CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 24 ottobre 2019
260.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Ambiente, territorio e lavori pubblici (VIII)
COMUNICATO
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COMITATO DEI NOVE

  Giovedì 24 ottobre 2019.

Disposizioni per il recupero dei rifiuti in mare e nelle acque interne e per la promozione dell'economia circolare («legge SalvaMare»).
C. 1939-A Governo.

  Il Comitato si è riunito dalle 10.10 alle 10.20.

SEDE CONSULTIVA

  Giovedì 24 ottobre 2019. — Presidenza della Vicepresidente Patrizia TERZONI. — Interviene il Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, Roberto Morassut.

  La seduta comincia alle 15.25.

DL 101/2019: Disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali.
C. 2203 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alla XI Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Patrizia TERZONI, presidente, avverte che sul provvedimento, in relazione al suo esame in Assemblea, la Commissione dovrà esprimersi nella giornata odierna.

  Chiara BRAGA (PD), relatrice, fa presente che l'articolo 10-bis, introdotto dal Senato, reca uno stanziamento di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020-2021 da destinare alla realizzazione dell'intervento in variante e in ammodernamento del primo tratto del progetto stradale «Mare-Monti». Tale stanziamento è finalizzato a sviluppare il collegamento stradale tra le aree del cratere del sisma del 2016, l'area di crisi industriale complessa del Distretto Fermano-Maceratese e la rete Pag. 52autostradale presente nel territorio della Regione Marche.
  L'articolo 13-bis reca disposizioni in materia di incentivi per energia da fonti rinnovabili.
  Il comma 1 interviene sull'apparato sanzionatorio in materia di incentivi nel settore elettrico e termico, erogati dal Gestore dei Servizi Energetici (GSE), di cui all'articolo 42 del D.Lgs. 28/2011 (Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE).
  In particolare, si prevede che: a) il Gestore dei Servizi Energetici (GSE) possa decurtare l'incentivo in misura ricompresa fra il 10 e il 50 per cento (attualmente la decurtazione può essere disposta in misura ricompresa fra il 20 e l'80 per cento) in ragione dell'entità della violazione. Nel caso in cui le violazioni siano spontaneamente denunciate dal soggetto responsabile al di fuori di un procedimento di verifica e controllo le decurtazioni sono ulteriormente ridotte della metà (attualmente esse possono essere ridotte di un terzo); b) agli impianti di potenza compresa tra 1 e 3 kW nei quali, a seguito di verifica, risultino installati moduli non certificati o con certificazioni non rispondenti alla normativa di riferimento, si applica una decurtazione del 10 per cento della tariffa incentivante (attualmente la decurtazione è del 30 per cento della tariffa incentivante) sin dalla data di decorrenza della convenzione. Inoltre, la decurtazione del 10 per cento della tariffa incentivante si applica anche agli impianti ai quali è stata precedentemente applicata la decurtazione del 30 per cento, prevista dalle disposizioni previgenti; c) agli impianti di potenza superiore a 3 kW nei quali, a seguito di verifiche o controlli, risultano installati moduli non certificati o con certificazioni non rispondenti alla normativa di riferimento e per i quali il soggetto beneficiario della tariffa incentivante abbia intrapreso le azioni consentite dalla legge nei confronti dei soggetti responsabili della non conformità dei moduli, si applica, su istanza del medesimo soggetto beneficiario, una decurtazione del 10 per cento della tariffa incentivante base (in luogo del 20 per cento attualmente previsto) per l'energia prodotta dalla data di decorrenza della convenzione con il GSE. La decurtazione del 10 per cento della tariffa incentivante si applica anche agli impianti ai quali è stata precedentemente applicata la decurtazione del 20 per cento, prevista dalle disposizioni previgenti.
  Il comma 2 definisce l'ambito dei procedimenti per i quali è possibile applicare la minore sanzione di cui alla lettera a) del comma 1.
