CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 18 novembre 2015
543.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (II e III)
COMUNICATO
Pag. 5

SEDE REFERENTE

  Mercoledì 18 novembre 2015. — Presidenza del presidente della III Commissione, Fabrizio CICCHITTO. — Interviene il viceministro della giustizia, Enrico Costa.

  La seduta comincia alle 9.05.

Ratifica ed esecuzione del Protocollo addizionale alla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla criminalità informatica, riguardante la criminalizzazione degli atti di razzismo e xenofobia commessi a mezzo di sistemi informatici, fatto a Strasburgo il 28 gennaio 2003.
C. 3084 Governo.
(Esame e rinvio)

  Le Commissioni iniziano l'esame del provvedimento.

  Michele NICOLETTI (PD), relatore per la III Commissione, illustrando il provvedimento evidenzia che il Protocollo contempla ad oggi ventiquattro Stati parte e ulteriori quattordici firmatari, tra cui il nostro Paese, che non hanno ancora provveduto alla ratifica. Ricorda altresì che il Protocollo è tuttavia entrato in vigore il 1o marzo 2006 avendo conseguito il numero di ratifiche necessarie a tal fine.
  Osserva quindi che la finalità precipua del Protocollo consiste nell'estensione della portata della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla cyber-criminalità, ratificata dal nostro Paese con legge n. 48 del 2008, al fine di includere i reati legati alla propaganda a sfondo razzistico e xenofobo, consentendo in tal modo alle Parti di poter utilizzare gli strumenti della cooperazione internazionale stabiliti nella Convenzione anche per il contrasto a detti reati.Pag. 6
  Rileva che la presentazione del disegno di legge da parte del Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale rappresenta un significativo adempimento del Governo italiano non soltanto di un obbligo assunto in sede internazionale, ma anche di un impegno nei confronti del Parlamento, derivante da una risoluzione approvata dalla III Commissione nella scorsa legislatura (presentata dall'allora vicepresidente e presidente del Comitato d'indagine sull'antisemitismo, Fiamma Nirenstein) e, per quanto concerne la presente legislatura, da una mozione presentata dall'onorevole Mogherini per combattere i reati commessi online e per una maggior sicurezza nella trasmissione dei dati personali.
  Osserva ancora che il Protocollo consolida un quadro normativo internazionale teso a salvaguardare il giusto equilibrio tra sicurezza, tutela della riservatezza dei dati personali e i diritti e le libertà fondamentali, la cui limitazione può essere richiesta per esigenze, concernenti la protezione della sicurezza nazionale, l'ordine pubblico, la salute e così via, secondo quanto sancisce il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici del 1966 e la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali del 1950. Conformemente al diritto umanitario internazionale e alla nostra Costituzione, tali limitazioni possono avere luogo solo se previste dalla legge, se in conformità ad impegni assunti in sede internazionale e se riferite ad obiettivi specifici. Si tratta di requisiti che appaiono del tutto verificati nella circostanza attuale.
  Ricorda, inoltre, che in sede europea è stata assunta una strategia per la lotta al crimine informatico per il periodo 2013-2017, che individua, tra le priorità europee, quella della lotta alla pedopornografia online, le frodi nei pagamenti con carta di credito e la protezione dei sistemi informatici e delle infrastrutture critiche. In tale contesto è stata adottata la direttiva 2013/40/UE relativa agli attacchi contro i sistemi di informazione e nel gennaio del 2013 è stato inaugurato il Cyber Crime Centre, con sede all'Aja presso EUPOL, per fornire sostegno agli Stati membri e alle istituzioni dell'UE nel rafforzamento delle capacità operative e di analisi nel settore del contrasto degli attacchi informatici.
