CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 20 maggio 2015
449.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari esteri e comunitari (III)
COMUNICATO
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SEDE REFERENTE

  Mercoledì 20 maggio 2015. — Presidenza del presidente Fabrizio CICCHITTO. — Interviene il viceministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Lapo Pistelli.

  La seduta comincia alle 13.55.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di associazione tra l'Unione europea e la Comunità europea dell'energia atomica e i loro Stati membri, da una parte, e l'Ucraina, dall'altra, fatto a Bruxelles il 27 giugno 2014.
C. 3053 Governo.
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in titolo.

  Paolo ALLI (AP), relatore, rileva che l'Ucraina costituisce uno degli elementi chiave del Partenariato orientale, che sorge dalla necessità di stimolare nei sei partner (Ucraina, Bielorussia, Moldova, Armenia, Georgia e Azerbaigian) processi di avvicinamento all'UE, secondo le ambizioni e le specificità di ognuno. Gli accordi di associazione – come quello in esame – sono funzionali al conseguimento di tali obiettivi e si inseriscono in un percorso negoziale che – superando l'approccio di mera cooperazione – punta alla realizzazione di una graduale associazione politica e integrazione economica.
  Ricorda che le relazioni tra l'UE e Kiev, regolate da un accordo di partenariato e di cooperazione in vigore dal 1998, hanno conosciuto una svolta significativa al vertice di Parigi del luglio 2008, quando si è chiaramente delineato un orientamento condiviso a sostenere la transizione di Kiev verso la democrazia e l'economia di mercato. La definizione del Partenariato orientale, l'anno successivo, confermava questo approccio collaborativo: nel frattempo i rapporti tra Kiev e Bruxelles acquisivano un'assoluta centralità nell'agenda politica ucraina fino a diventare la principale faglia di frattura del sistema politico del Paese.Pag. 29
  Alla luce di quella che è stata giustamente definita da Lucio Caracciolo «la crisi più pericolosa vissuta in Europa dopo la fine della Seconda guerra mondiale», iniziata alla fine del 2013 con i drammatici avvenimenti di Euromaidan, ed a seguito degli eventi succedutisi a partire dallo scorso febbraio e dell'illegittima annessione russa della Crimea, nel quadro del sostegno dell'UE all'unità, sovranità, indipendenza ed integrità territoriale dell'Ucraina si è deciso di procedere subito alla firma dei Titoli politici dell'Accordo, avvenuta a Bruxelles il 21 marzo 2014. I rimanenti Titoli sono stati quindi firmati, dopo le elezioni presidenziali in Ucraina, sempre a Bruxelles, il 27 giugno 2014. Inoltre, tra le azioni di sostegno economico all'Ucraina in tale frangente di crisi, nell'aprile scorso l'UE ha deciso di introdurre delle misure commerciali autonome unilaterali in favore dell'Ucraina, volte di fatto ad anticipare l'attuazione della componente tariffaria dell'area di libero scambio.
  Il 16 settembre l'Accordo è stato ratificato dal Parlamento ucraino e dal Parlamento europeo ma, tenendo conto delle esigenze rappresentate da parte di Kiev, l'avvio dell'applicazione provvisoria delle disposizioni di competenza esclusiva dell'UE è stato posticipato al 1 gennaio 2016 per quanto concerne le disposizioni del Titolo IV (misure commerciali), a seguito dell'incontro tra l'UE, l'Ucraina e la Russia del 12 settembre scorso nel quadro del dialogo con Mosca, volto ad affrontarne le preoccupazioni relative all'attuazione: è peraltro di questi giorni la notizia, riferita dalla Commissaria europea al Commercio, Cecilia Malmströem, che Mosca ha lasciato cadere la richiesta di far ulteriormente slittare l'accordo di libero scambio, che pertanto entrerà in vigore il prossimo 1o gennaio.
  Sottolinea che l'Accordo in esame prevede l'approfondimento dei rapporti politici ed economici fra l'UE e l'Ucraina, in vista di una graduale integrazione del Paese nel mercato interno dell'Unione. Il testo prevede una più stretta cooperazione in materia di dialogo politico, diritti umani e libertà fondamentali, giustizia, sicurezza, sviluppo sostenibile, finanza pubblica, stabilità macro-economica, affari sociali, energia (inclusa la tematica nucleare) e rafforzamento strutturale delle istituzioni amministrative, che devono garantire l'effettivo ed efficace funzionamento dell'Accordo stesso.
  La parte relativa alla creazione di un'area di libero scambio mira non soltanto all'incremento dell'interscambio commerciale, ma anche alla progressiva armonizzazione regolamentare, in vista di un graduale inserimento dell'Ucraina nel mercato unico europeo. L'Accordo quindi rappresenta un modo concreto per attivare il potenziale delle relazioni bilaterali, attraverso il sostegno alle riforme interne, al risanamento economico, alla crescita, all'organizzazione istituzionale e alla cooperazione settoriale in molteplici ambiti, quali energia, trasporti, ambiente, sanità, educazione, tutela dei consumatori e cultura.
  L'Accordo fa parte dei cosiddetti accordi di «nuova generazione» che Bruxelles ha stipulato o sta stipulando con alcuni partner del Partenariato orientale (oltre l'Ucraina, al momento si tratta della Moldova e Georgia) e che pongono le basi per relazioni a lungo termine, senza peraltro escludere ulteriori futuri sviluppi delle stesse, in linea con il Trattato di Lisbona. L'Accordo va inoltre inteso come una vera e propria agenda per le riforme in Ucraina, in quanto basato su di un programma a 360 gradi di adeguamento normativo ai parametri europei. Gli elementi chiave dell'Accordo possono essere così riassunti: un quadro di valori e di princìpi condivisi (democrazia, rispetto dei diritti umani, libertà fondamentali, Stato di diritto, sviluppo sostenibile, economia di mercato); una cornice istituzionale di nuova concezione, con l'istituzione di un Consiglio di associazione inteso all'adozione di decisioni e di un Comitato di associazione per la trattazione di questioni commerciali. Sono previsti anche fori di cooperazione per la società civile e i rispettivi Parlamenti; una cooperazione rafforzata nella politica estera e di sicurezza Pag. 30(incentrata su stabilità