccanismi di mediazione o di risoluzione delle controversie alternativa alla denuncia (lettera l)).
  L'articolo 8 reca i principi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2019/789, che stabilisce norme sull'esercizio del diritto d'autore e diritti connessi, volte a promuovere la fornitura transfrontaliera di servizi online accessori a determinati tipi di programmi radiotelevisivi, nonché l'agevolazione della ritrasmissione di determinati programmi televisivi e radiofonici provenienti da altri Stati membri, effettuata da soggetti diversi rispetto all'organismo di diffusione che ha emesso la trasmissione iniziale. A tal fine, la direttiva Pag. 258provvede a estendere il principio del «paese d'origine» ai servizi online accessori, nonché a introdurre l'obbligo di gestione collettiva per i diritti di ritrasmissione. Più in dettaglio, specifica che i principi e criteri direttivi prevedono: la definizione in modo restrittivo dei «programmi di produzione propria che sono finanziati interamente dall'organismo di diffusione radiotelevisiva» di cui alla direttiva, in particolare riconducendo il concetto di «produzione propria» alla nozione di «produzione interna» (lettera a)); l'individuazione dei requisiti degli organismi di gestione collettiva autorizzati a rilasciare le licenze obbligatorie, tenendo anche in considerazione i requisiti degli organismi di gestione collettiva e delle entità di gestione indipendente che svolgono attività di amministrazione e di intermediazione dei diritti connessi al diritto d'autore (lettera b)).
  L'articolo 9 contiene i principi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2019/790, a tutela del diritto d'autore e diritti connessi nel mercato unico digitale, tra i quali segnala i seguenti: disciplinare le eccezioni o limitazioni ai fini dell'estrazione di testo e dati, garantendo adeguati livelli di sicurezza delle reti e delle banche dati, nonché definire l'accesso legale e dei requisiti dei soggetti coinvolti (lettera b)); prevedere che – nel caso di utilizzo online delle pubblicazioni di carattere giornalistico da parte dei prestatori di servizi della società dell'informazione – trovino adeguata tutela i diritti degli editori, tenendo altresì in debita considerazione i diritti degli autori di tali pubblicazioni (lettera h)); definire un profilo di responsabilità in capo ai prestatori di servizi di condivisione online di contenuti, con particolare riferimento al livello di diligenza richiesto al fine di ritenere integrato il criterio dei «massimi sforzi»: si fa riferimento alla previsione secondo la quale tali soggetti, qualora non sia concessa alcuna autorizzazione, sono responsabili per atti non autorizzati di comunicazione o messa a disposizione del pubblico di opere e altri materiali protetti dal diritto d'autore, a meno che non dimostrino, tra l'altro, di aver compiuto i massimi sforzi , secondo elevati standard di diligenza professionale di settore, per ottenere un'autorizzazione e per assicurare che non siano disponibili opere e altri materiali specifici per i quali abbiano ricevuto le informazioni pertinenti e necessarie dai titolari dei diritti (lettera n)); stabilire le modalità e i criteri, anche variabili in base ai diversi settori e al genere di opera, per l'esercizio, da parte di un autore o di un artista (interprete o esecutore) del diritto di revoca, totale o parziale, della concessione in licenza o del trasferimento in esclusiva dei propri diritti per un'opera o altri materiali protetti, nell'ipotesi di mancato sfruttamento dell'opera o di altri materiali protetti (lettera q)).
