CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 6 settembre 2018
53.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Attività produttive, commercio e turismo (X)
COMUNICATO
Pag. 50

SEDE CONSULTIVA

  Giovedì 6 settembre 2018. — Presidenza della presidente Barbara SALTAMARTINI. — Interviene il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Dario Galli.

  La seduta comincia alle 11.10.

DL 91/2018: Proroga di termini previsti da disposizioni legislative.
C. 1117 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alle Commissioni riunite I e V).
(Seguito esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in oggetto, rinviato nella seduta del 5 settembre 2018.

  Andrea GIARRIZZO (M5S), relatore, formula una proposta di parere favorevole (vedi allegato).

  Sara MORETTO (PD) preannuncia il voto contrario del gruppo del Partito Democratico sulla proposta di parere del relatore per due motivi. Il primo è l'assenza nella proposta di parere di un accenno critico alla proroga, inserita dal Senato, dei termini relativi alla cessazione del regime di maggior tutela nel campo energetico. Il suo gruppo non ha niente da eccepire sulla proroga in sé, ma ritiene che la stessa dovesse essere accompagnata da un'indicazione precisa del percorso da seguire in futuro e delle modalità di garanzie da assicurare agli utenti. Sarebbe stata quindi necessaria la maggior chiarezza possibile per evitare l'anno prossimo di dover ricorrere ad un'ulteriore proroga di termini.
  Il secondo motivo della contrarietà del suo gruppo riguarda un aspetto che non è di diretta competenza della X Commissione, ma che lo è indirettamente, in quanto rilevante per le attività delle imprese. Si tratta della sospensione del Pag. 51bando e dei relativi fondi a favore di 300 comuni per la riqualificazione delle periferie. Si tratta di fondi che in alcuni casi peraltro sono già stati investiti dai Comuni e che danneggiano le imprese, togliendo loro una rilevante occasione di crescita.

  Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere del relatore.

  La seduta termina alle 11.20.

SEDE REFERENTE

  Giovedì 6 settembre 2018. — Presidenza della presidente Barbara SALTAMARTINI. — Interviene il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Dario Galli.

  La seduta comincia alle 11.20.

Modifiche all'articolo 3 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, in materia di disciplina degli orari di apertura degli esercizi commerciali.
C. 1 Iniziativa popolare, C. 457 Saltamartini, C. 470 Benamati, C. 526 Crippa, C. 587 Consiglio Regionale delle Marche.
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dei provvedimenti.

