CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 3 maggio 2017
811.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
Pag. 53

ATTI DEL GOVERNO

  Mercoledì 3 maggio 2017. — Presidenza del presidente Andrea MAZZIOTTI DI CELSO. — Interviene il sottosegretario di Stato per l'interno, Gianpiero Bocci.

  La seduta comincia alle 14.25.

Sulla pubblicità dei lavori.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, comunica che è stata avanzata la richiesta che la pubblicità dei lavori sia assicurata anche mediante l'impianto audiovisivo a circuito chiuso. Non essendovi obiezioni, ne dispone l'attivazione.

Schema di decreto legislativo recante modifiche al decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, concernente le funzioni e i compiti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché al decreto legislativo 13 ottobre 2005, n. 217, concernente l'ordinamento del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, e altre norme per l'ottimizzazione delle funzioni del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
Atto n. 394.

(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del Regolamento, e conclusione – Parere favorevole con condizioni e osservazioni).

  La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto in oggetto, rinviato, da ultimo, nella seduta del 2 maggio 2017.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, comunica che la relatrice ha presentato una nuova proposta di parere con condizioni e osservazioni (vedi allegato 1).

  Emanuele COZZOLINO (M5S) preannuncia il voto favorevole del suo gruppo sulla proposta di pare della relatrice, frutto della collaborazione dei gruppi e della comune volontà di porre le condizioni per dare attuazione agli impegni della risoluzione già approvata dalla Commissione in materia.

  Emanuele FIANO (PD) ringrazia la relatrice e i deputati che hanno collaborato attivamente alla stesura del parere, apprezzabile anche perché implementa la risoluzione approvata in Commissione sul tema dei vigili del fuoco discontinui.

  Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la nuova proposta di parere della relatrice (vedi allegato 1).

  La seduta termina alle 14.30.

SEDE REFERENTE

  Mercoledì 3 maggio 2017. — Presidenza del presidente Andrea MAZZIOTTI DI CELSO. — Interviene il sottosegretario di Stato per l'interno Gianpiero Bocci.

  La seduta comincia alle 14.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, comunica che è stata avanzata la richiesta che la pubblicità dei lavori sia assicurata anche mediante l'impianto audiovisivo a circuito chiuso. Non essendovi obiezioni, ne dispone l'attivazione.

Modifiche alla legge elettorale.
C. 2352 Toninelli, C. 2690 Giachetti, C. 3223 Pisicchio, C. 3385 Lauricella, C. 3986 Locatelli, C. 4068 Orfini, C. 4088 Speranza, C. 4092 Menorello, C. 4128 Pag. 54Lupi, C. 4142 Vargiu, C. 4166 Nicoletti, C. 4177 Parisi, C. 4182 Dellai, C. 4183 Lauricella, C. 4240 Cuperlo, C. 4262 Toninelli, C. 4265 Rigoni, C. 4272 Martella, C. 4273 Invernizzi, C. 4281 Valiante, C. 4284 Turco, C. 4287 Marco Meloni, C. 4309 La Russa, C. 4318 D'Attorre, C. 4323 Quaranta, C. 4326 Menorello, C. 4327 Brunetta, C. 4330 Lupi, C. 4331 Costantino, C. 4333 Pisicchio, C. 4363 Fragomeli e petizioni nn. 508, 515, 892, 896, 919, 1182, 1251 e 1252.

Sentenza della Corte Costituzionale n. 35 del 2017.
Doc. VII n. 767.

(Seguito dell'esame congiunto e rinvio – Abbinamento della proposta di legge n. 4287 e delle petizioni nn. 508, 515, 892, 896, 919, 1182, 1251 e 1252).

  La Commissione prosegue l'esame congiunto del provvedimento e della sentenza della Corte costituzionale, rinviato, da ultimo, nella seduta del 2 maggio 2017.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, avverte che è stata assegnata alla I Commissione la proposta di legge C. 4287 Marco Meloni, recante «Modifiche al testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, concernenti l'eliminazione della disciplina speciale per i capilista».
  Poiché la suddetta proposta di legge verte sulla stessa materia delle proposte di legge già all'ordine del giorno, avverte che ne è stato disposto l'abbinamento, ai sensi dell'articolo 77, comma 1, del regolamento.
  Comunica inoltre che, come preannunciato in Ufficio di Presidenza, sono state assegnate alla I Commissione le seguenti petizioni: n. 508, in cui si richiede la riforma della legge elettorale con l'introduzione di un sistema uninominale maggioritario a doppio turno, la scelta dei candidati attraverso elezioni primarie e la decadenza dei parlamentari che aderiscono a un gruppo politico diverso da quello di elezione; n. 515, in cui si richiede la riforma della legge elettorale con l'introduzione di un sistema elettorale uninominale maggioritario a doppio turno analogo quello vigente in Australia; n. 892, in cui si richiedono nuove norme in materia di candidature alle elezioni e il divieto di sostenere spese di propaganda elettorale; n. 896, in cui si richiede l'introduzione del voto di preferenza nella legge elettorale; n. 919, in cui si richiede l'introduzione di un nuovo sistema elettorale, denominato «uniproporzionale»; n. 1182, in cui si richiede l'introduzione di un sistema elettorale proporzionale; n. 1251, in cui si richiede l'introduzione di un sistema elettorale proporzionale senza soglia di sbarramento; n. 1252, in cui si richiede l'introduzione di un sistema elettorale in cui non siano previsti premi di maggioranza, capilista bloccati, né candidature multiple.
  Poiché tali petizioni vertono sulla stessa materia delle proposte di legge all'ordine del giorno, avverte che ne è stato disposto l'abbinamento.

  Francesco Paolo SISTO (FI-PdL) osserva che una buona dose di realismo debba essere alla base del lavoro della Commissione su un tema così delicato. Si sta infatti verificando quanto da lui previsto, vale a dire la necessità di un approfondimento a causa di una situazione contingente, quali le elezioni primarie del Partito democratico. Approfondimento necessario per consentire alle forze politiche di esprimere le proprie posizioni nelle sedi consone, quali la Commissione e il Parlamento, e non nel corso di trasmissioni televisive. Ritiene, quindi, che in questo momento sia difficile principalmente per il relatore predisporre un testo che si baserebbe su dichiarazioni rese ai mezzi di comunicazioni di massa, ma non riportate nel dibattito in Commissione. A suo avviso è necessaria una settimana di tempo prima della presentazione del testo base per permettere al Partito democratico di esprimere compiutamente la propria posizione dopo le elezioni primarie, così come anche ad altri gruppi, che non si sono ancora espressi con chiarezza. Presentare adesso un testo che correrebbe il Pag. 55serio rischio di essere smentito non sarebbe sicuramente costruttivo. Chiede in conclusione di rinviare di una settimana la presentazione della proposta di testo base da parte del relatore.