  L'articolo 10 reca i princìpi e criteri direttivi specifici per l'attuazione della direttiva (UE) 2019/878, e per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2019/876. Il primo atto integra e modifica la direttiva 2013/36/UE (Capital Requirements Directive – CRD), il secondo il regolamento (UE) n. 575/2013 (Capital Requirements Regulation – CRR), che insieme definiscono un sistema armonizzato di requisiti minimi riferiti al capitale e ad altri strumenti che una banca deve detenere affinché si possa ritenere che sia in grado di operare in condizioni di sicurezza e di far fronte autonomamente alle perdite operative. Tra i principali criteri specifici di delega, indicati al comma 1, segnala l'individuazione della Banca d'Italia quale autorità competente (lettera b), la definizione di criteri di esenzione degli enti piccoli e non complessi (lettera c), l'attribuzione alla Banca d'Italia della facoltà di applicare fattori di ponderazione del rischio alle esposizioni garantite da ipoteche immobiliari (lettera d), la definizione di profili sanzionatori (lettera e), l'estensione dell'ambito di esercizio del potere dell'autorità di vigilanza di rimuovere il revisore dei conti che agisca in violazione dei propri compiti (lettera f), un rafforzamento delle prassi di vigilanza in materia di acquisizione, in via indiretta e tramite patti sociali, di partecipazioni rilevanti (lettera e). Il comma 2 reca la clausola di invarianza finanziaria. Pag. 259
  L'articolo 11 detta i princìpi e criteri direttivi specifici per l'attuazione della direttiva (UE) 2019/879, che modifica la direttiva 2014/59/UE (Bank Recovery and Resolution Directive – BRRD) in materia di capacità di assorbimento di perdite e di ricapitalizzazione degli enti creditizi e delle imprese di investimento, nonché per l'adeguamento della normativa nazionale al regolamento (UE) 806/2014 (Single Resolution Mechanism Regulation – SRMR), che fissa norme e una procedura uniformi per la risoluzione degli enti creditizi e di talune imprese di investimento nel quadro del meccanismo di risoluzione. Ricordo che le citate direttive BRRD e SRMR definiscono un sistema armonizzato di regole sul risanamento e la risoluzione delle crisi bancarie. I principi di delega prevedono il recepimento delle citate direttive nell'ambito del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (TUB) (D.Lgs. n.385/1993) e del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF) (D-Lgs. n.58/1998), tenendo conto degli orientamenti dell'Autorità bancaria europea e della necessaria coerenza con il quadro normativo dell'Unione europea nelle materie della vigilanza bancaria, della gestione delle crisi, dei profili sanzionatori e della tutela di depositanti e investitori al dettaglio.
  Segnala in particolare tre criteri di delega (lettere d), e) ed f) del primo comma), volti ad offrire maggior tutela a depositanti e investitori nelle situazioni di crisi bancaria: la lettera d) del comma 1, delega il Governo ad avvalersi della facoltà di tutelare i titolari di depositi anche prima dell'avvio formale di una procedura di risoluzione bancaria, in caso sia concessa all'ente creditizio a rischio di dissesto la sospensione degli obblighi di pagamento e di consegna. Si prevede in particolare la possibilità di garantire che i titolari dei depositi ammissibili agli schemi di garanzia (indipendentemente dal fatto che superino o meno la soglia di copertura stabilita dall'articolo 6 della direttiva 2014/49/UE) abbiano accesso a un importo giornaliero adeguato dei propri depositi. La lettera e) del comma 1, al fine di assicurare la tutela degli investitori al dettaglio, delega il Governo ad avvalersi, anche prevedendo opportune forme di coordinamento con la CONSOB, delle facoltà di limitare la commercializzazione degli strumenti finanziari computabili nel requisito minimo di passività soggette ad opzioni di salvataggio interno (bail-in) in grado di determinarne la svalutazione o la conversione in capitale. Infine la lettera f) delega il Governo ad avvalersi della facoltà di imporre alle società italiane bancarie capogruppo l'obbligo di richiedere alle proprie controllate con sede legale in Stati terzi l'inserimento nei contratti finanziari di una clausola che riconosca l'esercizio, da parte dell'autorità di risoluzione, dei poteri di sospensione degli obblighi di pagamento e di consegna, di limitazione dell'escussione di garanzie e di sospensione dei meccanismi terminativi previsti, rispettivamente, dagli articoli 69,70 e 71 direttiva 2014/59/UE.
  L'articolo 12 detta i principi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2019/944, relativa a norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica, in coordinamento con quelle per la promozione delle fonti rinnovabili. Sottolinea in particolare, che la direttiva ha l'obiettivo di promuovere l'accesso ai mercati dell'energia elettrica, lo sviluppo dell'autoconsumo e la diffusione dei sistemi di accumulo, tra cui quelli di ricarica dei veicoli elettrici. Osserva che l'attuazione della direttiva è strettamente connessa con gli articoli 5 e 19 del disegno di legge in esame, concernenti la medesima materia. Più in dettaglio, segnala che alle lettere da a) a d) del comma 1 sono definiti i criteri di delega volti all'armonizzazione della disciplina dei mercati elettrici con quella inerente la promozione delle fonti rinnovabili, di cui alla Direttiva (UE) 2018/2001 (cd. RED II, il cui recepimento è oggetto dell'articolo 5 del disegno di legge in esame).