  Andrea DARA (Lega), relatore, espone in sintesi i contenuti dei provvedimenti in titolo.
  Ricorda che la X Commissione avvia oggi l'esame, in sede referente, delle abbinate proposte di legge C. 1 Iniziativa popolare, C. 457 Saltamartini, C. 470 Benamati, C. 526 Crippa, C. 587 Consiglio Regionale delle Marche, recanti modifiche all'articolo 3 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, in materia di disciplina degli orari di apertura degli esercizi commerciali. Ricorda, altresì, che nella scorsa legislatura l'Assemblea della Camera, in data 25 settembre 2014, ha approvato in prima lettura un testo unificato recante disciplina degli orari di apertura degli esercizi commerciali. Il provvedimento è stato trasmesso al Senato, dove l’iter non si è concluso.
  Preliminarmente osserva che il tema al centro dell'esame delle proposte di legge che la X Commissione avvia nella seduta odierna è quello di rimettere in discussione le modifiche apportate nel 2011 dal governo Monti con il decreto-legge n. 201, il cosiddetto decreto «Salva Italia», alla disciplina degli orari di apertura degli esercizi commerciali. Tali modifiche hanno stabilito la liberalizzazione del regime di apertura e chiusura degli stessi esercizi commerciali, attraverso l'eliminazione dell'obbligo di chiusura domenicale e festiva. Un elemento di sintesi della maggior parte di tutte le proposte di legge all'esame della Commissione è costituito proprio dal ritenere che la liberalizzazione degli orari degli esercizi commerciali non fosse la soluzione più adeguata per aiutare l'economia italiana e, in particolare, il settore del commercio, a uscire dalla crisi degli ultimi anni, come confermano i dati statistici. Infatti, nonostante l'eliminazione dell'obbligo di chiusura domenicale e festiva, il settore del commercio negli ultimi anni ha subito un forte calo del fatturato, costringendo molti piccoli esercizi, soprattutto nei piccoli centri, a cessare la propria attività. A suo avviso, procedendo su questa via si rischia dunque di perdere una parte rilevante della realtà di molti piccoli centri storici italiani, sacrificata alle logiche commerciali della grande distribuzione. Lo confermano i dati della Confcommercio, secondo i quali tra il 2008 e il 2017, solo nel settore della distribuzione commerciale, sono spariti circa 52.000 negozi e si è altresì registrato un vistoso crollo dell'apertura di nuove attività. Va inoltre tenuto conto di aspetti non aventi carattere economico-finanziario, ma altrettanto rilevanti, quali quelli sociali e culturali. Bisogna a questo proposito chiedersi se si ritiene corretto continuare a svendere le domeniche e le festività al consumismo visitando i centri commerciali, Pag. 52invece di passarle, ad esempio, a giocare con i propri figli oppure visitando città d'arte e musei. Ritiene che in questo caso lo Stato abbia la possibilità di incidere sul modello di società che si vuole per il Paese. A suo avviso, inoltre, il compito che aspetta la X Commissione è quello di fare una sintesi e di fornire delle risposte alle molte perplessità su questo tema avanzate dalle varie forze politiche, da associazioni di categoria e rappresentanze sindacali.
  Passando allo specifico esame delle proposte di legge, desidera prima di tutto ripercorrere sinteticamente lo sviluppo del quadro normativo vigente nel quale le medesime proposte di legge si muovono. Il primo riferimento normativo è il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, recante riforma della disciplina relativa al settore del commercio. Il comma 1 dell'articolo 11 del suddetto decreto attribuisce ai titolari di esercizi di vendita al dettaglio la libertà di determinare gli orari di apertura e di chiusura al pubblico, nel rispetto delle disposizioni dettate in via generale dal medesimo decreto e dei criteri emanati dai comuni, sentite le organizzazioni locali dei consumatori. I commi 2 e 4 dell'articolo 11 dispongono la libertà degli esercenti di restare aperti al pubblico tra le ore 7 e le ore 22 nei giorni feriali, con un limite massimo di apertura giornaliera di tredici ore e con l'obbligo di osservare la chiusura domenicale e festiva e, nei casi previsti dai comuni, la mezza giornata di chiusura infrasettimanale. Ai sensi del comma 5, i comuni sono autorizzati ad individuare giorni e zone del territorio nei quali gli esercenti possono derogare all'obbligo di chiusura domenicale e festiva. L'articolo 12, per i comuni ad economia prevalentemente turistica e per le città d'arte e i loro territori, prevede la libertà degli esercenti di determinare gli orari dei propri negozi anche in deroga agli obblighi di chiusura nei giorni festivi e di riposo infrasettimanale. Si prevede altresì che, nei periodi di maggiore afflusso turistico, le organizzazioni rappresentative delle categorie coinvolte possano definire accordi con i comuni per assicurare all'utenza idonei livelli di servizio e di informazione. L'articolo 13 esonera dall'applicazione delle sopra indicate norme i seguenti