  Gian Luigi GIGLI (DeS-CD) ritiene che spetti al Partito democratico e non ad altri soggetti politici assumersi la responsabilità di richiedere un ulteriore margine temporale in vista di approfondimenti da svolgere ai fini dell'elaborazione di un testo. Invita quindi il Partito democratico a definire la propria posizione su tale questione, chiarendo se è nelle condizioni o meno di rispettare la tempistica già definita nell'ambito dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi.

  Dore MISURACA (AP-CpE-NCD) ritiene che non sia necessaria una dichiarazione del rappresentante del Partito democratico per capire che è necessario maggior tempo per costruire un testo il più condiviso possibile in una cornice politica il cui luogo fisico più consono è la Commissione. Una cornice politica che deve essere prima di tutto condivisa dalle forze che costituiscono la maggioranza. In quest'ottica reputa ragionevole il rinvio di una settimana per la presentazione della proposta di testo base. Ritiene che il provvedimento debba in ogni caso essere portato all'esame dell'Assemblea per il 29 maggio, ma con la garanzia di un confronto autentico e con tempi congrui per la discussione e l'esame degli emendamenti.

  Andrea CECCONI (M5S) fa presente che la programmazione dei lavori della Commissione è già stata puntualmente definita nell'ambito dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, proprio al fine di rispettare la calendarizzazione del provvedimento in Assemblea, rispetto alla quale, a suo avviso, anche a fronte delle ultime considerazioni svolte dal Presidente della Repubblica, non sarebbero ammissibili ulteriori rinvii. Fa presente che il suo gruppo potrebbe anche acconsentire ad un rinvio di qualche giorno per la presentazione di un testo, purché tale richiesta venga formulata espressamente dal Partito democratico e non pregiudichi il rispetto dei tempi di programmazione dei lavori già concordati. Fa presente, in particolare, che, quanto al termine per la presentazione degli emendamenti, non sarebbe opportuno andare oltre la data del 15 maggio. Altrimenti, sarebbe necessario, a suo avviso, convocare quanto prima un Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, con il compito di definire una nuova organizzazione dei tempi, alla luce delle sopravvenute esigenze di approfondimento.

  Alfredo D'ATTORRE (MDP) osserva che sarebbe stato più serio se il Partito democratico avesse legittimamente chiesto un rinvio della discussione sulla legge elettorale a dopo lo svolgimento delle proprie elezioni primarie. Richiesta alla quale nessuno si sarebbe potuto obiettivamente opporre. Si è invece dato vita a una pantomima da lui ritenuta inaccettabile, dove il Partito democratico non si prende le proprie responsabilità e anzi scarica, per voce del suo segretario, sulle altre forze politiche le cause dei ritardi dei lavori della Commissione. È un atteggiamento poco trasparente e si associa, quindi, alla richiesta che sia il Partito democratico, assumendosi le proprie responsabilità, ad avanzare la richiesta di un rinvio di una settimana della presentazione del testo base e ad esprimere la propria posizione, che si augura coerente con quella espressa al di fuori delle aule parlamentari. Si pone il problema, poi, nel caso di rinvio, di come rispettare il termine del 29 maggio per l'avvio dell'esame in Assemblea del provvedimento, termine ineludibile, a suo avviso, dopo l'intervento del Presidente della Repubblica. Se, quindi, andrà mantenuta la scadenza fissata dalla Conferenza dei presidenti di gruppo, dovranno essere però garantiti tempi congrui per la discussione in Commissione. Si chiede quindi come possano essere conciliate le due cose e rispettato il calendario già stabilito. Rileva, quindi, che Pag. 56il testo base debba essere adottato per la fine di questa settimana e nel contempo osserva che è inderogabile che il partito Democratico esprima la propria posizione.

  Emanuele FIANO (PD), associandosi alla richiesta formulata dal deputato Sisto, giudica utile che la Commissione benefici di una ulteriore settimana per lo svolgimento di ulteriori approfondimenti, ai fini dell'elaborazione di un testo efficace. Appare opportuno, a suo avviso, mettere il Parlamento nelle condizioni di svolgere pienamente il proprio ruolo in tale delicata materia. In risposta a talune considerazioni svolte nel dibattito, fa notare che anche gli esponenti di altri gruppi politici hanno rilasciato in materia di legge elettorale dichiarazioni pubbliche al di fuori del Parlamento, come è normale che avvenga in una democrazia. Quanto ad ipotesi di cambiamenti in ordine alla calendarizzazione del provvedimento in Assemblea, fa notare che spetta alla Conferenza dei presidenti dei gruppi eventualmente assumere determinazioni al riguardo.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente e relatore, evidenzia come sia stato ragionevole continuare la discussione in Commissione, al fine di permettere ai gruppi di precisare le proprie posizioni o di chiedere ulteriore tempo di riflessione. In questa chiave, rileva come la richiesta di rinvio, sostenuta da tre gruppi – Partito democratico, Forza Italia e Alleanza popolare – la cui consistenza numerica è complessivamente maggioritaria sia alla Camera che al Senato – renda irragionevole presentare un testo oggi o nella seduta di domani. Concorda con i deputati Cecconi e D'Attorre sulla necessità di stabilire tempi congrui per il prosieguo dell'esame, questione che sarà discussa nella riunione dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, prevista per domani, giovedì 4 maggio. Crede infatti sia più costruttivo tenere la riunione dell'Ufficio di presidenza nei tempi previsti e non svolgerla subito, per poter elaborare una proposta compiuta in base alla programmazione dei lavori della Commissione e dell'Assemblea. In conclusione ribadisce come non sia possibile non accedere alla richiesta avanzata di rinvio di una settimana per la presentazione della proposta di testo base.

  Alfredo D'ATTORRE (MDP), intervenendo per una precisazione, fa notare che un eventuale slittamento dei tempi di esame inizialmente previsti potrebbe mettere in discussione il rispetto della calendarizzazione del provvedimento in Assemblea, ipotesi rispetto alla quale coloro che chiedono tale rinvio dovrebbero assumersi in pieno la responsabilità.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente e relatore, nel replicare al deputato D'Attorre, svolge due considerazioni. Prima di tutto condivide che debba esserci uno svolgimento dei lavori ordinato e ricorda di non aver apprezzato la procedura adottata per l'Italicum. Osserva poi che per garantire la parlamentarizzazione del dibattito occorre evitare che il testo sia elaborato al di fuori della Commissione. Ritiene invece necessario che le forze politiche esprimano le proprie posizioni e le proprie preferenze attraverso un confronto nella sede propria della Commissione, che possa consentire la predisposizione di un testo base utile al prosieguo dei lavori.

  Gian Luigi GIGLI (DeS-CD) intervenendo per una precisazione, evidenzia la necessità che siano rese esplicite le posizioni dei gruppi riguardo ad eventuali richieste di slittamento dei tempi di esame, affinché siano chiare le responsabilità di una eventuale mancata conclusione dell’iter.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente e relatore, comprende la posizione del deputato Gigli, ma la sua preoccupazione è legata in questo momento, più che ad attribuire responsabilità, alla necessità di assicurare che per il 23 maggio si giunga all'approvazione di un testo largamente condiviso da inviare alle Commissioni competenti in sede consultiva per Pag. 57l'espressione dei loro pareri. I passaggi successivi non possono al momento essere previsti.

