CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 7 marzo 2019
153.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (XI e XII)
COMUNICATO
Pag. 13

SEDE REFERENTE

  Giovedì 7 marzo 2019. — Presidenza della presidente della XII Commissione, Marialucia LOREFICE. – Interviene il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali, Claudio Cominardi.

  La seduta comincia alle 9.10.

DL 4/2019: Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni.
C. 1637 Governo, approvato dal Senato.
(Seguito dell'esame e rinvio).

  Le Commissioni proseguono l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 4 marzo 2019.

  Marialucia LOREFICE, presidente, ricorda che nella seduta di lunedì 4 marzo le deputate Nesci e Murelli hanno svolto le loro relazioni introduttive e che nella seduta di ieri le Commissioni hanno concluso le audizioni informali, secondo quanto convenuto in sede di Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi.
  Chiede, quindi, se vi siano deputati che intendono intervenire.

  Elena CARNEVALI (PD) sottolinea che le numerose audizioni svolte nei giorni scorsi hanno posto in evidenza due aspetti: il silenzio dei deputati appartenenti alle forze di maggioranza e un forte scetticismo rispetto all'efficacia e al modello adottato per il reddito di cittadinanza espresso dalla gran parte dei soggetti auditi, a fronte di uno stanziamento decisamente rilevante. Nel precisare che si limiterà a segnalare alcuni aspetti critici, in attesa di un maggiore approfondimento nel corso dell'esame degli emendamenti, auspica che in tale fase successiva venga mostrata disponibilità a correggere aspetti rilevanti del provvedimento. Il reddito di cittadinanza rappresenta, a suo avviso, una misura ibrida, pensata per liberarsi dal «marchio» di misura assistenzialistica – rischio evidenziato nelle audizioni svolte, a partire da quella della Conferenza episcopale italiana –, prevedendo alcuni strumenti di politiche attive per il lavoro accanto a quelli di sostegno al reddito e smantellando, al contempo, il reddito di inserimento (Rei). Tale impostazione produce alcuni effetti paradossali: oltre il 40 Pag. 14per cento dei soggetti coinvolti non ha alcun obbligo condizionante l'erogazione del beneficio e oltre la metà delle persone in condizione di povertà, 2,7 milioni su 5 milioni, non trova risposta alle proprie esigenze nelle misure adottate. Sottolinea che tali dati non sono frutto di una elaborazione effettuata dal Partito democratico ma sono emersi nel corso delle audizioni svolte. Osserva, inoltre, che le modifiche apportate nel corso dell’iter del provvedimento al Senato hanno aumentato la selettività nell'accesso alle prestazioni. Un ulteriore aspetto paradossale è rappresentato dalla penalizzazione delle famiglie numerose, nonostante la condizione di rilevante denatalità che caratterizza l'Italia. Evidenzia che tale approccio, determinato probabilmente dal «feticcio» rappresentato dall'importo annunciato dei 780 euro, appare irrazionale e assolutamente non giustificabile. Giudica, inoltre, vergognoso il trattamento ipotizzato per le famiglie con persone in condizione di disabilità, di fatto largamente escluse, come segnalato dalle organizzazioni di settore nel corso delle audizioni, dal reddito di cittadinanza. Ricorda in proposito l'indisponibilità ad effettuare le opportune correzioni nel corso dell'esame al Senato.
  Nel riconoscere che il testo in esame integra in maniera rilevante lo stanziamento già previsto per il reddito di inclusione, sottolinea che il problema principale è rappresentato dalle modalità con cui queste somme sono utilizzate. Ribadisce che le audizioni svolte hanno evidenziato che molte persone in condizione di povertà saranno escluse dal beneficio e che la presa in carico appare insufficiente, non riconoscendo la dimensione multifattoriale della povertà. Segnala, quindi, la criticità rappresentata da coloro che hanno perso il lavoro ma non si trovano ancora nella condizione di povertà definita dal provvedimento in discussione. Ad essi viene impedito l'accesso ad uno strumento potenzialmente utile per una loro ricollocazione, essendo in molti casi soggetti dotati di competenze adeguate. Segnala che, sempre con l'obiettivo di non ridurre l'importo simbolico di 780 euro mensili, il provvedimento appare fortemente esclusivo rispetto ai cosiddetti «invisibili» e agli stranieri. Nel rilevare la palese incostituzionalità della durata del vincolo di residenza ipotizzato, che denota una volontà punitiva nei confronti degli stranieri, cita a titolo esemplificativo la difficile condizione in cui potrebbero trovarsi le persone che svolgono il ruolo di assistente familiare, in particolare nei periodi di sospensione del lavoro.
  Segnalando che numerosi aspetti del decreto-legge in esame interferiscono con le competenze delle regioni e dei comuni, si augura che, in considerazione della rilevanza delle risorse stanziate e degli obiettivi prefissati, vi sia un'ampia disponibilità a correggere gli effetti distorsivi e discriminatori prodotti dall'attuale articolato. In conclusione, sottolineando la non opportunità di modificare ad ogni cambio di maggioranza e di Governo le misure di contrasto alla povertà, rileva che una chiusura verso le correzioni al provvedimento che appaiono necessarie rappresenterebbe un atto di grave responsabilità politica.

