CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 10 marzo 2016
608.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Ambiente, territorio e lavori pubblici (VIII)
COMUNICATO
Pag. 181

SEDE CONSULTIVA

  Giovedì 10 marzo 2016. — Presidenza del vicepresidente Tino IANNUZZI.

  La seduta comincia alle 13.50.

Disposizioni in materia di acquisto e dismissione delle autovetture di servizio o di rappresentanza delle pubbliche amministrazioni.
C. 3220 Sorial.

(Alla I Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in titolo.

  Tino IANNUZZI, presidente, dà conto delle sostituzioni per la seduta odierna.

  Oreste PASTORELLI (Misto-PSI-PLI), relatore, comunica che la Commissione è chiamata a esprimere il prescritto parere sulla proposta di legge C. 3220, d'iniziativa dei deputati Sorial ed altri, che reca disposizioni in materia di acquisto e dismissione delle autovetture di servizio o di rappresentanza delle pubbliche amministrazioni, come risultante dagli emendamenti approvati dalla I Commissione (Affari costituzionali). Ricorda che sul testo originario di tale proposta, oggetto di rinvio in Commissione, la VIII Commissione ha espresso parere favorevole in data 17 novembre scorso. Segnala che il testo originario è stato modificato dalla Commissione di merito. In particolare, è stato modificato il comma 1, che proroga al 31 dicembre 2017, il divieto di acquisto di autovetture da parte delle pubbliche amministrazioni e di stipulazione dei contratti Pag. 182di locazione finanziaria aventi ad oggetto autovetture. Non ha invece subito modifiche il comma 2 del medesimo articolo, di particolare interesse per la VIII Commissione, che mantiene ferme le disposizioni concernenti le autovetture adibite ai servizi operativi di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, della salute e dell'incolumità pubblica, della sicurezza stradale, della difesa e della sicurezza militare, nonché ai servizi ispettivi relativi a funzioni di carattere fiscale e contributivo. Fa presente che è stato invece modificato il comma 3 dell'articolo 1, che consente l'utilizzo delle autovetture di servizio ad uso non esclusivo a disposizione di ciascuna amministrazione, inserita nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuata dall'ISTAT, ai sensi della legge n. 196 del 2009 (incluse la Banca d'Italia, la Commissione nazionale per la società e la borsa e l'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni) solo per singoli spostamenti per ragioni di servizio, che non comprendono lo spostamento tra abitazione e luogo di lavoro in relazione al normale orario d'ufficio. Aggiunge che è stato poi inserito il comma 3-bis, a norma del quale le disposizioni del comma 3 e le disposizioni dell'articolo 15, commi 1 e 2, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, relativo alla spesa per autovetture, costituiscono per le regioni disposizioni di principio ai fini del coordinamento della finanza pubblica, a cui, nell'ambito delle rispettive competenze, tali amministrazioni adeguano i propri ordinamenti, anche sulla base di specifici accordi sanciti in sede di Conferenza unificata. Il comma 4 dell'articolo 1, modificato, dispone che le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 4, comma 1, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 25 settembre 2014 (le pubbliche amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'ISTAT, incluse le autorità indipendenti, le regioni e gli enti locali), effettuano la comunicazione relativa al numero e all'elenco delle autovetture di servizio utilizzate entro il 31 dicembre di ogni anno, o comunque entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Il nuovo comma 4-bis prevede una sanzione amministrativa pecuniaria, irrogata dall'Autorità nazionale anticorruzione, in caso di mancata o incompleta comunicazione, mentre il successivo nuovo comma 4-ter stabilisce che, decorsi trenta giorni dalla scadenza del termine per la comunicazione, il Dipartimento della funzione pubblica segnala alla Corte dei conti e all'Autorità nazionale anticorruzione le amministrazioni che non hanno effettuato la suddetta comunicazione. Il comma 5, che non ha subito modifiche, stabilisce, inoltre, che le autovetture acquistate in violazione delle disposizioni della presente legge sono poste in vendita, secondo le modalità di cui all'articolo 2. Tale articolo, al comma 1, modificato, assoggetta la dismissione delle autovetture di proprietà delle pubbliche amministrazioni alla procedura prevista dall'articolo 2, comma 4, del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 25 settembre 2014 (dismissione a titolo oneroso ovvero cessione a titolo gratuito alle organizzazioni non lucrative di utilità sociale iscritte nell'anagrafe unica delle ONLUS che prestano servizi di assistenza sociale e sanitaria). Rileva, inoltre, che sono stati poi soppressi: il comma 2 dell'articolo 2, a norma del quale, a decorrere dal 1o gennaio 2015, le dotazioni di bilancio delle amministrazioni pubbliche per l'acquisto e la gestione di autovetture nonché i proventi derivanti dalle dismissioni delle medesime avrebbero dovuto essere trasferiti al Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese; il comma 1 dell'articolo 3, che demandava ad un decreto del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, di concerto con quello dell'economia, l'adozione, entro novanta giorni dall'entrata in vigore della legge, di un regolamento di attuazione della nuova disciplina. Resta fermo il comma 2 dell'articolo 3, che dispone l'entrata in vigore della legge il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Pag. 183
  Ciò premesso sulle modifiche introdotte al testo originario della proposta di legge C. 3220, considerato che esse non incidono su ambiti di competenza della VIII Commissione, propone di esprimere parere favorevole, ribadendo nelle premesse quanto contenuto nel parere già reso il 17 novembre scorso relativamente all'opportunità di prevedere, per quelle amministrazioni pubbliche, alle quali non si applica la disciplina introdotta dalla legge sulla dismissione delle autovetture, acquisti di autovetture di servizio più sostenibili dal punto di vista ambientale, e quindi con sistemi di alimentazione in grado di garantire una minore emissione di CO2 (vedi allegato 1).

  Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva all'unanimità la proposta di parere favorevole presentata dal relatore.

  La seduta termina alle 13.55.

SEDE REFERENTE

  Giovedì 10 marzo 2016. — Presidenza del vicepresidente Tino IANNUZZI. — Interviene la sottosegretaria di Stato per l'ambiente, la tutela del territorio e del mare, Silvia Velo.

  La seduta comincia alle 13.55.

Principi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque e disposizioni per la ripubblicizzazione del servizio idrico, nonché delega al Governo per l'adozione di tributi destinati al suo finanziamento.
C. 2212 Daga.

(Seguito esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 9 marzo scorso.

  Tino IANNUZZI, presidente, avverte che la Commissione riprenderà l'esame degli emendamenti riferiti all'articolo 2, partendo dall'emendamento Fragomeli 2.2, sul quale il relatore aveva avanzato una richiesta di accantonamento nella seduta di ieri.

  Massimiliano MANFREDI (PD), relatore, esprime parere favorevole a condizione che sia riformulato nei termini riportati in allegato (vedi allegato 2).

  La sottosegretaria Silvia VELO esprime parere conforme a quello del relatore sull'emendamento Fragomeli 2.2.

  Gian Mario FRAGOMELI (PD) accetta la riformulazione dell'emendamento 2.2 a sua firma, proposta dal relatore.

  Luigi GALLO (M5S) ritiene che la misurazione e la fatturazione dei consumi energetici, idrici e del gas, non debbano essere affidate all'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, la cui struttura e il cui personale rischierebbero di essere eccessivamente gravati dallo svolgimento di tali attività. Nel segnalare che, nei territori, sono state evidenziate da numerosi utenti che appaiono disorientati, problematiche relative all'inadeguatezza dei sistemi di rilevazione delle letture ad opera dei contatori, preannuncia il voto contrario del suo gruppo sull'emendamento Fragomeli 2.2, così come riformulato.

  Massimiliano MANFREDI (PD), relatore, pur comprendendo le considerazioni svolte dal collega Gallo, ritiene che l'emendamento Fragomeli 2.2, come riformulato, vada proprio nella direzione di migliorare la situazione esistente, prevedendo che l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico non sia chiamata in prima persona a svolgere la telelettura, bensì a favorire la diffusione di tale modalità di lettura, mediante l'utilizzo delle migliori tecnologie disponibili, al fine di garantire omogeneità nelle modalità di lettura dei contatori e di favorire il controllo dei consumi e la verifica del diritto all'erogazione del quantitativo minimo vitale.

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  Federica DAGA (M5S) ritiene non opportuno l'affidamento all'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, che rappresenta un soggetto terzo garante del mercato, di compiti di misurazione e di fatturazione dei consumi energetici, idrici e del gas, ulteriori rispetto a quelli ad essa già spettanti. Ritiene, infatti, che sia ben possibile mettere in atto gestioni virtuose del sistema idrico integrato, come avvenuto nel comune di Saracena, senza ricorrere alla gestione tramite l'Autorità, le cui delibere, peraltro, sono soggette a tempi di attuazione eccessivamente lunghi.