  Cristian INVERNIZZI (LNA) auspica che il Partito democratico chiarisca i motivi per i quali chiede un allungamento dei tempi di esame, precisando i punti specifici sui quali richiede un supplemento di riflessione. Osserva che il suo gruppo è pronto a dare battaglia affinché si proceda speditamente lungo l’iter di esame.

  Francesco Paolo SISTO (FI-PdL) desidera intervenire per fornire una corretta interpretazione dei motivi per i quali ha avanzato la richiesta di rinvio di una settimana della presentazione della proposta di testo base da parte del relatore. Condivide le affermazioni del deputato Gigli, ma ritiene che allo stato attuale qualsiasi testo potrebbe essere bloccato dai paletti posti dal Partito democratico. Meglio, quindi, aspettare una settimana, permettere al Partito democratico di esprimere la propria posizione e giungere alla presentazione di una vera proposta. E, quindi, la sua un'utile proposta di rinvio nell'ottica della strada, più volte indicata, di elaborare un testo condiviso che abbia il consenso per essere approvato sia alla Camera che al Senato.

  Matteo MAURI (PD) non ritiene opportuno nella seduta odierna soffermarsi nel dettaglio sulle questioni che richiedono ulteriori approfondimenti da parte del suo partito, attesa la complessità della materia, sulla quale occorre ragionare con una visione d'insieme. Giudica utile che il relatore benefici delle elaborazioni svolte in tale ulteriore lasso di tempo per poter elaborare, nel minor tempo possibile, un testo ampiamente condiviso.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 15.05.

SEDE CONSULTIVA

  Mercoledì 3 maggio 2017. — Presidenza del presidente Andrea MAZZIOTTI DI CELSO.

  La seduta comincia alle 15.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, comunica che è stata avanzata la richiesta che la pubblicità dei lavori sia assicurata anche mediante l'impianto audiovisivo a circuito chiuso. Non essendovi obiezioni, ne dispone l'attivazione.

Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, a tutela dei Corpi politici, amministrativi o giudiziari e dei loro singoli componenti.
C. 3891, approvata dal Senato e abb.