  Debora SERRACCHIANI (PD) intende evidenziare, da un lato, le criticità strutturali del provvedimento e, dall'altro, le sue incongruenze applicative. Cominciando dal reddito di cittadinanza, ne sottolinea la confusione tra le finalità di strumento di lotta alla povertà e, al contempo, di strumento di politica attiva del lavoro. Dalle audizioni, a suo avviso, risulta chiaro che le maggiori debolezze sono ravvisabili proprio sul versante lavorativo: dai dati forniti dall'ISTAT, risulta che, su una platea di 2,7 milioni di potenziali beneficiari, solo 900 mila saranno tenuti a sottoscrivere il patto per il lavoro e, di questi, circa i due terzi hanno titoli di studio di basso livello. Si tratta di numeri che certificano l'impossibilità dello strumento di raggiungere la ben più vasta platea di 5 milioni di soggetti che dovrebbero beneficiare dell'attivazione di strumenti per essere condotti al di sopra della soglia di povertà. Alla limitatezza dell'ambito di intervento corrisponde poi l'impreparazione delle strutture che dovrebbero Pag. 15attuare gli strumenti, certificata in audizione sia dall'INPS, sia dall'ANPAL. Per l'INPS, ciò è emerso in riferimento ai tavoli tecnici ancora in corso per il dialogo tra le piattaforme informatiche e ai controlli, che potranno riguardare solo la conformità delle dichiarazioni ISEE; per l'ANPAL, il problema è invece emerso con riguardo all'assunzione dei cosiddetti navigator, la cui figura è ancora avvolta nell'incertezza, a cominciare dal tipo di rapporto di lavoro che essi instaureranno. A tale quadro si aggiunge la mancanza, lamentata dall'Ispettorato nazionale del lavoro, delle risorse necessarie per l'effettuazione dei controlli successivi all'erogazione del reddito di cittadinanza, nonché la consapevolezza del contenzioso che renderà difficile l'applicazione delle sanzioni, manifestamente sproporzionate all'entità della trasgressione, costituita dalla mendace dichiarazione. Quanto alle incongruenze applicative ravvisabili nel testo, ricorda che il requisito della dimora stabile rende impossibile accedere ai benefìci per i soggetti in più gravi difficoltà, laddove sarebbe stato più opportuno prevedere la presa in carico da parte dei servizi sociali. Anche sulla distribuzione sul territorio nazionale dei percettori del reddito di cittadinanza, si registrano previsioni diverse: alla sostanziale uniformità, prevista dal professor Tridico, si contrappongono le proiezioni dell'ISTAT e dell'Ufficio parlamentare di bilancio, che prevedono una forte concentrazione di beneficiari al Sud, mentre nel Nordovest si registrerebbe la riduzione della platea che attualmente beneficia di strumenti di sostegno. Ancora, è stata da più parti messa in luce la penalizzazione delle famiglie, a fronte dei vantaggi per i cosiddetti single, e la penalizzazione dei disabili, a causa della mancata sterilizzazione ai fini ISEE delle indennità percepite in relazione alla disabilità, in contraddizione con gli orientamenti consolidati della giurisprudenza.
  Venendo, quindi, alle disposizioni riguardanti «Quota 100», rileva che si tratta di un meccanismo che premia gli uomini con carriere lavorative regolari, a scapito delle donne, dei lavoratori impegnati in attività usuranti o gravose, nonché dei lavoratori precoci, per i quali il provvedimento non reca alcuna previsione. Contrariamente a quanto affermato dalla propaganda del Governo, non si tratta di una riforma strutturale, essendo prevista solo per il triennio 2019-2021, i cui costi esorbitanti, tuttavia, sono scaricati sulle generazioni future, le quali, tra l'altro, non potranno beneficiare nemmeno dell'accesso al lavoro lasciato libero da chi ha avuto accesso anticipatamente al pensionamento, in quanto la cosiddetta staffetta generazionale, soprattutto nella pubblica amministrazione, non trova fondamento. Allo scopo, pertanto, di contribuire per lo meno alla correzione delle incongruenze tecniche più gravi, preannuncia la presentazione da parte del gruppo Partito Democratico di proposte emendative, che si augura il Governo e la maggioranza siano disponibili ad approfondire. In ogni caso, il provvedimento, pur avendo obiettivi condivisibili, non può essere sostenuto dal suo gruppo, proprio perché le misure introdotte non sono giudicate coerenti con le finalità che dovrebbero conseguire.