  La Commissione approva l'emendamento Fragomeli 2.2 (nuova formulazione) (vedi allegato 2); respinge quindi l'emendamento Pellegrino 2.3.

  Federica DAGA (M5S) illustra le finalità dell'emendamento a sua prima firma 2.4, sottolineando che esso sottende all'esigenza di garantire una maggiore tutela delle risorse idriche, prevedendo il divieto di sottoscrizione di accordi di liberalizzazione nel settore dei servizi idrici a tutela del diritto umano all'acqua.

  Serena PELLEGRINO (SI-SEL) condivide le finalità dell'emendamento Daga 2.4, chiedendo chiarimenti al relatore e al Governo sul parere contrario espresso su tale proposta emendativa.

  Claudia MANNINO (M5S) si associa alla richiesta formulata dalla collega Pellegrino, sottolineando che il contenuto dell'emendamento Daga 2.4 risulta in linea con l'impianto complessivo del provvedimento.

  Massimiliano MANFREDI, relatore, fa presente che la ragione del parere contrario espresso sull'emendamento Daga 2.4 risiede nell'inidoneità dell'associazione alla costruzione di dighe del fracking, peraltro già vietato dalla legge, e del water grabbing.

  Massimo Felice DE ROSA (M5S) condivide il contenuto dell'emendamento Daga 2.4, ritenendo indispensabile introdurre il divieto di sottoscrizione di accordi di liberalizzazione nel settore dei servizi idrici, affermando anzitutto il principio di tutela del diritto umano all'acqua.

  Massimiliano MANFREDI, relatore, fa presente che il principio di tutela del diritto umano all'acqua è già affermato nell'emendamento Borghi 2.1, come riformulato, approvato nella seduta di ieri.

  Serena PELLEGRINO (SI-SEL) ritiene che l'intenzione della maggioranza al riguardo sia quella di lasciare spazio alla sottoscrizione di accordi di liberalizzazione nel settore dei servizi idrici.

  Patrizia TERZONI (M5S), nel concordare con quanto rilevato dai colleghi intervenuti, chiede al relatore di valutare una diversa formulazione dell'emendamento Daga 2.4, sottolineando, peraltro, che, a suo giudizio, il principio di tutela del diritto umano all'acqua non sia contenuto nel testo dell'emendamento Borghi 2.1, come approvato nella seduta di ieri.

  Massimo Felice DE ROSA (M5S) ribadisce la necessità che si preveda il divieto di sottoscrizione di accordi di liberalizzazione nel settore dei servizi idrici, quanto meno nel caso in cui essi stessi siano in contrasto con il principio di tutela del diritto umano all'acqua.

  Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione respinge l'emendamento Daga 2.4.

  Massimo Felice DE ROSA (M5S) illustra le finalità dell'emendamento Daga 2.5, chiedendo al relatore di valutare una sua riformulazione nel senso di espungere dal testo il riferimento ai provvedimenti ambientali che possano avere impatto sulle risorse idriche.

  Filiberto ZARATTI (SI-SEL) ritiene condivisibile la richiesta del collega De Rosa, invitando il relatore a valutare una proposta di riformulazione dell'emendamento Pag. 185Daga 2.5, volto a stabilire i principi fondamentali a tutela del diritto umano all'acqua.

  Luigi GALLO (M5S), nel condividere quanto testé rilevato dai colleghi, invita il relatore a chiedere un accantonamento dell'emendamento in esame, in modo da valutare una sua eventuale riformulazione.

  Massimiliano MANFREDI, relatore, rileva che i principi fondamentali a tutela delle risorse idriche e del diritto di accesso a tale risorsa sono già affermati in altri provvedimenti normativi, quali il «collegato ambientale». Ricorda che la direttiva 60/2000/CE contempla la possibilità di interventi che potenzialmente hanno impatto sulle risorse idriche, imponendo, all'articolo 4, precise misure a tutela e salvaguardia dei corpi idrici.

  Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione respinge l'emendamento Daga 2.5.