esercizi: le rivendite di generi di monopolio; gli esercizi di vendita interni ai campeggi, ai villaggi e ai complessi turistici e alberghieri; gli esercizi di vendita al dettaglio situati nelle aree di servizio lungo le autostrade, nelle stazioni ferroviarie, marittime ed aeroportuali; le rivendite di giornali; le gelaterie e gastronomie; le rosticcerie e le pasticcerie; gli esercizi specializzati nella vendita di bevande, fiori, piante e articoli da giardinaggio, mobili, libri, dischi, nastri magnetici, musicassette, videocassette, opere d'arte, oggetti d'antiquariato, stampe, cartoline, articoli da ricordo e artigianato locale, nonché le stazioni di servizio autostradali, qualora le attività di vendita qui previste siano svolte in maniera esclusiva e prevalente, e le sale cinematografiche.
  L'impianto normativo del decreto legislativo n. 114 del 1998 è stato implicitamente confermato dall'articolo 3 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, che, nel dettare molteplici disposizioni a favore della concorrenza, non ha modificato la disciplina sugli orari. Inoltre il comma 1 del suddetto articolo 3 elimina una serie di limiti e prescrizioni alle attività commerciali in applicazione delle disposizioni dell'ordinamento europeo in materia di tutela della concorrenza e di libera circolazione delle merci e dei servizi, al fine di garantire la libertà di concorrenza secondo condizioni di pari opportunità ed il corretto ed uniforme funzionamento del mercato, nonché di assicurare ai consumatori finali un livello minimo ed uniforme di condizioni di accessibilità all'acquisto di prodotti e servizi sul territorio nazionale, ai sensi dell'articolo 117, comma secondo, lettere e) ed m), della Costituzione.
  L'articolo 35, comma 6, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, ha introdotto nel citato articolo 3, comma 1 del decreto-legge n. 223 del 2006, la lettera d-bis), intesa a liberalizzare, Pag. 53in via sperimentale, gli orari di apertura e chiusura degli esercizi di vendita al dettaglio situati in località turistiche o città d'arte. La piena liberalizzazione dei giorni e orari di apertura degli esercizi commerciali è stata introdotta, come già detto, dall'articolo 31, comma 1, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, che, con una novella alla citata lettera d-bis), elimina qualsiasi vincolo su questo specifico aspetto. All'esito dei suddetti interventi normativi il vigente comma 1, lettera d-bis), dell'articolo 3 del decreto-legge n. 223 del 2006, stabilisce che le attività commerciali, come individuate dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, e di somministrazione di alimenti e bevande sono svolte senza il limite del rispetto degli orari di apertura e di chiusura, dell'obbligo della chiusura domenicale e festiva, nonché di quello della mezza giornata di chiusura infrasettimanale dell'esercizio. La norma è direttamente applicativa. Va osservato che l'intervento richiamato non ha operato nei termini di una abrogazione esplicita delle disposizioni con esso incompatibili contenute nel decreto legislativo n. 114 del 1998. Si ricorda inoltre che l'articolo 40 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, ha soppresso il vincolo in materia di chiusura domenicale e festiva per le imprese di panificazione di natura produttiva.
  Per quanto riguarda i poteri delle amministrazioni comunali, va ricordato l'articolo 50, comma 7, del Testo unico degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, che dispone che il sindaco coordina e riorganizza, sulla base degli indirizzi espressi dal consiglio comunale e nell'ambito dei criteri eventualmente indicati dalla regione, tra l'altro gli orari degli esercizi commerciali, al fine di armonizzare l'espletamento dei servizi con le esigenze complessive e generali degli utenti.
  Sulla disciplina degli orari delle attività commerciali è utile richiamare la giurisprudenza della Corte costituzionale. Va prima di tutto rilevato che, secondo la Corte, a seguito della modifica del Titolo V della Parte II della Costituzione la materia «commercio» rientra nella competenza esclusiva residuale delle Regioni, ai sensi del quarto comma dell'articolo 117 della Costituzione (ordinanza n. 199 del 2006), e la disciplina degli orari degli esercizi commerciali rientra in tale materia (sentenza n. 350 del 2008). Tuttavia la stessa Corte (sentenza n. 288 del 2010) ha anche rilevato che pertengono alla competenza legislativa esclusiva dello Stato le regole in materia di commercio direttamente afferenti alla tutela della concorrenza nel settore della distribuzione commerciale e volte a garantire condizioni di pari opportunità ed il corretto ed uniforme funzionamento del mercato. Successivamente all'introduzione delle disposizioni di liberalizzazione di cui all'articolo 31 del decreto-legge n. 201 del 2011, la Corte, con la sentenza n. 299 del 2012, ha posto in luce, tra l'altro, che per costante giurisprudenza costituzionale la nozione di concorrenza attribuita