  Paolo ZANGRILLO (FI) osserva che gli obiettivi del provvedimento, pienamente condivisibili, non possono essere raggiunti soltanto con la propaganda. Infatti, a suo giudizio, è sbagliato pensare di combattere efficacemente contro la povertà e, contestualmente, aumentare l'accesso al mercato del lavoro con l'adozione di un unico strumento, senza ricorrere a politiche specifiche. Si tratta, a suo parere, di una narrazione fantasiosa, che non potrà tradursi in realtà, perché la situazione italiana non consente scorciatoie. Riconosce che il Ministro Di Maio ha dimostrato buona volontà, cercando ispirazione in Germania, il cui sistema di welfare, imperniato sui centri pubblici per l'impiego, funziona bene grazie a massicci investimenti e a un personale molto numeroso e specializzato. Al contrario, la scommessa del Governo italiano si basa sui circa cinquecento Centri per l'impiego pubblici, il cui organico complessivo è di ottomila dipendenti, spesso con contratti precari, Pag. 16con bassa scolarizzazione e per lo più impiegati in ruoli amministrativi. Altrettanto irrealizzabile è, a suo giudizio, la previsione di tre offerte di lavoro congrue nell'arco di diciotto mesi, vista la situazione del mercato del lavoro in Italia. Il raggiungimento degli obiettivi, infine, gli appare lontano anche considerando l'evidente impreparazione dell'ANPAL, il cui presidente, ascoltato in audizione, non ha potuto nemmeno chiarire con che tipo di contratto i navigator saranno assunti. La lotta alla povertà e alla disoccupazione possono essere condotte con efficacia solo attingendo all'esperienza e alle competenze di cui il Paese non manca, senza bisogno di pretendere di imitare in quattro mesi quanto la Germania, in ben altre condizioni, ha fatto in cinque anni. Intende, quindi, mettere in luce gli effetti distorsivi che, a suo giudizio, si produrranno con l'entrata a regime del reddito di cittadinanza. Innanzitutto, rileva che il livello massimo del reddito, pari a 780 euro mensili, è superiore al salario medio percepito dal 30 per cento degli italiani attivi. Per le medesime ragioni, giudica foriera di distorsioni la fissazione a 830 euro al mese del salario di un'offerta di lavoro congrua. Passando, quindi, a «Quota 100», sottolinea il carattere transitorio del nuovo regime, che penalizza, come da più parti sottolineato, soprattutto le donne e che, pur essendo molto oneroso per la finanza pubblica, non corregge le storture della riforma Fornero, votata anche dal suo partito per le ragioni di urgenza e di mancanza di alternative note a tutti. L'esperienza di altre economie, i cui sistemi previdenziali consentono l'accesso flessibile al pensionamento, dimostra inoltre come sia falsa l'illusione della staffetta generazionale, mettendo a rischio, in tal modo, anche il conseguimento di un altro degli obiettivi che il Governo si è posto con questo provvedimento. Alla luce di tali considerazioni e degli spunti emersi dalle audizioni effettuate dalle Commissioni riunite, auspica che la maggioranza, abbandonando finalmente la propaganda, si renda disponibile a un confronto vero con le opposizioni, accogliendone i suggerimenti utili a limitare i danni che sta infliggendo al Paese.

