CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 12 dicembre 2018
112.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Attività produttive, commercio e turismo (X)
COMUNICATO
Pag. 108

ATTI DEL GOVERNO

  Mercoledì 12 dicembre 2018. – Presidenza della presidente Barbara SALTAMARTINI. – Interviene il viceministro dello sviluppo economico, Dario Galli e il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Davide Crippa.

  La seduta comincia alle 14.05.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2015/2436 sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d'impresa nonché per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2015/2424 recante modifica al regolamento sul marchio comunitario.
Atto n. 55.
(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello Schema di decreto all'ordine del giorno.

  Barbara SALTAMARTINI, presidente e relatrice, avverte che l'ordine del giorno reca l'esame dell'atto del Governo n. 55 recante «Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2015/2436 sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d'impresa nonché per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2015/2424 recante modifica al regolamento sul marchio comunitario» predisposto in attuazione dell'articolo 4 della legge 25 ottobre 2017, n. 163, la legge di delegazione europea 2016-2017.
  Ricorda che il termine per l'esercizio della delega (dodici mesi dall'entrata in vigore delle disposizioni di delega) scadeva il 21 novembre 2018.
  L'articolo 31 (Procedure per l'esercizio delle deleghe legislative conferite al Governo Pag. 109con la legge di delegazione europea) della legge 24 dicembre 2012, n. 234 recante «Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione delle normative e delle politiche dell'Unione europea», al comma 3, terzo periodo, indica in quaranta giorni dalla trasmissione dell'atto il termine per l'espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari competenti.
  Il termine per l'espressione del parere sullo schema di decreto legislativo scade quindi il 31 dicembre 2018.
  Tuttavia il medesimo articolo 31, comma 3, al quarto periodo dispone che, qualora il termine per l'espressione del parere parlamentare scada nei trenta giorni che precedono la scadenza dei termini di delega o successivamente, questi ultimi sono prorogati di tre mesi.
  Nello schema di decreto legislativo in questione, il termine per l'esercizio della delega è quindi prorogato al 21 febbraio 2019.
  Espone in sintesi i contenuti del provvedimento in esame.
  Lo schema di decreto legislativo in esame ha il suo presupposto normativo nell'articolo 118 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea (TFUE), il quale prevede che nell'ambito dell'instaurazione o del funzionamento del mercato interno, il Parlamento europeo e il Consiglio stabiliscano le misure per la creazione di titoli europei al fine di garantire una protezione uniforme dei diritti di proprietà intellettuale nell'Unione e per l'istituzione di regimi di autorizzazione, di coordinamento e di controllo centralizzati a livello di Unione medesima. Sulla base di tale previsione, il Regolamento (CE) n. 40/94, codificato nel 2009 come Regolamento (CE) n. 207/2009, ha creato un sistema specifico di protezione del marchio per l'Unione europea, che opera in parallelo ai sistemi nazionali di protezione del marchio. Il marchio UE è valido in tutto il territorio dell'Unione e non è possibile limitare la portata geografica della tutela solo ad alcuni Stati membri. Il Regolamento del 2009 sul marchio europeo è stato modificato dal Regolamento (UE) n.  2424/2015 e successivamente codificato nel Regolamento (UE) n. 2017/1001/UE, il quale ha conseguentemente abrogato il precedente Regolamento (UE) n. 207/2009. Il Regolamento (UE) n.  2017/1001/UE è stato poi integrato dal Regolamento delegato UE 2018/625 e attuato dal Regolamento di applicazione UE 2018/626.
  Parallelamente all'istituzione di un sistema di protezione europeo dei marchi, la Direttiva 89/104/CEE del Consiglio, poi codificata come Direttiva 2008/95/CE, ha introdotto norme volte ad armonizzare i sistemi nazionali di protezione dei marchi d'impresa esistenti all'interno dei diversi Stati membri. Le Direttive in questione hanno trovato recepimento nella normativa italiana con il Decreto legislativo 10 febbraio 2005, n.  30, come modificato dal Decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 131. La Direttiva n. 2015/2436, alla base dello schema di decreto, sancisce il principio per cui l'acquisizione e la conservazione del diritto sul marchio d'impresa registrato debbano essere in linea di massima subordinate, in tutti gli Stati membri, alle stesse condizioni. Si prefigge pertanto di ravvicinare non solo le disposizioni di diritto sostanziale, ma anche le principali norme procedurali in materia di registrazione del marchio d'impresa degli Stati membri, muovendosi in simmetria con il sistema del marchio UE di cui al Regolamento (CE)2017/1001/UE. Quanto all'ambito di applicazione della Direttiva, esso è costituito da tutti i marchi d'impresa relativi a prodotti o servizi oggetto di una registrazione o di una domanda di registrazione come marchi d'impresa individuali, marchi di garanzia o di certificazione, ovvero marchi collettivi in uno Stato membro o presso l'ufficio Benelux per la proprietà intellettuale o che sono oggetto di una registrazione internazionale che produce effetti in uno Stato membro. La direttiva, quindi, insieme al citato Regolamento 2017/1001/UE, costituisce il cosiddetto «pacchetto marchi», ossia l'intervento normativo voluto dal legislatore europeo non soltanto per armonizzare tra loro gli ordinamenti degli Stati membri in materia di marchi d'impresa, ma anche Pag. 110per rendere il più possibile omogenei gli ordinamenti nazionali e la disciplina europea del marchio d'impresa dell'Unione europea. L'adozione, in sede UE, del suddetto pacchetto ha comportato di conseguenza l'adozione di un intervento legislativo nazionale volto al suo recepimento. L'articolo 3 della legge di delegazione europea 2016-2017 ha quindi delegato il Governo all'adozione di uno o più decreti legislativi per l'attuazione della Direttiva (UE) n.  2015/2436 e per l'adeguamento alle disposizioni del Regolamento sul marchio europeo (Reg. (UE) n. 2017/1001/UE).
  Il citato articolo 3 della legge di delegazione europea ha disposto in particolare che la delega deve essere esercitata entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge, conformemente alle procedure di cui all'articolo 31 della legge n. 234 del 2012, acquisito il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari. Il comma 3 dell'articolo 3 ha disposto che, nell'esercizio della delega, il Governo è tenuto a seguire, oltre ai principi e criteri generali di cui all'articolo 32 della legge n. 234 del 2012, alcuni principi e criteri direttivi specifici. La lettera a) prevede che il Governo debba adeguare le norme del Codice della proprietà industriale (CPI), di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n.  30, alle previsioni della Direttiva 2015/2436 e del Regolamento (UE) 2424/2015, con abrogazione espressa delle disposizioni superate. La lettera b) dispone la salvaguardia della possibilità di adottare disposizioni attuative della Direttiva 2015/2436, anche attraverso decreti ministeriali di natura regolamentare di cui all'articolo 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988, nelle materie non coperte da riserva di legge e già disciplinate attraverso regolamenti, compreso l'eventuale aggiornamento delle norme contenute nel Regolamento attuativo del Codice della proprietà industriale, di cui al decreto ministeriale 13 gennaio 2010, n. 33. La lettera c) prescrive che il Governo è delegato ad introdurre, conformemente alla Direttiva 2015/2436, i casi in cui un marchio debba essere escluso dalla registrazione o, se registrato, debba essere dichiarato nullo o decaduto, sia in relazione agli impedimenti alla registrazione e ai motivi di nullità, sia in relazione all'individuazione dei segni suscettibili di costituire un marchio d'impresa, sia in relazione ai motivi di decadenza, prevedendo in particolare, nel caso in cui l'uso venga contestato in azioni in sede giudiziaria o amministrativa o nel corso di un procedimento di opposizione, che gravi sul titolare del marchio anteriore l'onere di provarne l'uso effettivo per i prodotti o i servizi per i quali è stato registrato e su cui si fonda l'azione o di provare la sussistenza di motivi legittimi per il suo mancato uso, nei termini temporali indicati dalla Direttiva. La lettera d) stabilisce che il Governo debba prevedere, conformemente alla Direttiva, il diritto di vietare l'uso di un segno a fini diversi da quello di contraddistinguere