della regione, non proliferazione delle armi di distruzione di massa, lotta al terrorismo, gestione delle crisi eccetera); la creazione di un'area di libero scambio (DCFTA secondo l'acronimo inglese), nella prospettiva di offrire non solo maggiori opportunità di commercio e di investimento, ma anche la possibilità di fruire dell'assistenza dell'UE nelle riforme collegate al settore economico-commerciale; la creazione di un'area condivisa di giustizia, libertà e sicurezza, incentrata sul piano di liberalizzazione dei visti, ma anche su migrazione, protezione dei dati, lotta al riciclaggio di denaro, alle droghe e al crimine organizzato); un accordo in materia energetica, incluse le problematiche del settore nucleare, con particolare attenzione per la sicurezza delle forniture, la graduale integrazione dei mercati, l'efficienza energetica, le fonti di energia rinnovabili e la sicurezza nucleare; la cooperazione in 28 settori-chiave fra i quali la riforma della pubblica amministrazione, le politiche industriali, politiche marittime e della pesca, agricoltura e sviluppo rurale, energia, trasporti, protezione civile, sanità, ricerca, e altro.
  Osserva che l'istituzione di un'area di libero scambio consentirà una più stretta integrazione nel mercato unico e costituisce perciò un potente incentivo alla crescita economica del Paese. È prevista l'instaurazione di una relazione commerciale preferenziale, basata su trattamenti reciprocamente vantaggiosi nell'accesso ai rispettivi mercati, nonché il graduale ravvicinamento dell'Ucraina all'insieme dei regolamenti e delle norme dell'UE, che costituisce il maggiore partner commerciale di Kiev.
  Sulla base dei dati forniti dalla Commissione europea, i benefìci attesi per Kiev sono quantificabili in un incremento del prodotto nazionale lordo superiore al 6 per cento, con un aumento annuo nelle esportazioni pari a 1 miliardo di euro (1,2 miliardi di euro annui in termini di reddito nazionale). I settori che ne trarranno i maggiori vantaggi saranno – sempre in base ai dati della Commissione – quelli del tessile e dell'abbigliamento, dei prodotti alimentari e dei metalli non ferrosi, mentre le nuove opportunità commerciali e il miglioramento dei livelli produttivi saranno di stimolo agli investimenti, alla modernizzazione (soprattutto nel settore agricolo) e al miglioramento delle condizioni di lavoro.
  Il testo si articola in un preambolo, recante le premesse sugli aspetti salienti delle relazioni bilaterali e dell'approccio generale dell'Accordo, in 7 Titoli (I. Princìpi generali; II. Dialogo politico e riforme, associazione politica, cooperazione e convergenza in materia di politica estera e di sicurezza; III. Giustizia, libertà e sicurezza; IV. Scambi e questioni commerciali; V. Cooperazione economica e settoriale; VI. Cooperazione finanziaria e disposizioni antifrode; VII. Disposizioni istituzionali, generali e finali), 43 allegati relativi a questioni tecniche e ad aspetti normativi dell'UE soggetti a progressivo adeguamento da parte ucraina ai parametri della stessa Unione e 3 protocolli (riguardanti rispettivamente la definizione della nozione di «prodotti originari» e metodi di cooperazione amministrativa; l'assistenza amministrativa reciproca nel settore doganale; la partecipazione dell'Ucraina ai programmi dell'Unione).
  Particolare rilievo, sotto il profilo politico-internazionale, assumono il Titolo II ed il Titolo III, il primo dei quale prevede l'approfondimento del dialogo politico in vista di una graduale convergenza nelle aree della politica estera e della politica comune di sicurezza e difesa. Vengono individuati i diversi ambiti nei quali si articola il dialogo, con particolare attenzione ai crimini internazionali di competenza della Corte penale internazionale, alla stabilità regionale, alla prevenzione dei conflitti, alla gestione delle crisi eccetera. Particolare attenzione viene attribuita al rispetto dei princìpi democratici e dei diritti delle persone e delle minoranze. Il Titolo III (Giustizia, libertà e sicurezza) tratta dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, di migrazioni, asilo e gestione delle frontiere. Le Parti si impegnano a collaborare in materia di circolazione delle persone, di lotta al crimine Pag. 31organizzato, al traffico di droga e al terrorismo – con particolare attenzione alla cooperazione nel settore giudiziario e al contatto people-to-people. Al riguardo, sia il Ministero dell'interno sia il Ministero della giustizia hanno segnalato di non avere osservazioni da formulare per le parti di rispettiva competenza.
  Gli preme sottolineare che l'attuazione della cooperazione nei settori identificati dall'Accordo non richiede cofinanziamenti aggiuntivi da parte degli Stati membri, mentre l'onere finanziario derivante dall'implementazione amministrativa dell'intesa è pari a 9.680 euro a decorrere dall'anno 2016, da porre a carico del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, utilizzando parzialmente l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
  La straordinaria valenza politica di questo Accordo è nota a tutti i colleghi: la società ucraina ha pagato un durissimo prezzo per le sue aspirazioni europee, subendo un'occupazione territoriale da parte della Russia ed assistendo ad un progressivo deterioramento delle condizioni economiche e del sistema produttivo del Paese. Con questa ratifica, l'UE ed i suoi stati membri forniscono un importante sostegno alla scelta europea di Kiev ponendo i fondamenti necessari per la rinascita economica, democratica e civile dell'Ucraina, alla quale questa Commissione ha prestato una costante attenzione.
  Aggiunge inoltre che l'Assemblea parlamentare della NATO, tenutasi negli ultimissimi giorni a Budapest, ha approvato degli emendamenti molto forti a sostegno di Ucraina e Georgia, ponendo condizioni molto precise quanto ai processi di democratizzazione in corso in quei Paesi ma al tempo stesso riconoscendo aspirazione specialmente dell'Ucraina ad entrare a far parte dell'Alleanza. Fa infine presente che circa la metà dei membri della UE hanno già ratificato l'Accordo di associazione, ed urge quindi che anche il Parlamento italiano si esprima in tal senso.