  Marialucia LOREFICE, presidente, avverte che è stato richiesto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sia assicurata anche attraverso la trasmissione mediante l'impianto audiovisivo a circuito chiuso. Non essendovi obiezioni, ne dispone l'attivazione.

  Antonio VISCOMI (PD), prendendo spunto dal saggio di Romano Bettini intitolato «Il teorema della copertura amministrativa delle leggi», ritiene prevedibile il fallimento del decreto-legge, che scarica su strutture, i centri pubblici per l'impiego, del tutto inadeguate e impreparate, l'intero peso della riforma, imponendo loro una mole di attività cui non sono in grado di fare fronte. Si tratta di aspetti, messi in luce da quasi tutti i soggetti ascoltati in audizione, che non sono stati presi in considerazione dal Governo, le cui idee appaiono lontane dalla realtà. A suo giudizio, sarebbe stato meglio iniziare dall'adeguamento delle strutture, visto che il cardine della riforma, il patto per il lavoro, gli appare la riproposizione di strumenti già esistenti. Perché quest'ultimo possa essere credibile, inoltre, è necessario che sia modellato sulla persona cui è rivolto, divenendo quindi di primaria importanza il patrimonio di informazioni che deve contenere. Rileva che il Senato ha corretto una prima incongruenza riguardante il patto per il lavoro, mettendolo più opportunamente in relazione con il singolo componente del gruppo familiare. Un'ultima annotazione riguarda la previsione dell'impiego dei percettori del reddito di cittadinanza in attività socialmente utili: facendo riferimento all'esperienza della Calabria, regione dalla quale proviene, auspica che tale previsione non si traduca in un percorso lungo anni, in cui i prestatori di tali attività attendono di essere in qualche modo stabilizzati, alimentando nel frattempo il bacino dei lavoratori precari che, al contrario, si dovrebbe svuotare. Alla luce di tali considerazioni, auspica che la maggioranza si apra ai contributi Pag. 17provenienti dalle opposizioni, consapevole dei rischi cui espone il Paese volendo imporre un modello i cui limiti sono stati ampiamente sottolineati in più sedi.

  Carla CANTONE (PD) auspica che il Governo voglia trarre spunto dalle osservazioni dei soggetti ascoltati in audizione dalle Commissioni riunite, in particolare dalle organizzazioni sindacali, le quali rappresentano ben diciassette milioni di persone. Soffermandosi su «Quota 100», rileva che tale normativa, di carattere transitorio, fissando i requisiti per l'accesso al pensionamento a 38 anni di contributi e 62 anni di età anagrafica, discrimina ingiustamente i lavoratori precoci che, pur avendo un'anzianità contributiva superiore, non possono accedere al pensionamento perché non raggiungono i 62 anni richiesti, oppure coloro che, specialmente al Sud, pur avendo raggiunto l'età richiesta, non possono vantare sufficiente anzianità contributiva, per le note condizioni del mercato del lavoro in tale zona del Paese. Il decreto-legge, inoltre, non ha tenuto in nessun conto le condizioni di coloro che esercitano attività usuranti o lavori gravosi. Pensa, in particolare, ai lavoratori edili, che, a causa della mobilità tra i cantieri o della chiusura degli stessi per intemperie, difficilmente raggiungono un'anzianità contributiva tale da permettere loro di andare in pensione ad età meno avanzate. Anche i precari sono stati trascurati dal Governo. Sarebbe stato opportuno prevedere, magari attraverso l'istituzione di uno specifico Fondo, la copertura assicurativa dei periodi non lavorati, per facilitare il raggiungimento dell'anzianità contributiva necessaria. Sulle donne, si associa a quanto rilevato dalla collega Serracchiani, rilevando, inoltre, l'incomprensibile differenza delle «finestre» di accesso tra lavoratori del settore privato e lavoratori del settore pubblico. Dando, infine, un giudizio positivo sulla finalità alla base della pensione di cittadinanza, ritiene che sarebbe stato però auspicabile prevedere anche modalità per restituire alle pensioni in essere il potere di acquisto perso con il blocco decennale delle indicizzazioni, come era stato stabilito nell'accordo stipulato dal precedente Governo con le organizzazioni sindacali, che il Governo in carica ha preferito ignorare. Con tale decisione, inoltre, si pongono le basi di potenziali sperequazioni verso coloro che, dopo avere regolarmente versato i contributi nel corso della propria attività lavorativa, si troveranno a percepire una pensione il cui ammontare è pari a quanto erogato ai percettori della pensione di cittadinanza, che hanno versato pochi contributi o nessuno. Un ultimo accenno desidera fare ai cosiddetti «esodati», che nemmeno con «Quota 100» potranno accedere al pensionamento, senza, peraltro, che il decreto-legge rechi alcuna previsione a loro favore. In sintesi, auspica che il Governo si adoperi per eliminare dalla disciplina in esame i troppi elementi di incertezza e di confusione che non permetteranno agli strumenti messi in campo di raggiungere gli obiettivi fissati.