(Parere alla II Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Francesco SANNA (PD), relatore, osserva che il provvedimento in esame – approvato dal Senato l'8 giugno 2016 e non modificato dalla Commissione di merito – intende, in particolare, rafforzare gli strumenti penali contro le intimidazioni ai danni degli amministratori locali, che negli ultimi anni hanno assunto dimensioni preoccupanti.
  Ricorda che la proposta di legge, composta di sei articoli, ha origine dal lavoro svolto dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle intimidazioni ai danni degli amministratori locali che, istituita al Senato il 3 ottobre 2013, ha terminato i suoi lavori il 26 febbraio 2015 con l'approvazione all'unanimità di una relazione finale. Pur manifestandosi con diverse modalità (la citata relazione riferisce Pag. 58di aggressioni, minacce via email, via telefono o sui social network, danneggiamenti, fino al recapito o ritrovamento di proiettili o carcasse di animali), tale illecito ha in comune la qualità soggettiva della vittima nel suo ruolo di amministratore locale.
  Osserva che sostanzialmente si tratta di atti che, volti a intimidire l'amministratore prevalentemente in relazione all'integrità della sua persona e dei suoi beni, minacciano, nel contempo, il buon andamento della pubblica amministrazione. Nella prassi, dall'assenza di un reato ad hoc è derivato che le intimidazioni venissero perseguite in relazione a fattispecie illecite poste a tutela di beni individuali, senza considerare adeguatamente la plurioffensività di tali condotte. La stessa contestazione delle intimidazioni ex articolo 336 del codice penale non consente comunque di distinguere tra amministratore locale e altri pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio, apparendo inadeguata – all'esito delle audizioni della Commissione d'inchiesta parlamentare – a cogliere quel quid pluris delle funzioni svolte dall'amministratore locale come parte di un organo politico e legittimo rappresentante della comunità locale. Analoga considerazione può essere fatta per l'eventuale applicazione dell'aggravante di cui all'articolo 61, n. 10, del codice penale. La fattispecie più vicina a quella di atti intimidatori nei confronti di amministratori locali risulta essere quella di cui all'articolo 338 del codice penale «Violenza o minaccia ad un corpo politico, amministrativo o giudiziario» che, attualmente, punisce con la reclusione da uno a sette anni: chiunque usa violenza o minaccia ad un corpo politico, amministrativo o giudiziario o ad una rappresentanza di esso o ad una qualsiasi pubblica autorità costituita in collegio, per impedirne, in tutto o in parte, anche temporaneamente, o per turbarne comunque l'attività (primo comma); chi commette il fatto per influire sulle deliberazioni collegiali di imprese che esercitano servizi pubblici o di pubblica necessità, qualora tali deliberazioni abbiano per oggetto l'organizzazione o l'esecuzione dei servizi (secondo comma). Anche il ricorso all'articolo 338 per contestare le intimidazioni agli amministratori locali risulterebbe però inadeguato quando il soggetto leso non sia il corpo nella sua interezza o qualora il singolo destinatario non abbia poteri di rappresentanza (come invece il sindaco). Alle criticità indicate ha inteso rispondere il provvedimento in esame, che all'articolo 1 novella il citato articolo 338 del codice penale adattandone, anzitutto, il contenuto del primo comma alle esigenze di tutela degli amministratori locali mediante il riferimento anche ai singoli componenti del corpo politico, amministrativo o giudiziario» (o di una «qualsiasi pubblica autorità» costituita in collegio). Non mutando la sanzione (reclusione da uno a sette anni), la nuova disposizione, alla cui nuova formulazione allargata è adeguata la rubrica, tutela quindi i medesimi singoli componenti in quanto tali, anche quando operano al di fuori dell'organismo collegiale. La fattispecie di cui all'articolo 338 del codice penale consente la procedibilità d'ufficio per gli atti intimidatori nei confronti degli amministratori locali, mentre i limiti edittali previsti (reclusione da uno a sette anni) permettono, per tali illeciti, sia il ricorso alla custodia cautelare in carcere che alle intercettazioni. L'intervento rende inoltre, applicabili agli illeciti di cui all'articolo 338 le circostanze aggravanti previste dal successivo articolo 339 del codice penale cioè un aumento di pena (fino a un terzo ex articolo 64 del codice penale) qualora la violenza o la minaccia sia commessa con armi, da persona travisata, da più persone riunite, con scritto anonimo, in modo simbolico o avvalendosi della forza intimidatrice derivante da associazioni segrete, esistenti o supposte. Un nuovo comma dell'articolo 339 del codice penale viene, poi, aggiunto dopo il primo per sanzionare con la stessa pena quella tipologia di atti intimidatori che hanno in comune l'obiettivo di piegare la volontà dell'amministratore. Si tratta di illeciti che la citata Commissione d'inchiesta ha certificato assumere grande rilevanza sul piano quantitativo. In base al nuovo Pag. 59comma, soggiace alla stessa pena prevista dal primo comma chi commette il fatto per ottenere, ostacolare o impedire il rilascio o l'adozione di un qualsiasi provvedimento, anche legislativo, ovvero a causa dell'avvenuto rilascio o adozione dello stesso. Pertanto, la disposizione riguarda: le condotte poste in essere prima dell'adozione di un provvedimento, tanto nel caso in cui la violenza o la minaccia sia diretta a ottenere un provvedimento, anche legislativo, favorevole, quanto nel caso in cui la violenza o la minaccia sia diretta a ostacolare o impedire l'emissione di un provvedimento, anche legislativo, sfavorevole; le condotte poste in essere dopo l'adozione di un provvedimento ovverosia i casi di violenza o minaccia – di natura ritorsiva – in danno dell'amministratore locale a causa dell'avvenuto rilascio o adozione di un provvedimento, anche legislativo. Il riferimento del nuovo comma anche all'emissione di provvedimenti legislativi appare volto alla tutela dei consiglieri regionali e dei parlamentari nazionali dagli atti intimidatori. Il nuovo comma dell'articolo 339 del codice penale risulta essere una specificazione della fattispecie già prevista dal primo comma: le varie condotte previste sembrano infatti riconducibili all'attuale fattispecie di violenza o minaccia con la finalità di impedirne o turbarne l'attività.
  L'articolo 2 della proposta di legge modifica l'articolo 380, comma 2, del codice di procedura penale, inserendo nel medesimo il riferimento alla nuova versione dell'articolo 338 del codice penale tra le fattispecie per le quali è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza di reato (attualmente, l'arresto in flagranza è facoltativo).
  L'articolo 3 aggiunge poi un articolo 339-bis al codice penale, che prevede una circostanza aggravante ad effetto speciale di alcuni specifici delitti in danno di componenti di un corpo politico, amministrativo o giudiziario quando tali delitti costituiscano atti intimidatori ritorsivi commessi a causa del compimento di un atto compiuto nell'adempimento del mandato, delle funzioni o del servizio. L'aggravante comporta un aumento di pena da un terzo alla metà delle sanzioni previste per i seguenti reati: lesioni (articolo 582 del codice penale), violenza privata (articolo 610 del codice penale), minaccia (articolo 612 del codice penale) danneggiamento (articolo 635 del codice penale).
  Tanto l'aggravante di cui all'articolo 339-bis del codice penale quanto la fattispecie prevista dal nuovo comma dell'articolo 338 del codice penale di cui all'articolo 1 della proposta sanzionano, ma con pene diverse, condotte identiche, cioè la violenza o la minaccia su un amministratore locale successive all'adozione di un provvedimento.
  L'articolo 4, modificando l'articolo 393-bis del codice penale (Causa di non punibilità), prevede che l'aggravante per gli atti intimidatori ritorsivi di cui all'articolo 339-bis non trovi applicazione quando sia stato lo stesso amministratore ad avere dato causa all'intimidazione eccedendo con atti arbitrari i limiti delle sue attribuzioni. Attualmente, la causa di non punibilità riguarda la fattispecie base (articolo 338 del codice penale) e quella aggravata (articolo 339 del codice penale) di violenza o minaccia a un corpo politico, amministrativo o giudiziario.
  L'articolo 5 intende sanzionare anche gli atti intimidatori nei confronti di aspiranti consiglieri comunali; si tratta quindi di illeciti di cui siano destinatari i candidati alle elezioni comunali. È, a tal fine, integrata la formulazione dell'articolo 90 del Testo Unico sulle elezioni amministrative comunali (decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570) per estendere le sanzioni ivi previste – reclusione da due a cinque anni e multa da 309 a 2.065 euro – anche a tutti coloro che, con minacce o con atti di violenza, ostacolano la libera partecipazione di altri a tali competizioni elettorali. In virtù della clausola di rinvio al testo unico contenuta nell'articolo 1, comma 6, della legge n. 108 del 1968, le sanzioni per le elezioni comunali si applicano anche alle elezioni regionali. Per quanto riguarda le elezioni della Camera e del Senato, si ricorda il contenuto – non coincidente con quello Pag. 60dell'articolo 90 del testo unico del 1960 – dell'articolo 100 del testo unico per le elezioni della Camera (decreto del Presidente della Repubblica n. 36 del 1957), applicabile anche per il Senato.
  L'articolo 6 affida a un decreto del Ministro dell'interno l'obiettivo di favorire la migliore attuazione delle misure di prevenzione e di contrasto. Spetta a tale decreto definire la composizione e le modalità di funzionamento dell'Osservatorio sul fenomeno degli atti intimidatori nei confronti degli amministratori locali, già istituito con decreto del Ministro dell'interno 2 luglio 2015.
  L'articolo 6 attribuisce all'Osservatorio alcuni compiti: il monitoraggio del fenomeno intimidatorio nei confronti degli amministratori locali, anche mediante apposita banca dati; b) la promozione di studi e analisi per la formulazione di proposte a supporto agli amministratori locali vittime di intimidazioni; la promozione di iniziative di formazione per gli amministratori locali e di promozione della legalità, con particolare riferimento verso le giovani generazioni. Sono pertanto disciplinate con legge composizione e modalità di funzionamento di un organismo non istituito con legge. Lo stesso articolo precisa, infine, la neutralità finanziaria derivante dalle attività dell'Osservatorio, come definite dal decreto di attuazione.
  Quanto al rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, rileva che l'oggetto del provvedimento è riconducibile alle materie: sicurezza (articolo 117, secondo comma, lettera h), della Costituzione), ordinamento penale e norme processuali (articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione).
  Formula, quindi, una proposta di parere favorevole (vedi allegato 2).

  Teresa PICCIONE (PD) esprime apprezzamento per una norma a suo avviso utile specialmente nel Sud dell'Italia, da dove lei proviene, e dove si sta assistendo alla reiterazione di atti di intimidazione nei confronti di amministratori comunali. Ricorda come il suo partito, in base al proprio statuto e alla propria Carta dei valori, si sia costituito parte civile in un processo per atti di intimidazione nei confronti di un consigliere comunale appartenente al Partito democratico medesimo. Ritiene, infine, che tali atti costituiscano un'offesa collettiva contro le istituzioni.

  Giuseppe LAURICELLA (PD) chiede al relatore chiarimenti in ordine agli effetti del provvedimento rispetto a fattispecie eventualmente verificatesi all'interno di un consiglio comunale, in relazione a condotte – tra cui richiama, ad esempio, le diffamazioni o le ingiurie – che coinvolgono suoi componenti.