  In particolare, la disposizione si applica agli impianti realizzati e in esercizio oggetto di procedimenti amministrativi in corso e, su richiesta dell'interessato, a quelli definiti con provvedimenti del GSE di decadenza dagli incentivi, oggetto di procedimenti giurisdizionali pendenti nonché di quelli non definiti con sentenza passata in giudicato, compresi i ricorsi straordinari al Presidente della Repubblica per i quali non è intervenuto il parere del Consiglio di Stato previsto dall'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 1199/1971. La richiesta dell'interessato equivale ad acquiescenza alla violazione contestata dal GSE nonché a rinuncia all'azione. Le minori sanzioni disposte dal comma 1 non si applicano qualora la condotta dell'operatore che ha determinato il provvedimento di decadenza del GSE è oggetto di procedimento e processo penale in corso, ovvero concluso con sentenza di condanna anche non definitiva.
  L'articolo 14-bis, introdotto nel corso dell'esame al Senato, modifica ed integra (ai commi 1-3) la disciplina relativa alla cessazione della qualifica di rifiuto (cosiddetto «end of waste») contenuta nell'articolo 184-ter del Codice dell'ambiente (D. Lgs. 152/2006) e reca (ai commi 4-10) ulteriori disposizioni in materia.
  Consentendo, tra le altre cose, l'operatività delle autorizzazioni regionali «caso per caso» sulla base dei criteri stabiliti a livello comunitario e facendo salve le autorizzazioni esistenti, si rimuove così la situazione di blocco delle attività di riciclo Pag. 53che si era determinata a seguito della sentenza della Consiglio di Stato e della norma introdotta con il decreto-legge cosiddetto «sblocca cantieri», con grave pregiudizio al raggiungimento dell'economia circolare.
  In particolare, il comma 1 modifica una delle condizioni da soddisfare ai fini della cessazione della qualifica di rifiuto, contenuta nella lettera a) del comma 1 del citato articolo 184-ter, al fine di allineare la norma nazionale vigente al nuovo testo della corrispondente lettera a) del paragrafo 1 dell'articolo 6 della direttiva rifiuti 2008/98/CE risultante dalle modifiche apportate dalla direttiva 2018/851/UE.
  A differenza del testo vigente, ove si prevede che, ai fini della cessazione della qualifica di rifiuto, è necessario che la sostanza o l'oggetto sia comunemente utilizzato per scopi specifici, il nuovo testo, previsto dal comma in esame (che riproduce la nuova disposizione europea succitata), prevede che la sostanza o l'oggetto è destinata/o a essere utilizzata/o per scopi specifici.
  Il comma 2 reca una disciplina transitoria nelle more dell'emanazione di criteri end of waste. Si riscrive nuovamente il comma 3 dell'articolo 184-ter, su cui già era recentemente intervenuto il c.d. decreto-legge «sblocca cantieri» (articolo 1, comma 19, del decreto-legge 32/2019.
  Ricorda che l'articolo 184-ter del Codice stabilisce quando un rifiuto cessa di essere tale e che «in mancanza di criteri comunitari» i criteri medesimi sono adottati caso per caso per specifiche tipologie di rifiuto attraverso uno o più decreti ministeriali.
  Per i materiali per i quali non sono stati ancora emanati criteri end of waste, il testo originario dell'articolo 184-ter del Codice dispone che continuino ad applicarsi le disposizioni dettate dai decreti del Ministro dell'ambiente emanati in data 5 febbraio 1998, 12 giugno 2002, n. 161, e 17 novembre 2005, n. 269.
  Sulla base di tale normativa, il Ministero dell'ambiente aveva confermato il potere, in capo alle regioni e agli enti da esse delegati, di definire, in assenza di regolamenti comunitari o ministeriali, criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto in sede di rilascio delle autorizzazioni, quindi «caso per caso». Successivamente, però, con la sentenza n. 1229/2018, il Consiglio di Stato ha negato che enti e organizzazioni interne allo Stato possano vedersi riconosciuto potere alcuno di «declassificazione» del rifiuto in sede di autorizzazione.
  Al fine di superare le problematiche evidenziate, con il citato decreto-legge «sblocca cantieri» si era sostanzialmente ripristinata la normativa transitoria dettata dai citati decreti ministeriali prevedendo altresì l'emanazione di linee guida nazionali.
