CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 28 ottobre 2020
460.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
Pag. 47

SEDE REFERENTE

  Mercoledì 28 ottobre 2020. — Presidenza del presidente Mario PERANTONI. – Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia, Vittorio Ferraresi.

  La seduta comincia alle 14.

Nuove norme in materia di illeciti agro-alimentari.
C. 2427 Governo.
(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in oggetto, rinviato nella seduta del 13 ottobre 2020.

  Mario PERANTONI, presidente avverte che sono state presentate 152 proposte emendative (vedi allegato). Ricorda che, a norma dell'articolo 89 del Regolamento, sono inammissibili le proposte emendative riferite ad argomenti «affatto estranei all'oggetto della discussione». Fa presente che – in virtù del fatto che il provvedimento in esame reca norme in materia di Pag. 48illeciti agroalimentari ed il suo ambito di intervento investe la riorganizzazione sistematica della categoria dei reati alimentari, la rielaborazione del sistema sanzionatorio contro le frodi alimentari e la sistemazione organica, per l'intero settore dei reati in materia alimentare, della responsabilità delle persone giuridiche – la presidenza ritiene inammissibili per estraneità di materia le seguenti proposte emendative: l'articolo aggiuntivo Cunial 4.01, in quanto incide sul comma 6 dell'articolo 15 del decreto legislativo n. 150 del 2012 attribuendo anche ai comuni la possibilità di individuare ulteriori aree specifiche in cui applicare divieti o riduzioni d'uso dei prodotti fitosanitari; l'articolo aggiuntivo Cunial 6.01, in quanto incide sull'articolo 16 del decreto legislativo n. 150 del 2012, che dispone in materia di dati di produzione, vendita e utilizzazione di prodotti fitosanitari e coadiuvanti di prodotti fitosanitari; l'articolo aggiuntivo Cunial 7.01, in quanto incide sull'articolo 2 del decreto legislativo n. 150 del 2012, disponendo che nel caso in cui siano riscontrati gravi pericoli per la salute umana, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e i sindaci dei comuni hanno facoltà di sospendere temporaneamente l'utilizzo di prodotti fitosanitari fino al ristabilimento delle condizioni di non pericolosità.
  Avverte che eventuali ricorsi avverso la declaratoria di inammissibilità potranno essere presentati entro le ore 18 della giornata odierna.
  Dà quindi la parola alla relatrice, onorevole Scutellà, per l'espressione dei pareri sulle proposte emendative presentate.

  Elisa SCUTELLÀ (M5S), relatrice, in considerazione del consistente numero delle proposte emendative presentate e dell'importanza della materia oggetto del provvedimento, rileva l'esigenza di un ulteriore approfondimento delle questioni poste dalle stesse proposte emendative, anche al fine di svolgere un proficuo confronto con i diversi gruppi. Chiede quindi di rinviare l'espressione dei pareri sulle proposte emendative presentate.

  Mario PERANTONI, presidente, in assenza di obiezioni, accoglie la richiesta della relatrice. Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.05.

SEDE CONSULTIVA

  Mercoledì 28 ottobre 2020. — Presidenza del presidente Mario PERANTONI. – Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia, Vittorio Ferraresi.

  La seduta comincia alle 14.05.

Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2019-2020.
C. 2670 Governo.
(Parere alla XIV Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Mario PERANTONI, presidente, ricorda che la Commissione è chiamata a trasmettere alla XIV Commissione, per le parti di competenza, una relazione sul suddetto disegno di legge e che potranno altresì essere trasmessi gli eventuali emendamenti al disegno di legge in oggetto approvati dalla Commissione. Fa presente inoltre che il termine per la presentazione degli emendamenti sarà definito nella riunione dell'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, che si svolgerà al termine della seduta.
  Ricorda quindi che gli emendamenti approvati dalle Commissioni di settore sono trasmessi alla XIV Commissione, che, peraltro, potrà respingerli solo per motivi di compatibilità con la normativa europea o per esigenze di coordinamento generale, mentre gli emendamenti respinti dalle Commissioni di settore non potranno essere presentati presso la XIV Commissione, che li considererà irricevibili. Rammenta infine Pag. 49che gli emendamenti respinti dalle Commissioni potranno, peraltro, essere ripresentati in Assemblea.
  Dà quindi la parola al relatore, onorevole Vitiello, per la relazione illustrativa.

