CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 1 marzo 2016
602.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (XI e XII)
COMUNICATO
Pag. 9

SEDE REFERENTE

  Martedì 1o marzo 2016. — Presidenza del presidente della XI Commissione Cesare DAMIANO. — Interviene il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali Luigi Bobba.

  La seduta comincia alle 13.10.

Delega recante norme relative al contrasto della povertà, al riordino delle prestazioni e al sistema degli interventi e dei servizi sociali (collegato alla legge di stabilità 2016).
C. 3594 Governo.
(Esame e rinvio).

  Le Commissioni iniziano l'esame del provvedimento.

  Cesare DAMIANO, presidente, avverte che, secondo quanto convenuto nella riunione dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, delle Commissioni riunite, svoltasi lo scorso 23 febbraio, le Commissioni riunite XI e XII avviano oggi l'esame in sede referente del provvedimento, collegato alla legge di stabilità 2016 con lo svolgimento delle relazioni introduttive. Sulla base di quanto stabilito nella medesima sede, al termine della seduta odierna avrà luogo una riunione dell'Ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi, allo scopo di organizzare il prosieguo dell'esame del provvedimento e, in particolare, lo svolgimento di un ciclo di audizioni, tenendo conto delle richieste pervenute dai gruppi.
  Dà quindi la parola alla relatrice per la XII Commissione per lo svolgimento del suo intervento introduttivo.

  Ileana Cathia PIAZZONI (PD), relatrice per la XII Commissione, osserva preliminarmente che il provvedimento in oggetto interviene in un ambito, quello della lotta alla povertà e della riforma del nostro sistema di politiche sociali, di stretta attualità, in cui particolarmente urgente e sentita è la necessità di un intervento riformatore, sia all'interno del Parlamento che nell'opinione pubblica e nella coscienza del Paese. Le ragioni sono diverse ma possono, in estrema sintesi, ricondursi a queste considerazioni: i dati recenti sulla povertà nel nostro Paese hanno mostrato Pag. 10come sempre più persone debbano considerarsi in una situazione al di sotto della soglia di povertà assoluta, e come sia aumentato il rischio di «scivolamento» delle famiglie italiane nella fascia di povertà relativa. Tali dati sono stati confermati nei giorni scorsi dalla stessa Commissione europea, secondo cui il numero di persone a rischio di povertà o esclusione sociale nel nostro Paese si attesterebbe su di una percentuale del 28,3 per cento, in aumento costante dal 2008, salvo una lieve flessione nel 2014.
  A suo avviso, non si può non tenere in considerazione il peso della crisi economica che negli ultimi dieci anni ha inciso fortemente su tutti i grandi Paesi europei, riducendo drasticamente il tasso di crescita dell'eurozona. Ma quei Paesi ove i sistemi di welfare risultavano già improntati verso un sostegno alla disoccupazione incentrato sulle politiche attive e coadiuvati da uno strumento generale di lotta alla povertà, hanno mostrato una tenuta socio-economica più efficace rispetto al nostro, in cui è di tutta evidenza un maggiore avanzamento del livello generale di impoverimento della popolazione.
  Fa presente che sulla situazione descritta incide dunque l'assenza di uno strumento organico di contrasto alla povertà: il sistema di welfare italiano risulta, infatti, caratterizzato da strumenti di protezione del reddito di specifiche fasce di cittadini deboli, la cui rispondenza ai bisogni emergenti sfugge da troppo tempo a verifica, così come la reale efficacia di questi interventi categoriali sui bisogni coperti. L'area delle politiche socio-assistenziali, in estrema sintesi, necessita da molti anni di un intervento riformatore orientato a garantire maggiore efficacia ed efficienza, maggiore rispondenza ai bisogni delle fasce più deboli della società, così come necessita di una misura universale e selettiva capace di coprire i bisogni delle persone più vulnerabili, misura che già la fondamentale legge n. 328 del 2000 reputava pilastro essenziale del sistema integrato di welfare.
  L'obiettivo del provvedimento in esame è, dunque, quello di ampliare le protezioni fornite dal sistema delle politiche sociali per renderlo più adeguato ai bisogni emergenti e più equo e omogeneo nell'accesso alle prestazioni, secondo i princìpi dell'universalismo selettivo.
  Si intende, in prospettiva, realizzare un sistema di sostegno al reddito che non si limiti a erogare indennità e sussidi, ma che sia in grado di inserirsi nel percorso di cambiamento intrapreso in tema di politiche attive del lavoro. Affinché ciò avvenga, reputa essenziali la trasformazione e il potenziamento del nostro sistema di servizi, che deve essere in grado di realizzare in maniera efficiente la presa in carico della persona che, per realizzare completa attivazione delle competenze, deve avvenire attraverso integrazione e collaborazione da parte di tutta la rete, dai servizi per l'impiego ai servizi sociali territoriali.
  Prima di entrare nel merito del contenuto del disegno di legge collegato, ricorda che la legge di stabilità 2016, ai commi da 386 a 390, prevede una serie di interventi organici, non a carattere temporaneo, contro la povertà e l'esclusione sociale, lasciandone la definizione più puntuale al provvedimento ora in esame. Si tratta, in estrema sintesi, dei seguenti interventi: la definizione di Piano nazionale triennale per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale; l'istituzione del Fondo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali; l'avvio di una misura nazionale di contrasto alla povertà, intesa come rafforzamento, estensione e consolidamento della Carta acquisti sperimentale – Sostegno per l'inclusione attiva (SIA); lo stanziamento di risorse certe per la lotta alla povertà e loro quantificazione per il 2016 e gli anni successivi.