  Carlo FATUZZO (FI), associandosi alla collega Cantone, auspica l'introduzione di misure per il recupero del potere d'acquisto delle pensioni in essere e ricorda che, con la legge di bilancio 2019, si è proceduto a un'ulteriore riduzione dell'adeguamento dei trattamenti pensionistici al tasso di inflazione. Anzi, con tale misura, il Governo ha posto a carico dei pensionati una parte dei costi derivanti dall'accesso anticipato al pensionamento sulla base di «Quota 100». Intende, tuttavia, rilevare che il provvedimento ha, a suo avviso, aspetti positivi e apprezza la buona volontà del Governo nel contrastare la povertà e nell'aiutare i disoccupati nella ricerca di un'occupazione. Ritiene però necessario un maggiore impegno nei confronti di coloro che sono senza fissa dimora, il cui accesso al reddito di cittadinanza è difficile, se non impossibile. Altro aspetto che desidera sottolineare riguarda il meccanismo di salvaguardia, in base al quale, in caso di insufficienza di risorse, si provvede a rimodulare la misura, senza toglierla a chi ne sta godendo. Un ultimo Pag. 18punto che meriterebbe, a suo giudizio, una maggiore riflessione riguarda gli inabili civili al 100 per cento, privi di reddito. Il decreto-legge in esame li pone ingiustamente sullo stesso piano di chi non ha alcuna inabilità, mentre, invece, nel 2002 il Governo Berlusconi aveva previsto un significativo incremento dell'importo percepito al compimento del sessantesimo anno di età. Si tratta dell'ultimo provvedimento in favore di tale categoria di soggetti, che ancora ne possono beneficiare.