prodotti o servizi. La lettera e) sancisce che il Governo è delegato ad uniformare la disciplina dei marchi collettivi alle disposizioni in materia contenute nella Direttiva, prevedendo che costituiscano marchi collettivi anche i segni e le indicazioni che, nel commercio, possono servire a designare la provenienza geografica dei prodotti o dei servizi e stabilendo le opportune disposizioni di coordinamento con la disciplina dei marchi di garanzia e di certificazione. La lettera f) dispone che il Governo debba prevedere, in tema di marchi di garanzia o di certificazione, l'adeguamento della normativa nazionale alla direttiva 2015/2436 e al Regolamento n. 2424/2015, ed in particolare prevedere che: i segni e le indicazioni che, nel commercio, possano servire a designare la provenienza geografica dei prodotti o dei servizi, costituiscano marchi di garanzia o di certificazione; possano essere titolari di un marchio di certificazione o garanzia le persone fisiche o giuridiche competenti, ai sensi della vigente normativa, a certificare i prodotti o i servizi per i quali il marchio deve essere registrato, a condizione che non svolgano un'attività che comporta la fornitura di prodotti o servizi del tipo certificato; l'obbligatorietà della presentazione del regolamento d'uso del marchio di Pag. 111garanzia o di certificazione e della comunicazione di ogni successiva modifica, a pena di decadenza;. le condizioni di esclusione dalla registrazione, di decadenza e di nullità dei marchi di garanzia o di certificazione, per motivi diversi da quelli indicati dalla direttiva (UE) 2015/2436, nella misura in cui la funzione di detti marchi lo richieda ed in particolare che la decadenza per non uso sia accertata in caso di inadeguato controllo sull'impiego del marchio da parte dei licenziatari ed in caso di uso improprio o discriminatorio del marchio da parte del titolare del marchio. La lettera g) stabilisce che, fatto salvo il diritto delle parti al ricorso davanti agli organi giurisdizionali, la delega dovrà prevedere una procedura amministrativa efficiente e rapida per la decadenza o la dichiarazione di nullità di un marchio d'impresa, da espletare dinanzi l'Ufficio italiano brevetti e marchi, soggetta al pagamento dei diritti di deposito delle relative domande, nei termini e con le modalità stabiliti dal decreto previsto dall'articolo 226 del CPI, la cui omissione determini l'irricevibilità delle domande stesse, La lettera h), infine, delega il governo a modificare e integrare la disciplina delle procedure dinanzi alla Commissione dei ricorsi contro i provvedimenti dell'Ufficio italiano brevetti e marchi, al fine di garantirne l'efficienza e la rapidità complessive, anche in riferimento alle impugnazioni dei provvedimenti in tema di decadenza e nullità.
  Ricorda che la disciplina legislativa nazionale del marchio è fondata in generale sugli articoli 2569-2574 del codice civile e in via speciale sugli articoli 7-28 del citato Codice della proprietà industriale di cui al decreto legislativo n. 30 del 2005, modificato dal decreto legislativo n. 131 del 2010.
  Lo schema di decreto legislativo in esame è composto da 37 articoli. Gli articoli da 1 a 32 apportano modifiche ed integrazioni al citato Codice della proprietà industriale, ai fini di un adeguamento delle disposizioni ivi contenute alle novità introdotte dalla Direttiva (UE) 2015/2436. Quanto all'adeguamento del Codice della proprietà industriale alla disciplina europea sul marchio dell'Unione europea, tale adeguamento ha carattere limitato nello schema in quanto la disciplina sul marchio europeo coesiste in parallelo a quella nazionale e ha carattere di immediata applicabilità. Nell'ordinamento interno peraltro già esistono disposizioni di coordinamento della normativa sul marchio nazionale, con la normativa sui marchio comunitario.
  Gli articoli 1 e 20 novellano rispettivamente l'articolo 7 e l'articolo 156 del CPI, al fine di adeguarne le disposizioni all'eliminazione del requisito di rappresentazione grafica dalla definizione dei marchi previsto dall'articolo 3 della Direttiva (UE) n. 2015/2436 e dal Regolamento marchi. Tale eliminazione dà luogo alla possibilità di accettare nuovi tipi di marchi, depositati in formati non previsti in precedenza dai sistemi nazionali o regionali, quali, ad esempio, i marchi sonori, di movimento, multimediali, e gli ologrammi, purché rappresentati in modo chiaro, preciso, autonomo, facilmente accessibile, intellegibile durevole e obbiettivo. Questi nuovi tipi di marchi e requisiti di rappresentazione sono stati introdotti e specificati dalla disciplina sulla protezione del marchio europeo, contenuta nell'articolo 3 del Regolamento 2018/626/UE di esecuzione del Regolamento marchi, mentre la Direttiva (UE) n. 2015/2436 non contiene definizioni dettagliate di tipi di marchio, né sancisce specifici requisiti di rappresentazione. Dunque, l'articolo 7 del CPI, come novellato dall'articolo 1 dello schema, prevede ora che possono costituire oggetto di registrazione come marchio di impresa tutti i segni, purché siano atti a distinguere i prodotti o i servizi di un'impresa da quelli di altre imprese, e ad essere rappresentati nel registro in modo tale da consentire alle autorità competenti e al pubblico di determinare precisamente ed esattamente l'oggetto della protezione conferita al suo titolare. L'articolo 156, come novellato dall'articolo 20 dello schema, prevede, di conseguenza, che la domanda di registrazione del marchio deve contenere, anziché la riproduzione del marchio, Pag. 112la rappresentazione dello stesso, con le modalità previste dall'articolo 7, e che i prodotti ed i servizi per i quali è chiesta la protezione devono essere identificati con chiarezza e precisione sufficienti a consentire alle autorità competenti e agli operatori economici di determinare, esclusivamente su tale base, l'ambito di protezione richiesta. Nella relazione illustrativa al provvedimento, si precisa che i nuovi tipi di marchi ed i requisiti di rappresentazione indicati nell'articolo 3 del Regolamento marchi verranno parimenti definiti a livello nazionale in via secondaria, intervenendo sul regolamento di attuazione del Codice della proprietà industriale, di cui al decreto ministeriale n. 33 del 2010. Ciò appare conforme alla Comunicazione comune sulla rappresentazione dei nuovi tipi di marchi dell'EUIPO, adottata nel 2018.
  Con riferimento all'estensione del divieto di registrazione dei segni la cui forma è imposta dalla natura stessa del prodotto, lo schema di decreto interviene con l'articolo 2 che modifica l'articolo 9 del CPI. La novella ha il fine di adeguare la disposizione a quanto disposto dall'articolo 4, par. 1, lettera e) della Direttiva (UE) n.  2015/2436, prevedendo ora che non possono costituire oggetto di registrazione come marchio i segni la cui forma o altra caratteristica è risultante dalla natura stessa dei prodotti, ovvero è necessaria per ottenere un risultato tecnico ovvero dà un valore sostanziale al prodotto.
  Sul divieto di registrazione dei segni relativi alla protezione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche intervengono l'articolo 6, l'articolo 24, comma 1, lettere d) e g), e l'articolo 29, comma 1, lettera b). In particolare l'articolo 6 apporta modifiche ed integrazioni all'articolo 14, comma 1, lettera b), del CPI, in recepimento di quanto previsto dall'articolo 35, lettera b), dall'articolo 4, par. 1, lettere da i) a l) e dal considerando n. 15 della Direttiva. Sono inserite al comma 1 dell'articolo 14 quattro nuove lettere, da c-bis) a c-quinquies), disponendo che non possono costituire oggetto di registrazione come marchio d'impresa: i segni esclusi dalla registrazione conformemente alla legislazione dell'UE, al diritto nazionale o ad accordi internazionali di cui l'UE o lo Stato è parte, relativi alla protezione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche; i segni esclusi dalla registrazione conformemente alla legislazione dell'UE o ad accordi internazionali in materia di cui l'Unione è parte relativi alla protezione delle menzioni tradizionali per i vini; i segni esclusi dalla registrazione conformemente alla legislazione dell'UE relativa alla protezione delle specialità tradizionali garantite o ad accordi internazionali in materia di cui l'Unione è parte; i segni che contengono o riproducono, nei loro elementi essenziali, una denominazione di varietà vegetale anteriore registrata conformemente alla legislazione UE o ad accordi internazionali di cui l'UE o lo Stato è parte, e che riguardano varietà vegetali della stessa specie o di specie apparentate. I suddetti divieti assoluti di registrazione vengono altresì inclusi: tra i motivi di opposizione alla registrazione e, a tal fine, l'articolo 24, comma 1, lettere d) e g) dello schema novella l'articolo 176 del Codice; tra i motivi di presentazione dell'istanza di nullità e, a tal fine, l'articolo 29, comma 1, lettera b), dello schema inserisce, all'interno della nuova disciplina sulla decadenza e nullità dei marchi di impresa registrati, di cui al nuovo articolo 184-bis, apposito richiamo. L'articolo 6, infine, modifica la previsione di cui al comma 2, lettera c), dell'articolo 14 del CPI, la quale attualmente dispone che il marchio d'impresa decade per omissione da parte del titolare dei controlli previsti dalle disposizioni regolamentari sull'uso del marchio collettivo. Tale motivo di decadenza, in recepimento dell'articolo 35, lettera a), della Direttiva, viene riformulato nell'omessa adozione da parte del titolare delle misure ragionevolmente idonee a prevenire un uso del marchio non conforme alle condizioni del regolamento d'uso del marchio collettivo o del marchio di certificazione e, in particolare, dei controlli previsti Pag. 113dalle disposizioni regolamentari sull'uso del marchio collettivo o del marchio di certificazione.
