CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 1 dicembre 2015
550.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
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COMITATO RISTRETTO

  Martedì 1o dicembre 2015.

Disposizioni concernenti la determinazione e il risarcimento del danno non patrimoniale.
C. 1063 Bonafede.

  Il Comitato ristretto si è riunito dalle 13.25 alle 13.45.

ATTI DEL GOVERNO

  Martedì 1o dicembre 2015. — Presidenza del presidente Donatella FERRANTI. – Interviene il viceministro della giustizia Enrico Costa.

  La seduta comincia alle 13.45.

Schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di depenalizzazione.
Atto n. 245.
(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del Regolamento e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo in oggetto.

  David ERMINI (PD), relatore, fa presente che la Commissione, nella seduta odierna, è chiamata ad esaminare lo schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di depenalizzazione (A.G. n. 245). Al riguardo, rammenta che l'articolo 2, comma 2, lettera a), della legge n. 67 del 2014 delega il Governo a trasformare in illeciti amministrativi tutti i reati puniti con la sola pena pecuniaria, della multa o dell'ammenda, escludendo dalla depenalizzazione le fattispecie penali riconducibili alle seguenti materie: reati in materia edilizia e urbanistica; reati in materia di ambiente, territorio e paesaggio; reati in materia di alimenti e bevande; reati in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro; reati in materia di sicurezza pubblica; reati in materia di giochi d'azzardo e scommesse; reati in materia di armi ed esplosivi; reati in materia elettorale e di finanziamento dei partiti; reati in materia di proprietà intellettuale e industriale.
  Segnala che la lettera e) stabilisce, inoltre, che, nell'esercizio della delega, per i reati trasformati in illeciti amministrativi: dovranno essere previste sanzioni adeguate e proporzionate alla gravità della violazione, all'eventuale reiterazione dell'illecito, all'opera svolta dall'agente per l'eliminazione o attenuazione delle sue conseguenze, nonché alla personalità dello stesso e alle sue condizioni economiche; dovrà essere prevista come sanzione principale il pagamento di una somma compresa tra un minimo di euro 5.000 e un massimo di euro 50.000.
  Osserva che l'articolo 1 dello schema di decreto legislativo, in attuazione della delega di cui all'articolo 2, comma 2, lettera a) della legge n. 67 del 2014, stabilisce, quindi, che non costituiscono reato, ma illeciti amministrativi, tutte le fattispecie attualmente punite con la sola pena pecuniaria. L'illecito amministrativo sarà sanzionato con il pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria (comma 1). Lo schema di decreto legislativo non contiene dunque un elenco delle fattispecie depenalizzate, che dovrà essere ricostruito dall'interprete. Nell'ipotesi in cui la fattispecie penale base preveda la sola pena pecuniaria ma per le fattispecie aggravate siano previste invece anche pene detentive, il comma 2 dispone che la fattispecie base sarà depenalizzata mentre l'aggravante andrà considerata come autonoma fattispecie di reato. I commi 3 e 4 individuano le esclusioni dal campo d'applicazione del comma 1. Tale specifica depenalizzazione non si applica: ai reati puniti con la sola pena pecuniaria contenuti nel codice penale; ai reati previsti dal testo unico in materia di immigrazione; ai reati attinenti a specifiche materie e contenuti in specifici provvedimenti legislativi, elencati nell'allegato allo schema di decreto legislativo.Pag. 13
  Rammenta che il Governo, nella relazione di accompagnamento dello schema di decreto, così motiva l'esclusione dalla clausola generale di depenalizzazione delle fattispecie contenute nel codice penale: «A tale risultato si è pervenuti sulla base di due argomenti. Da un lato, e da un punto di vista letterale, non può non sottolinearsi che, nonostante il legislatore delegante abbia formulato la clausola generale di depenalizzazione facendo riferimento a «tutti» i reati puniti con la sola pena pecuniaria, tuttavia, nel dettare le direttive specifiche relative al codice [lettera b) del comma 2) dell'articolo 2], ha inserito nell'elenco dei reati da depenalizzare anche talune fattispecie punite con la sola pena pecuniaria (l'articolo 726 del codice penale, seppure a seguito del passaggio alla competenza del giudice di pace), lasciando così intendere chiaramente che la clausola generale non è operativa nei confronti del codice, poiché diversamente non si spiegherebbe l'inserimento delle due ipotesi contravvenzionali tra quelle da depenalizzare. Dall'altro lato, se si ritenesse che la clausola generale di depenalizzazione operasse anche nei confronti delle fattispecie del codice si produrrebbero risultati vistosamente asistematici. Ed infatti, l'effetto depenalizzante andrebbe a colpire fattispecie delittuose, sanzionate con la sola multa inserite in un complesso normativo organicamente deputato alla tutela di beni rilevanti, come a titolo esemplificativo l'amministrazione della giustizia; mentre altre fattispecie contravvenzionali, sicuramente meno offensive, non sarebbero depenalizzate in quanto rientranti nelle materie escluse, come ad esempio quelle previste dagli articoli 727-bis, comma 2, e 703, comma 1, del codice penale.».
  Segnala che il comma 4 esclude dalla clausola generale di depenalizzazione i reati puniti con la sola pena pecuniaria previsti nel testo unico in materia di immigrazione (decreto-legislativo n. 286 del 1998). In assenza della espressa esclusione, in base alla lettera della legge delega, a quelli puniti con la sola pena pecuniaria dell'ammenda o della multa avrebbe potuto applicarsi la depenalizzazione. In merito, ricorda che il comma 3 dell'articolo 2 della legge 67/2014 – parzialmente attuato con lo schema A.G. n. 246 – contiene una delega del Parlamento al Governo per depenalizzare il reato di immigrazione clandestina (10-bis del testo unico), contestualmente conservando rilievo penale alle condotte di violazione dei provvedimenti amministrativi adottati in materia. L'atto del Governo 246 – contestualmente trasmesso alle Camere per il parere e al cui dossier si rinvia – non prevede la depenalizzazione del reato di immigrazione clandestina. La terza esclusione dall'applicazione della clausola generale di depenalizzazione delle fattispecie punite con la sola pena pecuniaria è collegata alle materie escluse dalla stessa legge delega. In relazione a tali materie, il Governo ha inserito nello schema un allegato nel quale, per ciascuna delle materie indicate dalla delega, sono individuate le leggi escluse dalla depenalizzazione. In particolare, di seguito per ciascuna materia esclusa, sono indicate le leggi contenenti i reati puniti con la sola pena pecuniaria ai quali non si applica la depenalizzazione.
   Segnala che, per quanto concerne i reati in materia edilizia e urbanistica, il Governo esclude dalla depenalizzazione le fattispecie previste dai seguenti provvedimenti: decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, recante Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia; legge n. 64 del 1974, recante Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche; legge n. 1086 del 1971, recante Norme per la disciplina delle opere in conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica.
  Rammenta che per quanto riguarda i reati in materia di ambiente, territorio e paesaggio, il Governo esclude le fattispecie previste dai seguenti provvedimenti: Decreto legislativo n. 202 del 2007, recante attuazione della direttiva 2005/35/CE relativa all'inquinamento provocato dalle navi e conseguenti sanzioni; Decreto legislativo n. 152 del 2006, recante norme in Pag. 14materia ambientale; Decreto legislativo n. 133 del 2005, recante attuazione della direttiva 2000176/CE, in materia di incenerimento dei rifiuti; Decreto legislativo n. 174 del 2000, in materia di attuazione della direttiva 98/8/CE in materia di immissione sul mercato di biocidi; legge n. 157 del 1992, recante norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio; legge n. 136 del 1983, in materia di biodegradabilità dei detergenti sintetici; legge n. 1860 del 1962, Impiego pacifico dell'energia nucleare. Sono inoltre esclusi dalla depenalizzazione i seguenti specifici reati: immissione sul mercato di preparati pericolosi per l'ambiente (ovvero di preparati che, qualora si diffondano nell'ambiente, presentino o possano presentare rischi immediati o differiti per una o più delle componenti ambientali), in violazione delle disposizioni in tema d'imballaggio, di etichettatura e di classificazione (Decreto legislativo n. 65 del 2003, Attuazione delle direttive 1999/45/CE e 2001/60/CE relative alla classificazione, all'imballaggio e all'etichettatura di preparati pericolosi, articolo 18, comma 1, quando ha ad oggetto le sostanze e i preparati pericolosi per l'ambiente, per come definiti dall'articolo 2, comma 1, lettera q); immissione sul mercato di sostanze pericolose per l'ambiente (ovvero di sostanze che, qualora si diffondano nell'ambiente, presentino o possano presentare rischi immediati o differiti per una o più delle componenti ambientali), in violazione delle disposizioni in tema d'imballaggio, di etichettatura e di classificazione (Decreto legislativo n. 52 del 1997, Attuazione della direttiva 92/32/CE concernente classificazione, imballaggio ed etichettatura delle sostanze pericolose, articolo 36, comma 1, quando ha ad oggetto le sostanze e i preparati pericolosi per l'ambiente, per come definiti dall'articolo 2, comma 1, lettera q).
  Osserva che, per quanto concerne i reati in materia di alimenti e bevande, il Governo esclude le fattispecie previste dal decreto legislativo n. 169 del 2004 (Attuazione della direttiva 2002/46/CE relativa agli integratori alimentari) e le fattispecie di violazione dei divieti di coltivazione prevista dall'articolo 4, comma 8, del decreto-legge n. 91 del 2014, convertito in legge con modificazioni dalla legge n. 116 del 2014.
  Fa presente che, in relazione ai reati in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, il Governo riconduce a questa materia, e dunque esclude dalla depenalizzazione, le fattispecie penali previste dai seguenti provvedimenti: Decreto legislativo n. 81 del 2008, Attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro; Legge n. 257 del 1992, Norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto. Rammenta che sono, inoltre, escluse dalla depenalizzazione le seguenti violazioni della legge n. 1045 del 1939 (Condizioni per l'igiene e l'abitabilità degli equipaggi a bordo delle navi mercantili nazionali), punite con l'ammenda da 51 a 1032 euro: delle disposizioni su aerazione e illuminazione delle cucine (articolo 34) e dei locali di lavoro (articoli 39 e 45); delle disposizioni sull'installazione dei condotti di aereazione (articolo 40), sulla ventilazione dei locali macchine (articolo 41) e sull'aria condizionale nella sala nautica e nei locali della timoneria (articolo 44, comma 2); delle disposizioni sulla copertura dei posti fissi di lavoro in caso di particolari condizioni climatiche (articolo 66); delle disposizioni sul vestiario (articoli 73, 74, 75 e 76). Ricorda, invece, che la legge delega prevede espressamente la depenalizzazione delle fattispecie contenute nella legislazione sul mercato del lavoro (Decreto legislativo n. 276 del 2003).
  Fa presente che, per quanto concerne i reati in materia di sicurezza pubblica, in questa materia il Governo esclude dalla depenalizzazione solo le fattispecie previste dal Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al R.D. n. 773 del 1931.
  Osserva, in materia di reati in materia di giochi d'azzardo e scommesse, che in relazione a questa materia, il Governo non ha previsto esclusioni dalla depenalizzazione, in quanto non esistono in tema disposizioni – al di fuori del testo unico Pag. 15delle leggi di pubblica sicurezza – che prevedano reati puniti con la sola pena pecuniaria.
  Relativamente ai reati in materia di armi ed esplosivi, segnala che il Governo esclude che la clausola generale di depenalizzazione possa operare in relazione alle seguenti due leggi: legge n. 110 del 1975, Norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi; legge n. 694 del 1974, Disciplina del porto delle armi a bordo degli aeromobili.
  Segnala che, in merito ai reati in materia elettorale e di finanziamento dei partiti, lo schema di decreto esclude che possano essere depenalizzate le disposizioni penali previste dai seguenti provvedimenti: legge n. 13 del 2014, Abolizione del finanziamento pubblico diretto, disposizioni per la trasparenza e la democraticità dei partiti e disciplina della contribuzione volontaria e della contribuzione indiretta in loro favore; legge n. 459 del 2001, Norme per l'esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all'estero; Decreto legislativo n. 533 del 1993, Testo unico delle leggi recanti norme per l'elezione del Senato della Repubblica; legge n. 515 del 1993, Disciplina delle campagne elettorali per l'elezione della Camera dei deputati e al Senato della Repubblica; legge n. 81 del 1993, Elezione diretta del Sindaco, del Presidente della Provincia, del Consiglio comunale e del Consiglio provinciale; legge n. 659 del 1981, Modifiche ed integrazioni alla legge 2 maggio 1974, n. 195, sul contributo dello Stato al finanziamento dei partiti politici; legge n. 18 del 1979, Elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia; legge n. 352 del 1970, Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo; legge n. 108 del 1968, Norme per la elezione dei Consigli regionali delle Regioni a statuto normale; decreto del Presidente della Repubblica n. 570 del 1960, Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali; decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, Approvazione del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati; legge n. 122 del 1951, Norme per le elezioni dei Consigli provinciali.
  Rammenta che, per quanto concerne i reati in materia di proprietà intellettuale e industriale, il Governo esclude che rientri nel campo d'applicazione della depenalizzazione la legge n. 633 del 1941, Protezione del diritto d'autore e di altri diritti commessi al suo esercizio. L'unica disposizione della legge sul diritto d'autore che viene depenalizzata è la contravvenzione prevista dall'articolo 171-quater, per espressa previsione della stessa legge delega.
  I commi 5 e 6 determinano, in attuazione dell'articolo 2, comma 2, lettera e), della legge delega che impone somme compresa tra 5 mila e 50 mila euro, l'entità delle sanzioni amministrative pecuniarie che dovranno essere applicate in luogo delle pene pecuniarie. In particolare, il comma 6 afferma che, quando per i reati da depenalizzare è prevista una pena pecuniaria proporzionale, anche senza una predeterminazione di limiti edittali, la somma dovuta a titolo di sanzione amministrativa pecuniaria è pari all'ammontare della multa o dell'ammenda ma non può essere inferiore a 5.000 euro, né superiore a 50.000.
  Fa presente che lo schema di decreto non attribuisce una rilevanza specifica alle fattispecie attualmente aventi natura di delitto rispetto a quelle di natura contravvenzionale. Nello stabilire l'entità della sanzione amministrativa, infatti, rileva la somma prevista a titolo di pena, non la natura dell'illecito. In questa direzione, peraltro, si era mosso già il legislatore con la legge n. 689 del 1981.