alla competenza esclusiva dello Stato comprende sia gli interventi regolatori che a titolo principale incidono sulla concorrenza e sia le misure legislative di promozione, che mirano ad aprire un mercato o a consolidarne l'apertura. La Corte ha altresì chiarito che la materia «tutela della concorrenza», dato il suo carattere finalistico, non è una materia di estensione certa o delimitata, ma è configurabile come trasversale, corrispondente ai mercati di riferimento delle attività economiche incise dall'intervento e in grado di influire anche su materie attribuite alla competenza legislativa, concorrente o residuale, delle regioni. Dalla natura trasversale della competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza la Corte ha tratto la conclusione che il titolo competenziale delle Regioni a statuto speciale in materia di commercio non è idoneo ad impedire il pieno esercizio della suddetta competenza statale e che la disciplina statale della concorrenza costituisce un limite alla disciplina che le medesime Regioni possono adottare in altre materie di loro competenza. Con la sentenza 299 del 2012, e con Pag. 54le successive sentenze nn. 27 e 38 del 2013, la Corte qualifica dunque le norme sulla liberalizzazione degli orari degli esercizi commerciali come norme di tutela della concorrenza e quindi in quanto tali rientranti nella competenza legislativa esclusiva dello Stato e abilitate a disporre, costituendo un limite alla disciplina regionale. In particolare, nella sentenza n. 38 la Corte – nel dichiarare l'incostituzionalità di alcune disposizioni della legge della Provincia autonoma di Bolzano 16 marzo 2012, n. 7 – ha affermato che quanto dispone a livello statale l'articolo 3, comma 1, lettera d-bis), del decreto-legge n. 223 del 2006 trova la sua legittimazione ai sensi delle disposizioni dell'ordinamento comunitario in materia di tutela della concorrenza e libera circolazione delle merci e dei servizi. Si tratta, dunque, ad avviso della Corte, di misure coerenti con l'obiettivo di promuovere la concorrenza. L'orientamento della Corte è stato però ulteriormente sviluppato nella sentenza n. 239 del 2016, con la quale la stessa ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di disposizioni della legge della Regione Puglia n. 24 del 2015, incidenti sulla disciplina degli orari degli esercizi commerciali. La Corte ha affermato che le norme regionali sono in contrasto con il divieto assoluto e perentorio di regolazione, disposto dallo Stato nell'ambito della sua competenza esclusiva in materia di tutela della concorrenza. Va tuttavia rilevato che la Corte ha affermato che la totale liberalizzazione degli orari degli esercizi commerciali non costituisce una soluzione imposta dalla Costituzione, sicché il legislatore statale ha la facoltà di rivederla in tutto o in parte, di temperarla o di mitigarla. Tale orientamento è stato confermato dalla recente sentenza n. 98 del 2017 che ha censurato delle disposizioni legislative della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia, recanti interventi in materia di orari degli esercizi commerciali. Con le recenti pronunce, la Corte sembra quindi ribadire il principio, peraltro già sancito nella sentenza n. 14 del 2004, secondo il quale la nozione di concorrenza non può essere intesa soltanto in senso statico, ma anche in un'accezione dinamica, che giustifica misure pubbliche volte a ridurre squilibri, a favorire le condizioni di un sufficiente sviluppo del mercato o ad instaurare assetti concorrenziali: dunque, non solo nel senso della necessaria deregolamentazione, ma anche nel senso di un necessario bilanciamento tra l'interesse a promuovere e a mantenere un mercato concorrenziale aperto ed altri interessi costituzionalmente rilevanti.
  Va infine ricordato che l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, nel corso degli anni, ha effettuato diverse segnalazioni sul tema al Governo e al Parlamento ai sensi degli articoli 21 e 22 della legge n. 287 del 1990. Nello specifico, nel 2013 l'Autorità ha segnalato i numerosi ostacoli rinvenuti a livello regionale e locale alla completa liberalizzazione degli orari di apertura dei negozi disposta dal legislatore nazionale, sottolineando le numerose restrizioni normative rilevate analizzando le diverse leggi regionali in materia. Inoltre, in data 1o luglio 2015, il presidente dell'Autorità, audito nel corso dell'esame in sede referente al Senato sul citato provvedimento approvato in prima lettura dalla Camera, nel richiamare la giurisprudenza della Corte costituzionale sino ad allora consolidatasi, affermava che il disegno di legge in questione, rispetto ad un contesto normativo in cui veniva sancita la piena libertà di determinazione delle modalità di svolgimento dell'attività economica, interveniva a frapporre ostacoli alla liberalizzazione degli orari e delle giornate di apertura degli esercizi commerciali. Il presidente dell'Autorità, infine, rilevava come a suo avviso la strada da percorrere deve andare nel senso di rimuovere gli ostacoli normativi ed amministrativi ancora interposti a livello locale alla liberalizzazione disposta dal legislatore nazionale.