  L'articolo 3 apporta modifiche alla disciplina dei soggetti legittimati a richiedere la registrazione di un marchio collettivo, contenuta nell'articolo 11 del Codice. La definizione di marchio collettivo attualmente riportata dal suddetto articolo 11 e dall'articolo 2570 del codice civile,. è quella secondo la quale è collettivo il marchio la cui registrazione può essere ottenuta «da soggetti che svolgono la funzione di garantire l'origine, la natura o la qualità di determinati prodotti o servizi» che hanno poi la facoltà di concedere l'uso dei marchi stessi a produttori o commercianti. Inoltre, sempre secondo la vigente disciplina, un marchio collettivo può consistere in segni o indicazioni che nel commercio possono servire per designare la provenienza geografica dei prodotti o servizi. Il nostro ordinamento, dunque è già conforme alla Direttiva (UE) n.  2015/2436, la quale dispone l'obbligo per gli Stati membri di regolamentare i marchi collettivi come tipo specifico di marchio e prevede la cosiddetta «deroga geografica» . La disciplina di cui all'articolo 11 del Codice viene dunque solo in parte modificata dall'articolo 3, in ossequio al criterio direttivo di delega di cui all'articolo 3, comma 3, lettera e), della legge di delegazione, al fine di specificare, conformemente all'articolo 29, comma 2 della Direttiva, i soggetti legittimati ad ottenere la registrazione dei marchi in questione. Essi, vengono ora individuati nelle persone giuridiche di diritto pubblico e nelle associazioni di categoria di fabbricanti, produttori e prestatori di servizi o commercianti – escluse le società di cui al libro V, Titolo V, Capi da V a VII del codice civile (S.p.A., S.A.S. e S.R.L.) – che svolgono la funzione di garantire l'origine, la natura o la qualità di determinati prodotti o servizi. Viene inoltre specificato che i regolamenti concernenti l'uso dei marchi collettivi, allegati alla domanda di registrazione, debbono essere conformi ai requisiti propri di essi, contestualmente introdotti dall'articolo 21, che aggiunge a tal fine un nuovo comma 1-bis all'articolo 157 del Codice, in recepimento dell'articolo 30 della Direttiva. È introdotta, con riferimento alla possibilità che un marchio collettivo consista in segni o indicazioni che nel commercio possono servire per designare la provenienza geografica dei prodotti o servizi, la previsione per cui qualsiasi soggetto i cui prodotti o servizi provengano dalla zona geografica in questione ha diritto sia a fare uso del marchio, sia di divenire membro della associazione di categoria titolare del marchio, purché soddisfi i requisiti previsti dal regolamento d'uso dello stesso.
  L'articolo 4 introduce all'interno del Codice, con un nuovo articolo 11-bis, la disciplina del marchio di certificazione. L'introduzione di tale disciplina è nell'esercizio della facoltà concessa agli Stati membri, di cui agli articoli 27 e 28 della Direttiva e, in attuazione del criterio di delega di cui all'articolo 3, comma 3, lettera f), della legge di delegazione europea. La definizione di marchio di certificazione contenuto nella Direttiva è sostanzialmente identica a quella dell'articolo 83 del Regolamento marchi, ma con la differenza che nel marchio di certificazione UE è esplicitamente esclusa la provenienza geografica come elemento idoneo a qualificare il marchio di certificazione UE. Il comma 1 del nuovo articolo 11-bis consente che le persone fisiche o giuridiche, tra cui istituzioni, autorità ed organismi accreditati a garantire l'origine, la natura o la qualità di determinati prodotti o servizi, possano ottenere la registrazione di marchi di certificazione, a condizione che non svolgano un'attività che comporta la fornitura di prodotti o servizi del tipo certificato. Viene inoltre previsto che i regolamenti concernenti l'uso dei marchi di certificazione, i controlli e le relative sanzioni debbano essere allegati alla domanda di registrazione in conformità ai requisiti propri dei regolamenti d'uso dei marchi di certificazione. Tali requisiti vengono contestualmente introdotti dallo schema in esame, con l'articolo 21, che aggiunge un nuovo comma 1-ter all'articolo 157 del Codice. Si consente altresì che Pag. 114un marchio di certificazione possa consistere in segni o indicazioni che nel commercio possono servire per designare la provenienza geografica dei prodotti o servizi. In tal caso, l'Ufficio italiano brevetti e marchi può rifiutare, con provvedimento motivato, la registrazione quando i marchi richiesti possano creare situazioni di ingiustificato privilegio o comunque recare pregiudizio allo sviluppo di altre analoghe iniziative nella regione. L'Ufficio italiano brevetti e marchi ha facoltà di chiedere al riguardo l'avviso delle amministrazioni pubbliche, categorie e organi interessati o competenti. L'avvenuta registrazione del marchio di certificazione costituito da nome geografico non autorizza il titolare a vietare a terzi l'uso nel commercio del nome stesso, purché quest'uso sia conforme ai principi della correttezza professionale. Viene da ultimo prevista una norma di rinvio a tutte le altre disposizioni del codice in quanto non contrastino con la natura dei marchi di certificazione.
  L'articolo 5 apporta modifiche all'articolo 12 del CPI, essenzialmente volte ad un adeguamento terminologico della disciplina delle novità ivi contenuta alle previsioni di cui all'articolo 5, comma 1, lettera a) della Direttiva.
   L'articolo 7 interviene sulla data di decorrenza degli effetti della rinnovazione della registrazione, disponendo, con una novella all'articolo 15 del CPI, che essi decorrano dal giorno successivo alla data di scadenza della registrazione precedente (anziché dalla data di scadenza della registrazione precedente), in simmetria con l'articolo 49, paragrafo 5 della Direttiva. L'articolo 8, intervenendo sulla disciplina della protezione temporanea accordabile con decreto ministeriale, di cui all'articolo 18, aggiorna la formulazione «decreto del Ministero delle attività produttive», con «decreto del Ministero dello sviluppo economico».
   L'articolo 9 integra la disciplina contenuta nell'articolo 20 del CPI sui diritti scaturenti dalla registrazione del marchio in capo al suo titolare, in attuazione dell'articolo 3, comma 3, lettera d), della legge di delegazione europea. Le nuove previsioni sono finalizzate a consentire ai proprietari dei marchi di combattere la contraffazione in modo più efficace, con particolare riferimento agli atti preparatori alla contraffazione e alle merci contraffatte in transito nello Stato. L'articolo 20 viene quindi novellato al fine: di prevedere, in attuazione dell'articolo 10, comma 6 della Direttiva, che il titolare del marchio ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nell'attività economica un segno identico o simile al marchio registrato quando l'uso di tale segno senza giusto motivo consente di trarre indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla rinomanza del marchio d'impresa o reca pregiudizio agli stessi; che il titolare del marchio, in attuazione dell'articolo 10, paragrafo 3, lettere da a) a c), dell'articolo 11 della Direttiva, possa vietare ai terzi di apporre il segno, oltre che sui prodotti o sulle loro confezioni, anche sugli imballaggi, nonché vietare di apporre il segno su confezioni, imballaggi, etichette, cartellini, dispositivi di sicurezza o autenticazione o componenti degli stessi o su altri mezzi su cui il marchio può essere apposto ovvero di offrire, immettere in commercio, detenere a tali fini, importare o esportare tali mezzi recanti il marchio, quando vi sia il rischio che gli stessi