CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 2 settembre 2020
428.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Politiche dell'Unione europea (XIV)
COMUNICATO
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ATTI DEL GOVERNO

  Mercoledì 2 settembre 2020. — Presidenza del presidente Sergio BATTELLI.

  La seduta comincia alle 13.

Variazione nella composizione della Commissione.

  Sergio BATTELLI, presidente, avverte che, per il gruppo Lega, è entrato a far parte della Commissione il deputato Giuseppe Paolin.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2018/958 relativa a un test della proporzionalità prima dell'adozione di una nuova regolamentazione delle professioni.
Atto n. 186.
(Esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del Regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno.

  Antonella PAPIRO (M5S), relatrice, segnala che lo schema di decreto è adottato in attuazione della disposizione di delega recata dall'articolo 1 della legge 4 ottobre 2019, n. 117, (Legge di delegazione europea 2018) e il termine per l'espressione del parere è fissato per il 7 settembre 2020; ricorda, tuttavia, che le Commissioni parlamentari competenti non potranno comunque esprimersi fino a che non sia pervenuto il prescritto parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, che non risulta ancora trasmesso dal Governo.
  Evidenzia, altresì, che il termine per l'esercizio della delega – originariamente fissato al 30 marzo 2020 e prorogato, in considerazione dello stato di emergenza epidemiologica da Covid-19, al 30 luglio 2020 – risulta ulteriormente prorogato al 30 ottobre 2020. Pag. 32
  Rileva che la direttiva (UE) 2018/958, oggetto di recepimento, impone agli Stati membri di valutare preliminarmente la proporzionalità delle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative che limitino l'accesso alle professioni regolamentate o il loro esercizio, al fine di garantire il corretto funzionamento del mercato interno, evitando restrizioni sproporzionate all'accesso alle professioni regolamentate o al loro esercizio. L'intervento si è reso necessario a causa della scarsa chiarezza riscontrata in via applicativa nei criteri di valutazione dei requisiti di proporzionalità previsti dai precedenti atti normativi dell'Unione europea in materia, e in particolare dalla direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, con una conseguente disomogeneità dell'esame di tali requisiti a diversi livelli di regolamentazione. Ricorda che su tale direttiva risultano aperte tre procedure di infrazione a carico dell'Italia per quanto riguarda il recepimento della citata direttiva 2005/36/CE. In particolare, nell'ambito della procedura 2018-2175, la Commissione europea contesta all'Italia, tra l'altro, di continuare a richiedere ai titolari delle specifiche professioni regolamentate dell'agente immobiliare e dell'avvocato requisiti sia sproporzionati che discriminatori (in violazione dell'articolo 59, paragrafo 3, della direttiva 2005/36/CE, come sostituito dalla direttiva 2013/55/UE) nonché lesivi della libertà di stabilimento ex articolo 49 del Trattato sul funzionamento dell'UE. La nuova direttiva, il cui recepimento è attualmente all'esame, richiede agli Stati membri di garantire obiettività e indipendenza nel procedimento di valutazione della proporzionalità, escludendo eventuali influenze da parte dei portatori di interesse, che la direttiva impone comunque di consultare nel processo di adozione delle disposizioni.