  Francesco SANNA (PD), relatore, dopo aver ribadito che lo scopo del provvedimento è quello di tener conto del carattere plurioffensivo di talune condotte criminali, che, oltre a mettere a rischio l'integrità dell'individuo e dei suoi beni, minacciano il buon andamento della pubblica amministrazione, fa notare che l'ipotesi prospetta dal deputato Lauricella, inizialmente contemplata dal provvedimento sulla base di disposizioni tuttavia successivamente espunte nel corso dell'iter, ricadrebbe, allo stato, nel campo di applicazione di altre norme penali vigenti, che disciplinano, ad esempio, i casi di ingiuria.

  La Commissione approva la proposta di parere del relatore.

  La seduta termina alle 15.15.

COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

  Mercoledì 3 maggio 2017. — Presidenza del presidente Alessandro NACCARATO.

  La seduta comincia alle 15.15.

Pag. 61

Modifica all'articolo 59 del codice penale in materia di legittima difesa.
Emendamenti C. 3785 e abb.-A/R.

(Parere all'Assemblea).
(Esame e conclusione – Parere).

  Il Comitato inizia l'esame degli emendamenti.

  Alessandro NACCARATO, presidente, in sostituzione del relatore, impossibilitato a partecipare alla seduta, rileva che gli emendamenti 1.200 (nuova formulazione) e 1.201 della Commissione, e i subemendamenti 0.1.201.1 Molteni e 0.1.070.200 della Commissione non presentano profili critici per quanto attiene al rispetto del riparto di competenze legislative di cui all'articolo 117 della Costituzione e propone pertanto di esprimere il parere di nulla osta.

  Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del presidente.

Ratifica ed esecuzione dei seguenti Protocolli: a) Protocollo n. 15 recante emendamento alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, fatto a Strasburgo il 24 giugno 2013; b) Protocollo n. 16 recante emendamento alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, fatto a Strasburgo il 2 ottobre 2013.
C. 2801 Governo.

(Parere alle Commissioni riunite II e III).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