  Il viceministro Lapo PISTELLI svolge tre considerazioni, a complemento di quanto già detto dal relatore. In primo luogo, l'Accordo di partenariato si configura come un'agenda di impegni che l'Ucraina dovrà adempiere, allo scopo di darsi un profilo compatibile con una sua integrazione all'interno dell'Unione europea. In secondo luogo, va considerato che l'Accordo è stato definito parallelamente al progetto russo dell'Unione economica eurasiatica. Mosca ha in questo senso esplicitamente richiesto che l'applicazione dell'accordo di libero scambio venisse dilazionato al 1o gennaio 2016, e la UE, che si era posta l'obiettivo di normalizzare i rapporti fra Russia ed Ucraina nel quadro degli accordi Minsk 2, ha creduto opportuno venire incontro a tale richiesta. In terzo luogo, sono in realtà già 20 gli Stati che hanno ratificato l'Accordo, e tutti gli altri si sono impegnati a farlo entro il primo semestre dell'anno. Va ricordato che domani si aprirà il vertice di Riga, nel corso del quale verranno profondamente revisionati gli strumenti di vicinato orientale, su iniziativa della Commissione, allo scopo di adeguarli alle esigenze dei singoli partner. Ciò rende vieppiù urgente, anche per l'Italia, almeno incardinare la procedura di ratifica dell'Accordo.

  Maria Edera SPADONI (M5S), nel ringraziare il relatore per aver efficacemente illustrato le caratteristiche salienti dell'Accordo, rileva come in esso siano presenti alcuni punti condivisibili – quali la lotta al riciclaggio, al terrorismo, alla criminalità o alla tratta degli esseri umani –, ma al tempo stesso molti altri che sollevano numerosi interrogativi. Va infatti ricordato che a Kiev è stato disciolto il gruppo parlamentare del Partito Comunista, e che l'Ucraina ha secretato il contenuto delle scatole nere del volo 17 della Malaysia Airlines, pur essendo stata istituita dagli Stati che hanno registrato delle vittime una Commissione con l'incarico di fare luce sull'accaduto; inoltre, sulla frontiera fra Federazione russa ed Ucraina si continua a combattere, nonostante gli accordi Minsk 2, e gli ucraini sono responsabili del Pag. 32massacro di Odessa. Per cui, il problema di fondo è di natura concettuale: con quale interlocutore la UE sta stipulando un Accordo ? Numerosi Stati hanno aderito al Partenariato orientale, e tuttavia l'Ucraina ha caratteristiche peculiari e dovrebbe essere trattata in modo diverso, sotto il profilo dei diritti umani e per quanto riguarda l'ambito della politica estera e sicurezza.

  Vincenzo AMENDOLA (PD) ringrazia il relatore per aver illustrato in modo completo ed esaustivo i contenuti dell'Accordo; come pure dà atto al Viceministro Pistelli di aver giustamente rivendicato il tentativo della UE di recuperare una delle fratture più complesse mai verificatesi con la Federazione russa.
  Rispondendo all'onorevole Spadoni, invita invece il Parlamento ad accelerare quanto più possibile la ratifica, proprio per tacitare le accuse spesso rivolte all'Europa di essere lontana dagli eventi geopolitici, di mancare di visione, di non costruire ponti verso i Paesi in transizione. Sottolinea il valore storico dell'Accordo; e rimandando a riunioni già tenutesi con il Ministro degli interni ucraino, in sede OSCE e di «gruppo Normandia», riconosce le specifiche difficoltà dell'Ucraina, ribadendo però che è nostro dovere, visti gli Accordi di associazione, aiutare per primi i Paesi in difficoltà. Ricorda che Kiev si è impegnata a riformare le proprie istituzioni e a portare avanti una decisa lotta contro la corruzione; fa presente che questa è una seria sfida che si pone innanzi tutto alla classe dirigente che è uscita dalle ultime elezioni, e che non vi devono essere titubanze. La transizione in Ucraina è in atto, nonostante forti contrapposizioni che si registrano anche all'interno della classe dirigente del Paese, ma il pacchetto di Trattati messo in piedi che si compone dell'Accordo di associazione in esame, del Protocollo di Minsk e del «formato Normandia» – va nella giusta direzione.