  Pone in evidenza che un altro versante di rilevante applicazione del Protocollo concerne il cosiddetto hate speech, cioè il fenomeno dell'incitamento all'odio attraverso la rete. Si tratta di una questione in cui il nostro Paese è capofila con particolare riferimento al sostegno delle iniziative assunte in sede di Consiglio d'Europa e su cui la Presidenza della Camera nel 2013 ha indetto un'iniziativa mirata al fenomeno dell'istigazione all'odio e del bullismo online nelle comunità virtuali giovanili.
  Dopo aver premesso ciò, passa ad illustrare il precipuo contenuto del Protocollo addizionale, evidenziando che esso è strutturato in 16 articoli, preceduti da un ampio preambolo, e rilevando che dopo un articolo 1 che definisce nei termini già richiamati lo scopo del Protocollo addizionale, l'articolo 2 riporta alcune definizioni dei termini essenziali e gli articoli da 3 a 7 riguardano l'incriminazione di specifiche condotte: la diffusione di materiale razzista e xenofobo per il tramite dei sistemi informatici, le minacce con motivazioni razziste e xenofobe; l'insulto con motivazione razzista e xenofoba; la negazione, la palese minimizzazione, l'approvazione o la giustificazione del genocidio o dei crimini contro l'umanità, aiuto e complicità. In particolare, si prevede che ciascuna delle Parti procede nel proprio diritto interno alla criminalizzazione della diffusione per via informatica – se commessa intenzionalmente e senza autorizzazione – di materiali che neghino, minimizzino palesemente, approvino o giustifichino atti inquadrabili nelle fattispecie di genocidio o di crimine contro l'umanità in base al diritto internazionale, e in particolare riconosciuti come tali dalla giurisprudenza del Tribunale militare internazionale istituito con l'accordo di Londra dell'8 agosto 1945, ovvero di ogni altra Corte internazionale della quale la Parte interessata riconosca la giurisdizione.Pag. 7
  Osserva, poi, che gli articoli da 8 a 16 riguardano le relazioni tra la Convenzione sulla criminalità informatica e il Protocollo opzionale, nonché le disposizioni finali sulla manifestazione del consenso a essere vincolati dal Protocollo, l'entrata in vigore, l'adesione, le riserve e le dichiarazioni, l'applicazione territoriale, la denuncia e la notifica.
  Passando alla trattazione dei contenuti del disegno di legge di autorizzazione alla ratifica, rileva che esso si compone di quattro articoli: l'articolo 1 e l'articolo 2 contengono come di consueto, rispettivamente, la clausola di autorizzazione alla ratifica e l'ordine di esecuzione del Protocollo addizionale, mentre l'articolo 4 prevede l'entrata in vigore della legge di autorizzazione alla ratifica il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
  Ricorda infine che l'articolo 3 sarà oggetto di approfondimento da parte del collega Verini riguardando norme di adeguamento interno finalizzate ad integrare la disciplina nazionale volta alla repressione della discriminazione razziale e della xenofobia in tutte le sue manifestazioni e che da tale illustrazione potranno eventualmente emergere le connessioni con la recente normativa licenziata dal Parlamento in tema di negazionismo.
  Conclusivamente, nel ricordare l'importanza di tutti i predetti strumenti, a livello internazionale, per contrastare tutti i fenomeni, compreso il terrorismo, che si alimentano anche, a livello ideologico, di componenti ideologiche, di razzismo, di xenofobia, di negazione dei genocidi e dei crimini contro l'umanità, auspica una rapida approvazione del provvedimento in titolo.