  In proposito specifica che i criteri di delega prevedono una disciplina armonizzata e semplificata in materia di: a) comunità energetiche dei cittadini, previste dall'articolo 16 della direttiva (UE) 2019/944; b) autoconsumo, sistemi di distribuzione chiusi e linee dirette, tenendo conto degli Pag. 260obblighi di servizio pubblico e di un'adeguata partecipazione ai costi di sistema e di rete; c) i sistemi di accumulo della produzione da fonti rinnovabili non programmabili, ai fini degli obiettivi del Piano nazionale integrato per l'energia e il clima (PNIEC). Altri criteri di delega prevedono l'aggiornamento del quadro normativo in materia di protezione dei clienti vulnerabili e in condizioni di povertà energetica; lo sviluppo del ruolo e delle responsabilità dei gestori delle reti di distribuzione, in funzione delle esigenze di flessibilità del sistema e di integrazione della generazione distribuita; l'adozione con cadenza biennale del piano di sviluppo e sicurezza della rete di trasmissione nazionale; l'accelerazione dei tempi di conclusione dei procedimenti autorizzativi; l'aggiornamento della disciplina degli obblighi di servizio pubblico degli impianti di produzione di energia elettrica e dei processi di messa fuori servizio e dismissione; la definizione di profili sanzionatori fino al 10% del fatturato annuo; la previsione di una tariffazione dinamica dell'energia elettrica, riducendo la parte di componenti fisse delle fatture; la previsione di misure per il potenziamento dell'infrastruttura di rete e la promozione di smart grids per predire adeguatamente la domanda di energia.
  L'articolo 13 indica i principi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2019/1160 e per l'adeguamento al regolamento (UE) 2019/1156, volti ad apportare modifiche al TUF al fine di facilitare la vendita e la gestione transfrontaliera dei fondi d'investimento e favorire la creazione di un mercato unico dei fondi di investimento. In dettaglio, indica tra i criteri di delega: l'attribuzione dei poteri di vigilanza, per la direttiva e il regolamento in esame, alla CONSOB e alla Banca d'Italia, secondo le rispettive competenze; l'introduzione di modifiche alla disciplina dell'attività transfrontaliera in caso di apertura di succursali di società di gestione del risparmio, di società di gestione UE e di Gestori di fondi di investimento alternativi (GEFIA) UE; modifiche in tema di strutture per gli investitori nel contesto della commercializzazione in Italia di organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) UE e fondi di investimento alternativi (FIA); una disciplina della fase di pre-commercializzazione dei FIA, al fine di permettere ai gestori di svolgere ricerche di mercato in un potenziale Stato ospitante. Il comma 2 reca la clausola di invarianza finanziaria.
  L'articolo 14 delega il Governo all'adeguamento della normativa nazionale al regolamento (UE) 2016/429, in materia di malattie animali trasmissibili. Il regolamento fornisce un quadro giuridico generale, rivedendo e abrogando la precedente normativa europea composta da circa 50 atti normativi. Similmente, si prevede a livello nazionale il riordino, alla luce del regolamento, della materia della sanità animale, attualmente disciplinata in maniera disorganica. Tra i criteri di delega segnala: l'attribuzione al Ministero della salute di compiti di coordinamento delle autorità competenti regionali e locali (la giurisprudenza costituzionale riconduce la prevenzione, la sorveglianza e l'eradicazione delle malattie animali e la profilassi internazionale nella competenza legislativa esclusiva dello Stato); la definizione di misure di emergenza in caso di malattia emergente, anche con possibilità di prevedere, in casi di particolare pericolo, un piano di emergenza di eradicazione; il riordino e la connessione tra banche dati (anagrafi zootecniche, sistemi informativi del Ministero della salute ed i sistemi informativi delle regioni e province autonome); l'utilizzo della ricetta elettronica veterinaria (REV) come strumento per di acquisire dati e informazioni sulle somministrazioni di medicinali; la definizione, nel rispetto della normativa dell'Unione europea sugli aiuti de minimis, di incentivi per gli operatori che sviluppino buone prassi di allevamento; la previsione di attività di formazione periodica per gli operatori e i professionisti degli animali; la previsione di sanzioni amministrative efficaci, dissuasive e proporzionate, nonché di misure restrittive al commercio di animali, tra cui la fauna selvatica ed esotica e le specie protette.
