CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 24 maggio 2016
647.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (XI e XII)
COMUNICATO
Pag. 4

SEDE REFERENTE

  Martedì 24 maggio 2016. — Presidenza del presidente della XI Commissione Cesare DAMIANO. — Interviene il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali Luigi Bobba.

  La seduta comincia alle 10.05.

Delega recante norme relative al contrasto della povertà, al riordino delle prestazioni e al sistema degli interventi e dei servizi sociali (collegato alla legge di stabilità 2016).
C. 3594 Governo.
(Seguito dell'esame e rinvio).

  Le Commissioni proseguono l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, il 4 maggio 2016.

  Cesare DAMIANO, presidente, ricorda che il disegno di legge in esame è collegato alla legge di stabilità 2016 ed è iscritto nel programma dei lavori dell'Assemblea per il prossimo mese di giugno. Segnala, quindi, l'esigenza di stabilire, nella riunione dell'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, delle Commissioni riunite, convocato al termine della seduta, le modalità di prosecuzione dell'esame del provvedimento tenendo conto di tale previsione.

  Roberto SIMONETTI (LNA) riconosce preliminarmente che il disegno di legge in esame presenta spunti positivi, a partire dalla lodevole finalità del contrasto alla povertà. Tuttavia, nota che esso, al pari di altri provvedimenti adottati dal Governo, comporterà uno svuotamento di fatto dei compiti oggi attribuiti agli enti territoriali, di pari passo con le previsioni delle modifiche al Titolo V della Parte seconda della Costituzione, che saranno sottoposte al referendum. A suo avviso, pur essendo necessario sconfiggere il fenomeno della povertà, non può pensarsi di farlo attraverso una centralizzazione delle competenze attualmente attribuite agli enti territoriali. Infatti, come dimostra anche la sua esperienza di amministratore, più i centri decisionali sono vicini alla realtà dei problemi da risolvere, più le proposte diventano aderenti alle esigenze concrete della popolazione. Al contrario, nel provvedimento, Pag. 5si prevede un Piano per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale, una misura nazionale di contrasto della povertà e un organismo nazionale di coordinamento del sistema degli interventi e dei servizi sociali, ai quali fa riscontro, sul piano delle politiche attive, la costituzione di una Agenzia nazionale, l'ANPAL. Del resto, anche il disegno di legge delega per la riforma del Terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del Servizio civile universale, attualmente all'esame dell'Assemblea della Camera dei deputati, appare seguire il medesimo schema, laddove prevede la centralizzazione delle attività in materia in capo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
  Un ulteriore aspetto negativo del provvedimento, che, a suo avviso, necessita di essere corretto, è costituito dalla previsione della razionalizzazione delle prestazioni previdenziali, punto sul quale preannuncia la presentazione di uno specifico emendamento.
  Anche in relazione alla verifica dell'ISEE ai fini dell'accesso alle prestazioni si presenta, a suo avviso, la necessità di correzioni. Infatti, non ritiene corretto ancorare il riconoscimento del diritto alle prestazioni alla verifica non solo dei requisiti economici, ma anche di quelli patrimoniali. Ricorda, infatti, che spesso il possesso di un patrimonio, quale, ad esempio, una casa ereditata dai genitori, non genera reddito ma, piuttosto, spese, considerati anche i livelli di tassazione sulle proprietà immobiliari. Passando, quindi, alla previsione della razionalizzazione delle prestazioni assistenziali e previdenziali, auspica che questa non comporti una riduzione del livello delle tutele esistenti, che non potrebbe essere sopportato, dati i livelli di disagio raggiunti con la crisi. Esorta, pertanto, il Governo a non volere fare cassa né attraverso il riordino delle prestazioni assistenziali né, tantomeno, attraverso una revisione dell'istituto della pensione di reversibilità.
  Passando, quindi, alle modalità di finanziamento del sistema delineato dal provvedimento, condivide la finalità di evitare sovrapposizioni, se esse riguardano trattamenti aventi la medesima fonte, ma si dichiara contrario all'eventualità che a tale razionalizzazione corrisponda il venir meno dei finanziamenti reperiti a livello locale, magari attraverso un inasprimento della tassazione, per garantire livelli di tutela ulteriori rispetto a quelli assicurati dalla normativa nazionale. Un altro aspetto della razionalizzazione, che introduce il concetto di «media», spesso a scapito dei principi di equità e di responsabilità, interessa l'indice di povertà, che, nel disegno del Governo, deve essere allineato allo stesso livello su tutto il territorio nazionale. Pur dichiarando di condividere in astratto il trasferimento di risorse verso territori con livelli di reddito più bassi, invita il Governo a procedere, contestualmente, all'esame di tutte le ragioni alla base del diverso livello di tutela assicurato, allo scopo di isolare eventuali situazioni di povertà solo apparente. Fa riferimento, in particolare, al lavoro nero o irregolare, che impedisce di certificare il vero livello di reddito dei lavoratori. Infine, rimarca l'esiguità delle risorse messe a disposizione dalla legge di stabilità 2016, appena un miliardo di euro, che sono ben poca cosa rispetto ai 72 miliardi spesi nel 2014 per interventi assistenziali. Ricorda, a tale proposito, che le regioni, nel corso delle audizioni, hanno chiesto l'incremento dei livelli di finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni per lo meno a sette miliardi di euro annui a regime.

