CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 14 giugno 2016
655.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (II e VI)
COMUNICATO
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SEDE REFERENTE

  Martedì 14 giugno 2016. — Presidenza del presidente della VI Commissione Maurizio BERNARDO. — Intervengono il Sottosegretario di Stato per la giustizia Cosimo Maria Ferri e il Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Pier Paolo Baretta.

  La seduta comincia alle 14.45.

DL 59/2016: Disposizioni urgenti in materia di procedure esecutive e concorsuali, nonché a favore degli investitori in banche in liquidazione.
C. 3892 Governo, approvato dal Senato.

(Esame e rinvio).

  Le Commissioni iniziano l'esame del provvedimento.

  Paolo PETRINI (PD), relatore per la VI Commissione, rileva come le Commissioni riunite siano chiamate a esaminare, in sede referente, il disegno di legge C. 3892, approvato dal Senato, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 3 maggio 2016, n. 59, recante disposizioni urgenti in materia di procedure esecutive e concorsuali, nonché a favore degli investitori in banche in liquidazione.
  Il decreto-legge, che si compone, dopo le modifiche e integrazioni apportate dal Senato, di 16 articoli, si suddivide in quattro capi.
  Il Capo I reca misure di sostegno alle imprese e di accelerazione del recupero crediti, anche mediante modifiche alle procedure civilistiche di esecuzione forzata e alle norme fallimentari; il Capo II disciplina gli interventi in favore degli investitori in banche in liquidazione; il Capo III reca disposizioni finanziarie relative, tra l'altro, alle imposte differite attive e al personale del comparto del credito; il Capo IV contiene alcune disposizioni finanziarie.
  Per quanto riguarda gli ambiti di competenza della Commissione Finanze, segnala l'articolo 2 e gli articoli da 7 a 12-bis.
  L'articolo 2, modificato dal Senato, disciplina il finanziamento alle imprese garantito dal trasferimento di proprietà immobiliari o altri diritti reali immobiliari, sospensivamente condizionato. A tal fine, nel Testo unico bancario (TUB) di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993, è introdotto il nuovo articolo 48-bis. Pag. 6
  Ai sensi del comma 1 del nuovo articolo 48-bis, il contratto di finanziamento concluso tra un imprenditore e una banca – o altro soggetto autorizzato a concedere finanziamenti nei confronti del pubblico che deve essere iscritto all'albo degli intermediari autorizzati dalla Banca d'Italia, di cui all'articolo 106 del TUB – può essere garantito dal trasferimento della proprietà di un immobile, o di un altro diritto immobiliare, dell'imprenditore o di un terzo, in favore del creditore o di una società controllata o collegata che sia autorizzata ad acquistare, detenere, gestire e trasferire diritti reali immobiliari. Tale trasferimento si verifica in caso di inadempimento del debitore.
  Durante l'esame al Senato è stato precisato che la nota di trascrizione del trasferimento sospensivamente condizionato di cui al presente comma deve indicare gli elementi di cui all'articolo 2839, secondo comma, numeri 4), 5) e 6), del codice civile, ovvero l'importo della somma per la quale l'iscrizione è presa, gli interessi e le annualità che il credito produce, il tempo della esigibilità.
  In tal caso il comma 2 del nuovo articolo 48-bis prevede che al proprietario deve essere corrisposta l'eventuale differenza tra il valore di stima del diritto e l'ammontare del debito inadempiuto e delle spese di trasferimento.
  Ai sensi del comma 3 del nuovo articolo 48-bis da tale contratto sono esclusi gli immobili adibiti ad abitazione principale del proprietario, del coniuge o di suoi parenti e affini entro il terzo grado.
  Il comma 4 consente che il patto possa essere stipulato non solo al momento della conclusione del contratto di finanziamento, ma anche successivamente. La modifica deve avvenire per atto notarile.
  Qualora il finanziamento sia già garantito da ipoteca, il previsto trasferimento del bene, una volta trascritto, prevale sulle trascrizioni e iscrizioni eseguite successivamente all'iscrizione ipotecaria.
  Per effetto delle modifiche introdotte al Senato, fatti salvi gli effetti dell'aggiudicazione (anche provvisoria) e dell'assegnazione, la prevalenza del trasferimento su trascrizioni e iscrizioni successive si applica anche quando l'immobile è stato sottoposto a espropriazione forzata, in forza di pignoramento trascritto prima della trascrizione del patto di trasferimento, ma successivamente all'iscrizione dell'ipoteca.
  In tal caso si applica il comma 10 del nuovo articolo 48-bis, che consente il trasferimento anche quando il diritto reale immobiliare è successivamente sottoposto ad esecuzione forzata per espropriazione e ne disciplina le relative procedure.
  Ai sensi del comma 5, per il configurarsi dell'inadempimento deve sussistere una delle seguenti condizioni:
   il mancato pagamento si protrae per oltre nove mesi (termine così modificato al Senato, in luogo dei sei mesi originariamente previsti dal decreto-legge) dalla scadenza di almeno tre rate, anche non consecutive, nel caso di obbligo di rimborso a rate mensili;
   il mancato pagamento si protrae per oltre nove mesi dalla scadenza di una sola rata, in caso di termini di scadenza delle rate superiori al periodo mensile;
   il mancato pagamento si protrae per oltre nove mesi dalla scadenza del rimborso previsto nel contratto di finanziamento, nel caso in cui non sia previsto il pagamento rateale.

  Secondo le modifiche introdotte al Senato, qualora alla data di scadenza della prima delle rate, anche non mensili, non pagate il debitore abbia già rimborsato almeno l'85 per cento della quota capitale del finanziamento concesso, il periodo di inadempimento è elevato da nove a dodici mesi.
  Al verificarsi dell'inadempimento, il creditore deve notificare al debitore e, se diverso, al titolare del diritto reale immobiliare, una dichiarazione di volersi avvalere degli effetti del patto. La medesima dichiarazione deve essere notificata a coloro che hanno diritti derivanti da titolo iscritto o trascritto sull'immobile. Nel corso dell'esame al Senato è stata espunta Pag. 7la norma ai sensi della quale tale notifica doveva avvenire successivamente alla trascrizione del patto di trasferimento a scopo di garanzia ed è stato specificato che occorre anche precisare l'ammontare del credito per cui procede.
  Il comma 6 prevede che sessanta giorni dopo tale notifica, il creditore chiede al presidente del tribunale del luogo nel quale si trova l'immobile la nomina di un perito per la stima, con relazione giurata, del diritto reale immobiliare oggetto del patto. Nel corso dell'esame al Senato è stato specificato che il perito procede in conformità ai criteri di cui all'articolo 568 del codice di procedura civile, vale a dire avuto riguardo al valore di mercato, sulla base degli elementi forniti dalle parti. Non può procedersi alla nomina del perito quando ricorre uno dei casi di obbligo di astensione di cui all'articolo 51 del codice di procedura civile, che disciplina il conflitto d'interessi.
  Per l'effettuazione della stima si applicano i criteri (previsti dall'articolo 1349, primo comma, del codice civile) con cui il terzo può procedere alla determinazione dell'oggetto del contratto: se non risulta che le parti si sono rimesse al suo mero arbitrio, il terzo deve procedere con equo apprezzamento. Se manca la determinazione del terzo o se questa è manifestamente iniqua o erronea, la determinazione è fatta dal giudice.
  L'ultimo periodo del predetto comma 6 è stato riformulato al Senato, al fine di instaurare una forma di contraddittorio tra perito e soggetti interessati all'immobile oggetto del patto. Resta fermo l'obbligo del perito di comunicare la relazione giurata di stima al debitore e, se diverso, al titolare del diritto reale immobiliare, al creditore nonché a coloro che hanno diritti derivanti da titolo iscritto o trascritto sull'immobile. Viene precisato che la comunicazione va fatta entro sessanta giorni dalla nomina e, ove possibile, a mezzo di posta elettronica certificata. Inoltre i destinatari della comunicazione possono, entro dieci giorni dalla medesima comunicazione, inviare note al perito; in tal caso il perito, entro i successivi dieci giorni, effettua una nuova comunicazione della relazione rendendo gli eventuali chiarimenti.
  In caso di contestazione della stima da parte del debitore, ai sensi del comma 7 il creditore ha comunque diritto di avvalersi degli effetti del patto; pertanto, l'eventuale fondatezza della contestazione incide esclusivamente sulla differenza da versare al titolare del diritto reale immobiliare.
  Il comma 8 chiarisce che la condizione sospensiva di inadempimento si considera avverata al momento della comunicazione al creditore del valore di stima, ovvero al momento dell'avvenuto versamento all'imprenditore della differenza, nel caso in cui il valore sia superiore all'ammontare del debito inadempiuto, compresi le spese ed i costi del trasferimento. Viene stabilito inoltre che il contratto di finanziamento o la sua modifica devono contenere l'espressa previsione di un conto corrente bancario, intestato al titolare del diritto reale immobiliare, sul quale il creditore deve accreditare la predetta differenza. Nel corso dell'esame al Senato è stato precisato che detto conto deve essere senza spese.
  Il comma 9 pone in capo al creditore, a fini pubblicitari connessi all'annotazione di cancellazione della condizione sospensiva, l'obbligo di provvedere con atto notarile a dichiarare l'inadempimento del debitore mediante dichiarazione sostitutiva, nonché l'obbligo di produrre l'estratto autentico delle scritture contabili. Per effetto delle modifiche introdotte al Senato, è stato precisato che l'annotazione di cancellazione della condizione sospensiva è effettuata ai sensi dell'articolo 2668, terzo comma, del codice civile, vale a dire quando l'avveramento o la mancanza della condizione ovvero la scadenza del termine risulta da sentenza o da dichiarazione, anche unilaterale, della parte, in danno della quale la condizione sospensiva si è verificata o la condizione risolutiva è mancata ovvero il termine iniziale è scaduto.
  Il comma 10 stabilisce che il trasferimento può avvenire anche quando il diritto reale immobiliare già oggetto del patto è successivamente sottoposto ad esecuzione Pag. 8forzata per espropriazione. In questo caso l'accertamento dell'inadempimento è compiuto, su istanza del creditore, dal giudice dell'esecuzione e il valore di stima è determinato dall'esperto nominato dallo stesso giudice. Il giudice fissa il termine entro il quale il creditore deve versare una somma non inferiore alle spese di esecuzione e, ove vi siano, ai crediti aventi diritto di prelazione anteriore a quello dell'istante ovvero pari all'eventuale differenza tra il valore di stima del bene e l'ammontare del debito inadempiuto. A seguito del versamento, il giudice dà atto dell'avveramento della condizione, con decreto annotato ai fini della cancellazione della condizione. La distribuzione del ricavato avviene secondo le procedure dell'espropriazione immobiliare (di cui al libro terzo, titolo II, capo IV del codice di procedura civile).
  Il comma 11 prevede che la medesima procedura si applica, in quanto compatibile, anche quando il diritto reale immobiliare è sottoposto ad esecuzione a seguito di riscossione di somme non pagate, secondo le modalità previste dal decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, ovvero, ai sensi del comma 12, su istanza del creditore ammesso al passivo, in caso di fallimento del debitore dopo la trascrizione del patto.
  Il comma 13 stabilisce che il creditore – mediante atto notarile – provvede, entro trenta giorni dall'estinzione dell'obbligazione garantita, a dare pubblicità nei registri immobiliari del mancato definitivo avveramento della condizione sospensiva.
  Nel corso dell'esame al Senato sono stati aggiunti i commi 13-bis e 13-ter. Il comma 13-bis specifica che il patto a scopo di garanzia, ai fini del concorso tra i creditori, è equiparato all'ipoteca. Il comma 13-ter chiarisce quali sono gli effetti della trascrizione del patto: essa in particolare produce gli stessi effetti di estensione disciplinati, con riguardo all'iscrizione di ipoteca, all'articolo 2855 del codice civile. Con riferimento all'ipotesi del patto, si ha riguardo, in luogo del pignoramento, alla notificazione della dichiarazione del creditore di volersene avvalere. Di conseguenza, in virtù di detto rinvio, la trascrizione del patto fa collocare nello stesso grado le spese dell'atto, quelle dell'iscrizione e rinnovazione, quelle ordinarie occorrenti per l'intervento nel processo di esecuzione. Per il credito di maggiori spese giudiziali, le parti possono estendere il patto espressamente, purché sia presa la corrispondente iscrizione.
  L'articolo 7 dispone l'acquisizione, da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, della Società per la Gestione di Attività S.G.A. S.p.A., la società costituita in occasione del salvataggio del Banco di Napoli nel 1997 allo scopo di recuperare i crediti in sofferenza.
  In particolare il comma 1 dispone il trasferimento delle azioni rappresentative dell'intero capitale sociale della Società per la Gestione di Attività S.G.A. S.p.A. al Ministero dell'economia e delle finanze. A fronte del trasferimento si prevede un corrispettivo non superiore a 600.000 euro, pari al valore nominale delle azioni trasferite, determinato sulla base di una relazione giurata di stima prodotta da uno o più soggetti di adeguata esperienza e qualificazione professionale nominati dal Ministero dell'economia e delle finanze. La stessa norma ricorda che sulle azioni della SGA è attribuito al Ministero dell'economia e delle finanze il diritto di pegno; conseguentemente all'acquisizione della SGA da parte del MEF la norma citata è abrogata dal successivo comma 2.
  La relazione illustrativa del disegno di legge afferma al riguardo che il trasferimento delle azioni al valore nominale non superiore a 600.000 euro è giustificato dalla norma del citato decreto-legge n. 497 del 1996, che attribuisce al Tesoro gli eventuali utili di bilancio realizzati dalle società cessionarie dei crediti del Banco di Napoli (ovvero la SGA), nell'ambito della determinazione del corrispettivo pagato dal Tesoro per la ricapitalizzazione del Banco di Napoli operata, tra l'altro, mediante l'acquisto di azioni e dei diritti di opzione sulle stessa (ai sensi dell'articolo 2, comma 1, del medesimo decreto-legge n. 497 del 1996). Il citato articolo 2, comma 1, dispone infatti che, a fronte Pag. 9dell'immediato trasferimento delle azioni e dei diritti di opzione del Banco di Napoli, acquistati dal Tesoro a trattativa diretta o a seguito di offerta pubblica, il corrispettivo che il Tesoro paga per tali acquisti è determinato successivamente, sulla base del prezzo realizzato all'esito dell'operazione di dismissione della partecipazione detenuta del Tesoro, disposta dall'articolo 5 del decreto-legge n. 497 e da attuarsi entro la fine del 1997. Tale prezzo è aumentato degli eventuali utili di bilancio complessivamente realizzati dalle società cessionarie, «che sono attribuiti al Tesoro», ed è ridotto degli oneri per la copertura delle perdite del Banco nei cinque esercizi successivi conseguenti agli interventi a favore delle stesse società cessionarie nonché dell'ammontare del capitale conferito dal Tesoro aumentato degli interessi.
  Il comma 2 dell'articolo 7 estende l'ambito di operatività della SGA. È previsto, infatti, che successivamente alla sua acquisizione da parte del MEF, la SGA potrà acquistare sul mercato crediti, partecipazioni e altre attività finanziarie, nonché compiere le ulteriori attività previste dallo statuto, nel rispetto dei requisiti e degli obblighi previsti dalla normativa applicabile allo svolgimento di determinate tipologie di servizi nei confronti del pubblico. È prevista inoltre l'abrogazione, a decorrere dal 4 maggio 2016 (data di entrata in vigore del decreto-legge), dei commi 6 e 6-bis dell'articolo 3 del decreto-legge n. 497 del 1996.
  Il richiamato comma 6, di cui si prevede l'abrogazione, consente alla Banca d'Italia di concedere al Banco di Napoli S.p.A. anticipazioni a fronte delle perdite derivanti da finanziamenti e di altri interventi dallo stesso Banco effettuati verso società del gruppo poste in liquidazione, nell'interesse dei creditori delle stesse società, ovvero a favore di società del gruppo a cui siano stati ceduti, previa autorizzazione della Banca d'Italia, crediti ed altre attività del Banco.
  Il comma 6-bis, anch'esso abrogato, stabilisce che la predetta autorizzazione della Banca d'Italia è subordinata alla concessione in favore del Tesoro del pegno, con diritto di voto, delle azioni delle società cessionarie di proprietà del Banco di Napoli, ovvero anche alla concessione, in favore del Tesoro, di mandato irrevocabile, anche per più assemblee e senza indicazione di istruzioni, ad esercitare il diritto di voto, al fine di consentire al Tesoro di disporre della maggioranza dei diritti di voto.
  L'ultimo periodo del comma 2 dell'articolo 7 vincola la SGA ad adeguare lo statuto alle disposizioni previste dal medesimo articolo 7. L'estensione dell'ambito di operatività della SGA determina, quindi, che essa possa acquistare e gestire crediti e altre attività non immobiliari anche da soggetti diversi dal Banco di Napoli. In tal modo, una S.p.A. interamente posseduta dallo Stato sarà attiva nel mercato dei crediti deteriorati.
  Gli articoli da 8 a 10 contengono disposizioni in favore dei soggetti che hanno investito in banche in liquidazione, sottoposte a procedure di risoluzione.
  Rileva come si tratti, in particolare, di coloro che hanno acquistato obbligazioni subordinate della Banca delle Marche S.p.A., della Banca popolare dell'Etruria e del Lazio – Società cooperativa, della Cassa di risparmio di Ferrara S.p.A. e della Cassa di risparmio della provincia di Chieti S.p.A. direttamente dall'istituto di emissione o da un intermediario.
  In particolare, l'articolo 8 definisce le nozioni di: investitore; Banca in liquidazione; Nuova Banca; Fondo di solidarietà; Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi; prestazione dei servizi e delle attività di investimento relativi alla sottoscrizione o al collocamento degli strumenti finanziari subordinati; Mercato telematico all'ingrosso dei titoli di Stato (MTS).
  In dettaglio, per investitore si intende la persona fisica, l'imprenditore individuale, anche agricolo, e il coltivatore diretto, o il suo successore mortis causa, che ha acquistato gli strumenti finanziari subordinati (di cui al comma 855 dell'articolo 1 della legge di stabilità per il 2016), nell'ambito di un rapporto negoziale diretto con una delle seguenti banche emittenti: Pag. 10Banca delle Marche S.p.A., la Banca popolare dell'Etruria e del Lazio – Società cooperativa, la Cassa di risparmio di Ferrara S.p.A. e la Cassa di risparmio della provincia di Chieti S.p.A..
  Per Banca in liquidazione si intende: la Cassa di Risparmio di Ferrara S.p.A. in liquidazione coatta amministrativa, la Banca delle Marche S.p.A. in liquidazione coatta amministrativa, la Banca popolare dell'Etruria e del Lazio S.p.A. in liquidazione coatta amministrativa, la Cassa di risparmio di Chieti S.p.A. in liquidazione coatta amministrativa.
  Con il termine «Nuova Banca» ci si riferisce a: la Nuova Cassa di Risparmio di Ferrara S.p.A., la Nuova Banca delle Marche S.p.A., la Nuova Banca dell'Etruria e del Lazio S.p.A. (come più correttamente indicato con una modifica di coordinamento approvata dal Senato), la Nuova Cassa di risparmio di Chieti S.p.A., istituite dall'articolo 1 del decreto-legge n. 183 del 2015, in materia di «Disposizioni urgenti per il settore creditizio».
  Il «Fondo di solidarietà» è il fondo di solidarietà per l'erogazione di prestazioni in favore degli investitori istituito dall'articolo 1, comma 855, della citata legge di stabilità per il 2016; rammenta che tale Fondo è destinato ai soggetti che, alla data di entrata in vigore del predetto decreto-legge n. 183 del 2015, detenevano strumenti finanziari subordinati emessi dai cinque istituti sottoposti a risoluzione.
  Per «Fondo» si intende il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi quale gestore del Fondo di solidarietà poc'anzi citato.
  Con la nozione di «prestazione dei servizi e delle attività di investimento relativi alla sottoscrizione o al collocamento degli strumenti finanziari subordinati» si fa riferimento alla prestazione di ciascuno dei servizi ed attività (ex articolo 1, comma 5, e all'articolo 25-bis del TUIF), con particolare riferimento a quelle che hanno riguardato l'acquisto o la sottoscrizione dall'investitore di strumenti finanziari subordinati, nell'ambito di un rapporto negoziale con la Banca in liquidazione.
  Infine il significato dell'acronimo «MTS» è Mercato telematico all'ingrosso dei titoli di Stato (MTS) gestito dalla Società per il Mercato dei Titoli di Stato – MTS S.p.A..
  In tale contesto l'articolo 9 interviene in materia di accesso diretto al Fondo di solidarietà al fine del riconoscimento dell'indennizzo forfetario.
  In particolare il comma 1 individua le condizioni patrimoniali e reddituali che gli investitori, come definiti dall'articolo 8, comma 1, lettera a), devono possedere per poter chiedere al predetto Fondo l'erogazione di un indennizzo forfettario dell'ammontare determinato ai sensi del successivo comma 3.
  Le condizioni sono:
   ai sensi della lettera a), il possesso di un patrimonio mobiliare di valore inferiore a 100.000 euro;
   ovvero, ai sensi della lettera b), il possesso di un reddito complessivo (come specificato dal Senato, in quanto il testo originario del decreto-legge parlava di reddito lordo) ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche nell'anno 2014 (il testo originario del decreto legge prevedeva invece il riferimento al 2015) inferiore a 35.000 euro.