  L'articolo 15 fornisce la delega per l'adeguamento dell'ordinamento nazionale al Pag. 261regolamento (UE) 2017/745, concernente i dispositivi medici – come modificato dal regolamento (UE) 2020/561, che ne ha differito i termini di decorrenza al fine di fronteggiare l'emergenza COVID19 –, e al regolamento 2017/746, concernente i dispositivi medico diagnostici in vitro. La normativa è finalizzata a rendere disponibili dispositivi sicuri, efficaci e innovativi, in grado di apportare benefici alla salute dei cittadini. Tra gli specifici criteri di delega, segnala in particolare: la definizione delle informazioni che fabbricanti, distributori e utilizzatori devono fornire al Ministero della salute; il riordino del meccanismo di definizione dei tetti di spesa relativi ai dispositivi medici; la revisione dell'apparato sanzionatorio, con agevolazioni in caso di violazioni commesse da microimprese; l'individuazione delle modalità di tracciabilità del singolo dispositivo medico, attraverso il riordino e la connessione delle banche dati; l'aumento dell'efficienza dei procedimenti di acquisto; l'adeguamento delle attività dell'Osservatorio nazionale sui prezzi dei dispositivi medici; l'adeguamento delle modalità di trattamento dei dati personali sensibili; l'introduzione, ai fini del finanziamento del sistema di governo dei dispositivi medici, dell'obbligo di corresponsione, da parte delle aziende che producono o commercializzano dispositivi medici, di una quota non superiore allo 0,75 per cento del fatturato – al netto dell'IVA – derivante dalla vendita al Servizio sanitario nazionale dei dispositivi medici e delle grandi apparecchiature.
  L'articolo 16 fornisce la delega per l'adeguamento dell'ordinamento nazionale al regolamento (UE) 2017/1991, relativo ai fondi europei per il venture capital e per l'imprenditoria sociale, al fine di rafforzare l'accesso al credito da parte delle piccole e medie imprese. In dettaglio, tra i criteri di delega previsti al comma 2, segnala l'introduzione di modifiche al TUF al fine: di attribuire i poteri di vigilanza alla CONSOB e alla Banca d'Italia, secondo le rispettive competenze; di prevedere la possibilità, per i gestori di fondi d'investimento alternativi (FIA) autorizzati ai sensi della direttiva 2011/61/UE, di gestire e commercializzare fondi europei per il venture capital e i fondi europei per l'imprenditoria sociale, in modo da permettere alle imprese in cerca di investimenti l'accesso ai finanziamenti offerti da una gamma più vasta e più differenziata di fondi; di disciplinare la cooperazione e lo scambio di informazioni con le autorità competenti degli Stati membri e dell'Unione europea; di disciplinare il regime sanzionatorio. Il comma 3 prevede la clausola di invarianza finanziaria.
  L'articolo 17 fornisce la delega per l'adeguamento al regolamento (UE) 2019/518, relativo alle commissioni applicate sui pagamenti transfrontalieri nell'Unione e sulle conversioni valutarie. In particolare segnala che si prevede la definizione delle sanzioni per le violazioni degli obblighi informativi sulle commissioni valutarie, limitandone l'applicabilità ai casi carattere rilevante secondo criteri definiti dalla Banca d'Italia.
  L'articolo 18 fornisce la delega per l'adeguamento al regolamento (UE) 2019/881, relativo all'Agenzia dell'UE per la cybersicurezza (ENISA). La normativa prevede un riordino del quadro nazionale sulla certificazione della sicurezza informatica. In particolare specifica che si prevede che il Ministero dello sviluppo economico sia designato quale «autorità nazionale di certificazione della cybersicurezza», con compiti di certificazione, di controllo della conformità dei prodotti, di rilascio e di revoca dei certificati europei. Si prevede inoltre la definizione del sistema delle sanzioni applicabili.
  L'articolo 19 prevede la delega per l'adeguamento dell'ordinamento nazionale al regolamento (UE) 2019/943 sul mercato interno dell'elettricità e al regolamento (UE) 2109/941 sulla preparazione ai rischi nel settore dell'energia elettrica. Ricorda che, come già accennato, l'attuazione di questi due regolamenti è strettamente connessa con gli articoli 5 e 12 del disegno di legge, concernenti la medesima materia. Tra i criteri di dettaglio segnala: il graduale superamento del Prezzo Unico Nazionale (PUN); la semplificazione della disciplina del dispacciamento e dei mercati all'ingrosso dell'energia, volta a tenere conto Pag. 262delle esigenze di flessibilità e di integrazione della generazione distribuita, degli aggregatori, delle fonti rinnovabili non programmabili, dei sistemi di accumulo e della gestione della domanda; la semplificazione in materia di esenzione dall'accesso ai terzi per i nuovi interconnettori; l'attribuzione all'ARERA delle competenze finalizzate alla deroga all'obbligo di ridispacciamento degli impianti di generazione non basato su regole di mercato; definizione dei profili sanzionatori.
  L'articolo 20 fornisce la delega per l'adeguamento al regolamento (UE) 2019/1238, relativo al prodotto pensionistico individuale paneuropeo (PEPP), un prodotto pensionistico individuale di previdenza complementare ad adesione volontaria, con caratteristiche armonizzate su base europea. Il regolamento richiede l'individuazione delle autorità nazionali competenti e la disciplina di determinati aspetti inerenti le caratteristiche specifiche del prodotto.