  Passa ad esaminare il contenuto delle proposte di legge in esame.
  Tutte le proposte intervengono sulle citate disposizioni dell'articolo 3, comma 1, lettera d-bis) del decreto-legge n. 223 del 2006, come da ultimo novellate dall'articolo 31 del decreto-legge n. 201 del Pag. 552011. Tutte le proposte di legge, sia pure con diverse modalità e gradazioni, intendono introdurre restrizioni alla liberalizzazione degli orari degli esercizi commerciali sancita dalle norme vigenti.
  In particolare la proposta di legge di iniziativa popolare C. 1, presentata nel corso della XVII legislatura, composta di un solo articolo, abroga la citata lettera d-bis) del comma 1 dell'articolo 3 del decreto – legge n. 223 del 2006, al fine – come si evince dalla relazione illustrativa – di riconsegnare agli enti territoriali la competenza a regolamentare la disciplina degli orari di apertura, ai sensi di quanto già previsto dal decreto legislativo n. 114 del 1998.
  La proposta di legge C. 457 Saltamartini, composta di due articoli, all'articolo 1 abroga anch'essa la citata lettera d-bis) del comma 1 dell'articolo 3 del decreto-legge n. 223 del 2006, ma contestualmente introduce, nel medesimo articolo 3 – con una modifica al comma 4 e l'inserimento di tre nuovi commi da 4-bis a 4-quater – la previsione secondo la quale le regioni, d'intesa con gli enti locali e sentito il parere delle organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative a livello regionale, adottano un piano per la regolazione degli orari di apertura e di chiusura degli esercizi commerciali che prevede l'obbligo della chiusura domenicale e festiva dell'esercizio. Nel piano sono individuati i giorni e le zone del territorio nei quali gli esercenti possono derogare all'obbligo di chiusura domenicale e festiva. Tali giorni comprendono le domeniche del mese di dicembre, nonché ulteriori quattro domeniche o festività nel corso degli altri mesi dell'anno. Quanto sopra non si applica ai piccoli esercizi commerciali ubicati nelle località turistiche e nei piccoli comuni montani, nonché alle attività commerciali balneari e alle attività connesse, per i quali l'orario di apertura e chiusura non è soggetto ad alcun obbligo. Le regioni e gli enti locali adeguano le proprie disposizioni legislative e regolamentari ai princìpi e alle disposizioni qui in esame entro il 31 dicembre 2018. Contestualmente, la proposta di legge C. 457, all'articolo 2, abroga integralmente il più volte citato articolo 31 del decreto-legge n. 201 del 2011, compreso, quindi, il comma 2 che dispone che costituisce principio generale dell'ordinamento nazionale la libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali sul territorio, senza contingenti, limiti territoriali o altri vincoli di qualsiasi altra natura, esclusi quelli connessi alla tutela della salute, dei lavoratori, dell'ambiente, ivi incluso l'ambiente urbano, e dei beni culturali.
  Anche la proposta di legge C. 526 Davide Crippa, composta di due articoli, propone di abrogare integralmente l'articolo 31 del decreto-legge n. 201 del 2011 e, contestualmente – attraverso una novella alla citata lettera d-bis) dell'articolo 1 del decreto-legge n. 223 del 2006 – mitiga il principio della liberalizzazione totale degli orari di apertura degli esercizi commerciali stabilendo che esso operi solo per le attività commerciali ubicate nei comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d'arte. La proposta di legge prevede che per gli esercizi che svolgono attività commerciali ubicati fuori delle predette località, le regioni, d'intesa con gli enti locali e sentito il parere dei comitati locali e delle organizzazioni di categoria, dei lavoratori e dei consumatori, adottano un piano per la regolazione dei giorni di apertura, il quale deve prevedere turni a rotazione per l'apertura degli esercizi medesimi nelle domeniche e negli altri giorni festivi. Il piano deve prevedere, per ogni comune, l'apertura del 25 per cento degli esercizi commerciali per ciascun settore merceologico in ciascuna domenica o giorno festivo, comunque non oltre il massimo annuo di dodici giorni di apertura festiva per ciascun esercizio commerciale. Le regioni e gli enti locali sono obbligati ad adeguare i propri ordinamenti alle disposizioni in esame entro il 31 dicembre 2018. La proposta di legge esclude dall'obbligo di chiusura domenicale o festiva le attività di somministrazione di alimenti e bevande e le specifiche attività indicate nell'articolo 13 del decreto legislativo n. 114 del 1998 sopra richiamato.