  Entrando, quindi, nel merito del contenuto del disegno di legge al nostro esame, che si compone di un unico articolo, suddiviso in nove commi – che procede ad illustrare anche a nome della relatrice per la XI Commissione, deputata Giacobbe – rileva in primo luogo che il comma 1 evidenzia le seguenti finalità dell'intervento di delega: ampliare le protezioni Pag. 11fornite dal sistema delle politiche sociali per renderlo più adeguato rispetto ai bisogni emergenti e più equo e omogeneo nell'accesso alle prestazioni, secondo i princìpi dell'universalismo selettivo.
  A tal fine, il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, uno o più decreti legislativi recanti: a) l'introduzione di una misura nazionale di contrasto alla povertà, individuata come livello essenziale delle prestazioni da garantire in tutto il territorio nazionale; b) la razionalizzazione delle prestazioni di natura assistenziale, nonché di altre prestazioni anche di natura previdenziale, sottoposte alla prova dei mezzi, inclusi gli interventi rivolti a beneficiari residenti all'estero sentito il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, fatta eccezione per le prestazioni legate alla condizione di disabilità e di invalidità del beneficiario (una precisazione importante rispetto al dettato normativo di cui all'articolo 1, comma 388 della legge di stabilità 2016); c) il riordino della normativa in materia di sistema degli interventi e dei servizi sociali.
  Tale disposizione si ricollega, in particolare, al comma 388 dell'articolo unico della legge di stabilità 2016, che prevede l'adozione di «uno o più provvedimenti legislativi di riordino della normativa in materia di trattamenti, indennità, integrazioni di reddito e assegni di natura assistenziale o comunque sottoposti alla prova dei mezzi, anche rivolti a beneficiari residenti all'estero, nonché in materia di accesso alle prestazioni sociali, finalizzati all'introduzione di un'unica misura nazionale di contrasto alla povertà, correlata alla differenza tra il reddito familiare del beneficiario e la soglia di povertà assoluta, e alla razionalizzazione degli strumenti e dei trattamenti esistenti».
  Al comma 2, si specificano i princìpi e criteri direttivi per l'esercizio della delega in materia di contrasto della povertà. In particolare, alla lettera a) si stabilisce il principio di affidare la funzione del contrasto della povertà a un'unica misura di carattere nazionale, individuata come livello essenziale delle prestazioni e, pertanto, rientrante nelle materie che l'articolo 117 della Costituzione riserva alla competenza esclusiva dello Stato, basata sul principio dell'inclusione attiva, che viene attuato prevedendo per i beneficiari la predisposizione di un progetto personalizzato di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa sostenuto dall'offerta di servizi alla persona. Tale principio va nella direzione sia di evitare la frammentazione delle misure di contrasto della povertà, definendo come livello essenziale da garantire uniformemente nell'intero territorio nazionale una misura rivolta al soddisfacimento dei bisogni primari, sia di superare la logica di mera assistenza passiva introducendo il principio dell'attivazione finalizzata all'inclusione sociale e lavorativa. Beneficiari e beneficio connessi alla misura di contrasto della povertà sono definiti nei limiti delle risorse disponibili nel citato Fondo per la lotta alla povertà.
  Nella definizione dei percorsi di attivazione mediante progetti personalizzati si prevede, ove compatibile, l'utilizzo delle risorse afferenti ai Fondi strutturali europei. Il riferimento a tali Fondi trova fondamento nella presenza, nell'Accordo di partenariato, di risorse espressamente dedicate al contrasto della povertà e dell'esclusione sociale, con riferimento all'obiettivo tematico n. 9 «promuovere l'inclusione sociale, combattere la povertà e ogni forma di discriminazione». Tali risorse afferiscono alla programmazione dei fondi strutturali 2014-2020 (FSE) dunque contemplano un orizzonte temporale degli stanziamenti coincidente con il settennato in corso. Un arco temporale non di poco conto ma che, nell'ottica dell'introduzione di una misura strutturale di contrasto alla povertà, pone la necessità di interrogarsi circa la stabilità delle risorse destinate all'inclusione sociale. Fa presente che, sull'entità delle risorse in questione, le cifre annunciate, anche di recente, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dovrebbero raggiungere un miliardo e cento milioni di euro.
  Osserva che le successive lettere in cui si articola il comma 2 prevedono i seguenti Pag. 12principi: b) definizione dei beneficiari e del beneficio connessi alla misura nazionale di contrasto alla povertà, nonché delle procedure di determinazione dei beneficiari e dei benefìci medesimi, nei limiti delle risorse del Fondo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale, di cui al comma 386 della stabilità 2016; c) previsione, mediante il Piano nazionale per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale, di cui al comma 386 della stabilità 2016, di una graduale estensione dei beneficiari e di un graduale incremento del beneficio, a partire prioritariamente dai nuclei familiari con figli minorenni e dai soggetti con maggiore difficoltà di inserimento e di ricollocazione sul mercato del lavoro, sulla base delle risorse che affluiscono al Fondo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale per effetto degli interventi di razionalizzazione delle prestazioni assistenziali e previdenziali di cui al comma 3; d) previsione che alla realizzazione dei progetti personalizzati di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa concorrano, ove compatibili e riferite all'obiettivo tematico della lotta alla povertà e della promozione dell'inclusione sociale, le risorse afferenti ai programmi operativi nazionali e regionali previsti dall'Accordo di partenariato per l'utilizzo dei fondi strutturali europei 2014-2020; e) definizione di princìpi generalizzati di presa in carico delle persone in condizione di fragilità, inclusi i beneficiari della misura nazionale di contrasto alla povertà, sulla base di: una valutazione multidimensionale del bisogno; una progettazione personalizzata da parte dei servizi competenti dei comuni e degli ambiti territoriali assicurando la piena partecipazione dei beneficiari; un'attenta definizione degli obiettivi e un monitoraggio degli esiti.