  Walter VERINI (PD), relatore per la II Commissione, rileva che le Commissioni riunite si trovano ad iniziare oggi l'esame di un provvedimento che, a pochi giorni di distanza dall'orrore di Parigi, segna una tristissima coincidenza.
  Osserva, infatti, che oggi ci troviamo a dover fare i conti con la necessità drammatica dopo gli eventi di Parigi di conciliare all'interno delle caratteristiche del tutto peculiari dello spazio cibernetico le interazioni delle attività telematiche con la sfera privata dei cittadini, diventando quanto mai necessario ricercare il giusto equilibrio tra sicurezza, tutela della riservatezza dei dati personali e tutti gli altri diritti e libertà fondamentali (in primo luogo la libertà di espressione attraverso i mezzi telematici). In un contesto giuridico internazionale caratterizzato da strumenti negoziali che mettono al centro la tutela dei diritti della persona umana e di cui l'Italia è parte, le limitazioni dei suddetti diritti e principalmente del diritto alla riservatezza devono sempre essere giustificate da esigenze superiori quali la protezione della sicurezza nazionale, l'ordine pubblico, la salute.
  Rammenta che, già nel 2012, la sezione «Drugs and Crime» dell'ONU spiegava in un rapporto intitolato «l'uso di internet per fini terroristici» come i gruppi terroristici negli ultimi anni abbiano fatto un uso sistemico della Rete per reclutare nuovi seguaci, trovare finanziamenti, raccogliere e diffondere informazioni e cercavano di mettere in allarme gli Stati membri sulla necessità di un livello di sicurezza informatica nettamente superiore a quello utilizzato fino ad oggi. È noto, purtroppo, che proprio i social network sono una vera e propria fucina di nuove celle terroristiche. Così come l'uso della rete è aumentato negli ultimi anni tra i normali cittadini, allo stesso modo anche le organizzazioni terroristiche fanno largo uso di questa rete globale. Un sistema che, ovviamente, non ha più alcun confine nazionale e aumenta così il suo impatto sulle potenziali vittime. Una situazione che necessita di una collaborazione maggiore tra le varie nazioni, tra gli organi di polizia e tra le normative in materia, a volte in contraddizione tra loro. E ancora, proprio nel luglio scorso, un rapporto dell'Osservatorio delle fatwa takfiriste e delle opinioni estremiste, che fa parte della Dar al-Ifta egiziana, l'istituzione ufficiale che si occupa di promulgare sentenze religiose ha reso noto che «l'80 per cento delle persone che hanno raggiunto Pag. 8l'organizzazione dello Stato islamico (IS) sono state reclutate attraverso i social media». Rammenta altresì che, stando al rapporto, «i siti web ascrivibili a queste organizzazioni sono saliti da 12 nel 1997 a 150 mila nel 2015». Un fenomeno «in crescita» quello del «terrorismo elettronico» che rappresenta «la causa principale della diffusione della violenza e dell'estremismo».
  Richiama l'attenzione sul fatto che il rapporto «Il ruolo dei fora elettronici e dei social media nel reclutamento dei terroristi: loro pericolosità e le vie per eliminarli» spiega che gli estremisti fanno ampio ricorso a questi mezzi poiché «costano poco», oltre a permettere «un enorme flusso di notizie e il reclutamento a basso costo». I social media sono usati anche per «facilitare il trasferimento di denaro tra i membri e ricevere le donazioni», così come per «ingigantire gli effetti degli attacchi terroristici diffondendo rapporti che suscitano il terrore tra la gente e far perdere loro la fiducia nei proprio governi». L'Osservatorio fa quindi appello a «creare un ente nazionale che si occupi di lotta al terrorismo via web e che sia dotato di ampi poteri per perseguire questi siti e chi vi è legato», contrastando inoltre la loro azione con «altri siti che diffondano l'ideologia ortodossa».