  Catello VITIELLO (IV), relatrice, fa presente che la Commissione avvia oggi l'esame, per le parti di competenza, del disegno di legge C. 2670 recante disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2019-2020. Osserva, preliminarmente, che la legge europea è – assieme alla legge di delegazione europea – uno dei due strumenti predisposti dalla legge 24 dicembre 2012, n. 234, al fine di adeguare periodicamente l'ordinamento nazionale a quello dell'Unione europea. Vengono, dunque, inserite nel disegno di legge europea, in linea generale, norme volte a prevenire l'apertura, o a consentire la chiusura, di procedure di infrazione, nonché, in base ad una interpretazione estensiva del disposto legislativo, anche norme volte a permettere l'archiviazione dei casi di precontenzioso EU-Pilot. Ricorda inoltre che l'esame del disegno di legge europea avviene secondo una procedura particolare, che prevede la presentazione di emendamenti non solamente presso la Commissione di merito ma anche presso le Commissioni in sede consultiva, le quali inoltre esprimono il parere anche sugli emendamenti presentati presso le Commissioni di merito.
  Passando al contenuto del provvedimento, segnala che l'articolato del disegno di legge europea 2019-2020 contiene 34 articoli (suddivisi in 9 capi) che modificano o integrano disposizioni vigenti dell'ordinamento nazionale per adeguarne i contenuti al diritto europeo. In particolare, come evidenziato dal Governo nella relazione illustrativa, nell'intento di compiere un ulteriore sforzo per adeguare la normativa nazionale agli obblighi derivanti dalla partecipazione all'Unione europea, il provvedimento è volto a: agevolare la chiusura di 10 procedure di infrazione, di 1 caso EU-Pilot nonché di un caso di mancata attuazione di una direttiva (caso ARES); attuare dodici regolamenti e garantire la corretta attuazione di cinque direttive già recepite nell'ordinamento nazionale, nonché a garantire la corretta attuazione di una sentenza pregiudiziale della Corte di Giustizia dell'Unione europea in materia di protezione internazionale e a recepire la rettifica di una direttiva. Sottolinea inoltre che il provvedimento si compone di disposizioni aventi natura eterogenea che intervengono nei seguenti settori: libera circolazione di persone, servizi e merci (capo I, articoli 1-10); libertà, giustizia e sicurezza (capo II, articolo 11-15); fiscalità, dogane e ravvicinamento delle legislazioni (capo III, articoli 16-18); affari economici e monetari (capo IV, articoli 19-21), sanità (capo V, articoli 22-24); protezione dei consumatori (capo VI, articoli 25-27); ambiente (capo VII, articolo 28), energia (capo VIII, articolo 29). Completa il disegno di legge il capo IX, contenente altre disposizioni, composto dai restanti cinque articoli. Con riguardo ai profili di stretta competenza della Commissione Giustizia, segnala in primo luogo l'articolo 3 che interviene sulla disciplina della cooperazione tra gli Stati membri nel settore del riconoscimento delle qualifiche professionali, di cui al decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206, che ha dato attuazione alla direttiva 2005/36/CE, per rispondere alle censure oggetto della procedura di infrazione n. 2018/2175. In particolare, nonostante le modifiche già introdotte con la legge europea 2018, la Commissione europea continua a contestare all'Italia il non corretto recepimento dell'articolo 57-ter della citata direttiva 2005/36/CE, secondo il quale le autorità sono tenute a prestare piena collaborazione non soltanto ai centri di assistenza degli Stati membri ospitanti ma anche ai centri di assistenza degli Stati di origine del richiedente. Pertanto, la disposizione dell'articolo 3 del disegno di legge al nostro esame interviene a modificare il comma 5-bis dell'articolo 6 del citato decreto legislativo, in senso conforme alle richieste della Commissione europea, per specificare che il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio, in qualità di centro di assistenza per il riconoscimento delle qualifiche professionali, deve prestare piena Pag. 50collaborazione ai centri di assistenza degli altri Stati membri: tanto a quelli degli Stati membri ospitanti il professionista italiano, quanto a quelli degli Stati membri di origine dei professionisti che vogliono esercitare in Italia. Osserva che anche l'articolo 4 del disegno di legge in esame interviene sul citato decreto legislativo n. 206 del 2007, in seguito alle contestazioni mosse dalla Commissione europea nell'ambito della procedura di infrazione n. 2018/2295. Con riguardo ai profili di competenza della Commissione Giustizia rilevano le lettere da a) ad f) del comma 1 dell'articolo 4.
  Sottolinea, in particolare, che la lettera a) modifica il comma 1-bis dell'articolo 2 del citato decreto legislativo al fine di ridefinire l'ambito di applicazione del decreto stesso in conformità a quanto stabilito dalla direttiva 2005/36/CE. La modifica è volta a ricomprendere nell'ambito di applicazione della normativa interna sul riconoscimento delle qualifiche, i tirocini professionali effettuati al di fuori del territorio nazionale, non più solo dai cittadini italiani – come previsto dalle disposizioni attualmente in vigore – ma anche dai cittadini degli altri Stati membri dell'Unione europea residenti in Italia, come stabilito dalla direttiva 2005/36/CE. La lettera b) del comma 1 dell'articolo 4 del disegno di legge europea modifica l'articolo 8, comma 5, del decreto legislativo n. 206 del 2007, riguardante la cooperazione amministrativa tra le autorità competenti al riconoscimento delle qualifiche nei diversi Stati membri. L'intervento è volto a limitare ai casi di dubbio fondato la possibilità per le autorità italiane di verificare, presso lo Stato membro di origine, le informazioni fornite dal richiedente. La disposizione si prefigge pertanto di sanare la contestazione relativa al non corretto recepimento da parte dell'Italia dell'articolo 50, paragrafo 3, della direttiva 2005/36/CE, la cui finalità è quella di garantire il necessario scambio di informazioni in caso di dubbi fondati e non quella di istituire un obbligo di verifica sistematica presso le autorità competenti dello Stato membro d'origine delle informazioni fornite dal richiedente. La lettera c) del comma 1 dell'articolo 4 del disegno di legge europea interviene in più punti dell'articolo 9 del decreto legislativo n. 206 del 2007, in materia di libera prestazione di servizi e prestazioni occasionali e temporanee. In particolare, il punto 1 della lettera c) modifica il comma 1 del suddetto articolo per assicurare il corretto recepimento del paragrafo 1 dell'articolo 5 della direttiva, la quale stabilisce i casi in cui gli Stati membri non possono limitare, per ragioni attinenti alle qualifiche professionali, la libera prestazione di servizi in un altro Stato membro. La modifica introdotta è volta a prevedere anche nell'ordinamento italiano il divieto di esigere da un prestatore di servizio in via temporanea e occasionale un anno di esercizio della professione nello Stato d'origine, nel caso in cui la professione sia regolamentata nello Stato membro di stabilimento.