  Guglielmo PICCHI (FI-PdL) ringrazia in primo luogo il relatore per l'ampia illustrazione dei contenuti dell'Accordo, che però non chiarisce quale sia la politica europea nei confronti dell'Ucraina. Ricordando gli scontri in atto nel Donetsk e la visita della Commissione esteri a Kiev, si chiede se l'Accordo in esame abbia un'effettiva utilità e quali rapporti si vogliano immaginare con l'Ucraina e con la Federazione russa. Contesta il fatto che, a fronte di una grande apertura di credito nei confronti dell'Ucraina, a Kiev non sia stato chiesto di fare alcuna riforma, e che il problema della Crimea non sia stato minimamente toccato alla luce dell'accordo del 1991 fra Mosca e Kiev, che definì quelli che avrebbero dovuto rimanere i confini dell'Ucraina. Riconoscendo, dunque, il valore positivo dell'Accordo in discussione, sottolinea però l'importanza di una ridefinizione della PEV, che riconosca il fallimento di quanto fatto nel corso degli ultimi vent'anni, considerando la situazione della Georgia e della Transnistria; ed evidenzia la paradossalità della situazione in cui ci troviamo, con gli osservatori OSCE che hanno riconosciuto la regolarità delle elezioni, ma al tempo stesso una guerra civile in corso.

  Mario MARAZZITI (PI-CD) nel ringraziare il relatore per l'illustrazione dell'Accordo, sottolinea l'importanza di una sua rapida ratifica, in virtù di un europeismo intelligente. Rileva come si tratti di un crinale stretto, perché le modalità di gestione da parte della UE della vicenda ucraina sono state tali da suscitare delle aspettative, che hanno poi condotto gli scontri ad una violenza fuori controllo. D'altro canto, ricorda come non ci possiamo permettere di conservare la situazione atto, ed al tempo stesso non ci conviene auspicare né un'Ucraina «europea» né un'Ucraina spaccata in due, ma semmai ricomporre il rapporto con la Federazione russa. Ribadendo, dunque, l'importanza di ratificare l'Accordo ed, in generale, di gestire con attenzione l'uscita dalla crisi in corso, preannunzia l'orientamento favorevole del proprio gruppo alla ratifica.

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  Maria Edera SPADONI (M5S) ribadisce ulteriormente la gravità di aver stipulato un Accordo di associazione con un interlocutore, di cui non si sono ben valutate le caratteristiche. Ricorda come nella sede del Consiglio d'Europa si sia deciso di sospendere la Federazione russa dalle votazioni; che in Ucraina vi sono forze politiche che si richiamano al nazismo, con propri esponenti che siedono persino nel Governo; che, infine, l'anno scorso l'Assemblea Generale dell'ONU ha votato una risoluzione di condanna di qualsiasi Paese che dia sostegno a forme di apologia del nazismo e non condanni i crimini di guerra nazisti, compresa la Shoah, e che fra i 55 voti di astensione su di essa figura anche quello dell'Unione europea, sulla base dell'idea che tale risoluzione fosse stata concepita in senso anti-ucraino, secondo una cifra di inaccettabile ambigua ipocrisia. In definitiva, sottolinea che l'estromissione della Federazione russa dal Consiglio d'Europa non rappresenta un vantaggio per nessuno, e d'altra parte che permangono forti dubbi sull'interlocutore del presente Accordo.

  Fabrizio CICCHITTO, presidente, avverte che, nessun altro chiedendo di intervenire, è concluso l'esame preliminare del provvedimento, che sarà trasmesso alle Commissioni competenti per l'espressione dei pareri. Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.30.

TESTO AGGIORNATO AL 21 MAGGIO 2015

ATTI DELL'UNIONE EUROPEA

  Mercoledì 20 maggio 2015. — Presidenza del presidente Fabrizio CICCHITTO. — Interviene il viceministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Lapo Pistelli.

  La seduta comincia alle 14.30.

Documento di consultazione congiunto della Commissione europea e dell'Alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza – Verso una nuova politica europea di vicinato.
(JOIN(2015) 6 final).
(Esame, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in titolo.

  Fabrizio CICCHITTO, presidente, ricorda che a conclusione dell'esame del suddetto atto, la Commissione potrà adottare un documento finale, a norma dell'articolo 127 del Regolamento. Ricorda, altresì, che l'onorevole Cimbro ha preso parte in rappresentanza di questa Commissione a una riunione interparlamentare svoltasi a Bruxelles il 5 maggio scorso sulla revisione della politica europea di vicinato e ha pertanto acquisito una competenza approfondita sul dibattito che si è già sviluppato sia al Parlamento europeo sia in taluni Stati membri sul documento di cui oggi si avvia l'esame. Coglie a tal fine l'occasione per sottolineare che i fatti di queste ultime settimane – si riferisce in particolare alla crisi libica e al disaccordo intraeuropeo in tema di immigrazione – evidenziano l'urgenza e la necessità di una riflessione sulla politica estera dell'Unione europea e in particolare delle sue relazioni con i Paesi confinanti, in un'ottica che sia più attenta ai condizionamenti di vario tipo derivanti dai differenti quadri regionali. Occorre, in base al dibattito anche scientifico che si sta sviluppando, superare il format multilaterale standard, elaborando strategie flessibili di relazione, pur in un quadro sempre molto attento ai valori fondamentali che sono la condizione stessa dell'esistenza dell'Unione.
  Anche nel settore orientale, che è un dovere non far passare in secondo piano, viviamo una situazione di crescente complessità, segnata da un lato dalla ripresa di Pag. 34una politica aggressiva da parte della Russia, tendente alla creazione di una sfera di influenza esclusiva, e dall'altro da un periodo di recessione economica grave e continuata nel nostro continente. È dunque palese che occorre differenziare le strategie di dialogo con i Paesi vicini, privilegiando strumenti finora poco utilizzati quali, ad esempio, la cooperazione regionale, o la PEV per così dire al quadrato, con i «vicini dei vicini». In particolare, sempre per quanto riguarda il settore orientale, occorre nettamente distinguere fra due gruppi di Paesi: Moldavia, Ucraina e Georgia da un lato; Azerbaigian, Armenia e Bielorussia dall'altro; come pure occorre considerare l'esistenza di possibilità molto promettenti di interazione con i Paesi del sud dei Balcani. È poi necessario rispondere alle numerose critiche che sono state avanzate anche in questi giorni, in base alle quali l'Unione avrebbe deciso di «disinvestire» in termine di strumenti finanziari quanto alla PEV, dotandola di risorse certe e crescenti nel tempo.
  Fatte queste premesse, auspica che questa Commissione e il Comitato permanente per la politica estera dell'Unione europea, presieduto dal collega Picchi, possano corrispondere fattivamente alla richiesta avanzata dall'Alto Rappresentante Mogherini producendo un documento recante la visione italiana di una nuova politica europea di vicinato, e ciò in sinergia con il Senato, che sta procedendo nella medesima direzione.
  Preannuncia, infine, che appare opportuno provvedere alla calendarizzazione di un'audizione dell'Alto Rappresentante Federica Mogherini davanti alle competenti Commissioni parlamentari di Camera e Senato anche ai fini della tematica in titolo.