  Il comma 2 stabilisce i criteri di determinazione del valore del patrimonio mobiliare di cui al comma 1, prevedendo che esso sia calcolato quale somma delle seguenti voci:
   il patrimonio mobiliare posseduto al 31 dicembre 2015, esclusi gli Strumenti Finanziari: tale patrimonio è a sua volta determinato secondo i criteri e le istruzioni approvati con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Direzione generale per la determinazione dell'Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE);
   il corrispettivo pagato per l'acquisto degli Strumenti Finanziari, al netto degli oneri e spese direttamente connessi all'operazione di acquisto.

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  Il comma 3 definisce l'entità dell'indennizzo forfettario. Tale importo è pari all'80 per cento del corrispettivo pagato per l'acquisto degli Strumenti Finanziari al netto degli oneri e delle spese direttamente connessi all'acquisto (lett. a) del comma) e della differenza, se positiva, tra il rendimento degli strumenti finanziari subordinati e il rendimento di mercato di un BTP in corso di emissione di durata finanziaria equivalente oppure il rendimento ricavato tramite interpolazione lineare di BTP in corso di emissione aventi durata finanziaria più vicina (lett. b) del comma). In pratica, laddove non sia possibile far riferimento al rendimento di un BTP con durata equivalente, si ricorre a un procedimento matematico che a partire da valori osservabili (BTP con durata più vicina) ricava il rendimento di un «teorico» BTP con durata equivalente.
  Il comma 4 qualifica i termini della differenza di cui al comma 3, lettera b), stabilendo che il rendimento degli strumenti finanziari subordinati è rilevato alla data di acquisto o di sottoscrizione, mentre il rendimento dei BTP è determinato sulla base della loro quotazione di chiusura, alla medesima data, nel mercato regolamentato dei titoli di Stato MTS.
  Il comma 5 precisa che l'importo di cui al comma 3, lettera b), è calcolato moltiplicando tra loro la differenza tra i rendimenti di cui al comma precedente, gli anni e la frazione d'anno trascorsi dalla data di acquisto o di sottoscrizione degli strumenti finanziari subordinati e la data del provvedimento di risoluzione delle Banche in liquidazione, il corrispettivo pagato per l'acquisto degli strumenti finanziari subordinati al netto di oneri e spese direttamente connessi all'operazione di acquisto.
  Il comma 6 stabilisce che l'istanza di erogazione dell'indennizzo forfetario deve essere presentata, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge (termine elevato nel corso dell'esame in Senato dai quattro mesi inizialmente previsti) e che la stessa non consente il ricorso alla procedura arbitrale prevista dai commi da 857 a 860, dell'articolo 1 della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016).
  Il comma 7 definisce i contenuti dell'istanza di erogazione dell'indennizzo forfetario, da indirizzarsi al Fondo. L'istanza deve contenere: il nome, l'indirizzo e l'elezione di un domicilio, anche digitale; la Banca in liquidazione presso la quale l'investitore ha acquistato gli strumenti finanziari subordinati; gli strumenti finanziari subordinati acquistati, con indicazione della quantità, del controvalore, della data di acquisto, del corrispettivo pagato, degli oneri e spese direttamente connessi all'operazione di acquisto e, ove disponibile, del codice ISIN.
  Il comma 8 indica la documentazione che l'investitore deve allegare all'istanza:
   ai sensi della lettera a), il contratto di acquisto degli strumenti finanziari subordinati;
   ai sensi della lettera b), i moduli di sottoscrizione o d'ordine di acquisto;
   ai sensi della lettera c), l'attestazione degli ordini eseguiti;
   ai sensi della lettera e), una dichiarazione sulla consistenza del patrimonio mobiliare (calcolato ai sensi del comma 2), ovvero sull'ammontare del reddito, contenente espressa dichiarazione di consapevolezza delle sanzioni penali previste in caso di, dichiarazioni non veritiere e falsità negli atti.