  Per quanto riguarda, in particolare, quest'ultima lettera, segnala che lo scopo della progettazione personalizzata, da costruirsi insieme con la famiglia del beneficiario, è quello di favorire l'attivazione di percorsi di inclusione sociale e lavorativa e individuare i servizi necessari a sostenerli.
  Sulla questione ritiene opportuno richiamare all'attenzione delle Commissioni le recenti linee guida emanate dal Ministero delle politiche sociali, di concerto con le regioni e gli enti locali per l'attivazione, secondo criteri rinnovati, del SIA per l'anno 2016. Le linee guida in questione delineano uno schema articolato, che prevede intervento di pluralità di attori, dagli ambiti territoriali, ai comuni, al terzo settore, ponendo in capi agli ambiti territoriali la programmazione degli interventi finanziati dalle risorse afferenti al Programma Operativo Nazionale (PON) Inclusione nonché la verifica dell'attuazione della misura nel territorio di competenza.
  Sempre in relazione alla progettazione individualizzata degli interventi, ritiene utile esprimere una considerazione su un tema specifico, che spesso viene trattato come non facente parte a pieno titolo delle valutazioni complessive sulla povertà di nuclei familiari o di singoli individui: il disagio abitativo.
  Nei principali sistemi di welfare europei il diritto all'abitare è parte integrante della protezione sociale, mediante appositi sussidi. Osserva come, da diversi anni, l'emergenza abitativa sia una delle problematiche di maggiore tensione sociale che affliggono il Paese e per questa ragione crede che una misura organica di contrasto alla povertà debba considerare attentamente questo specifico bisogno che incide in maniera fortissima sulle condizioni di vita di moltissime persone. Segnala come le citate Linee guida per l'attivazione del SIA stabiliscano, in relazione al disagio abitativo, la necessità di cooperazione con i servizi dedicati per la definizione di progetti di inclusione efficaci. Evidenzia, inoltre, in quest'ambito, l'opportunità di considerare percorsi di potenziamento dei servizi territoriali, che dovranno esercitare funzioni ulteriori.
  Fa presente, poi, che al comma 3 dell'articolo unico del provvedimento in esame si specificano i princìpi e criteri Pag. 13direttivi per l'esercizio della delega in materia di razionalizzazione dei trattamenti, ispirata al superamento di differenze categoriali. In particolare, la lettera a) prevede la razionalizzazione delle prestazioni sottoposte alla prova dei mezzi, compresi gli interventi rivolti a beneficiari residenti all'estero, fatta eccezione per le prestazioni legate alla condizione di disabilità e di invalidità del beneficiario, superando differenze categoriali e introducendo in via generale princìpi di universalismo selettivo nell'accesso, secondo criteri unificati di valutazione della condizione economica in base all'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE). Al riguardo, ritiene opportuno un chiarimento. Il testo del disegno di legge, all'articolo 1, comma 1, lettera b), fa riferimento a prestazioni di natura assistenziale nonché ad altre prestazioni anche di natura previdenziale, sottoposte a prova dei mezzi. Nell'analisi tecnico-normativa, vengono poi citate alcune prestazioni sottoposte a una prova dei mezzi diversa dall'indicatore ISEE, tra cui la pensione di reversibilità. Reputa tale indicazione del tutto esemplificativa, considerando come non siano indicate la totalità delle prestazioni aventi tali caratteristiche, ma sul punto ritiene, come già evidenziato, opportuno un chiarimento nella direzione di non confondere la materia previdenziale con l'ambito dell'assistenza.
  Il principio che regola l'accesso alle prestazioni deve essere quello universalistico per cui, tenuto conto di bisogni specifici, l'accesso selettivo alle prestazioni è regolato dalla sola condizione economica, misurata a tale fine dall'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE). Solo laddove la natura delle prestazioni lo renda necessario, possono essere previsti accanto all'ISEE ulteriori criteri volti a identificare specifiche platee di beneficiari, eventualmente ridefinendo l'ISEE per quelle determinate prestazioni.