  Daniela Matilde Maria GASPARINI (PD), relatrice, rileva che il disegno di legge in esame – composto di 4 articoli – riguarda la ratifica e l'esecuzione dei Protocolli n. 15 e n. 16, fatti a Strasburgo, rispettivamente il 24 giugno e il 2 ottobre 2013, recanti entrambi emendamenti alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (Convenzione EDU), ratificata dall'Italia con la legge 4 agosto 1955, n. 848.
  Il contenuto del Protocollo n. 15 consta di un preambolo e 9 articoli. L'articolo aggiunge un nuovo «considerando» alla fine del preambolo della Convenzione europea sui diritti umani, nel quale si ribadisce la primaria responsabilità delle Parti contraenti, in conformità al principio di sussidiarietà, nel garantire il rispetto dei diritti e delle libertà definiti nella Convenzione medesima e nei suoi Protocolli. Si ribadisce altresì che le Parti contraenti godono di un margine di apprezzamento nell'attuazione delle disposizioni della Convenzione, sotto il controllo della Corte europea dei diritti umani. L'articolo 2 aggiunge un paragrafo dopo il paragrafo 1 dell'articolo 21 della Convenzione, dedicato alle condizioni per l'esercizio delle funzioni di giudice della Corte europea dei diritti umani: in base alla nuova formulazione, i candidati dovranno avere meno di 65 anni di età alla data in cui la lista dei tre candidati di ciascuna Parte contraente deve pervenire all'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, come previsto dal successivo articolo 22 della Convenzione. L'articolo 3 prevede la soppressione della parte finale dell'articolo 30 della Convenzione, e segnatamente della possibilità che una delle Parti si opponga alla rimessione alla Grande Camera (Grande Chambre) di una questione oggetto di ricorso innanzi a una Camera della Corte europea, la quale sollevi gravi problemi interpretativi, o la cui soluzione rischi di andare in contrasto con la precedente giurisprudenza della Corte. L'articolo 4 modifica l'articolo 35 della Convenzione, riducendo da sei mesi a quattro mesi dalla sentenza definitiva nazionale il termine di presentazione del ricorso alla CEDU. L'articolo 5 del Protocollo n. 15 in esame sopprime l'ultima parte della lettera b) del paragrafo 3 dell'articolo 35 della Convenzione, rimuovendo dal giudizio della Corte sull'entità del pregiudizio subito dal ricorrente la preoccupazione di non rigettare ricorsi non debitamente esaminati dai tribunali interni. Infine, gli articoli da 6 a 9 contengono disposizioni Pag. 62finali e transitorie del Protocollo n. 15: depositario del Protocollo sarà il Segretario generale del Consiglio d'Europa, presso il quale verranno depositati gli strumenti di ratifica, accettazione o approvazione delle Parti contraenti. L'entrata in vigore del Protocollo avverrà il primo giorno del mese successivo alla scadenza di tre mesi dalla data in cui tutte le Parti contraenti della Convenzione europea sui diritti umani avranno espresso il loro consenso a essere vincolate dal Protocollo n. 15. Sono previste altresì disposizioni di carattere transitorio riguardanti i candidati alla carica di giudice, le cause già pendenti per le quali si sia proposta la rimessione alla Grande Camera, la finestra temporale entro la quale poter presentare ricorsi alla Corte europea.
  Il Protocollo n. 16, agevolando l'interazione tra giudici nazionali e Corte europea dei diritti dell'uomo sulla base di un modello procedimentale in parte analogo al rinvio pregiudiziale (interpretativo) alla Corte di giustizia dell'Unione europea (CGUE), prevede che le alte giurisdizioni nazionali possano chiedere, nell'ambito di una causa pendente davanti ad esse, pareri consultivi non vincolanti alla Corte europea su questioni di principio relative all'interpretazione o applicazione dei diritti e delle libertà contemplati dalla Convenzione e dai suoi Protocolli. Il Protocollo n. 16 si compone di un preambolo e di 11 articoli. L'articolo 1 prevede che le più alte giurisdizioni di ciascuna Parte contraente, designate come previsto nell'articolo 10 del Protocollo, possono presentare alla Corte europea richiesta di pareri consultivi – che l'articolo 5 precisa essere non vincolanti – su questioni di principio concernenti i diritti e le libertà definiti dal sistema della Convenzione europea e relativi protocolli. Viene altresì specificato che tali pareri consultivi possono essere richiesti solo nell'ambito di una causa pendente dinanzi alla giurisdizione che presenta la domanda, la quale deve altresì motivare la richiesta di parere e produrre elementi di fatto e di diritto emersi nella causa. L'articolo 2 prevede il ruolo centrale della Grande Camera: infatti un collegio di cinque giudici ad essa appartenenti decide l'accoglimento della richiesta di parere consultivo, motivando l'eventuale rigetto di essa. Il parere consultivo, se la richiesta è accolta, viene poi emesso dalla Grande Camera. Sono previste garanzie per le quali nel collegio e nella Grande Camera siano rappresentate le istanze della Parte richiedente, con la presenza del giudice ad essa riferito o di persona comunque ad essa gradita. L'articolo 3 conferisce al Commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa e alla Parte contraente da cui proviene la richiesta di parere il diritto di presentare osservazioni scritte e di prendere parte alle udienze. Peraltro, il Presidente della Corte europea può invitare anche altre Parti contraenti o persone ad esercitare le medesime prerogative. In base agli articoli da 4 a 6 i pareri consultivi emessi dalla Grande Camera sono motivati e pubblicati ed è altresì prevista la dissenting opinion. I pareri consultivi, come detto, non sono vincolanti. Le Parti contraenti considerano gli articoli da 1 a 5 del Protocollo in esame come articoli addizionali alla Convenzione europea dei diritti umani. I rimanenti articoli da 7 a 11 del Protocollo in esame contengono le consuete disposizioni finali: depositario del Protocollo sarà il Segretario generale del Consiglio d'Europa. L'entrata in vigore del Protocollo avverrà il primo giorno del mese successivo alla scadenza di tre mesi dalla data in cui almeno 10 Parti contraenti della Convenzione europea sui diritti umani avranno espresso il loro consenso ad essere vincolate dal Protocollo medesimo. Il Protocollo non ammette la formulazione di riserve alle sue disposizioni, in difformità a quanto previsto dall'articolo 57 della Convenzione europea dei diritti umani. Peraltro ciascuna delle Parti contraenti, al momento della firma o del deposito del proprio strumento di ratifica, accettazione o approvazione, con dichiarazione indirizzata al depositario, indica quali siano le autorità giudiziarie nazionali competenti per richiedere pareri consultivi della Corte europea. Come accennato, la procedura consultiva introdotta dal Protocollo ricalca Pag. 63in parte quella del rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell'Unione europea. Tale procedura consente – e, in alcuni casi, obbliga – una giurisdizione nazionale di ogni grado di interrogare la Corte di giustizia dell'Unione Europea sull'interpretazione o sulla validità del diritto europeo nell'ambito di un contenzioso in cui tale giurisdizione venga coinvolta. A differenza delle altre procedure giurisdizionali, il rinvio pregiudiziale non è un ricorso contro un atto europeo o nazionale, bensì un quesito sull'applicazione del diritto europeo. In relazione alle principali differenze tra la procedura consultiva di cui al protocollo n. 16 e il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell'Unione europea è soprattutto la non vincolatività delle pronunce a costituire il principale discrimine rispetto alle decisioni sulle questioni pregiudiziali; infatti, la decisione della Corte di giustizia è obbligatoria non solo per la giurisdizione nazionale che ha avviato il rinvio pregiudiziale ma anche per tutte le giurisdizioni nazionali degli Stati membri.
   Gli articoli 1 e 2 del disegno di legge C. 2801 contengono, rispettivamente, l'autorizzazione alla ratifica dei Protocolli nn. 15 e 16 e il relativo ordine di esecuzione. Il Protocollo 15 non è ancora in vigore a livello internazionale: è stato sinora firmato da 44 Stati membri del Consiglio d'Europa, 33 dei quali hanno depositato gli strumenti di ratifica. Neanche il Protocollo 16 è ancora in vigore a livello internazionale: è stato sinora firmato da 18 Stati membri del Consiglio, 7 dei quali hanno depositato gli strumenti di ratifica. L'articolo 2 precisa, in particolare, che piena esecuzione al Protocollo n. 15 è data il primo giorno del mese successivo alla scadenza dei tre mesi decorrenti dalla data in cui tutte le Alte parti contraenti la Convenzione dei diritti dell'uomo abbiano espresso il consenso ad essere vincolate dal Protocollo. La piena esecuzione al Protocollo n. 16 (che è, invece, un Protocollo opzionale) è data il primo giorno del mese successivo alla scadenza dei tre mesi decorrenti dalla data in cui dieci Alte Parti contraenti la Convenzione abbiano espresso analogo consenso. L'articolo 3 del disegno di legge costituisce attuazione dell'articolo 10 del protocollo n. 16 che prevede che ogni Parte contraente della Convenzione debba indicare al momento della firma o del deposito dello strumento di ratifica quali siano le alte giurisdizioni che possono fare richiesta dei pareri consultivi (non vincolanti) alla Corte europea dei diritti dell'uomo su questioni di principio relative all'interpretazione o applicazione dei diritti e delle libertà contemplati dalla Convenzione EDU e dai suoi Protocolli. Le alte giurisdizioni nazionali che possono presentare alla Grande camera della Corte europea dei diritti dell'uomo le richieste di parere consultivo sono: la Corte di cassazione; il Consiglio di Stato; la Corte dei conti; il Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana. Si tratta quindi di giudici di ultima istanza del processo penale, civile, amministrativo, contabile, tributario e militare. L'articolo 3 prevede che il giudice che richiede il parere consultivo alla Corte europea dei diritti dell'uomo può disporre la sospensione del processo fino alla ricezione del parere stesso. Si tratta dell'introduzione di una nuova ipotesi di sospensione facoltativa del processo, che si aggiunge a quelle già previste dall'ordinamento. L'articolo 4 riguarda l'entrata in vigore del disegno di legge, che ha luogo il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
  Sotto il profilo del rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite il disegno di legge costituisce esercizio della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di rapporti internazionali dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera a), della Costituzione.
  Formula, quindi, una proposta di parere favorevole (vedi allegato 3).

  Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere della relatrice.

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Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario.
C. 4410, approvata, in un testo unificato, dal Senato.

(Parere alla VI Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  Il Comitato inizia l'esame degli emendamenti.