  Nel corso dell'esame al Senato è stata soppressa la lettera d) del comma 8, che prevedeva che l'investitore dovesse allegare anche copia della richiesta, alla Banca in liquidazione, del pagamento del credito relativo agli strumenti finanziari subordinati. In questo modo semplificando la documentazione da allegare alla richiesta.
  Inoltre, il Senato ha aggiunto il comma 8-bis, il quale prevede che le banche in liquidazione e le nuove banche di cui, rispettivamente, alle lettere b) e c) del comma 1 dell'articolo, siano tenute a consegnare all'investitore, entro 15 giorni Pag. 12dalla sua richiesta, copia dei documenti di cui alle lettere a), b) e c) del medesimo comma 8.
  Il comma 9 stabilisce che il Fondo verifica la completezza della documentazione al fine di verificare la sussistenza delle condizioni di cui al comma 1, calcola l'importo dell'indennizzo e procede alla liquidazione entro il termine di sessanta giorni dalla richiesta.
  Il comma 10 chiarisce che gli investitori che intendono accedere alle risorse del Fondo di solidarietà e che non hanno presentato l'istanza di erogazione dell'indennizzo forfetario di cui ai commi precedenti, possono esperire, in via alternativa a tale istanza, la procedura arbitrale (ai sensi dell'articolo 1, commi da 857 a 860, della legge di stabilità 2016). L'attivazione di quest'ultima procedura preclude la possibilità di esperire l'istanza di indennizzo forfettario e, laddove questa sia stata già attivata, la relativa istanza è improcedibile. Il comma precisa inoltre che l'istanza di erogazione dell'indennizzo forfetario in relazione a strumenti finanziari acquistati entro la data del 12 giugno 2014 non preclude l'accesso, da parte dei medesimi investitori, alla procedura arbitrale in relazione a strumenti finanziari acquistati oltre la suddetta data.
  L'articolo 10 sostituisce il comma 856 (dotazione e limiti del Fondo di solidarietà) e modifica il comma 857 (modalità e termini di operatività del Fondo di solidarietà) dell'articolo 1 della legge di stabilità per il 2016, al fine di coordinarne il testo con le novità introdotte dall'articolo 9.
  Ricorda che il citato comma 856 prevedeva che il Fondo di solidarietà (di cui al comma 855) fosse alimentato dal Fondo interbancario di tutela dei depositi – FIDT, disciplinato dall'articolo 96 del TUB, con una dotazione sino a un massimo di 100 milioni di euro, in conformità con le norme europee sugli aiuti di Stato e da questo gestito con risorse proprie. Come previsto dal comma 4 del TUB, infatti, i sistemi di garanzia dei depositanti istituiti e riconosciuti in Italia a cui aderiscono le banche hanno natura di diritto privato e le risorse finanziarie per il perseguimento delle loro finalità sono fornite dalle banche aderenti in conformità di quanto previsto dalla Sezione IV del TUB, rubricata «sistemi di garanzia dei depositanti».
  In particolare la lettera a) del comma 1 dell'articolo 10 elimina il limite di 100 milioni alla dotazione del Fondo di solidarietà.
  La lettera b) del medesimo comma 1 porta invece al 30 giugno 2016 il termine per l'emanazione dei decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della giustizia, previsti dal comma 857 della citata legge di stabilità.
  Rammenta che, ai sensi del citato comma 857, tali decreti andranno a definire: le modalità di gestione del Fondo di solidarietà e le relative modalità e condizioni di accesso, ivi inclusi le modalità e i termini per la presentazione delle istanze di erogazione delle prestazioni; i criteri di quantificazione delle prestazioni, determinate in importi corrispondenti alla perdita subita, fino a un ammontare massimo; le procedure da esperire, che possono essere in tutto o in parte anche di natura arbitrale; le ulteriori disposizioni di attuazione delle norme.
  L'articolo 11, modificato al Senato, interviene sulla vigente disciplina delle DTA – Deferred Tax Assets (imposte differite attive o attività per imposte anticipate) per superare i rilievi formulati dalla Commissione UE in merito alla compatibilità di tale istituto con la disciplina degli aiuti di Stato. In particolare la Commissione UE ha chiesto all'Italia che la trasformabilità in credito di imposta delle DTA qualificate, ove ad esse non corrisponda un effettivo pagamento anticipato di imposte (cosiddette DTA «di tipo 2»), sia subordinata al pagamento di un canone, al fine di rendere tale disciplina compatibile con la normativa UE in tema di aiuti di Stato.
  Resta ferma la ordinaria trasformabilità delle DTA qualificate in credito di imposta, ove a ciò corrisponda un effettivo pagamento anticipato di imposte (DTA «di tipo 1»).
  Ai sensi del comma 1 dell'articolo 11, le imprese interessate dalle norme sulla trasformazione Pag. 13di DTA in crediti d'imposta (contenuta, nell'articolo 1, commi da 55 a 57, del decreto-legge n. 225 del 2010) possono scegliere, con riferimento alle attività per imposte anticipate non effettivamente versate (quantificate ai sensi del comma 2), di mantenere l'applicazione della predetta normativa mediante la corresponsione di un canone, al ricorrere delle condizioni di legge.
  Per effetto delle modifiche in sede referente, viene stabilito che l'opzione si considera esercitata con il versamento del canone. Viene dunque eliminato il riferimento al 4 giugno 2016 (un mese dalla data di entrata in vigore del decreto-legge) come termine ultimo per l'esercizio dell'opzione stessa, posticipandolo al 31 luglio 2016, termine per il versamento del quantum dovuto nel 2015.
  L'opzione è irrevocabile e comporta l'obbligo del pagamento di un canone annuo fino all'esercizio in corso al 31 dicembre 2029. Detto canone è deducibile ai fini delle imposte sui redditi e dell'IRAP. Le modifiche in Commissione hanno precisato che il canone è deducibile nell'esercizio in cui avviene il pagamento.
  Ai sensi del comma 2, il canone è determinato annualmente applicando l'aliquota dell'1,5 per cento alla differenza tra l'ammontare delle attività per imposte anticipate e le imposte versate.
  I commi 3 e 4 chiariscono le modalità di determinazione, rispettivamente, di ciascuno degli elementi della sottrazione di cui al comma 2.
  In particolare, l'ammontare delle attività per imposte anticipate, che costituisce il primo termine dell'operazione di sottrazione di cui al comma 2, è determinato, ai sensi del comma 3, annualmente, effettuando la somma algebrica tra:
   la differenza, positiva o negativa, tra le attività per imposte anticipate (cui si applica la citata normativa del 2010) iscritte in bilancio alla fine dell'esercizio e quelle iscritte alla fine dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2007;
   le attività per imposte anticipate trasformate in credito d'imposta, ai sensi delle disposizioni del 2010 già richiamate.

  La relazione illustrativa allegata al disegno di legge chiarisce che, se i crediti d'imposta derivanti da DTA sono stati ceduti, le DTA trasformate continuano a rilevare in capo al cedente e non in capo al cessionario.
  Al fini del calcolo del secondo termine della sottrazione di cui al comma 2, e cioè le imposte effettivamente versate, si tiene conto:
   dell'IRES e delle relative addizionali versate con riferimento al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2008 e ai successivi;
   dell'IRAP versata con riferimento ai periodi d'imposta in corso al 31 dicembre 2013 e ai successivi;
   dell'imposta sostitutiva per il riallineamento e la rivalutazione volontari di valori contabili (di cui all'articolo 15, commi 10, 10-bis e 10-ter del decreto-legge n. 185 del 2010) e dell'imposta sostitutiva sui maggiori valori attribuiti in bilancio agli elementi dell'attivo costituenti immobilizzazioni materiali e immateriali nel caso di conferimento d'azienda (di cui all'articolo 176, comma 2-ter, del TUIR), versate con riferimento al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2008 e successivi, fino al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2014.

  Il comma 5 chiarisce che, se le imposte versate superano le attività per imposte anticipate (si è dunque in presenza di DTA di tipo 1), il canone non è dovuto.
  Il comma 6 chiarisce il regime applicabile all'ipotesi di partecipazione delle imprese al consolidato nazionale ovvero a operazioni straordinarie (fusioni, scissioni etc.).
  Il criterio adottato dal legislatore prevede che per i soggetti aderenti al consolidato la base imponibile su cui calcolare il canone sia effettuata «per massa», ovvero tenendo conto della somma delle DTA qualificate delle singole imprese e della somma delle imposte versate dalla Pag. 14consolidante (IRES) e dalle singole imprese (per quanto riguarda le altre imposte).
  Il pagamento del canone è effettuato dalla consolidante; in caso di mancato esercizio dell'opzione, le DTA di tipo 2 sono attribuite alle società partecipanti secondo un criterio di proporzionalità rispetto alle DTA qualificate detenute da ciascuna di esse.
  In tal caso, ai fini della determinazione della differenza tra attività per imposte anticipate ed imposte effettivamente versate:
   per imposte versate (di cui al comma 2) si intendono l'IRES versata in proprio o in qualità di consolidanti (come specificato in sede referente), nonché le addizionali all'IRES, l'IRAP e le imposte sostitutive (di cui al citato comma 4) versate dai soggetti partecipanti al consolidato che rientrano tra le imprese cui si applica la disciplina della trasformazione di DTA;
   l'ammontare delle attività per imposte anticipate (di cui al comma 3) è dato dalla somma dell'ammontare delle attività per imposte anticipate delle singole imprese partecipanti al consolidato.

  Il comma 7 disciplina le modalità di versamento del canone, da effettuarsi per ciascun esercizio (in luogo di anno, come precisato in sede referente, per tenere conto delle imprese il cui esercizio non coincide con l'anno solare) entro il termine per il versamento a saldo delle imposte sui redditi.
  Più precisamente, il versamento del canone è effettuato entro il termine per il versamento a saldo delle imposte sui redditi, a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2016; per quanto riguarda il periodo d'imposta precedente, ovvero quello in corso al 31 dicembre 2015, il versamento è effettuato in ogni caso entro il 31 luglio 2016, ma senza la maggiorazione a titolo di interesse disposta dall'articolo 17, comma 2, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 435 del 2001.
  Per l'ipotesi di consolidato nazionale, il versamento è effettuato dalla consolidante.
  Il comma 8 disciplina il caso in cui siano state effettuate operazioni straordinarie a partire dall'esercizio in corso al 31 dicembre 2008 e, dunque, l'ipotesi in cui le imprese coinvolte nella disciplina della trasformabilità di DTA abbiano incrementato le attività per imposte anticipate, in qualità di società incorporante o risultante da una o più fusioni o in qualità di beneficiaria di una o più scissioni.
  In tali ipotesi, per determinare l'ammontare delle attività per imposte anticipate (di cui al comma 3) si tiene conto anche delle attività per imposte anticipate iscritte alla fine dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2007 nei bilanci delle società incorporate, fuse o scisse, e delle attività per imposte anticipate trasformate in credito d'imposta dalle società incorporate, fuse o scisse.
  Per determinare le imposte versate (di cui al comma 4 dell'articolo) si tiene conto anche delle imposte versate dalle società incorporate, fuse o scisse.
  La relazione illustrativa al riguardo rileva che la disposizione di cui al comma 8 non si applica all'ente-ponte sottoposto a risoluzione, ai sensi dell'articolo 43 del decreto legislativo n. 180 del 2015 relativo alla crisi degli enti creditizi. Come anticipato, per tali enti la già richiamata legge di stabilità 2016 (articolo 1, comma 850 e 851 della legge n. 208 del 2015) chiarisce che la trasformazione in credito d'imposta delle DTA iscritte nella situazione contabile di riferimento dell'ente sottoposto a risoluzione decorre dalla data di avvio della risoluzione. Essa opera sulla base dei dati della medesima situazione contabile.
  A decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data di avvio della risoluzione, cessano di essere deducibili i componenti negativi corrispondenti alle attività per imposte anticipate trasformate in credito d'imposta. Tale disposizione si applica a decorrere dal 23 novembre 2015, data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 180 del 2015. Pag. 15
  Il comma 9 riapre i termini per l'esercizio dell'opzione per i soggetti interessati da operazioni straordinarie dopo il 31 dicembre 2015.
  Viene chiarito che, a partire dall'esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2015, le imprese interessate dalle disposizioni in tema di trasformazione di DTA in credito d'imposta, ove non abbiano esercitato l'opzione per il mantenimento del regime e che incorporino o risultino da una o più fusioni di altre imprese, oppure siano beneficiarie di una o più scissioni, godono della possibilità di esercitare l'opzione predetta entro un mese dalla chiusura dell'esercizio in corso alla data in cui ha effetto la fusione o la scissione.
  Il comma 10 disciplina le conseguenze del mancato esercizio dell'opzione.
  In tale ipotesi, le disposizioni del decreto-legge n. 225 del 2010 si applicano limitatamente all'ammontare delle attività per imposte anticipate iscritte in bilancio, diminuite della differenza, se positiva, tra l'ammontare delle attività per imposte anticipate e le imposte versate (di cui al comma 2).
  Nel caso di partecipazione al consolidato fiscale, la predetta differenza viene attribuita alle società partecipanti in proporzione alle attività per imposte anticipate di cui al citato decreto-legge n. 225 del 2010 detenute da ciascuna di esse.
  Il comma 11 rinvia alle disposizioni in materia di imposte sui redditi per l'accertamento, le sanzioni e la riscossione del canone di cui al comma 1, nonché per il relativo contenzioso.
  Il comma 12 demanda a un provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate il compito di stabilire le disposizioni attuative delle norme dell'articolo.
  Il comma 13 quantifica le maggiori entrate derivanti dall'articolo, valutate in 224,3 milioni di euro per l'anno 2016, in 101,7 milioni per l'anno 2017, 128 milioni di euro per l'anno 2018, in 104,8 milioni per l'anno 2019, in 80,7 milioni per il 2020, in 58,6 milioni per l'anno 2021, in 39,1 milioni per l'anno 2022, in 32,2 milioni per l'anno 2023, in 22 milioni per l'anno 2024, in 17,6 milioni per l'anno 2025, in 15,8 milioni per l'anno 2026, in 14,8 milioni per l'anno 2027 e in 3,8 milioni per l'anno 2028.
  Esse sono così destinate:
   a) quanto a 124,3 milioni di euro per l'anno 2016, al Fondo per il finanziamento della partecipazione italiana alle missioni internazionali di pace istituito nello stato di previsione della spesa del Ministero dell'economia e delle finanze, (articolo 1, comma 1240, della legge n. 296 del 2006);
   b) quanto a 100 milioni di euro per l'anno 2016, al Fondo istituito per far fronte ad esigenze indifferibili che si dovessero manifestare nel corso della gestione, istituto dall'articolo 1, comma 200, della legge di stabilità per il 2015 (legge n. 190 del 2014), e rifinanziato ai sensi dell'articolo 1, comma 639, della legge n. 208 del 2015;
   c) quanto a 101,7 milioni di euro per l'anno 2017, 128 milioni di euro per l'anno 2018, 104,8 milioni di euro per l'anno 2019, 80,7 milioni di euro per l'anno 2020, 58,6 milioni di euro per l'anno 2021, 39,1 milioni di euro per l'anno 2022, 32,2 milioni di euro per l'anno 2023, 22 milioni di euro per l'anno 2024, 17,6 milioni di euro per l'anno 2025, 15,8 milioni di euro per l'anno 2026, in 14,8 milioni di euro per l'anno 2027 e 3,8 milioni di euro per l'anno 2028, al Fondo per interventi strutturali di politica economica di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge n. 282 del 2004.

  L'articolo 12 introduce una deroga, per gli anni 2016 e 2017, con riferimento al personale del credito, alla disciplina dei fondi di solidarietà bilaterali. La deroga concerne i requisiti di anzianità anagrafica e/o contributiva per l'accesso all'assegno straordinario per il sostegno al reddito, riconosciuto nel quadro dei processi di agevolazione all'esodo.
  In merito rammenta che la normativa generale relativa ai fondi di solidarietà bilaterali limita la possibilità di applicazione di tale istituto – eventualmente contemplato in un fondo – ai dipendenti Pag. 16che raggiungano i requisiti previsti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato nei successivi cinque anni.
  In tale contesto la deroga temporanea recata dall'articolo 12 amplia il limite massimo da cinque a sette anni, facendo comunque esplicitamente salvo il principio posto dalla disciplina generale, in base al quale per l'assegno straordinario in oggetto (di un fondo bilaterale) è dovuto, da parte del datore di lavoro, un contributo straordinario di importo corrispondente al fabbisogno di copertura dell'assegno erogabile e della contribuzione previdenziale correlata.
  La disposizione dell'articolo 12 specifica che l'applicazione della deroga temporanea è subordinata all'emanazione del regolamento di relativo adeguamento del Fondo (Fondo di solidarietà per la riconversione e riqualificazione professionale, per il sostegno dell'occupazione e del reddito del personale dipendente dalle imprese del credito); è previsto che tale regolamento sia emanato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro trenta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge.
  La norma specifica indica altresì che dall'applicazione dell'articolo 12 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
  L'articolo 12-bis, introdotto nel corso dell'esame al Senato, interviene sulla cessione di crediti di impresa pecuniari verso corrispettivo, disciplinata dalla legge n. 52 del 1991, modificando le caratteristiche del cessionario.
  Al riguardo ricorda che l'articolo 1, comma 1, lettera c), della citata legge n. 52 stabilisce che il cessionario debba essere una banca o un intermediario finanziario disciplinato dal TUB, il cui oggetto sociale preveda l'esercizio dell'attività di acquisto di crediti d'impresa o un soggetto, costituito in forma societaria, che svolge l'attività di acquisto di crediti da soggetti del proprio gruppo che non siano intermediari finanziari.
  Per effetto della modifica recata dall'articolo 12-bis all'ultima parte della citata lettera c), in luogo di un soggetto costituito «in forma societaria» tale attività potrà essere svolta da un soggetto, costituito in forma di società di capitali, che svolge l'attività di acquisto di crediti, vantati nei confronti di terzi, da soggetti del gruppo di appartenenza che non siano intermediari finanziari oppure di crediti vantati da terzi nei confronti di soggetti del gruppo di appartenenza, ferme restando le riserve di attività previste ai sensi del TUB.