  La proposta di legge C. 587, d'iniziativa del Consiglio regionale della Marche, composta Pag. 56di due articoli, dispone, al pari della proposte di legge C. 1 e C. 457, l'abrogazione della lettera d-bis) del comma 1 dell'articolo 3 del decreto-legge n. 223 del 2006 e l'introduzione, nel medesimo articolo 3, di un comma 1-bis che prevede che le attività commerciali, come individuate dal decreto legislativo n. 114 del 1998, e di somministrazione di alimenti e bevande, sono svolte rispettando gli orari di apertura e chiusura, l'obbligo della mezza giornata di chiusura infrasettimanale dell'esercizio nonché la facoltà di apertura domenicale e festiva per un massimo di dodici giornate l'anno, escluse, comunque, le seguenti festività: Capodanno, Epifania, Pasqua, Lunedì dell'Angelo, Anniversario della Liberazione, Festa del lavoro, Festa della Repubblica, Ferragosto, Tutti i Santi, Immacolata Concezione, Natale e Santo Stefano. L'articolo 2 della proposta di legge dispone altresì che, ai fini della facoltà di apertura prevista dalle disposizioni di cui all'articolo 1, le regioni dispongono un piano triennale, tenendo in considerazione la vocazione turistica del territorio e le esigenze della clientela rispetto alle diverse categorie merceologiche. I comuni sono tenuti a registrare il regime delle aperture facoltative deciso dai singoli esercenti e a trasmetterlo alle regioni.
  La proposta di legge C. 470 Benamati, composta di quattro articoli, riproduce il testo unificato approvato nella scorsa legislatura in prima lettura dall'Assemblea della Camera dei deputati. All'articolo 1, apporta anch'essa, sempre in termini di novella alla lettera d-bis) del comma 1 dell'articolo 3 del decreto-legge n. 223 del 2006, alcune limitazioni alla liberalizzazione della disciplina degli orari di apertura degli esercizi commerciali ivi contenuta. Con la novella, la proposta di legge, pur mantenendo il principio generale secondo cui le attività commerciali sono svolte senza dover rispettare orari di apertura o di chiusura, prevede che nei seguenti dodici giorni festivi dell'anno le attività commerciali debbano essere svolte nel rispetto degli orari di apertura e di chiusura domenicale e festiva: il 1o gennaio, primo giorno dell'anno; il 6 gennaio, festa dell'Epifania; il 25 aprile, anniversario della Liberazione; la domenica di Pasqua; il giorno di lunedì dopo Pasqua; il 1o maggio, festa del lavoro; il 2 giugno, festa della Repubblica; il 15 agosto, festa dell'Assunzione della beata Vergine Maria; il 1o novembre, festa di Ognissanti; l'8 dicembre, festa dell'Immacolata Concezione; il 25 dicembre, festa di Natale; il 26 dicembre, festa di Santo Stefano. L'articolo 1, contestualmente, con l'inserimento dei commi 1-bis e 1-ter al medesimo articolo 3, consente a ciascun esercente l'attività di vendita al dettaglio di derogare all'obbligo di chiusura, fino ad un massimo di sei giorni, individuati liberamente tra i dodici sopra indicati. L'esercente, che vuole avvalersi della potestà di deroga, deve darne comunicazione al comune competente per territorio secondo modalità la cui individuazione è demandata ad un decreto del Ministro dello sviluppo da emanarsi, sentita l'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI), entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge. La proposta di legge, al pari della proposta di legge C. 526, esclude dall'obbligo di chiusura domenicale o festiva le attività di somministrazione di alimenti e bevande e le specifiche attività indicate nel citato articolo 13 del decreto legislativo n. 114 del 1998. Le disposizioni relative all'obbligo di chiusura nei giorni festivi si applicano a partire dal 1o gennaio dell'anno successivo a quello dell'entrata in vigore del provvedimento. L'articolo 2 consente a ciascun comune, anche in coordinamento con altri comuni contigui, di predisporre accordi territoriali non vincolanti per la definizione degli orari e delle chiusure degli esercizi commerciali, ferme restando le limitazioni dell'articolo 1, con la finalità di assicurare la fruibilità dei servizi commerciali, promuovere l'offerta commerciale e valorizzare zone a più marcata vocazione commerciale. Gli accordi territoriali sono adottati per la prima volta entro il 28 febbraio dell'anno successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore del provvedimento. Per la predisposizione e l'aggiornamento degli accordi Pag. 57territoriali, i comuni consultano le organizzazioni locali dei consumatori, delle imprese e dei lavoratori, nonché, prima dell'entrata in vigore dell'accordo, la popolazione residente, anche in forma telematica. Sulla base degli accordi territoriali, i comuni predispongono un documento informativo sugli orari dei servizi destinati ai consumatori e degli esercizi commerciali, esistenti nel rispettivo territorio. Il documento è redatto sulla base delle informazioni rese disponibili dagli operatori, dalle loro organizzazioni di categoria o da altre fonti. Al fine di favorire l'adesione a tali accordi territoriali da parte delle micro, piccole e medie imprese del commercio, come individuate dalla raccomandazione della Commissione Europea 2003/361/UE del 6 maggio 2003, si prevede che le regioni e i comuni possono stabilire incentivi, anche sotto forma di agevolazioni fiscali relative ai tributi di propria competenza. È demandata alle regioni: la definizione, previa consultazione delle organizzazioni regionali rappresentative delle categorie, dei criteri per l'individuazione di aree ove gli accordi territoriali in materia di orari degli esercizi commerciali possono essere adottati in forma coordinata tra i comuni; la definizione dei criteri generali di determinazione e coordinamento degli orari di apertura al pubblico dei servizi pubblici e privati, degli uffici della pubblica amministrazione, dei pubblici esercizi commerciali e turistici, delle attività culturali e dello spettacolo, dei trasporti.