  Il testo in esame, novellando il comma 3 dell'articolo 184-ter dispone che, in mancanza di criteri specifici di end of waste, le autorizzazioni per gli impianti di trattamento rifiuti sono rilasciate o rinnovate, nel rispetto delle condizioni di cui all'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2008/98/CE e sulla base di criteri dettagliati, definiti nell'ambito dei medesimi procedimenti autorizzatori, che includono: materiali di rifiuto in entrata ammissibili ai fini dell'operazione di recupero; processi e tecniche di trattamento consentiti; criteri di qualità per i materiali di cui è cessata la qualifica di rifiuto ottenuti dall'operazione di recupero in linea con le norme di prodotto applicabili, compresi i valori limite per le sostanze inquinanti, se necessario; requisiti affinché i sistemi di gestione dimostrino il rispetto dei criteri relativi alla cessazione della qualifica di rifiuto, compresi il controllo della qualità, l'automonitoraggio e l'accreditamento, se del caso; un requisito relativo alla dichiarazione di conformità.
  Si tratta, in sostanza, dei medesimi criteri dettagliati previsti dalle lettere da a) ad e) del paragrafo 2 dell'articolo 6 della direttiva, che detta criteri dettagliati che devono essere stabiliti dalla Commissione europea al fine di assicurare, per determinati tipi di rifiuti, l'applicazione uniforme delle condizioni previste al paragrafo 1.Pag. 54
  Il secondo periodo del nuovo comma 3 dell'articolo 184-ter conferma che, in mancanza di criteri specifici end of waste, per le procedure semplificate per il recupero dei rifiuti continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al decreto ministeriale 5 febbraio 1998 e i regolamenti di cui ai decreti del Ministro dell'ambiente n. 161/2002 e n. 269/2005 (disposizione pressoché identica a quella attualmente vigente). Non è invece più prevista l'emanazione di apposite linee guida da parte del Ministro dell'ambiente.
  I commi 3 e 4, introducendo nell'articolo 184-ter i commi da 3-bis a 3-septies, disciplinano: il controllo dei nuovi provvedimenti autorizzatori adottati, riesaminati o rinnovati; il successivo adeguamento degli impianti alle conclusioni dei controlli medesimi; il monitoraggio delle attività di controllo.
  I nuovi commi da 3-bis a 3-sexies stabiliscono i tempi e le procedure riferite ai procedimenti autorizzatori, che prevedono il coinvolgimento dell'Autorità competente al rilascio delle autorizzazioni, dell'ISPRA o, su sua delega, dell'ARPA, nonché del Ministero dell'Ambiente.
  In particolare, il nuovo comma 3-bis prevede che le Autorità competenti al rilascio delle autorizzazioni comunicano all'ISPRA i nuovi provvedimenti autorizzatori adottati, riesaminati o rinnovati, entro 10 giorni dalla notifica degli stessi al soggetto istante. Segnala, quindi, che a far data dall'effettiva operatività del registro di cui al comma 3-septies, la comunicazione dei provvedimenti autorizzatori all'ISPRA non è più necessaria, in quanto si intende assolta con la sola comunicazione al registro.
  A sua volta l'ISPRA o, su sua delega, l'ARPA territorialmente competente, effettua un controllo a campione della conformità delle modalità operative e gestionali degli impianti, agli atti autorizzatori rilasciati nonché alle condizioni di cui al comma 1.
  In caso di non conformità, deve essere redatta una apposita relazione; il procedimento di controllo si deve concludere entro 60 giorni dall'inizio della verifica. L'ISPRA (o l'ARPA delegata) comunica entro 15 giorni gli esiti della verifica al Ministero dell'ambiente che, ricevuta la comunicazione, nei 60 giorni successivi, adotta proprie conclusioni e le trasmette all'Autorità competente.
  Quest'ultima avvia quindi un procedimento finalizzato all'adeguamento degli impianti da parte del soggetto interessato alle conclusioni del Ministero. In caso di mancato adeguamento, è prevista la revoca dell'autorizzazione.
  Resta salva la possibilità per l'autorità competente di adottare provvedimenti di natura cautelare.
  Il comma 3-quinquies prevede che, decorsi 180 giorni dalla comunicazione all'Autorità competente delle conclusioni ministeriali, ove il procedimento finalizzato all'adeguamento non risulti avviato o concluso, il Ministro dell'ambiente può provvedere, in via sostitutiva e previa diffida, anche mediante un Commissario ad acta, all'adozione dei provvedimenti di adeguamento.
  Il comma 3-sexies dispone che, con cadenza annuale, l'ISPRA redige una relazione sulle verifiche e i controlli effettuati nel corso dell'anno. Viene altresì stabilito che la medesima relazione sia trasmessa al Ministero dell'ambiente entro il 31 dicembre.
  Il comma 3-septies, al fine di garantire il rispetto dei principi di trasparenza e di pubblicità, prevede l'istituzione del registro nazionale, presso il Ministero dell'ambiente, deputato alla raccolta delle autorizzazioni rilasciate e delle procedure semplificate concluse ai sensi dell'articolo in esame le cui modalità di funzionamento e di organizzazione del registro sono demandate ad un apposito decreto, non avente natura regolamentare, del Ministro dell'ambiente.