  Eleonora CIMBRO (PD), relatrice, ringrazia in primo luogo il presidente di aver menzionato la sua partecipazione alla riunione interparlamentare di Bruxelles, facendo presente ai commissari come nel corso di essa abbia registrato scarsa attenzione nei confronti della PEV mediterranea, ed al tempo stesso un atteggiamento molto critico rispetto alle modalità di gestione della crisi libica.
  Ricorda poi che la revisione ed il rilancio della Politica europea di vicinato (PEV) sono stati individuati tanto dal Presidente della Commissione europea, Juncker, quanto dall'Alta Rappresentante per la PESC/PSDC, Federica Mogherini, come una delle priorità del nuovo esecutivo di Bruxelles. Più nel dettaglio, la nuova Commissione ha assunto l'impegno di presentare le nuove linee della PEV entro un anno dall'inizio del suo mandato, e quindi per l'autunno del 2015.
  La base giuridica della PEV è rappresentata dall'articolo 8 del TEU, in base al quale l'UE «sviluppa con i Paesi limitrofi relazioni privilegiate al fine di creare uno spazio di prosperità e buon vicinato fondato sui valori dell'Unione e caratterizzato da relazioni strette e pacifiche basate sulla cooperazione».
  Lanciata nel 2003 con la comunicazione Wider Europe, la PEV si proponeva un'integrazione progressiva dei Paesi limitrofi, da realizzare tramite l'implementazione di impegnative riforme politiche, economiche e istituzionali e l'adozione di un sistema di valori comuni. Il processo di integrazione, pur avendo realizzato passi avanti significativi per quanto attiene sia alla componente regionale (con la creazione dell'Unione per il Mediterraneo nel 2008 e del Partenariato orientale nel 2009) sia allo strumento, sempre più efficace e stringente, degli accordi per la creazione di una zona di libero scambio ampia e approfondita, ha peraltro subito un forte rallentamento negli ultimi anni, legato ai fattori di instabilità emersi tanto nell'area orientale quanto in quella meridionale del vicinato.
  Ad oriente, dalla crisi in Georgia del 2008 a quella ucraina, l'instabilità è derivata in larga misura dalla crescente assertività della politica estera russa, mentre a sud la cosiddetta primavera araba, che pure ha portato a una significativa democratizzazione in Tunisia e ad un processo di transizione politica complesso e difficile ma tuttora in corso in Egitto, ha anche Pag. 35comportato una conflittualità accesa, sfociata in vere e proprie guerre civili in Siria e in Libia, cui si somma lo stallo ormai prolungato del Processo di pace in Medio Oriente.
  Il quadro attuale mostra una crescente divergenza nel livello di impegno e integrazione che i Paesi limitrofi intendono assumere nei confronti dell'UE. La nuova Commissione ha pertanto ritenuto necessario procedere ad un'analisi più dettagliata e attenta degli interessi dell'UE e dei suoi partner, al fine di individuare modalità flessibili e commisurate ai diversi livelli di ambizione dei partenariati di vicinato e al tempo stesso tenere conto dei conflitti in pieno svolgimento in molti Paesi del vicinato e delle possibili modalità di azione e intervento.
  A tal fine, la Commissione europea e l'Alto Rappresentante hanno presentato il 4 marzo scorso un Documento di consultazione dal titolo «Verso una nuova Politica europea di vicinato» (JOIN (2015) 6), con l'obiettivo di sintetizzare le lezioni che possono essere tratte da un'esperienza ormai più che decennale e di sviluppare alcune possibili risposte innovative, da discutere con i partner chiave e con gli stakeholders. Il Documento ha lanciato una procedura di consultazione che si concluderà il 30 giugno e costituirà la base di un'ulteriore comunicazione, prevista per l'autunno, nella quale verranno tracciate le nuove linee della PEV.
  Per quanto concerne le lezioni da trarre dall'esperienza della PEV, la Commissione, pur consapevole dei diversi aspetti positivi che hanno contraddistinto la politica di vicinato – rafforzamento dei rapporti commerciali, con l'UE primo partner per quasi tutti i Paesi limitrofi; significativi successi nella politica comune in materia di visti e di mobilità –, intende soffermarsi su alcuni limiti, legati soprattutto alla limitata flessibilità degli strumenti e al rischio che l'approccio more for more non garantisca in pieno un senso di titolarità condivisa tra l'Unione e i suoi partner.
  Tra le questioni che la PEV, nel suo formato attuale, non sembra soddisfare appieno, vi è quella connessa con la sua portata geografica, intendendo con ciò non tanto un'estensione sic et simpliciter ad altri Paesi, quanto la ricerca di modalità flessibili per lavorare insieme ai «vicini dei vicini», garantendo così, al contempo, una maggiore coerenza tra la PEV e le relazioni che l'UE intrattiene con la Russia, i partner dell'Asia centrale, del Sahel e del Corno d'Africa.
  Quanto ai temi cardine in vista di una riforma della Politica di vicinato, la Commissione intende raccoglierli e sintetizzarli in quattro grandi linee.
  In primo luogo una maggiore differenziazione: è necessario che la PEV si adatti agli scenari sempre più diversificati che caratterizzano le aree orientale e meridionale del vicinato. Da un lato, si dovrebbero esplorare nuovi formati ancor più approfonditi di cooperazione regionale per soddisfare le aspirazioni e le scelte dei Paesi che non considerano gli accordi di associazione l'ultimo stadio sulla via dell'associazione politica e dell'integrazione economica; dall'altro, andrebbero studiate nuove forme «a geometria variabile» per rilanciare il dialogo con i partner che non hanno ancora assunto impegni vincolanti o hanno abbandonato i negoziati in ambito PEV.