possano essere usati in attività costituenti violazione del diritto del titolare. Nel medesimo articolo 20 vengono altresì introdotti due nuovi commi. Secondo il comma 2-bis, in recepimento dell'articolo 10, paragrafo 4 della Direttiva, il titolare del marchio può vietare ai terzi di introdurre in Italia, in ambito commerciale, prodotti che non siano stati immessi in libera pratica, quando detti prodotti oppure il relativo imballaggio provengono da Paesi terzi rispetto all'UE e recano senza autorizzazione un segno identico al marchio o che non può essere distinto nei suoi aspetti essenziali dal marchio, qualora i prodotti in questione rientrino nell'ambito di protezione del marchio stesso, a meno che durante il procedimento per determinare l'eventuale violazione del marchio, il dichiarante o il detentore dei prodotti fornisca la prova del fatto che il titolare Pag. 115del marchio non ha il diritto di vietare l'immissione in commercio dei prodotti nel Paese di destinazione finale. Il nuovo comma 3-bis, che recepisce l'articolo 12 della Direttiva, stabilisce che, se la riproduzione di un marchio in un dizionario, in un'enciclopedia o in un'analoga opera di consultazione in formato cartaceo o elettronico dà l'impressione che esso costituisca il nome generico dei prodotti o dei servizi per i quali il marchio è registrato, su richiesta del titolare del marchio d'impresa l'editore dell'opera provvede affinché la riproduzione del marchio sia, tempestivamente e al più tardi nell'edizione successiva in caso di opere in formato cartaceo, corredata dell'indicazione che si tratta di un marchio registrato.
  L'articolo 10, in analogia alle disposizioni dell'articolo 14, paragrafo 1, lettere a), b) e c) della direttiva, interviene apportando modifiche alla disciplina delle limitazioni del diritto di marchio di cui all'articolo 21 del CPI, specificando, che il diritto di marchio registrato non permette al titolare di vietare ai terzi l'uso nell'attività economica del loro nome o indirizzo, qualora si tratti di una persona fisica, e di segni o indicazioni che non sono distintivi.
  L'articolo 11 apporta modifiche alla disciplina sull'uso del marchio, contenuta nell'articolo 24 del CPI, il quale prevede che il marchio, a pena di decadenza, deve formare oggetto di uso effettivo da parte del titolare o con il suo consenso, per i prodotti o servizi per i quali è stato registrato, entro cinque anni dalla registrazione, e tale uso non deve essere sospeso per un periodo ininterrotto di cinque anni, salvo che il mancato uso non sia giustificato da un motivo legittimo. L'articolo 11 introduce un nuovo comma 1bis-bis, il quale specifica che, nel caso di marchi collettivi o di certificazione, i requisiti di cui sopra sono soddisfatti quando l'uso effettivo è effettuato da un soggetto legittimato all'uso, in ossequio a quanto previsto dalla Direttiva all'articolo 28, comma 5, per i marchi di certificazione ed all'articolo 32 in materia di marchi collettivi. Inoltre, con la novella viene meglio precisato che è equiparato all'uso del marchio l'uso dello stesso in forma modificata ancorché non registrata, in recepimento di quanto previsto dall'articolo 16, paragrafo 5, della Direttiva.
  L'articolo 12 aggiunge tra i motivi di nullità del marchio, disciplinati dall'articolo 25 del CPI, la non conformità alle previsioni del Codice sui marchi collettivi e sui marchi di certificazione, contenute rispettivamente, come già detto, nell'articolo 11 e nell'articolo 11-bis. Ciò in attuazione dell'articolo 36 della Direttiva, per i marchi collettivi, mentre, per quelli di certificazione, in attuazione dell'articolo 3, comma 3, lettera f), n. 4) della legge di delegazione europea. Contestualmente, l'articolo 13 aggiunge la previsione per cui, nel caso di contrasto con le disposizioni in materia di marchi collettivi di cui all'articolo 11, o di marchi di certificazione di cui all'articolo 11-bis, la nullità non può essere dichiarata qualora il titolare del marchio si conformi a dette disposizioni, modificando il regolamento d'uso.
  L'articolo 13 reca modifiche all'articolo 121 del CPI in materia di ripartizione dell'onere della prova nell'ambito delle azioni giudiziarie di contraffazione, in attuazione dell'articolo 17 della Direttiva. Si conferma che l'onere di provare la nullità o la decadenza del titolo di proprietà industriale ricade su chi impugna il titolo, ma salvo il caso di decadenza per non uso. In ogni caso in cui sia domandata o eccepita la decadenza per non uso, spetta al titolare del marchio la prova dell'uso dello stesso nei cinque anni precedenti la data di presentazione dell'azione o che esistono motivi validi per il non uso conformemente a quanto previsto dall'articolo 24 del CPI.
  L'articolo 14 reca modifiche all'articolo 122 del CPI in materia di legittimazione all'azione di nullità e di decadenza, al fine di coordinare l'azione giudiziaria con quella amministrativa, introdotta dall'articolo 29 dello schema), per ragioni di economia processuale e procedimentale. In particolare, l'articolo aggiunge due commi all'articolo 122 del CPI. Il nuovo comma 4-bis prevede che l'azione di nullità o decadenza di un marchio registrato Pag. 116sia improcedibile qualora, su una domanda con il medesimo oggetto, i medesimi fatti costitutivi e fra le stesse parti, sia stata pronunciata una decisione dall'Ufficio italiano brevetti e marchi ai sensi dell'articolo 184-quater (introdotto dall'articolo 29 dello schema) o sia pendente un procedimento dinanzi all'Ufficio italiano brevetti e marchi, ai sensi dell'articolo 184-bis (articolo anch'esso introdotto dall'articolo 29 dello schema). Il nuovo comma 4-ter prevede che, che fuori dai casi sopra descritti, qualora l'azione di nullità o decadenza di un marchio registrato sia esercitata in pendenza di un procedimento amministrativo, connesso per il suo oggetto, il giudice possa sospendere il relativo processo.
  L'articolo 15 inserisce nel CPI un nuovo articolo 122-bis, in materia di legittimazione all'azione di contraffazione del licenziatario, in ottemperanza a quanto previsto dall'articolo 25, paragrafi 3 e 4 della Direttiva e, quanto ai marchi collettivi, dall'articolo 34, paragrafo 1 della Direttiva medesima. In particolare, il nuovo articolo 122-bis dispone che, fatte salve le clausole del contratto di licenza, il licenziatario possa avviare un'azione per contraffazione di un marchio d'impresa soltanto con il consenso del titolare del medesimo marchio. Il titolare di una licenza esclusiva può tuttavia avviare una siffatta azione se il titolare del marchio, previa messa in mora, non avvia un'azione per contraffazione entro termini appropriati. È consentito al licenziatario di intervenire nell'azione per contraffazione avviata dal titolare del marchio per ottenere il risarcimento del danno da lui subito. Le predette disposizioni si applicano anche ai soggetti abilitati all'uso di marchi collettivi.
  Gli articoli 16, 17 e 18 introducono nel Codice nuove disposizioni in materia di procedura innanzi alla Commissione dei ricorsi avverso i provvedimenti dell'Ufficio italiano brevetti e marchi che respingono totalmente o parzialmente una domanda o istanza, che rifiutano la trascrizione oppure che impediscono il riconoscimento di un diritto e negli altri casi previsti dal CPI. La relazione illustrativa evidenzia in proposito che, in tal modo, viene innovato l'attuale quadro normativo che tratteggia solo in modo sommario la procedura in questione, in attuazione del principio di delega contenuto di cui all'articolo 3, comma 3, lettera h), della legge n. 163 del 2017. Nel dettaglio, l'articolo 17 sostituisce l'articolo 136 del CPI, che attualmente disciplina la procedura dinnanzi alla Commissione ricorsi e l'articolo 18 introduce dodici nuovi articoli dal 136-bis al 136-terdecies, volti a disciplinare in modo più analitico la procedura in questione, dettando una disciplina organica del processo innanzi la Commissione. L'articolo 16 reca conseguenti modifiche di coordinamento dell'articolo 135 del CPI con la nuova procedura introdotta. Viene in particolar modo soppresso il termine perentorio ivi previsto per la presentazione del ricorso alla Commissione ricorsi e aggiornato in ogni parte il riferimento al nome corrente del Ministero dello sviluppo economico. La presentazione dei ricorsi trova quindi ora la sua disciplina analitica nel novellato articolo 136 del CPI. Ai sensi di tale articolo, la notifica del ricorso va effettuata, a pena di inammissibilità, ad almeno uno dei controinteressati ai quali l'atto direttamente si riferisce e all'Ufficio italiano brevetti e marchi, entro il termine perentorio di sessanta giorni da quello in cui l'interessato abbia ricevuto comunicazione o conoscenza dell'atto impugnato. Quanto ai requisiti di forma e di contenuto del ricorso essi trovano una analitica indicazione e taluni di essi sono previsti a pena di inammissibilità. Quanto alle modalità procedurali della presentazione della notifica, si richiama l'articolo 137 e seguenti del Codice di procedura civile. Inoltre, le comunicazioni a cura della segreteria possono essere effettuate mediante l'utilizzo di posta elettronica certificata. Infine, viene disciplinato il ricorso incidentale, con un richiamo all'articolo 334 del Codice di procedura civile relativo alle impugnazioni incidentali tardive, che si applica in quanto compatibile.