   Osserva, pertanto, che le Commissioni riunite sono chiamate a trattare la Ratifica ed esecuzione del Protocollo addizionale alla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla criminalità informatica, riguardante la criminalizzazione degli atti di razzismo e xenofobia commessi a mezzo di sistemi informatici, fatto a Strasburgo il 28 gennaio 2003. Il Protocollo addizionale è stato aperto alla firma il 28 gennaio 2003. L'Italia lo ha firmato il gennaio 2011, ma non ancora ratificato. Questo strumento determina un'estensione della portata della Convenzione sulla criminalità informatica (detta anche Convenzione sulla cyber-criminalità), comprese le sue disposizioni di cooperazione procedurali e internazionali, per includervi i reati legati alla propaganda a sfondo razzistico o xenofobo. In tale modo, oltre ad armonizzare gli elementi giuridici reali di tali atti, esso intende fornire alle Parti la possibilità di utilizzare i mezzi e le vie della cooperazione internazionale stabiliti nella Convenzione in questo campo.
  Rammenta a sua volta come ancora nel 2010, la III Commissione della Camera dei deputati ha discusso e approvato la risoluzione presentata dall'onorevole Nirenstein, la quale impegnava il Governo a siglare il Protocollo addizionale in oggetto «in quanto strumento necessario per potenziare il coordinamento internazionale e adottare procedure più spedite per il contrasto di reati a sfondo xenofobo e razzista sui mezzi informatici». Ancora, l'allora onorevole Mogherini e oggi Alto Rappresentante della Politica estera europea, aveva presentato una mozione relativa alla maggiore cooperazione per combattere i reati commessi on line e la maggiore sicurezza nella trasmissione dei dati personali. La mozione, tra i punti dispositivi, includeva infatti anche l'impegno del Governo «ad assumere le iniziative di competenza per ratificare il Protocollo addizionale alla Convenzione sulla criminalità informatica, relativo all'incriminazione di atti di natura razzista e xenofoba commessi attraverso le reti informatiche (Convenzione sul cybercrime).
  Nel ribadire che il mutato drammatico scenario internazionale ci pone di fronte alla necessità di ricercare il giusto equilibrio tra sicurezza, tutela della riservatezza dei dati personali e tutti gli altri diritti e libertà fondamentali e che tutto ciò comporta, inevitabilmente, delle limitazioni delle libertà personali, limitazioni che però devono essere: previste dalla legge (di qui la necessità di adottare una normativa interna in materia); conformi agli obblighi derivanti dai menzionati accordi internazionali, di cui l'Italia è parte; riferite a un obiettivo specifico e strettamente proporzionati ad esso.
  Nell'ambito di tale quadro entro il quale ricomprendere le norme volte a coniugare tutela, sicurezza e rispetto della privacy e delle libertà individuali, si deve menzionare quanto recentemente fatto proprio dalla Camera dei deputati nell'ambito Pag. 9del fenomeno dell'incitamento all'odio al quale l'Italia, in qualsiasi forma, si oppone fermamente. Ricorda, infatti, che solo il 14 ottobre scorso la Camera ha approvato il disegno di legge, ora al vaglio del Senato, in materia di contrasto e repressione dei crimini di genocidio, crimini contro l'umanità e crimini di guerra, come definiti dagli articoli 6, 7 e 8 dello Statuto della Corte penale internazionale.
  Ricorda, altresì, che ancora il 31 marzo scorso, la Camera ha approvato il disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 18 febbraio 2015, n. 7, recante misure urgenti per il contrasto del terrorismo, anche di matrice internazionale, che rappresenta la trasposizione sul piano nazionale di quanto deciso in termini unanimi al più alto livello multilaterale e regionale, ed in tale ottica, di adeguamento del nostro ordinamento interno al diritto internazionale ed europeo. Ed il decreto approvato forniva già al nostro sistema una serie di dispositivi preventivi, di protezione, di azione giudiziaria e risposta integrata e coordinata che costituiscono proprio quell'approccio globale di cui abbiamo bisogno. Già quel decreto prevedeva misure specifiche per quanto riguarda il controllo della rete da parte della polizia postale per intervenire e oscurare, se necessario, siti internet utilizzati con finalità di terrorismo.