  Sulla necessità di un riordino delle prestazioni di natura assistenziale che, ad oggi, sono generalmente sottoposte alla prova dei mezzi, mediante parametri reddituali molto diversi tra loro, intende esprimere, come contributo alla discussione, alcune considerazioni partendo da un dato recentemente richiamato dal Presidente dell'INPS. Nel nostro Paese, solo il 3 per cento delle prestazioni sociali erogate va incontro ai bisogni della parte più povera della popolazione mentre una fetta consistente delle risorse per il welfare risulta andare a sostegno di redditi medi e medio-alti. In merito a ciò, ritengo che lo strumento dell'ISEE, nato per uniformare criteri di accesso molto disomogenei, spesso forieri di discriminazioni territoriali, possa rappresentare lo strumento idoneo per garantire maggiore equità al sistema. I dati diffusi dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali relativi al monitoraggio dell'ISEE come applicato a seguito della recente riforma, mostrano come il nuovo ISEE risulti essere più favorevole per i nuclei familiari e per le persone in condizione di disabilità con reddito più basso. L'emersione del dato patrimoniale ha senza dubbio contribuito a restituire un quadro di maggiore equità, pur mostrando situazioni di difficoltà in determinati casi, specie riguardo alle persone anziane. Per quanto riguarda l'applicazione dello strumento tuttavia, appare necessario tenere in considerazione la pronuncia del TAR del Lazio, di recente confermata dal Consiglio di Stato, le motivazioni sono state diffuse nella giornata di ieri, che richiede di riformare l'impianto di calcolo dell'indicatore, escludendo dal computo determinate provvidenze economiche relative alla disabilità.
  Si prevede inoltre, alle lettere b) e c) del comma 3, che i requisiti previsti in esito alla razionalizzazione verranno applicati a coloro che richiedono le prestazioni dopo la data di entrata in vigore dei decreti legislativi che li disciplineranno e che gli eventuali risparmi derivanti dalla razionalizzazione delle prestazioni, incrementeranno il citato Fondo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale.
  Osserva, quindi, che, al successivo comma 4, si specificano i seguenti princìpi e criteri direttivi per l'esercizio della delega in materia di sistema integrato di Pag. 14interventi e servizi sociali: a) previsione di un organismo nazionale di coordinamento del sistema degli interventi e dei servizi sociali, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con la partecipazione delle regioni, delle province autonome di Trento e di Bolzano, delle autonomie locali e dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), al fine di favorire una maggiore omogeneità territoriale nell'erogazione delle prestazioni e di definire linee guida per le singole tipologie di intervento; b) attribuzione al Ministero del lavoro e delle politiche sociali delle competenze in materia di verifica e di controllo del rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni che devono essere garantiti in tutto il territorio nazionale; c) razionalizzazione degli enti strumentali e degli uffici del Ministero del lavoro e delle politiche sociali allo scopo di aumentare l'efficienza e l'efficacia dell'azione amministrativa, mediante l'utilizzo delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente; d) rafforzamento della gestione associata nella programmazione e nella gestione degli interventi a livello di ambito territoriale, di cui all'articolo 8 della legge 8 novembre 2000, n. 328, e definizione di princìpi generali per l'individuazione degli ambiti medesimi; e) promozione di accordi territoriali tra i servizi sociali e gli altri enti od organismi competenti per l'inserimento lavorativo, l'istruzione e la formazione e la salute, nonché attivazione delle risorse della comunità e, in particolare, delle organizzazioni del terzo settore e del privato sociale impegnate nell'ambito delle politiche sociali, al fine di realizzare un'offerta integrata di interventi e di servizi che costituisce livello essenziale delle prestazioni; f) rafforzamento del sistema informativo dei servizi sociali, di cui all'articolo 21 della legge 8 novembre 2000, n. 328, e, in particolare, del Casellario dell'assistenza, di cui all'articolo 13 del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e sua integrazione con i sistemi informativi sanitari e del lavoro.
  A fronte dell'eterogeneità estrema del nostro sistema territoriale, secondo l'ultima rilevazione dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), i comuni spendono per interventi sociali da meno di 25 euro pro capite (Calabria) a più di 250 (provincia autonoma di Bolzano), con il sud che spende meno di un terzo del nord-est. Tale situazione è stata esplicitata, in negativo, in rapporto al contrasto alla povertà, proprio di recente dalla Commissione europea secondo cui l'aumento del livello di povertà o esclusione sociale nel nostro Paese è stato considerevole per i gruppi vulnerabili, con notevoli disparità fra le regioni. Per ovviare ciò, il disegno di legge delinea una rivisitazione delle regole di governo del settore, prevedendo in particolare meccanismi di coordinamento più forti in capo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, istituendo un organismo partecipato dalle regioni, dalle province autonome, dalle autonomie locali e dall'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), oltre che compiti di vigilanza sul rispetto dei livelli essenziali.
  Ritiene che molto importante e decisiva per un miglioramento del nostro sistema di welfare sia la previsione del rafforzamento della gestione associata dei comuni per l'erogazione dei servizi. In merito a ciò, intende esprimere alcune considerazioni. In questi anni è stato dato ampio spazio alla discussione sulle (poche) risorse disponibili per i servizi sociali, e in relazione a questo è emerso il tema di quanto la progettazione e l'organizzazione dei servizi, il loro monitoraggio e la valutazione siano elementi fondamentali, capaci di fare la differenza a parità di risorse. Tuttavia, non si è prestata nel concreto la dovuta attenzione al tema e solo in alcune regioni c’è stato un investimento serio in questa direzione. La forma per la gestione associata dei servizi sociali è stata lasciata, da tutte le regioni, all'autonoma determinazione dei comuni che possono scegliere fra le forme previste dal Testo unico degli enti locali: convenzioni, consorzi, unioni di comuni, esercizio associato di funzioni e servizi e accordi di programma. Alcune regioni hanno ampliato Pag. 15inoltre le citate possibilità prevedendo l'istituzione di aziende pubbliche di servizi alla persona (ASP). In quegli ambiti territoriali dove si realizzano forme associative «leggere» e il modello gestionale non possiede autonoma personalità giuridica si rilevano notevoli problemi relativamente alla gestione finanziaria dei fondi, alla gestione tecnico-amministrativa dei servizi e alla situazione lavorativa e professionale degli operatori afferenti alla struttura tecnica (usualmente denominata «Ufficio di Piano») deputata all'attuazione delle linee di indirizzo formulate dall'organo di indirizzo politico e a svolgere funzioni di supporto tecnico dello stesso e di gestione ed implementazione dei servizi e degli interventi sociali.