  Le proposte di legge C. 526 e C. 470 prevedono entrambe l'istituzione di un Osservatorio finalizzato a verificare gli effetti della regolazione sulle aperture domenicali e festive. In particolare, l'articolo 2 della proposta di legge C. 526 dispone l'istituzione presso il Ministero dello sviluppo economico, dal 1o gennaio 2019, di un Osservatorio sulle aperture domenicali e festive. L'Osservatorio è istituito, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, con il compito di verificare gli effetti della regolazione delle aperture domenicali e festive prevista dalle disposizioni della legge. L'osservatorio è composto da dieci membri, di cui quattro funzionari del Ministero dello sviluppo economico, due rappresentanti delle organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative, due rappresentanti delle organizzazioni sindacali dei lavoratori maggiormente rappresentative e due rappresentanti delle organizzazioni dei consumatori maggiormente rappresentative. Ai componenti dell'osservatorio non è corrisposto alcun emolumento, compenso o rimborso di spese. La proposta di legge C. 470, all'articolo 2, comma 7, prevede che ciascuna regione possa istituire un Osservatorio sugli effetti dell'attuazione delle nuove disposizioni in materia di orari degli esercizi commerciali, senza nuovi oneri per la finanza pubblica, al quale partecipano, senza percepire compensi di alcun tipo, rappresentanti delle amministrazioni pubbliche regionali e locali competenti, delle imprese e dei lavoratori dei settori interessati e dei consumatori.
  La proposta di legge C. 470, all'articolo 3, comma 1, attraverso una novella al citato articolo 50, comma 7 del Testo unico degli enti locali, specifica e amplia i poteri che il medesimo articolo attribuisce al sindaco in materia di esercizi commerciali, precisando che, qualora – per esigenze di sostenibilità ambientale o sociale, di tutela dei beni culturali, di viabilità o di tutela del diritto dei residenti alla sicurezza o al riposo, alle quali non possa altrimenti provvedersi – sia necessario limitare l'afflusso di pubblico in determinate zone del territorio comunale interessate da fenomeni di aggregazione notturna, è rimessa al sindaco la definizione, per un periodo non superiore a tre mesi degli orari di apertura dei pubblici esercizi e delle attività commerciali e artigianali, sentito il comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica. Il comma 2 del medesimo articolo 3 punisce con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 a 12.000 euro le violazioni degli obblighi di chiusura degli esercizi commerciali dettati dal comma 1. Alla particolare gravità dell'illecito amministrativo o all'eventuale recidiva – una seconda violazione dello Pag. 58stesso obbligo in un anno, anche se è intervenuto il pagamento in misura ridotta – consegue la sanzione accessoria della chiusura dell'esercizio da uno a dieci giorni.
  L'articolo 4 della proposta di legge C. 470 istituisce presso il Ministero dello sviluppo economico un Fondo per il sostegno delle microimprese attive nel settore del commercio al dettaglio. Ai fini del finanziamento del Fondo, viene autorizzata una spesa, in parte anche permanente, destinata all'erogazione dei contributi per le spese sostenute per l'ampliamento dell'attività, per la dotazione di strumentazioni nuove, comprese quelle necessarie per i pagamenti tramite moneta elettronica, e di sistemi di sicurezza innovativi, per l'accrescimento dell'efficienza energetica, nonché per l'erogazione di contributi integrativi per il pagamento dei canoni di locazione dovuti ai proprietari degli immobili, di proprietà sia pubblica sia privata, e di contributi per l'acquisizione di servizi. Il Ministro dello sviluppo economico, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, definisce, con proprio decreto, nei limiti delle risorse iscritte nel Fondo, i requisiti per beneficiare dei contributi in questione ed i criteri per la determinazione della loro entità. Le risorse assegnate sono ripartite tra le regioni e le province autonome ogni anno, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, previa intesa in sede di Conferenza per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, anche in rapporto alla quota delle risorse messe a disposizione dalle singole regioni e province autonome. Il comma 6 definisce la copertura degli oneri derivanti dalle disposizioni dell'articolo.