  L'articolo 19 apporta modifiche all'articolo 147 del CPI in ordine alla decorrenza Pag. 117degli effetti dell'affissione delle comunicazioni presso l'Albo dell'ufficio italiano brevetti e marchi, laddove manchi l'indicazione o l'elezione del domicilio da parte del destinatario delle medesime comunicazioni, nonché in tutti gli altri casi di irreperibilità del soggetto interessato. La novella in particolare introduce nel citato articolo 147 un nuovo comma 3-quinquies, il quale dispone che, nei suddetti casi, la comunicazione si ha per eseguita lo stesso giorno in cui è stata effettuata l'affissione nell'Albo.
  L'articolo 22 modifica il comma 4 dell'articolo 159 del CPI in materia di domanda di rinnovazione di marchio, aggiornando la dizione «marchio comunitario» con la dizione «marchio dell'Unione europea», come previsto all'articolo 1 del Regolamento marchi.
  L'articolo 23 modifica l'articolo 170 del CPI, relativo all'esame tecnico delle domande da parte dell'Ufficio italiano brevetti e marchi. L'esame tecnico viene eseguito su quelle domande per le quali è stata già riconosciuta la regolarità formale. Le modifiche sono finalizzate a ricomprendere all'interno della disciplina di esame tecnico anche le verifiche inerenti i marchi di certificazione e gli impedimenti alla registrazione in materia di DOP, IGP, MTV e STG. A tal fine, viene novellato il comma 1 del citato articolo 170, che viene inoltre integrato di due ulteriori commi. Il nuovo comma 2-bis prevede che l'esame delle modifiche al regolamento d'uso di marchi collettivi o di marchi certificazione sia rivolto ad accertare se possono trovare applicazione le disposizioni previste, rispettivamente, all'articolo 11 e all'articolo 11-bis del CPI e che le modifiche del regolamento d'uso acquistano effetto soltanto a decorrere dalla data di iscrizione di tali modifiche nel registro, in recepimento di quanto previsto dall'articolo 33, paragrafi 2 e 3 della Direttiva. Il nuovo comma 2-ter dispone che l'Ufficio italiano brevetti e marchi esamina con precedenza la domanda di marchio, ove questa risulti essere il motivo in base al quale è stata proposta: una opposizione ad una domanda di registrazione di marchio dell'Unione europea; un'azione di revoca di una registrazione dell'Unione europea; una istanza di decadenza o nullità ad una domanda di marchio dell'Unione europea; un'azione di decadenza di una registrazione dell'Unione europea. Si tratta di disposizioni in parte già previste dall'articolo 180, comma 3-bis del CPI, che vengono ora inserite nell'articolo 170 al fine di raccogliere sotto un unico articolo le norme concernenti l'esame delle domande con precedenza. Conseguentemente, il comma 3-bis dell'articolo 180 viene abrogato dall'articolo 27, comma 1, lettera d).
  L'articolo 24 modifica l'articolo 176 del CPI, in materia di deposito dell'istanza d'opposizione in via amministrativa alla registrazione di marchi, volte a correggere alcuni errori materiali presenti nel comma 2 e ad introdurre, nel contenuto necessario a pena di irricevibilità della domanda di opposizione, previsto dallo stesso comma 2 dell'articolo 176, l'atto di nomina del rappresentante o la dichiarazione di riserva di deposito ad esso relativa, se è stato nominato un mandatario, nonché la previsione che, se è formulata riserva, l'atto di nomina deve essere depositato entro il termine perentorio di due mesi dalla data del deposito dell'opposizione. Viene dunque anticipato alla fase di presentazione della domanda il deposito dell'atto di nomina del rappresentante, già comunque previsto dal comma 4, lettera d), del medesimo articolo 176, che viene pertanto soppresso.
  L'articolo 25, a recepimento dell'articolo 43 della Direttiva, modifica il comma 1 dell'articolo 177 del CPI in materia di legittimazione all'opposizione ad una domanda di registrazione, estendendola anche ai soggetti legittimati a tutelare i diritti conferiti da una denominazione di origine ovvero da una indicazione geografica nonché al soggetto che ha depositato la domanda di protezione di una denominazione di origine ovvero di una indicazione geografica, non ancora concessa al momento della presentazione dell'opposizione.
  L'articolo 26 modifica l'articolo 178 del CPI in materia di esame dell'opposizione Pag. 118alla registrazione di un marchio e delle relative decisioni. L'articolo 178, comma 4, prevede attualmente che l'opponente titolare di marchio anteriore registrato da almeno cinque anni deve, su istanza del richiedente, fornire i documenti idonei a provare che tale marchio è stato oggetto di uso effettivo, da parte sua o con il suo consenso, per i prodotti e servizi per i quali è stato registrato e sui quali si fonda l'opposizione. L'articolo 26, con una novella al medesimo comma 4, specifica che i cinque anni devono essere calcolati alla data di deposito o di priorità del marchio oggetto dell'opposizione. Inoltre è novellato il comma 2, specificando che il richiedente la registrazione di un marchio che abbia ricevuto la documentazione su cui si fonda l'opposizione alla registrazione, senza esser pervenuto ad un accordo di conciliazione, può presentare istanza della prova d'uso del marchio anteriore contestualmente alla presentazione per iscritto delle proprie deduzioni, entro il termine fissato dall'Ufficio italiano brevetti e marchi. Viene infine aggiunto un nuovo comma 7-bis, il quale prevede che l'Ufficio italiano brevetti e marchi pone a carico del richiedente, se soccombente, il rimborso dei diritti di opposizione. Tale disposizione, afferma la relazione tecnica, è già prevista all'articolo 56, comma 4 del decreto ministeriale di esecuzione del CPI ed è ora inserita in una fonte primaria al fine di prevenire eventuali criticità sotto il profilo della riserva di legge, di cui all'articolo 23 della Costituzione, per cui nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge.
  L'articolo 27 modifica l'articolo 180 del CPI, introducendo, rispettivamente con le lettere d-bis) ed e-ter), le seguenti ulteriori fattispecie in presenza delle quali opera la sospensione del procedimento di opposizione: se l'opposizione è basata su una domanda di protezione di una denominazione di origine ovvero di una indicazione geografica, fino alla protezione; se è pendente un procedimento di cancellazione della denominazione di origine protetta ovvero della indicazione geografica protetta, fino al termine in cui la decisione della Commissione europea diviene definitiva. L'articolo 28 modifica, inoltre, l'articolo 181 del CPI introducendo, mediante l'inserimento di nuove lettere, le seguenti ulteriori fattispecie in presenza delle quali opera l'estinzione del procedimento di opposizione: la domanda di protezione della denominazione di origine o della indicazione geografica sulla quale si fonda l'opposizione è ritirata o rigettata; la denominazione di origine protetta o l'indicazione geografica protetta sulla quale si fonda l'opposizione è cancellata; la domanda o la registrazione, oggetto di opposizione, è stata limitata, cancellando i prodotti o servizi contro cui è stata fatta opposizione; è venuto meno l'interesse ad agire.