  Giuseppe GUERINI (PD), relatore per la II Commissione, rileva come il decreto-legge in esame sia stato emanato, come si legge nella sua premessa, in ragione della necessità e urgenza di prevedere misure a sostegno delle imprese e di accelerazione dei tempi di recupero dei crediti nelle procedure esecutive e concorsuali, nonché di prevedere misure in favore degli investitori in banche in liquidazione.
  Soffermandosi sulle parti di più stretta competenza della Commissione Giustizia e, in particolare, sugli articoli da 1, 3, 4, 5, 6 e 13, evidenzia come l'articolo 1, che apre il capo dedicato alle misure a sostegno delle imprese e di accelerazione del recupero crediti, disciplina una nuova garanzia reale mobiliare, di natura non possessoria, denominata «pegno mobiliare non possessorio». Si tratta di una garanzia del credito in cui il debitore – diversamente che nel pegno (possessorio) – non si spossessa del bene mobile che ne è oggetto; la mancata disponibilità del bene da parte del creditore garantito è compensata da adeguate forme di pubblicità che, nello specifico, consistono nell'iscrizione della garanzia in un apposito registro informatizzato.
  L'articolo 1, come peraltro l'articolo 2, relativo al «Patto marciano», è volto ad introdurre nell'ordinamento un nuovo istituto, la cui ratio è la semplificazione e l'aumento della flessibilità il sistema del sistema delle garanzie, al fine di facilitare l'accesso al credito delle imprese, rafforzando il sistema bancario italiano e garantendo Pag. 17maggiore semplicità ed efficacia delle tecniche di realizzo dei diritti del creditore.
  La dottrina, gli operatori giuridici e gli stessi imprenditori sono ben consapevoli che l'impianto tradizionale delle garanzie è ormai largamente superato alla luce delle profonde trasformazioni del sistema economico. Con questi nuovi istituti si cerca di colmare una lacuna normativa le cui ripercussioni sono tutte a danno del sistema economico nazionale.
  In particolare, il comma 1 dell'articolo 1 prevede che gli imprenditori iscritti nel registro delle imprese possano garantire i crediti che gli vengono concessi per l'esercizio dell'impresa costituendo un pegno non possessorio. Il Senato ha precisato che attraverso il pegno non possessorio possono essere garantiti anche i crediti concessi a terzi.
  I crediti garantiti potranno essere presenti o futuri, determinati o determinabili, salva la necessaria indicazione dell'ammontare massimo garantito.
  Il comma 2 individua l'oggetto del pegno non possessorio nei beni mobili destinati all'esercizio dell'impresa. Il Senato ha aggiunto che si può trattare anche di beni immateriali o di crediti derivanti o inerenti all'esercizio dell'impresa. Sono espressamente esclusi i beni mobili registrati. Il pegno non possessorio potrà avere ad oggetto beni mobili: esistenti o futuri; determinati o determinabili, anche facendo riferimento a una categoria merceologica o a un valore complessivo.
  Il debitore che costituisce il pegno non possessorio – salvo diversi accordi con il creditore – potrà continuare ad avere la disponibilità del bene mobile dato in pegno, utilizzandolo anche nell'esercizio della sua attività economica, senza tuttavia mutarne la destinazione economica.
  Il debitore (o il terzo concedente il pegno) potrà anche trasformare o alienare il bene mobile; in tal caso la garanzia si trasferisce al prodotto che risulta dalla trasformazione o al corrispettivo della vendita o al bene sostitutivo acquistato con tale corrispettivo, senza che questo comporti la costituzione di una nuova garanzia.
  Il modello su cui si basa questa previsione sembra essere quello del pegno rotativo, largamente diffuso nella prassi bancaria e il cui modello contrattuale è il pegno su titoli. Si tratta di un contratto costitutivo di garanzia reale con il quale un soggetto, per ottenere un'anticipazione dalla banca o per costituirsi una garanzia per i propri debiti (anche futuri), offre in pegno strumenti finanziari; una volta scaduto il titolo, la banca con il ricavato può acquistare altri e nuovi titoli o strumenti finanziari da sottoporre all'originario vincolo di garanzia reale. La caratteristica del pegno rotativo consiste nella clausola di rotatività, con la quale le parti convengono sulla possibilità di sostituire il bene originariamente costituito in garanzia, senza che questa sostituzione comporti novazione del rapporto di garanzia, e sempre che il bene offerto in sostituzione abbia identico valore.
  Nel corso dell'esame in sede referente, il Senato ha aggiunto una disposizione in base a cui, se il prodotto risultante dalla trasformazione ingloba (anche per unione o commistione) più beni appartenenti a diverse categorie merceologiche e oggetto di diversi pegni non possessori, la riscossione del credito spetta a ciascun creditore pignoratizio che dovrà poi restituire al datore della garanzia il valore del bene riferibile alle altre categorie merceologiche che si sono unite o mescolate.
  La determinazione del valore dovrà essere effettuata sulla base delle stime effettuate con le modalità previste dal successivo articolo 7 e la restituzione dovrà seguire criteri di proporzionalità.
  Infine, il Senato ha fatto comunque salva la possibilità per il creditore di promuovere azioni conservative o inibitorie se il debitore o il terzo costituente pegno abusino nell'utilizzo dei beni che restano in loro possesso.
  Il comma 3 disciplina la forma del contratto che costituisce il pegno mobiliare non possessorio, richiedendo – analogamente al pegno possessorio – la forma Pag. 18scritta a pena di nullità. Quanto al contenuto del contratto, questo dovrà indicare il debitore (o il terzo concedente il pegno), la descrizione del bene dato in garanzia, il credito garantito e l'importo massimo garantito.
  Ai sensi del comma 4 il contratto così redatto potrà essere opponibile ai terzi solo se iscritto in un registro informatizzato («registro dei pegni non possessori») tenuto dall'Agenzia delle entrate: l'iscrizione determina il grado della garanzia e consente l'opposizione del pegno ai terzi e nelle procedure concorsuali.
  Il Senato ha precisato che il pegno non possessorio non si costituisce con l'iscrizione nel registro; il contratto è efficace anche senza tale iscrizione. L'iscrizione consente però di rendere la garanzia pubblica e opponibile ai terzi; a seguito di tale adempimento, inoltre, il contratto sarà opponibilità anche nelle procedure esecutive, oltre che in quelle concorsuali.
  Le modalità e gli effetti dell'iscrizione sono disciplinati dal comma 6, che prevede: che debbano essere indicati anche sul registro il creditore, il debitore (e eventualmente il terzo datore del pegno), la descrizione del bene e del credito garantito; in caso di pegno mobiliare non possessorio a garanzia del finanziamento per l'acquisto di un bene determinato, la specifica individuazione del bene.
  Il comma 5 disciplina poi l'ipotesi specifica della opponibilità del pegno possessorio a fronte del finanziamento dell'acquisto di un bene determinato, destinato all'esercizio dell'impresa e garantito da riserva della proprietà sul bene medesimo o da pegno anche non possessorio (successivo, come chiarito dal Senato); ebbene, il pegno non possessorio, anche se anteriormente costituito e iscritto, non è opponibile a chi abbia effettuato tale finanziamento; la non opponibilità opera a una duplice condizione: che il pegno non possessorio sia iscritto nel registro e che al momento dell'iscrizione il creditore informi i titolari di pegno non possessorio iscritto anteriormente; che l'iscrizione ha una durata di dieci anni, rinnovabile per mezzo di un'iscrizione nel registro effettuata prima della scadenza del decimo anno; che la cancellazione dell'iscrizione può essere domandata giudizialmente o chiesta, di comune accordo, da creditore e debitore; che spetterà ad un decreto del Ministro dell'economia, di concerto con il Ministro della giustizia disciplinare, entro 30 giorni dalla conversione del decreto-legge, le modalità rigorosamente informatiche di iscrizione, consultazione e cancellazione di contratti presso il registro, nonché gli obblighi di chi effettua tali operazioni e gli oneri per la copertura dei costi di tenuta del registro; un'autorizzazione di spesa di 200 mila euro per il 2016 e di 100 mila euro per il 2017 per consentire l'avvio del registro informatico.
  Il comma 7 disciplina la riscossione del credito oggetto della garanzia, al verificarsi dell'evento che consente al creditore di escutere il pegno.
  Il creditore, previa intimazione notificata al debitore e all'eventuale terzo concedente il pegno (come precisato dal Senato, visto che il testo vigente del decreto-legge richiede un semplice avviso), potrà: a) procedere alla vendita del bene oggetto del pegno, trattenendo il corrispettivo fino a concorrenza della somma garantita. La riforma prevede anche per questa vendita procedure competitive, stime di esperti indipendenti, pubblicità sul portale delle vendite pubbliche (articolo 490 del codice di procedura civile) a garanzia degli interessati; b) procedere all'escussione dei crediti fino a concorrenza con la somma garantita, quando oggetto del pegno mobiliare non possessorio siano crediti. Il Senato ha aggiunto la possibilità anche di procedere alla cessione dei suddetti crediti, dandone comunicazione al datore della garanzia; c) procedere alla locazione del bene oggetto di pegno, imputando i canoni a soddisfacimento del proprio credito, ma solo se questa modalità è prevista dal contratto e iscritta nel registro delle imprese; d) procedere all'appropriazione dei beni oggetto del pegno, ma solo se questa modalità è prevista dal contratto e iscritta nel registro dei pegni non possessori (il testo del decreto-legge fa erroneamente riferimento al registro delle imprese Pag. 19ed è stato per questo corretto) e a condizione che il contratto di pegno abbia previsto in anticipo i criteri e le modalità per la determinazione del valore del bene ai fini dell'appropriazione.
  Il Senato ha integrato l'articolo 1 disciplinando il procedimento per l'opposizione alla riscossione (comma 7-bis), quello per procedere materialmente all'escussione del pegno (comma 7-ter) e l'eventuale concorso della procedura di escussione del credito con altra procedura esecutiva (comma 7-quater).
  In particolare, il debitore (o il terzo concedente pegno) possono proporre opposizione entro 5 giorni dall'intimazione del creditore; a questa opposizione si applica il rito sommario di cognizione. In presenza di gravi motivi, e su istanza dell'opponente, il giudice può con provvedimento d'urgenza inibire al creditore l'escussione del pegno (comma 7-bis).
  La procedura di escussione del pegno è disciplinata dal successivo comma 7-ter, in base al quale, entro 15 giorni dall'intimazione, il debitore (o il terzo) devono consegnare il bene oggetto del pegno non possessorio. Se ciò non avviene, il creditore può chiedere (anche verbalmente) all'ufficiale giudiziario di procedere all'apprensione del bene (si applica la disciplina del pegno) depositando: la nota di iscrizione del pegno nel registro dei pegni non possessori; l'intimazione notificata ai sensi del comma 7.
  Se il bene mobile oggetto del pegno non è di immediata identificazione (anche tenendo conto delle eventuali operazioni di trasformazione o di alienazione poste in essere a norma del comma 2), l'ufficiale giudiziario può avvalersi di esperti (spese anticipate dal creditore e liquidate dall'ufficiale giudiziario). Se il pegno si è trasferito sul corrispettivo della vendita del bene, l'ufficiale giudiziario dovrà ricercare, con l'esame delle scritture contabili o con modalità telematiche, i crediti del datore della garanzia, che saranno poi riscossi in forza del contratto di pegno e del verbale delle operazioni di ricerca redatto dall'ufficiale giudiziario. Il comma precisa che l'autorizzazione del presidente del tribunale a effettuare la ricerca con modalità telematiche – prevista dall'articolo 492-bis del codice di procedura civile – deve essere concessa, su istanza del creditore, verificata l'iscrizione del pegno nel registro e la notificazione dell'intimazione.
  Se il bene oggetto del pegno mobiliare non possessorio è oggetto anche di una procedura esecutiva il giudice dell'esecuzione, su istanza del creditore, autorizza l'escussione del pegno, delineandone le modalità. Eventuali eccedenze dovranno essere riversate nella procedura esecutiva (comma 7-quater).
  In caso di escussione della garanzia il debitore può, entro 3 mesi dalla comunicazione del creditore, agire in sede di risarcimento del danno se sono state violate le modalità previste dal decreto-legge sotto il profilo del valore attribuito al bene in sede di appropriazione, vendita e canone di locazione (comma 9).
  Il Senato ha previsto che la domanda di risarcimento del danno possa essere presentata non solo se l'escussione avviene con vendita, locazione o appropriazione dei beni (lettere a), c) e d), come previsto dal testo del decreto-legge, ma anche se assume le forme della escussione o cessione dei crediti (lettera b). Conseguentemente, il Senato ha sostituito nel comma 9 tutti i riferimenti alla vendita con il richiamo più generale all'escussione del pegno.
  In caso di fallimento del debitore, in base al comma 8 il creditore potrà procedere solo dopo che il suo credito è stato ammesso al passivo con prelazione. Agli effetti della revocatoria fallimentare, peraltro, il pegno mobiliare non possessorio è equiparato al pegno (comma 10).
  Il Senato ha inserito una norma di chiusura, il comma 10-bis, in base alla quale la disciplina del pegno mobiliare non possessorio può essere ricondotta, per quanto non espressamente previsto dal decreto-legge, alla disciplina codicistica del pegno (articoli 2784-2807 del codice civile).
  Si ricorda, infine, che principi e criteri direttivi per la revisione del sistema delle garanzie reali mobiliari, volti tra l'altro ad Pag. 20introdurre il pegno mobiliare non possessorio, sono previsti dall'articolo 11 del disegno di legge delega al Governo per la riforma organica delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza (C. 3671), attualmente in corso d'esame in sede referente presso la Commissione Giustizia della Camera.
  L'articolo 3 istituisce presso il Ministero della giustizia un registro elettronico delle procedure di espropriazione forzata immobiliari, delle procedure d'insolvenza e degli strumenti di gestione della crisi. Il registro è accessibile dalla Banca d'Italia, che utilizza i dati e le informazioni in esso contenuti nello svolgimento delle funzioni di vigilanza, a tutela della sana e prudente gestione degli intermediari vigilati e della stabilità complessiva.
  Al fine di facilitare la creazione di un mercato per i crediti deteriorati, pertanto, si prevede l'istituzione di un registro elettronico, dove sono evincibili tutte le procedure fallimentari esecutive in atto ed anche tutte le situazioni di amministrazione straordinaria, concordati preventivi, accordi di ristrutturazione e piani di risanamento, in modo tale che i potenziali creditori, prima di dare dei finanziamenti, possano valutare meglio la situazione economica delle imprese. Tutto questo in attuazione di un regolamento dell'Unione europea, sul modello già praticato con successo negli Stati Uniti con il cosiddetto Pacer.
  Il comma 3 prevede che il registro si compone di una sezione ad accesso pubblico e gratuito e di una sezione ad accesso limitato.
  Nella sezione del registro ad accesso pubblico sono rese disponibili in forma elettronica le cosiddette informazioni obbligatorie previste dall'articolo 24, paragrafo 2, del Regolamento (UE) 2015/848 e le altre informazioni rilevanti in merito ai tempi e all'andamento di ciascuna procedura o strumento; all'interno di questa sezione possono essere altresì collocate le informazioni e i provvedimenti di cui all'articolo 28, quarto comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, inerenti alla nomina dei curatori, dei commissari giudiziali e dei liquidatori giudiziali.
  Relativamente alle procedure di espropriazione forzata immobiliare, nella sezione del registro ad accesso pubblico sono rese disponibili in forma elettronica le informazioni e i documenti individuati con decreto dirigenziale del Ministero della giustizia di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, da adottarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame (anziché entro il medesimo termine dalla data di entrata in vigore del decreto stesso). Nella individuazione delle informazioni il decreto tiene conto, a fini di tutela della stabilità finanziaria, anche della loro rilevanza per una migliore gestione dei crediti deteriorati da parte degli intermediari creditizi e finanziari.
  Nella sezione del registro ad accesso limitato sono resi disponibili in forma elettronica le informazioni e i documenti relativi a ciascuna procedura o strumento di cui al comma 2, individuate con il decreto dirigenziale di cui sopra.
  Secondo il comma 4, con il medesimo decreto dirigenziale, sentita la Banca d'Italia per gli aspetti rilevanti a fini di tutela della stabilità finanziaria, sono altresì previste disposizioni per l'attuazione del registro, prevedendo: a) le modalità di pubblicazione, rettifica, aggiornamento e consultazione dei dati e dei documenti da inserire nel registro, nonché i tempi massimi della loro conservazione; b) i soggetti tenuti ad effettuare, in relazione a ciascuna tipologia di procedura o strumento, la pubblicazione delle informazioni e dei documenti; c) le categorie di soggetti che sono legittimati, in presenza di un legittimo interesse, ad accedere, anche mediante un avvocato munito di procura (si tratta di una aggiunta fatta dal Senato), alla sezione del registro ad accesso limitato; il contributo dovuto per l'accesso da determinare in misura tale da assicurare almeno la copertura dei costi del servizio e i casi di esenzione; è sempre consentito l'accesso gratuito all'autorità giudiziaria; Pag. 21d) le eventuali limitate eccezioni alla pubblicazione di documenti con riferimento alle esigenze di riservatezza delle informazioni ivi contenute o all'assenza di valore informativo di tali documenti per i terzi.
  Al comma 5 si prevede – rispetto al testo del decreto-legge – che il registro consenta la ricerca dei dati, secondo ciascuna tipologia di informazione e di documento in esso contenuti, nonché di Tribunale e numero di ruolo dei procedimenti. Inoltre le disposizioni contenute nel decreto dirigenziale da adottarsi dal Ministero della giustizia di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze – previsto dal comma 3, lettera b), dell'articolo in esame – assicurano che il registro sia conforme alle disposizioni del Regolamento (UE) 2015/848, relativo alle procedure di insolvenza.
  Il comma 6 ammette che su richiesta del debitore, del curatore, del commissario giudiziale, di un creditore, di chiunque vi abbia interesse o d'ufficio, il giudice delegato o il tribunale competenti possono limitare la pubblicazione di un documento o di una o più sue parti, quando sia dimostrata l'esistenza di uno specifico e meritevole interesse alla riservatezza dell'informazione in esso contenuta. La richiesta sospende gli obblighi di pubblicazione dei documenti, o della parte di essi, oggetto della richiesta di esenzione e, qualora la pubblicazione sia già avvenuta, sospende temporaneamente l'accesso ad essi da parte degli interessati. Nelle more della decisione, il giudice può imporre una cauzione al creditore o terzo richiedente.
  Il comma 7 dispone che, in attuazione degli obiettivi di cui all'articolo in esame, il Ministero della giustizia, per la progressiva implementazione e digitalizzazione degli archivi e della piattaforma tecnologica ed informativa dell'Amministrazione della Giustizia, in coerenza con le linee del Piano triennale per l'informatica nella pubblica amministrazione di cui all'articolo 1, commi 513 e 515, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016), può avvalersi della Società di cui all'articolo 83, comma 15, del decreto-legge 24 giugno 2008, n. 112. Ai fini della realizzazione dei predetti servizi di interesse generale, la Società provvederà, tramite Consip S.p.A., all'acquisizione dei beni e servizi occorrenti.
  Si ricorda che i commi da 512 a 520 dell'articolo 1 della legge n. 208 del 2015 puntano a rafforzare l'acquisizione centralizzata di beni e servizi in materia informatica e di connettività, prevedendo, con la finalità di conseguire specifici obiettivi di risparmio indicati nei commi medesimi, che le amministrazioni pubbliche e le società inserite nel conto consolidato della PA debbano approvvigionarsi tramite Consip o soggetti aggregatori. Le Regioni sono state autorizzate ad assumere personale per assicurare la funzionalità di tali soggetti aggregatori, in deroga ai vincoli previsti dalla normativa vigente.
  In particolare, il comma 513 richiamato prevede che l'Agenzia per l'Italia digitale (Agid) predisponga il Piano triennale per l'informatica nella pubblica amministrazione, che è approvato dal Presidente del Consiglio dei ministri o dal Ministro delegato. Il Piano recherà, per ciascuna amministrazione o categoria di amministrazioni, l'elenco dei beni e servizi informatici e di connettività e dei relativi costi e individuerà beni e servizi la cui acquisizione riveste particolare rilevanza strategica. Il comma 515 – anch'esso specificamente richiamato – definisce l'obiettivo di risparmio di spesa annuale posto in relazione ai precedenti commi. Tale obiettivo, pari al 50 per cento, rispetto alla spesa annuale media per la gestione corrente del solo settore informatico, relativa al triennio 2013-2015 – al netto dei canoni per servizi di connettività e della spesa effettuata tramite Consip o i soggetti aggregatori documentata nel Piano triennale predisposto dall'Agid – è posto per la fine del triennio 2016-2018. Sono operate alcune esclusioni dal raggiungimento di detto obiettivo: l'INPS e l'INAIL; le società di gestione del sistema informativo dell'amministrazione finanziaria, e la società che elabora gli studi di settore, nonché ogni altra attività di studio e ricerca in materia tributaria, per le prestazioni e i Pag. 22servizi erogati alle amministrazioni committenti; Consip S.p.A.; l'amministrazione della giustizia in relazione al completamento dell'informatizzazione del processo civile e penale negli uffici giudiziari.
  Si prevede che i risparmi derivanti dall'attuazione del comma in esame siano utilizzati dalle amministrazioni prioritariamente per investimenti in materia di innovazione tecnologica.
  La Società di cui all'articolo 83, comma 15, del decreto-legge n. 112 del 2008 è la società di gestione del sistema informativo dell'amministrazione finanziaria.
  In base al comma 8, per l'istituzione del registro è autorizzata la spesa di 3,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016-2018. Il Ministero della giustizia, il Ministero dell'economia e delle finanze e la Banca d'Italia disciplinano con apposita convenzione, da stipularsi entro 60 giorni e non entro 30, come previsto nel testo originario, dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, i rispettivi compiti rispetto alla realizzazione, al funzionamento e al monitoraggio del registro, nonché l'eventuale entità della contribuzione finanziaria da parte della Banca d'Italia.
  L'articolo 4 prevede una serie di modifiche al codice di procedura civile, per accelerare e semplificare le procedure esecutive, oggi spesso molto farraginose e costose. Così viene limitata la facoltà di presentare opposizione all'esecuzione, dopo che è stata disposta la vendita o l'assegnazione del bene, salvo il caso di motivi sopravvenuti o di causa non imputabile al debitore. Viene anche semplificato l’iter di liberazione del bene, affidando l'esecuzione della liberazione non più all'ufficiale giudiziario, ma al custode, sempre però sotto la vigilanza di un giudice e secondo modalità e tempi che decide il giudice stesso.
  In particolare la lettera a) del comma 1 dell'articolo modifica il terzo comma dell'articolo 492 del codice di procedura civile relativo alla forma del pignoramento.
  La disposizione in esame (integralmente riscritta dalla legge n. 52 del 2006), nel recare la normativa generale sulla forma del pignoramento, oggetto di disciplina più specifica ad opera degli articoli 518 (espropriazione mobiliare), 543 (espropriazione presso terzi) e 555 (espropriazione immobiliare) relativi ai diversi tipi di espropriazione, evidenzia il ruolo centrale dell'ingiunzione dell'ufficiale giudiziario al debitore con il quale si determina il vincolo di indisponibilità e di finalizzazione dell'espropriazione. In base all'articolo in esame il pignoramento deve contenere l'invito al debitore ad eleggere domicilio o a dichiarare la propria residenza in uno dei comuni del circondario in cui ha sede il giudice dell'esecuzione, onde evitare che le successive comunicazioni e notificazioni vengano effettuate presso la cancelleria. Ai sensi del terzo comma dell'articolo 492 del codice di procedura civile, contestualmente al pignoramento il debitore deve essere avvertito della possibilità di convertire lo stesso (ex articolo 495) trasferendo il vincolo su una somma di denaro. Tale disposizione traspone di fatto il contenuto dei primi due commi dell'articolo 495 (conversione del pignoramento), consentendo così al debitore di evitare la vendita attraverso il meccanismo della conversione del pignoramento. L'avvertimento è formalmente atto dell'ufficiale giudiziario, la cui mancanza costituisce – come per ogni carenza relativa all'ingiunzione e all'invito di cui al comma 2 – vizio del pignoramento.
  Il decreto-legge integra l'articolo 492 del codice di rito, stabilendo che il pignoramento debba contenere l'avvertimento che l'opposizione all'esecuzione, a norma dell'articolo 615, secondo comma, terzo periodo è inammissibile se è proposta dopo che è stata disposta la vendita o l'assegnazione del bene pignorato a norma degli articoli 530 (provvedimento per l'assegnazione o per l'autorizzazione della vendita), 552 (assegnazione e vendita di cose dovute dal terzo) e 569 (provvedimento per l'autorizzazione della vendita). L'opposizione può essere invece proposta oltre il termine nel caso in cui sia fondata su fatti sopravvenuti ovvero se l'opponente dimostri di non aver potuto proporla tempestivamente Pag. 23per causa a lui non imputabile. La disposizione si applica ai procedimenti di esecuzione forzata per espropriazione iniziati successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in commento (comma 3).
  La lettera b) del comma 1 dell'articolo in esame integra il secondo comma dell'articolo 503 del codice di procedura civile, inserendo con riguardo alla vendita all'incanto nel caso di espropriazione mobiliare il richiamo agli articoli 518, sulla forma del pignoramento e 540-bis del codice di procedura civile, sull'integrazione del pignoramento. Più nel dettaglio il secondo comma dall'articolo 503, introdotto dal decreto legge n. 132 del 2014, nella formulazione vigente prima del decreto-legge in esame, si limitava a prevedere la possibilità di utilizzare le modalità della vendita con incanto, stabilendo che l'incanto potesse essere disposto solo quando il giudice ritenesse probabile che la vendita con tale modalità avesse luogo ad un prezzo superiore alla metà rispetto al valore del bene, determinato a norma dell'articolo 568. A ben vedere la disposizione oggetto di modifica pur attenendo alla disciplina generale dell'espropriazione faceva rinvio solo all'articolo 568, il quale riguarda esclusivamente l'espropriazione immobiliare.
  È opportuno ricordare, in generale, che l'articolo 503 disciplina i modi della vendita forzata, la quale costituisce il penultimo atto dell'espropriazione forzata. Tale vendita può essere effettuata all'incanto, cioè in una pubblica gara con offerte in aumento, finalizzata alla scelta dell'aggiudicatario; o senza incanto nel qual caso le offerte vengono semplicemente depositate dai singoli offerenti e sarà il giudice a valutarle.
  La lettera c) interviene sull'articolo 532 del codice di procedura civile (già recentemente modificato dal decreto-legge n. 83 del 2015), che nell'ambito dell'esecuzione mobiliare presso il debitore disciplina la vendita a mezzo di commissionario. In base alla disposizione codicistica tale modalità di vendita costituisce la regola, dovendo il giudice procedere in tal senso quando la vendita può essere effettuata senza incanto.
  La riforma conferma la competenza del giudice in ordine: a) alla fissazione del prezzo minimo della vendita e dell'importo globale fino al raggiungimento del quale la vendita deve essere eseguita, potendo, fra l'altro, imporre al commissionario una cauzione; b) alla definizione delle modalità di deposito della somma ricavata dalla vendita e del termine finale alla cui scadenza il soggetto incaricato della vendita deve restituire gli atti in cancelleria. Il decreto-legge interviene su tale termine finale prevedendo che il soggetto incaricato della vendita non possa protrarre le attività di vendita oltre i sei mesi. Nella formulazione previgente il soggetto non poteva restituire gli atti in cancelleria prima di 6 mesi, ma non poteva protrarre le suddette attività oltre l'anno; c) alla fissazione del numero complessivo degli esperimenti di vendita. Il decreto-legge limita tali esperimenti ad un massimo di tre (nella formulazione previgente non «inferiori a tre»).
  In caso di rinuncia, il giudice, a meno che non intervengano istanze di integrazione del pignoramento, dispone la chiusura anticipata del processo esecutivo, anche se non ricorrono i presupposti per dichiarare l'infruttuosità dell'espropriazione forzata a norma dell'articolo 164-bis delle disposizioni di attuazione.
  La lettera d) interviene sull'articolo 560 del codice di procedura civile, il quale, come riscritto dalla legge n. 80 del 2005, prima, e dalla legge n. 263 del 2005, poi, reca, sostanzialmente, la disciplina dei comportamenti dei diversi soggetti coinvolti con riguardo alla custodia, all'amministrazione e alla gestione dell'immobile pignorato.
  Nel corso dell'esame presso il Senato è stata introdotta una ulteriore modifica all'articolo codicistico, e in particolare al comma terzo. Secondo la formulazione vigente del comma terzo, il giudice dell'esecuzione, al fine di facilitare la visita dell'immobile in vista dell'imminente vendita, nonché per rendere maggiormente Pag. 24fruttuosa la stessa (proponendo un immobile già libero) può disporre la liberazione dell'immobile con provvedimento non impugnabile. Il comma, come riscritto, prevede l'impugnabilità ex articolo 617 c.p.c. (opposizione agli atti esecutivi) del provvedimento con il quale il giudice dell'esecuzione dispone la liberazione dell'immobile pignorato; ciò senza oneri ulteriori per l'aggiudicatario o l'assegnatario o l'acquirente. La disposizione riconosce poi espressamente al terzo titolare di un diritto di godimento del bene opponibile alla procedura la facoltà di formulare opposizione, in tale caso il termine per l'opposizione decorre dal giorno in cui si è perfezionata nei propri confronti la notificazione del provvedimento.
