CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 29 gennaio 2019
133.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
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COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

  Martedì 29 gennaio 2019. — Presidenza del presidente Alberto STEFANI.

  La seduta comincia alle 12.45.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo transattivo fra il Governo della Repubblica italiana e la Comunità europea dell'energia atomica sui princìpi governanti le responsabilità di gestione dei rifiuti radioattivi del sito del Centro comune di ricerca di Ispra, con Appendice, fatto a Bruxelles il 27 novembre 2009.
C. 1394 Governo.

(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

  Francesco BERTI (M5S), relatore, rileva come il Comitato sia chiamato a esaminare, ai fini del parere alla Commissione Affari esteri, il disegno di legge C. 1394, recante ratifica ed esecuzione dell'Accordo transattivo fra il Governo della Repubblica italiana e la Comunità europea dell'energia atomica sui princìpi governanti le responsabilità di gestione dei rifiuti radioattivi del sito del Centro comune di ricerca di Ispra, con Appendice, fatto a Bruxelles il 27 novembre 2009.Il provvedimento all'esame è volto a rendere esecutivo in Italia un accordo risalente al novembre 2009, necessario ai fini della chiusura di un contenzioso tra la Comunità europea dell'energia atomica (Euratom) e l'Italia in merito al riconoscimento delle responsabilità storiche dell'Italia relativamente allo smantellamento del Centro comune di ricerca Pag. 11(CCR) di Ispra. Ricorda che l'istituto di Ispra è uno dei quattro centri di ricerca istituiti dall'allora Comunità europea a seguito del Trattato Euratom del 1957 per promuovere lo sviluppo dell'energia nucleare a fini pacifici negli Stati membri. In particolare, il CCR di Ispra fu istituito nel 1959 con un accordo fra il Governo italiano e la Commissione dell'energia atomica fatto a Roma del luglio 1959, che prevedeva la cessione da parte dell'Italia alla Comunità europea, in concessione per novantanove anni, dell'area e delle strutture presenti all'epoca. Il centro fu inaugurato il 13 aprile 1959 e negli anni Sessanta-Ottanta fu utilizzato da soggetti italiani – quali il Comitato nazionale per l'energia nucleare (CNEN), il Centro informazioni studi ed esperienze (CISE), l'Ente nazionale per l'energia elettrica (ENEL) e le istituzioni governative italiane – per progetti di ricerca relativi al programma nucleare italiano. Con la modifica delle scelte strategiche in campo nucleare, intervenuta in Italia dopo il 1987, la collaborazione italiana con il CCR di Ispra in tale ambito si è progressivamente ridotta e, con il passare degli anni, anche alcuni programmi europei di ricerca in campo nucleare, in particolare nel CCR di Ispra, sono stati indirizzati verso nuove tematiche estranee al settore.
  Attualmente, presso quello che nell'acronimo inglese è denominato Joint Research Centre (JRC), il terzo per grandezza dopo quelli di Bruxelles e Lussemburgo, si svolgono ricerche in settori non-nucleari. Quanto al campo nucleare restano operative le attività relative alle salvaguardie nucleari e quelle di gestione dei rifiuti radioattivi e di conservazione in sicurezza delle installazioni nucleari. La Commissione europea, fin dal 1999, con l'approvazione del Consiglio e del Parlamento europeo, ha predisposto un programma tecnico, economico e temporale per la disattivazione degli impianti nucleari obsoleti (decommissioning) e la gestione dei rifiuti radioattivi e del combustibile nucleare (waste management) derivanti dalle passate attività di ricerca svolte presso i CCR, tra cui il CCR di Ispra; all'Italia è stato chiesto di partecipare alle attività di disattivazione e smantellamento ai fini della regolarizzazione delle responsabilità storiche sul sito. In tale contesto l'intesa transattiva in esame – volta a superare una divergenza di principio emersa tra la parte italiana e la Commissione europea sull'impostazione della questione delle eventuali responsabilità storiche italiane – è stata conclusa sulla base non tanto di un corrispettivo economico, bensì sull'impegno italiano a realizzare alcuni dei lavori di disattivazione e smantellamento del reattore presente nel CCR. Infatti, come opportunamente evidenziato nella relazione illustrativa del disegno di legge, non sarebbe stato possibile determinare analiticamente i corrispettivi economici di tali interventi anche in ragione del fatto che, nella contrattualistica a suo tempo vigente, non erano previste clausole per future attività di smantellamento. L'intesa prevede che siano a carico dell'Italia alcune delle attività, consistenti essenzialmente nello smantellamento del reattore e nello smaltimento dei relativi rifiuti, del tutto simili a quelle relative ai siti nucleari italiani dismessi, svolte attualmente dalla Sogin S.p.a. Con riferimento al contenuto dell'Accordo, che è