  Il comma 4 dispone che le autorità competenti effettuano la comunicazione al registro entro 120 giorni dall'entrata in vigore della disposizione in commento, relativamente alle autorizzazioni per l'avvio di operazioni di recupero di rifiuti ai Pag. 55fini del presente articolo, rilasciate alla data di entrata in vigore della presente disposizione.
  L'istituzione del registro, prevista dalla norma in esame, consente di attuare il criterio di delega contemplato (ai fini del recepimento della nuova direttiva rifiuti n. 2018/851/UE) dall'articolo 16, comma 1, lettera e), n. 2), della legge di delegazione europea 2018 (approvata in via definitiva dal Parlamento e in attesa di pubblicazione sulla G.U.).
  Al fine di assicurare lo svolgimento delle attività istruttorie concernenti l'adozione dei decreti di cui al comma 2 dell'articolo 184-ter, i commi 5 e 6 prevedono l'istituzione di un gruppo di lavoro presso il Ministero dell'ambiente, composto da cinque membri, per un onere pari a 200.000 euro annui per ciascuno degli anni dal 2020 al 2024.
  Il comma 7 dispone che entro 180 giorni dall'entrata in vigore di ciascuno dei decreti end of waste (previsti dall'articolo 184-ter, comma 2, del Codice) siano tenuti a presentare, alle autorità competenti, istanza di aggiornamento delle autorizzazioni (alle disposizioni definite dai decreti predetti): i titolari, per gli impianti di trattamento rifiuti e delle AIA relative ad impianti di gestione dei rifiuti rilasciate o rinnovate successivamente alla data di entrata in vigore della presente disposizione; coloro che svolgono attività di recupero in base ad una procedura semplificata avviata successivamente alla data di entrata in vigore della disposizione in commento. La mancata presentazione dell'istanza di aggiornamento, nel termine indicato dal precedente periodo, determina la sospensione dell'attività oggetto di autorizzazione o di procedura semplificata.
  Il comma 8 disciplina invece le autorizzazioni in essere alla data di entrata in vigore della presente disposizione ovvero per le quali è in corso un procedimento di rinnovo ovvero che risultino scadute ma per le quali è presentata un'istanza di rinnovo entro 120 giorni dall'entrata in vigore della presente disposizione, che sono fatte salve e sono rinnovate nel rispetto delle disposizioni di cui all'articolo 184-ter, comma 3. In ogni caso si applicano gli obblighi di aggiornamento di cui al comma 7 nei termini e con le modalità ivi previste.
  Il comma 9 prevede che gli obblighi di comunicazione di cui al comma 3-bis dell'articolo 184-ter (come riscritto dall'articolo in esame) si applicano anche alle autorizzazioni in essere, cioè già rilasciate alla data di entrata in vigore della presente disposizione. Viene altresì previsto che le autorità competenti effettuano i prescritti adempimenti, nei confronti dell'ISPRA, nel termine di 120 giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.
  Il comma 10 reca l'usuale clausola di invarianza finanziaria.
  L'articolo 15 interviene sul cosiddetto «Fondo salva opere», di cui all'articolo 47 del decreto-legge n. 34 del 2019, istituito al fine di garantire il rapido completamento delle opere pubbliche e tutelare i lavoratori.
  Le modifiche apportate dal testo originario dell'articolo in esame: a) consentono l'accesso alle risorse del Fondo anche ai fornitori nelle ipotesi di affidamenti da parte di contraente generale (comma 1, lettera a). Viene specificato che le risorse del Fondo sono destinate, nel caso di affidamento a contraente generale, anche alla soddisfazione dei crediti dei subfornitori, subappaltatori, e subaffidatari, invece che dei soli affidatari di lavori, chiarendo la vigente disposizione in modo più puntuale, al fine di evitare la possibile esclusione di taluni soggetti dalla procedura prevista; b) prevedono la surroga del Ministero delle infrastrutture nei diritti dei beneficiari del Fondo, oltre che nei confronti dell'appaltatore o dell'affidatario del contraente generale, anche verso il contraente generale (comma 1, lettera b). Anche in questo caso si chiarisce la normativa vigente, dal momento che la norma oggetto di modifica prevede la suddetta surroga del MIT nei diritti del sub-appaltatore, sub-affidatario o sub-fornitore verso l'appaltatore o l'affidatario del contraente generale nell'ambito della procedura concorsuale, senza contemplare specificamente anche la figura del contraente Pag. 56generale; c) disciplinano la procedura per l'accesso alle risorse del Fondo a favore delle imprese beneficiarie, anche in pendenza di controversie giurisdizionali, contributive e fiscali (comma 1, lettera c).