  Chiara BRAGA (PD) accetta la riformulazione proposta dal relatore dell'emendamento a sua prima firma 3.2.

  Federica DAGA (M5S) manifesta assoluta contrarietà alla nuova formulazione dell'emendamento Braga 3.2, che, a suo giudizio, richiamando la modifica, approvata dal provvedimento cosiddetto «Sblocca Italia», dell'articolo 63 del decreto legislativo n. 152 del 2006, contiene disposizioni volte a snaturare la tipologia di gestione dell'acqua, accentrando il potere economico e finanziario nelle mani di singoli gestori.

  Chiara BRAGA (PD) sottolinea che il decreto-legge «Sblocca Italia» e il «collegato ambientale» hanno concorso già a definire un ordine nella tutela delle risorse idriche e a riorganizzare i distretti idrogeografici, favorendo pertanto processi già avviati che hanno consentito di operare una programmazione della gestione e degli investimenti nel settore. Fa presente che l'emendamento a sua prima firma 3.2, come riformulato, introduce disposizioni in linea con l'assetto delineato dai citati provvedimenti, prevedendo che l'organizzazione del servizio idrico integrato è affidata agli enti di governo ottimali, i quali sono individuati dalle regioni, tenendo conto dei principi dell'unità del bacino o del subbacino idrografico ai sensi dell'articolo 147 del decreto legislativo n. 152 del 2006. Rileva infine che le regioni possono modificare la delimitazione degli ambiti territoriali ottimali, tenendo conto dei principi di unicità della gestione e adeguatezza delle dimensioni territoriali.

  Massimo Felice DE ROSA (M5S) non comprende le ragioni per le quali nell'emendamento Braga 3.2 si intenda sopprimere il comma 4 dell'articolo 3.

  Luigi GALLO (M5S) solleva forti perplessità sulla previsione che la gestione ottimale delle risorse idriche abbia come dimensione l'ente provincia.

  Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva quindi l'emendamento Braga 3.2 (nuova formulazione) (vedi allegato 2).

  Tino IANNUZZI, presidente, avverte che, a seguito dell'approvazione dell'emendamento Braga 3.2, come riformulato, risultano preclusi l'emendamento Schullian 3.6, gli identici emendamenti Daga 3.7 e Pellegrino 3.8, nonché gli emendamenti Carrescia 3.9 e Schullian 3.10.
  Rinvia, quindi, il seguito dell'esame del provvedimento ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.40.

ATTI DEL GOVERNO

  Giovedì 10 marzo 2016. — Presidenza del vicepresidente Tino IANNUZZI.

  La seduta comincia alle 14.40.

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Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante Disciplina semplificata della gestione delle terre e rocce da scavo.
Atto n. 279.

(Esame, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto del Presidente della Repubblica, in titolo.