  Relativamente all'articolo 2 dello schema di decreto, ricorda, preliminarmente, che l'articolo 2, comma 2, lettera b), della legge delega individua nel codice penale alcuni reati dei quali viene disposta, in modo espresso, la trasformazione in illeciti amministrativi. Si tratta: dei delitti previsti dagli articoli 527, primo comma, e 528, limitatamente alle ipotesi di cui al primo e al secondo comma, in materia di Pag. 16atti osceni e pubblicazioni e spettacoli osceni; delle contravvenzioni previste dagli articoli 652, 659, 661, 668 e 726, concernenti specificamente le ipotesi di rifiuto di prestare la propria opera in occasione di un tumulto, di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone, di abuso della credulità popolare, di rappresentazioni teatrali o cinematografiche abusive e, infine, di atti contrari alla pubblica decenza.
  Segnala che la lettera e) stabilisce poi che, nell'esercizio della delega, per i reati del codice penale trasformati in illeciti amministrativi dovrà essere prevista l'applicazione anche di eventuali sanzioni amministrative accessorie consistenti nella sospensione di facoltà e diritti derivanti da provvedimenti dell'amministrazione.
  Osserva che l'articolo 2 dello schema di decreto legislativo, in puntuale attuazione della delega, novella, pertanto, le fattispecie richiamate, con una sola eccezione, relativa all'articolo 659 del codice penale. Analiticamente, il comma 1 interviene sull'articolo 527 del codice penale, relativo al reato di atti osceni. Il comma 2 depenalizza il reato di pubblicazioni e spettacoli osceni, previsto dall'articolo 528 del codice penale. Il comma 3 interviene sul reato di rifiuto di prestare la propria opera in occasione di un tumulto, previsto dall'articolo 652 del codice penale. Il comma 4 depenalizza la contravvenzione prevista dall'articolo 661 del codice penale in materia di abuso della credulità popolare. Il comma 5 interviene sul reato di rappresentazioni teatrali o cinematografiche abusive, previsto dall'articolo 668 del codice penale. In relazione a questa condotta, peraltro, l'articolo 4 dello schema prevede – in caso di reiterazione dell'illecito – l'applicazione di una sanzione amministrativa accessoria. Infine, il comma 6 modifica l'articolo 726 del codice penale, che attualmente punisce a titolo di contravvenzione gli atti contrari alla pubblica decenza e il turpiloquio.
  Fa presente di aver già segnalato che il Governo attua la delega prevista dal comma 2, lettera b), con una sola eccezione, riferita all'articolo 659 del codice penale. La legge n. 67 del 2014, infatti, delega il Governo a trasformare in illecito amministrativo la contravvenzione di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone.
  Segnala che il Governo non ha esercitato questa delega e dunque la condotta prevista dall'articolo 659 codice penale resta penalmente rilevante.
  Rammenta che l'articolo 3 dello schema di decreto legislativo, ai commi da 1 a 5, dà attuazione alla lettera d) del comma 2 della legge delega, che prevede la trasformazione in illeciti amministrativi di alcune contravvenzioni punite con la pena alternativa dell'arresto o dell'ammenda. L'attuazione della delega non è completa, in quanto il Governo omette di depenalizzare la contravvenzione relativa alla coltivazione di piante proibite sul territorio nazionale, prevista dal testo unico in materia di stupefacenti. Il comma 6 della disposizione in commento dà invece attuazione alla lettera c) del comma 2 della legge delega, depenalizzando l'omesso versamento di ritenute previdenziali e assistenziali. In particolare, il comma 1 trasforma in illecito amministrativo la contravvenzione prevista dall'articolo 11 della legge n. 234 del 1931, che detta norme per l'impianto e l'uso di apparecchi radioelettrici privati e per il rilascio delle licenze di costruzione, vendita e montaggio di materiali radioelettrici. Lo schema trasforma la contravvenzione in illecito amministrativo e, quanto all'ipotesi di recidiva, applica il principio dell'articolo 5 dello schema in base al quale, quando la legge prevede ipotesi aggravate fondate sulla recidiva, per recidiva s'intende la reiterazione dell'illecito depenalizzato. L'autorità competente a ricevere il rapporto e ad irrogare la sanzione è individuata nel Ministero dello sviluppo economico. Il comma 2 depenalizza la contravvenzione prevista dall'articolo 171-quater della legge sul diritto d'autore (legge n. 633 del 1941 ), che attualmente punisce con l'arresto sino ad un anno o con l'ammenda da 516 a 5.164 euro chiunque abusivamente ed a fini di lucro: a) concede in noleggio o comunque concede in uso a qualunque titolo, originali, copie o supporti lecitamente ottenuti Pag. 17di opere tutelate dal diritto di autore; b) esegue la fissazione su supporto audio, video o audiovideo delle prestazioni artistiche di attori, i cantanti, i musicisti, i ballerini e le altre persone che rappresentano, cantano, recitano, declamano o eseguono in qualunque modo opere dell'ingegno, siano esse tutelate o di dominio pubblico.
  Ricorda che lo schema di decreto legislativo prevede in tali casi la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 30.000 euro e, per coordinamento, novella il successivo articolo 171-sexies. Il successivo articolo 4 prevede – in caso di reiterazione di questo illecito – l'applicazione di una sanzione amministrativa accessoria. Il comma 3 trasforma in illecito amministrativo la contravvenzione prevista dall'articolo 3 del decreto legislativo luogotenenziale n. 506 del 1945, che reca Disposizioni circa la denunzia dei beni che sono stati oggetto di confische, sequestri o altri atti di disposizione adottati sotto l'impero del sedicente governo repubblicano. In particolare, l'articolo 3 punisce con l'arresto non inferiore nel minimo a sei mesi o con l'ammenda non inferiore a lire 2.000.000 chiunque omette di denunciare la detenzione di beni mobili o immobili che siano stati oggetto di confisca o sequestro disposti da qualsiasi organo amministrativo o politico sotto l'impero del sedicente governo della Repubblica sociale italiana. Ove l'omissione risulti colposa la pena è dell'arresto non inferiore a tre mesi o dell'ammenda non inferiore a 516 euro. L'autorità competente a ricevere il rapporto e ad irrogare la sanzione è individuata nel prefetto. Il comma 4 trasforma in illecito amministrativo la contravvenzione prevista dall'articolo 15, secondo comma, della legge n. 1329 del 1965, recante Provvedimenti per l'acquisto di nuove macchine utensili. Attualmente tale disposizione punisce chiunque ometta di far ripristinare il contrassegno alterato, cancellato, o reso irriconoscibile da altri, apposto su macchina di cui abbia il possesso o la detenzione, ovvero ometta di comunicare al cancelliere del tribunale indicato nel contrassegno l'alterazione, la cancellazione, o la intervenuta irriconoscibilità del contrassegno. La pena letteralmente prevista dalla disposizione è l'ammenda da lire 150.000 a lire 600.000 o l'arresto fino a tre mesi. Peraltro, avendo l'articolo 4 del decreto legislativo n. 274/2000 attribuito la competenza su questa contravvenzione al giudice di pace, la pena è ora dell'ammenda da euro 258 a euro 2.582, ai sensi di quanto disposto dall'articolo 52, comma 2, lettera a), dello stesso decreto legislativo. Si rileva, pertanto, che questa disposizione risulterebbe già oggetto di depenalizzazione in base all'articolo 1 dello schema di decreto legislativo.
  Ciò nonostante, segnala che in attuazione della delega, il Governo prevede per questa condotta la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 15.000 euro. L'applicazione della clausola generale di depenalizzazione dell'articolo 1 avrebbe comportato l'applicazione di una sanzione inferiore (da 5.000 a 10.000 euro). Il comma 5 depenalizza la contravvenzione prevista dall'articolo 16, quarto comma, del decreto-legge n.  745 del 1970. Si tratta della disposizione che punisce con l'arresto da 2 mesi a 2 anni o con l'ammenda da 155 a 1.550 euro l'abusiva installazione o esercizio di impianti di distribuzione automatica di carburanti per uso di autotrazione. Lo schema di decreto legislativo sanziona la condotta con la sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da 10.000 a 50.000 euro. L'autorità competente a ricevere il rapporto e ad irrogare la sanzione è il Sindaco competente al rilascio dell'autorizzazione all'installazione o all'esercizio di impianti di distribuzione di carburante.
  Da ultimo, fa presente che il comma 6, in attuazione dell'articolo 2, lettera c) della legge delega, trasforma in illecito amministrativo il reato di omesso versamento di ritenute previdenziali e assistenziali (articolo 2, comma 1-bis, del decreto-legge n. 463 del 1983). Si tratta dell'omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, attualmente punito con la reclusione Pag. 18fino a tre anni e con la multa fino a lire due milioni. La depenalizzazione – in base alla legge delega – dovrà essere effettuata a patto che l'omesso versamento non ecceda complessivamente i 10.000 euro annui e preservando l'attuale principio in base al quale il datore di lavoro non risponde dell'omissione se provvede al versamento entro il termine di tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell'avvenuto accertamento della violazione. Infine, rileva che il Governo decide di non esercitare la delega a depenalizzare la contravvenzione prevista dall'articolo 28, comma 2, del TU stupefacenti e relativa alla coltivazione di piante dalle quali si possano trarre stupefacenti in violazione dell'autorizzazione concessa.
  Rammenta che l'articolo 4 dello schema di decreto legislativo dà attuazione all'articolo 2, comma 2, lettera e) della delega, introducendo una sanzione amministrative accessoria da applicare ad alcuni specifici reati depenalizzati. La sanzione accessoria è la sospensione della concessione, della licenza, dell'autorizzazioni o di altro provvedimento amministrativo che consente l'esercizio dell'attività dalla quale è derivato l'illecito e dovrà avere una durata minima di 10 giorni e massima di 3 mesi. La sanzione amministrativa accessoria dovrà essere applicata – tanto dall'autorità amministrativa in sede di ordinanza ingiunzione di pagamento, quanto dall'autorità giudiziaria in caso di ricorso avverso l'ordinanza – in presenza di una reiterazione specifica dei seguenti illeciti: rappresentazioni teatrali o cinematografiche abusive, previsto dall'articolo 668 codice penale, come modifica dal comma 5 dell'articolo 2; concessione in uso di opere protette dalla legge sul diritto d'autore in violazione della legge, prevista dall'articolo 171-quater della legge n. 633 del 1941, come modificata dall'articolo 3, comma 2, dello schema. Segnala che il comma 3 della disposizione in commento esclude, inoltre, che per questi illeciti sia ammesso il pagamento in misura ridotta.
  Fa presente che l'articolo 5 disciplina l'ipotesi in cui il reato oggetto di depenalizzazione preveda attualmente una fattispecie aggravata per l'ipotesi di reiterazione dell'illecito. Il Governo conferma in questo caso la fattispecie aggravata, riconducendola a una reiterazione dell'illecito amministrativo, invece che dell'illecito penale. La fattispecie aggravata conserverà un rilievo penale.
  Segnala che l'articolo 6 rinvia, per il procedimento di applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie, alla legge n. 689 del 1981, Modifiche al sistema penale, richiamandone in particolare il capo I (Sanzioni amministrative), sezione I (Principi generali) e II (Applicazione). Il rinvio alla legge n. 689 del 1981 vale come parziale attuazione del principio e criterio direttivo dell'articolo 2, comma 2, lettera q), della legge delega, che stabilisce che i decreti legislativi prevedano – a fronte dell'irrogazione della sanzione amministrativa pecuniaria – la possibilità di definire il procedimento mediante il pagamento – anche rateizzato – di un importo pari alla metà della sanzione irrogata. Il pagamento in misura ridotta di metà della sanzione amministrativa è espressamente previsto dall'articolo 9, comma 5, dello schema, per gli illeciti commessi prima dell'entrata in vigore della depenalizzazione.
  Rammenta che l'articolo 7, in attuazione della delega di cui all'articolo 2, comma 2, lettera f) della legge n. 67 del 2014, dispone che Le autorità competenti a ricevere il rapporto e ad applicare la sanzione amministrativa pecuniaria sono quelle già individuate dal legislatore, nelle stesse fonti che introducono la sanzione. Se tale specifica individuazione non è fatta, è competente l'ufficio periferico cui sono demandati attribuzioni e compiti del Ministero nella cui competenza rientra la materia alla quale si riferisce la violazione o, in mancanza, il prefetto (articolo 17, comma 1, legge n. 689 del 1981). Lo stesso prefetto è individuato come autorità competente in relazione alla depenalizzazione di specifici articoli del codice penale. Per le depenalizzazioni nominali realizzate dall'articolo 3, l'autorità competente è il prefetto, tranne nei seguenti casi: violazioni del diritto d'autore e violazioni della Pag. 19disciplina sulle ritenute previdenziali di competenza delle autorità già indicate dal legislatore; violazioni relative ai materiali radioelettrici di competenza del Ministero dello sviluppo economico; violazioni relative agli impianti di distribuzione dei carburanti di competenza del Sindaco.
  Osserva che l'articolo 8 prevede l'applicabilità delle sanzioni amministrative pecuniarie anche alle violazioni commesse prima dell'entrata in vigore dello schema di decreto legislativo, sempre che il procedimento penale non sia già stato definito in modo irrevocabile (comma 1). Se il procedimento penale è stato già definito, in applicazione dell'articolo 2, comma 2, codice penale («nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato; e, se vi è stata condanna, ne cessano la esecuzione e gli effetti penali»), il giudice dell'esecuzione revoca la condanna, dichiarando che il fatto non è previsto dalla legge come reato (comma 2). Per garantire il principio del favor rei, infine, il comma 3 dell'articolo 8 precisa che in nessun caso potrà essere applicata in relazione a fatti commessi prima della depenalizzazione, una sanzione amministrativa pecuniaria di importo superiore al massimo della pena inflitta per il reato, anche tendo conto del ragguaglio tra pene detentive e pene pecuniarie dell'articolo 135 del codice penale.
  Rammenta che l'articolo 9 disciplina il passaggio dal procedimento penale al procedimento per gli illeciti commessi prima dell'entrata in vigore della depenalizzazione. In particolare: entro 90 giorni dall'entrata in vigore del decreto legislativo che realizza la depenalizzazione, l'autorità giudiziaria deve trasmettere gli atti del procedimento penale all'autorità amministrativa, salvo che il reato, a quella data, non risulti già prescritto o estinto per altra causa; se non è stata ancora esercitata l'azione penale, a tale adempimento provvede il pubblico ministero; contestualmente il pubblico ministero chiede al giudice l'archiviazione del reato (la richiesta può essere cumulativa per diversi procedimenti penali); se l'azione penale è stata esercitata, il giudice pronuncia in camera di consiglio sentenza inappellabile di assoluzione (o di non luogo a procedere) perché il fatto non è previsto dalla legge come reato; sul versante amministrativo, l'autorità che riceve gli atti dall'autorità giudiziaria ha 90 giorni (370 per i trasgressori che si trovino all'estero) per notificare gli estremi della violazione all'interessato; dalla notificazione, il trasgressore ha tempo 60 giorni per procedere al pagamento in misura ridotta di metà della sanzione, determinando così l'estinzione del procedimento (e sul punto recuperando il principio di delega dell'articolo 2, comma 2, lettera q)).
  Infine, segnala che l'articolo 10 contiene la consueta clausola di invarianza finanziaria. All'attuazione del provvedimento e agli adempimenti connessi le amministrazioni dovranno far fronte senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