  La disposizione inserisce cinque nuovi periodi al comma 1-ter dell'articolo 47 che disciplinano la procedura per l'accesso a favore delle imprese beneficiarie delle risorse del Fondo salva opere, anche in pendenza di controversie giurisdizionali, contributive e fiscali.
  Il primo periodo stabilisce che l'eventuale pendenza di controversie giurisdizionali in merito ai crediti dei beneficiari del Fondo verso l'appaltatore, il contraente generale o l'affidatario del contraente generale non è ostativa all'erogazione delle risorse del Fondo da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
  Il secondo periodo prevede che, prima dell'erogazione delle risorse, il MIT verifica la sussistenza delle condizioni di regolarità contributiva del richiedente, attraverso il documento unico di regolarità contributiva (DURC); in mancanza delle stesse, dispone direttamente il pagamento delle somme dovute, entro i limiti della capienza del Fondo salva opere e – come previsto con una modifica approvata nel corso dell'esame al Senato – in proporzione della misura del credito certificato liquidata (il testo originario fa riferimento al solo credito certificato) al richiedente stesso, in favore degli enti previdenziali, assicurativi, compresa la cassa edile, ai sensi del combinato disposto dell'articolo 31, commi 3 e 8-bis, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69.
  Il terzo periodo stabilisce che prima dell'erogazione delle risorse il MIT effettua la verifica fiscale sui versamenti notificati con cartelle di pagamento di cui all'articolo 48-bis, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 e, nell'ipotesi di inadempienze, provvede direttamente al pagamento in conformità alle disposizioni del periodo precedente.
  Con il quarto e quinto periodo si precisa che resta impregiudicata: la possibilità per il beneficiario di accedere alle risorse del Fondo ove abbia ottenuto, rispetto ai debiti contributivi e fiscali, una dilazione o rateizzazione del pagamento ovvero abbia aderito a procedure di definizione agevolata previste dalla legislazione vigente; la prosecuzione di eventuali azioni giudiziarie nei confronti dell'erario, di enti previdenziali e assicurativi.
  Nel corso dell'esame al Senato sono state introdotte alcune ulteriori modifiche al testo dell'articolo 47 del citato decreto-legge volte a prevedere: a) il differimento dal 31 ottobre 2019 al 31 dicembre 2019 del termine entro cui i comuni beneficiari dei contributi per interventi di efficientamento energetico e sviluppo territoriale sostenibile (di cui al comma 5 dell'articolo 30 del DL n. 34 del 2019) iniziano i lavori (introduzione del comma 01). I contributi in oggetto sono destinati ad opere pubbliche in materia di efficientamento energetico, ivi compresi interventi volti all'efficientamento dell'illuminazione pubblica, al risparmio energetico degli edifici di proprietà pubblica e di edilizia residenziale pubblica, nonché all'installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili; sviluppo territoriale sostenibile, ivi compresi interventi in materia di mobilità sostenibile, nonché interventi per l'adeguamento e la messa in sicurezza di scuole, edifici pubblici e patrimonio comunale e per l'abbattimento delle barriere architettoniche; b) il pagamento diretto, in caso di mancanza del DURC, a favore di enti previdenziali, assicurativi, compresa la cassa edile, in proporzione alla misura del credito certificato liquidata al richiedente stesso (il testo originario fa riferimento al solo credito certificato), oltre che entro i limiti della capienza del Fondo salva opere (modifica della lettera c) del comma 1); c) l'applicabilità del meccanismo generale testé introdotto per beneficiare delle risorse del Fondo salva opere, anche in relazione allo specifico stanziamento previsto nel Fondo salva opere, per salvaguardare i crediti insoddisfatti alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge 34/2019 in relazione Pag. 57a procedure concorsuali aperte dalla data del 1o gennaio 2018 (introduzione della lettera c-bis) al comma 1).