  Tiziana CIPRINI (M5S) osserva che il principio dell'universalismo selettivo, ispiratore del disegno di legge, è un ingannevole ossimoro, ideato per la prima volta nel 2009 dal Ministro Sacconi nell'ambito del Governo Berlusconi e fatto proprio, oggi, dal Governo Renzi. Critica fortemente l'intenzione di sottoporre alla prova dei mezzi l'accesso alle prestazioni attraverso il ricorso all'ISEE, in quanto ciò comporterà il taglio delle tutele oggi assicurate ai poveri, in favore di cittadini ancora più poveri. Nel nome dell'universalismo selettivo, pertanto, l'ISEE sarà trasformato da strumento di inclusione a strumento per escludere larghe fasce di Pag. 6poveri dalle attuali tutele, come è successo per i numerosi studenti che, con l'applicazione dell'ISEE, hanno perso il diritto a fruire delle borse di studio. Si sta, pertanto, andando inesorabilmente verso il modello americano di assistenza, in base al quale ognuno provvede alle proprie necessità con i propri mezzi, secondo un modello di privatizzazione strisciante dello stato sociale. Rimarca, inoltre, la mancanza di chiarezza sul soggetto che dovrà farsi carico dell'erogazione delle prestazioni. Non condivide nemmeno il disegno di reperire risorse con la razionalizzazione delle prestazioni, dal momento che l'esperienza – come quella del fondo destinato al finanziamento di benefici in favore dei lavoratori impegnati in attività usuranti o i risparmi derivanti dall'aumento dell'età di pensionamento per le donne nel settore del pubblico impiego – dimostra che i fondi risparmiati con interventi di razionalizzazione sono sempre stati spesi per finalità diverse da quelle previste. Tuttavia, a suo avviso, è quanto mai necessario reperire risorse da destinare al finanziamento degli interventi in esame, soprattutto alla luce delle recenti sentenze del Consiglio di Stato sull'ISEE, che, come anche rilevato dai rappresentanti della Ragioneria generale dello Stato nel corso delle audizioni presso le Commissioni riunite, finiranno per fare gravare ulteriori oneri sulle regioni e sugli enti locali, che dovranno essere finanziati mediante il ridimensionamento delle tutele attualmente da loro garantite.
  In posizione diametralmente opposta al modello di assistenzialismo puro delineato dal Governo si colloca, invece, il reddito di cittadinanza, che rappresenta un vero e proprio «welfare generativo», volto a sollecitare l'iniziativa del soggetto, non più preso in carico dalle istituzioni e privato della sua libertà di scelta. Si tratta, infatti, di una misura di politica attiva che riattiva le capacità dei singoli nella ricerca di un posto di lavoro dignitoso, spezzando il circolo vizioso che spinge i giovani a chiudersi in se stessi, che alla base della crescita del fenomeno dei NEET. In tale modello di capitalismo neoliberista, i disoccupati sono, peraltro, funzionali al sistema, in quanto consumano senza produrre, finché durano le risorse familiari a loro disposizione, formando un esercito di manodopera di riserva disposta ad accettare condizioni lavorative sempre peggiori, come dimostra il disegno alla base del Jobs Act.