  Al fine di semplificare l’iter di liberazione dell'immobile pignorato la riforma – modificando il quarto comma dell'articolo 560 del codice di procedura civile – nel confermare la competenza del custode, anche dopo la pronuncia del decreto di trasferimento (articolo 586 del codice di procedura civile), in ordine all'attuazione del provvedimento di liberazione, precisa che il custode deve agire secondo le disposizioni del giudice dell'esecuzione immobiliare, ma senza essere tenuto all'osservanza delle formalità di cui agli articoli 605 e seguenti (dell'esecuzione per consegna o rilascio). Il decreto-legge precisa, inoltre, che per l'attuazione dell'ordine il giudice può avvalersi della forza pubblica e nominare ausiliari ai sensi dell'articolo 68. In seguito ad una ulteriore modifica introdotta nel corso dell'esame al Senato, si prevede che quando nell'immobile si trovano beni mobili che non debbono essere consegnati ovvero documenti inerenti lo svolgimento di attività imprenditoriale o professionale, il custode intima alla parte tenuta al rilascio ovvero al soggetto al quale gli stessi risultano appartenere di asportarli, assegnandogli il relativo termine, non inferiore a trenta giorni, salvi i casi di urgenza. Dell'intimazione si dà atto a verbale ovvero, se il soggetto intimato non è presente, mediante atto notificato dal custode. Qualora l'asporto non sia eseguito entro il termine assegnato, i beni o i documenti sono considerati abbandonati e il custode, salvo diversa disposizione del giudice dell'esecuzione, ne dispone lo smaltimento o la distruzione.
  Ai sensi del comma 4 dell'articolo 4 la disposizione si applica agli ordini di liberazione disposti, nei procedimenti di esecuzione forzata per espropriazione iniziati successivamente al decorso del termine di trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in commento.
  Ancora, il decreto-legge, modificando il quinto comma dell'articolo 560 del codice di procedura civile riconosce agli interessati a presentare l'offerta d'acquisto il diritto di esaminare i beni in vendita entro quindici giorni dalla richiesta (non più 7 giorni, come previsto dal testo originario del decreto legge), effettuata tramite il portale delle vendite pubbliche. La disamina dei beni inoltre, deve essere svolta con modalità idonee a garantire la riservatezza dell'identità degli interessati e ad impedire che essi abbiano contatti tra loro.
  La lettera e), al fine di migliorare il tasso di efficienza e di trasparenza del mercato delle vendite forzate, modifica l'articolo 569, prevedendo che le vendite dei beni immobili pignorati abbiano luogo obbligatoriamente con modalità telematiche, nel rispetto della normativa regolamentare (DM 32 del 2015) adottato in attuazione dell'articolo 161-ter delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile. Attraverso tale modifica si estende anche al settore delle vendite immobiliari la regola introdotta nell'articolo 530 del codice di procedura civile dal decreto-legge n. 90 del 2014, per la quale la vendita dei beni mobili pignorati deve avere luogo con modalità telematiche. Come si rileva nella relazione a norma del predetto decreto ministeriale, il giudice dell'esecuzione può disporre che la vendita abbia luogo con modalità mista e cioè contestualmente con modalità sia telematiche che tradizionali. La disposizione si applica alle vendite forzate di beni immobili disposte dopo il sessantesimo giorno Pag. 25dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in commento (comma 5).
  Nel corso dell'esame al Senato è stata introdotta nel testo un'ulteriore lettera, la e-bis), la quale, conseguentemente alle modifiche apportate alla lettera d), interviene sull'articolo 587 del codice di procedura civile, relativo all'inadempienza dell'aggiudicatario. Tale articolo, come da ultimo modificato dal decreto-legge n. 83 del 2015, prevede che se il prezzo non è depositato nel termine stabilito, il giudice dell'esecuzione dichiara la decadenza dell'aggiudicatario, pronuncia la perdita della cauzione a titolo di multa e dispone un nuovo incanto. Costituisce inadempimento anche il mancato versamento di una sola rata entro 10 giorni dalla scadenza del termine. Con il medesimo decreto – il quale costituisce titolo esecutivo per il rilascio – il giudice ordina altresì all'aggiudicatario che sia stato immesso nel possesso di rilasciare l'immobile al custode. La citata lettera e-bis) prevede che tale decreto sia attuato dal custode a norma dell'articolo 560, quarto comma. È soppresso quindi il riferimento al valore di titolo esecutivo attribuito al decreto.
  La lettera f) modifica l'articolo 588 del codice di procedura civile, prevedendo la possibilità che il bene pignorato venga assegnato a favore di un terzo da nominare. La disposizione si applica alle istanze di assegnazione presentate, nei procedimenti di esecuzione forzata per espropriazione immobiliare, dopo trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in commento (comma 6).
  Strettamente collegata alla modifica di cui alla lettera f) è l'introduzione nel codice di rito una nuova disposizione, l'articolo 590-bis (lettera g). Tale disposizione, rubricata assegnazione in favore di un terzo, prevede che il creditore assegnatario di un bene a favore di un terzo deve dichiarare in cancelleria, nei cinque giorni dalla pronuncia in udienza del provvedimento di assegnazione ovvero dalla comunicazione, il nome del soggetto a favore del quale deve essere trasferito l'immobile, depositando la dichiarazione dello stesso. In mancanza, il trasferimento si considera fatto a favore del creditore.
  La successiva lettera h) interviene sull'articolo 591 del codice di procedura civile, che disciplina il provvedimento di amministrazione giudiziaria o il nuovo incanto. L'articolo 591 del codice di procedura civile, già modificato dal decreto-legge n. 83 del 2015, prevede che ove non si sia concretizzata la vendita al miglior offerente, il giudice può autorizzare l'incanto solo in assenza di istanze di assegnazione e se ritiene di poter ricavare con tale modalità un prezzo superiore di almeno la metà del valore del bene determinato a norma dell'articolo 568 del codice di procedura civile. Nella versione previgente il giudice poteva decidere di ribassare il prezzo di vendita solo fino a un quarto, mentre, in seguito all'intervento del decreto-legge in esame, il giudice, dopo il terzo tentativo di vendita andato deserto, può decidere di ribassare il prezzo fino al limite della metà. Al Senato il numero dei tentativi, dopo i quali il giudice può decidere di ribassare il prezzo fino al limite della metà è stato elevato a quattro. Il comma 7 dell'articolo 4 precisa, con riguardo a tale modifica, che si debba tenere conto, per il computo del numero degli esperimenti di vendita, anche di quelli svolti prima dell'entrata in vigore del decreto stesso.
  La lettera i) interviene sull'articolo 596 del codice di procedura civile chiarendo che i giudici dell'esecuzione e i professionisti delegati possono effettuare distribuzioni anche parziali delle somme ricavate dall'esecuzione immobiliare. Tale misura, si precisa nella relazione, è volta a superare le divergenze esistenti nella prassi applicativa e ad assicurare una riduzione dei tempi di recupero del credito.
  Il Senato ha aggiunto una nuova lettera i-bis) che novella l'articolo 596 del codice di procedura civile, dedicato alla formazione del progetto di distribuzione. Tale articolo stabilisce che, nei casi di intervento di più creditori pignoranti, il giudice dell'esecuzione o il professionista delegato a norma dell'articolo 591-bis, provveda a Pag. 26formare un progetto di distribuzione, anche parziale, contenente la graduazione dei creditori che vi partecipano, non più tardi di trenta giorni dal versamento del prezzo. Il progetto e depositato in cancelleria affinché possa essere consultato dai creditori e dal debitore.
  Si ricorda che l'articolo 591-bis del codice di procedura civile prevede che il giudice dell'esecuzione, con l'ordinanza con la quale provvede sull'istanza di vendita, deleghi ad un notaio, (avente preferibilmente sede nel circondario) o a un avvocato ovvero a un commercialista, iscritti nei relativi elenchi di cui all'articolo 179-ter oggetto di novella da parte dal disegno di legge in esame. Con la modifica in esame, si prevede che il giudice dell'esecuzione possa disporre la distribuzione, anche parziale, delle somme ricavate a favore dei creditori: a) aventi diritto all'accantonamento a norma dell'articolo 510, terzo comma. Tale articolo stabilisce che, in caso di intervento di più creditori, il giudice dell'esecuzione distribuisce la somma ricavata tra i creditori, con riguardo alle cause legittime di prelazione e previo accantonamento delle somme che spetterebbero ai creditori intervenuti privi di titolo esecutivo, i cui crediti non siano stati in tutto o in parte riconosciuti dal debitore. L'accantonamento è disposto per consentire ai medesimi creditori di munirsi di titolo esecutivo; b) i cui crediti costituiscano oggetto di controversia circa la sussistenza o l'ammontare di uno o più crediti o circa la sussistenza di diritti di prelazione, tra i creditori concorrenti o tra creditore e debitore o terzo assoggettato all'espropriazione (secondo quanto previsto dall'articolo 512 relativo alla risoluzione delle controversie) qualora sia presentata una fideiussione autonoma, irrevocabile e a prima richiesta, rilasciata da uno dei soggetti di cui all'articolo 574, primo comma, secondo periodo, cioè banche, società assicuratrici o intermediari finanziari che svolgono in via esclusiva o prevalente attività di rilascio di garanzie e che sono sottoposti a revisione contabile da parte di una società di revisione per un importo pari ad almeno il trenta per cento del prezzo di vendita.
  La fideiussione idonea a garantire la restituzione alla procedura delle somme che risultino ripartite in eccesso, anche in forza di provvedimenti provvisoriamente esecutivi sopravvenuti, oltre agli interessi, al tasso applicato dalla Banca centrale europea alle sue più recenti operazioni di rifinanziamento principali, a decorrere dal pagamento e sino all'effettiva restituzione. Essa è escussa dal custode o dal professionista delegato su autorizzazione del giudice. Infine, la novella prevede che le disposizioni qui introdotte si applichino anche ai creditori che avrebbero diritto alla distribuzione delle somme ricavate nel caso in cui risulti insussistente, in tutto o in parte, il credito del soggetto avente diritto all'accantonamento ovvero oggetto di controversia.
  La lettera l) modifica l'articolo 615 del codice di procedura civile, sulla forma dell'opposizione all'esecuzione, con la previsione che l'opposizione, nell'esecuzione per espropriazione, è inammissibile se è proposta dopo che è stata disposta la vendita o l'assegnazione del bene pignorato a norma degli articoli 530 (provvedimento per l'assegnazione o per l'autorizzazione della vendita), 552 (assegnazione e vendita di cose dovute dal terzo) e 569 (provvedimento per l'autorizzazione della vendita). Può essere proposta opposizione, invece, nel caso in cui essa sia fondata su fatti sopravvenuti ovvero l'opponente dimostri di non aver potuto proporla tempestivamente per causa a lui non imputabile. La nuova disposizione si applica ai procedimenti di esecuzione forzata per espropriazione iniziati successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in commento (comma 3).
  La lettera m) modifica l'articolo 648, primo comma, del codice di procedura civile, esplicitando che, nel caso in cui il debitore contesti un credito solo parzialmente, il giudice sia obbligato a concedere la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto sulla parte non contestata, Pag. 27garantendo in tal modo la provvisoria esecutività del credito avente prova certa.
  Il Senato ha poi introdotto un ulteriore comma 1-bis all'articolo, il quale modifica i commi 2 e 3 dell'articolo 2929-bis del codice civile.
  La disposizione oggetto di modifica, introdotta nel codice civile dal decreto legge n. 83 del 2015, nella sua formulazione vigente, prevede la possibilità che il creditore, titolare di un credito sorto prima dell'atto pregiudizievole, munito di titolo esecutivo (atto di pignoramento) proceda ad esecuzione forzata sul bene anche in assenza di una sentenza definitiva di revocatoria che abbia dichiarato l'inefficacia di tale atto. Tale azione esecutiva sarà possibile in presenza di due condizioni: che con l'atto pregiudizievole il debitore abbia costituito un vincolo di indisponibilità o alieni a titolo gratuito un bene immobile o un bene mobile registrato; in caso di alienazione, l'azione è proposta come espropriazione verso il terzo proprietario (articolo 602 e seguenti del codice di procedura civile); l'azione non sarà esperibile, quindi, per atti onerosi o che non riguardino detta tipologia di beni; che il creditore abbia trascritto il pignoramento entro un anno dalla data di trascrizione dell'atto pregiudizievole. Analoga forma di tutela è riservata al terzo creditore anteriore che potrà intervenire nell'esecuzione promossa da altri nel sopracitato termine di un anno (dalla trascrizione dell'atto pregiudizievole). Sia il debitore (ex articolo 615 del codice di procedura civile) che il terzo proprietario (ex articolo 619 del codice di procedura civile) come ogni altro interessato al mantenimento del vincolo sul bene potranno proporre opposizione all'azione esecutiva sia ove contestino i presupposti alla base dell'azione di cui all'articolo 2929-bis, sia quando rivendichino la buona fede ovvero la mancata conoscenza del pregiudizio che l'atto di disposizione del bene arrecava al creditore.
  I commi secondo e terzo come riscritti prevedono che nel caso di trasferimento ad un terzo del bene, per effetto o in conseguenza dell'atto, il creditore promuove l'azione esecutiva nelle forme dell'espropriazione contro il terzo proprietario ed è preferito ai creditori personali di costui nella distribuzione del ricavato. Se con l'atto è stato riservato o costituito alcuno dei diritti di cui al primo comma dell'articolo 2812, il creditore pignora la cosa come libera nei confronti del proprietario. Tali diritti si estinguono con la vendita del bene e i terzi titolari sono ammessi a far valere le loro ragioni sul ricavato, con preferenza rispetto ai creditori cui i diritti sono opponibili. Il debitore, il terzo assoggettato a espropriazione e ogni altro interessato alla conservazione del vincolo possono proporre le opposizioni all'esecuzione quando contestano la sussistenza dei presupposti di cui al primo comma o che l'atto abbia arrecato pregiudizio alle ragioni del creditore o che il debitore abbia avuto conoscenza del pregiudizio arrecato. L'azione esecutiva non può esercitarsi in pregiudizio dei diritti acquistati a titolo oneroso dall'avente causa del contraente immediato, fatti salvi gli effetti della trascrizione del pignoramento.
  Il comma 2 dell'articolo 4 modifica i commi 9-sexies e 9-septies dell'articolo 16-bis del decreto-legge n. 179 del 2012, che disciplina il deposito telematico degli atti processuali.
  Le disposizioni oggetto di modifica da parte del decreto-legge in esame sono state introdotte nel provvedimento originario dal decreto-legge n. 132 del 2014 (recante misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell'arretrato in materia di processo civile). Più nel dettaglio il decreto-legge n. 132, inserendo i commi 9-quater (sulla chiusura del fallimento), 9-quinquies (sul concordato preventivo con cessione dei beni e con continuità’ aziendale), 9-sexies (sulla vendita nell'espropriazione immobiliare), ha stabilito per la procedura fallimentare, di concordato preventivo e per le procedure esecutive individuali su beni immobili l'obbligo – a cura del curatore, del liquidatore o del commissario giudiziale, del delegato alla vendita dell'immobile Pag. 28– di elaborazione e di deposito del rapporto riepilogativo finale, da redigere in conformità a quanto già previsto dalla legge fallimentare (articolo 33 del Regio decreto n. 267 del 1942,). In base alla previgente formulazione del comma 9-sexies il professionista delegato alle operazioni di vendita era tenuto a depositare un rapporto riepilogativo iniziale delle attività svolte, entro dieci giorni dalla pronuncia dell'ordinanza di vendita.
  Il decreto-legge, modificando il comma 9-sexies, prevede che il professionista delegato alle operazioni di vendita sia tenuto a depositare oltre che il rapporto riepilogativo iniziale delle attività svolte entro dieci giorni dalla pronuncia dell'ordinanza di vendita, anche rapporti periodici con cadenza semestrale. Per coordinamento il comma 2 dell'articolo 4 in esame modifica il comma 9-septies, relativo l'obbligo di deposito con modalità telematiche di tali rapporti.
  Il Senato ha elevato a trenta giorni il termine – che decorre non più dalla pronuncia, ma dalla notifica dell'ordinanza di vendita – entro il quale il professionista deve depositare il rapporto riepilogativo iniziale.
  Nel corso dell'esame al Senato è stato inserito un ulteriore comma all'articolo 4 (comma 2-bis). La nuova disposizione interviene sull'articolo 23 del decreto-legge n. 133 del 2014, relativo alla disciplina dei contratti di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili, prevedendo la facoltà per il concedente, per il rilascio dell'immobile, di avvalersi del procedimento per convalida di sfratto.
  Al Senato sono state inserite nell'articolo 4 del decreto-legge tre ulteriori disposizioni. La prima (comma 3-bis) demanda ad un decreto del Ministro della Giustizia, da adottarsi entro il 30 giugno 2017, l'accertamento della piena funzionalità del portale delle vendite pubbliche di cui all'articolo 161-quater delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile. Tale portale è operativo a decorrere dalla pubblicazione del decreto nella Gazzetta Ufficiale. A decorrere dal novantesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del suddetto decreto, da un lato, la richiesta di visita dei beni in vendita deve essere formulata esclusivamente mediante le funzionalità del portale delle vendite pubbliche (comma 4-bis) e, dall'altro, la disposizione di cui alla lettera e) si applica alle vendite forzate di beni immobili disposte dal giudice dell'esecuzione o dal professionista delegato (comma 5-bis).
  L'articolo 5 interviene sulla disciplina già prevista dall'articolo 155-sexies delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, in materia di ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare; in tale disposizione, vengono inseriti due ulteriori periodi, in base ai quali Ai fini del recupero o della cessione dei crediti, il curatore, il commissario e il liquidatore giudiziale possono avvalersi delle medesime disposizioni recate dalla norma in materia di ricerca dei beni con modalità telematiche, anche per accedere ai dati relativi ai soggetti nei cui confronti la procedura ha ragioni di credito, anche in mancanza di titolo esecutivo nei loro confronti. Quando di tali disposizioni ci si avvale nell'ambito di procedure concorsuali e di procedimenti in materia di famiglia, l'autorizzazione spetta al giudice del procedimento.
  L'articolo 5-bis è stato introdotto dal Senato al fine di sostituire l'articolo 179-ter delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile, prevedendo una nuova normativa in materia di elenco dei professionisti che provvedono alle operazioni di vendita dei beni pignorati.
  Si ricorda che la disciplina attuale recata dall'articolo 179-ter nel testo vigente, prevede che il Consiglio notarile distrettuale, il Consiglio dell'ordine degli avvocati e il Consiglio dell'ordine dei dottori commercialisti e esperti contabili comunicano ogni triennio ai presidenti dei tribunali gli elenchi, distinti per ciascun circondario, rispettivamente dei notai, degli avvocati e dei commercialisti disponibili a provvedere alle operazioni di vendita dei beni immobili.
  Il comma 1 dell'articolo 5-bis, nel recare la nuova disciplina proposta, interamente Pag. 29sostitutiva del predetto articolo 179-ter delle disposizioni attuative del codice di procedura civile, prevede l'istituzione, presso ogni tribunale, di un elenco dei professionisti che provvedono alle operazioni di vendita.
  La norma reca, per l'iscrizione a tali elenchi, il requisito di aver assolto gli obblighi di prima formazione, come stabiliti con decreto, di natura non regolamentare, del Ministro della giustizia, di cui si prevede l'adozione entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge.
  In particolare, la norma prevede possano ottenere l'iscrizione i professionisti di cui agli articoli 534-bis e 591-bis, primo comma, del codice di procedura civile, che presentino il requisito indicato. Si ricorda che l'articolo 591-bis del codice di procedura civile prevede che il giudice dell'esecuzione, salvo quando ritenga di procedervi direttamente, con l'ordinanza con la quale provvede sull'istanza di vendita, delega ad un notaio avente preferibilmente sede nel circondario o a un avvocato ovvero a un commercialista la vendita, definendo poi la disposizione i compiti del soggetto delegato. L'articolo 534-bis prevede analoga disposizione, con la delega da parte del giudice dell'esecuzione, con l'ordinanza con la quale provvede sull'istanza di vendita, circa la delega ad un notaio avente preferibilmente sede nel circondario o a un avvocato ovvero a un commercialista per il compimento delle operazioni di vendita con incanto ovvero senza incanto di beni mobili iscritti nei pubblici registri, rinviando alle disposizioni di cui all'articolo 591-bis, in quanto compatibili con le previsioni della sezione di collocazione della norma.
  La norma dispone che con il medesimo decreto sono stabiliti gli obblighi di formazione periodica da assolvere, ai fini della conferma dell'iscrizione, nonché sono fissate le modalità per la verifica dell'effettivo assolvimento degli obblighi formativi ed individuati contenuto e modalità di presentazione delle domande.
  Al riguardo, si prevede l'istituzione, presso ciascuna Corte di appello, di una commissione, composta in conformità a quanto disposto dal decreto menzionato, che disciplina altresì le modalità di funzionamento della commissione. L'incarico di componente della commissione ha durata triennale, può essere rinnovato una sola volta e non comporta alcuna indennità o retribuzione a carico dello Stato, né alcun tipo di rimborso spese.
  In base alla norma, la commissione provvede alla tenuta dell'elenco, all'esercizio della vigilanza sugli iscritti, alla valutazione delle domande di iscrizione e all'adozione dei provvedimenti di cancellazione dall'elenco.
  In materia, si attribuisce alla Scuola superiore della magistratura la funzione di elaborare le linee guida generali per la definizione dei programmi dei corsi di formazione e di aggiornamento, sentiti il Consiglio nazionale forense, il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili e il Consiglio nazionale notarile.
  La commissione esercita le funzioni, anche tenendo conto delle risultanze dei rapporti riepilogativi di cui agli articoli 16-bis, commi 9-sexies e 9-septies, del decreto-legge n. 179 del 2012, e valuta altresì i motivi per i quali sia stato revocato l'incarico in una o più procedure esecutive.
  La nuova disciplina prevede che, quando ricorrono speciali ragioni, l'incarico possa essere conferito a persona non iscritta in nessun elenco, con, nel provvedimento di conferimento dell'incarico, l'indicazione analitica dei motivi della scelta, rinviandosi, per quanto non disposto diversamente dall'articolo in esame, alle disposizioni di cui agli articoli 13 e seguenti in quanto compatibili. Inoltre, si dispone che i professionisti cancellati dall'elenco non possano essere reinseriti nel triennio in corso e nel triennio successivo.
  Il comma 2 reca l'autorizzazione di spesa per l'attuazione delle disposizioni in parola, pari ad euro 41.600,00 per l'anno 2016 ed euro 72.800,00 per l'anno 2017, indicando, a copertura dell'onere, la corrispondente riduzione dello stanziamento per gli anni 2016 e 2017, del fondo speciale Pag. 30di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2016-2018, nell'ambito del programma «Fondi di riserva speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2016, a valere sull'accantonamento relativo al Ministero della giustizia.
  Il comma 3 rinvia ad un successivo decreto del Ministro della giustizia, da adottare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame, con il quale saranno stabiliti gli importi delle quote di partecipazione individuale ai corsi di formazione e di aggiornamento previsti dalla nuova normativa recata dall'articolo 179-ter delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile; il medesimo decreto stabilirà, inoltre, le modalità di pagamento delle quote, prevedendone il versamento su apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato, ai fini della successiva riassegnazione allo stato di previsione della spesa del Ministero della giustizia. La disposizione specifica che gli importi sono stabiliti in misura tale da garantire l'integrale copertura delle spese connesse all'organizzazione ed al funzionamento dei corsi.
  Il comma 4 autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
  L'articolo 6 del decreto-legge apporta modifiche puntuali alla legge fallimentare, con la dichiarata finalità di velocizzare le procedure.
  In particolare, la lettera a) interviene sull'articolo 40 della legge fallimentare, relativo alla nomina del comitato dei creditori.
  Si ricorda che, in base all'articolo 41 della legge fallimentare, il comitato dei creditori è tenuto a vigilare sull'operato del curatore, ad autorizzarne gli atti e ad esprimere pareri nei casi previsti dalla legge, ovvero su richiesta del tribunale. Il comitato ed ogni suo componente, inoltre, possono ispezionare in qualunque tempo le scritture contabili e gli atti della procedura, avendo diritto di chiedere notizie e chiarimenti sia al curatore che al fallito.
  La riforma precisa che il comitato dei creditori si considera costituito, anche prima della designazione del presidente, con l'accettazione, anche per via telematica, della nomina da parte dei suoi componenti. Non serve dunque alla costituzione del comitato la convocazione davanti al curatore.
  Le lettere b), d) ed e) attengono tutte alla possibilità di svolgere in via telematica le udienze che richiedono la presenza di un elevato numero di creditori.
  In particolare, la lettera b) modifica l'articolo 95 della legge fallimentare, consentendo al giudice delegato di prevedere che, in considerazione del numero dei creditori e dell'entità del passivo, l'udienza per l'esame dello stato passivo sia svolta in via telematica. Le modalità telematiche – realizzate con strutture informatiche che possono essere messe a disposizione della procedura da soggetti terzi – dovranno comunque assicurare il rispetto del contraddittorio e l'effettiva partecipazione dei creditori.
  Analogamente dispone la lettera d), che interviene sull'articolo 163 della legge fallimentare, in relazione allo svolgimento in via telematica dell'adunanza dei creditori nella disciplina dell'ammissione alla procedura di concordato preventivo.
  La lettera e) precisa, con particolare riferimento alla discussione della proposta di concordato di cui all'articolo 175 della legge fallimentare, che se il tribunale ha disposto l'adunanza in via telematica, le modalità di svolgimento della discussione sulla proposta di concordato e delle proposte concorrenti sono disciplinate con decreto, non soggetto a reclamo, del giudice delegato, da emanarsi almeno dieci giorni prima dell'adunanza.
  La lettera c) modifica l'articolo 104-ter della legge fallimentare, in tema di programma di liquidazione, per inserire tra le giuste cause di revoca del curatore anche il mancato rispetto dell'obbligo di presentare un progetto di ripartizione delle somme, quando somme da distribuire ai creditori siano disponibili.Pag. 31
  In base all'articolo 110 della legge fallimentare il curatore, ogni quattro mesi dalla dichiarazione di esecutività dello stato passivo, presenta un prospetto delle somme disponibili ed un progetto di ripartizione delle medesime, riservate quelle occorrenti per la procedura. La violazione di questa disposizione in presenza di somme da ripartire è ora causa di revoca del curatore.
  Il Senato ha integrato l'articolo 6 con l'inserimento della lettera c-bis), che modifica proprio l'articolo 110 della legge fallimentare relativo al procedimento di ripartizione dell'attivo.
  In particolare, il provvedimento stabilisce: a) che, se sono in corso procedimenti di impugnazione del decreto che accerta il passivo, il curatore deve indicare, nel progetto di ripartizione, per ciascun creditore, le somme che possono essere ripartite immediatamente e quelle per le quali, invece, occorre attendere una fideiussione, idonea a garantire la restituzione alla procedura delle somme (con gli interessi) che risultino ripartite in eccesso; b) che, se sono presentati reclami contro la ripartizione dell'attivo, il progetto di ripartizione è dichiarato esecutivo e non occorre accantonare le somme corrispondenti ai crediti oggetto di contestazione, se viene presentata una idonea fideiussione.
  In entrambi i casi, la fideiussione deve essere rilasciata da banche, società assicuratrici o intermediari finanziari che svolgono in via esclusiva o prevalente attività di rilascio di garanzie e che sono sottoposti a revisione contabile da parte di una società di revisione (come previsto dal richiamato articolo 574 del codice di procedura civile).
  L'articolo 13 ha per oggetto la copertura finanziaria. Il comma 1 prevede che gli oneri (11,4 milioni di euro nel triennio 2016-18) derivanti dalle disposizioni contenute nel provvedimento siano coperti mediante il ricorso al fondo specificamente destinato alla copertura degli oneri di parte corrente derivanti dalle norme legislative che si prevede possano essere approvate nel triennio finanziario di riferimento.
  In particolare, gli oneri connessi agli articoli 1, comma 6; 3, comma 8 e 7 ammontano a 4,3 milioni di euro per l'anno 2016, a 3,6 milioni di euro per l'anno 2017 e a 3,5 milioni di euro per l'anno 2018, alla loro copertura si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente allo scopo parzialmente utilizzando, quanto a 3,7 milioni di euro per l'anno 2016, l'accantonamento relativo al Ministero della giustizia e, quanto a 0,6 milioni di euro per l'anno 2016, a 3,6 milioni di euro per l'anno 2017 e a 3,5 milioni di euro per l'anno 2018, l'accantonamento relativo al Ministero dell'economia e delle finanze.
  Il comma 2 autorizza infine il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le necessarie variazioni di bilancio.