  Generoso MARAIA (M5S) esprime talune perplessità sulla disciplina introdotta dal Senato in materia di end of waste, con specifico riguardo al potenziale vulnus che si verrebbe a determinare rispetto alla ripartizione delle attribuzioni tra Stato e Regioni sancita dall'articolo 117, secondo comma, della Costituzione, che determina una competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela dell'ambiente. A suo avviso, infatti, non appare tutelata la competenza esclusiva dello Stato a definire i criteri – che richiedono applicazione uniforme su tutto il territorio nazionale – lasciando invece agli enti territoriali i soli compiti legati al rilascio delle autorizzazioni.

  Chiara BRAGA (PD), relatrice, formula una proposta di parere favorevole (vedi allegato).

  Il sottosegretario Roberto MORASSUT concorda con la relatrice.

  Elena LUCCHINI (LEGA) in primo luogo manifesta sconcerto per le modalità di esame del provvedimento, il cui testo è stato reso disponibile solo pochi minuti prima dell'inizio della seduta della Commissione. In secondo luogo, pur riconoscendo che alcuni passi in avanti sono stati fatti, non ritiene che l'attuale formulazione dell'articolo 14-bis possa considerarsi immune da critiche. Rivendica, al riguardo, l'intenso lavoro portato avanti da lungo tempo dalla Lega, anche attraverso l'iniziativa in Commissione volta a promuovere lo svolgimento di un'apposita indagine conoscitiva, finalizzato a risolvere un problema molto sentito dai territori e dalle aziende.
  Tuttavia la formulazione della norma adottata dalla nuova maggioranza risente della sfiducia negli operatori e negli enti locali, come testimoniato dalla previsione di forme asfissianti ed eccessive di controlli e verifiche, che peraltro si possono protrarre per tempi troppo lunghi. Inoltre, appare a suo avviso ingiustificabile la previsione della costituzione di un gruppo di lavoro, ovvero di una ennesima struttura inutile, con oneri a carico dei cittadini.
  Infine, pur non essendo più presente nel testo e solo parzialmente rientrante nella competenza della Commissione, stigmatizza la posizione ondivaga del Governo sulla problematica che riguarda lo stabilimento ex ILVA di Taranto, le cui conseguenze inevitabilmente si rifletteranno in termini molto negativi sui livelli produttivi e occupazionali dello stabilimento.