  Piergiorgio CARRESCIA (PD), relatore, comunica che la Commissione avvia oggi l'esame dello schema di decreto del Presidente della Repubblica, che reca una disciplina semplificata della gestione delle terre e delle rocce da scavo, una materia su cui nel corso degli anni si sono registrati in successione diversi interventi normativi.
  Segnala, quindi, che il provvedimento è stato adottato in attuazione dell'articolo 8 del decreto-legge n. 133 del 2014, che ha previsto l'emanazione del presente regolamento di delegificazione per l'adozione di disposizioni di riordino e di semplificazione della materia secondo i princìpi e criteri direttivi ivi elencati. Ricorda che sullo schema di decreto si sono espressi la Conferenza unificata e il Consiglio di Stato, i cui pareri sono allegati allo schema medesimo, e che si è inoltre svolta, nei mesi scorsi, una consultazione pubblica. Dà quindi conto del contenuto dello schema, rinviando, per un'analisi più dettagliata, alla documentazione predisposta dagli uffici.
  Rileva che l'articolo 1 è volto a riordinare, razionalizzare e semplificare la disciplina inerente alla gestione delle terre e rocce da scavo, assicurando adeguati livelli di tutela ambientale e sanitaria e garantendo controlli efficaci. Tale riordino e tale razionalizzazione vengono operati con particolare riferimento alla gestione delle terre e rocce da scavo qualificate come sottoprodotti, provenienti sia da cantieri di piccole dimensioni che da quelli di grandi dimensioni (assoggettati o meno a valutazione di impatto ambientale, VIA, o ad autorizzazione integrata ambientale, AIA), alla disciplina del deposito temporaneo delle terre e rocce da scavo qualificate come rifiuti, nonché alla gestione delle terre e rocce da scavo nei siti oggetto di bonifica. Benché l'articolo 1 non ne faccia menzione, il regolamento contiene anche disposizioni atte a disciplinare l'utilizzo, nel sito di produzione, delle terre e delle rocce da scavo escluse dalla disciplina sui rifiuti ai sensi dell'articolo 185, comma 1, lettera c), del decreto legislativo n. 152 del 2006, con particolare riferimento alle opere sottoposte a VIA. Ai sensi dell'articolo 3, il regolamento non si applica alle ipotesi disciplinate dall'articolo 109 del decreto legislativo n. 152 del 2006, che riguardano, tra l'altro, i materiali di escavo di fondali marini o salmastri o di terreni litoranei emersi, nonché ai rifiuti provenienti direttamente dall'esecuzione di interventi di demolizione di edifici o di altri manufatti preesistenti.
  Fa presente, inoltre, che l'articolo 2 dello schema contiene le definizioni applicabili ai fini del regolamento, che riprendono tutte le definizioni già presenti nel decreto ministeriale n. 161 del 2012, modificandole, in alcuni casi, e aggiungendone delle nuove, in considerazione della portata più ampia del regolamento, rispetto a quella del decreto ministeriale n. 161. Relativamente alle definizioni delle operazioni che costituiscono un trattamento di normale pratica industriale, la lettera r) del comma 1 rinvia all'elenco esemplificativo contenuto nell'allegato 3, in cui l'unica modifica sostanziale risiede nella scomparsa dell'operazione di «stabilizzazione a calce, a cemento o altra forma idoneamente sperimentata per conferire ai materiali da scavo le caratteristiche geotecniche necessarie per il loro utilizzo, anche in termini di umidità, concordando preventivamente le modalità di utilizzo con l'ARPA o APPA competente in fase di redazione del piano di utilizzo». Tale modifica, come si legge nell'analisi tecnico-normativa, è volta a recepire le richieste presentate dalla Commissione europea nell'ambito della procedura Eu-Pilot n. 554/13/ENVI, avviata nei confronti dell'Italia con riferimento al decreto ministeriale Pag. 187n. 161 del 2012. L'articolo 4 stabilisce i requisiti generali che le terre e rocce da scavo devono soddisfare per essere qualificate come sottoprodotti ai sensi dell'articolo 183, comma 1, lettera qq), del decreto legislativo n. 152 del 2006, la cui sussistenza deve essere attestata dal proponente tramite la predisposizione e la trasmissione del piano di utilizzo (disciplinato dall'articolo 9) o della dichiarazione di utilizzo (prevista, in alternativa al piano, per i cantieri di piccole dimensioni e per quelli non sottoposti a VIA-AIA, dall'articolo 21), nonché della dichiarazione di avvenuto utilizzo in conformità alle previsioni del presente regolamento. Gli articoli 5 e 6 recano disposizioni applicabili a tutte e tre le tipologie di cantieri che producono terre e rocce da scavo qualificate come sottoprodotti (piccoli cantieri, grandi cantieri sottoposti o meno a VIA/AIA). L'articolo 5 chiarisce che il deposito (delle terre e rocce da scavo qualificate come sottoprodotti) prima dell'utilizzo può essere effettuato anche in un luogo diverso dal sito di produzione e dal sito di destinazione, purché siano rispettati i requisiti indicati nel comma 1. L'articolo 6 definisce gli adempimenti previsti per il trasporto fuori dal sito di produzione delle terre e rocce da scavo qualificate come sottoprodotti.