  Osserva che lo schema in esame è composto da nove articoli, il primo dei quali definisce l'oggetto e l'ambito di applicazione del provvedimento, volto a disciplinare lo svolgimento della valutazione di proporzionalità da effettuarsi in occasione dell'adozione di nuove norme legislative, regolamentari o amministrative generali, nonché delle relative modifiche, che limitino l'accesso alle professioni regolamentate e il loro esercizio, compreso l'uso di titoli professionali e incluse le attività professionali autorizzate in virtù di tale titolo (comma 1). Le attività professionali regolamentate cui la norma fa riferimento sono quelle che rientrano nell'ambito applicativo del decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206, di attuazione della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, ovvero: 1) le attività il cui esercizio è consentito solo a seguito di iscrizione in Ordini o Collegi o in albi, registri ed elenchi tenuti da amministrazioni o enti pubblici, se la iscrizione è subordinata al possesso di qualifiche professionali o all'accertamento delle specifiche professionalità; 2) i rapporti di lavoro subordinato, se l'accesso ai medesimi è subordinato, da disposizioni legislative o regolamentari, al possesso di qualifiche professionali; 3) l'attività esercitata con l'impiego di un titolo professionale il cui uso è riservato a chi possiede una qualifica professionale; 4) le attività attinenti al settore sanitario nei casi in cui il possesso di una qualifica professionale è condizione determinante ai fini della retribuzione delle relative prestazioni o della ammissione al rimborso; 5) le professioni esercitate dai membri di un'associazione o di un organismo contenuto nell'apposito elenco allegato al provvedimento. Rileva che il comma 2 dell'articolo 1 dello schema in esame esclude esplicitamente dall'ambito di applicazione le ipotesi in cui i requisiti specifici riguardanti la regolazione di una determinata professione siano contenuti in atti normativi interni adottati in attuazione di atti dell'Unione europea.
  Sottolinea che l'articolo 2 reca le definizioni. In particolare le definizioni di «titolo professionale protetto» e di «attività riservate» riproducono quelle contenute nell'articolo 3 della direttiva (UE) 2018/958. Pertanto il «titolo professionale protetto» indica una regolamentazione secondo cui l'uso del titolo in un'attività Pag. 33professionale è subordinato, in forza di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, al possesso di una specifica qualifica professionale e l'uso improprio di tale titolo è soggetto a sanzioni; quanto alle «attività riservate» esse indicano una forma di regolamentazione secondo cui l'accesso a una attività professionale è riservato, in forza di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, a coloro che esercitano una professione regolamentata, in possesso di una specifica qualifica professionale, anche nel caso in cui l'attività sia condivisa con altre professioni regolamentate. L'articolo reca, poi, la definizione di «soggetti regolatori», con i quali si intendono tutte le autorità legittimate ad emanare disposizioni legislative o regolamentari o amministrative generali che disciplinano l'accesso a professioni regolamentate o il loro esercizio.
  Evidenzia che l'articolo 3, in attuazione dell'articolo 4 della direttiva, disciplina le fasi della valutazione ex-ante dei nuovi provvedimenti e il relativo monitoraggio. In particolare i soggetti regolatori devono operare una valutazione della proporzionalità in sede di analisi di impatto della regolazione dell'atto normativo o in sede di istruttoria dell'atto amministrativo generale, compilando il questionario riportato nella tabella di cui all'Allegato I del provvedimento. Nella tabella deve essere fornita per ciascun quesito una motivazione specifica e dettagliata per consentire di valutare il rispetto del principio di proporzionalità. La tabella è parte integrante della documentazione illustrativa che deve essere sempre posta a corredo della documentazione che accompagna i provvedimenti (comma 1). Il comma 2 dispone l'obbligo di garantire l'obiettività e l'indipendenza – che, come riportato nella relazione illustrativa, deve essere intesa come imparzialità ai sensi dell'articolo 97 della Costituzione – della valutazione, che deve essere proporzionata alla natura, al contenuto e all'impatto della disposizione. Il comma 3 prevede che ogni disposizione normativa (sia legislativa che regolamentare) nonché ogni atto amministrativo generale che limita l'accesso ad una professione regolamentata o il suo esercizio, prima dell'adozione, debbano essere trasmessi (unitamente alla tabella richiamata nel comma 1) dal competente soggetto regolatore all'Autorità garante della concorrenza e del mercato ai fini della verifica dell'adeguatezza e della completezza della valutazione di proporzionalità svolta dalle amministrazioni proponenti. Segnala che si tratta di una previsione coerente con l'attività già svolta dall'Autorità garante della concorrenza ai sensi dell'articolo 34, comma 5, del decreto-legge n. 201 del 2011. In base al comma 4 devono essere analogamente trasmessi – per la valutazione di proporzionalità – all'Autorità garante della concorrenza le nuove disposizioni che limitano l'accesso alle professioni regolamentate o il loro esercizio ovvero modificano quelle esistenti adottate dalle Regioni ordinarie o dalle Regioni a statuto speciale e dalle province autonome di Trento e di Bolzano (ai sensi del comma 1 dell'articolo 5 lettera m) del decreto legislativo n. 206 del 2007 limitatamente alle professioni per le quali sussiste competenza esclusiva, ai sensi dei rispettivi statuti). In base al comma 5, restano esclusi dal parere dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato gli atti adottati dagli ordini professionali che sono soggetti al parere delle amministrazioni vigilanti ai fini della verifica dell'adeguatezza e della completezza della valutazione di professionalità. Infine, il comma 6 assicura il monitoraggio richiesto dalla direttiva (paragrafo 6 dell'articolo 4), stabilendo che i soggetti regolatori sono tenuti a verificare, dopo l'adozione, la conformità con il principio di proporzionalità delle disposizioni legislative regolamentari o amministrative che limitano l'accesso alle professioni regolamentate o il loro esercizio, avendo riguardo agli eventuali sviluppi sopravvenuti successivamente alla loro adozione.