  Rammenta che il punto 2 della lettera c) dell'articolo 4 del disegno di legge in esame prevede la riformulazione del comma 3-bis dell'articolo 9 del decreto legislativo n. 206 del 2007, con la soppressione del secondo periodo, il quale stabilisce la possibilità per le autorità competenti di effettuare controlli sul carattere temporaneo ed occasionale dei servizi prestati, nel caso di attività stagionali, chiedendo ai prestatori una volta l'anno informazioni sui servizi effettivamente effettuati sul territorio italiano. La Commissione europea ha contestato tale previsione, ritenendo che essa introduca un'attività di controllo sistematico per ogni attività stagionale, in violazione della direttiva 2005/36/CE, in base alla quale tali controlli, in ossequio al principio di proporzionalità, devono essere disposti solo in presenza di dubbi fondati sul fatto che il prestatore di servizi a carattere temporaneo possa essere considerato stabilito e non in regime di libera prestazione. La Commissione europea ha altresì rilevato che la possibilità di richiedere ai prestatori di attività stagionali, una volta l'anno, informazioni sui servizi effettivamente forniti sul territorio italiano contrasta con quanto previsto dall'articolo 7, paragrafo 2, della direttiva che contiene un elenco esaustivo (nel quale le informazioni contemplate nella normativa italiana non rientrano) delle informazioni Pag. 51 da richiedere a corredo della dichiarazione preventiva in caso di spostamento del prestatore. Il punto 3 della lettera c) dell'articolo 4 del disegno di legge in esame interviene sul comma 4 dell'articolo 9 del decreto legislativo, concernente l'ambito di applicazione delle norme professionali cui assoggettare il prestatore in caso di libera prestazione di servizi, riproducendo testualmente il contenuto della direttiva e dunque limitando il medesimo ambito applicativo alle norme direttamente connesse alle qualifiche professionali. Anche in questo caso l'obiettivo è quello di sanare la contestazione avanzata dalla Commissione europea in merito all'attuale formulazione del comma 4 dell'articolo 9 che, assoggettando il prestatore a tutte le norme che disciplinano l'esercizio della professione e non soltanto a quelle direttamente connesse alle qualifiche professionali, non risulta in linea con l'articolo 5, paragrafo, 3, della direttiva.
  Segnala che la lettera d) del comma 1 dell'articolo 4 interviene in materia di adempimenti per l'esercizio della prestazione di servizi temporanea e occasionale, con particolare riguardo alla dichiarazione preventiva in caso di spostamento del prestatore. Allo scopo si modifica l'articolo 10, comma 1, del decreto legislativo n. 206 del 2007, che nella formulazione attualmente vigente prevede che il prestatore che si sposta per la prima volta da un altro Stato membro sul territorio nazionale per fornire servizi sia tenuto ad informare in anticipo l'autorità competente con una dichiarazione scritta, contenente informazioni – oltre che sulla copertura assicurativa o analoghi mezzi di protezione personale o collettiva per la responsabilità professionale – anche sulla prestazione di servizi che intende svolgere. Al riguardo la Commissione europea, nella citata procedura di infrazione, ha evidenziato che nessuna disposizione dell'articolo 7 della direttiva contempla l'obbligo per il prestatore di trasmettere informazioni sulla prestazione di servizi che intende svolgere e che dunque tale obbligo si pone in contrasto con la direttiva stessa. La lettera e) del comma 1 dell'articolo 4 del disegno di legge in esame incide sul comma 2 dell'articolo 11 del medesimo decreto legislativo, in materia di verifica preliminare delle qualifiche professionali del prestatore nei casi delle professioni regolamentate aventi ripercussioni in materia di pubblica sicurezza o di sanità pubblica che non beneficiano del riconoscimento. La modifica è volta a specificare che la verifica preventiva – che già ai sensi della normativa attualmente vigente è finalizzata esclusivamente a evitare danni gravi per la salute o la sicurezza del destinatario del servizio per la mancanza di qualifica professionale del prestatore – non va oltre quanto è necessario a tal fine. Per la Commissione europea infatti l'attuale formulazione del decreto legislativo non recepisce appieno la previsione contenuta nell'articolo 7, paragrafo 4, della direttiva 2005/36/CE in quanto non attua il principio di proporzionalità. Pertanto, con la modifica introdotta dal disegno di legge in esame, il Governo intende integrare il testo attualmente vigente dell'articolo 11 del decreto legislativo al fine di assicurarne la piena conformità al contenuto della direttiva. La lettera f), sempre con riferimento alla prestazione di servizi temporanea e occasionale, modifica l'articolo 14, comma 1, del decreto legislativo, concernente le richieste di informazioni tra autorità competenti circa la buona condotta del prestatore, nonché l'assenza di sanzioni disciplinari o penali di carattere professionale. La modifica è finalizzata a limitare tali richieste ai casi in cui sussista un dubbio motivato sul prestatore di servizi, in linea con i rilievi avanzati dalla Commissione europea che ha richiamato l'attenzione sul fatto che la finalità della disposizione contenuti all'articolo 8 della direttiva è quella di garantire il necessario scambio di informazioni in caso di dubbi fondati e non di istituire un obbligo di verifica sistematica presso le autorità competenti dello Stato membro d'origine.
  Segnala che l'articolo 17 del disegno di legge interviene sulla disciplina sanzionatoria applicabile ai casi di introduzione nel territorio nazionale di piccoli quantitativi di merce contraffatta da parte del consumatore finale, con l'obiettivo di razionalizzare la materia nonché di migliorare l'allineamento Pag. 52 tra la normativa nazionale e quella dell'Unione europea, con particolare riguardo al regolamento (CE) n. 608/2013 in tema di introduzione di beni contraffatti nello spazio doganale europeo. A tal fine l'articolo 17 novella l'articolo 1 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, introducendovi tre nuovi commi (7-bis, 7-ter e 7-quater). In particolare, si prevede (comma 7-bis) che sia punito con una sanzione amministrativa pecuniaria tra i 100 e i 7.000 euro l'acquirente finale che, all'interno degli spazi doganali, introduce con qualsiasi mezzo nel territorio dello Stato beni provenienti da Paesi non appartenenti all'Unione europea, che violano le norme in materia di origine e provenienza dei prodotti, in materia di proprietà industriale e di diritto d'autore, a condizione che i beni introdotti siano pari o inferiori a venti pezzi ovvero abbiano un peso lordo pari o inferiore a 5 chili e che l'introduzione dei beni non risulti connessa a un'attività commerciale. Ricorda a tale proposito che, nella normativa vigente, la condotta posta in essere dal consumatore finale che si approvvigiona di modiche quantità di prodotti contraffatti è trattata in maniera differente, a seconda che detta condotta sia realizzata sul territorio nazionale o dell'UE o si perfezioni invece con l'arrivo della merce da Paesi non facenti parte dell'Unione europea. Infatti l'acquisto nel territorio nazionale o dell'UE di merci contraffatte (già presenti nel territorio dello Stato) viene sanzionato in via amministrativa (articolo 1, comma 7, del decreto-legge n. 35 del 2005), mentre le importazioni da Paesi terzi – in presenza di particolari condizioni – configurano un reato (articolo 474 del codice penale). L'introduzione della disposizione di cui al comma 7-bis ha pertanto l'intento di colmare una lacuna del sistema sanzionatorio italiano, con la previsione di una sanzione amministrativa specifica per il caso di acquisto di piccole quantità di merce contraffatta da Paesi extra-UE. Fa presente che, come previsto dal nuovo comma 7-ter, oltre alla sanzione amministrativa, sull'acquirente finale gravano anche gli oneri per la custodia e la distruzione delle merci. Qualora l'acquirente finale non vi provveda, la responsabilità per i suddetti oneri di custodia e distruzione delle merci si estende al vettore, in virtù della funzione di rappresentanza dell'acquirente da lui esercitata nello svolgimento degli adempimenti doganali, secondo quanto stabilito dagli articoli 18 e 19 del regolamento (UE) 952/2013, istitutivo del codice doganale dell'Unione. L'organo competente a irrogare la sanzione per violazione della norma di cui al comma 7-bis è l'ufficio delle dogane e dei monopoli dove è stato accertato il fatto. Trattandosi di sanzione amministrativa, si applica il procedimento previsto della legge 24 novembre 1981, n. 689 (comma 7-quater).