  L'articolo 29 reca la disciplina organica del procedimento di decadenza e nullità dei marchi di impresa registrati. A tal fine, l'articolo inserisce nel Capo IV del Codice, relativo all’«acquisto e mantenimento dei diritti di proprietà industriale e relative procedure» un'apposita Sezione II-bis. L'introduzione nel Codice di tale disciplina organica costituisce attuazione degli articoli da 45 a 47 della Direttiva, oltre ottemperanza ai principi e criteri direttivi di cui all'articolo 3, comma 3, lettera g), della legge di delegazione europea. Nel dettaglio, l'articolo 29 inserisce nel CPI nove nuovi articoli dal 184-bis al 184-decies. L'articolo 184-bis disciplina il deposito dell'istanza di decadenza o nullità a livello amministrativo, facendo comunque salva la proponibilità dell'azione davanti all'autorità giudiziaria, ai sensi dell'articolo 120 del CPI. I soggetti legittimati, come individuati nel successivo articolo 184-ter, possono presentare istanza, scritta e motivata, all'Ufficio italiano brevetti e marchi per l'accertamento della decadenza o la dichiarazione di nullità di un marchio d'impresa registrato. È inoltre previsto che l'istanza di decadenza o di nullità, che può riguardare una sola registrazione di marchio, è ricevibile se redatta in lingua italiana e deve avere determinati contenuti e allegati. Alcuni di tali contenuti sono previsti a pena di inammissibilità. Sono Pag. 119altresì previsti i casi di improcedibilità, e di sospensione. L'articolo 184-septies disciplina poi ulteriori casi di sospensione della procedura di nullità o decadenza. L'articolo 184-ter disciplina la legittimazione attiva a presentare istanza di decadenza o nullità davanti all’ Ufficio italiano brevetti e marchi, in recepimento dell'articolo 45 della direttiva. In particolare, è legittimato attivo qualsiasi interessato nei casi in cui venga presentata una istanza di decadenza, ovvero una istanza di nullità in quanto il marchio d'impresa non avrebbe dovuto essere registrato perché non soddisfa i requisiti previsti dal codice. L'articolo 184-quater disciplina la procedura d'esame della domanda di decadenza o di nullità e le relative decisioni. L'articolo 184-quinquies disciplina la prova d'uso. In particolare, si prevede che nei procedimenti per la dichiarazione di nullità basata su un marchio d'impresa registrato con una data di deposito o di priorità anteriore, su istanza del titolare del marchio d'impresa posteriore, il titolare del marchio d'impresa anteriore deve fornire la prova che, nel corso del termine dei cinque anni precedenti la data di presentazione della domanda di dichiarazione di nullità, il marchio d'impresa anteriore sia stato oggetto di uso effettivo per i prodotti o i servizi per i quali è stato registrato e su cui si fonda la domanda, o che sussistono motivi legittimi per il suo mancato uso, a condizione che la procedura di registrazione del marchio anteriore, alla data di presentazione della domanda di dichiarazione di nullità, fosse conclusa da almeno cinque anni. La disciplina si applica anche nel caso in cui il marchio d'impresa anteriore sia un marchio UE. In tal caso, l'uso effettivo del marchio UE è determinato a norma dell'articolo 15 del relativo Reg.(UE) 2017/1001. L'articolo 184-sexies reca disposizioni in materia di efficacia erga omnes e decorrenza degli effetti della decadenza e della nullità, prevedendo in particolare, che le decadenze o la nullità anche parziali di una registrazione di marchio hanno efficacia nei confronti di tutti quando siano dichiarate con provvedimento dell'Ufficio italiano brevetti e marchi divenuto definitivo. L'articolo 184-octies prevede i casi di estinzione della procedura di decadenza o nullità. L'articolo 184-novies prevede che le norme sopra indicate sulla procedura di decadenza o nullità entreranno in vigore successivamente all'emanazione del decreto del Ministro dello sviluppo economico che ne stabilisce le modalità di applicazione. L'articolo 184-decies prevede che il provvedimento con il quale l'Ufficio italiano brevetti e marchi dichiara irricevibile, inammissibile o estinta la procedura di decadenza o nullità ovvero accoglie, anche parzialmente, o respinge l'istanza, è comunicato alle parti che possono presentare ricorso davanti alla Commissione dei ricorsi, ai sensi dell'articolo 135 del CPI.
  L'articolo 30 modifica l'articolo 187 del CPI, che reca i contenuti del Bollettino ufficiale dei marchi d'impresa, da pubblicarsi con cadenza almeno mensile, includendovi, con l'aggiunta al comma 1 della lettera f-quater), le domande di modifica al regolamento d'uso di marchi collettivi o di marchi di certificazione e le modifiche avvenute.
  L'articolo 31 modifica l'articolo 225 del CPI in materia di diritti di concessione, includendo tra le domande assoggettate al pagamento dell'imposta di bollo, nonché al pagamento delle tasse di concessione governativa e dei diritti, anche le domande per le decadenze e le nullità.
   L'articolo 32 modifica, in recepimento dell'articolo 49, comma 4, della Direttiva, l'articolo 227 del CPI in materia di diritti per il mantenimento in vita dei titoli di proprietà industriale, introducendovi un nuovo comma 8-bis, ai sensi del quale, se la domanda di rinnovo del marchio o le relative tasse pagate si riferiscono soltanto a una parte dei prodotti o dei servizi per i quali il marchio è registrato, questa è rinnovata soltanto per i prodotti o servizi di cui trattasi, fatto salvo i casi di pagamento incompleto o irregolare di cui all'articolo 230 del CPI. Inoltre, se le tasse versate non sono sufficienti per tutte le classi di prodotti e servizi per le quali viene richiesto il rinnovo, la registrazione viene rinnovata se risulta chiaramente Pag. 120quali sono le classi cui si riferisce l'importo versato. In mancanza di altri criteri, l'Ufficio prende in considerazione le classi nell'ordine di classificazione.
  L'articolo 33 reca una disposizione transitoria in favore dei titolari di marchi collettivi nazionali registrati secondo il regime previgente a quello del decreto in esame. Per essi, è in particolare prevista la facoltà di formulare domanda all'Ufficio italiano brevetti e marchi per la conversione del segno in marchio collettivo o in marchio di certificazione conformemente alla nuova disciplina, senza incorrere nel rischio di preclusioni sopravvenute ai sensi di quest'ultima. È altresì prevista l'estensione a tali domande dell'applicazione delle disposizioni del CPI in materia di domande di marchi di certificazione o marchi collettivi compresa la tassa di deposito di cui all'articolo 11 della tariffa per la registrazione per marchi d'impresa e collettivi allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 641 del 1972, che viene a tal fine aggiornato dall'articolo 34 per estendere la tariffa in questione anche ai marchi di certificazione. Si prevede che gli effetti della registrazione del nuovo marchio decorrano dal deposito della domanda di conversione, ai fini della determinazione della durata di cui all'articolo 15 del CPI (10 anni). In caso di mancata presentazione della domanda di conversione, il marchio decade a decorrere dalla data di scadenza del termine ivi previsto. I procedimenti istruttori in corso su domande di registrazione di marchi collettivi nazionali ai sensi della normativa previgente sono sospesi alla data di entrata in vigore del decreto in esame e soggetti che hanno presentato la domanda possono riavviare l'istruttoria presentando istanza di conversione della stessa, in domanda di registrazione di marchio collettivo o marchio di certificazione, ai sensi della nuova disciplina. In tale caso, gli effetti della registrazione del marchio risultante dalla domanda di conversione decorrono dalla data di deposito della domanda di registrazione convertita. In caso di mancata presentazione della domanda di conversione entro il termine sopra indicato, le domande di registrazione di marchi collettivi nazionali ai sensi della normativa previgente si considerano ritirate.
  L'articolo 35, in ottemperanza al principio di delega di cui all'articolo 3, comma 3, lettera b), della legge n. 163 del 2017, prevede che il Ministero dello sviluppo economico con regolamento ministeriale, da adottarsi ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988, possa adottare eventuali ulteriori disposizioni attuative della direttiva (UE) 2015/2436, nelle materie non coperte da riserva di legge e già disciplinate mediante analoghi regolamenti, compreso l'eventuale aggiornamento delle disposizioni contenute nel regolamento di cui al decreto ministeriale 13 gennaio 2010.
  L'articolo 36 autorizza il Ministero dello sviluppo economico, per il triennio 2019-2021, ad assumere a tempo indeterminato, nei limiti dei posti disponibili in dotazione organica e in deroga a specifiche disposizioni in materia di mobilità volontaria e di procedure concorsuali, 30 unità di personale in possesso di determinati requisiti. Più nel dettaglio, le suddette 30 unità di personale (da inquadrare nell'Area III, posizione economica F1), selezionate mediante apposito concorso pubblico, devono possedere specifici requisiti professionali necessari all'espletamento dei nuovi compiti operativi derivanti dall'attuazione della Direttiva.
  L'articolo 37 dispone che dall'attuazione delle disposizioni del presente provvedimento, ad eccezione dell'articolo 36, non devono derivare oneri a carico della finanza pubblica.
  Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Schema di decreto legislativo recante adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2016/426 sugli apparecchi che bruciano carburanti gassosi e che abroga la direttiva 2009/142/CE.
Atto n. 58.
(Esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del regolamento, e rinvio).