  Crede, quindi, che il riferimento nel disegno di legge in oggetto al rafforzamento della gestione associata nella programmazione e nella gestione degli interventi di ambito, nel rispetto della competenza normativa delle regioni, debba consentire concretamente a queste ultime di individuare gli strumenti più opportuni, ma di incentivare le soluzioni più efficienti.
  Riguardo a questo punto, la Conferenza delle Regioni ha chiesto di eliminare dal testo il riferimento alla definizione di principi generali per l'individuazione degli ambiti territoriali. Penso, come detto, che vada prestata la massima attenzione circa il rispetto delle specifiche competenze normative, tuttavia sottolinea come la questione sia centrale se vogliamo davvero incidere, oltre che sull'efficienza del sistema di welfare, sulla riduzione delle disparità tra le varie regioni, tra quei «21» modelli di welfare regionale di cui già alla riforma del titolo V, nel 2001, si paventavano i rischi.
  In questo senso, aggiunge un'ulteriore considerazione sulla necessità di approfondire il rapporto fra la futura misura nazionale di contrasto alla povertà con le altre variegate misure di sostegno al reddito approvate, o in via di approvazione in diverse regioni italiane, per ricondurre il tutto all'interno di un'ottica sistemica e non generare ulteriori difformità sul territorio nazionale.
  Il comma 5 stabilisce le modalità con cui devono essere adottati i decreti legislativi: gli schemi dei decreti legislativi, a seguito di deliberazione preliminare del Consiglio dei ministri, sono trasmessi alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica per i pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari.
  Il comma 6, poi, stabilisce che all'introduzione di una misura nazionale di contrasto alla povertà, individuata come livello essenziale delle prestazioni, da garantire in tutto il territorio nazionale, di cui al comma 1, lettera a), si provvede nei limiti delle risorse del Fondo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale, istituito dal comma 386 della legge di stabilità 2016, nel quale confluiscono, dal 2017, 1.000 milioni di euro stanziati annualmente, ai sensi del comma 388 della legge di stabilità 2016; le ulteriori risorse stanziate per gli ammortizzatori sociali, nella misura di 30 milioni di euro per il 2017 e di 54 milioni di euro annui a decorrere dal 2018, di cui al comma 389 della stabilità 2016; eventuali economie per la finanza pubblica derivanti dalla razionalizzazione delle prestazioni assistenziali e previdenziali di cui al comma 3, lettera c), del provvedimento in esame.
  Il comma 7 prevede che, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore dell'ultimo dei decreti legislativi, il Governo può adottare, con la procedura di cui al comma 5, disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi medesimi, tenuto conto delle evidenze attuative nel frattempo emerse.
  Il comma 8 reca, infine, una clausola di salvaguardia, facendo salve le potestà attribuite alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano dai rispettivi statuti speciali e dalle relative norme di attuazione.

  Anna GIACOBBE (PD), relatrice per la XI Commissione, nel fare rinvio alla relazione della relatrice per la XII Commissione Pag. 16per l'inquadramento complessivo dell'intervento legislativo e per un'analisi dell'articolato, intende soffermarsi nella sua relazione essenzialmente sugli aspetti del provvedimento che incidono su materie di competenza della XI Commissione e che attraversano in modo trasversale l'articolato. Non mi soffermerà invece sull'impianto complessivo della nuova misura per il contrasto della povertà, di cui ha riferito la collega Piazzoni, limitandosi a segnalare che, anche per quanto attiene ai profili di competenza della XI Commissione, appare rilevante acquisire elementi per valutare la sua futura configurazione e i suoi rapporti con le misure attualmente previste a livello territoriale. A suo avviso, un primo ordine di questioni attinenti alle materie di competenza della XI Commissione è riferibile alla definizione delle prestazioni di natura assistenziale e delle altre prestazioni, anche di natura previdenziale, sottoposte alla prova dei mezzi, da razionalizzare ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lettera b), del provvedimento. A questo proposito, infatti, nel quadro della definizione dei contenuti della nuova misura nazionale di contrasto alla povertà, può essere utile acquisire indicazioni in ordine alle misure da razionalizzare. In primo luogo, vengono in rilievo gli istituti che, ai sensi dell'articolo 1, comma 386, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, contribuiscono nell'anno 2016 all'attuazione del Piano nazionale per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale, per il quale il medesimo comma 386 istituisce presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali un fondo denominato «Fondo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale», al quale sono assegnati per l'anno 2016 600 milioni di euro. In tale ambito il successivo comma 387 stabilisce che per l'anno 2016 tali risorse siano destinate, per