  Daniele PESCO (M5S) esprime il giudizio estremamente negativo del M5S sul decreto-legge in esame, del cui contenuto si dichiara indignato. In particolare critica aspramente le previsioni dell'articolo 1 e, soprattutto, dell'articolo 2 del decreto-legge, il quale introduce nel Testo unico bancario un nuovo articolo 48-bis, estendendo in tal modo anche ai finanziamenti alle imprese le previsioni in materia di «Patto marciano» recentemente inserite con riferimento ai mutui residenziali dal decreto legislativo di recepimento delle direttiva 2014/17/UE.
  Sottolinea infatti come, ancora una volta, sia stato introdotto uno strumento che, anziché sostenere cittadini e imprese nella fase di crisi economica che l'intero sistema produttivo del Paese sta attraversando, costituisce l'ennesima misura a esclusivo vantaggio del sistema bancario, in danno dell'intero sistema produttivo del Paese.
  Rileva infatti come, a fronte della difficile situazione finanziaria in cui versano gli istituti bancari, in gran parte determinata dalla cattiva gestione nell'attività di erogazione del credito e aggravata dall'introduzione da parte dell'Unione europea di stringenti norme in materia di requisiti Pag. 32patrimoniali, il Governo continui ad attuare una politica dagli effetti insostenibili, soprattutto per i soggetti finanziariamente più deboli.
  Nel ricordare come il mercato dei crediti in sofferenza esista da tempo e debba essere regolato attraverso l'introduzione di meccanismi di natura diversa, ritiene che lo strumento previsto dall'articolo 2 rappresenti un grave rischio per il sistema produttivo del Paese, già gravato da una pesante imposizione fiscale, e sia finalizzato a far realizzare ingenti vantaggi alle società che gestiranno i crediti in sofferenza.
  Ribadisce quindi il giudizio estremamente negativo del suo gruppo sull'articolo 2 del decreto-legge, che contiene misure intollerabili per i cittadini, e chiede fin d'ora alla maggioranza e al Governo di riflettere seriamente sulla soppressione dell'articolo stesso, preannunciando che il suo gruppo porrà in essere ogni iniziativa per giungere all'eliminazione di tale previsione, che considera inaccettabile sotto ogni profilo.
  Passa quindi a esaminare il contenuto dell'articolo 7, il quale dispone l'acquisizione, da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, della Società per la Gestione di Attività SGA S.p.A., società, attualmente detenuta dal gruppo Intesa SanPaolo, costituita in occasione del salvataggio del Banco di Napoli nel 1997 allo scopo di recuperare i crediti in sofferenza. Nel ricordare come tale società abbia operato molto efficacemente nella gestione delle sofferenze del Banco di Napoli, giungendo a recuperarne una quota pari a circa il 90 per cento e si trovi in una situazione patrimoniale ottimale, disponendo di una liquidità di circa 500 milioni, evidenzia il pericolo che l'acquisizione da parte del MEF della predetta società preluda all'intervento del patrimonio accumulato dalla SGA nel Fondo Atlante e che tale operazione sia quindi finalizzata a consentire ai medesimi soggetti che finora controllavano la predetta SGA di continuare a gestire la liquidità della società stessa.