  Osserva che è necessario dotarsi di tutti gli strumenti necessari per prevenire e contrastare il terrorismo in ogni sua possibile forma, reale o virtuale che sia, sottolineando, tuttavia, che con tali norme non si vuole criminalizzare il web o i social network, ma si tenta di evitare che diventi vettore di propaganda del terrore e quindi di morte. Richiama l'attenzione sul fatto che è molto più difficile prevenire l'azione di un «lupo solitario» che si auto-addestra sul web nel chiuso di una stanza.
  Ciò premesso, nel soffermarsi sui profili di stretta competenza della Commissione giustizia, segnala che il Protocollo prevede che gli Stati parte definiscano come reato la diffusione o altre forme di messa a disposizione del pubblico per il tramite di un sistema informatico: di materiale razzista e xenofobico (articolo 3); di materiale che neghi, minimizzi in modo palese, approvi o giustifichi degli atti che costituiscano la fattispecie di genocidio o crimine contro l'umanità, come definiti dal diritto internazionale e riconosciuti come tali da una decisione definitiva del Tribunale militare internazionale o ogni altra corte internazionale (articolo 6). Come evidenziato nella relazione illustrativa al disegno di legge, il Protocollo presenta elementi di contatto con la disciplina della decisione quadro 2008/913/GAI, volta a fornire una impostazione penale comune degli Stati membri nel contrasto ai fenomeni di razzismo e xenofobia. I reati cui fa riferimento la decisione quadro sono, infatti (articolo 1):
   a) l'istigazione pubblica alla violenza o all'odio nei confronti di un gruppo di persone, o di un suo membro, definito in riferimento alla razza, al colore, alla religione, all'ascendenza o all'origine nazionale o etnica;
   b) la perpetrazione di uno degli atti di cui alla lettera a) mediante la diffusione e la distribuzione pubblica di scritti, immagini o altro materiale;
   c) l'apologia, la negazione o la minimizzazione grossolana dei crimini di genocidio, dei crimini contro l'umanità e dei crimini di guerra, quali definiti agli articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale internazionale, dirette pubblicamente contro un gruppo di persone, o un membro di tale gruppo, definito in riferimento alla razza, al colore, alla religione, all'ascendenza o all'origine nazionale o etnica, quando i comportamenti siano posti in essere in modo atto a istigare alla violenza o all'odio nei confronti di tale gruppo o di un suo membro;
   d) l'apologia, la negazione o la minimizzazione grossolana dei crimini definiti all'articolo 6 dello statuto del Tribunale militare internazionale, allegato all'accordo di Londra dell'8 agosto 1945, dirette pubblicamente contro un gruppo di persone, o un membro di tale gruppo, definito Pag. 10in riferimento alla razza, al colore, alla religione, all'ascendenza o all'origine nazionale o etnica, quando i comportamenti siano posti in essere in modo atto a istigare alla violenza o all'odio nei confronti di tale gruppo o di un suo membro. Come riferito dalla relazione illustrativa al disegno di legge, la Commissione Europea ha rilevato lacune nel recepimento dei contenuti della decisione quadro nell'ordinamento italiano, le cui fonti fondamentali in materia, oltre che dal codice penale, sono costituite dalla legge n. 962 del 1967 (Prevenzione e repressione del delitto di genocidio), dalla cosiddetta legge Mancino (legge n. 205 del 1993, di conversione del decreto legge n. 122 del 1993) nonché, soprattutto, dalla legge n. 654 del 1975, di ratifica ed esecuzione della Convenzione internazionale di New York del 1966 sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale. Le lacune rilevate dalla Commissione nell'ordinamento nazionale riguardano la repressione dell'apologia, la negazione o la minimizzazione dei crimini contro l'umanità come definiti dagli statuti della Corte penale internazionale e del Tribunale militare internazionale nonché la disciplina dei reati di istigazione alla violenza e all'odio razziale cioè le fattispecie sanzionate dall'articolo 3 della citata legge n. 654 del 1975.