  In particolare, segnala che i criteri di delega prevedono che la Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP) sia individuata come autorità competente per gli adempimenti procedurali e per la pubblicazione sul proprio sito del regolamento PEPP. Per le competenze ai fini dello svolgimento delle attività di vigilanza previste dal medesimo regolamento è prevista una ripartizione tra la COVIP, la Banca d'Italia, la CONSOB e l'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (IVASS). Si prevede inoltre che sia disposto un trattamento fiscale analogo a quello previsto per le forme pensionistiche complementari, con la possibilità di privilegiare la rendita vitalizia quale forma di erogazione della prestazione; Si prevede inoltre la possibilità di imporre ai fornitori di PEPP l'obbligo di fornire ai risparmiatori in PEPP proiezioni pensionistiche aggiuntive rispetto a quelle previste dal regolamento PEPP, in modo da permettere la confrontabilità con i prodotti nazionali di previdenza complementare. Si prevede inoltre la possibilità di determinare le condizioni relative alla fase di accumulo e di decumulo del sotto-conto nazionale del PEPP; si prevede inoltre l'obbligo della forma scritta per la richiesta di trasferimento del risparmiatore in PEPP; la definizione di un limite per le commissioni e gli oneri di trasferimento; la definizione di una disciplina sanzionatoria.
  L'articolo 21, introdotto dal Senato, reca principi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2019/1153 che reca disposizioni per agevolare l'uso di informazioni finanziarie a fini di prevenzione, accertamento, indagine o perseguimento di determinati reati e che abroga la decisione 2000/642/GAI del Consiglio. Tra i criteri di delega, segnala in particolare quelli volti a: circoscrivere l'accesso alle informazioni sui conti bancari e alle altre informazioni finanziarie ai soli casi in cui esse siano necessarie per lo svolgimento di un procedimento penale o per l'applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali di cui al codice antimafia; indicare nell'Ufficio nazionale per il recupero dei beni (ARO), istituito presso la Direzione Centrale della Polizia Criminale, l'autorità abilitata ad accedere al registro nazionale centralizzato dei conti bancari e nell'autorità giudiziaria, nonché ad indicare negli ufficiali di polizia giudiziaria delegati le autorità abilitate a richiedere informazioni o analisi finanziarie alla Unità di informazione finanziaria (UIF) istituita presso la Banca d'Italia. Le norme inoltre prevedono che l'adozione dei decreti legislativi avvenga previo parere del Garante per la protezione dei dati personali e in condizioni di neutralità finanziaria.
  L'articolo 22, introdotto dal Senato, reca i principi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2019/904, sulla riduzione dell'incidenza di determinati prodotti di plastica sull'ambiente. Tra i principi e criteri direttivi specifici segnala quelli riguardanti: la riduzione del consumo dei prodotti monouso; la transizione verso un'economia circolare; l'impulso all'uso di prodotti sostenibili e riutilizzabili, anche attraverso la loro messa a disposizione a favore del consumatore finale, previa opportuna definizione delle loro caratteristiche tecniche; la graduale restrizione all'immissione nel mercato dei prodotti di plastica monouso (salvo quella biodegradabile); la sensibilizzazione dei consumatori Pag. 263sull'esigenza di ridurre i rifiuti derivanti dal rilascio di palloncini; l'inclusione di bicchieri di plastica tra i prodotti monouso; la previsione di una disciplina sanzionatoria con devoluzione dei proventi al potenziamento delle attività di controllo. Si prevede inoltre soppressione, contestuale all'esercizio della delega, dell'attuale disciplina inerente i prodotti monouso in plastica, basata prevalentemente sull'adozione di iniziative di carattere ecologico da parte dei produttori, su base volontaria e in via sperimentale dal 1° gennaio 2019 fino al 31 dicembre 2023. Dal punto di vista finanziario, in caso di insufficiente dotazione del Fondo per il recepimento della normativa europea, si prevede che l'esercizio della delega sia successivo al reperimento delle risorse necessarie alla sua copertura.
  L'articolo 23 introdotto dal Senato, reca i princìpi e i criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE)2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2019, riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell'Unione (cd. whistleblowing), al fine di valorizzare e dare uniformità a normative nazionali sul tema, attualmente assai eterogenee o frammentarie. Tra i principi e criteri direttivi specifici evidenzia: la tutela dei segnalanti che siano venuti a conoscenza delle violazioni nell'ambito di un contesto lavorativo sia pubblico che privato; la modifica e il coordinamento delle disposizioni vigenti, operando le necessarie abrogazioni e adottando le opportune disposizioni transitorie; l'esercizio dell'opzione (di cui all'articolo 25, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2019/1937) che consente l'introduzione o il mantenimento delle disposizioni più favorevoli ai diritti delle persone segnalanti e di quelle indicate dalla direttiva, al fine di assicurare comunque il massimo livello di protezione e tutela dei medesimi soggetti.