  Ricorda che l'articolo 21 infine propone modifiche alla disciplina delle sanzioni penali in caso di abusi di mercato, di cui al testo unico in materia di intermediazione finanziaria (TUF – decreto legislativo del 24 febbraio 1998, n. 58), con l'obiettivo di consentire l'archiviazione della procedura d'infrazione n. 2019/2130, con la quale la Commissione europea ha contestato all'Italia il non corretto recepimento della direttiva 2014/57/UE. In particolare, la disposizione: modifica l'ambito di applicazione della disciplina sanzionatoria in materia di abuso di informazioni privilegiate e manipolazione del mercato; estende i casi di esenzione da tale disciplina alle negoziazioni di strumenti mobiliari o operazione collegate; introduce specifiche sanzioni penali per i soggetti che abbiano acquisito illecitamente informazioni privilegiate fuori dai casi previsti a legislazione vigente (cosiddetti insider secondari); innalza a quattro anni (da tre) il periodo massimo di reclusione per reati connessi ad operazioni concernenti talune tipologie di strumenti finanziari; limita la confisca al solo profitto realizzato con la commissione del reato, ove la norma vigente fa riferimento anche al prodotto del reato e ai mezzi per realizzarlo. Nel dettaglio, il comma 1, lettera a), riscrive l'articolo 182 del TUF, modificando l'ambito di applicazione della disciplina sanzionatoria penale per fatti relativi ad abusi di mercato, estendendo, Pag. 53 rispetto alla formulazione vigente, la tipologia degli strumenti finanziari ai quali essa si applica, con l'obiettivo di adeguare tale articolo alle definizioni recate dall'articolo 180 del medesimo testo unico e alle disposizioni recanti l'ambito di applicazione della citata direttiva 2014/57/UE. La modifica intende, in particolare, rispondere alla contestazione mossa dalla Commissione europea nella procedura di infrazione n. 2019/2130, includendo nell'ambito di applicazione della disciplina sanzionatoria penale gli strumenti finanziari negoziati (o per i quali sia stata richiesta l'ammissione alla negoziazione) in altre sedi (sistemi multilaterali di negoziazione «MTF» e sistemi organizzati di negoziazione «OTF») e gli strumenti finanziari non negoziati in alcuna sede (OTC). La lettera b) del comma 1 dell'articolo 21 del disegno di legge in esame integra l'articolo 183, comma 1, del TUF, concernente le esenzioni, che nella formulazione attuale esclude dall'ambito di applicazione della disciplina sugli abusi di mercato le negoziazioni di azioni proprie effettuate ai sensi dell'articolo 5 del regolamento (UE) n. 596/2014.
  Ricorda che secondo la Commissione europea tale disposizione è contraria alla disciplina europea in quanto non menziona le negoziazioni di strumenti mobiliari o operazione collegate a fini di stabilizzazione. La novella in esame, quindi estende l'esenzione alle suddette operazioni, ottemperando a quanto richiesto dalla Commissione con la procedura di infrazione n. 2019/2130, inserendo una nuova lettera b-bis) all'articolo 183, comma 1. La lettera c) del comma 1 dell'articolo in esame riscrive l'articolo 184 del TUF, conseguentemente modificandone la rubrica che, nella nuova formulazione, reca il riferimento all'abuso di informazioni privilegiate (come nella rubrica vigente), nonché alla raccomandazione o induzione di altri alla commissione di tale reato. Tale nuovo articolo 184, al comma 1, stabilisce le sanzioni (reclusione da due a dodici anni e multa da ventimila a tre milioni di euro) nei confronti di chi acquista, vende o compie altre operazioni, direttamente o indirettamente, per conto proprio o per conto di terzi, su strumenti finanziari utilizzando le informazioni medesime ovvero comunica tali informazioni al di fuori del normale esercizio del lavoro, della professione, della funzione o dell'ufficio o di un sondaggio di mercato (comma 1). È soggetto a medesima sanzione chi raccomanda o induce altri al compimento di tali condotte. Inoltre, le medesime sanzioni si applicano a chiunque, essendo in possesso di informazioni privilegiate a motivo della preparazione o esecuzione di attività delittuose, commette taluno dei fatti qui sopra ricordati (comma 2). L'articolo 184 del TUF si applica a chi sia in possesso di informazioni privilegiate in ragione della sua qualità di membro di organi di amministrazione, direzione o controllo dell'emittente, della partecipazione al capitale dell'emittente, ovvero dell'esercizio di un'attività lavorativa, di una professione o di una funzione, anche pubblica, o di un ufficio.
  Rileva che nella riscrittura dell'articolo 184 il contenuto del comma 3 è volto in particolare a conformarsi ai rilievi avanzati dalla Commissione europea che, con la procedura di infrazione n. 2019/2130, contesta all'Italia che la disciplina nazionale in materia di abuso di informazioni privilegiate non annoveri i soggetti, c.d. insider secondari, che abbiano acquisito le informazioni privilegiate a qualunque titolo, quindi anche in circostanze diverse da quelle contemplate dall'articolo 184 nella formulazione vigente. A tal fine il comma 3 del testo modificato punisce l'insider secondario, consapevole del carattere privilegiato delle informazioni, con la reclusione da un anno e sei mesi a dieci anni e con la multa da euro ventimila a euro due milioni e cinquecentomila. Con la modifica si prevede, quindi, una specifica disciplina sanzionatoria nei confronti dell'insider secondario al quale si applica (secondo la formulazione del comma 4 dell'articolo 184 nel testo novellato) anche la possibilità di aumentare la multa quando essa appaia, anche nella misura massima, non adeguata per la rilevante offensività del fatto, per le qualità personali del colpevole o per l'entità del prodotto o del profitto conseguito. Analogamente a quanto previsto dal testo Pag. 54vigente, si prevede che la multa irrogata all'insider secondario (come agli altri soggetti che commettono i reati in oggetto) possa essere aumentata fino al triplo o fino al maggiore importo di dieci volte il prodotto o il profitto conseguito dal reato. Il comma 5 dell'articolo 184, come modificato, stabilisce che si applichino le disposizioni in esame anche quando i fatti riguardino condotte od operazioni, comprese le offerte, relative alle aste su una piattaforma d'asta autorizzata come un mercato regolamentato di quote di emissioni o di altri prodotti oggetto d'asta correlati, anche quando i prodotti oggetto d'asta non sono strumenti finanziari, ai sensi del regolamento (UE) n. 1031/2010 (recante disciplina sulla vendita all'asta delle quote di emissioni dei gas a effetto serra ai sensi della direttiva 2003/87/CE). La lettera d) dell'articolo 21 del disegno di legge in esame reca l'abrogazione del comma 2-bis dell'articolo 185 del TUF, che prevede l'arresto fino a tre anni in caso di manipolazione del mercato di determinati in relazione ad operazioni concernenti determinati strumenti finanziari. A tale riguardo, la Commissione europea ha infatti contestato tale disposizione in quanto l'articolo 7 della citata direttiva impone che gli Stati membri adottino (per un insieme di reati comprendente quelli qui sopra ricordati) norme che prevedano la reclusione per una durata massima non inferiore a quattro anni. La lettera e) dell'articolo 21 infine modifica il comma 1 dell'articolo 187 del TUF al fine di prevedere che, in caso di condanna per reati di abuso di mercato, si proceda alla confisca dei beni che ne costituiscano il profitto, laddove la formulazione vigente prevede la confisca anche del «prodotto» (da intendersi, secondo consolidata giurisprudenza, quale insieme delle cose materiali che derivano dalla commissione dell'illecito) e dei mezzi utilizzati per ottenerlo.