  In secondo luogo una più marcata focalizzazione, circoscrivendo maggiormente le aree di cooperazione, oggi vastissime, incluse all'interno della PEV, concentrandosi sui settori nei quali gli interessi dell'Unione e dei partner convergono con maggiore evidenza: promozione del commercio e dello sviluppo economico; connettività e grandi reti, specie nei settori dei trasporti e dell'energia; impegno comune contro le minacce alla sicurezza derivanti dal terrorismo e dalle situazioni di conflitto; sostegno alle azioni di rafforzamento della governance, partendo dalla rule of law e dalle libertà fondamentali; liberalizzazione dei visti e politica della mobilità, accompagnate da misure comuni di lotta al traffico di esseri umani ed all'immigrazione illegale; accesso a iniziative Pag. 36e programmi che favoriscano gli scambi di giovani nei settori dell'istruzione e della formazione.
  Inoltre vi è necessità di maggiore flessibilità sul piano della strumentazione: gli strumenti della PEV si sono infatti espansi e consolidati nel corso degli anni, sempre entro il quadro giuridico fornito dagli accordi di associazione e dagli accordi di partenariato e cooperazione. Con 12 Paesi partner sono stati concordati Piani d'azione, seguiti a cadenza annuale da relazioni sulla loro implementazione. Sempre con cadenza annuale, la Commissione europea produce una comunicazione strategica sulla PEV e due relazioni sull'attuazione delle priorità a livello regionale: una sul Partenariato per la democrazia e la prosperità condivisa con i Paesi del sud del Mediterraneo e una sul Partenariato orientale. A tali documenti di indirizzo si accompagna, nelle forme previste dagli accordi di associazione e dagli accordi di partenariato e cooperazione, un intenso dialogo bilaterale con i singoli partner.
  Il supporto finanziario dell'UE è stato costante e di notevole entità, e ulteriori 15 miliardi di euro sono stati già programmati per il periodo 2014-2020, con una mid-term review nel 2017. Si ricorda che nel periodo di programmazione 2007-2013 sono stati stanziati complessivamente 13,3 miliardi di euro di cui 9 circa sono stati destinati ai Paesi del Mediterraneo e 3,8 ai Paesi del Partenariato orientale.
  Per quanto riguarda il periodo di programmazione finanziaria 2014-2020 dell'UE il nuovo strumento finanziario, strumento europeo di vicinato (ENI), ha una dotazione di circa 15,4 miliardi di euro a sostegno dei Paesi del vicinato sia orientale sia meridionale, con un incremento rispetto alle precedenti prospettive finanziarie. Per i programmi destinati ai Paesi del partenariato orientale sono previsti tra i 741 ed i 906 milioni di euro, mentre per i programmi riguardanti i Paesi del Sud Mediterraneo, tra i tra 674 e 824 milioni di euro.
  Sulla base di tali strumenti, la riflessione che la Commissione proporrà dovrebbe incentrarsi su una maggior differenziazione dei Piani d'azione, onde adattarli alle esigenze e alle priorità dei singoli Paesi; sull'adattamento del principio more for more ad un contesto nel quale taluni partner non scelgono una più stretta integrazione con l'UE; sull'adattamento dei criteri seguiti per valutare lo stato di avanzamento del processo di integrazione, nei casi in cui il partner interessato si trovi in una situazione di conflitto o d'instabilità.
  Maggiore ownership e visibilità: una delle critiche rivolte più di frequente alla PEV è l'assenza di un vero senso di parità e di compartecipazione nei Paesi partner e nelle rispettive società, nonché la scarsa consapevolezza degli scopi e dell'impatto della politica di vicinato da parte delle opinioni pubbliche. La Commissione dovrebbe pertanto avviare una riflessione sulle modalità per rendere le strutture della PEV più collaborative, in modo da sottolineare adeguatamente il ruolo di impulso e di scelta dei partner e da coinvolgere tutti gli attori all'interno delle rispettive società; per accelerare e rendere così più visibili al pubblico i benefici derivanti dalla PEV; per orientare i flussi di finanziamenti in una logica di investimenti – piuttosto che di doni –, così da rendere più chiaro il ruolo attivo dei Paesi partner; per coinvolgere con maggiore efficacia gli Stati membri nella progettazione e implementazione delle politiche di vicinato.
  Partendo dalle considerazioni sopra sintetizzate, la Commissione ha quindi formulato una serie dettagliata di quesiti, che partono dalle considerazioni di carattere più strutturale (il mantenimento stesso della PEV, con un unico quadro a coprire vicinato orientale e meridionale) per passare a quelle di tipo geografico (se sia opportuno conservare l'attuale portata geografica e consentire modi più flessibili di collaborare con i «vicini dei vicini») e gestionale (con quali modalità prevedere un approccio più globale, caratterizzato da un maggior coinvolgimento degli Stati membri, e come rivedere o variare gli strumenti della PEV, dagli accordi di associazione e le zone di libero scambio Pag. 37globale e approfondito ai piani d'azione e le relazioni annuali), a quelle di ordine settoriale (come concentrare più esplicitamente i partenariati su aree di interesse condiviso; potenziare le misure per la liberalizzazione dei visti; favorire uno sviluppo economico e sociale sostenibile nei Paesi partner; integrare meglio le attività nel contesto della PESC e della PSDC all'interno della PEV, con particolare riferimento alle riforme nel settore della sicurezza; favorire lo sviluppo della cooperazione regionale; sviluppare ulteriormente l'impegno con la società civile e il dialogo interreligioso e il rispetto della diversità culturale).