  Rileva che l'articolo 4, accorpando il contenuto degli articoli 5, 6 e 7 della direttiva, specifica in quale modo si debba dare applicazione ai principi di non discriminazione e di proporzionalità, che l'articolo 1 della direttiva pone come limite Pag. 34alla discrezionalità degli Stati membri nella regolamentazione delle professioni. In particolare, il comma 1 fa riferimento al principio di non discriminazione, in base al quale le norme che regolamentano l'accesso alle professioni non possono comportare discriminazioni dovute alla nazionalità o alla residenza, in ottemperanza ad uno dei principi cardine dell'Unione europea. Il successivo comma 2 ammette l'introduzione di misure volte a limitare l'accesso alle professioni regolamentate o al loro esercizio, a condizione che siano giustificate da motivi di interesse generale. Di tali motivi la direttiva contiene un dettagliato elenco, che viene integralmente ripreso dallo schema in esame, con l'unica eccezione riguardante la tutela dell'ambiente, cui viene aggiunta, a fianco alla tutela dell'ambiente urbano, anche quella del paesaggio, che nel nostro ordinamento assume rilievo costituzionale, ai sensi dell'articolo 9 della Costituzione. Osserva che l'elenco dei motivi di interesse generale contenuto al comma 2, è il seguente: motivi di ordine pubblico, di sicurezza pubblica o di sanità pubblica; motivi imperativi di interesse pubblico, come il mantenimento dell'equilibrio finanziario del sistema di sicurezza sociale; tutela dei consumatori, dei destinatari di servizi e dei lavoratori; salvaguardia della buona amministrazione della giustizia; garanzia dell'equità delle transazioni commerciali; lotta contro la frode e la prevenzione dell'evasione e dell'elusione fiscali, nonché la salvaguardia dell'efficacia dei controlli fiscali; sicurezza dei trasporti; tutela dell'ambiente, incluso l'ambiente urbano e il paesaggio; salute degli animali; proprietà intellettuale; salvaguardia e conservazione del patrimonio storico e artistico nazionale; obiettivi di politica sociale; obiettivi di politica culturale. Precisa che, secondo la relazione illustrativa, l'elencazione dei motivi è da ritenersi non esaustiva ma esemplificativa, come si evincerebbe dall'uso della locuzione «tra gli altri» che tuttavia non compare nella direttiva. Si tratta dei motivi riconosciuti come di interesse generale dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, come ricordato al considerando 17 della direttiva. Ai sensi del comma 3, l'accesso alle professioni regolamentate o il loro esercizio non può essere limitato da motivi di natura esclusivamente economica o amministrativa. Il comma 4, in attuazione del principio di proporzionalità, stabilisce che le disposizioni di cui al comma 1 devono essere adeguate al conseguimento dello scopo perseguito e non possono introdurre limitazioni che vadano oltre quelle strettamente necessarie. Al comma 5 sono indicati gli elementi che i soggetti regolatori devono tenere in conto per valutare l'impatto che avrebbero le nuove disposizioni, in termini di tutela dei consumatori, di impatto sulla libera circolazione delle persone e dei servizi all'interno dell'Unione, dei rischi connessi agli interessi pubblici perseguiti, della possibilità di conseguire lo scopo tramite interventi meno restrittivi. Specifiche disposizioni (comma 6) sono dedicate agli sviluppi scientifici e tecnologici e alla possibilità che si debbano aggiornare i requisiti di accesso a determinate professioni (in particolare per i servizi professionali forniti con mezzi elettronici), che possono ridurre o aumentare