composto da 6 punti, preceduti da un'introduzione che ripercorre e fasi principali del negoziato tra il Governo italiano, rappresentato dal Ministero per lo sviluppo economico, e la Comunità europea dell'energia atomica, al punto 1 si individuano i servizi a compensazione degli oneri derivanti dalle pregresse attività di ricerca per il programma nucleare italiano, svolte presso il CCR di Ispra. Il Governo italiano provvederà alla disattivazione del reattore Ispra 1 secondo modalità puntualmente esposte e poste a carico in parte dell'Italia e in parte del CCR. I dettagli di tali attività sono riportati nell'Appendice 1, che presenta un'analisi esaustiva e puntuale delle specifiche attività. Quanto al soggetto titolare degli atti autorizzativi del reattore Ispra 1, di cui al punto 1.2, si tratta del soggetto individuato dal comma 537 dell'articolo 1 della legge n. 205 del 2017, ossia la Sogin S.p.a. Al punto 2 si definisce la data limite Pag. 12del 2028 per il conferimento dei rifiuti radioattivi del CCR di Ispra al Deposito nazionale, con costi a carico del CCR stesso. In caso d'indisponibilità del deposito, dal 1o gennaio 2029 i rifiuti diverranno di proprietà italiana e le relative spese di gestione nel deposito temporaneo del CCR di Ispra saranno a carico dell'Italia.
  Il punto 3 indica i criteri di accettazione dei rifiuti al Deposito nazionale, nonché le clausole riguardanti il rischio economico derivante dalla loro eventuale modifica. Al punto 4 viene stabilito che le Parti possano concludere contratti specifici che descrivano in dettaglio lo scopo delle attività previste, nonché gli aspetti tecnici e legali, prevedendo comunque la prevalenza di quanto stabilito nell'Accordo transattivo. Al punto 5 viene disposto che l'Accordo transattivo è regolato dal diritto dell'Unione europea, integrato, ove necessario, dal diritto italiano. Sono inoltre indicate le procedure di mediazione, con la possibilità di rivolgersi, in caso di disaccordo, al Tribunale di prima istanza della Corte europea di giustizia per la nomina del mediatore. Il punto 6 istituisce un Comitato misto di gestione, composto da tre rappresentanti per ciascuna Parte, che ha il compito di controllare l'attuazione della transazione e, in particolare, di gestire le interfacce tra le attività di disattivazione, di cui al punto 1, e le altre attività del CCR di Ispra. L'Accordo è completato dall'Appendice 1, la quale si articola in paragrafi dedicati, rispettivamente, alla descrizione ed allo stato dell'impianto; alle coordinate per il trasferimento della titolarità degli atti autorizzativi al soggetto individuato dal Governo italiano; al mantenimento in sicurezza del reattore e alla sua disattivazione; alla gestione dei rifiuti da essa provenienti, all'accesso al sito e alla sicurezza sul lavoro. Passando ad esaminare i contenuti del disegno di legge, gli articoli 1 e 2 contengono rispettivamente l'autorizzazione alla ratifica e il relativo ordine di esecuzione. L'articolo 3, dedicato alle disposizioni finanziarie, stabilisce che all'attuazione dell'Accordo si provvede ai sensi dell'articolo 1, commi 541 e 542, della legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio 2018).
  Al riguardo rammenta che i richiamati commi 541 e 542 della legge di bilancio 2018 prevedono, rispettivamente, che la copertura degli oneri derivanti dall'attribuzione a Sogin S.p.A. dello smantellamento del reattore Ispra 1 sia garantita mediante il ricorso agli introiti della componente tariffaria A2 sul prezzo dell'energia elettrica (comma 541), demandando ad un'apposita delibera dell'Autorità per l'energia elettrica-ARERA, la determinazione delle modalità di rimborso alla Sogin, a copertura degli oneri relativi alle attività (comma 542). Il comma 2 dell'articolo 3 reca inoltre la clausola d'invarianza finanziaria, con cui si precisa che l'attuazione della legge non deve comportare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. In proposito segnala come nella relazione tecnica allegata al disegno di legge sia riportata la stima degli oneri derivanti dall'Accordo, effettuata dal Tavolo tecnico istituito all'epoca dell'Accordo del 2009 dal Ministero dello sviluppo economico, e costituito da quest'ultimo, dall'ENEA, dall'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale e dalla Sogin S.p.a. Tale stima indica un costo complessivo di circa 45 milioni di euro; osserva che a tale importo vanno aggiunti i costi sostenuti dal CCR per le attività di custodia passiva dell'impianto, valutati in circa 5 milioni di euro.
  Per quanto riguarda il rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, rileva come il provvedimento si inquadri nell'ambito della materia «politica estera e rapporti internazionali dello Stato», demandata, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera a), della Costituzione, alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.
  Formula quindi una proposta di parere favorevole (vedi allegato 1).