  La Commissione individua quindi una serie di quesiti che riflettono le grandi linee individuate dalla Commissione stessa, dall'esplorazione di nuove modalità di relazione per soddisfare le aspirazioni dei Paesi che non considerano gli accordi di associazione lo stadio finale dell'associazione politica e dell'integrazione economica e sul possibile inserimento nella PEV di una sorta di geometria variabile, con diversi tipi di relazioni per i partner che scelgono livelli diversi di impegno; sull'individuazione di settori prioritari e sugli strumenti che potrebbero servire ad approfondire la cooperazione in tali ambiti; sulla flessibilizzazione degli strumenti della PEV e sull'adeguamento del principio more for more ad un contesto in cui alcuni partner non scelgono di approfondire l'integrazione; sulle iniziative da assumere per rafforzare la cotitolarità dei Paesi partner, estendendo la partecipazione alla PEV ai settori produttivi e alla società civile.
  Subito dopo la presentazione del Documento di consultazione, la Commissione e l'Alta Rappresentante hanno presentato, come da prassi consolidata, una Comunicazione congiunta sull'attuazione della politica europea di vicinato nel 2014, accompagnata da due documenti di lavoro relativi rispettivamente al Partenariato orientale ed al Partenariato per la democrazia e la prosperità condivisa con i Paesi della sponda sud del Mediterraneo dalle relazioni annuali per Paese.
  Quali sono state gli orientamenti delle istituzioni europei di fronte al Documento di consultazione ?
  Il Consiglio ha approvato le proprie conclusioni sul testo lo scorso 20 aprile, evidenziando tra l'altro l'esigenza di riformare i principi e le prassi della PEV, in modo da farne un quadro di riferimento per le relazioni a breve, medio e lungo termine con tutti i partner e da garantirne la flessibilità e l'adattabilità al rapido mutare degli scenari geopolitici. Il Consiglio ritiene inoltre necessario un maggiore allineamento tra la PEV e le quattro aree individuate nel Documento (differenziazione, focalizzazione, flessibilità e titolarità) e le priorità politiche e gli interessi fondamentali dell'Unione. È altresì essenziale sviluppare ulteriormente l'integrazione ed il dialogo all'interno delle specifiche dimensioni regionali del vicinato, con particolare riferimento al Partenariato orientale e all'Unione per il Mediterraneo.
  Assai opportunamente il Consiglio ha chiesto all'Alta Rappresentante ed alla Commissione di presentare, entro l'autunno del 2015, un pacchetto di proposte che garantiscano la coerenza della PEV con le dimensioni PESC/PSDC dell'azione esterna dell'Unione, con particolare riferimento alla stabilità dell'area e in linea con l'approccio globale e la dimensione esterna di altre politiche dell'Unione particolarmente rilevanti, come l'area di libertà, sicurezza e giustizia.
  Sottolinea che le conclusioni adottate in Consiglio riflettono un consenso tra gli Stati membri su quasi tutti i pilastri del Documento di consultazione, anche se non sono mancati taluni elementi di contrasto sul riferimento ai cd. «vicini dei vicini» e sul loro ruolo per accrescere l'efficacia della PEV, con un'opposizione tra Stati decisamente favorevoli a un riferimento specifico e «forte» (tra i quali il nostro Paese) e Stati più oscillanti. Il testo approvato sembra riverberare tale polarizzazione, optando per una formula aperta, che potrebbe preludere a un ulteriore approfondimento in sede di dibattito e ad esito della consultazione. Questa diversificazione di toni e di posizioni è emersa con Pag. 38chiarezza anche nel corso della riunione interparlamentare dedicata alla revisione della PEV promossa a Bruxelles il 5 maggio scorso dalla Commissione Affari esteri del Parlamento europeo. La riunione, alla quale ha preso parte, in rappresentanza di questa Commissione, ha coerentemente evidenziato tutti i punti critici di una strategia che delineata nell'ormai lontano 2003, sorgeva con l'ambizioso tentativo di creare un «cerchio di Stati amici» (come disse Romano Prodi), in un contesto geopolitico oggi completamente mutato e destrutturato.
  Nel dibattito si sono puntualmente delineate – come già in altre occasioni diverse istanze europee – le diverse «letture» della PEV, che si declina in una pluralità di chiavi interpretative che ne possono svuotare completamente la portata complessiva: penso alla versione «nordico-baltica» che vede nella PEV uno strumento di containment in chiave anti-russa, alla lettura «finalistica» che ne fa una sorta di strumento di pre-ingresso nell'Europa comunitaria, o alle interpretazioni dei Paesi dell'Europa mediterranea che vorrebbero farne uno strumento più efficace di integrazione economica e commerciale e di gestione condivisa dei flussi migratori.