  L'articolo 24 reca principi e criteri direttivi per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2019/2088 relativo all'informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari. Il «rischio di sostenibilità» è riferito alla sensibilità del valore dell'investimento all'ipotesi del verificarsi di eventi o condizioni di tipo ambientale, sociale o di governance. Evidenzia che l'obiettivo del regolamento è quello di rafforzare la protezione per gli investitori finali e migliorare l'informativa a loro destinata, anche nel caso di acquisti transfrontalieri. Specifica che la norma si limita a richiamare i consueti princìpi e criteri generali previsti dalla L. n. 234/2012 e a prevedere la clausola di invarianza finanziaria. Ricorda peraltro, che il regolamento in oggetto impone in particolare ai partecipanti ai mercati finanziari e ai consulenti finanziari obblighi di trasparenza in materia di integrazione dei rischi di sostenibilità, nonché l'obbligo di agire nel migliore interesse degli investitori finali e di assicurare l'esercizio di un'adeguata diligenza dovuta prima di effettuare l'investimento.
  L'articolo 25 reca princìpi e criteri direttivi per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2017/2402, che stabilisce un quadro generale per la cartolarizzazione, instaura un quadro specifico per cartolarizzazioni semplici, trasparenti e standardizzate e modifica le direttive 2009/65/CE, 2009/138/CE e 2011/61/UE e i regolamenti (CE) n. 1060/2009 e (UE) n. 648/20. Tra i princìpi e i criteri direttivi evidenzia l'individuazione delle seguenti autorità competenti, ciascuna per le proprie attribuzioni: la Banca d'Italia, la COVIP, la CONSOB e l'IVASS, con possibilità di demandare loro la definizione di una disciplina secondaria, poteri di vigilanza, cooperazione e scambio di informazioni con le corrispondenti autorità europee, nonché compiti di coordinamento operativo. Segnala inoltre il criterio di coordinamento delle sanzioni previste dal regolamento oggetto di recepimento con quelle previste dalla normativa vigente, con definizione di minimi edittali. È infine previsto il criterio di invarianza finanziaria.
  L'articolo 26 reca principi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2019/2162, relativa all'emissione di obbligazioni garantite e alla vigilanza pubblica delle obbligazioni garantite e per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2019/2160 Pag. 264per quanto riguarda le esposizioni sotto forma di obbligazioni garantite. Tra i princìpi e i criteri direttivi segnala l'individuazione della Banca d'Italia quale autorità competente, con poteri di vigilanza e possibilità di definire una disciplina secondaria; la previsione di una disciplina delle sanzioni amministrative; l'obbligo di prevedere che l'aggregato di copertura comprenda in ogni momento una riserva di liquidità (ovvero attività liquide sufficienti a coprire i pagamenti del programma di obbligazioni garantite per i successivi 180 giorni); la possibilità di consentire l'emissione di obbligazioni garantite con strutture delle scadenze estensibili sulla base di elementi di attivazione precisati nei termini e condizioni contrattuali (non a discrezione dell'ente creditizio emittente); la possibilità per l'autorità di vigilanza di ridurre al di sotto del 5 per cento l'eccesso di garanzia richiesto (ovvero il margine richiesto di eccedenza delle garanzie rispetto al valore nominale delle obbligazioni garantite); il coordinamento delle disposizioni in materia di obbligazioni garantite da crediti nei confronti di PMI con il quadro normativo armonizzato per le obbligazioni garantite europee. È inoltre prevista la clausola di invarianza finanziaria.
  L'articolo 27 reca princìpi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2019/2034, relativa alla vigilanza prudenziale sulle imprese di investimento e per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2019/2033, relativo ai requisiti prudenziali delle imprese di investimento. Tra i princìpi e i criteri direttivi segnala in particolare: la definizione, per le imprese di investimento assimilabili a istituti di credito, di una normativa di autorizzazione, vigilanza prudenziale e gestione delle crisi analoga a quella del quadro normativo armonizzato dell'Unione bancaria (ad esempio in materia di requisiti di capitalizzazione, meccanismi di sorveglianza e risoluzione delle crisi), demandando alla Banca d'Italia, in coordinamento con la CONSOB, la decisione sull'applicazione di parte di tale normativa anche alle imprese di investimento non assimilabili a istituti di credito. Si conferma inoltre la Banca d'Italia quale autorità competente ad esercitare, ove opportuno, le discrezionalità in materia di politiche e prassi di remunerazione per le imprese di investimento, nonché, in coordinamento con la CONSOB, a definire una normativa secondaria per le imprese di Paesi terzi che prestano in Italia servizi e attività di investimento, nonché a esercitare il potere sanzionatorio. È inoltre prevista la clausola di invarianza finanziaria.