  Donatella FERRANTI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di abrogazione di reati e introduzione di illeciti con sanzioni pecuniarie civili.
Atto n. 246.
(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del Regolamento e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo in oggetto.

  David ERMINI (PD), relatore, fa presente che la Commissione è chiamata ad esaminare, nella seduta odierna, lo schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di abrogazione di reati e introduzione di illeciti con sanzioni pecuniarie civili (A.G. 246). Tale provvedimento dà attuazione all'articolo 2, comma 3, della legge 28 aprile 2014, n. 67, che conferisce delega al Governo in ordine alla riforma della disciplina sanzionatoria dei reati e alla contestuale introduzione di Pag. 20sanzioni civili. In base al comma 3 dell'articolo 2 della legge n. 67 del 2014, la riforma della disciplina sanzionatoria è ispirata ai seguenti princìpi e criteri direttivi: a) abrogare i reati previsti dalle seguenti disposizioni del codice penale: delitti di cui al libro secondo, titolo VII, capo III, limitatamente alle condotte relative a scritture private, ad esclusione delle fattispecie previste all'articolo 491; articolo 594; articolo 627; articoli 631, 632 e 633, primo comma, escluse le ipotesi di cui all'articolo 639-bis; articolo 635, primo comma; articolo 647; b) abrogare, trasformandolo in illecito amministrativo, il reato previsto dall'articolo 10-bis del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, conservando rilievo penale alle condotte di violazione dei provvedimenti amministrativi adottati in materia; c) fermo il diritto al risarcimento del danno, istituire adeguate sanzioni pecuniarie civili in relazione ai reati di cui alla lettera a); d) prevedere una sanzione pecuniaria civile che, fermo restando il suo carattere aggiuntivo rispetto al diritto al risarcimento del danno dell'offeso, indichi tassativamente: le condotte alle quali si applica; l'importo minimo e massimo della sanzione; l'autorità competente ad irrogarla; e) prevedere che le sanzioni pecuniarie civili relative alle condotte di cui alla lettera a) siano proporzionate alla gravità della violazione, alla reiterazione dell'illecito, all'arricchimento del soggetto responsabile, all'opera svolta dall'agente per l'eliminazione o attenuazione delle sue conseguenze, nonché alla personalità dello stesso e alle sue condizioni economiche.
  Con riferimento al contenuto dello schema di decreto legislativo, segnala che lo stesso legislativo è composto da 13 articoli, suddivisi in due capi: il capo I (articoli 1 e 2) riguarda l'abrogazione di reati e modifiche al codice penale; il capo II riguarda gli illeciti sottoposti a sanzioni pecuniarie civili. In particolare, osserva che l'articolo 1 abroga alcuni articoli del codice penale. Si tratta dei seguenti articoli: articolo 485 (Falsità in scrittura privata); articolo 486 (Falsità in foglio firmato in bianco. Atto privato); articolo 594 (Ingiuria); articolo 627 (Sottrazione di cose comuni); articolo 647 (Appropriazione di cose smarrite, del tesoro o di cose avute per errore o caso fortuito). Lo schema di decreto legislativo, secondo quanto stabilito dalla legge delega, non interessa quindi gli articoli del libro secondo, titolo VII, capo III, del codice penale che non riguardino condotte relative a scritture private. In tale ambito non è abrogato (o parzialmente modificato) neppure l'articolo 482 (Falsità materiale commessa dal privato) che può, ad esempio, interessare anche la falsità materiale commessa dal privato in copie autentiche di atti privati, ai sensi dell'articolo 478 del codice penale. Inoltre, lo schema di decreto legislativo non prevede l'abrogazione, stabilita invece dalla legge delega, dei seguenti articoli del codice penale: 631 (usurpazione, punita con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a euro 206); 632 (deviazione di acque e modificazione dello stato dei luoghi, punita con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a euro 206); 633 (invasione di terreni o edifici (punita con la reclusione fino a due anni o con la multa da euro 103 a euro 1.032).
  Segnala che l'abrogazione dell'articolo 635, primo comma, del codice penale (danneggiamento, punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a euro 309) è contenuta nell'articolo 2 dello schema, in cui è prevista la sostituzione dell'intero articolo 635. Lo schema in esame non prevede poi l'abrogazione, nei limiti stabiliti dalla legge delega e con conseguente trasformazione in illecito amministrativo (articolo 2, comma 3, lettera b), della legge 67/2014), del reato previsto dall'articolo 10-bis del testo unico immigrazione (decreto legislativo 286/1998: Ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato).
  Osserva che l'articolo 2 dello schema di decreto contiene le modifiche conseguenti alle abrogazioni previste dall'articolo 1. Le modificazioni investono disposizioni che comprendono nel proprio ambito applicativo Pag. 21anche ipotesi depenalizzate e disposizioni connesse ad articoli abrogati. Come precisa la relazione illustrativa, l'adeguamento delle disposizioni interessate solo indirettamente dall'abrogazione o depenalizzazione – sebbene non esplicitato dalla legge delega – è da essa inevitabilmente presupposto, in chiave di coordinamento logico-sistematico e di funzionalità applicativa. Le modifiche apportate dalle lettere da a) a f) sono connesse alle abrogazioni relative alle fattispecie di falsità nelle scritture private. Pertanto, alla lettera a), è sostituito l'articolo 488 codice penale (Altre falsità in foglio firmato in bianco. Applicabilità delle disposizioni sulle falsità materiali) con la soppressione del richiamo all'articolo 486, oggetto di abrogazione. Alla lettera b) viene abrogato il secondo comma dell'articolo 489 codice penale, sull'uso di atto falso: il secondo comma riguarda infatti l'ipotesi delle scritture private. Alla lettera c) è sostituito il primo comma dell'articolo 490 codice penale (soppressione, distruzione e occultamento di atti veri): l'oggetto è delimitato agli atti pubblici ed è inserita l'ipotesi della distruzione, soppressione o occultamento di un testamento olografo, di una cambiale o di un altro titolo di credito trasmissibile per girata o al portatore veri. Nella relazione illustrativa è indicato che in tal modo la rilevanza penale delle condotte di falsificazione previste dagli articoli 476, 487 e 488 codice penale è estesa a oggetti materiali presi in considerazione dalla legge delega in funzione delimitativa della depenalizzazione. Si tratta infatti dei documenti equiparati agli atti pubblici dall'articolo 491 codice penale che, come si è visto, è espressamente escluso dall'ambito abrogativo in base alla legge delega. È inoltre abrogato per coordinamento il secondo comma dell'articolo 490 codice penale, che rinvia all'articolo 489, secondo comma, a sua volta abrogato. La lettera d) sostituisce con finalità di coordinamento l'articolo 491 codice penale, sui documenti equiparati ad atti pubblici agli effetti della pena, in modo da eliminare i riferimenti alla scrittura privata. Analogamente, la lettera e) sostituisce l'articolo 491-bis codice penale, sulle falsità nei documenti informatici, sopprimendo il riferimento alle scritture private. La lettera f) sostituisce l'articolo 493-bis codice penale sui casi perseguibilità a querela. Il vigente articolo 493-bis stabilisce che i delitti previsti dagli articoli 485 e 486 e quelli previsti dagli articoli 488, 489 e 490, quando concernono una scrittura privata, sono punibili a querela della persona offesa (primo comma). Stabilisce inoltre che si procede d'ufficio, se i fatti previsti dagli articoli di cui al precedente comma riguardano un testamento olografo (secondo comma). Le modifiche apportate all'articolo 493-bis ne interessano il solo primo comma: sopprimendo il riferimento ai due articoli abrogati dallo schema (artt. 485 e 486); sostituendo il rinvio agli articoli 488, 489 e 490 con quello agli articoli 490 e 491; individuando le sole scritture private che residuano (cambiale e titolo di credito trasmissibile) in luogo della categoria generica delle scritture private. Le modifiche apportate dalle lettere da g) a i) sono connesse all'abrogazione del reato di ingiuria. La lettera g) modifica per coordinamento i commi primo e quarto dell'articolo 596 del codice penale in materia di esclusione della prova liberatoria. Al primo comma viene pertanto modificato il rinvio agli articoli precedenti, che adesso non riguarda l'ingiuria ma la sola diffamazione, con riguardo al divieto per il colpevole di tale reato di provare a sua discolpa la verità o la notorietà del fatto attribuito alla persona offesa. Analogamente, al quarto comma, sulla non punibilità dell'autore della imputazione, il richiamo ai reati di ingiuria e diffamazione è sostituito da quello al solo reato di diffamazione. La lettera h) modifica l'articolo 597, primo comma, del codice penale, in tema di querela della persona offesa ed estinzione del reato. Anche in questo caso, la punibilità a querela è riferita alla sola diffamazione, a seguito della abrogazione del reato di ingiuria. La lettera i) modifica l'articolo 599 del codice penale in tema di ritorsione e provocazione. La nuova rubrica riguarda la sola provocazione. Inoltre sono abrogati il Pag. 22primo e il terzo comma che riguarda il caso di offese reciproche nella ingiuria. Infine è modificato il secondo comma sui casi di non punibilità per chi ha commesso il reato nello stato d'ira determinato da un fatto ingiusto altrui, e subito dopo di esso: la non punibilità riguarda esclusivamente la diffamazione. Le lettere da l) a q) riguardano i delitti contro il patrimonio mediante violenza alle cose. Come già ricordato, la delega non è stata esercitata con riguardo alla abrogazione dei reati di cui agli articoli 631 (usurpazione), 632 (deviazione di acque e modificazione dello stato dei luoghi) e 633 (invasione di terreni o edifici). Tuttavia è stata esercitata con riferimento all'abrogazione del primo comma dell'articolo 635 del codice penale in tema di danneggiamento. Tale abrogazione comporta un adattamento delle parti residue dello stesso articolo 635 a partire dalla trasformazione delle attuali circostanze in autonomi fattispecie. In particolare, la lettera l), pertanto, sostituisce l'articolo 635 del codice penale sul danneggiamento, con la abrogazione del primo comma e con il mantenimento delle disposizioni residuali l'unica differenza è data dal fatto che l'attuale ipotesi aggravata del secondo comma diventa una fattispecie autonoma), che l'attuale ipotesi aggravata del secondo comma diventa una fattispecie autonoma). La lettera m) modifica per coordinamento l'articolo 635-bis, secondo comma, del codice penale, in materia di danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici: il richiamo alla circostanza del secondo comma dell'articolo 635 è sostituito dal rinvio al fatto di reato quale previsto, in luogo della circostanza, a seguito della modifica del medesimo articolo 635, appena commentata. In termini del tutto analoghi le lettere n), o) e p) modificano per coordinamento il richiamo alla circostanza aggravata di danneggiamento contenuto negli articoli 635-ter, terzo comma, 635-quater, secondo comma, e 635-quinquies, terzo comma, concernenti rispettivamente: il danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici utilizzati dallo Stato o da altro ente pubblico o comunque di pubblica utilità, il danneggiamento di sistemi informatici o telematici e il danneggiamento di sistemi informatici o telematici di pubblica utilità. La lettera q) modifica il quarto comma dell'articolo 636 del codice penale concernente la introduzione o abbandono di animali nel fondo altrui e pascolo abusivo. L'attuale terzo comma prevede che, qualora il pascolo avvenga, ovvero dalla introduzione o dall'abbandono degli animali il fondo sia stato danneggiato, il colpevole è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa da euro 51 a euro 516. Il quarto comma prevede poi che il delitto sia punibile a querela della persona offesa. Con la modifica introdotta si prevede che la punibilità a querela per il delitto in questione venga meno qualora il fatto sia commesso su fondi, terreni o edifici pubblici o destinati ad uso pubblico. Il capo secondo dello schema di decreto, sugli illeciti sottoposti a sanzioni pecuniarie civili, riguarda sia la tipizzazione degli illeciti sottoposti a tali sanzioni sia la disciplina sostanziale e processuale.
  Al riguardo, segnala che l'articolo 3 dello schema di decreto prevede in primo luogo che i fatti presi in considerazione dal successivo articolo 4, ove dolosi, determinano l'obbligo al pagamento della sanzione pecuniaria civile stabilita. Tale obbligo si aggiunge a quello concernente le restituzioni e il risarcimento del danno secondo le leggi civili. Il presupposto dell'azione dolosa consegue alla esigenza di mantenere una impostazione analoga a quella originariamente prevista in sede penale ai fini della responsabilità. Pertanto, l'avvio di una azione civile per risarcimento dei danni non comporta automaticamente l'applicabilità delle sanzioni pecuniarie civili. L'obbligo di risarcimento può infatti sorgere anche per un fatto colposo (articolo 2043 del codice civile). In assenza di specificazioni, l'azione di risarcimento potrà riguardare tanto il danno patrimoniale quanto il danno non patrimoniale. Lo stesso articolo 3 stabilisce poi, al comma 2, che si osserva la disposizione di cui all'articolo 2947, primo comma, del codice civile. Pertanto, Pag. 23il termine di prescrizione per l'obbligo di pagamento della sanzione pecuniaria civile corrisponde al termine prescrizionale di cinque anni, stabilito con riguardo al diritto al risarcimento del danno.