l'asimmetria informativa tra professionisti e consumatori. Ai sensi del comma 7 i soggetti regolatori valutano gli effetti positivi e negativi delle disposizioni in combinazione con uno o più requisiti, tra i quali, in particolare, requisiti territoriali, requisiti tariffari minimi e massimi, le restrizioni quantitative, i requisiti in materia assicurativa, i requisiti relativi alle conoscenze linguistiche. Si specifica, inoltre, al comma 8 che i soggetti regolatori devono provvedere a valutare il rispetto del principio di proporzionalità dei requisiti specifici relativi alla prestazione temporanea od occasionale di servizi prestati a norma del titolo II del decreto legislativo n. 206 del 2007 (che contiene le disposizioni concernenti la libera prestazione di servizi). La valutazione di cui al comma 8 non si applica alle misure intese a garantire il rispetto dei termini e delle condizioni di lavoro applicabili in conformità del diritto dell'Unione europea (comma 9). È infine prevista (comma 10) una norma Pag. 35specifica riguardante le professioni sanitarie, stante la particolare importanza del bene protetto, ovvero la sicurezza dei pazienti: in tale ambito l'obiettivo di cui le autorità competenti devono tenere conto è quello di assicurare un grado elevato di tutela della salute umana, in linea con quanto stabilito dall'articolo 168 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
  Sottolinea che l'articolo 5 dello schema, in attuazione dell'articolo 8 della direttiva, prevede che i soggetti regolatori garantiscano l'informazione e la partecipazione dei cittadini, dei destinatari di servizi e degli altri portatori di interessi mediante le modalità e gli strumenti previsti nell'ambito del procedimento di adozione delle disposizioni di cui all'articolo 1, precisando altresì che tale partecipazione deve avvenire in una fase diversa da quella in cui si svolge la valutazione di proporzionalità delle disposizioni.
  Osserva che l'articolo 6, in attuazione dell'articolo 9 della direttiva, al fine di garantire l'effettività della tutela giurisdizionale, prevede che è ammesso ricorso dinnanzi al giudice amministrativo avverso: i provvedimenti amministrativi generali adottati ai sensi del decreto legislativo in esame e gli atti amministrativi che costituiscono attuazione concreta degli atti normativi, regolamentari e amministrativi generali adottati ai sensi del decreto in esame.
  Evidenzia che l'articolo 7, dando attuazione all'articolo 10 della direttiva, interviene in materia di scambio di informazioni, attribuendo al Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, per il tramite delle autorità competenti e del Centro di assistenza per il riconoscimento delle qualifiche professionali, il compito di assicurare lo scambio di informazioni con gli altri Stati membri sulle questioni oggetto del decreto legislativo in esame ed in particolare sulle modalità in cui una professione è regolamentata o sugli effetti della regolamentazione.
  Segnala che l'articolo 8, in attuazione dell'articolo 11 della direttiva, reca disposizioni volte ad assicurare la trasparenza, prevedendo, in particolare, l'obbligo di comunicazione alla Commissione europea dei motivi in base quali le disposizioni sono considerate giustificate e proporzionate mediante registrazione nella banca dati delle professioni regolamentate della Commissione europea (comma 1). Sulle informazioni comunicate alla Commissione anche da parte di altri Stati membri, le parti interessate possono presentare osservazioni alla Commissione o al Dipartimento per le politiche europee (comma 2).