  Claudio COMINARDI (M5S) osserva preliminarmente come l'ISTAT nel corso della sua audizione presso le Commissioni riunite abbia fornito puntuali indicazioni circa le spese sostenute nel nostro Paese per il contrasto della povertà e dell'esclusione sociale, che consentono di verificare come in Italia sia destinato a tale finalità un esiguo ammontare di risorse, a fronte dei flussi finanziari ben più consistenti messi in campo nei Paesi del nord Europa. Rileva, peraltro, che tale modesta spesa dovrebbe far fronte alle esigenze di una platea particolarmente ampia e in crescita, considerando che secondo l'Istituto nazionale di statistica i soggetti in stato di povertà assoluta sono circa 4 milioni, pari a circa il 7 per cento della popolazione italiana, mentre versano in condizione di povertà relativa circa 7,8 milioni di persone, che rappresentano quasi il 13 per cento della popolazione residente.
  A suo avviso, il provvedimento in esame intende introdurre correzioni agli interventi precedentemente adottati dal Governo, a partire dal bonus fiscale di 80 euro per i lavoratori dipendenti, una misura di carattere elettoralistico che ha determinato un incremento del risparmio privato, anziché tradursi, come sarebbe stato opportuno, in una ripresa dei consumi privati, specialmente di quelli indirizzati all'acquisto di beni di prima necessità. Pur ritenendo che il risparmio privato debba essere adeguatamente tutelato, evidenzia, infatti, che sarebbe stato auspicabile un rafforzamento dei consumi privati, che avrebbe determinato evidenti effetti moltiplicativi e una crescita sensibile del prodotto interno lordo.
  Per altro verso, sottolinea che il Jobs Act ha determinato un incremento della precarizzazione nel mondo del lavoro, giustificata Pag. 7sulla base di un paradigma che prevede lo spostamento dalle tutele dal rapporto di impiego al mercato del lavoro, con un conseguente potenziamento delle politiche attive per il collocamento e il ricollocamento dei lavoratori. A suo avviso, tuttavia, la riduzione dell'importo degli sgravi contributivi riconosciuti ha reso evidente che la nuova normativa non ha determinato un effettivo incremento dei posti di lavoro stabili, il cui ritmo di crescita è drasticamente diminuito, mentre destano allarme i dati relativi alla crescita incontrollata dei voucher, relativi a prestazioni occasionali, spesso non configurabili neppure come veri e propri rapporti di lavoro, che possono contribuire alla riduzione del tasso di disoccupazione, ma alimentano il preoccupante fenomeno dei working poors.
  Osserva, inoltre, che anche il sostegno per l'inclusione attiva (SIA), sperimentato dal Governo, rappresenta l'ennesimo esempio di un welfare caritativo assolutamente inefficace, privo di carattere universalistico. Sottolinea, invece, che un intervento realmente efficace sul piano del contrasto alla povertà dovrebbe essere strettamente collegato alle politiche attive del lavoro, che nel nostro Paese, nonostante le riforme del Jobs Act, continuano ad essere particolarmente deboli. Nell'evidenziare che nelle proposte di legge avanzate dal proprio gruppo con riferimento all'introduzione di un reddito di cittadinanza si fanno carico in modo puntuale di questo profilo, ricorda che, allo stato, solo una quota ampiamente minoritaria dei soggetti in cerca di occupazione si rivolge ai servizi per l'impiego, ai quali sono, peraltro, destinate risorse assai scarse. Segnala, in particolare, che i centri pubblici per l'impiego hanno una dotazione di personale pari a circa un decimo di quella delle corrispondenti strutture tedesche e che tale personale è in gran parte legato alle amministrazioni pubbliche da rapporti di lavoro precari, che non consentono una adeguata formazione dei lavoratori.
  Evidenzia, altresì, che il provvedimento alimenta la confusione esistente tra previdenza e assistenza, richiamando l'esigenza di avvalersi dell'ISEE anche ai fini della determinazione delle prestazioni previdenziali collegate al reddito. A suo avviso, tuttavia, anche alla luce del dibattito a lungo sviluppatosi su questi temi, occorre evitare commistioni tra la spesa previdenziale e quella assistenziale e arrivare, finalmente, ad una migliore separazione di questi due comparti di spesa. Nel complesso, denuncia la carenza degli investimenti nel settore degli interventi per la tutela delle persone, ricordando come anche il finanziere statunitense Bill Gross, gestore di importanti fondi di investimento, abbia evidenziato che, per far fronte alla crisi dell'economia mondiale e alla crescita delle disuguaglianze economiche e sociali, sia necessario riconoscere alla cittadinanza un reddito minimo universale. Ritiene, infatti, che, a fronte delle crescenti sperequazioni nella distribuzione della ricchezza, sempre più concentrata nelle mani di un numero ridotto di soggetti, la risposta non possa essere certamente quella, proposta dal disegno di legge del Governo, di togliere risorse ai poveri, per destinarle a chi è ancora più povero. Occorre, invece, un intervento lungimirante, che consenta di escludere la scomparsa della classe media e dia nuova linfa a un sistema economico che, altrimenti, rischia di avvitarsi su sé stesso.