  Giorgia ANDREUZZA (Lega) sottolinea la delicatezza e la sensibilità del tema che la Commissione si avvia a trattare. Ritiene, quindi, che sarà necessario un approfondito lavoro istruttorio al fine di trovare la soluzione più adeguata. A tale proposito, anticipa a nome del suo gruppo che, in sede di Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, avanzerà la richiesta di svolgere un ciclo di audizioni.

  Sara MORETTO (PD), nel riservarsi di intervenire nel corso del dibattito sul contenuto specifico delle proposte di legge, ritiene importante conoscere quale atteggiamento la Commissione voglia tenere nei confronti del lavoro svolto nella XVII legislatura, compresa l'attività istruttoria, che ha portato all'elaborazione di un testo unificato approvata a larga maggioranza dall'Assemblea della Camera. Si è trattato di un lavoro serio e approfondito che, anche tenuto conto della composizione diversa della Camera dei deputati e della differente maggioranza, va tenuto, a suo avviso, in considerazione, anche per evitare una eventuale ripetizione delle considerazioni che i soggetti, già ascoltati e di nuovo chiamati in audizione, saranno chiamati a svolgere.

  Barbara SALTAMARTINI, presidente, concorda con la deputata Moretto sulla rilevanza della questione della continuità del lavoro parlamentare svolto in diverse legislature, ma sottolinea, nel contempo, che la diversità di maggioranza che connota in questa XVIII legislatura il parlamento può inevitabilmente condurre a riflessioni diverse sul tema trattato. Ritiene importante non disperdere il lavoro svolto e fa presente che, in Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, si potranno definire le audizioni da svolgere nonché le specifiche questioni da porre ai soggetti che si deciderà di ascoltare in modo tale da evitare il più possibile una duplicazione del lavoro.

  Il sottosegretario Dario GALLI a nome del Governo esprime il favore per il fatto che un tema così rilevante sia affrontato con proposte di legge che rimettono al centro l'iniziativa del Parlamento. Concorda che la questione degli orari degli esercizi commerciali è importante sia sul lato economico che su quello sociale, in quanto ha comportato la chiusura di attività Pag. 59nei piccoli centri storici e, di conseguenza, la crisi degli stessi. Sul piano economico, osserva che non si è rilevata giusta l'ipotesi che la liberalizzazione dovesse portare benefici economici, ma che sono stati favoriti i grandi centri di distribuzione, situati peraltro lontano dai centri storici. Invita a un'ulteriore riflessione su come lo sviluppo dell’e-commerce potrà condurre a una crisi di quei centri commerciali che sono stati alla base della crisi dei piccoli esercizi commerciali.

  Barbara SALTAMARTINI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 11.30.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  Giovedì 6 settembre 2018.

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 11.30 alle 11.40.

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