  L'articolo 28 reca principi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2019/1159 concernente i requisiti minimi di formazione per la gente di mare e che abroga la direttiva 2005/45/CE riguardante il reciproco riconoscimento dei certificati rilasciati dagli Stati membri alla gente di mare. Tra i principi e i criteri direttivi segnala la definizione – sulla base dei criteri adottati dagli altri paesi membri, in modo da non penalizzare la gente di mare – dei concetti di «acque protette» e di «acque adiacenti a quelle protette», al fine di individuare le navi che navigano anche al di fuori di tali zone marittime, a cui si applica la citata direttiva sui requisiti minimi di formazione del personale navigante.
  L'articolo 29 reca principi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2019/1151, relativa all'uso di strumenti e processi digitali nel diritto societario. Tra i principi e i criteri direttivi segnala l'impegno a consentire la forma telematica per la costituzione di società a responsabilità limitata e società a responsabilità limitata semplificata, aventi sede in Italia e capitale versato mediante conferimenti in danaro. È inoltre prevista la clausola di invarianza finanziaria.

  Angela IANARO (M5S), relatrice sulla Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea, riferita all'anno 2019, ricorda che la Commissione inizia oggi l'esame della relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea riferita all'anno 2019, che è oggetto di esame congiunto con il disegno di legge di delegazione europea 2019-2020.
  Rammenta che l'articolo 13, comma 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, disciplina Pag. 265 il contenuto proprio della relazione consuntiva e la sua presentazione da parte del Governo. La relazione dovrebbe fornire elementi di informazione e di valutazione su una serie di tematiche riguardanti gli sviluppi del processo di integrazione europea, la partecipazione dell'Italia al processo normativo dell'UE e in generale alle attività delle istituzioni europee per la realizzazione delle principali politiche settoriali, l'attuazione in Italia delle politiche di coesione economica, sociale e territoriale, nonché il seguito dato e le iniziative assunte in relazione ai pareri, alle osservazioni e agli atti di indirizzo delle Camere. Si tratta, pertanto, del principale strumento per una verifica ex post dell'attività svolta dal Governo nei vari ambiti e della condotta assunta nelle sedi decisionali europee, nel quadro di una costante interlocuzione e di un raccordo con il Parlamento su tali temi.
  Segnala preliminarmente che la relazione consuntiva per il 2019 è stata trasmessa al Parlamento il 18 maggio 2020, in ritardo rispetto al termine del 28 febbraio previsto dal citato comma 2 dell'articolo 13. Fa presente l'importanza di assicurare il rispetto dei tempi di presentazione del documento, al fine di rendere più efficace la valutazione dell'azione svolta dal Governo a livello europeo nell'anno di riferimento.
  La relazione consuntiva per il 2019, analogamente alle precedenti, è articolata in quattro parti e in cinque allegati. Rileva pertanto che essa presenta una struttura complessivamente coerente con le previsioni legislative, relativamente agli strumenti di partecipazione dell'Italia all'Unione europea.
  Evidenzia che la prima parte della relazione è dedicata agli sviluppi del processo di integrazione europea e alle questioni istituzionali, caratterizzate in primo luogo dal rinnovo delle principali istituzioni europee, in connessione con l'avvio del nuovo ciclo 2019-2024, e dall'entrata in operatività della nuova ripartizione dei seggi del Parlamento europeo, a seguito dell'uscita del Regno unito dall'Unione europea, che comporta per l'Italia un aumento dei seggi da 73 a 76. La relazione contiene elementi di informazione sull'attività svolta dal Governo nel settore della «migliore regolamentazione» (better regulation), anche attraverso la partecipazione alla piattaforma REFIT nell'ambito del programma di controllo dell'adeguatezza e dell'efficacia della regolamentazione (REFIT), recentemente sostituita dalla piattaforma Fit for Europe. Il documento dà conto, inoltre, della posizione del Governo italiano in favore dello svolgimento della Conferenza sul futuro dell'Europa, posizione che è stata successivamente esplicitata nel non paper, approvato dal Comitato Interministeriale Affari Europei il 14 febbraio 2020. La relazione segnala poi le principali determinazioni adottate nel 2019 nell'ambito delle procedure del «semestre europeo» e sul fronte della governance macroeconomica
  La seconda parte, che rappresenta la parte più consistente della relazione, è dedicata alle politiche orizzontali e settoriali: migrazione, mercato interno, fiscalità e unione doganale, politiche industriali e per la concorrenza, ricerca e sviluppo tecnologico, ambiente ed energia, trasporti, agricoltura e pesca, politica estera e di sicurezza, allargamento, occupazione, affari sociali, tutela della salute, istruzione, gioventù, sport, cultura, turismo, giustizia e affari interni.