  Stefano CECCANTI (PD) dichiara di non comprendere per quale motivo, nella proposta di parere formulata dal relatore, si faccia riferimento esclusivamente al rispetto Pag. 13delle competenze legislative di cui all'articolo 117 della Costituzione, ritenendo che il parere debba riguardare la conformità del provvedimento in esame anche alle altre norme costituzionali.

  Alberto STEFANI, presidente, con riferimento al rilievo del deputato Ceccanti, chiarisce che in questa sede l'esame del Comitato riguarda tutti i profili di costituzionalità dei provvedimenti.

  Nessun altro chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere formulata dal relatore.

Modifica dell'articolo 4 del testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, di cui al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, concernente le partecipazioni in società operanti nei settori lattiero-caseario e alimentare.
Nuovo testo C. 712.

(Parere alla XIII Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

  Maurizio CATTOI (M5S), relatore, rileva come il Comitato sia chiamato a esaminare, ai fini del parere alla XIII Commissione Agricoltura, la proposta di legge C. 712 Molinari, recante modifica all'articolo 4 del testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, di cui al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, concernente le partecipazioni in società operanti nei settori lattiero-caseario e alimentare, come risultante dagli emendamenti approvati nel corso dell'esame in sede referente. La proposta di legge si compone di un solo articolo, che aggiunge un nuovo comma 9-quater all'articolo 4 testo unico in materia di società a partecipazione pubblica di cui al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, stabilendo che le disposizioni del medesimo articolo 4 non si applicano alla costituzione né all'acquisizione o al mantenimento di partecipazioni aventi per oggetto sociale prevalente la produzione, il trattamento, la lavorazione e l'immissione in commercio del latte, in qualsiasi modo trattato, e dei prodotti lattiero-caseari. Nel testo iniziale l'esenzione riguardava anche tutti i prodotti alimentari in genere, ma nel corso dell'esame in sede referente tale riferimento è stato soppresso.
  Il richiamato articolo 4 stabilisce in sostanza il divieto, per le amministrazioni pubbliche di costituire, anche indirettamente, società di produzione di beni e di servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, nonché di acquisire o mantenere partecipazioni, anche di minoranza, in tali società. Per quanto riguarda il quadro normativo in materia ricorda che il già citato articolo 4 del testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, oltre a sancire, come ricordato, al comma 1, il divieto generale, per le amministrazioni pubbliche, di costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, nonché di acquisire o mantenere partecipazioni, anche di minoranza, in tali società, elenca le finalità perseguibili dalle amministrazioni mediante le società partecipate, che sono:
   a) produzione di un servizio di interesse generale;
   b) progettazione e realizzazione di un'opera pubblica sulla base di un accordo di programma fra amministrazioni pubbliche;
   c) realizzazione e gestione di un'opera pubblica ovvero organizzazione e gestione di un servizio d'interesse generale attraverso un contratto di partenariato con un imprenditore privato selezionato secondo specifiche procedure;
   d) autoproduzione di beni o servizi strumentali all'ente o agli enti pubblici partecipanti;Pag. 14
   e) servizi di committenza, ivi incluse le attività di committenza ausiliarie, apprestati a supporto di enti senza scopo di lucro e di amministrazioni aggiudicatrici.