  Erica MAZZETTI (FI), concorda con la collega Lucchini riguardo all'esigenza che la Commissione disponga di tempi congrui per l'esame di provvedimenti di tale importanza, non ritenendo corretto nei confronti delle opposizioni e dei cittadini che le sostengono che si esaminino in pochi minuti, e quindi con fisiologica superficialità, testi complessi.
  Preannuncia l'astensione del proprio gruppo sul provvedimento in esame in quanto ritiene che molte tematiche non siano state prese in adeguata considerazione, probabilmente in ragione dell'impossibilità di valutarle in modo concreto nel poco tempo disponibile.
  Alcune disposizioni del decreto sono pienamente condivisibili, come ad esempio la possibilità che le regioni rilascino le autorizzazioni end of waste, tema sul quale il proprio gruppo si è battuto da tempo. Sottolinea che non sono state messe in campo disposizioni volte alla realizzazione degli impianti, fondamentali per lo sviluppo di questo settore e in particolar modo per il comparto tessile, settore di estrema importanza economica per il Paese. Al riguardo, chiede alla presidenza che vengano prese in considerazione le proposte di legge presentate dal proprio gruppo su tale tema, ed in particolare quella a propria prima firma avente ad oggetto i rifiuti derivanti dal settore tessile.

  Vincenza LABRIOLA (FI) ritiene che non si possa tacere sulla vicenda ILVA e contesta la modalità schizofrenica con cui Pag. 58il Governo è intervenuto riguardo all'immunità dei vertici di ArcelorMittal, introdotta e successivamente cancellata.
  Non condivide la prova di forza che il Governo sta adottando nei confronti della società, creando tensioni sociali su un territorio già da anni vessato dalle vicende dello stabilimento Ilva e che sta sopportando un enorme carico in termini sanitari.
  Non si comprende, inoltre, quale sarà lo scenario nel caso in cui i futuri proprietari lascino lo stabilimento, con riguardo all'eventuale pagamento di penali. Auspica che il Ministro Patuanelli venga a riferire in Commissione per fare chiarezza sulle intenzioni reali del Governo, che a suo giudizio dovrebbe pensare alla tutela della salute dei cittadini del territorio tarantino, che nulla ha a che vedere con il tema dell'immunità.
  Con riguardo alla possibilità di realizzare sul territorio tarantino, nel caso di chiusura dello stabilimento Ilva, la fiera agroalimentare, cui si è fatto riferimento nelle ultime ore, ritiene che debbano essere previste le necessarie bonifiche nell'ambito di un preciso progetto adeguatamente finanziato. Stigmatizza, pertanto, il comportamento del Movimento 5 Stelle, che dal momento dell'insediamento al Governo ha giocato con la pelle di cittadini tarantini e al riguardo richiama in particolare il comportamento ipocrita dell'ex Ministro dello sviluppo economico, Luigi di Maio.

  La Commissione approva la proposta di parere della relatrice (allegato).

  La seduta termina alle 16.

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