  Anna Margherita MIOTTO (PD) ritiene utile la discussione in corso di svolgimento al fine di individuare i punti critici da affrontare nel corso dell'esame dell'articolato. Segnala, in primo luogo, l'esigenza di evitare la diffusione di eccessivo allarmismo sugli esiti delle procedure di razionalizzazione previste, causata dalla formulazione del testo in esame, introducendo i necessari chiarimenti. Allo stesso tempo, auspica un utilizzo proficuo delle risorse stanziate con la legge di stabilità al fine di far decollare le politiche di assistenza, almeno per quanto riguarda il contrasto alla povertà.
  Passando agli aspetti istituzionali, ricorda che la competenza esclusiva in materia di assistenza spetta alle regioni, mentre Pag. 8lo Stato dovrebbe limitarsi all'individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP), anche se dal 2001 tali livelli non sono stati individuati, non essendo mai state stanziate risorse adeguate. Alla luce di questo fatto, occorre seguire la difficile strada dell'individuazione di obiettivi di servizio, che costituiscono un livello intermedio di intervento in vista della definizione di veri e propri LEP, scelta adottata, ad esempio dalla XII Commissione, nel corso dell'esame del provvedimento recante disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave, prive del sostegno familiare, approvato dalla Camera e ora all'esame del Senato, in modo da garantire continuità ai servizi offerti, superando frammentazione ed episodicità. Invita, quindi, ad allineare le disposizioni del provvedimento con le competenze costituzionalmente riconosciute allo Stato e alle Regioni, ricordando che anche la riforma recentemente approvata dal Parlamento non modifica l'attuale assetto delle competenze, a meno che non si interpreti impropriamente estensiva la prevista adozione di norme generali e comuni da parte dello Stato.
  Invita a superare errori compiuti anche in un recente passato, definendo con chiarezza il perimetro della delega tramite un elenco puntuale delle prestazioni oggetto di un riordino che dovrebbe essere volto anche a evitare confusione tra prestazioni assistenziali e previdenziali.
  Valuta positivamente l'apparente intento della delega di superare la logica dei bonus, che non ha portato finora a risultati tangibili né rispetto alla denatalità né per il contrasto alla povertà, privilegiando il rafforzamento dei servizi. Invitando a considerare l'impianto della proposta del reddito di inclusione sociale (REIS), ricorda che la regia delle politiche di assistenza non può che essere affidata ai comuni, eventualmente in forma associata, nel rispetto delle competenze regionali. Auspica in questo contesto una limitazione, attraverso la delega, della tendenza alla «voucherizzazione» delle prestazioni assistenziali. Nel ribadire che occorre tenere in considerazione le risorse a disposizione, ritiene corretto agire con gradualità purché sia rispettato l'impegno relativo a un progressivo incremento della dotazione finanziaria, raggiungendo nei prossimi tre o quattro anni la necessaria cifra di circa 7 miliardi di euro, che non potrà certo essere ottenuta grazie alle eventuali economie derivanti dal riordino delle future prestazioni assistenziali.
  Insiste, in questo quadro, sull'individuazione transitoria di obiettivi di servizio che consentano di affrontare la povertà assoluta senza ricorrere alle cosiddette sperimentazioni, che si sono rivelate poco efficaci, diversificando gli interventi sul territorio sulla base delle relative esigenze.

  Paolo BENI (PD), precisando che su molti punti si riconosce nell'intervento appena svolto dalla collega Miotto, reputa necessaria l'introduzione di modifiche significative al testo in esame che, in ogni caso, è da valutare positivamente nel suo complesso in quanto colma una grave lacuna del nostro ordinamento, relativa all'assenza di una misura universale per il contrasto alla povertà. Nel ricordare le rilevanti risorse stanziate con la legge di stabilità 2016, osserva che non c’è chiarezza rispetto al necessario graduale incremento del finanziamento per gli anni successi, come ricordato anche dalla collega Miotto. Ritiene, al riguardo, che la revisione della spesa non possa sostituire l'incremento delle risorse a disposizione, ma debba avere come obiettivo un aggiustamento delle strategie, rendendo le politiche di assistenza maggiormente eque, inclusive ed efficaci. Si rende necessario, quindi, superare una visione basata essenzialmente sul mondo del lavoro con interventi prevalentemente monetari e frammentati, spostando l'attenzione sui bisogni delle persone e sui servizi, anche con una maggiore chiarezza rispetto all'ISEE. In questo quadro, condivide l'approccio inclusivo e non assistenziale adottato dal disegno di legge di delega, con progetti personalizzati di presa in carico, sottolineando comunque Pag. 9l'esigenza di dotare il territorio di servizi adeguati.
  In conclusione, ribadisce la valenza positiva del «cambio di marcia» delineato dal provvedimento, che deve essere sostenuto da risorse adeguate, in particolare se si intende seguire un approccio come quello richiamato dalla collega Miotto, relativo al reddito di inclusione sociale.

  Cesare DAMIANO, presidente, considerato che l'Assemblea della Camera ha avviato i propri lavori antimeridiani, rinvia il seguito dell'esame del provvedimento alla seduta convocata per la giornata di domani.

  La seduta termina alle 11.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  Martedì 24 maggio 2016.

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 11 alle 11.10.