  Il predetto articolo 4 del testo unico ammette tuttavia la costituzione e la partecipazione a specifiche tipologie societarie (società di sperimentazione nel settore sanitario; società aventi come oggetto sociale esclusivo la gestione di fondi europei per conto dello Stato o delle regioni, nonché alcune società elencate nell'allegato A al testo unico). Il comma 3 dell'articolo 4 prevede inoltre una deroga al limite generale di partecipazione pubblica di cui al comma 1, volta a promuovere la valorizzazione dei beni immobili già facenti parte del patrimonio dell'amministrazione pubblica: esclusivamente a tale fine, è ammessa l'acquisizione di partecipazioni in società, tramite il conferimento di beni immobili, con l'obiettivo di realizzare un investimento secondo criteri propri di un qualsiasi operatore di mercato. Le società in cui l'amministrazione può acquisire partecipazioni devono avere per oggetto sociale esclusivo la valorizzazione del patrimonio delle amministrazioni stesse. Il medesimo articolo 4 attribuisce altresì, al comma 9, al Presidente del Consiglio dei Ministri e ai Presidenti di regione e province autonome, qualora ricorrano taluni presupposti, la facoltà di deliberare l'esclusione (totale o parziale) dell'applicazione delle disposizioni del medesimo articolo a specifiche società a partecipazione pubblica (la competenza dei Presidenti di regione e delle province autonome è circoscritta alle società partecipate dall'ente territoriale di appartenenza). Ricorda, al riguardo, che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 31 ottobre 2017, su richiesta del sindaco di Brescia è stata autorizzata Centrale del latte di Brescia a derogare all'obbligo di dismissioni.
  Ad oggi risultano, quindi, partecipate da soggetti pubblici (in particolare da enti locali) le centrali del latte di Brescia, di Alessandria e Asti, di Roma, d'Italia (S.p.A. quotata in borsa, che ha raggruppato la centrale del latte di Torino con quelle di Firenze, Pistoia e Livorno). Risultano svolgere la propria attività nel settore lattiero caseario anche 21 società cooperative, con partecipazioni anche minime da parte degli enti locali di riferimento, oltre a qualche altro soggetto di ordine per lo più locale. Il comma 9-ter, introdotto dalla legge di bilancio 2018 (articolo 1, comma 891, della legge n. 205 del 2017) fa poi salva la possibilità per le amministrazioni pubbliche di acquisire o mantenere partecipazioni, comunque non superiori all'1 per cento del capitale sociale, in società bancarie di finanza etica e sostenibile.
  Ricorda, inoltre, che l'articolo 20 del citato testo unico prevede una procedura di razionalizzazione periodica che gli enti pubblici sono chiamati ad attivare nella gestione delle società partecipate con cadenza annuale, predisponendo un piano di riassetto per la loro razionalizzazione, fusione o soppressione. A tale procedura – che fa seguito alla revisione straordinaria prevista dall'articolo 24 del testo unico – si è proceduto a partire dal 2018, con riferimento alla situazione al 31 dicembre 2017.
  L'articolo 24 del testo unico prevede, poi, una procedura di revisione straordinaria delle partecipazioni, stabilendo che entro il 30 settembre 2017 ciascuna amministrazione pubblica effettua con provvedimento motivato la ricognizione di tutte le partecipazioni possedute alla data di entrata in vigore del testo unico (23 settembre 2016), individuando quelle che devono essere alienate. Le operazioni di alienazione individuate dal piano di ricognizione devono essere effettuate entro un anno dalla ricognizione stessa, e vanno effettuate anche nel caso di partecipazioni societarie acquistate in conformità ad espresse previsioni normative, statali o regionali. Secondo quanto riportato, da ultimo, nella Nota di aggiornamento al DEF 2018 nella parte relativa al programma nazionale di riforma relativa alle società partecipate «a conclusione del processo di ricognizione straordinaria, dall'analisi Pag. 15dei dati raccolti attraverso l'applicativo «Partecipazioni» del Portale Tesoro è emerso che il 90 per cento dei circa 10.500 enti tenuti ad effettuare la ricognizione straordinaria ha provveduto alla trasmissione del piano. Le amministrazioni hanno comunicato la detenzione di 32.486 partecipazioni, riconducibili a 5.698 società, di cui 4.738 direttamente partecipate dalle amministrazioni dichiaranti».