una quota pari a 220 milioni di euro, a un ulteriore rifinanziamento dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 16, comma 7, del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22, riferita alla sperimentazione dell'Assegno di disoccupazione (ASDI), istituito dal medesimo decreto legislativo a decorrere dal 1o maggio 2015. Per tale misura, inizialmente riferita ai lavoratori beneficiari della Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l'Impiego (NASpI) che ne avessero fruito per la sua intera durata entro il 31 dicembre 2015, fossero privi di occupazione e si trovassero in una condizione economica di bisogno, erano stati stanziati in un primo momento 200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015 e 2016. Successivamente, con il decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, la sperimentazione è stata prolungata e la relativa autorizzazioni di spesa è stata incrementata di 180 milioni di euro per l'anno 2016, di 270 milioni di euro per l'anno 2017, di 170 milioni di euro per l'anno 2018 e di 200 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2019. Quanto alla fisionomia dell'ASDI, occorre ricordare che, pur trattandosi di un trattamento collegato allo stato di disoccupazione, esso non è riconducibile agli strumenti di assicurazione contro la disoccupazione, non avendo le caratteristiche di una prestazione assicurativa, ma si sostanzia in una prestazione di carattere assistenziale con oneri a carico della fiscalità generale destinata ai soggetti che, come anticipato, al termine della fruizione degli ammortizzatori sociali, siano privi di occupazione e si trovino in una condizione economica di bisogno. In particolare, in sede di prima applicazione, gli interventi, erogati nei limiti delle risorse stanziate, sono stati prioritariamente riservati ai lavoratori appartenenti a nuclei familiari con minorenni e, quindi, ai lavoratori di età pari o superiore a 55 anni che non abbiano maturato i requisiti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato. Si richiede inoltre il possesso di una attestazione dell'ISEE, in corso di validità, dalla quale risulti un valore dell'indicatore pari o inferiore a 5.000 euro. L'ASDI è erogato per una durata massima di sei mesi in misura pari al 75 per cento dell'ultima indennità NASpI percepita, e, comunque, in misura non superiore all'ammontare dell'assegno sociale, incrementato sulla base del numero dei figli a carico. In ogni caso la prestazione ASDI non può essere usufruita per un periodo pari o superiore a sei mesi nei 12 mesi Pag. 17precedenti il termine del periodo di fruizione della NASpI e comunque per un periodo pari o superiore a 24 mesi nel quinquennio precedente il medesimo termine. Al fine di incentivare la ricerca attiva del lavoro, i redditi derivanti da nuova occupazione possono essere parzialmente cumulati con l'ASDI entro limiti analoghi a quelli previsti per la NASpI. Per il riconoscimento dell'ASDI il lavoratore deve inoltre sottoscrivere un progetto personalizzato di presa in carico redatto dal competente servizio per l'impiego, in collaborazione con il richiedente, a seguito di uno o più colloqui individuali.
  Come risulta evidente, si tratta di aspetti che si ritrovano parzialmente ripresi nei criteri della delega di cui al presente provvedimento. Si riferisce, in particolare, alla previsione, contenuta nella lettera a) del comma 2, ai sensi della quale il sostegno economico è condizionato all'adesione a un progetto personalizzato di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa. Anche le caratteristiche indicate dalla successiva lettera c) ai fini della graduale estensione dei beneficiari presentano affinità con le disposizioni dell'articolo 16 del decreto legislativo n. 22 del 2015 e con la relativa disciplina attuativa, stabilendo che le risorse debbano essere prioritariamente destinate ai nuclei familiari con figli minorenni e, successivamente, ai soggetti con maggiore difficoltà di inserimento e ricollocazione nel mercato del lavoro. Alla luce di tale ricostruzione potrebbe essere quindi utile, a suo avviso, acquisire indicazioni dal Governo circa l'inclusione dell'ASDI nel processo di razionalizzazione di cui al comma 3 dell'articolo 1 del provvedimento in esame, limitatamente alle prestazioni richieste dopo l'entrata in vigore del provvedimento. In proposito, segnala che, nel parere espresso sul provvedimento il 20 gennaio 2016, la Conferenza delle regioni e delle province autonome, ha chiesto al Governo di tenere distinto dagli investimenti per il contrasto alla povertà il finanziamento previsto a legislazione vigente per l'ASDI, che rimane un intervento a favore di lavoratori fuoriusciti dal mercato del lavoro e si rivolge quindi ad una platea diversa da quella su cui deve intervenire una misura universale contro la povertà. In questa ottica, la misura prevista dal provvedimento andrebbe considerata un primo passo verso una misura universalistica di contrasto alla povertà, interamente finanziata dallo Stato e, pertanto, il relativo stanziamento di 800 milioni deve essere considerato un investimento iniziale da rendere strutturale e crescente.