  Giovanni PAGLIA (SI-SEL) ritiene che il decreto-legge in esame costituisca uno dei peggiori interventi legislativi adottati dal Governo in questa Legislatura, lamentando come il provvedimento sia stato finora discusso, probabilmente anche a causa dell'elemento di «distrazione» costituita dalle elezioni amministrative, con eccessiva leggerezza, senza adeguata consapevolezza delle conseguenze negative che esso può determinare. Rileva inoltre come il provvedimento sia giunto con ritardo alla Camera, domandandosi, quindi, se la maggioranza intenda svolgere su di esso un reale approfondimento, o intenda invece limitarsi ad un esame meramente formale, inibendo ogni concreta possibilità emendativa su di esso.
  Passando quindi agli aspetti di merito, ricorda che, in occasione del recente esame dello schema di decreto legislativo di recepimento della direttiva 2014/17/UE in merito ai contratti di credito ai consumatori relativi agli immobili residenziali, lui stesso aveva chiesto se la normativa relativa al cosiddetto «Patto marciano» contenuta nel predetto schema di decreto si estendesse anche agli immobili di impresa, considerando tale eventualità particolarmente negativa. Reputa pertanto particolarmente grave, che, a fronte del chiarimento, espresso dal Governo e dalla maggioranza in quella occasione, secondo cui le norme sul «Patto marciano» si estendevano solo agli immobili residenziali, a pochi giorni di distanza il Governo abbia introdotto, con l'articolo 2 del decreto-legge, un'ulteriore previsione che estende tale meccanismo pattizio anche agli immobili d'impresa. Sottolinea come tale decisione sia completamente sbagliata, in quanto rafforza in modo sproporzionato il potere contrattuale delle banche nei confronti dei debitori. Ritiene, invece, che, quando si attribuiscono vantaggi alla parte creditrice, si dovrebbe compensare tale sbilanciamento con misure a favore anche della parte debitrice, onde evitare di introdurre gravi elementi di disparità. Evidenzia, inoltre, come tali misure appaiano ancor più deleterie in quanto si favorisce Pag. 33solo il creditore bancario, inserendo un elemento di disparità nei confronti delle altre categorie di creditori.
  Giudica negativamente anche l'articolo 1 del decreto-legge, che introduce lo strumento del pegno immobiliare non possessorio, in quanto esso trasforma le banche in creditori privilegiati, a discapito degli altri creditori, ad esempio nel caso di procedure concorsuali che interessino il bene oggetto di pegno.
  Esprime quindi ulteriori notazioni critiche anche nei confronti degli articoli da 8 a 10 del decreto-legge, relativi al meccanismo di finanziamento degli investitori delle quattro banche poste in liquidazione. A tale proposito rileva come tali norme comportino che l'accesso al risarcimento automatico è subordinato a un criterio censuario, creando in tal modo un'illegittima disparità tra soggetti che abbiano subito la medesima perdita a seguito della liquidazione delle predette banche. In merito sarebbe stato perlomeno opportuno che, in contemporanea con l'adozione del decreto-legge, il Governo emanasse anche la disciplina secondaria di attuazione della procedura arbitrale prevista in materia, attesa ormai da mesi. Sottolinea, infatti, come, nell'incertezza circa il concreto atteggiarsi del predetto meccanismo arbitrale, gli investitori che possiedano i requisiti previsti saranno indotti a scegliere la via del risarcimento automatico, rinunciando tuttavia, in tal caso, ad esercitare il loro diritto di ottenere il risarcimento integrale di tutte le perdite subite.
  Ritiene pertanto, complessivamente, che il decreto-legge compia un buon servizio in favore delle banche, ma non costituisca certamente un intervento opportuno per il sistema delle imprese e per il Paese nel suo complesso.