  Mario PERANTONI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.10.

SEDE REFERENTE

  Mercoledì 28 ottobre 2020. — Presidenza del presidente Mario PERANTONI. – Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia, Vittorio Ferraresi.

  La seduta comincia alle 14.10.

Deleghe al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario e per l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario militare, nonché disposizioni in materia ordinamentale, organizzativa e disciplinare, di eleggibilità e ricollocamento in ruolo dei magistrati e di costituzione e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura.
C. 2681 Governo.
(Seguito dell'esame e rinvio – Abbinamento delle proposte di legge C. 226, C. 227, C. 976, C. 989, C. 1156, C. 1919, C. 1977, C. 2233, C. 2536 e C. 2691).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in oggetto, rinviato nella seduta del 14 ottobre 2020.

  Mario PERANTONI, presidente, avverte che sono assegnate alla Commissione Giustizia le seguenti proposte di legge: C. 226 Ceccanti recante «Introduzione del sistema maggioritario per l'elezione del Consiglio superiore della magistratura nonché delega al Governo per la determinazione dei collegi uninominali»; C. 227 Ceccanti recante «Introduzione del voto alternativo in collegi uninominali maggioritari per l'elezione del Consiglio superiore della magistratura nonché delega al Governo per la determinazione dei collegi uninominali»; C. 976 Cristina Rossello recante «Modifiche alla legge 24 marzo 1958, n. 195, in materia di equilibrio tra i sessi nella rappresentanza dei magistrati presso il Consiglio superiore della magistratura»; C. 989 Bartolozzi recante «Modifiche alla legge 24 marzo 1958, n. 195, in materia di pari opportunità tra donne e uomini nella rappresentanza dei magistrati presso il Consiglio superiore della magistratura»; C. 1156 Dadone recante «Modifiche all'articolo 11 del decreto legislativo Pag. 55 5 aprile 2006, n. 160, in materia di valutazione della professionalità dei magistrati titolari di incarichi politici elettivi o di governo»; C. 1919 Andrea Colletti recante «Modifiche alla legge 24 marzo 1958, n. 195, in materia di composizione e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura»; C. 1977 Dadone recante «Introduzione del sistema maggioritario per l'elezione del Consiglio superiore della magistratura nonché delega al Governo per la determinazione dei collegi uninominali»; C. 2233 Pollastrini recante «Modifiche alla legge 24 marzo 1958, n. 195, in materia di equilibrio tra i sessi nella rappresentanza dei magistrati presso il Consiglio superiore della magistratura»; C. 2536 Zanettin recante «Delega al Governo per l'adozione di nuove norme in materia di elezione dei componenti del Consiglio superiore della magistratura da parte dei magistrati»; C. 2691 Costa recante «Interpretazione autentica dell'articolo 32 della legge 24 marzo 1958, n. 195, in materia di durata della carica dei componenti elettivi del Consiglio superiore della magistratura».
  Poiché le suddette proposte di legge vertono su materia identica a quella del provvedimento in esame, ne dispone l'abbinamento ai sensi dell'articolo 77, comma 1, del Regolamento.
  Dà quindi la parola ai relatori per l'illustrazione delle suddette proposte di legge.