  Maria Teresa BELLUCCI (FdI) evidenzia l'utilità del ciclo di audizioni svolto, che ha fornito una conferma, proveniente da soggetti indipendenti, delle preoccupazioni del gruppo di Fratelli d'Italia sul provvedimento in discussione: il reddito di cittadinanza non abolisce la povertà e non crea lavoro, ingannando di fatto gli italiani. Numerose audizioni hanno inoltre evidenziato che le persone in maggiore difficoltà, gli «invisibili», non potranno essere aiutati, contrariamente da quanto afferma il Vicepresidente del Consiglio, Di Maio. Il testo, inoltre, non tiene conto delle caratteristiche della povertà, che coinvolge molteplici aspetti, rappresenta il lavoro uno solo di tali fattori. Sottolinea la cecità dei presentatori del provvedimento, che non hanno voluto coinvolgere realtà fondamentali, quali il Terzo settore, il mondo della scuola e quello dei servizi sociali; la loro ignoranza ha portato ad errori clamorosi. Come evidenziato anche nell'audizione della Conferenza episcopale italiana, il reddito di cittadinanza rischia di provocare una deresponsabilizzazione, disincentivando la ricerca di lavoro.
  Ricorda, in proposito, che il suo gruppo si è fatto promotore dell'assegno universale di povertà, corrispondente al 50 per cento del reddito minimo. Segnalando che un incremento della dinamica occupazionale si ottiene fondamentalmente sostenendo le imprese e lo sviluppo del lavoro autonomo, rileva la carenza nel provvedimento di incentivi in tal senso, essendo insufficienti gli sgravi fiscali previsti ed introducendo una eccessiva rigidità rispetto alle possibili forme contrattuali, escludendo il lavoro stagionale, a tempo determinato o parziale. Evidenzia l'assurdità di prevedere sgravi ridotti per le persone che hanno percepito più a lungo il reddito di cittadinanza e che pertanto dovrebbero invece essere più bisognose di ottenere un lavoro. I cosiddetti navigator, con contratti a termine e privi di reale esperienza, non saranno in grado di svolgere il compito prefissato, considerando anche le oggettive criticità del mercato del lavoro in Italia, testimoniate anche dalle difficoltà che incontrano soggetti con maggiore esperienza, quali le agenzie del lavoro interinale. Ribadisce che la maggior parte delle audizioni svolte ha confermato la penalizzazione dei soggetti in situazione di maggiore fragilità, le persone con disabilità, nonché dei nuclei familiari con figli, anche in ragione dei limiti posti alla scala di equivalenza. Sottolinea in proposito la necessità di apportare le correzioni adeguate. Nel segnalare che il numero di italiani costretti a recarsi all'estero per trovare un lavoro ha raggiunto nel 2017 dimensioni pari a quelle degli anni ’50, stigmatizza l'esclusione dal reddito di cittadinanza di coloro che sono emigrati, segnalando in proposito problemi di costituzionalità e di compatibilità con la normativa europea. Analogamente penalizzati appaiono anche i giovani sotto i 26 anni, sempre poco considerati dalle politiche adottate nel Paese. In conclusione, sintetizza il suo intervento rilevando che il reddito e la pensione di cittadinanza rappresentano misure non adeguate alle reali problematiche in essere e che pertanto costituiscono un'ulteriore penalizzazione di un'Italia già in sofferenza.
  Auspica, pertanto, un ripensamento delle forze di maggioranza e, quindi, l'adozione di modifiche sostanziali.

  Angela SCHIRÒ (PD), richiamando alcune considerazioni svolte dalla collega Bellucci, si sofferma sulla situazione degli italiani residenti all'estero. Dichiarando di non condividere, anche sulla base della sua esperienza personale, misure discriminatorie nei confronti degli stranieri, sottolinea che il testo in esame, nonostante Pag. 19l'uso dell'espressione «reddito di cittadinanza», penalizza anche i cittadini italiani che volessero tornare nel loro Paese. Ricorda che molti italiani all'estero si trovano in una condizione di oggettiva difficoltà, caratterizzata anche da problemi nell'inserimento scolastico o da condizioni precarie di lavoro. In alcuni Paesi, ad esempio il Venezuela, vi sono molti anziani in condizioni di disagio. A tutti questi soggetti viene impedita la possibilità di avvalersi del reddito di cittadinanza per tornare al proprio Paese.
  A suo avviso, appare particolarmente grave la condizione dei due anni continuativi di residenza, che incide anche su persone di recente emigrazione. Preannuncia, pertanto, la presentazione di proposte emendative per sanare tali discriminazioni.

  Jessica COSTANZO (M5S) esprime il suo stupore per le critiche nei confronti di uno strumento come il reddito di cittadinanza, previsto ormai in quasi tutti i Paesi europei e che ora, finalmente, è stato introdotto anche in Italia, per fare fronte alla gravità del contesto socio-economico ben noto a tutti. Il decreto-legge in esame, a suo giudizio, disegna una struttura complessa che, da un lato, valorizza il soggetto preso in carico e, dall'altro, avvicina le aziende ai centri per l'impiego sulla base di un approccio completamente nuovo. Tali previsioni, inoltre, si inseriscono nel quadro tracciato dalla «manovra del popolo», che ha previsto investimenti anche allo scopo di contrastare il ridursi dei posti di lavoro cancellati dalla progressiva automazione e dalla sempre minore necessità di manodopera. Con la stessa finalità, «Quota 100», permettendo l'accesso anticipato al pensionamento, permetterà ai giovani di prendere il posto dei lavoratori più anziani.

  Marialucia LOREFICE, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, dichiara concluso l'esame preliminare del provvedimento.
  Dopo aver ricordato che il termine per la presentazione delle proposte emendative è fissato alle 12 della giornata odierna, rinvia il seguito dell'esame del provvedimento ad altra seduta.

  La seduta termina alle 10.55.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 15.15 alle 15.30.