  Analoghe considerazioni valgono, inoltre, per le prestazioni di natura previdenziale sottoposte alla prova dei mezzi, compresi gli interventi rivolti a beneficiari residenti all'estero, da razionalizzare ai sensi del medesimo articolo 1, comma 1, lettera b). Il testo del provvedimento, infatti, non fornisce indicazioni espresse circa le prestazioni oggetto di razionalizzazione, mentre l'analisi dell'impatto sulla regolamentazione allegata al disegno di legge fa riferimento all'assegno sociale, alla pensione di reversibilità, all'integrazione al minimo, alla maggiorazione sociale del minimo, all'assegno per il nucleo con tre o più figli minori. Nell'AIR si evidenzia che tutte queste prestazioni, pur essendo tutte soggette alla prova dei mezzi, non utilizzano le stesse modalità e i medesimi indicatori di verifica della condizione economica: in alcuni casi la prova dei mezzi viene effettuata prendendo a riferimento il singolo individuo, in altri tenendo presenti eventuali coniugi e in altri ancora l'intero nucleo familiare. Si rileva, inoltre, che gli indicatori utilizzati differiscono con riferimento alla valorizzazione o meno del patrimonio. Si osserva quindi che dalla frammentazione e dalle settorialità delle misure previste possono conseguire sia la sovrapposizione di più interventi rivolti a una medesima platea, sia l'assenza di copertura per particolari tipologie. Tali considerazioni coincidono parzialmente con le osservazioni contenute nel rapporto conclusivo del Gruppo di lavoro sul reddito minimo, istituito con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 13 giugno 2013, dal titolo «Verso la costruzione di un istituto nazionale di contrasto Pag. 18alla povertà», specificamente richiamato nell'AIR. In particolare, il Gruppo di lavoro aveva ipotizzato una riforma delle attuali erogazioni a contrasto della povertà che riducesse la quota di prestazioni attualmente destinata a nuclei familiari ai due o tre decili più elevati della distribuzione del reddito. Nelle conclusioni del Gruppo di lavoro, peraltro, non si fa espresso riferimento alla riforma di erogazioni di carattere previdenziale.
  A tale riguardo, ritiene che si debba riscontrare che l'articolo 1, comma 388, della legge n. 208 del 2015, nell'individuare il contenuto dei futuri provvedimenti legislativi di riordino normativo da adottare nel quadro del Piano nazionale per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale previsto dal precedente comma 386 fa riferimento alla «normativa in materia di trattamenti, indennità, integrazioni di reddito e assegni di natura assistenziale o comunque sottoposti alla prova dei mezzi, anche rivolti a beneficiari residenti all'estero, nonché in materia di accesso alle prestazioni sociali», utilizzando categorie non perfettamente sovrapponibili a quelle indicate nel disegno di legge in esame e non facendo riferimento a prestazioni di tipo previdenziale.
  Alla luce di questo articolato quadro, ritiene sia utile svolgere un'attenta valutazione degli interventi che si intende realizzare in sede di attuazione della delega al fine di procedere all'eliminazione di possibili sovrapposizioni e di realizzare un riequilibrio delle prestazioni a favore dei soggetti economicamente più fragili, che in ogni caso dovrà applicarsi esclusivamente ai trattamenti richiesti dopo l'entrata in vigore della riforma. Pur trattandosi di interventi suscettibili di produrre economie che, ai sensi dell'articolo 1, comma 3, lettera c), potrebbero essere destinate ad incrementare la dotazione del Fondo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale, occorrerà procedere ad un'attenta disamina dei diversi istituti sui quali si intende intervenire, al fine di tenere conto della loro differente configurazione e della diversa finalità delle relative prestazioni. In particolare, si dovrebbe tenere conto della natura previdenziale o assistenziale delle diverse prestazioni. In ogni caso, trattandosi di interventi che incideranno esclusivamente sui trattamenti richiesti dopo l'entrata in vigore della riforma, appare ragionevole ritenere che il flusso delle eventuali economie sia crescente nel tempo, dal momento che progressivamente si incrementeranno i trattamenti oggetto di razionalizzazione. Osserva, in ogni caso, che la lettera c) del comma 2 affida al Piano nazionale per la lotta alla povertà la graduale estensione dei beneficiari e un graduale incremento del beneficio, rispetto a questo realizzabile con le risorse stanziate dalla legge di stabilità 2016, sulla base delle risorse che affluiranno al Fondo per effetto degli interventi di razionalizzazione di cui al comma 3. Sembrerebbe, pertanto che allo stato non sia previsto l'afflusso al Fondo di risorse ulteriori rispetto a quelle, eventuali, derivanti dalla razionalizzazione di cui al comma 3.
  Con specifico riferimento alle pensioni di reversibilità, crede che possa prendersi atto con soddisfazione delle rassicurazioni fornite da diversi esponenti del Governo e, in primo luogo, dal Presidente del Consiglio, che – a fronte delle preoccupazioni espresse al riguardo – ha escluso l'intenzione di un intervento sulla materia nell'ambito del provvedimento in esame.
  Appare tuttavia necessario che la lettera del testo corrisponda alla volontà di tenere separate le prestazioni di carattere previdenziale dall'ambito socio-assistenziale cui il presente provvedimento è riferito, e espliciti quindi con chiarezza tale volontà.