  Segnala che l'articolo 7, che reca disposizioni applicabili a tutte e tre le tipologie di cantieri che producono terre e rocce da scavo qualificate come sottoprodotti, stabilisce i contenuti, i destinatari e gli effetti della dichiarazione di avvenuto utilizzo (DAU). Per quanto riguarda il piano di utilizzo, la principale novità apportata dall'articolo 9 rispetto all'articolo 5 del decreto ministeriale n. 161 del 2012 risiede nella semplificazione delle modalità di presentazione. La nuova procedura opera, infatti, con meccanismi analoghi a quelli della segnalazione certificata di inizio attività (SCIA): diversamente da quanto previsto dal decreto ministeriale n. 161 del 2012, la gestione e l'utilizzo delle terre e rocce da scavo qualificate sottoprodotti non è più subordinata alla preventiva approvazione del piano da parte dell'autorità competente, ma può essere intrapresa decorsi 90 giorni dalla presentazione del piano (ovvero dall'eventuale integrazione dello stesso richiesta dall'autorità competente), a condizione che siano rispettati i requisiti indicati nell'articolo 4, comma 2. Secondo quanto precisato nelle relazioni di accompagnamento, le citate nuove disposizioni consentirebbero di superare le censure mosse dalla Commissione UE, nell'ambito della procedura EU pilot n. 5554/13/ENVI. I commi 5 e 6 dell'articolo 9 introducono, invece, disposizioni atte a garantire il controllo (seppure ex-post), da parte dell'autorità competente, della sussistenza dei citati requisiti. Il comma 6 dispone, inoltre, che, qualora l'autorità competente accerti la mancata sussistenza dei requisiti in questione, essa dispone con provvedimento motivato il divieto di inizio o di prosecuzione delle attività di gestione delle terre e rocce da scavo come sottoprodotti. L'articolo 14, in linea con il testo vigente del decreto ministeriale n. 161 del 2012, stabilisce che la durata del piano di utilizzo è indicata nel piano stesso e che, salvo deroghe espressamente motivate dall'autorità competente in ragione delle opere da realizzare, l'inizio dei lavori avviene entro due anni dalla presentazione del piano stesso. Il successivo articolo 16, che non trova corrispondenza nel testo vigente del decreto ministeriale n. 161 del 2012, dispone che i citati termini di durata e di inizio dei lavori sono prorogabili una sola volta e per la durata massima di due anni in presenza di circostanze sopravvenute, impreviste, imprevedibili e motivate. L'articolo 15 disciplina la procedura di aggiornamento del piano di utilizzo in caso di modifiche sostanziali. Rispetto al testo vigente, si prevede che, decorsi 60 giorni dalla trasmissione del piano di utilizzo aggiornato, senza che sia intervenuta richiesta di integrazione documentale da parte dell'autorità competente, le terre e rocce da scavo eccedenti il volume del piano originario possono essere utilizzate e gestite in modo conforme al piano aggiornato. L'articolo 17 prevede l'obbligo di comunicazione alle autorità competenti Pag. 188del nominativo dell'esecutore del piano di utilizzo e disciplina gli obblighi in capo al medesimo, in linea con quanto previsto dalla normativa vigente. Per i grandi cantieri non sottoposti a VIA/AIA, nonché per i piccoli cantieri, in luogo del piano di utilizzo, l'articolo 21 prevede, ai commi 1 e 2, la presentazione di un'autodichiarazione circa la sussistenza dei succitati requisiti previsti dall'articolo 4, comma 2, che deve essere trasmessa, anche solo in via telematica, almeno 15 giorni prima dell'inizio dei lavori di scavo, al comune del luogo di produzione e all'ARPA/APPA territorialmente competente. L'articolo 21 prevede, per la dichiarazione di utilizzo, un termine generalmente inferiore ad un anno. Il successivo comma 4 prevede che il citato termine sia eventualmente prorogabile, ma solo una sola volta, per la durata massima di 6 mesi e in presenza di circostanze sopravvenute, impreviste, imprevedibili e motivate. Per l'utilizzo delle terre e rocce da scavo come sottoprodotti, lo schema in esame, in linea con quanto già previsto dalle norme vigenti, prevede due distinte procedure, da una parte per i grandi cantieri sottoposti a VIA/AIA e, dall'altra, per i grandi cantieri non sottoposti a VIA/AIA e i piccoli cantieri, che prevedono rispettivamente quattro fasi: la caratterizzazione e verifica delle