  Alfredo BAZOLI (PD), relatore, fa presente, anche a nome dell'altro relatore, onorevole Saitta, che in questa sede si limiterà ad illustrare sommariamente le diverse proposte di legge che sono state abbinate al provvedimento in titolo, rinviando per un'analisi più approfondita alla documentazione predisposta dagli uffici. Tali proposte di legge intervengono prevalentemente sul sistema di elezione dei componenti togati del Consiglio superiore della magistratura affrontando, ciascuna, uno dei seguenti temi: modifiche al sistema elettorale del Consiglio superiore della magistratura (C. Ceccanti 226 e 227, Colletti 1919, Dadone 1977 e Zanettin 2536); pari opportunità nella rappresentanza dei magistrati presso il Consiglio superiore della magistratura (C. Rossello 976, Bartolozzi 989 e Pollastrini 2233); valutazione della professionalità dei magistrati titolari di incarichi politici elettivi o di governo (C. Dadone 1156); durata della carica dei componenti del Consiglio superiore della magistratura (C. Costa 2691).
  Relativamente alle modifiche al sistema elettorale del Consiglio superiore della magistratura evidenzia che le citate proposte di legge Ceccanti C. 226 e C. 227, Dadone C.1977 e Zanettin C. 2536 sono volte a riformare il sistema elettorale dei componenti togati del Consiglio superiore della magistratura. Anche la proposta Dadone C. 1919 contiene disposizioni di modifica del suddetto sistema elettorale, nel quadro però di una riforma più ampia che interessa anche il funzionamento del Consiglio superiore. In particolare, segnala che le analoghe proposte di legge Ceccanti C. 226 e Dadone C. 1977 modificano l'articolo 23 della legge n. 195 del 1958, prevedendo (articolo 1 di entrambe le proposte), per l'elezione dei 16 membri togati, un sistema maggioritario uninominale articolato su 16 collegi per la cui individuazione è prevista una specifica delega al Governo (articolo 7 di entrambe le proposte). I collegi dovranno essere costituiti rispettando il principio della continuità territoriale e il principio per cui ciascuno degli stessi deve comprendere un numero di elettori non superiore di più di un terzo alla media complessiva degli elettori per collegio. L'unica divergenza tra le due proposte risiede nella distribuzione dei 16 collegi tra le categorie di magistrati: entrambe prevedono che 11 collegi eleggano altrettanti magistrati di merito con funzioni giudicanti, ma l'A.C. 226 riserva un solo collegio ai magistrati con funzioni di legittimità, e 4 collegi ai magistrati che esercitano funzioni requirenti, mentre l'A.C. 1977 riserva 2 collegi ai giudici di legittimità e 3 collegi ai pubblici ministeri. Per entrambe le proposte, dunque, la novità rispetto al sistema elettorale vigente è l'abbandono degli attuali 3 collegi unici nazionali plurinominali articolati per categorie funzionali ed il passaggio ad un sistema maggioritario uninominale in cui i giudici appartenenti alle diverse categorie funzionali (legittimità e, Pag. 56nell'ambito del merito, requirenti e giudicanti) votano nei rispettivi collegi per magistrati appartenenti alla propria categoria (laddove adesso ciascun magistrato vota per tutti e tre i collegi funzionali). Evidenzia inoltre che le analoghe proposte di legge Ceccanti C. 226 e Dadone C. 1977: prevedono, per l'attribuzione dei seggi, un sistema elettorale maggioritario secco: ciascun magistrato può esprimere un solo voto nel collegio di appartenenza e viene eletto in ogni collegio il candidato che ottiene più voti (articolo 4 di entrambe le proposte); modificano, in ragione dell'introduzione del nuovo sistema elettorale, le disposizioni della legge n. 195 del 1958 dedicate alla convocazione delle elezioni, alle votazioni, allo scrutinio e all'assegnazione dei seggi (articoli 2, 3 e 4 di entrambe le proposte). Con riguardo alle contestazioni, si specifica (articolo 5 di entrambi i provvedimenti) che ciascun candidato non proclamato eletto possa, entro 7 giorni, ricorrere alla commissione elettorale centrale che decide in via definitiva entro i successivi 10 giorni; specificano che le disposizioni introdotte non si applicano al Consiglio superiore della magistratura in carica alla data di entrata in vigore della legge stessa (articolo 8 di entrambe le proposte); abrogano l'articolo 39 della legge n. 195 del 1958, relativo alla sostituzione dei componenti eletti dai magistrati (articolo 6 di entrambe le proposte di legge).
  Sottolinea che la proposta di legge Ceccanti C. 227 è identica alla proposta C. 226 nella parte in cui prevede (articolo 1), per l'elezione dei 16 membri togati, un sistema uninominale articolato su 16 collegi per la cui individuazione è prevista una specifica delega al Governo (articolo 7). Anche in questo caso i collegi dovranno essere costituiti rispettando il principio della continuità territoriale e il principio per cui ciascuno degli stessi deve comprendere un numero di elettori non superiore di più di un terzo alla media complessiva degli elettori per collegio. Come nell'A.C. 226 è specificato che un solo collegio è dedicato ai magistrati con funzioni di legittimità, 4 collegi sono dedicati ai magistrati che esercitano funzioni requirenti e 11 collegi ai magistrati giudicanti. Diverso è invece il sistema elettorale individuato: l'A.C. 227 introduce il sistema del voto alternativo in collegi maggioritari uninominali: in particolare, si prevede che ciascun magistrato possa esprimere un voto per l'elezione del candidato nel collegio e disponga di un secondo voto, facoltativo, per un altro candidato nel medesimo collegio (articolo 3). Viene eletto il candidato che raggiunge la maggioranza assoluta di prime preferenze (50 per cento più 1 dei voti validi). Se nessuno dei candidati raggiunge tale maggioranza, si procede eliminando il candidato che ha ottenuto il minor numero di prime preferenze e riversando le seconde preferenze risultanti dalle sue schede sui candidati indicati. Il procedimento continua nello stesso modo, con successive eliminazioni dei candidati meno votati e conseguenti trasferimenti di voti, finché uno dei candidati, sommando le sue prime preferenze alle seconde preferenze recuperate dai voti dei candidati progressivamente eliminati, non raggiunge la maggioranza assoluta. Il meccanismo consente quindi di trasferire l'intenzione di voto dell'elettore da un determinato candidato ad un altro ritenuto più vicino – o meno lontano – qualora il prescelto con il primo voto non abbia alcuna possibilità di vincere, con il risultato di portare all'elezione il c.d. second best ovvero quel candidato che, pur non avendo ottenuto il maggior numero di prime preferenze, risulta nel complesso il più gradito, sommando le prime preferenze, le seconde e così via (articolo 4). Analogamente a quanto previsto nella proposta C. 226, anche l'A.C. 227 modifica, in ragione dell'introduzione del nuovo sistema elettorale, le disposizioni della legge n. 195 del 1958 dedicate alla convocazione delle elezioni, alle votazioni, allo scrutinio e all'assegnazione dei seggi (articoli 2, 3 e 4). Identiche disposizioni, rispetto a quelle contenute nelle proposte C. 226 e 1977 concernono le contestazioni (articolo 5), specificandosi che ciascun candidato non proclamato eletto possa, entro 7 giorni, ricorrere alla commissione elettorale centrale che decide in via definitiva entro i successivi 10 giorni. Infine, anche tale proposta Pag. 57 abroga l'articolo 39 della legge n. 195 del 1958 (articolo 6) e prevede che le disposizioni introdotte non si applichino al Consiglio superiore della magistratura in carica alla data di entrata in vigore della legge stessa (articolo 8).
  Passando alla proposta di legge Zanettin C. 2536, segnala che essa sceglie, per la riforma del sistema elettorale della componente togata del Consiglio superiore della magistratura, lo strumento della delega al Governo, il quale, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge, è tenuto ad adottare un decreto legislativo (articolo 1) attenendosi ai principi e criteri direttivi individuati dall'articolo 2 della stessa proposta di legge. In particolare, l'articolo 2, prevede che il Governo dovrà: elevare il numero dei componenti del CSM a 30 complessivi, di cui 20 (in luogo degli attuali 16) componenti togati e 10 (in luogo degli attuali 8) componenti laici (lettera a)). Su questo specifico punto la proposta converge con il disegno di legge del Governo C. 2681; modificare i requisiti relativi all'eleggibilità dei componenti togati, stabilendo in particolare l'eleggibilità dei magistrati solo dopo la quinta verifica di professionalità (lettera b)) (attualmente si prevede che siano eleggibili i magistrati con 3 anni di anzianità di servizio; il disegno di legge del Governo prevede invece il conseguimento della quarta verifica di professionalità); introdurre il sorteggio come modalità di individuazione delle candidature: il numero totale dei candidati da sorteggiare dovrà essere pari a 150, di cui i primi 100 comporranno l'elenco dei soggetti candidati e i restanti 50 l'elenco dei supplenti destinati a subentrare in caso di rinuncia dei candidati (numero 1 della lettera c); disciplinare il meccanismo elettorale prevedendo la formazione di un collegio unico nazionale in cui ciascun magistrato possa esprimere una sola preferenza (numero 2 della lettera c); risulterà eletto il magistrato che ha ottenuto il numero maggiore di preferenze (lettera f); introdurre esplicitamente il divieto di collegamento dei candidati a liste esterne e dei candidati tra loro (lettera d) (già nel sistema attuale le candidature sono individuali); prevedere che ogni elettore debba indicare sulla scheda elettorale il nome del primo magistrato per il quale esprime il proprio voto (lettera e).