  Marilena FABBRI (PD), relatrice, rileva che la VI Commissione Finanze ha deliberato di adottare quale testo base per il prosieguo dell’iter la proposta di legge C. 4410, approvata dal Senato. Nel corso dell'esame in sede referente il testo non è stato modificato dalla Commissione di merito.
  La proposta di legge in esame (articolo 1, comma 1) intende istituire una Commissione bicamerale di inchiesta sul sistema bancario e finanziario, avendo particolare riguardo alla tutela dei risparmiatori. Essa conclude i propri lavori entro un anno (comma 2) dalla sua costituzione, e comunque entro la fine della XVII legislatura, presentando alle Camere una relazione sull'attività svolta e sui risultati dell'inchiesta (comma 3). La Commissione è istituita ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, che consente a ciascuna Camera di disporre inchieste su materie di pubblico interesse, nominando a tale scopo – fra i propri componenti – una Commissione formata in modo da rispecchiare la proporzione dei vari gruppi. Essa procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria. Sono ammesse relazioni di minoranza (articolo 1, comma 3); inoltre il Presidente della Commissione trasmette alle Camere, dopo sei mesi dalla costituzione della Commissione stessa, una relazione sullo stato dei lavori.
  L'articolo 2 disciplina la composizione della Commissione, che è costituita da venti senatori e da venti deputati, nominati rispettivamente dal Presidente del Senato della Repubblica e dal Presidente della Camera dei deputati in proporzione al numero dei componenti dei gruppi parlamentari. Deve essere assicurata la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo esistente in almeno un ramo del Parlamento. I componenti della Commissione devono dichiarare, alla presidenza della Camera di appartenenza, di avere ricoperto incarichi di amministrazione e di controllo negli istituti bancari oggetto dell'inchiesta (comma 1). Ai sensi del comma 2, i Presidenti delle due Camere, entro dieci giorni dalla nomina dei componenti, convocano la Commissione per la costituzione dell'Ufficio di Presidenza. Il comma 3 chiarisce la composizione dell'Ufficio di Presidenza (Presidente, due Vice Presidenti e due Segretari) e le modalità di elezione dello stesso (da parte dei commissari a scrutinio segreto). Nella elezione del Presidente, se nessuno riporta la maggioranza assoluta dei voti, si procede al ballottaggio tra i due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti. In caso di parità di voti è proclamato eletto o entra in ballottaggio il più anziano di età. Inoltre (comma 4) la Commissione elegge al proprio interno due Vice Presidenti e due Segretari. Per l'elezione, rispettivamente, dei due Vice Presidenti e dei due Segretari, ciascun componente della Commissione scrive sulla propria scheda un solo nome. Sono eletti coloro che hanno ottenuto il maggior numero di voti. In caso di parità di voti è proclamato eletto il più anziano di età.
  L'articolo 3 elenca le competenze della Commissione.
  Essa verifica: gli effetti sul sistema bancario italiano della crisi finanziaria globale e le conseguenze dell'aggravamento del debito sovrano; la gestione degli Istituti bancari che sono rimasti coinvolti in situazioni di crisi o di dissesto e sono stati o sono destinatari, anche in forma indiretta, di risorse pubbliche o sono stati posti in risoluzione. In particolare, per tali Istituti la Commissione deve verificare: le modalità di raccolta della provvista e gli strumenti utilizzati; i criteri di remunerazione dei manager e la realizzazione di operazioni con parti correlate suscettibili di conflitto di interesse; la correttezza del collocamento presso il pubblico – con riferimento ai piccoli risparmiatori e investitori Pag. 65non istituzionali – dei prodotti finanziari, soprattutto quelli ad alto rischio, e con particolare riferimento alle obbligazioni bancarie; le forme di erogazione del credito a prenditori di particolare rilievo e la diffusione di pratiche scorrette di abbinamento tra erogazione del credito e vendita di azioni o altri strumenti finanziari della banca; la struttura dei costi, la ristrutturazione del modello gestionale e la politica di aggregazione e fusione; l'osservanza degli obblighi di diligenza, trasparenza e correttezza nell'allocazione di prodotti finanziari, nonché degli obblighi di corretta informazione agli investitori; l'efficacia delle attività di vigilanza sul sistema bancario e sui mercati finanziari poste in essere dagli organi preposti, in relazione alla tutela del risparmio, alla modalità di applicazione delle regole e degli strumenti di controllo vigenti, con particolare riguardo alle modalità di applicazione e all'idoneità degli interventi, dei poteri sanzionatori e degli strumenti di controllo disposti, nonché all'adeguatezza delle modalità di presidio dai rischi e di salvaguardia della trasparenza dei mercati; l'adeguatezza della disciplina legislativa e regolamentare, nazionale ed europea sul sistema bancario e finanziario, nonché sul sistema di vigilanza, anche ai fini della prevenzione e gestione delle crisi bancarie.
  L'articolo 4 disciplina l'attività di indagine della Commissione, che ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le medesime limitazioni dell'autorità giudiziaria (comma 1). Di conseguenza, per le audizioni a testimonianza rese davanti alla Commissione – ferme restando le ordinarie competenze del giudice – si applica la disciplina del codice penale che, nell'ambito dei delitti contro l'attività giudiziaria, sanziona il rifiuto di atti legalmente dovuti (articolo 366) e la falsa testimonianza (articolo 372). L'articolo 366 del codice penale (Rifiuto di atti legalmente dovuti) punisce con la reclusione fino a sei mesi o con la multa da 30 a 516 euro chiunque – nominato dall'autorità giudiziaria in qualità di perito, interprete, ovvero custode di cose sequestrate – ottenga con mezzi fraudolenti l'esenzione dall'obbligo di comparire o di prestare il suo ufficio. Le stesse pene si applicano a chiunque, chiamato dinanzi all'autorità giudiziaria per adempiere ad alcuna delle predette funzioni, rifiuta di dare le proprie generalità, ovvero di prestare il giuramento richiesto, ovvero di assumere o di adempiere le funzioni medesime. La sopracitata disciplina si applica a chi è chiamato a testimoniare dinanzi all'autorità giudiziaria, ad ogni altra persona chiamata ad esercitare una funzione giudiziaria. Se il colpevole è un perito o un interprete, la condanna importa la pena accessoria dell'interdizione dalla professione o da un'arte (salvi i casi previsti dalla legge, la sua durata varia tra un mese e 5 anni). L'articolo 372 del codice penale (Falsa testimonianza) punisce con la reclusione da due a sei anni chiunque, deponendo come testimone innanzi all'autorità giudiziaria o alla Corte penale internazionale, afferma il falso o nega il vero, ovvero tace, in tutto o in parte, ciò che sa intorno ai fatti sui quali è interrogato. Si chiarisce (comma 3) che alla Commissione, limitatamente all'oggetto delle indagini di sua competenza, non può essere opposto il segreto d'ufficio né il segreto professionale o quello bancario, fatta eccezione per il segreto tra difensore e parte processuale nell'ambito del mandato. Per il segreto di Stato si applica quanto previsto dalla disciplina generale posta dalla legge 3 agosto 2007, n. 124. Ove (comma 4) gli atti o i documenti attinenti all'oggetto dell'inchiesta siano stati assoggettati al vincolo del segreto da parte delle competenti Commissioni parlamentari di inchiesta, detto segreto non può essere opposto alla Commissione. La Commissione non può adottare (comma 5) provvedimenti che restringano la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione nonché la libertà personale, fatto salvo l'accompagnamento coattivo del testimone, del perito, del consulente tecnico, dell'interprete o del custode (di cui all'articolo 133 del codice di procedura penale). Pag. 66