concentrazioni soglia di contaminazione; la presentazione del piano di utilizzo o della dichiarazione di utilizzo; l'utilizzo delle terre e rocce scavate; la presentazione della dichiarazione di avvenuto utilizzo. Relativamente ai controlli e alle ispezioni, l'articolo 13 consente al proponente, nei casi inerzia dell'ARPA/APPA, di affidare (con oneri a suo carico) ad altri organi dell'amministrazione pubblica o enti pubblici dotati di qualificazione e capacità tecnica equipollenti, lo svolgimento dei controlli previsti nell'ambito della prima fase della procedura di utilizzo, mentre l'articolo 28, fermi restando i compiti di vigilanza e controllo stabiliti dalle norme vigenti, prevede che le autorità di controllo effettuino, mediante ispezioni, controlli e prelievi, le verifiche necessarie ad accertare il rispetto delle disposizioni del regolamento e degli obblighi assunti nel piano di utilizzo o con la dichiarazione di utilizzo o nella dichiarazione di avvenuto utilizzo. L'articolo 19 prevede la predisposizione, da parte dell'ISPRA, entro tre mesi dalla pubblicazione del regolamento, di un tariffario nazionale da applicare al proponente per la copertura dei costi sopportati dalle ARPA/APPA per l'organizzazione e lo svolgimento dei controlli, nonché delle verifiche affidate alle medesime agenzie nell'ambito del procedimento, disciplinato dall'articolo 16, di proroga del piano di utilizzo e degli accertamenti sul piano di utilizzo aggiornato o prorogato. L'articolo 27, comma 4, disciplina la destinazione dei proventi derivanti dalle tariffe corrisposte per le verifiche e i controlli previsti dallo schema in esame. Per quanto concerne gli obblighi di pubblicità dei dati, l'articolo 18 prevede che ogni autorità competente provveda alla comunicazione all'ISPRA (nonché alla Regione o Provincia Autonoma ed all'ARPA/APPA) dei dati dei piani di utilizzo. Lo stesso articolo prevede che l'ISPRA, entro 30 giorni dall'entrata in vigore del regolamento, pubblica sul proprio sito web un disciplinare tecnico per definire gli standard delle informazioni e delle relative modalità di trasmissione. L'articolo 23 detta una disciplina per il deposito temporaneo delle terre e rocce da scavo qualificate come rifiuti prevedendo, in attuazione di quanto prevede la lettera a-bis) del comma 1 dell'articolo 8 del decreto-legge n. 133 del 2014, ad integrazione dell'articolo 183, comma 1, lettera bb), del decreto legislativo n. 152 del 2006, specifici criteri e limiti qualitativi e quantitativi. L'articolo 24, comma 1, disciplina la procedura per l'utilizzo nello stesso sito di produzione delle terre e rocce da scavo escluse dall'ambito di applicazione della normativa sui rifiuti, richiamando in primo luogo l'articolo 185, comma 1, lettera c) del decreto legislativo n. 152 del 2006. Il comma 2, inoltre, prevede che, nel caso in cui la produzione di terre e rocce da scavo avvenga nell'ambito della realizzazione di opere o attività sottoposte a valutazione di impatto ambientale, la sussistenza Pag. 189delle condizioni e dei requisiti di cui al citato articolo 185, comma 1, lettera c), del decreto legislativo n. 152 del 2006, sia verificata in via preliminare, in funzione del livello di progettazione e in fase di stesura dello studio di impatto ambientale (SIA), attraverso la presentazione di un «Piano preliminare di utilizzo in sito delle terre e rocce da scavo escluse dalla disciplina dei rifiuti». Gli articoli 25 e 26 dettano, rispettivamente, le condizioni per l'utilizzo delle terre e rocce da scavo nei siti oggetto di bonifica e le procedure per la caratterizzazione e lo scavo dei terreni movimentati. L'articolo 27 prevede una disciplina transitoria per i progetti in corso e per i materiali già scavati, raccolti o depositati in cumuli. Ulteriori disposizioni, infine, riguardano le procedure per la modifica degli allegati, la clausola di invarianza finanziaria e le abrogazioni rispettivamente previste nell'articolo 27, comma 5, e negli articoli 30 e 31.
  Ciò premesso, si riserva di presentare una proposta di parere sulla base delle osservazioni che dovessero emergere nel corso del dibattito.

  Massimo Felice DE ROSA (M5S) chiede che la Commissione possa avviare un ciclo di audizione nell'ambito dell'esame dell'atto del Governo, testé illustrato dal relatore.

  Serena PELLEGRINO (SI-SEL) si associa alla richiesta formulata dal deputato De Rosa.

  Tino IANNUZZI, presidente, avverte che tale richiesta sarà sottoposta alla valutazione dell'Ufficio di presidenza della Commissione, integrato dai rappresentanti dei gruppi, prevista per la prossima settimana.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.45.

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