  Evidenzia inoltre che le modifiche al sistema elettorale per i componenti togati del Consiglio superiore della magistratura introdotte dalla proposta di legge Colletti C. 1919 si inseriscono in una proposta di riforma più ampia, che mira a modificare altresì il funzionamento del Consiglio superiore. La proposta consta di un unico articolo composto di molteplici lettere volte a novellare la legge n. 195 del 1958. Con riguardo al sistema elettorale, la proposta: introduce il sorteggio quale modalità di individuazione dei candidati all'elezione dei componenti sia togati che non togati (lettera n)): sono ammessi a partecipare al sorteggio coloro che, in possesso dei requisiti previsti dalla legge abbiano manifestato il proprio interesse alla selezione; il sorteggio è effettuato da un sistema elettronico certificato che individua, per le candidature dei membri togati, 100 magistrati (80 candidati e 20 riserve) tra cui 8 magistrati (5 candidati e 3 riserve) che esercitano funzioni di legittimità; 32 magistrati (25 candidati e 7 riserve) che esercitano funzioni requirenti e 60 magistrati (50 candidati e 10 riserve) che esercitano funzioni giudicanti; e per le candidature dei componenti non togati 40 candidati e 10 riserve (tra i professori ordinari di materie giuridiche e gli avvocati con 15 anni di esercizio professionale); non apporta modifiche sostanziali al sistema elettorale vero e proprio dei componenti togati, che resta articolato su tre collegi unici nazionali per categorie funzionali: è solo modificata, rispetto al sistema vigente, la proporzione tra le categorie in quanto è riservato un solo collegio invece di due all'elezione dei giudici di legittimità, 5 collegi invece di 4 a quella dei pubblici ministeri; mentre resta invariata la riserva di 10 collegi per l'elezione dei magistrati con funzioni giudicanti. Resta fermo che ciascun elettore vota per ciascuna categoria funzionale, come nel sistema attuale; detta una disciplina specifica (lettera r)) per i membri sostituti del Consiglio superiore della magistratura, individuati fra i candidati non eletti appartenenti Pag. 58 alle rispettive categorie in base al numero di preferenze riportate in sede di elezione; sostituendo l'articolo 39 della legge n. 195 del 1958, detta una specifica disciplina per la sostituzione dei componenti togati che cessino dalla carica per qualsiasi ragione prima della scadenza del Consiglio (lettera cc)); integra la disciplina dell'elettorato passivo del Consiglio superiore della magistratura (sia per i membri togati che per i membri laici) con la previsione dell'ineleggibilità per coloro che ricoprano o abbiano ricoperto negli 8 anni precedenti l'elezione, le cariche di parlamentari, consiglieri regionali, provinciali e comunali, membri della Corte costituzionale e del Governo; sono inoltre ineleggibili coloro che siano stati componenti del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, del Consiglio di presidenza della Corte dei conti e del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa (lettera z)); introduce il divieto per chi abbia ricoperto la carica di componente del Consiglio superiore della magistratura di candidarsi alle elezioni politiche, regionali e provinciali, nonché alla carica di sindaco nei comuni con più di 15.000 abitanti per i successivi 10 anni decorrenti dalla cessazione della carica (lettera v)).
  La proposta di legge Colletti C. 1919 inoltre, dispone con riguardo al funzionamento del Consiglio superiore della magistratura. In particolare, la proposta: introduce le definizioni delle due diverse categorie dei componenti del Consiglio superiore della magistratura: togati e non togati, per armonizzarle alla nuova disciplina della preselezione dei candidati tramite sorteggio (lettere a) e b)); modifica la composizione del Comitato di presidenza stabilendo che ne facciano parte, oltre al vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, che presiede il Comitato, anche tre componenti togati e un componente non togato (lettera c)); introduce un meccanismo di rotazione dei magistrati all'interno delle diverse Commissioni consiliari (lettera d)); sostituendo l'articolo 4 della legge n. 195 del 1958, riforma la composizione della sezione disciplinare: è aumentato il numero dei membri della stessa, portato da 6 a 8 per i membri effettivi, di cui 4 togati e 4 non togati, e da 4 a 6 per i membri supplenti, di cui 3 togati e 3 non togati. Salvo che per il vicepresidente della sezione, che la presiede ed è membro di diritto, gli altri componenti sono tutti eletti dal Consiglio, nel rispetto delle predette proporzioni, senza operare alcuna ulteriore distinzione tra categorie di magistrati (lettera e)); inoltre è specificato che i componenti effettivi della sezione sono sempre sostituiti da supplenti della medesima categoria (lettera g)); estende il controllo della Corte dei conti sulla gestione delle risorse effettuata di anno in anno dal CSM e attribuisce espressamente al giudice contabile la competenza giurisdizionale in materia di responsabilità amministrativa (lettera h)).
  Per quanto attiene alla disciplina relativa alla pari opportunità nella rappresentanza dei magistrati presso il Consiglio superiore della magistratura, sottolinea che le proposte di legge Rossello C. 976, Bartolozzi C. 989 e Pollastrini C. 2233 intervengono sul sistema elettorale del Consiglio superiore della magistratura con la finalità di incentivare la presenza femminile tra i componenti togati elettivi del Consiglio. I provvedimenti in esame evidenziano l'esigenza di un equilibrio tra i sessi nella rappresentanza dei magistrati presso il Consiglio. Ad oggi, infatti, nessuna donna è mai stata componente di diritto del Consiglio superiore della magistratura e poche – indubbiamente una esigua minoranza – sono state le componenti laiche o togate elettive del Consiglio. Evidenzia che ciascuna delle proposte di legge Rossello C. 976, Bartolozzi C. 989 e Pollastrini C. 2233 interviene sugli articoli 23, 25, 26 e 27 della legge n. 195 del 1958, che sono parte della disciplina del sistema elettorale del Consiglio superiore della magistratura e, senza mutare le caratteristiche essenziali di tale sistema: inserisce il principio in base al quale il sistema di elezione deve favorire una equilibrata rappresentanza di donne e uomini nel Consiglio. In particolare, la proposta di legge Bartolozzi C. 989, alla lettera a) dell'articolo 1, che introduce il comma 1-bis all'articolo 23 della legge n. 195 del Pag. 591958, prevede che il sistema debba assicurare le pari opportunità di donne e uomini nella composizione della rappresentanza eletta dai magistrati ordinari; modifica il sistema delle candidature, per consentire ai magistrati di presentarne due, in luogo dell'attuale candidatura singola, purché sia rispettata l'alternanza dei sessi. Ciascun magistrato potrà dunque sottoscrivere o una sola candidatura o due candidature ma, in tal caso, dovrà presentare un candidato di sesso maschile e uno di sesso femminile. Inoltre, l'elenco dei candidati nei diversi collegi, da pubblicare sul notiziario del Consiglio superiore della magistratura, dovrà rispettare un ordine alternato per sesso; in merito, le proposte il numero 3) della lettera b) del comma 1 dell'articolo 1 della proposta di legge C. 976 e il numero 3) della lettera b) del comma 1 dell'articolo 1 della proposta di legge C. 2233 aggiungono che, ferma l'alternanza di genere, l'elenco dei candidati deve seguire l'ordine alfabetico. La sola proposta di legge Bartolozzi C. 989, al numero 3 della lettera b) del comma 1 dell'articolo 1, che introduce il comma 5-bis all'articolo 25 della legge n. 195 del 1958, specifica che ogni sesso deve essere rappresentato da almeno un terzo dei capilista; modifica le modalità di espressione del voto, consentendo a ciascun elettore di esprimere due voti in ciascuno dei tre collegi unici nazionali. In particolare, le proposte C. 976 e C. 2233 lasciano l'elettore libero di scegliere se esprimere un solo voto o due, con l'obbligo, in caso di doppio voto, di esprimere il secondo per un candidato di sesso diverso dal primo (lettera c) del comma 1 dell'articolo 1 di entrambe le proposte); la proposta C. 989, sostituendo il comma 3 dell'articolo 26 della legge n. 195 del 1958, prescrive l'espressione di due voti per candidati di sesso diverso (numero 1) della lettera c) del comma 1 dell'articolo 1). Fa presente infine che le proposte C. 976 e C. 2233, modificando l'articolo 27 della legge n. 195 del 1958, intervengono sulla disciplina dello scrutinio e dell'assegnazione dei seggi, prevedendo che in caso di parità di voti tra candidati di sesso diverso, prevale il candidato del sesso meno rappresentato nella precedente consiliatura (numero 2 della lettera d) del comma 1 dell'articolo 1 di entrambe le proposte di legge), assumendo dunque come riferimento l'intero CSM e non solo la componente elettiva togata.
  Quanto alla proposta di legge Dadone C. 1156, che si compone di un solo articolo, fa presente che essa interviene sul tema delle verifiche di professionalità dei magistrati che svolgono un mandato elettivo. In particolare, la proposta esclude che i magistrati eletti deputati o senatori, parlamentari europei, consiglieri regionali (o delle province autonome), di un comune con più di 15.000 abitanti, nonché i magistrati che ricoprono cariche di governo a livello nazionale, regionale (o delle province autonome) o in un comune con più di 15.000 abitanti, debbano essere sottoposti alla valutazione di professionalità per l'intera durata del mandato o dell'incarico.
  La proposta di legge Costa C. 2691, composta da un solo articolo, interviene, infine, in materia di durata della carica dei componenti elettivi del Consiglio superiore della magistratura. In particolare, la proposta è volta a specificare che la norma di cui all'articolo 32 della legge n. 158 – secondo il quale i componenti elettivi durano in carica quattro anni e non sono immediatamente rieleggibili – si interpreta nel senso che, per i componenti eletti dai magistrati: la durata del mandato è di quattro anni, oppure pari alla durata, ove questa sia inferiore al quadriennio, della minore permanenza in servizio dell'eletto; la perdita del requisito della permanenza in servizio determina la cessazione dalla carica. Pur riferendosi l'articolo 32 della legge n. 158 a tutti i componenti elettivi (sia togati che laici) la proposta limita dunque l'interpretazione della regola sulla durata del mandato ai soli componenti togati.