  L'articolo 5 disciplina la richiesta di atti e documenti da parte della Commissione. Essa (comma 1) può ottenere, anche in deroga alla disciplina del segreto d'indagine (articolo 329 del codice di procedura penale), copie di atti o documenti relativi a procedimenti o inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organi inquirenti, inerenti all'oggetto dell'inchiesta. L'autorità giudiziaria provvede tempestivamente e può ritardare, con decreto motivato solo per ragioni di natura istruttoria, la trasmissione di copie degli atti e documenti richiesti. Il decreto ha efficacia per trenta giorni e può essere rinnovato. Quando tali ragioni vengono meno, l'autorità giudiziaria provvede senza ritardo a trasmettere quanto richiesto. L'autorità giudiziaria può trasmettere copie di atti e documenti anche di propria iniziativa. È la Commissione (comma 2) a stabilire quali atti e documenti non devono essere divulgati, anche in relazione ad esigenze attinenti ad altre istruttorie o inchieste in corso. Devono comunque essere coperti dal segreto i nomi, gli atti e i documenti attinenti a procedimenti giudiziari nella fase delle indagini preliminari.
  L'articolo 6 disciplina l'obbligo del segreto per i componenti della Commissione, i funzionari e il personale addetti alla Commissione stessa, nonché per ogni altra persona che collabora con essa o compie o concorre a compiere atti d'inchiesta oppure ne viene a conoscenza per ragioni d'ufficio o di servizio. L'obbligo perdura anche dopo la cessazione dell'incarico, per tutto quanto riguarda gli atti e i documenti acquisiti al procedimento d'inchiesta. Ove non costituisca più grave reato (comma 2), la violazione del segreto è punita come rivelazione del segreto d'ufficio ai sensi dell'articolo 326 del codice penale. Si chiarisce (comma 3) che, salvo il compimento di più grave reato, le stesse pene si applicano a chiunque diffonda in tutto o in parte, anche per riassunto o informazione, atti o documenti del procedimento di inchiesta dei quali sia stata vietata la divulgazione.
  L'articolo 7 dispone (comma 1) la pubblicità delle sedute della Commissione, salvo diversa decisione della Commissione stessa; l'attività e il funzionamento della Commissione sono disciplinati da un regolamento interno (comma 2), approvato dalla Commissione stessa prima dell'inizio dei lavori. Ciascun componente può proporre modifiche al regolamento. La Commissione può avvalersi dell'opera di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria (comma 3), nonché di tutte le collaborazioni ritenute necessarie. Il Presidente effettua le designazioni sentita la Commissione. Inoltre per l'espletamento dei propri compiti la Commissione fruisce di personale, locali e strumenti operativi messi a disposizione dai Presidenti delle Camere, d'intesa tra loro (comma 4). Infine il comma 5 pone il limite alle spese per il funzionamento della Commissione, fissato in 150.000 euro, che sono poste per metà a carico del bilancio interno del Senato della Repubblica e per metà a carico del bilancio interno della Camera dei deputati. I Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, con determinazione adottata d'intesa tra loro, possono autorizzare un incremento delle spese, comunque in misura non superiore al 30 per cento, a seguito di richiesta formulata dal Presidente della Commissione per motivate esigenze connesse allo svolgimento dell'inchiesta, corredata di certificazione delle spese sostenute.
  Quanto al rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, l'articolo 82 della Costituzione prevede che ciascuna Camera possa disporre inchieste su materie di pubblico interesse. L'istituzione della Commissione di inchiesta può essere deliberata anche da una sola Camera, con atto non legislativo. Nella storia parlamentare si è però andata affermando la prassi di deliberare le inchieste anche con legge, affidandole a Commissioni composte di deputati e senatori, ovvero, in alcuni casi, con due delibere di identico contenuto adottate dalle rispettive assemblee con gli strumenti regolamentari. Nel primo caso viene istituita una vera e propria Commissione bicamerale, mentre nel secondo si hanno due distinte Commissioni che possono deliberare di procedere Pag. 67in comune nei lavori d'inchiesta, rimanendo tuttavia distinte quanto ad imputazione giuridica dei rispettivi atti. In ogni caso, per quanto riguarda il procedimento di formazione, l'articolo 140 del Regolamento della Camera e l'articolo 162 del Regolamento del Senato stabiliscono che per l'esame delle proposte di inchiesta si segue la procedura prevista per i progetti di legge. Per quanto riguarda la nomina dei componenti, il secondo comma dell'articolo 82 della Costituzione prevede che la composizione della Commissione deve rispecchiare la proporzione dei gruppi; tale nomina, quindi, deve essere improntata al rispetto del principio di proporzionalità. Di conseguenza, si applicano l'articolo 56, comma 3, del regolamento Camera e l'articolo 25, comma 3, regolamento del Senato, i quali stabiliscono che per le nomine delle Commissioni che, per prescrizione di legge o regolamento debbano essere composte in modo da rispecchiare la proporzione dei Gruppi parlamentari, il Presidente comunica ai Gruppi il numero dei posti spettanti a ciascuno in base al suddetto criterio richiedendo la designazione di un eguale numero di nomi. L'articolo 82, comma secondo, della Costituzione stabilisce che la Commissione d'inchiesta procede alle indagini ed agli esami con gli stessi poteri delle Commissioni d'inchiesta e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria (cosiddetto principio del parallelismo). I poteri coercitivi che la Commissione d'inchiesta può esercitare sono naturalmente quelli propri della fase «istruttoria» delle indagini giudiziarie, dato che la Commissione è priva di poteri giudicanti e non può quindi accertare reati ed irrogare sanzioni. La Commissione può quindi disporre ispezioni e perquisizioni personali e domiciliari, sequestri, intercettazioni telefoniche, perizie, ricognizioni, esperimento di prove testimoniali ed accompagnamento coattivo dei testi renitenti. In particolare, come chiarito anche dal provvedimento in esame, per le convocazioni di testimoni davanti alla Commissione si applicano gli articoli 366 – rifiuto di uffici legalmente dovuti da parte dei periti, interpreti, o custode di cose sottoposte a custodia e da parte dei testimoni – e 372 – falsa testimonianza – del codice penale, ferme restando le competenze dell'autorità giudiziaria. La Commissione deve comunque assicurare il rispetto dei diritti fondamentali di difesa discendenti dal disposto dell'articolo 24 della Costituzione riconoscendo, ad esempio, il diritto all'assistenza del difensore ogni volta che il suo mancato esercizio possa pregiudicare la posizione processuale della persona interrogata. Il parallelismo con i poteri della magistratura disposto dal citato comma secondo dell'articolo 82 della Costituzione si estende anche agli aspetti relativi alle limitazioni dei poteri della Commissione stessa. In via generale si può affermare che lo svolgimento dell'inchiesta trova gli stessi limiti che la vigente legislazione pone alle indagini dell'autorità giudiziaria, fermo restando che l'atto istitutivo della Commissione può disporne di ulteriori, ovvero prevedere l'inapplicabilità nei confronti della Commissione stessa di disposizioni limitative dell'attività d'indagine dell'autorità giudiziaria; al riguardo si rammenta, in via esemplificativa, che l'articolo 3, comma 2, della legge 30 giugno 1994, n. 430, istitutiva della Commissione antimafia nel corso della XII legislatura, ha disposto la non opponibilità alla Commissione del segreto di Stato con riferimento ai fatti di mafia, camorra ed altre associazioni criminali similari (reati per i quali all'epoca era prevista l'opponibilità del segreto di stato, prima delle modifiche apportate dalla legge n. 124 del 2007).
  Formula, quindi, una proposta di parere favorevole (vedi allegato 4).

  Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere della relatrice.

  La seduta termina alle 15.20.

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