  Rammenta, infine, che la legge n. 145 del 2018 (legge di bilancio 2019) è intervenuta, all'articolo 1, commi da 721 a 724, sulle società a partecipazione pubblica, prevedendo che: le disposizioni del Testo unico in materia di partecipazione pubblica non si applicano (a meno che non ne sia espressamente prevista l'applicazione nelle singole disposizioni), alle società controllate da società quotate in borsa (comma 721); i commi 4 (obbligo di alienazione entro un anno dalla ricognizione straordinaria) e 5 (divieto per il socio pubblico di esercitare i diritti sociali e successiva liquidazione coatta in denaro delle partecipazioni) dell'articolo 24 del decreto legislativo n. 175 del 2016 sono disapplicati fino al 31 dicembre 2021 nel caso di società partecipate che abbiano prodotto un risultato medio in utile nel triennio precedente alla ricognizione (comma 723); l'ampliamento dell'ambito applicativo della disciplina transitoria relativa alla riforma delle società a partecipazione pubblica, prevedendo che i piani di razionalizzazione delle partecipazioni societarie detenute, che le amministrazioni pubbliche sono tenute a redigere e comunicare annualmente al MEF e alla Corte dei conti, non debbano riguardare i gruppi di azione locale, inclusi i gruppi leader (commi 722 e 724). Per quanto riguarda il rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, rileva come la Corte costituzionale abbia evidenziato che le disposizioni sulle attività di società partecipate dalle regioni e dagli enti locali possono essere ricondotte alla materia dell’«ordinamento civile», di competenza legislativa esclusiva statale ex articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, in quanto volta a definire il regime giuridico di soggetti di diritto privato, nonché a quella della «tutela della concorrenza», anch'essa di competenza legislativa esclusiva statale ex articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, in considerazione dello scopo di talune disposizioni di «evitare che soggetti dotati di privilegi operino in mercati concorrenziali» (sentenza n. 326 del 2008). Segnala altresì come, con la sentenza n. 251 del 2016, la Corte costituzionale abbia dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 18, lettere a), b), c), e), i), l) e m), numeri da 1) a 7), della legge n. 124 del 2015, recante deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, in base alla quale è stato poi adottato il testo unico di cui al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, nella parte in cui, in combinato disposto con l'articolo 16, commi 1 e 4, prevedeva che il Governo adottasse i relativi decreti legislativi attuativi previo parere, anziché previa intesa, in sede di Conferenza unificata. La Corte, con la sentenza n. 229 del 2013, ha inoltre dichiarato l'illegittimità costituzionale di disposizioni statali che, imponendo a tutte le amministrazioni, quindi anche a quelle regionali, di sciogliere o privatizzare proprio le società pubbliche strumentali, sottraevano alle medesime la scelta in ordine alle modalità organizzative di svolgimento delle attività di produzione di beni o servizi strumentali alle proprie finalità istituzionali, violando la competenza legislativa regionale residuale in materia di organizzazione amministrativa regionale. La Corte ha, quindi, ritenuto che un intervento del legislatore statale, come quello operato con le disposizioni impugnate del citato articolo 18 del testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, finalizzato a dettare una disciplina organica delle partecipazioni azionarie delle amministrazioni pubbliche, coinvolge, inevitabilmente, profili pubblicistici, che attengono alle modalità organizzative di espletamento delle funzioni amministrative e dei servizi riconducibili Pag. 16alla competenza residuale regionale, anche con riguardo alle partecipazioni degli enti locali che non abbiano come oggetto l'espletamento di funzioni fondamentali. Tale intervento coinvolge anche profili privatistici, inerenti la forma delle società partecipate, che trova nel codice civile la sua radice, e aspetti connessi alla tutela della concorrenza, riconducibili entrambi alla competenza esclusiva del legislatore statale. Pertanto, su tale tema la Corte delinea la concorrenza di competenze statali e regionali, disciplinata mediante l'applicazione del principio di leale collaborazione: per tali ragioni, la Corte ha asserito che spetta al Governo dare attuazione ai princìpi e criteri direttivi contenuti nella delega per l'emanazione del testo unico in materia di società a partecipazione pubblica solo dopo aver svolto idonee trattative con Regioni ed enti locali in sede di Conferenza unificata, sede che la giurisprudenza costituzionale considera come la più idonea a consentire l'integrazione dei diversi punti di vista e delle diverse esigenze degli enti territoriali coinvolti, tutte le volte in cui siano in discussione temi comuni a tutto il sistema delle autonomie, inclusi gli enti locali.
  Formula quindi una proposta di parere favorevole (vedi allegato 2).