Pag. 121

  La Commissione inizia l'esame dello Schema di decreto all'ordine del giorno.

  Barbara SALTAMARTINI, presidente, avverte che l'ordine del giorno reca l'esame dell'atto del Governo n. 58 recante «Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2015/2436 sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d'impresa nonché per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2015/2424 recante modifica al regolamento sul marchio comunitario» predisposto in attuazione dell'articolo 4 della legge 25 ottobre 2017, n. 163, la legge di delegazione europea 2016-2017.
  Ricorda che il termine per l'esercizio della delega (dodici mesi dall'entrata in vigore delle disposizioni di delega) scadeva il 21 novembre 2018.
  L'articolo 31 (Procedure per l'esercizio delle deleghe legislative conferite al Governo con la legge di delegazione europea) della legge 24 dicembre 2012, n. 234 recante «Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione delle normative e delle politiche dell'Unione europea», al comma 3, terzo periodo, indica in quaranta giorni dalla trasmissione dell'atto il termine per l'espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari competenti.
  Il termine per l'espressione del parere sullo schema di decreto legislativo scade quindi il 31 dicembre 2018.
  Tuttavia il medesimo articolo 31, comma 3, al quarto periodo dispone che, qualora il termine per l'espressione del parere parlamentare scada nei trenta giorni che precedono la scadenza dei termini di delega o successivamente, questi ultimi sono prorogati di tre mesi.
  Nello schema di decreto legislativo in questione, il termine per l'esercizio della delega è quindi prorogato al 21 febbraio 2019.