  Fa presente che l'articolo 4 individua gli illeciti civili sottoposti a sanzioni pecuniarie. Gli illeciti sottoposti a sanzioni pecuniarie sono distinti in due gruppi, suddivisi in base alla gravità della sanzione. Un primo gruppo di sei illeciti civili soggiace alla sanzione pecuniaria civile da euro 100 a euro 8000. Un secondo gruppo di altri sei illeciti civili soggiace alla sanzione pecuniaria da euro 200 a euro 12.000. Osserva che i due aspetti fondamentali, individuati nella stessa legge delega, al fine della tipizzazione degli illeciti sono la correlazione con i reati abrogati dalla lettera a) del comma 3 dell'articolo 2 della legge numero 67 del 2014 e la tassativa individuazione delle condotte alle quali si applica la nuova disciplina. Rammenta che, come precisa la stessa relazione illustrativa dello schema di decreto, al fine di evitare i rischi di un eccesso di delega, sono stati mantenuti in linea di principio immutati i confini delle fattispecie abrogate. La distinzione tra le sanzioni è diretta a realizzare una corrispondenza con la diversa gravità delle pene previste per i reati abrogati. In particolare, in base al comma 1 soggiace alla sanzione pecuniaria civile da euro 100 a euro 8000: chi offende l'onore o il decoro di una persona presente, ovvero mediante comunicazione telegrafica, telefonica, informatica o telematica, o con scritti o disegni, diretti alla persona offesa; si tratta quindi di un illecito analogo alla abrogata fattispecie di ingiuria, con l'introduzione dell'esplicito riferimento al mezzo informatico o telematico. Viene inoltre prevista una ipotesi analoga alla ritorsione: a tal fine il comma 2 dell'articolo 4 prevede che, se le offese sono reciproche, il giudice possa non applicare la sanzione pecuniaria civile; inoltre è stata prevista l'ipotesi della non sanzionabilità per chi ha commesso il fatto nello stato d'ira determinato da un fatto ingiusto altrui e subito dopo di esso (ipotesi analoga alla non punibilità già presente nell'articolo 599, secondo comma, del codice penale anche con riguardo all'ingiuria). Non è stata invece prevista una disciplina analoga a quella dell'articolo 596 del codice penale in tema di esclusione della prova liberatoria; tale scelta è giustificata dalla relazione illustrativa da esigenze di semplificazione e, soprattutto, dalla convinzione che, a seguito della depenalizzazione dell'ingiuria, sia preferibile affidarsi al prudente apprezzamento del giudice civile. Non sono inoltre qui previste distinte e più gravi ipotesi – analoghe a quelle previste dall'articolo 594 del codice penale – con riguardo all'offesa consistente nell'attribuzione di un fatto determinato o commessa in presenza di più persone. Tali ipotesi sono infatti incluse nell'elenco delle violazioni più gravi, individuate dal comma 4 dell'articolo 4 dello schema; il comproprietario, socio o coerente che, per procurare a sé o ad altri un profitto, si impossessa della cosa comune sottraendola a chi la detiene, salvo che il fatto sia commesso su cose fungibili e il valore di esse non ecceda la quota spettante al suo autore; si tratta quindi di una fattispecie corrispondente all'articolo 627 del codice penale sulla sottrazione di cose comuni, di cui è prevista – come si è visto – l'abrogazione; chi distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui; si tratta di una fattispecie corrispondente al reato di danneggiamento previsto dal primo comma dell'articolo 635 del codice penale, di cui, come si è visto, è prevista la abrogazione. Sono fatte comunque salve le ipotesi superstiti di danneggiamento previste dagli articoli 635, 635-bis, 635-ter, 635-quater e 635-quinquies del codice penale; chi, avendo trovato denaro o cose da altri smarrite, se ne appropria, senza osservare le prescrizioni della legge civile sull'acquisto della proprietà di cose trovate; chi, avendo trovato un tesoro, si appropria, in tutto o in parte, della quota dovuta al proprietario del fondo; chi si appropria delle cose delle quali sia venuto in possesso per errore altrui o per caso fortuito; si tratta, in questa come nelle due precedenti Pag. 24ipotesi, di fattispecie corrispondenti al reato di appropriazione di cose smarrite, del tesoro o di cose avute per errore o caso fortuito di cui all'articolo 647 del codice penale, abrogato dall'articolo 1 dello schema di decreto legislativo in esame.
  Rammenta che il comma 4 prevede un secondo gruppo di illeciti civili, per i quali è prevista una più grave sanzione pecuniaria da euro 200 a euro 12.000. Si tratta – per le prime cinque – di fattispecie corrispondenti a quelle abrogate in materia di falsità nelle scritture private. Soggiace quindi a tale sanzione: chi, facendo uso o lasciando che altri faccia uso di una scrittura privata da lui falsamente formata o da lui alterata, arreca ad altri un danno. Si considerano alterazioni anche le aggiunte falsamente apposte a una scrittura vera, dopo che questa fu definitivamente formata; la fattispecie corrisponde a quella dell'articolo 485 del codice penale di cui l'articolo 1 dello schema prevede l'abrogazione; non è stata espressamente prevista l'ipotesi, presente nella fattispecie penale, della falsa formazione di una scrittura privata «in tutto o in parte»; chi, abusando di un foglio firmato in bianco, del quale abbia il possesso per un titolo che importi l'obbligo la facoltà di riempirlo vi scrive o fa scrivere un atto privato produttivo di effetti giuridici, diverso da quello a cui era obbligato o autorizzato, se dal fatto di farne uso di lasciare che se ne faccia uso, deriva un danno ad altri; l'illecito corrisponde all'articolo 486 codice penale di cui l'articolo 1 dello schema prevede l'abrogazione; chi commettendo falsità su un foglio firmato in bianco diverse da quelle previste dalla ipotesi precedente, arreca ad altri un danno; l'illecito corrisponde all'articolo 488 codice penale di cui l'articolo 1 dello schema prevede l'abrogazione; in questa come nella precedente ipotesi si considera firmato in bianco il foglio in cui il sottoscrittore abbia lasciato bianco un qualsiasi spazio destinato a essere riempito; chi, senza essere concorso nella falsità, facendo uso di una scrittura privata falsa, arreca ad altri un danno; l'illecito corrisponde all'articolo 489 codice penale di cui l'articolo 1 dello schema prevede l'abrogazione; la fattispecie penale di riferimento costituisce peraltro una ipotesi sanzionata in modo più mite (riduzione di un terzo rispetto al reato di falso); chi, distruggendo, sopprimendo o occultando in tutto o in parte una scrittura privata vera, arreca ad altri un danno; l'illecito corrisponde all'articolo 490 codice penale di cui l'articolo 1 dello schema prevede l'abrogazione; chi commette l'illecito di ingiuria, nel caso in cui l'offesa consista nell'attribuzione di un fatto determinato ossia commessa in presenza di più persone. Come già rilevato, si tratta di ipotesi aggravate già previste per il reato di ingiuria dall'articolo 594 codice penale; anche in questo caso, la sanzione non è applicabile nel caso di offese reciproche né è sanzionabile l'ingiuria dettata da uno stato d'ira per fatto ingiusto altrui, e subito dopo di esso. Gli illeciti di falso nelle scritture private si dovranno applicare anche laddove le falsità riguardino un documento informatico privato con efficacia probatoria (comma 5): la disposizione corrisponde a quanto previsto dall'articolo 491-bis codice penale sul falso nei documenti informatici. Rammenta che sono da considerarsi «scritture private» gli atti originali e le copie autentiche di essi, quando a norma di legge tengano luogo degli originali mancanti (comma 6, corrispondente all'articolo 492 codice penale).
  Ricorda che l'articolo 5 riguarda i criteri di commisurazione delle sanzioni pecuniarie e riprende, a tal fine, quanto già previsto dall'articolo 2, comma 3, lettera e), della legge delega, di cui riproduce il contenuto. Prevede pertanto che l'importo della sanzione pecuniaria civile è determinato dal giudice tenuto conto dei seguenti criteri: gravità della violazione; reiterazione dell'illecito; arricchimento del soggetto responsabile; opera svolta dall'agente per l'eliminazione o attenuazione delle conseguenze dell'illecito; personalità dell'agente; condizioni economiche dell'agente. Riguardo al secondo criterio (reiterazione dell'illecito) lo schema di decreto Pag. 25disciplina presupposti e condizioni affinché un illecito possa considerarsi reiterato.
  Pertanto, segnala che l'articolo 6 dello schema di decreto legislativo prevede, al comma 1, che sia reiterazione nel caso in cui l'illecito sottoposto a sanzione pecuniaria civile sia compiuto entro quattro anni dalla commissione, da parte dello stesso soggetto, di un'altra violazione sottoposta a sanzione pecuniaria civile, che sia della stessa indole e che sia stata accertata con provvedimento esecutivo. Inoltre, il comma 2 stabilisce che, ai fini della presente legge, si considerano della stessa indole le violazioni della medesima disposizione e quelle di disposizioni diverse che, per la natura dei fatti che le costituiscono o per le modalità della condotta, presentano una sostanziale omogeneità o caratteri fondamentali comuni. Tale definizione ricalca quella dell'articolo 101 del codice penale con cui sono individuati i reati della stessa indole.
  Rileva che l'articolo 7 riguarda il concorso di persone e prevede che, quando più persone concorrono in un illecito civile sottoposta sanzione pecuniaria, ciascuna di esse soggiace alla sanzione pecuniaria civile presso stabilita. Anche in questo caso riecheggia la disposizione in tema di concorso di persone nel reato di cui all'articolo 110 del codice penale, oltre all'articolo 5 della legge 689/1981 in materia di illeciti amministrativi.
  Evidenzia che l'articolo 8 disciplina il procedimento per l'applicazione delle sanzioni pecuniarie civili. Prevede al comma 1 che esse sono applicate dal giudice competente a conoscere dell'azione di risarcimento del danno. In conformità al carattere pubblicistico delle sanzioni (e nel silenzio della legge delega sul punto), lo schema adotta la scelta della applicabilità d'ufficio delle sanzioni. Al comma 2 si prevede che il giudice decide sull'applicazione di tale sanzione al termine del giudizio, qualora accolga la domanda di risarcimento proposta dalla persona offesa. In base al comma 3, qualora l'atto introduttivo del giudizio abbia avuto luogo nelle forme della notificazione a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti (articolo 143 codice di procedura civile) la sanzione pecuniaria civile non può essere applicata. Fa eccezione l'ipotesi in cui la controparte si sia costituita in giudizio o risulti con certezza che abbia avuto comunque conoscenza del processo. Il comma 3 è dunque diretto ad assicurare garanzie analoghe a quelle introdotte dalla stessa legge n.  67 del 2014 nei confronti degli imputati irreperibili nel processo penale. Al procedimento, anche ai fini della irrogazione della sanzione pecuniaria civile, si applicano le disposizioni del codice di procedura civile, in quanto compatibili (comma 4). Il rinvio al codice, senza alcuna specifica disposizione, implica anche l'adozione del regime probatorio ordinario proprio del processo civile, anche ai fini quantum di prova necessario per l'infliggere la sanzione.
  Fa presente che l'articolo 9 riguarda il pagamento della sanzione. Al comma 1 si prevede che termini e modalità per il pagamento della sanzione pecuniaria civile, nonché le forme per la riscossione dell'importo dovuto siano stabiliti con decreto del ministro della giustizia da emanarsi entro sei mesi dall'entrata in vigore del decreto legislativo. È peraltro rimessa al giudice la possibilità di disporre, in relazione alle condizioni economiche del condannato, che il pagamento della sanzione pecuniaria civile sia effettuato in rate mensili da due a otto. Ciascuna rata non può essere inferiore ad euro 50. Si ricorda che le condizioni economiche dell'agente costituiscono anche un criterio di commisurazione delle sanzioni pecuniarie. Anche nel procedimento relativo alle sanzioni amministrative, la legge 689/1981 prevede all'articolo 26 la possibilità di rateizzazione. In base al comma 3, qualora sia decorso inutilmente, anche con riguardo ad una sola rata, il termine di pagamento, l'ammontare residuo deve essere pagato in un'unica soluzione. In ogni caso, il condannato può estinguere la sanzione civile pecuniaria in una unica soluzione in qualsiasi momento. Per il pagamento della sanzione pecuniaria civile non è ammessa alcuna forma di copertura assicurativa. L'obbligo di pagamento non Pag. 26si trasmette agli eredi, similmente a quanto previsto dall'articolo 7 della legge n. 689 del 1981 sugli illeciti amministrativi.
  Rammenta che l'articolo 10 prevede che il provento della sanzione pecuniaria civile è devoluto a favore della cassa delle ammende. La relazione illustrativa precisa che il legislatore delegato, tra le diverse opzioni possibili (destinazione dei proventi allo Stato, destinazione dei proventi alla persona offesa dall'illecito, destinazione dei proventi in parte allo Stato e in parte alla persona offesa), ha infine optato per la destinazione pubblicistica, in considerazione della funzione generale preventiva e compensative a sottesa alla minaccia della sanzione pecuniaria civile nonché della vocazione pubblicistica di quest'ultima.
  Segnala che l'articolo 11 prevede poi che con decreto del ministro della giustizia siano adottate le disposizioni sulla tenuta di un registro automatizzato in cui siano iscritti i provvedimenti di applicazione delle sanzioni pecuniarie civile. Ciò si rende necessario ai fini della valutazione relativa alla reiterazione dell'illecito civile.
  Osserva, in fine, che l'articolo 12, relativo alle disposizioni transitorie, stabilisce che le disposizioni concernenti le sanzioni pecuniarie civili del decreto si applicano anche ai fatti commessi anteriormente alla data della sua entrata in vigore, salvo che il procedimento penale sia stato definito con sentenza o con decreto divenuti irrevocabili.