  Sottolinea che l'articolo 9 reca la clausola di invarianza finanziaria per la quale dal decreto legislativo in esame non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
  Da ultimo, segnala che l'Allegato I reca la griglia informativa sulle disposizioni relative all'accesso alle professioni regolamentate e al loro esercizio che i soggetti regolatori devono compilare quando effettuano la valutazione della proporzionalità delle disposizioni che intendono adottare.
  In conclusione, si riserva di presentare una proposta di parere all'esito del dibattito in Commissione, ferma restando la necessità di acquisire il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

  Sergio BATTELLI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2018/957 recante modifica della direttiva 96/71/CE relativa al distacco dei lavoratori nell'ambito di una prestazione di servizi.
Atto n. 187.
(Esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del Regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno.

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  Piero DE LUCA (PD), relatore, segnala che lo schema di decreto in esame è adottato in attuazione della disposizione di delega di cui all'articolo 1 e allegato A, numero 23), della Legge 4 ottobre 2019, n. 117 (Legge di delegazione europea 2018); il termine per l'espressione del parere è fissato per il 7 settembre 2020, mentre quello per l'esercizio della delega – originariamente fissato al 30 marzo 2020 e prorogato, in considerazione dello stato di emergenza epidemiologica da Covid-19, al 30 luglio 2020 – risulta ulteriormente prorogato al 30 ottobre 2020.
  Sottolinea che la direttiva (UE) 2018/957, a cui lo schema dà attuazione, modifica la disciplina introdotta dalla direttiva 96/71/CE, rafforzando i principi della parità di trattamento, del divieto di discriminazione tra lavoratori locali e lavoratori distaccati e del riconoscimento ai lavoratori distaccati delle medesime condizioni applicate ai dipendenti interni sulla base delle disposizioni normative e della contrattazione collettiva vigenti, in relazione a specifiche condizioni di lavoro e di occupazione tassativamente elencate. Le principali novità evidenziate dalla relazione illustrativa sono: il riferimento alla retribuzione, che sostituisce quello alle tariffe minime salariali, includendo in tale modo le maggiorazioni dovute per lavoro straordinario ed escludendo espressamente l'applicazione ai regimi pensionistici di categoria; l'attuazione del principio di trasparenza retributiva, che obbliga ciascuno Stato membro a rendere pubbliche le informazioni su tutte le condizioni di lavoro e di occupazione vigenti, compresi gli elementi costitutivi della retribuzione; la riduzione da ventiquattro a dodici mesi, prolungabili a determinate condizioni a diciotto mesi, della durata massima del distacco, decorsi i quali al lavoratore distaccato verranno applicate le condizioni di lavoro e occupazione previste dallo Stato membro ospitante, restando escluse, per espressa volontà del legislatore, le procedure, le formalità e le condizioni per la conclusione e la cessazione del contratto, le clausole di non concorrenza e i regimi pensionistici integrativi di categoria.
  Rileva che lo schema di decreto legislativo si compone di tre articoli. L'articolo 1 novella il decreto legislativo n. 136 del 2016, contenente la disciplina attuativa della direttiva 96/71/CE relativa al distacco dei lavoratori nell'ambito di una prestazione di servizi, oggetto di modifica da parte della direttiva (UE) 2018/957 attualmente in esame. In particolare, il comma 1, lettera a), modifica l'ambito soggettivo di applicazione del decreto legislativo, estendendolo alle ipotesi di distacco «a catena» che si verificano quando nel territorio nazionale abbia sede l'impresa utilizzatrice finale del lavoratore (ultimo anello della catena) o l'impresa che sia utilizzatrice intermedia dello stesso, nell'ambito di una prestazione transnazionale di servizi. Il comma 1, lettera c), che introduce nel decreto legislativo n. 136 del 2016 l'articolo aggiuntivo 4-bis, estende inoltre l'ambito oggettivo delle tutele, inserendo le condizioni di alloggio e le indennità o rimborsi a copertura delle spese di viaggio, vitto e alloggio per i lavoratori fuori sede per esigenze di servizio tra le condizioni di lavoro da applicare, se più favorevoli, al rapporto di lavoro tra imprese e lavoratori distaccati. Vengono inoltre considerate parte della retribuzione le indennità riconosciute al lavoratore in seguito al distacco che non siano versate a titolo di rimborso delle spese sostenute.