  Maurizio BERNARDO, presidente, rileva come le questioni circa l'organizzazione dei lavori sul provvedimento potranno essere affrontate nell'ambito della riunione congiunta degli Uffici di Presidenza, integrati dai rappresentanti dei gruppi, delle Commissioni riunite, prevista per oggi, al termine della seduta in sede referente.

  Alfonso BONAFEDE (M5S) dichiara preliminarmente di essere molto preoccupato ogni qualvolta un provvedimento viene assegnato in congiunta alle Commissioni Giustizia e Finanze, in quanto, per esperienza acquisita nel corso della Legislatura, ciò significa che il Governo e la maggioranza non si accingono a definire più incisivi ed efficaci strumenti di tutela dei cittadini e delle imprese nell'ambito del mercato, come sarebbe naturale, ma si preparano ad introdurre nuove misure per favorire le banche e distruggere la vita di cittadini ed imprenditori. Anche in questo caso il Parlamento si limita, di fatto, a validare strumenti, individuati dalla maggioranza e dal Governo, grazie ai quali le banche stesse sono poste nelle condizioni di aggredire il patrimonio dei cittadini, ed in particolare, degli imprenditori che fanno ricorso al credito bancario. A suo avviso, il decreto - legge in esame rappresenta, infatti, una eclatante manifestazione di totale caduta del senso del pudore da parte della maggioranza e del Governo, che, anziché tutelare i cittadini e le imprese in un momento di acuta crisi economica, adottano, invece, misure in favore degli istituti bancari.
  Dichiara di essere ben consapevole che da parte della maggioranza non vi è alcuna volontà di discutere sul testo, essendo questo blindato e, per tale ragione, ritiene che sia inutile qualsiasi discussione sui tempi di esame del provvedimento e sulla scadenza del termine per la presentazione degli emendamenti.

  Girolamo PISANO (M5S) esprime forti critiche sulla complessiva impostazione del decreto-legge, che affronta in maniera del tutto inadeguata le criticità emerse nel sistema del credito.
  A tale proposito rammenta infatti che, nel corso delle audizioni svolte dalla Commissione Finanze nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle tematiche relative ai rapporti tra operatori finanziari e creditizi e clientela, è stato evidenziato da diversi Pag. 34soggetti ascoltati, in particolare dai rappresentanti di CERVED, come l'attuale panorama dei rapporti di credito riveli forti criticità, non solo dal lato delle banche, ma soprattutto nell'ambito dei rapporti creditizi intercorrenti tra privati e imprese, e vada quindi affrontato attraverso un approccio completamente diverso.
  In particolare evidenzia come i problemi che attualmente affliggono il sistema creditizio siano il portato di una serie concatenata di cause a monte, legate in primo luogo alle difficoltà economiche in cui versano da un lato, molti cittadini, e dall'altro lato, molte imprese, che non sono in grado di pagare in tempo i propri fornitori, determinando conseguentemente un ammontare crescente di sofferenze creditizie per le banche. In tal modo impieghi che, in una diversa congiuntura economica, risultavano non rischiosi, sono divenuti, a causa della crisi economica, impieghi rischiosi.
  In tale contesto rileva come, prima di tutto, il Governo dovrebbe risolvere i problemi economici dei cittadini e delle imprese che è alla radice delle problematiche del credito nel Paese, affrontando in tale ambito la tematica dei debiti commerciali. Al contrario l'Esecutivo, anziché realizzare una riforma del processo civile, al fine di rendere più efficiente il sistema della giustizia civile, assicurando la tutela dei diritti nella generale dinamica dei rapporti tra privati, attraverso l'articolo 2 del decreto-legge introduce un ulteriore strumento a esclusivo vantaggio delle banche, mediante l'estensione anche ai finanziamenti alle imprese del cosiddetto «Patto marciano».
  Ribadisce quindi il proprio giudizio fortemente critico rispetto a tale misura, che rischia di condurre alla definitiva distruzione del sistema produttivo del Paese, già provato da gravi difficoltà finanziarie, senza porre alcun rimedio alle reali criticità del sistema creditizio.

  Maurizio BERNARDO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame alla seduta già convocata per la giornata di domani.

  La seduta termina alle 15.25.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  L'Ufficio di Presidenza si è riunito dalle 15.25 alle 15.40.