  Donatella FERRANTI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Schema di decreto ministeriale concernente regolamento recante disciplina per lo svolgimento del tirocinio per l'accesso alla professione forense.
Atto n. 213.
(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del Regolamento e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto ministeriale in oggetto, rinviato nella seduta del 25 novembre 2015.

  Donatella FERRANTI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Schema di decreto ministeriale concernente regolamento recante disciplina dell'attività di praticantato del praticante avvocato presso gli uffici giudiziari.
Atto n. 225.
(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del Regolamento e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto ministeriale in oggetto, rinviato nella seduta del 25 novembre 2015.

  Donatella FERRANTI, presidente e relatrice, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 13.55.

SEDE REFERENTE

  Martedì 1o dicembre 2015. — Presidenza del presidente Donatella FERRANTI. — Interviene il viceministro della giustizia Enrico Costa.

  La seduta comincia alle 13.55.

Modifica all'articolo 52 del codice penale, in materia di difesa legittima.
C. 2892 Molteni, C. 3384 Marotta e C. 3380 La Russa.
(Seguito dell'esame e rinvio – Abbinamento della proposta di legge C. 3380 La Russa).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in oggetto, rinviato nella seduta del 19 novembre 2015.

  Donatella FERRANTI, presidente, avverte che alle proposte di legge in esame è abbinata la proposta di legge C. 3380 La Pag. 27Russa vertente sulla medesima materia. Invita, inoltre, i Gruppi a far pervenire, entro il prossimo 16 dicembre, eventuali richieste di audizioni.
  Nessuno chiedendo di intervenire rinvia, pertanto, il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.

SEDE CONSULTIVA

  Martedì 1o dicembre 2015. — Presidenza del presidente Donatella FERRANTI. — Interviene il viceministro della giustizia Enrico Costa.

  La seduta comincia alle 14.

Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali.
C. 2093-B Governo, approvato dalla Camera e modificato dal Senato.
(Parere alla VIII Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Donatella FERRANTI, presidente, in sostituzione della relatrice, onorevole Morani, rammenta che la Commissione è chiamata ad esaminare, nella seduta odierna, il provvedimento recante «Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali» (A.C. 2093-B), approvato dalla Camera e modificato dal Senato.
  Con riferimento ai profili di competenza della Commissione Giustizia, segnala che l'articolo 7, al comma 1, prevede il divieto di immissione di cinghiali su tutto il territorio nazionale, ad eccezione delle Aziende Faunistico Venatorie e delle Aziende Agrituristico Venatorie adeguatamente recintate, mentre al comma 2 si prevede il divieto del foraggiamento di cinghiali, ad esclusione di quello finalizzato alle attività di controllo. Per la violazione dei due divieti in esame, le due disposizioni prevedono la sanzione dell'articolo 30, comma 1, lettera l) della legge n. 157 del 1992. In proposito, rammento che l'articolo 30, dispone le sanzioni penali per le violazioni delle disposizioni della richiamata legge n. 157 del 1992 e delle leggi regionali. Alla lettera l), in particolare, si prevede l'arresto da due a sei mesi o l'ammenda da lire 1.000.000 a lire 4.000.000 (da euro 516 a euro 2.065) per chi pone in commercio o detiene, a tal fine, fauna selvatica in violazione della citata legge. Sono, inoltre, raddoppiate le pene se il fatto riguarda i mammiferi o gli uccelli compresi nell'elenco contenuto all'articolo 2 della legge in questione; l'orso, lo stambecco, il camoscio d'Abruzzo e il muflone sardo; gli esemplari appartenenti alla tipica fauna stanziale alpina, della quale sia vietato l'abbattimento.
  Fa presente che l'articolo 22, introdotto nel corso dell'esame al Senato, modifica l'articolo 9 del nuovo testo della legge generale sui libri fondiari (allegato al regio decreto n. 499 del 1929), al fine di inserire nel novero dei diritti che possono essere intavolati o prenotati nel libro fondiario, anche i contratti contemplati dall'articolo 2643, numero 2-bis, del codice civile, vale a dire quelli che trasferiscono, costituiscono o modificano i diritti edificatori comunque denominati, previsti da normative statali o regionali, ovvero da strumenti di pianificazione territoriale. L'introduzione, nel codice civile, dei succitati contratti tra gli atti soggetti a trascrizione relativi ai beni immobili è stata operata dal comma 3 dell'articolo 5, del decreto legge 13 maggio 2011, n. 70, con la finalità di garantire certezza nella circolazione dei diritti edificatori e, quindi, dare sostanzialmente copertura legislativa alla perequazione urbanistica. Rammento che, nel sistema fondiario, la trascrizione dell'atto ha efficacia costitutiva e non solo dichiarativa. Con il termine intavolazione ci si riferisce alla materiale iscrizione nel libro fondiario mentre per prenotazione si intende Pag. 28la possibilità di far iscrivere dal giudice tavolare un atto o una sentenza che non ha, al momento, tutti i requisiti per l'intavolazione (bensì solo quelli generali previsti dal nuovo testo della legge generale sui libri fondiari). La prenotazione opera l'acquisto, la modificazione e la estinzione del diritto tavolare soltanto a condizione della sua giustificazione e nei limiti della medesima. La giustificazione è data: da una dichiarazione avente tutti i requisiti per l'intavolazione e proveniente da colui contro il quale è stata conseguita la prenotazione; dalla definitività o esecutività di atti e provvedimenti inerenti il diritto in questione; da una sentenza passata in giudicato che dichiari giustificata la prenotazione. La norma in esame riproduce integralmente il testo dell'Atto Senato 1705. Nella relazione illustrativa del citato A.S. 1705 viene sottolineato che la nuova disciplina civilistica sulla trascrizione dei citati contratti relativi a diritti edificatori rende necessaria la modifica dell'articolo 9 del nuovo testo della legge generale sui libri fondiari (allegato al regio decreto 28 marzo 1929, n. 499, che individua i diritti che possono essere oggetto di intavolazione e prenotazione), al fine di garantire la certezza nella circolazione dei diritti edificatori anche nel sistema tavolare. La questione riguarderebbe in particolare le province di Trento e Bolzano, di Trieste e Gorizia, nonché di alcuni comuni, ove il c.d. «sistema tavolare», derivante dall'ordinamento giuridico austro-ungarico, è ancora oggi vigente intavolazione e prenotazione), al fine di garantire la certezza nella circolazione dei diritti edificatori anche nel sistema tavolare.
  Rileva che l'articolo 40 prevede l'introduzione di nuove misure nel decreto legislativo 152 del 2006 (cd. Codice dell'Ambiente) volte al contrasto del fenomeno dell'abbandono nell'ambiente dei rifiuti di prodotti da fumo e delle gomme da masticare. Nel corso dell'esame al Senato sono state ridefinite le fattispecie dei divieti legati all'abbandono dei rifiuti di prodotti da fumo e delle gomme da masticare attraverso la previsione del divieto di abbandono dei rifiuti di prodotti da fumo e del divieto di abbandono di rifiuti di piccolissime dimensioni in cui sono incluse le gomme da masticare. Nello specifico, il disposto dell'articolo 232-bis del citato decreto, che nel testo approvato dalla Camera prevedeva il divieto di abbandono di mozziconi di prodotti da fumo e gomme da masticare e l'obbligo per i comuni di installare appositi raccoglitori, è stato circoscritto ai soli rifiuti di prodotti da fumo sopprimendo il riferimento alle gomme da masticare. Rispetto al testo approvato dalla Camera è stato inoltre soppresso il riferimento alla decorrenza del divieto a partire dal 1o luglio 2015. Al Senato è stato aggiunto un nuovo articolo 233-ter che prevede il divieto di abbandono di rifiuti di piccolissime dimensioni, quali scontrini, fazzoletti di carta e gomme da masticare nel suolo, nelle acque, nelle caditoie e negli scarichi, al fine di preservare il decoro urbano dei centri abitati e per limitare gli impatti negativi derivanti dalla dispersione incontrollata nell'ambiente. Durante l'esame al Senato, è stato modificato il regime sanzionatorio, previsto con l'aggiunta del comma 1-bis all'articolo 255 del decreto legislativo n. 152 del 2006. In particolare, rimane confermata la sanzione amministrativa da 30 a 150 euro applicata per l'abbandono dei rifiuti di piccole dimensioni, mentre la suddetta sanzione viene aumentata fino al doppio per l'abbandono dei rifiuti di prodotti da fumo.
  Osserva che l'articolo 74 prevede che i beni gravati da uso civico possano essere espropriati solo dopo che sia stato pronunciato il mutamento di destinazione d'uso, salvo il caso in cui l'opera pubblica o di pubblica utilità sia compatibile con l'esercizio dell'uso civico. Al riguardo, rammento che per «usi civici» debbono intendersi i diritti spettanti ad una collettività – ed a ciascuno dei suoi componenti, che può quindi esercitarlo uti singulus – organizzata ed insediata su di un territorio, il cui contenuto consiste nel trarre utilità dalla terra, dai boschi e dalle acque. Il riferimento normativo è costituito dalla Legge 16 giugno 1927, n. 1766 (e dal relativo regolamento di attuazione di cui Pag. 29al R.D. 26 febbraio 1928, n. 332), ed è stato integrato dalla numerose leggi regionali intervenute in materia. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19792 del 28 settembre 2011 ha precisato che i beni gravati da uso civico non sono suscettibili di espropriazione forzata per il particolare regime della sua titolarità e della sua circolazione, che lo assimilano ad un bene appartenente al demanio. Interessante la ricostruzione fornita dalla Corte in tale occasione sulla mutazione che ha conosciuto nel tempo l'istituto quanto alle sue finalità prevalenti: da strumento di sostentamento legato allo sfruttamento della terra, l'uso civico trova la sua principale ragione d'essere attuale «in quanto utile anche – se non soprattutto – alla conservazione del bene ambiente e per di più per ciò stesso non soltanto a favore dei singoli appartenenti alla collettività dei fruitori del bene nel singolo contesto territoriale collegato alle possibilità di concreto utilizzo dell'immobile, ma evidentemente alla generalità dei consociati». La legge 16 giugno 1927, n. 1766, disciplina la destinazione delle terre sulle quali continuino a gravare usi civici, suddividendole in due categorie: a) convenientemente utilizzabili come bosco o come pascolo permanente; in tal caso è prevista l'inalienabilità e l'impossibilità di mutamento di destinazione, salvo autorizzazione del Ministro dell'economia nazionale; b) convenientemente utilizzabili per la coltura agraria, in tal caso è prevista la possibilità della ripartizione e di assegnazione a coltivatori diretti, a titolo di enfiteusi con obbligo delle migliorie e possibilità di affrancazione dei fondi a seguito di accertamento delle stesse, In giurisprudenza è prevalente l'assimilazione del bene gravato da uso civico a quello demaniale, talvolta con semplice avvicinamento del relativo regime (Cass., 12 ottobre 1948, n. 1739; Cass. 12 dicembre 1953, n. 3690), più spesso con una equiparazione tendenzialmente piena (Cass. 8 novembre 1983, n. 6589; Cass. 28 settembre 1977, n. 4120; Cass. 15 giugno 1974, n. 1750). Il regime di circolazione di tali beni prevede rigorose limitazioni: detti beni sono da reputarsi inalienabili ed incommerciabili, insuscettibili di usucapione, di pignoramento e di espropriazione forzata. Soltanto una volta completate le procedure volte a far perdere all'immobile la sua destinazione all'uso civico sorge in favore del possessore (quand'anche abusivo) un diritto soggettivo di natura privatistica: i beni perdono la natura di beni assoggettati a proprietà collettiva ed il diritto di uso civico degrada, secondo l'interpretazione della giurisprudenza, al rango di diritto affievolito (Cass. 8 novembre 1983, n. 6589).
  Fa presente che l'articolo 77, introdotto dal Senato, modificando l'articolo 514 del codice procedura civile, integra il catalogo delle cose mobili che non possono formare oggetto di pignoramento, aggiungendovi gli animali da affezione e da compagnia del debitore. I nuovi numeri 6-bis e 6-ter prevedono, infatti, l'impignorabilità: degli animali di affezione o da compagnia tenuti presso la casa del debitore o negli altri luoghi a lui appartenenti (senza fini produttivi, alimentari o commerciali); degli animali impiegati ai fini terapeutici o di assistenza del debitore, del coniuge, del convivente o dei figli. Ricordo che l'articolo 514 del codice di procedura civile, attualmente, oltre alle cose dichiarate impignorabili da speciali disposizioni di legge, prevede l'assoluta impignorabilità dei seguenti beni mobili: le cose sacre e quelle che servono all'esercizio del culto; l'anello nuziale, i vestiti, la biancheria, i letti, i tavoli per la consumazione dei pasti con le relative sedie, gli armadi guardaroba, i cassettoni, il frigorifero, le stufe ed i fornelli di cucina anche se a gas o elettrici, la lavatrice, gli utensili di casa e di cucina unitamente ad un mobile idoneo a contenerli, in quanto indispensabili al debitore ed alle persone della sua famiglia con lui conviventi; sono tuttavia esclusi i mobili, meno i letti di rilevante valore economico, anche per accertato pregio artistico o di antiquariato; i commestibili e i combustibili necessari per un mese al mantenimento del debitore e delle altre persone indicate nel numero precedente; le armi e gli oggetti che il debitore ha l'obbligo di conservare per l'adempimento Pag. 30di un pubblico servizio; le decorazioni al valore, le lettere, i registri e in genere gli scritti di famiglia, nonché i manoscritti, salvo che formino parte di una collezione.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Ratifica ed esecuzione della Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e la Santa Sede in materia fiscale, fatta a Roma il 1o aprile 2015.
C. 3329 Governo.
(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Michela ROSTAN (PD), relatrice, fa presente che la Commissione è chiamata ad esaminare, nella seduta odierna, il disegno di legge recante la ratifica ed esecuzione della Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e la Santa Sede in materia fiscale (A.C. 3329). Detta Convenzione, come emerge dalla relazione introduttiva al provvedimento, persegue lo scopo di adattare la disciplina dei rapporti finanziari tra l'Italia e la Santa Sede al nuovo quadro internazionale, dettato soprattutto in seno all'OCSE e al G20, che vede il potenziamento degli strumenti contro l'evasione e l'elusione fiscale internazionali. Elementi centrali della Convenzione in esame sono, infatti, l'accresciuta cooperazione tra le rispettive Amministrazioni finanziarie e la restrizione drastica della sfera di discrezionalità di ciascuna delle Parti nel prestare assistenza e informazioni all'altra Parte.
  Prima di procedere all'illustrazione delle disposizioni della presente Convenzione, ritiene opportuno soffermarsi, sinteticamente, sul quadro normativo di riferimento.
  In proposito, rammenta che il 1o aprile 2015 i rappresentanti del Governi italiano e della Santa Sede hanno sottoscritto una convenzione in materia fiscale che recepisce, in linea con il processo in atto verso l'affermazione a livello globale della trasparenza nel campo delle relazioni finanziarie, lo standard internazionale in materia di scambio di informazioni di natura fiscale (ovvero l'articolo 26 del Modello di convenzione dell'Organizzazione per la cooperazione e sviluppo economico (OCSE), con lo scopo di disciplinare la cooperazione amministrativa tra le autorità competenti delle due Parti contraenti. Tale cooperazione ai fini fiscali è resa possibile anche in relazione alle riforme introdotte a partire dal 2010 e alla creazione, presso la Santa Sede, di istituzioni con specifiche competenze in materia economica e finanziaria. Si tratta del primo accordo bilaterale sullo scambio di informazioni sottoscritto dallo Stato della Città del Vaticano con un altro Stato. Esso è stato seguito, in data 10 giugno 2015, dall'Accordo fra la Santa Sede e gli Stati Uniti d'America, per favorire l'osservanza a livello internazionale degli obblighi fiscali e attuare il Foreign Account Tax Compliance Act (FATCA). Il predetto scambio di informazioni riguarda i periodi d'imposta a partire dal 1o gennaio 2009. La Convenzione, a partire dalla data di entrata in vigore, consente il pieno adempimento semplificato degli obblighi fiscali relativi alle attività finanziarie detenute, presso enti che svolgono attività finanziaria nella Santa Sede, da alcune persone fisiche e giuridiche fiscalmente residenti in Italia. Per il passato, i suindicati soggetti possono accedere ad una specifica procedura di regolarizzazione delle stesse attività, con effetti analoghi a quelli stabiliti dalla legge n. 186 del 2014 sulla «voluntary disclosure». Si tratta di una regolarizzazione che interessa, dunque, le attività finanziarie detenute presso enti che svolgono professionalmente un'attività di natura finanziaria nello Stato della Città del Vaticano entro il 31 dicembre 2013, per tutti i periodi d'imposta ancora accertabili alla data di entrata in vigore della Convenzione e, comunque, non oltre il periodo d'imposta 2013.
  Rammenta che i soggetti interessati dalla regolarizzazione sono in primo luogo alcune persone fisiche fiscalmente residenti in Italia ai sensi delle norme nazionali Pag. 31(articolo 2 del Testo unico delle imposte sui Redditi – TUIR, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986), titolari di attività finanziarie detenute presso enti creditizi e bancari aventi sede nello Stato del Vaticano e, in particolare: chierici e membri degli Istituti di Vita Consacrata e delle Società di Vita Apostolica; dignitari, impiegati, salariati, anche non stabili, e pensionati della Santa Sede e degli altri enti ecclesiastici.
  Segnala che possono inoltre accedervi le persone giuridiche fiscalmente residenti in Italia ai sensi del TUIR (articolo 73, comma 3), purché titolari di attività finanziarie detenute presso enti creditizi e bancari aventi sede nello Stato del Vaticano (Istituti di Vita Consacrata, Società di Vita Apostolica ed altri enti con personalità giuridica). La regolarizzazione concerne i redditi di capitale ed i redditi diversi di natura finanziaria. Di conseguenza non si applica ai redditi d'impresa, ai redditi fondiari e ai redditi diversi di natura non finanziaria. Con la regolarizzazione viene garantita l'operatività degli effetti della «voluntary disclosure», cui si fa espresso riferimento nel testo dell'Accordo, in ordine alla non punibilità per alcuni reati tributari (omessa dichiarazione, dichiarazione fraudolenta mediante l'uso di fatture e mediante altri artifici, dichiarazione infedele, omesso versamento IVA e omesso versamento delle ritenute) ed alcuni reati contro il patrimonio (riciclaggio, reimpiego di capitali illeciti e autoriciclaggio; quest'ultimo limitatamente alle condotte tenute sino a 180 giorni successivi all'entrata in vigore della Convenzione). Entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della Convenzione, tuttavia, saranno individuate dall'agenzia delle Entrate le disposizioni attuative. Dalla ratifica discendono modalità semplificate di adempimento degli obblighi fiscali relativi alle attività finanziarie detenute presso enti che svolgono attività finanziaria nella Santa Sede; gli istituti di credito dello Stato Vaticano in sostanza diventano sostituti d'imposta di soggetti italiani, richiedendo l'assistenza ad un intermediario finanziario residente nel territorio dello Stato italiano.
  Relativamente alla procedura di «voluntary disclosure», ricorda che legge n. 186 del 2014 ha introdotto una procedura di collaborazione volontaria del contribuente con l'Amministrazione fiscale per l'emersione e il rientro in Italia di capitali detenuti all'estero. La procedura sostanzialmente trova applicazione anche per quanto riguarda le irregolarità riguardanti attività detenute in Italia. Il medesimo provvedimento ha introdotto il reato di autoriciclaggio. I soggetti che detengono attività e beni all'estero ed hanno omesso di dichiararli potranno sanare la propria posizione nei confronti dell'erario pagando, in un'unica soluzione e senza possibilità di compensazione, l'intera misura delle imposte dovute e le sanzioni (queste ultime in misura ridotta). Per effetto della collaborazione volontaria viene garantita la non punibilità per alcuni reati fiscali relativi agli obblighi dichiarativi ed il pagamento in misura ridotta delle sanzioni tributarie. La procedura non può essere utilizzata se la richiesta di accesso è presentata dopo che l'autore ha avuto conoscenza dell'inizio di attività di accertamento fiscale o di procedimenti penali per violazioni tributarie, ed opera per le violazioni dichiarative commesse sino al 30 settembre 2014, con possibilità di esperire la procedura fino al 30 novembre 2015 (termine così prorogato, rispetto all'originario 30 settembre 2015, dall'articolo 2 del decreto-legge 30 settembre 2015, n. 153).
  Segnala che l'articolo 10, del decreto-legge n.  192 del 2014, comma 12-quaterdecies, novellando l'articolo 5-quater, comma 4, del decreto-legge n. 167 del 1990 (introdotto dalla legge n. 186 del 2014) ha eliminato infatti il raddoppio dei termini per emettere l'atto di contestazione per le violazioni da monitoraggio fiscale nella procedura di voluntary disclosure con riferimento ai Paesi ricompresi nella «black list» che stipulano tempestivamente accordi con l'Italia, volti a consentire un effettivo scambio di informazioni Pag. 32fiscali. Più precisamente, perché non operi il raddoppio dei termini devono verificarsi congiuntamente le seguenti condizioni:
   il paese «black list» presso il quale erano o sono detenuti gli investimenti e le attività estere oggetto della collaborazione volontaria abbia stipulato con l'Italia, entro il 2 marzo 2015, un accordo che consente un effettivo scambio di informazioni conforme all'articolo 26 del modello di convenzione contro le doppie imposizioni elaborato dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), anche con riferimento al periodo tra la data della stipula e quella dell'entrata in vigore dell'accordo (articolo 5-quinquies, comma 7);
   il contribuente che ha attivato la procedura e che vuole mantenere le attività oggetto di collaborazione volontaria nel paese «black list» ove già le deteneva deve rilasciare all'intermediario finanziario estero presso cui le attività erano o sono detenute l'autorizzazione a trasmettere alle Autorità finanziarie italiane richiedenti tutti i dati concernenti le attività oggetto di procedura (c.d. waiver) ed allegare copia di tale autorizzazione, controfirmata dall'intermediario finanziario estero, alla richiesta di collaborazione volontaria (articolo 5-quinquies, comma 4, primo periodo, lettera c)) in relazione ai periodi d'imposta successivi a quello di adesione alla collaborazione volontaria, fino all'effettiva operatività dello scambio di informazioni conforme al predetto articolo 26 (c.d. monitoraggio rafforzato);
   nel caso in cui il contribuente trasferisca, successivamente all'attivazione della procedura, le attività oggetto di collaborazione volontaria presso un altro intermediario localizzato fuori dall'Italia o da gli Stati membri dell'Unione europea o aderenti all'Accordo sullo Spazio economico europeo, deve rilasciare all'intermediario finanziario estero presso cui le attività sono trasferite l'autorizzazione a trasmettere alle Autorità finanziarie italiane richiedenti tutti i dati concernenti le attività oggetto della procedura a partire dal periodo d'imposta nel corso del quale avviene il trasferimento (articolo 5-quinquies, comma 5).