  Nessun altro chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere formulata dal relatore.

  La seduta termina alle 12.55.

SEDE REFERENTE

  Martedì 29 gennaio 2019. — Presidenza del presidente Giuseppe BRESCIA.

  La seduta comincia alle 12.55.

Distacco dei comuni di Montecopiolo e Sassofeltrio dalla regione Marche e loro aggregazione alla regione Emilia-Romagna, nell'ambito della provincia di Rimini, ai sensi dell'articolo 132, secondo comma, della Costituzione.
C. 1019 Bignami e C. 1171 Iezzi.

(Seguito esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 24 gennaio 2019.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, dopo aver ricordato che nella precedente seduta è emerso l'orientamento di un'ampia maggioranza dei gruppi a proseguire l'esame, anche in assenza del parere, da tempo richiesto, del Consiglio regionale delle Marche, fa presente come nella riunione del 23 gennaio scorso dell'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, della Commissione, il gruppo del PD ha avanzato la richiesta di procedere ad un ciclo di audizioni sul provvedimento. Al riguardo, sebbene ritenga opportuno proseguire speditamente nell’iter di esame dei provvedimenti, considerata l'ampia attività conoscitiva già svolta nella precedente legislatura sul medesimo intervento legislativo, e tenuto conto del fatto che le popolazioni interessate da molto tempo aspettano una risposta del Parlamento sul tema in oggetto, chiede se i gruppi intendano esprimere il loro eventuale consenso rispetto a tale richiesta.
  Dopo aver preso atto che nessuno chiede di intervenire in merito, rinvia quindi il seguito dell'esame alla seduta già convocata per giovedì 31 gennaio prossimo, nel corso della quale si potrà procedere all'adozione del testo base, in vista della successiva fase emendativa.

  La seduta termina alle 13.

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