  Per quanto attiene, invece, alla fase di attuazione della nuova misura di contrasto della povertà, assume rilievo, in particolare, la delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera c), relativa al riordino della normativa in materia di sistema degli interventi e dei servizi sociali, nonché i relativi principi e criteri direttivi indicati dal successivo comma 4. In questo contesto, con riferimento alle materie di competenza della Commissione ritiene che si debbano segnalare le previsioni della lettera Pag. 19e), nella parte in cui si prevede, in particolare, la promozione di accordi territoriali tra i servizi sociali e gli altri enti od organismi competenti per l'inserimento lavorativo, l'istruzione e la formazione e la salute. A tale riguardo, anche alla luce di quanto previsto dal comma 2, lettera c), del medesimo articolo 1, relativamente alla presa in carico delle persone in condizione di fragilità, è opportuno assumere come riferimento le linee guida per la predisposizione e attuazione dei progetti di presa in carico del Sostegno per l'inclusione attiva (SIA), sulle quali lo scorso 11 febbraio è stato sancito l'accordo in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo n. 281 del 1997. La presa in carico, infatti, comporta l'adesione a un patto con i servizi volto a richiedere che i beneficiari dei sostegni si dimostrino disponibili alla ricerca attiva del lavoro, alla partecipazione a progetti di inclusione lavorativa, a garantire la frequenza scolastica dei figli minori o l'adesione a specifici percorsi eventualmente individuati dai servizi specialistici. Proprio la dimensione integrata degli interventi da realizzare impone che i servizi competenti per le attività di carattere sociale operino in stretto raccordo con i Centri per l'impiego, per favorire l'inserimento o la ricollocazione nel mercato del lavoro. In questo senso, potrebbe essere utile approfondire il ruolo che l'ANPAL potrà svolgere nel quadro del sistema delineato dal provvedimento in esame.
  Quanto agli obiettivi prioritari del Piano, come ricordato, si dispone che i benefici vengano estesi in primo luogo alle famiglie con figli minori e, quindi, ai soggetti con maggiore difficoltà di ricollocazione sul mercato del lavoro. Sul punto potrebbe essere opportuno svolgere qualche approfondimento in ordine a tale definizione, al fine di verificare se – come per l'ASDI – si pensi ai lavoratori anziani o a una diversa e più puntuale profilatura dei beneficiari.
  Osserva, inoltre, con riferimento alla delega per il riordino della normativa in materia di sistema degli interventi e dei servizi sociali di cui al comma 1, lettera c), e al comma 4, che il ricorso alla sussidiarietà orizzontale nelle politiche di contrasto alla povertà, comporta un diffuso affidamento di servizi in appalto, al privato sociale o profit. A tale proposito, si rende necessario che nella disciplina dei rapporti di lavoro in quest'ambito si tenga conto della nuova disciplina degli appalti pubblici, in corso di definizione, in attuazione della delega recentemente conferita dal Parlamento. In questo quadro, dovrebbe inoltre valutarsi l'opportunità di svolgere una specifica riflessione anche sui servizi sociali impegnati nel contrasto alla povertà e all'esclusione sociale direttamente assicurati da operatori pubblici, tenendo altresì conto delle difficoltà derivanti dal prolungato blocco del turn over e della riduzione delle risorse finanziarie a disposizione degli enti territoriali. Per altro verso, potrebbe essere utile acquisire ulteriori elementi di valutazione con riferimento alle previsioni della lettera c) del comma 4, che reca un criterio direttivo relativo alla razionalizzazione degli enti strumentali e degli uffici del Ministero del lavoro e delle politiche sociali allo scopo di aumentare l'efficienza e l'efficacia dell'azione amministrativa, nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente.
  Quanto all'elaborazione dei decreti legislativi, ritiene inoltre che, anche alla luce dell'ampiezza delle materie oggetto della delega e della pluralità di soluzioni elaborabili, debba essere opportunamente valorizzata, anche in termini procedurali, la fase di esame degli schemi di decreto legislativo da parte delle Commissioni parlamentari competenti, al fine di consentire loro di contribuire anche alla stesura definitiva dei provvedimenti.
  Conclusivamente, osserva che il provvedimento all'esame delle Commissioni rappresenta un'importante occasione. La legge di stabilità per il 2016 ha messo a disposizione un patrimonio di 600 milioni di euro per l'anno in corso e di 1 miliardo di euro a decorrere dal 2017, uno stanziamento di dimensione assai rilevante e di carattere permanente che consente finalmente al nostro Paese di porre le basi per la costruzione di una misura di carattere Pag. 20nazionale a vocazione universalistica. L'esame in sede referente che le Commissioni avviano oggi potrà costituire l'occasione per perfezionare i principi e i criteri direttivi della delega al Governo, anche con riferimento ai profili riferibili a materie di competenza della XI Commissione, tenendo conto delle indicazioni che emergeranno dalle audizioni che ci accingiamo a svolgere e del successivo dibattito.

  Mario MARAZZITI, presidente della XII Commissione, nel ringraziare le relatrici per il lavoro svolto, che ha fornito un ampio contributo per il seguito dell’iter del provvedimento, evidenzia che occorre predisporre un'adeguata programmazione dei lavori, al fine di consentire alle Commissioni di concludere il suo esame in tempi ragionevoli, garantendo tempi congrui per le fasi della discussione e dell'esame degli emendamenti.
  Sottolinea, quindi, che occorre tenere ferma la distinzione tra previdenza ed assistenza ed assicurare che la misura unica contro la povertà rappresenti un passo in avanti verso l'inclusione attiva.
  Rileva, altresì, che le risorse stanziate nell'ultima legge di stabilità, sebbene non ancora del tutto sufficienti, rappresentano un indubbio progresso rispetto al passato, anche recente.

  Cesare DAMIANO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame del provvedimento ad altra seduta, da convocare al termine del previsto ciclo di audizioni informali.

  La seduta termina alle 13.50.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  Martedì 1o marzo 2016.

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 13.50 alle 14.