  L'articolo 3 della legge n.  654 del 1975 – come modificato dalla citata legge Mancino e, da ultimo, dalla legge 24 febbraio 2006, n. 85, di riforma dei reati di opinione – attualmente sanziona:
   lettera a): con la reclusione fino ad un anno e sei mesi o con la multa fino a 6.000 euro chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi;
   lettera b): con la reclusione da sei mesi a quattro anni chi, in qualsiasi modo, istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.

  Osserva che manca alla lettera a) qualsiasi riferimento alle modalità di commissione degli illeciti (come previste, in particolare, dall'articolo 3 del Protocollo) così come alla rilevanza penale della distribuzione di pubblicazioni che negano o minimizzano grossolanamente, giustificano o approvano il genocidio e i crimini di guerra e contro l'umanità (previsti dall'articolo 6 del Protocollo). Diversamente, risulta recepito dall'ordinamento il contenuto dell'articolo 4 della decisione quadro, che prevede un'aggravante per tutti i reati (diversi da quelli contemplati dalla stessa decisione-quadro) a motivazione razzista e xenofoba. Per quanto concerne poi l'apologia di reato (definito concordemente dalla giurisprudenza come un giudizio di valore positivo, di correttezza e/o giustificabilità dato pubblicamente di un'attività delittuosa tale da far sorgere il pericolo di ulteriori reati e di turbare l'ordine pubblico), attualmente il codice penale punisce l'illecito (reclusione da 1 a 5 anni) ai sensi dell'articolo 414 (istigazione a delinquere) senza tuttavia prevedere una fattispecie specifica che punisca l'apologia condotta con modalità tali da istigare alla violenza e all'odio razziale e xenofobo (come, invece, previsto dall'articolo 1 della decisione quadro). Il terzo comma dell'articolo 414 prevede un'aggravante se l'apologia di reato è commessa attraverso strumenti informatici o telematici.
  Rileva che l'articolo 3 del disegno di legge in esame integra la formulazione della lettera a) del comma 1 dell'articolo 3 della legge n. 654 del 1975, ampliandone l'ambito applicativo ed introducendo nel nostro ordinamento ulteriori fattispecie penali. Alla citata lettera a), infatti: sono introdotte le nuove fattispecie di reato consistenti nella distribuzione, divulgazione, diffusione o pubblicizzazione di materiale razzista o xenofobo o di materiale che nega, minimizza in modo grave, approva o giustifica i crimini di genocidio o contro l'umanità; tali condotte, così come reati – già previsti dalla normativa vigente – di propaganda delle idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico e istigazione ad atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, possono essere commesse con qualsiasi Pag. 11mezzo, anche informatico o telematico. L'uso dei termini distribuzione, divulgazione, diffusione e pubblicizzazione sembrano ripresi dall'analoga fattispecie di cui all'articolo 600-ter del codice penale in materia di materiale pornografico minorile. In relazione alla non agevole distinzione tra le diverse fattispecie, Cassazione penale, sentenza n. 2421 del 2000, ha affermato che la distribuzione si configura come forma particolare di commercializzazione, la quale deve ritenersi integrata dalla diffusione fisica del materiale mediante l'invio ad un novero, definito o meno, di destinatari; la divulgazione e pubblicazione richiedono sia che la condotta sia destinata a raggiungere una serie indeterminata di persone, con cui l'agente ha stabilito un rapporto di comunicazione, sia un mezzo di diffusione accessibile ad una pluralità di soggetti.
  In particolare, ricorda che il problema se la pubblicazione e diffusione di notizie non vere o alterate possa esser configurata come manifestazione del pensiero, in quanto tale protetta dall'articolo 21 della Costituzione, è stato toccato in particolare in una risalente sentenza della Corte costituzionale (n. 19 del 1962) con riguardo alla contravvenzione di cui all'articolo 656 del codice penale (Pubblicazione o diffusione di notizie false, esagerate o tendenziose, atte a turbare l'ordine pubblico). La Corte ha ritenuto di poter decidere «senza affrontare tale problema». L'articolo 656 del codice penale punisce, infatti, la pubblicazione e diffusione di notizie false, esagerate o tendenziose, solo in quanto idonee a turbare l'ordine pubblico. La Corte conclude che anche la libertà di manifestazione del pensiero incontra un limite nell'esigenza di prevenire o far cessare turbamenti dell'ordine pubblico. La sentenza n. 87 del 1966, dichiarando incostituzionale il reato di propaganda per distruggere o deprimere il sentimento nazionale, considerò invece conforme a Costituzione il reato di propaganda sovversiva, compresa quella a favore della soppressione violenta di una classe sociale, e l'apologia dei fatti relativi di cui all'articolo 272 del codice penale. Tale reato fu considerato conforme anche all'articolo 21 della Costituzione in quanto «la propaganda non si identifica perfettamente con la manifestazione del pensiero», essendo a differenza della manifestazione di un «pensiero puro ed astratto, quale può essere quello scientifico, didattico, artistico o religioso, che tende a far sorgere una conoscenza oppure a sollecitare un sentimento in altre persone», ponendosi «in rapporto diretto ed immediato con una azione; e, pur non raggiungendo il grado di aperta istigazione, risulta idonea a determinare le suddette reazioni che sono pericolose per la conservazione di quei valori, che ogni Stato, per necessità di vita, deve pur garantire». La sentenza n. 65 del 1970 ha invece imposto un'interpretazione restrittiva al reato di apologia di reato ai sensi dell'articolo 414, ultimo comma, del codice penale che non sanziona «la manifestazione di pensiero pura e semplice, ma quella che per le sue modalità integri un comportamento concretamente idoneo a provocare la commissione di delitti», facilitando in questo modo la difesa degli obiettori di coscienza come persone che manifestano una critica alla legge e propagano il suo aggiornamento. La sentenza n. 108 del 1974 ha poi dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 415 del codice penale nella parte riguardante l'istigazione all'odio fra le classi sociali, laddove non specificava che tale istigazione deve essere attuata in modo pericoloso per la pubblica tranquillità e quindi non esclude che la sanzione penale potesse colpire «la semplice manifestazione ed incitamento alla persuasione della verità di una dottrina ed ideologia politica o filosofica della necessità di un contrasto e di una lotta fra portatori di opposti interessi economici e sociali».
  Segnala, infine, in quanto parzialmente coincidente con le finalità del provvedimento in esame, che è attualmente in corso al Senato l'esame del disegno di legge d'iniziativa parlamentare AS 54-B che introduce la cd. aggravante di negazionismo. Il provvedimento, tornato all'esame del Senato dopo le modifiche introdotte dalla Camera, si compone di un Pag. 12unico articolo che – aggiungendo un comma 3-bis all'articolo 3 della legge n. 654 del 1975 – introduce una circostanza aggravante nei casi in cui la propaganda, la pubblica istigazione e il pubblico incitamento all'odio razziale e alla xenofobia si fondino «in tutto o in parte sulla negazione della Shoah ovvero dei crimini di genocidio, dei crimini contro l'umanità e dei crimini di guerra» come definiti dallo Statuto della Corte penale internazionale.