  Andrea VALLASCAS (M5S), relatore, espone in sintesi i contenuti del provvedimento in esame.
  Lo schema di decreto legislativo in esame è stato predisposto ai sensi dell'articolo 7 della legge n. 162 del 2017. Il comma 1 contiene infatti una delega al Governo per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del citato regolamento (UE) n. 2016/426 sugli apparecchi che bruciano carburanti gassosi e che abroga la direttiva 2009/142/UE, che a sua volta codificava con la direttiva 90/396/UE, recepita nella normativa nazionale con il decreto del Presidente della Repubblica 15 novembre 1996, n.  661. La materia è regolata in Italia anche dalla legge 6 dicembre 1971, n. 1083, recante norme per la sicurezza dell'impiego del gas combustibile. Il comma 3 detta alcuni criteri specifici di esercizio della delega, La lettera a) prevede l'aggiornamento delle disposizioni della legge 6 dicembre 1971, n. 1083, per l'adeguamento alle disposizioni del regolamento (UE) n.  2016/426, con abrogazione espressa delle disposizioni superate dal regolamento (UE) n.  2016/426 e coordinamento delle residue disposizioni. La lettera b) fa salva la possibilità di adeguare la normativa nazionale regolamentare vigente nelle materie non riservate alla legge alle disposizioni del regolamento (UE) n. 2016/426, alle sue eventuali successive modifiche, nonché agli atti delegati e di esecuzione del medesimo regolamento europeo, con i regolamenti governativi previsti dal successivo comma 4. Con la lettera c) viene confermata l'individuazione del Ministero dello sviluppo economico e, per quanto di competenza, del Ministero dell'interno e dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, quali autorità di vigilanza del mercato. La lettera d) prevede l'adozione di sanzioni penali o amministrative efficaci, dissuasive e proporzionate alla gravità delle violazioni degli obblighi derivanti dal regolamento (UE) n. 2016/426, conformemente alle previsioni pertinenti della legge 24 dicembre 2012, n. 234. Ai fini dell'adeguamento della normativa nazionale regolamentare vigente nelle materie non coperte da riserva di legge, alle disposizioni del regolamento (UE) n. 2016/426, il comma 4 prevede l'adozione, entro dodici mesi dalla Pag. 122data di entrata in vigore del decreto legislativo, di uno o più regolamenti emanati ai sensi dell'articolo 17, commi 1 e 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400. I princìpi e criteri direttivi specifici relativi a tale delega sono dettati dal comma 5. Lo schema di decreto legislativo consta di cinque articoli.
   L'articolo 1 individua l'oggetto del decreto nelle disposizioni per la sicurezza dell'impiego del gas combustibile e per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) n.  2016/426 sugli apparecchi che bruciano carburanti gassosi 1.
  L'articolo 2, comma 1, modifica la legge 6 dicembre 1971, n.  1083 (Norme per la sicurezza dell'impiego del gas combustibile), novellando gli articoli 1, 3, 4 e 5 e abrogando l'articolo 6.
  Entrando nel dettaglio delle modifiche apportate alla citata legge n. 1083 del 1971, per quanto riguarda l'articolo 1, viene espunto il riferimento agli «apparecchi» in relazione all'obbligo che essi siano realizzati secondo le regole specifiche della buona tecnica, per la salvaguardia della sicurezza. Per effetto della novella, tale precisazione ricomprende «tutti i materiali, le installazioni e gli impianti alimentati con gas combustibile per uso domestico ed usi similari». Viene quindi introdotto un secondo comma, in base al quale, per la salvaguardia della sicurezza degli apparecchi che bruciano carburanti gassosi e dei relativi accessori si applicano le disposizioni del regolamento (UE) n.  2016/426, secondo l'ambito di applicazione e le definizioni di cui agli articoli 1 e 2 del medesimo regolamento europeo.
  L'articolo 3 espunge il riferimento agli «apparecchi» dalla previsione per cui i materiali, gli apparecchi, le installazioni e gli impianti alimentati con gas combustibile per uso domestico e l'odorizzazione del gas, realizzati secondo le norme specifiche per la sicurezza pubblicate dall'Ente nazionale di unificazione (UNI) in tabelle con la denominazione UNI-CIG, si considerano effettuati secondo le regole della buona tecnica per la sicurezza. Inoltre, le norme specifiche per la sicurezza sono ora approvate «con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'interno», in luogo del vigente riferimento al «decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato». Si dispone che si considerano effettuati secondo le regole della buona tecnica anche i materiali, le istallazioni e gli impianti realizzati in conformità alle specifiche tecniche di una organizzazione di normazione europea o di un organismo di normazione di uno degli altri Stati membri dell'Unione europea o degli Stati che sono parti contraenti degli accordi sullo spazio economico europeo. Le predette disposizioni trovano applicazione in assenza di diverse disposizioni cogenti o di norme armonizzate pertinenti ed applicabili. Si stabilisce che per gli apparecchi che bruciano carburanti gassosi e per i relativi accessori si applicano i requisiti essenziali e la presunzione di conformità di cui agli articoli 5 e 13 del regolamento (UE) n. 2016/426. Infine si prevede che con i regolamenti governativi di cui all'articolo 7, comma 4, della legge n. 163/2017, sono aggiornate le residue disposizioni del regolamento per l'attuazione della direttiva 90/396/UEE concernente gli apparecchi a gas, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 661 del 1996, e adottate ulteriori disposizioni di adeguamento della normativa nazionale regolamentare vigente, nelle materie non riservate alla legge, alle disposizioni del regolamento (UE) n.  2016/426.
  L'articolo 4 viene integralmente sostituito. Nella nuova formulazione, esso demanda al Ministero dello sviluppo economico la vigilanza generale sull'applicazione della legge n. 1083 del 1971. Il Ministero vigilante ha facoltà di disporre accertamenti direttamente o avvalendosi, mediante convenzioni, di amministrazioni, enti ed istituti pubblici ovvero di organismi e laboratori accreditati in conformità al regolamento (CE) n. 765/2008. Per gli apparecchi che bruciano carburanti gassosi e per i relativi accessori, le funzioni di autorità di vigilanza del mercato di cui al capo V del regolamento (UE) n.  2016/426, per il controllo degli apparecchi ed accessori Pag. 123che entrano nel mercato dell'Unione europea, sono svolte dal Ministero dello sviluppo economico e dal Ministero dell'interno, coordinando i propri servizi nell'ambito delle specifiche competenze ed avvalendosi, rispettivamente, delle Camere di commercio e degli uffici periferici competenti, nonché, per gli accertamenti di carattere tecnico, anche di altri uffici tecnici dello Stato ovvero di organismi e laboratori accreditati in conformità al regolamento (CE) n. 765/2008. Le funzioni di controllo alle frontiere esterne sono svolte dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli conformemente agli articoli da 27 a 29 del regolamento (CE) n. 765/2008. I funzionari del Ministero dello sviluppo economico, nonché delle amministrazioni e degli enti, istituti, organismi e laboratori investiti di funzioni di vigilanza e controllo alle frontiere esterne ai sensi delle precedenti disposizioni, nell'esercizio delle stesse, sono considerati ufficiali di polizia giudiziaria. Gli accertamenti da essi svolti ed i relativi prelievi di campioni, prove ed analisi, sono effettuati secondo procedure che garantiscono il diritto al contraddittorio e la possibilità di revisione. Qualora gli organi di vigilanza competenti per gli apparecchi che bruciano carburanti gassosi e per i relativi accessori che entrano nel mercato dell'Unione europea, nell'espletamento delle loro funzioni ispettive e di controllo, rilevano che un apparecchio che brucia carburanti gassosi o un accessorio di tale apparecchio è in tutto o in parte non rispondente a uno o più requisiti essenziali, ne informano immediatamente il Ministero dello sviluppo economico ed il Ministero dell'interno.
  Anche l'articolo 5 è interamente sostituito. Nel nuovo testo, esso introduce sanzioni amministrative pecuniarie per le seguenti ipotesi: per il fabbricante, l'importatore o il distributore che immette sul mercato un apparecchio che brucia carburanti gassosi o un accessorio di tale apparecchio, non conforme ai requisiti essenziali di sicurezza di cui all'allegato I del regolamento (UE) n. 2016/426; per il fabbricante, l'importatore o il mandatario, che immette sul mercato un apparecchio che brucia carburanti gassosi o un accessorio di tale apparecchio con una o più non conformità formali di cui all'articolo 40 del regolamento (UE) n.  2016/426, fermo restando l'obbligo di porre fine a tale stato di non conformità, ovvero in violazione degli obblighi dei costruttori e degli importatori; per il distributore che mette a disposizione sul mercato un apparecchio che brucia carburanti gassosi o un accessorio di tale apparecchio in violazione degli obblighi posti a suo carico dall'articolo 10 del regolamento (UE) n. 2016/426; per l'operatore economico che non osserva i provvedimenti delle autorità di vigilanza del mercato di uno Stato membro, qualora queste abbiano sufficienti ragioni per ritenere che un apparecchio o un accessorio comporti un rischio per la salute o la sicurezza delle persone, per gli animali domestici o per i beni materiali, ed effettuino una valutazione dell'apparecchio o dell'accessorio interessato, tenendo conto di tutte le prescrizioni pertinenti; per chiunque non osserva le disposizioni della legge n. 1083/1971 diverse da quelle recate dal medesimo articolo 5. Si stabilisce poi che il distributore è ritenuto un fabbricante, soggetto agli obblighi dei costruttori di cui all'articolo 7 del regolamento 2016/426, se immette sul mercato un apparecchio o un accessorio con il proprio nome o marchio commerciale, o modifica un apparecchio o un accessorio già immesso sul mercato, in modo che la conformità ai requisiti del regolamento risulti modificata. Si dispone infine che per tutte le violazioni amministrative previste dall'articolo 5, il rapporto di cui all'articolo 17 della legge n. 689 del 1981, è presentato alla Camera di Commercio competente per territorio.
  L'articolo 3 al comma 1 stabilisce che il Ministero dello sviluppo economico comunica alla Commissione europea il testo delle disposizioni di cui al decreto in esame e delle altre disposizioni adottate nel settore disciplinato dal decreto medesimo. Il comma 2 chiarisce che nelle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative in vigore, tutti i riferimenti alla direttiva 2009/142/CE, abrogata dal Pag. 124regolamento (UE) n.  2016/426, si intendono fatti a quest'ultimo regolamento e sono letti secondo la tavola di concordanza di cui all'allegato VI del regolamento stesso.
  L'articolo 4 reca la clausola di invarianza finanziaria.
  L'articolo 5 prevede che il decreto entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

  Barbara SALTAMARTINI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.20.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  Mercoledì 12 dicembre 2018.

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 14.50 alle 15.

AUDIZIONI

  Mercoledì 12 dicembre 2018. – Presidenza della presidente Barbara SALTAMARTINI. – Interviene il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti.

  La seduta comincia alle 15.05.

Audizione del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, sulle politiche relative ai programmi spaziali e aerospaziali di cui alla legge 11 gennaio 2018, n. 7.
(Svolgimento, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento, e conclusione).

  Barbara SALTAMARTINI, presidente, avverte che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
  Introduce quindi l'audizione.

  Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti svolge una relazione sui temi oggetto dell'audizione.

  Intervengono per formulare quesiti ed osservazioni i deputati Jari COLLA (Lega), Gianluca BENAMATI (PD), Claudia PORCHIETTO (FI), Carlo PIASTRA (Lega), Alessandro COLUCCI (Misto-NcI-USEI) nonché Barbara SALTAMARTINI, presidente.

  Il sottosegretario Giancarlo Giorgetti fornisce ulteriori precisazioni.

  Barbara SALTAMARTINI, presidente, ringrazia il ministro per l'esauriente relazione svolta e dichiara conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.20.

  N.B.: Il resoconto stenografico della seduta è pubblicato in un fascicolo a parte.