  In proposito, segnala che la Convenzione in esame non è stata stipulata in applicazione della legge italiana sulla voluntary disclosure. Lo Stato del Vaticano, infatti, non è incluso in alcuna «black list», a differenza di Svizzera, Liechtenstein e Principato di Monaco, le cui Convenzioni sono all'esame del Parlamento per la ratifica (rispettivamente A.A.C.C. 3331, 3332 e 3330).
  Nel passare all'esame dei profili di competenza della Commissione II, segnala che l'articolo 1 è dedicato allo scambio di informazioni: la formulazione è strettamente aderente agli standard internazionali dettati dall'OCSE con il Modello di convenzione fiscale sul reddito e sul patrimonio, e in particolare all'articolo 26 di detto Modello. Al fine di estendere le sfere di cooperazione reciproca, il comma 5 dell'articolo 1 prevede, tra l'altro, il superamento del segreto bancario, conformemente all'obiettivo prioritario della lotta all'evasione, nonché agli standard dell'OCSE in materia.
  L'articolo 3 riguarda le disposizioni relative a periodi fiscali pregressi: ancora una volta grazie alla relazione introduttiva al disegno di legge è possibile comprendere la ratio della norma, piuttosto complessa. Viene in sostanza stabilito un meccanismo di regolarizzazione nei confronti dei soggetti interessati dalla Convenzione in esame, in relazione a tutti gli anni d'imposta ancora accertabili fino a tutto il 2013. Per le persone fisiche la regolarizzazione è subordinata alla presentazione di una dichiarazione penalmente rilevante trasmessa all'Agenzia delle entrate, nella quale la persona interessata attesta la natura delle somme che hanno concorso alla formazione delle attività da regolarizzare. Assai più rilevante appare quanto previsto per le persone giuridiche interessate dalla Convenzione, per le quali la relazione al disegno di legge ricorda come prima di alcune riforme di carattere finanziario Pag. 33interne allo Stato della Città del Vaticano completate nel 2014 fosse assai arduo distinguere tra il patrimonio di dette persone giuridiche e quello degli enti esercenti attività finanziarie in Vaticano presso il quale tale patrimonio era depositato; né risultava agevole distinguere nel patrimonio degli istituti religiosi depositato presso quegli enti le risorse provenienti dall'estero e/o all'estero destinate. In ogni caso, la regolarizzazione delle posizioni fiscali tanto delle persone fisiche quanto di quelle giuridiche (comma 5 dell'articolo 3) è ammessa solo se l'istanza apposita sia stata ricevuta dall'autorità italiana prima dell'inizio di qualunque attività di accertamento tributario o di procedimenti penali per reati tributari da parte della medesima autorità.
  Ciò premesso, propone di esprimere sul provvedimento in discussione parere favorevole.

  Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere favorevole della relatrice.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Principato di Monaco sullo scambio di informazioni in materia fiscale, con Protocollo, fatto a Monaco il 2 marzo 2015.
C. 3330 Governo.
(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Giuditta PINI (PD), relatrice, rammenta che la Commissione è chiamata ad esaminare, nella seduta odierna, il disegno di legge recante la ratifica ed esecuzione della Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Principato di Monaco in materia fiscale (A.C. 3330).
  Al riguardo, ricorda che il 2 marzo 2015 è stato sottoscritto dalle autorità fiscali di Italia e del Principato di Monaco un Accordo concernente lo scambio di informazioni fiscali; esso si basa sugli standard dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) ed è conforme al Modello di Tax information exchange agreement (TIEA) e consente lo scambio di informazioni su richiesta. Lo Stato a cui sono richieste le informazioni non può rifiutarsi di fornire allo Stato richiedente la collaborazione amministrativa per mancanza di interesse ai propri fini fiscali, né opporre il segreto bancario. All'accordo si accompagna un Protocollo, che costituisce parte integrante dell'Accordo, il quale prevede l'effettuazione di richieste di gruppo (group requests); in tal modo si conseguono, in materia di scambio di informazioni, effetti equivalenti a quelli dell'articolo 26 del Modello dell'OCSE, Tax convention on income and on capital, e al relativo Commentario. Il predetto Protocollo consente di presentare richieste in relazione a categorie di comportamenti che fanno presumere l'intenzione dei contribuenti di nascondere al fisco italiano patrimoni e/o attività detenute irregolarmente nel Principato di Monaco. L'Accordo ha un effetto positivo sull'esito della «voluntary disclosure» (disciplinata dalla legge 15 dicembre 2014, n. 186 e ora oggetto di modifica ad opera del decreto-legge n. 153 del 2015), in quanto allarga la platea dei potenziali aderenti alla regolarizzazione dei capitali. In sostanza, per effetto della sottoscrizione tempestiva dell'accordo rispetto alla tempistica prevista dalla «voluntary disclosure», il Principato di Monaco, impegnandosi allo scambio di informazioni, viene equiparato ad un Paese non «black list». Pertanto, i contribuenti che intendono aderire alla regolarizzazione non subiscono il raddoppio dei termini di accertamento e il conseguente peggioramento del trattamento sanzionatorio previsto, invece, per chi regolarizza capitali da paesi ricompresi nella «lista nera».
  Nel passare all'esame dei contenuti del provvedimento, segnala che l'articolo 1 è dedicato all'oggetto dell'Accordo: è previsto che le autorità competenti delle Parti contraenti si prestino assistenza scambiandosi informazioni verosimilmente rilevanti Pag. 34per l'applicazione delle rispettive normative interne, in relazione alle imposte oggetto dell'Accordo in esame. Le informazioni si riferiscono alla determinazione, all'accertamento e alla riscossione di dette imposte, nonché al recupero dei crediti fiscali con relative misure di esecuzione, ovvero a indagini e procedimenti per reati tributari. È stabilito che i diritti e le garanzie assicurate alle persone dall'ordinamento della Parte interpellata restano applicabili, ma solo qualora essi non impediscano o posticipino indebitamente l'effettivo scambio di informazioni. D'altronde, una Parte interpellata non è obbligata a fornire informazioni che non siano in possesso delle propria autorità o di persone entro la sua giurisdizione territoriale (articolo 2).
  L'articolo 3, al comma 1, enumera le imposte considerate nell'Accordo in esame, tanto per la Parte italiana quanto per il Principato di Monaco. Il comma 2 prevede l'applicazione dell'Accordo anche ad ogni imposta di identica natura, comprese le imposte locali, che venga istituita dopo la data della firma dell'Accordo; nonché ad ogni imposta di natura sostanzialmente analoga, ma in questo caso solo su intesa delle competenti autorità delle due Parti – le quali peraltro si notificheranno ogni modifica sostanziale apportata alle disposizioni in materia fiscale e sulla raccolta delle informazioni previste nell'Accordo in esame.
  L'articolo 5 riguarda lo scambio di informazioni su richiesta. Tale articolo, al comma 1, prevede che la Parte interpellata fornisca le informazioni richieste indipendentemente dal fatto che il comportamento cui sono collegate costituisca un reato ai sensi della propria legislazione, mentre il comma 3 contempla anche la possibilità che la Parte interpellata fornisca le informazioni sotto forma di deposizioni testimoniali e di copie autenticate di documenti originali, laddove ciò sia consentito dal proprio diritto interno. Assai rilevante, a suo giudizio, è quanto previsto dal comma 4, in base al quale ciascuna Parte contraente assicura che le proprie autorità competenti abbiano l'effettivo potere di ottenere informazioni in possesso di banche, istituti finanziari o di qualsiasi persona che operi in qualità di agente, fiduciario o intestatario; nonché informazioni sulla proprietà nominale e sulla proprietà effettiva di società di capitali, società di persone, fondazioni, trust. Peraltro l'Accordo in esame non crea alcun obbligo per le Parti di fornire assolutamente informazioni sulla proprietà che si riferiscono a società quotate in Borsa o a fondi comuni di investimento pubblici. Infine, i commi 5 e 6 riguardano le modalità della cooperazione tra le competenti autorità delle due Parti per la richiesta di informazioni fiscali e l'inoltro delle stesse.
  L'articolo 6 riguarda le indagini fiscali all'estero, e prevede le modalità secondo le quali rappresentanti delle autorità competenti di una Parte contraente possano interrogare persone ed esaminare documenti nel territorio dell'altra Parte, previo consenso scritto delle persone interessate, ovvero partecipare a verifiche fiscali nel territorio dell'altra Parte contraente.
  L'articolo 7 concerne i casi in cui sia possibile rifiutare una richiesta di informazioni fiscali in base all'Accordo in esame, nonché le relative eccezioni: è stabilito anzitutto che la Parte interpellata non ha l'obbligo di ottenere o fornire informazioni che la Parte richiedente non potrebbe ottenere in base alla propria legislazione fiscale (comma 1). Inoltre una Parte contraente non è obbligata a fornire informazioni suscettibili di rivelare un segreto commerciale, industriale o professionale – tra questi tuttavia non figurano le informazioni di cui al precedente articolo 5, comma 4, relative a banche e istituti finanziari (comma 2). Inoltre, l'Accordo in esame non impone ad una Parte contraente di ottenere o fornire informazioni su comunicazioni riservate tra un cliente e un legale procuratore o avvocato, qualora tali comunicazioni siano relative alla prestazione di consulenza legale o all'utilizzazione in procedimenti giudiziari esistenti o previsti (comma 3). La Parte interpellata può altresì rifiutare una richiesta di informazioni se la loro divulgazione Pag. 35sia contraria all'ordine pubblico, ma non qualora la pretesa fiscale da cui si origina la richiesta di informazioni sia oggetto di controversia (commi 4 e 5). Infine, la Parte interpellata può rifiutare di adempiere ad una richiesta di informazioni se queste siano collegate a una disposizione della legislazione fiscale della Parte richiedente che comporti una discriminazione ai danni di un cittadino della Parte interpellata (comma 6).
  L'articolo 8 prevede che le informazioni ricevute nell'ambito della collaborazione bilaterale da uno Stato contraente siano comunicate soltanto alle persone o autorità – e tra queste i tribunali e le autorità amministrative – occupate nell'accertamento e nella riscossione delle imposte, ovvero nelle procedure e procedimenti riguardanti tali imposte, o ancora nelle decisioni sui ricorsi per esse presentati e nel controllo delle precedenti attività correlate. Il vincolo per coloro che ricevono le informazioni è quello ad utilizzarle solo per le proprie ragioni d'ufficio, anche se potranno rivelarle in ambito giudiziario. L'utilizzazione ad altri fini delle informazioni ricevute è subordinata al consenso scritto dell'autorità competente della Parte che le ha rilasciate.
  Ciò premesso, propone di esprimere sul provvedimento in discussione parere favorevole.

  Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta della relatrice.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Principato del Liechtenstein sullo scambio di informazioni in materia fiscale, con Protocollo e Protocollo Aggiuntivo, fatto a Roma il 26 febbraio 2015.
C. 3332 Governo.
(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Giuditta PINI (PD), relatrice, fa presente che la Commissione è chiamata ad esaminare, nella seduta odierna, il disegno di legge recante la ratifica ed esecuzione della Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Principato del Liechtenstein in materia fiscale (A.C. 3332).
  Al riguardo, rammenta che il 26 febbraio 2015 è stato sottoscritto dalle autorità fiscali del nostro Paese e del Principato del Liechtenstein un Accordo concernente lo scambio di informazioni fiscali; esso pone fine al segreto bancario nel Principato.
  L'Accordo è basato sul modello OCSE di Tax Information Exchange Agreement (TIEA) e consente lo scambio di informazioni su richiesta relativamente a tutte le imposte. Lo Stato a cui sono richieste le informazioni non può rifiutarsi di fornire allo Stato richiedente la collaborazione amministrativa per mancanza di interesse ai propri fini fiscali, né opporre il segreto bancario.
  Il Protocollo aggiuntivo, che disciplina le richieste di gruppo, consente di presentare richieste in relazione a categorie di comportamenti che fanno presumere l'intenzione dei contribuenti di nascondere al fisco italiano patrimoni/attività detenute irregolarmente nel Liechtenstein.
  L'Accordo ha un effetto positivo sull'esito della «voluntary disclosure» (disciplinata dalla legge 15 dicembre 2014, n. 186 e ora oggetto di modifica ad opera del decreto-legge n. 153 del 2015), in quanto allarga la platea dei potenziali aderenti alla regolarizzazione dei capitali. In sostanza, per effetto della sottoscrizione tempestiva dell'accordo rispetto alla tempistica prevista dalla «voluntary disclosure», il Principato di Liechtenstein, impegnandosi allo scambio di informazioni, viene equiparato ad un Paese non «black list». Pertanto, i contribuenti che intendono aderire alla regolarizzazione non subiscono il raddoppio dei termini di accertamento e il conseguente peggioramento del trattamento sanzionatorio previsto, invece, per chi regolarizza capitali da Paesi ricompresi nella «lista nera».
  Nel passare all'esame dei contenuti del predetto Accordo, segnala che l'articolo 1 Pag. 36è dedicato all'oggetto dell'Accordo: è previsto che le autorità competenti delle Parti contraenti si prestino assistenza scambiandosi informazioni verosimilmente rilevanti per l'applicazione delle rispettive normative interne, in relazione alle imposte oggetto dell'Accordo in esame. Le informazioni si riferiscono alla determinazione, all'accertamento e alla riscossione di dette imposte, nonché al recupero dei crediti fiscali con relative misure di esecuzione, ovvero a indagini e procedimenti per reati tributari. È stabilito che i diritti e le garanzie assicurate alle persone dall'ordinamento della Parte interpellata restano applicabili, ma solo qualora essi non impediscano o posticipino indebitamente l'effettivo scambio di informazioni. D'altronde, una Parte interpellata non è obbligata a fornire informazioni che non siano in possesso delle propria autorità o di persone entro la sua giurisdizione territoriale (articolo 2).
  L'articolo 3, al comma 1, enumera le imposte considerate nell'Accordo in esame, tanto per la Parte italiana quanto per il Principato del Liechtenstein. Il comma 2 prevede l'applicazione dell'Accordo anche ad ogni imposta di identica natura, comprese le imposte locali, che venga istituita dopo la data della firma dell'Accordo; nonché ad ogni imposta di natura sostanzialmente analoga, ma in questo caso solo su intesa delle competenti autorità delle due Parti – le quali peraltro si notificheranno ogni modifica sostanziale apportata alle disposizioni in materia fiscale e sulla raccolta delle informazioni previste nell'Accordo in esame.
  L'articolo 5 è, a suo avviso, assai importante, riguardando proprio lo scambio di informazioni su richiesta. In particolare, il comma 1 prevede che la Parte interpellata fornisca le informazioni richieste indipendentemente dal fatto che il comportamento cui sono collegate costituisca un reato ai sensi della propria legislazione, mentre il comma 3 contempla anche la possibilità che la Parte interpellata fornisca le informazioni sotto forma di deposizioni testimoniali e di copie autenticate di documenti originali, laddove ciò sia consentito dal proprio diritto interno.
  Segnala, in particolare, quanto previsto dal comma 4, in base al quale ciascuna Parte contraente assicura che le proprie autorità competenti abbiano l'effettivo potere di ottenere informazioni in possesso di banche, istituti finanziari o di qualsiasi persona che operi in qualità di agente, fiduciario o intestatario; nonché informazioni sulla proprietà nominale e sulla proprietà effettiva di società di capitali, società di persone, fondazioni, trust. Peraltro l'Accordo in esame non crea alcun obbligo per le Parti di fornire assolutamente informazioni sulla proprietà riferentisi a società quotate in Borsa o a fondi comuni di investimento pubblici. Infine, i commi 5 e 6 riguardano le modalità della cooperazione tra le competenti autorità delle due Parti per la richiesta di informazioni fiscali e l'inoltro delle stesse.
  L'articolo 6 riguarda le indagini fiscali all'estero, e prevede le modalità secondo le quali rappresentanti delle autorità competenti di una Parte contraente possano interrogare persone ed esaminare documenti nel territorio dell'altra Parte – previo consenso scritto delle persone interessate –, ovvero partecipare a verifiche fiscali nel territorio dell'altra Parte contraente.
  L'articolo 7 concerne i casi in cui sia possibile rifiutare una richiesta di informazioni fiscali in base all'Accordo in esame, nonché le relative eccezioni: è stabilito che la Parte interpellata non ha l'obbligo di ottenere o fornire informazioni che la Parte richiedente non potrebbe ottenere in base alla propria legislazione fiscale (comma 4). Inoltre (comma 2, lettera a) una Parte contraente non è obbligata a fornire informazioni suscettibili di rivelare un segreto commerciale, industriale o professionale – tra questi tuttavia non figurano le informazioni di cui al precedente articolo 5, comma 4, relative a banche e istituti finanziari, né l'Accordo in esame impone ad una Parte contraente di ottenere o fornire informazioni su comunicazioni riservate tra un cliente e un Pag. 37legale procuratore o avvocato, qualora tali comunicazioni siano relative alla prestazione di consulenza legale o all'utilizzazione in procedimenti giudiziari esistenti o previsti. L'Accordo in esame non impone, altresì, ad una Parte di adottare provvedimenti amministrativi in deroga al proprio ordinamento (comma 2, lettera b), fatti salvi tuttavia gli obblighi di informazione di cui al citato articolo 5, comma 4. La Parte interpellata può altresì rifiutare una richiesta di informazioni se la loro divulgazione sia contraria all'ordine pubblico (comma 1, lettera b), ma non qualora la pretesa fiscale da cui si origina la richiesta di informazioni sia oggetto di controversia (comma 3). Infine, la Parte interpellata può rifiutare di adempiere ad una richiesta di informazioni se queste siano collegate a una disposizione della legislazione fiscale della Parte richiedente che comporti una discriminazione ai danni di un cittadino della Parte interpellata (comma 5).
  L'articolo 8 prevede che le informazioni ricevute nell'ambito della collaborazione bilaterale da uno Stato contraente siano comunicate soltanto alle persone o autorità – e tra queste i tribunali e le autorità amministrative – occupate nell'accertamento e nella riscossione delle imposte, ovvero nelle procedure e procedimenti riguardanti tali imposte, o ancora nelle decisioni sui ricorsi per esse presentati e nel controllo delle precedenti attività correlate. Il vincolo per coloro che ricevono le informazioni è quello ad utilizzarle solo per le proprie ragioni d'ufficio, anche se potranno rivelarle in ambito giudiziario. L'utilizzazione ad altri fini delle informazioni ricevute è subordinata al consenso scritto dell'autorità competente della Parte che le ha rilasciate, così come la comunicazione ad altri Stati non partecipanti all'Accordo in esame. Infine, i dati personali potranno essere trasmessi solo per quanto necessario all'applicazione dell'Accordo, e fatte salve le disposizioni di legge della Parte interpellata.
  Ciò premesso, propone di esprimere sul provvedimento in discussione parere favorevole.

  Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta della relatrice.

  La seduta termina alle 14.10.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 14.10 alle 14.15.

AVVERTENZA

  Il seguente punto all'ordine del giorno non è stato trattato:

SEDE REFERENTE

Disposizioni in materia di esercizio abusivo di una professione e di obblighi professionali.
C. 2281, approvata dal Senato.