  Anche il Parlamento europeo ha avviato l'esame della comunicazione in Commissione Affari esteri (l'esame dovrebbe concludersi da parte del Plenum nella sessione del 6-9 luglio prossimi). Il 31 marzo scorso il relatore, Eduard Kukan (Slovacchia, Gruppo PPE) ha presentato un documento di lavoro, nel quale, tra l'altro, evidenziano alcuni profili di particolare interesse.
  In primo luogo, l'esigenza di tracciare una netta distinzione tra politica di vicinato e politica di allargamento, in quanto fondate su obiettivi diversi, alla quale si affianca la necessità di configurare una diversificazione di strumenti e di approcci all'interno della PEV: non solo tra partenariato orientale e partenariato meridionale, ma anche al loro interno.
  Inoltre a parere del parlamentare europeo, si pone il problema di studiare nuove e più stringenti modalità di coinvolgimento per tutti gli altri attori coinvolti nel vicinato: non solo dunque i «vicini dei vicini», ma anche le organizzazioni internazionali e regionali, catalizzando il valore aggiunto rappresentato da una potenza civile come l'Europa sui nodi fondamentali del rafforzamento o il consolidamento della democrazia e dello Stato di diritto, dell'indipendenza degli apparati giudiziari, della tutela delle minoranze e delle diversità.
  Kukan propone altresì d'incentrare la cooperazione con i partner sullo sviluppo economico, infrastrutturale e regionale, sull'ambiente, sulle politiche in materia di concorrenza, sul sostegno alle piccole e medie imprese, su mobilità e migrazioni, sulla sicurezza, sull'energia e sull'efficienza energetica e di concentrare gli sforzi in materia di sicurezza sullo sviluppo delle capacità di protezione dei confini da parte dei Paesi partner.
  Per molti aspetti nel bilancio della PEV sembrano prevalere i chiaroscuri: sul versante degli accordi infatti, l'UE ha sottoscritto una serie di accordi di associazione con l'Ucraina, la Moldavia e la Georgia, dei partenariati per la mobilità, degli accordi di facilitazione nell'ottenimento dei visti. Sul piano degli scambi commerciali, il peso dell'UE nelle esportazioni dei Paesi vicini resta elevato ma la liberalizzazione degli scambi con i Paesi del sud del Mediterraneo (più marcata rispetto a quelli dell'Est) ha ancora effetti limitati sulla diversificazione dei tessuti economici degli Stati partner.
  Sappiamo dalla letteratura specialistica che i benefici di questi accordi si producono soltanto nel lungo periodo, mentre l'UE continua a proporre ai Paesi vicini un allineamento all’acquis comunitario che rischia di essere del tutto velleitario in assenza di prospettive politiche precise.
  Sul piano dello Stato di diritto, il bilancio si presenta ancora più problematico: per attenersi ad un solo indicatore, quello della percezione della corruzione, tutti gli Stati della PEV hanno peggiorato Pag. 39le loro performance tra il 2003 ed il 2013, secondo i dati di Transparency International, ad eccezione della Georgia.
  «La PEV non è in sé uno strumento di prevenzione dei conflitti né un meccanismo di composizione degli stessi», aveva osservato la Commissaria Benita Ferrero-Waldner nei primi anni della PEV: in realtà crede che la crisi del mondo arabo-mediterraneo e la stessa crisi ucraina abbiano necessariamente ripoliticizzato la strategia di vicinato dell'UE.
  Il vecchio approccio funzionalista, ispirato alla filosofia di Jean Monnet e di Maurice Schumann, ha mostrato proprio i suoi limiti di fronte alla dislocazione degli equilibri geopolitici nel Mediterraneo, in Ucraina, e prima ancora, nel Caucaso.
  L'esperienza di questi anni ci insegna che la liberalizzazione degli scambi, l'estensione a tappe forzate dell’acquis comunitario a tutti gli Stati della PEV possono non rappresentare l'unica soluzione possibile. Al tempo stesso non può funzionare una PEV dall'architettura monolitica, che non tenga conto delle specificità dei diversi «casi» nazionali, che resta essenzialmente ricalcata sulla politica di allargamento nelle sue metodologie ma non nel suo assetto istituzionale e finanziario.
  La risposta può essere soltanto basata sul realismo: occorre rafforzare la leggibilità e la credibilità della PEV accettando l'idea della differenziazione e puntando su alcune priorità chiare e condivise.
  Conclude avanzando la proposta che il Comitato permanente sulla politica estera e relazioni esterne dell'Unione europea possa svolgere delle audizioni di ambasciatori dei Paesi della sponda sud del Mediterraneo, in modo da acquisire direttamente elementi idonei ad una riflessione sulla politica di vicinato verso il Mediterraneo.

  Il viceministro Lapo PISTELLI rileva come il Documento in titolo rappresenti un'opportunità concreta, grazie anche alla sua formulazione pragmatica, per sviluppare una riflessione aperta e creativa. Fa presente come dal momento della sua formulazione – il 4 marzo scorso – la riflessione sia andata molto avanti, e come la Commissione abbia già elaborato talune proposte, anche se non ancora definitivamente formalizzate, che sono alla base dei vertici di Barcellona e Riga. Il Governo invita, dunque, il Parlamento a sviluppare in proposito un confronto interno volto ad elaborare percorsi e paradigmi innovativi.

  Fabrizio CICCHITTO, presidente, avverte che, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.55.