  Mario PERANTONI, presidente, rammenta ai colleghi l'invito a prendere visione della documentazione di seduta per via telematica, attraverso l'applicazione GeoComm, evitandone la riproduzione su carta.

  Pierantonio ZANETTIN (FI) fa presente per le ore 19.15 di oggi è previsto lo svolgimento Pag. 60 dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, della Commissione Affari costituzionali, che dovrebbe esprimersi in merito all'eventuale riassegnazione alla Commissione Giustizia delle proposte di legge C. 489, a sua prima firma, e C. 2517 del collega Sisto, che intervengono tra l'altro in materia di eleggibilità e ricollocamento in ruolo dei magistrati, ai fini di un loro abbinamento.

  Mario PERANTONI, presidente, fa presente che, sulla base degli esiti dell'Ufficio di presidenza della Commissione Affari costituzionali, verranno assunte le conseguenti determinazioni.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.15.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO
DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 14.15 alle 14.20.

INDAGINE CONOSCITIVA

  Mercoledì 28 ottobre 2020. — Presidenza del presidente Mario PERANTONI.

  La seduta comincia alle 19.40.

Indagine conoscitiva nell'ambito dell'esame del disegno di legge C. 2435 Governo, recante delega al Governo per l'efficienza del processo penale e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari pendenti presso le corti d'appello.
Audizione di Pietro Curzio, Primo Presidente della Corte di Cassazione, e Giovanni Salvi, Procuratore generale della Corte di Cassazione.
(Svolgimento e conclusione).

  Mario PERANTONI, presidente, avverte che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati. Introduce, quindi, l'audizione.

  Svolgono una relazione sui temi oggetto dell'audizione, Pietro CURZIO, Primo Presidente della Corte di Cassazione, Margherita CASSANO, Presidente aggiunto della Corte di Cassazione, e Giovanni SALVI, Procuratore generale della Corte di Cassazione.

  Intervengono, per porre quesiti e formulare osservazioni, i deputati Catello VITIELLO (IV) e Franco VAZIO (PD).

  Pietro CURZIO, Primo Presidente della Corte di Cassazione, Margherita CASSANO, Presidente aggiunto della Corte di Cassazione, e Giovanni SALVI, Procuratore generale della Corte di Cassazione, forniscono chiarimenti in merito ai quesiti e alle osservazioni poste.

  Il deputato Catello VITIELLO (IV) interviene per alcune precisazioni.

  Mario PERANTONI, presidente, ringrazia gli auditi per il loro intervento e dichiara quindi conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 21.30.

  N.B.: Il resoconto stenografico della seduta è pubblicato in un fascicolo a parte.