  Fa presente che la maggior parte delle politiche è stata interessata dall'adozione non solo di misure eccezionali per fronteggiare le conseguenze provocate dalla pandemia, ma anche di iniziative in attuazione dei nuovi orientamenti strategici della Commissione europea. La crisi pandemica ha, inoltre, comportato una revisione degli orientamenti di carattere strategico e ha influito sull'andamento dei principali negoziati in corso, primo fra tutti quello sul nuovo quadro finanziario pluriennale 2021-2027 (QFP).
  Sottolinea che il nuovo bilancio, che sarà integrato dall'associato programma Next Generation EU (NGEU) per contrastare gli effetti economici e sociali della COVID-19 e per promuovere la ripresa dell'Europa sulla base della trasformazione verde e digitale dell'economia, avrà un impatto trasversale Pag. 266su tutte le politiche. In molte parti del documento, infatti, si riporta l'andamento dei negoziati nel 2019 sul QFP.
  Illustra quindi la parte terza, che riguarda l'attuazione delle politiche di coesione economica, sociale e territoriale, evidenzia l'avanzamento finanziario, misurato in termini di rapporto percentuale tra spesa certificata al 31 dicembre 2019 e risorse programmate nell'ambito degli obiettivi tematici (OT). La relazione, inoltre, fornisce elementi di informazione sul conseguimento dei target per i programmi operativi regionali e nazionali evidenziando, al 31 dicembre 2019, un livello di spesa complessiva certificata pari al 28,5 per cento del totale delle risorse programmate (pari a 53,2 miliardi di euro) per i 51 Programmi operativi cofinanziati dal FESR e dal FSE del ciclo di programmazione 2014-2020.
  Segnala che la parte quarta si occupa delle questioni riguardanti il coordinamento nazionale delle politiche europee, tra cui l'attività svolta dal Comitato interministeriale per gli affari dell'Unione europea (CIAE), che sta svolgendo un ruolo di regia nel negoziato sul QFP e nella definizione del Piano per la ripresa e la resilienza.
  Aggiunge inoltre che la relazione riporta i dati relativi ai flussi di atti e documenti trasmessi dal Governo alle Camere, ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 234 del 2012, nell'ambito del c.d. meccanismo di informazione qualificata.
  Sottolinea altresì che la relazione fornisce elementi di informazione sul contenzioso. Al 31 dicembre 2019, risultavano aperte a carico dell'Italia 77 procedure di infrazione (66 per violazione del diritto dell'Unione e 11 per mancato recepimento di direttive). Osserva che, rispetto al 31 dicembre 2018, le procedure a carico dell'Italia sono aumentate di 7 unità (6 per violazione del diritto UE e una per mancato recepimento), confermando il trend in crescita dal 2017 in avanti.
  Completano il documento una serie di allegati, che, in conformità con la normativa di riferimento, recano: l'elenco delle riunioni del Consiglio dell'Unione europea e del Consiglio europeo tenutesi nel 2019; l'evidenziazione dei flussi finanziari dall'Unione europea all'Italia con la situazione degli accrediti registrati al 31 dicembre 2019 e degli interventi, in termini di impegni e pagamenti, alla data del 31 ottobre 2019 per la programmazione 2014-2020; i provvedimenti adottati nel 2019 in attuazione delle direttive europee.
  Il documento, infine, dà conto, in una tabella analitica, dei seguiti ai documenti finali approvati nel 2019 dalle competenti commissioni della Camera e dal Senato in esito all'esame di atti europei. Segnala che la relazione non prende in considerazione gli atti di indirizzo approvati dal Parlamento in occasione dello svolgimento delle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri rese in vista dei Consigli europei, che pure contribuiscono alla definizione degli orientamenti su specifiche questioni in corso di negoziazione.

  La Sottosegretaria Laura AGEA si riserva di intervenire nel prosieguo della discussione.

  Sergio BATTELLI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 15.40.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO
DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 15.40 alle 15.50.