  Osserva che il comma 1, lettera d), disciplina il distacco di lunga durata, prevedendo che ai lavoratori distaccati si applichino tutte le condizioni di lavoro e di occupazione previste in Italia se la durata effettiva di un distacco supera i dodici mesi, estendibile a diciotto mesi con notifica motivata al Ministero del lavoro e delle politiche sociali da parte del soggetto prestatore di servizi. Sono escluse da tale disciplina le fattispecie riguardanti le procedure e le condizioni per la conclusione e la cessazione del contratto di lavoro, le clausole di non concorrenza e la previdenza integrativa di categoria, in quanto il Pag. 37rapporto di lavoro rimane instaurato con il datore di lavoro distaccante. Inoltre, al fine di evitare elusioni delle disposizioni, in caso di sostituzione di più lavoratori distaccati, nelle stesse mansioni e nello stesso luogo, la durata del distacco è computata cumulando i periodi di lavoro svolto dai singoli lavoratori distaccati. Le successive disposizioni del comma 1 riguardano gli obblighi informativi e amministrativi al fine di un rafforzamento del principio di trasparenza. In particolare, la lettera e) prevede che, ove dalle informazioni pubblicate sul sito del Ministero del Lavoro non si rilevino le condizioni di lavoro applicabili alla fattispecie di distacco, l'autorità competente ne tenga conto ai fini della determinazione proporzionale delle sanzioni. La lettera f), in materia di cooperazione amministrativa, prevede che, qualora l'Ispettorato nazionale del lavoro non sia in possesso delle informazioni richieste dall'autorità dello Stato membro nel cui territorio il lavoratore è distaccato, esso solleciti le autorità o gli organismi che le detengono. In caso di omissioni o ritardi persistenti l'Ispettorato informa tempestivamente la Commissione europea. Il comma 1, lettera g), in materia di obblighi amministrativi, inserisce i dati identificativi dell'impresa utilizzatrice che invia lavoratori in Italia nell'elenco delle informazioni che devono essere contenute nella comunicazione preventiva di distacco. Le successive lettere h) e i) introducono obblighi informativi in capo all'impresa utilizzatrice con sede in Italia, la quale deve comunicare all'agenzia di somministrazione le condizioni di lavoro e di occupazione applicate ai lavoratori distaccati. Si prevede, altresì, che l'impresa utilizzatrice con sede in Italia informi l'agenzia di somministrazione dell'invio del lavoratore presso altra impresa. Sono infine, previste sanzioni amministrative pecuniarie per la violazione degli obblighi suddetti, che variano, a seconda della tipologia, da un minimo di 500 a un massimo di 1.500 euro e da un minimo di 180 a un massimo di 600 euro.
  Evidenzia che l'articolo 2 reca la clausola di invarianza finanziaria, prevedendo che le pubbliche amministrazioni interessate provvedono all'attuazione delle disposizioni nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
  Segnala che l'articolo 3 esclude dallo schema di decreto legislativo in esame le prestazioni transnazionali di servizi nel settore del trasporto su strada, per le quali, pertanto, continuano ad applicarsi le disposizioni attualmente vigenti del decreto legislativo n. 136 del 2016. La direttiva (UE) 2018/957, oggetto di recepimento, rinvia infatti la sua applicazione al settore del trasporto su strada al momento dell'adozione di un atto legislativo che modifichi «la direttiva 2006/22/CE36 per quanto riguarda le prescrizioni di applicazione» e stabilisca «norme specifiche in relazione alla direttiva 96/71/CE e alla direttiva 2014/67/UE per il distacco dei conducenti nel settore dei trasporti su strada».
  In conclusione, si riserva di presentare una proposta di parere all'esito del dibattito in Commissione.

  Sergio BATTELLI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 13.10.