  Il Viceministro Enrico COSTA si riserva di intervenire nel prosieguo dell'esame.

  Fabrizio CICCHITTO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, essendosi concluso l'esame preliminare del provvedimento, anche a nome della presidente della II Commissione, onorevole Donatella Duranti, propone di fissare il termine per la presentazione degli emendamenti lunedì 30 novembre, alle ore 14.

  Le Commissioni convengono.

  Fabrizio CICCHITTO, presidente, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Norme per il contrasto al terrorismo, nonché ratifica ed esecuzione: a) della Convenzione del Consiglio d'Europa per la prevenzione del terrorismo, fatta a Varsavia il 16 maggio 2005; b) della Convenzione internazionale per la soppressione di atti di terrorismo nucleare, fatta a New York il 14 settembre 2005; c) del Protocollo di Emendamento alla Convenzione europea per la repressione del terrorismo, fatto a Strasburgo il 15 maggio 2003; d) della Convenzione del Consiglio d'Europa sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato, fatta a Varsavia il 16 maggio 2005.
C. 3303 Governo.

(Seguito dell'esame e rinvio).

  Le Commissioni proseguono l'esame del provvedimento, iniziato nella seduta del 5 novembre scorso.

  Fabrizio CICCHITTO, presidente, ricorda che nella precedente seduta i relatori, onorevole Dambruoso per la II Commissione e onorevole Manciulli per la III Commissione, avevano illustrato il provvedimento per le parti di rispettiva competenza.
  Nessuno chiedendo di intervenire, propone di fissare il termine per la presentazione degli emendamenti alle ore 14 di lunedì 30 novembre.

  Le Commissioni concordano.

  Fabrizio CICCHITTO, presidente, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 9.25.